5U9
C26t>
LE D1AT0MEE
E
ILI
TRASFORMISMO DARWIN1AN
MEMORIA
DELL' AB. FRANCESCO CASTUACANE
E.traito JuiieMemorie della l'ontiflci.i Accademia <lii Nuoti Lincei, rei. ut.
ROMA
TIPOGRAFIA DELLA PACE
DI P,OUGGIANI
VIA lllll.lA PACE NI
1888.
LIBRARE NEW YORK BOTANICAL CARD
LE D1AT0MEE
E
IL TRASFORMISMO DARWINIANO
MEMORIA
DELL' AB. FRANCESCO CASTRACENE
Katratto dalle Memorie ilelln Poniillri»Accatlemin (lei Nuovi Lincei,voi. III.
ROMA
TIPOGRAFIA DELLA PACE
DI P.CUGGI
ANIVIA DELLA taci: ni m. li
isss.
5(^
LE IIIIE
E ILTRASFORMISMO Oli»
MEMORIA
DELL'AB.
FRANCESCO CASTRACANE
Fu sempre massima
inconcussa fra i Cattoliciquanto
esplici-tamente venne proclamato
dal Concilio Vaticano, chequantunque
la
Fede
sia sopra la ragione, fra l'una e l'altranon può
esistere contradizione,mentre un
veronon può
contradire aun
altro vero.Fondato
su tale inconcusso principionon
temettimai
che le ricerche, alle qualida
molti annimi
dedicai, potessero arrivare a scuotere lemie
convinzioni religiose, né che questemenomas-
sero la
mia
liberta nell'indagare le leggi naturali, cheriguardano
le
Diatomee
e gli uffici che queste provvideuzialmente fungono, e la loro storia in relazione a quella della terra e del creato-La Fede non
tarpòmai
le ali alla Scienza, finché questa si tenne nei suoi confini, i quali presentano tantoimmensurabile
latitudinequanto
la Scienzanon
potràmai
raggiungere ad onta dei passida
gigante, che fa ogni dì ad allargare il suo patrimonio,seguendo
Tinipulso della sua nobilissima ambizione.
Parmi
potere convenien-temente paragonare
la Scienza alla vaporiera, la qualevediamo
scorrere sicura con vertiginosa celerità valicandomonti
e valli, cosicché vi fu chi disse essere lamacchina
a vapore la conden- sazione dello spazio e deltempo
: togliete nel percorso di quellauna
rotaja; giunta la vaporiera a quelpunto
la vedretenon
cu- rante seguire il suo corso, e fidata nelle sue forze procedere sde-gnosa
per alcun trattocagionando
paventose rovine, finché rottii suoi congegni giacerà
miseramente
qua)mole
inerte eingom-
brante. Cosi laFede
contiene la Scienza nei suoi limiti perchèAB. FRANCESCO CASTRACENE
possa progredire indefinitamente nelle sue conquiste, e contribuisce attivamente allo scopo di quella con impedirle il perdersi in inutili sforzi a risolvere problemi, che per la loro
natura non
sono di sua competenza, e che perciònon
potràmai
risolvere. Quindi sonoda
riguardare quali nemici della Scienza quelli che per partito preso vogliono porre in lotta la Religione e la Scienza,come
a quelli che osteggiano le ricerche della Scienza su taluni argo-menti
per ildanno
che per ristrettezza dimente temono
poterne venire alla Religione, èda
rivolgere ilrimprovero
che Cristo ri-volse a Pietro, Modicae fidci, quare dubitasti?
Volge
circa il sesto lustroda
che intrapresi lo studio delleDiatomee,
emi
ci dedicai a tutt'uomo, attirato dalla novità del soggetto, e dalla singolareminutezza
ed eleganza di quelle ina- ravigliose creature; determinai gli uffici a quelle assegnati, ne indagai ilnormale
processo di riproduzione, e il posto che occu-pano
nella mirabileeconomia
della Natura.La
circostanza dellaminutissima
celluladiatomacea
costituita da pareti silicee e laconseguente inalterabilità di quella,
mi
suggerìcome
fra i corpi organici nessuno si sarebbe meglio prestato a constatare quali fossero leDiatomee
nelleprime
epoche geologiche, potendole esat-tamente
confrontare con quelle che vivono al presente,onde
ri-conoscere se sia legge
comune
a tutte leforme
organiche il venire modificatecontinuamente
o per influenze esterne dell'ambiente o pernormale
condizione propria dell'organismo.Le
colluttanti opi- nioni della immobilità o della continua modificazione della specie stimolò lamia
innata curiosità emi
portòad
esaminare la que- stione in rapporto alleDiatomee,
profittando della circostanza della loro costituzione silicea, la quale circostanzami rendeva
certo di poterla incontrare nelle più antiche formazioni nel più perfetto stato di conservazione.A
tale indaginemi
accinsi nellamaggiore
libertà di spirito e senza idee preconcette, essendo pre-ventivamente
certo chequalunque
potesse essere il risultato delmio
esame, seregolarmente
eseguito,non mi
poteva portare a contradire quelle verità, che per essere di ordine superiore edemananti da
infallibile autorità sonoda
riceversi con la più per- fetta sottomissione.Accintomi
pertanto a tale genere di ricerche, nel seguire di epoca in epoca lenon
dubbie prove della esistenza delleDiatomee,
volli altresì procurare l'approssimativa determi-I, DIATOMEE E Ih TRASFORMISMO DARWINIANO
nazione dell'epoca, nella quale fecero la
prima comparsa
nel creato, la quale io arguivo averedovuto
per lomeno
essere con-temporanea
a quella dei pesci e degli altri animali a vita acqua- tica dall'ufficio providenziale assegnato a queiminimi
organismi di fornire l'ossigeno alla respirazione animale.Il risultato delle
mie
ricerchecomunicai
all'Accademia, allor- ché nella Sessione III dell'anno1S74
al22
Febraio ebbi l'onore di leggereuna mia Memoria Su
le Diatomee della età del carbone.In quella io
davo
ragguaglio di alcune analisi microscopiche dei resti silicei lasciati dallacombustione
di alcuni pezzetti di car-bone
fossile di svariate provenienze, fra i quali alcunicontenevano
qualche valva diatomacea.La natura
silicea di tali organismipermettevano
il riconoscerne ogniminimo
carattere conservato nella più assoluta integrità da renderne facilissima la determina- zione.Però
lo scorgere in quelleforme
la più esatta ripetizione diDiatomee
attualmente viventimi
fece concepire il sospetto che quelle fossersi intruse per alcunamia
disattenzione. Quindi nel ripetere le esperienze usai ognimaggior
cura tanto nella con- servazione dei saggi,quanto
nell'adoperaread
ogni voltanuovi
provini.A
meglio garantirmi daqualunque
involontario errore ebbi la diligenza di ripetere sulmedesimo campione non meno
didue
analisi,
non tenendo
conto del risultato,benché
positivamente fa- vorevole, senon quando
quelle risultaronoassolutamente
concordi;cioè
quando da ambedue
le analisi avessi ottenuto la constata- zione diuna Diatomea
qualunque,ma
che i tipi osservati appar- tenessero almedesimo
genere e specie.E
notisi di più, cheavendo
iniziato
contemporaneamente
eguale ricerca su carboni di diversa provenienza, inuno
riconoscevo YEpithemia gibba Kz. per esempio,mentre
l'altro presentava YEpithemia granulata, Kz. Se questi mi- nutissimi organismi fossero stati fortuitamente intrusi nella pre- parazionenon
si potrebbe spiegarecome
nelledue
analisi diun
carbone si fosse incontrato ilmedesimo
tipo,mentre
indue
altre analisisimultaneamente
eseguite sotto lemedesime
circostanze ditempo
e di luogo, laforma diatomacea
esistente,benché
con- genere a quella dell'altro carbone, con tutta certezza si ricono- scesse essere specificamente diversa.Quello che
mi aveva
determinato ad iniziare tale genere di ricercbe,come
allorami
espressi, tu il tentare di precisare qualeAB. FRANCESCO CASTRACAXE
fra le diverse epoche geologiche fu nella quale si
mostrarono
per laprima
volta le Diatomee. Dall'avere stabilito l'officio precipuo delleDiatomee
assegnato nellaeconomia
dellaNatura
quello di fornire agli animali a vita acquatica l'elemento della respirazione l'ossigeno risultante dalla decomposizione del gaz acido carbonico, nelmentre
che viene assimilato il carbonio dallemedesime, mi
persuasi che le
Diatomee
dovettero essere vegetanti nelleacque
al
primo momento,
che le acquevennero
abitate dai pesci eda
simili animali.
E
purequando mi
occupai di taleargomento
eravi qualche naturalista di vaglia, cheopinava
che leDiatomee non
appartenessero senon
che al periodo quaternario.Però
oranon
si dubita più
da
alcuno che leDiatomee
abbiano esistito nel- l'epoca terziaria, mentre, pernon
parlare che della nostra Italia, tutti i tripoli diatomiferi marini del versante Adriatico sono uni- versalmente riconosciuti per pliocenici.Ma
oraabbiamo
prove certe diDiatomee molto
più antichecome
che appartenenti al-l'epoca eocenica. Tali sono gli organismi silicei rinvenuti dal eh.
Geologo
Inglese Sig.W.
H. Shrubsole di Sherness-on-sea frale
marne
del bacino di Londra, nell' occasione dello scavarsi diun
pozzo, e quelleDiatomee
furonoda me
esaminate, essendomi state inviateda
quel gentilissimo Siguore, al quale intendo rin-novare
i miei ringraziamenti.Diatomee
di quasi eguale antichità ioavevo
già riscontrato inun
sottilissimo strafareilo di lignite delle vicinanze diUrbino
inun
terrenomarino
di pochi metri soltanto superiore alnummolitico
e quindi eocenico, e quelma-
teriale incinerato
mi
richiamò a riflettere su la formazione dei carboni.Pensando
alle condizioni che si verificarono nell'epoca carbonifera, cioè la singolare umidità, latemperatura
elevata, e l'abbondanza del gaz acido carbonico, si intende di leggieriquanto
rigogliosa dovesse essere la vegetazione, della qualeabbiamo una
squallida
immagine
nelle vergini foreste delle terre tropicali. Così succedendosi incessantemente le generazioni di vegetali nelme- desimo
posto, questiformarono un
denso strato torboso, inmezzo
al quale le
Diatomee
dovettero pullulare.Quando
quell'ammasso di detrito vegetalevenne
sepolto da alluvioni e rimase per lungo lasso ditempo
compresso, subìuna
lentissima combustione, per la quale si cangiò inun banco
di carbone. Così l'origine del carbone fossilerendeva
probabile l'incontrarviDiatomee
a quelloLE DIATOMKE E IL TRASFORMISMO DARWINIANO
contemporanee, mentre
lanatura
chimica delmedesimo
offrivaneil
mezzo
di isolarle con l'abbruciamento.Ma
la questione della antichità delleDiatomee
sino a ricono- scerle coeve al carbone,non ammise
perme
più replica,quando venne
amia
notiziauna
interessantissima lettura del Prof.Huxley
su i carboni fossili, nella quale positivamente afferma la presenza delleDiatomee
nei carboni; ed in questo il eh.Autore
si riportò alle testimonianze dell'AmericanoGeologo
ProfessoreDawson,
che nella sua opera su la Geologìa Acadiana scrisse essersi ritrovate nei carboni alcune Pinnularie, genere spettante alle naviculacee.Ma
l'asserzione generica della presenza nei carboni diDiatomee,
cheerroneamente da
moltivengono
indicatecome
infusori silicei, si incontraad
ogni pie sospinto nel percorrere i lavori dei Geologi stranieri e nostrani fra i quali sarà riputato sufficienteil ricordare
V
insigneGeologo Lombardo Ab.
D.Antonio
Profes- sore Stoppani. Assicurato pertantopreventivamente
della pre- senza delleDiatomee
nel carbone fossileda
tutti attestata gene- ricamente, riflettei che nessunoaveva mai
presoad
esaminarle specificamente,determinandone
i generi e le specie, studiandonei caratteri in
modo da
riconoscere se si trattasse diforme
estinteoppure
spettassero aforme
viventi, ed in tale caso facendone diligente confronto a constatare leminime
differenze che si po- tessero incontrare fra leune
e le altre.Essendomi
pertanto de- dicato allo studio speciale delleDiatomee
reputai utile l'esaminareattentamente
quelle contenute nei carboni fossili,determinandone
i caratteri e le specie, e così
riempiendo una
lacuna lasciata dai Geologi, che si contentarono segnalare la presenza di queiminimi
esseri nei carboni.
Troppo ampia materia
di studio si presentaal
Geologo
e troppiproblemi da
risolvere perchè possa tratte- nersi in tanto dettaglio; quindideve
lasciare la cura al Paleon- tologo di riunirequalunque
traccia oimpronta
o reliquia di tipi organici animali e vegetali, che si incontrano fra gli strati che ilmedesimo va esaminando;
e così laGeologia porge occasione alle scoperte del Paleontologo e del Micropaleontologo, cui spetta la conoscenza e lo studio degli organismi microscopici,mentre
fa suo prò delle indicazioni, che quelli gli forniscono.Ma ognuno
di leggieri intenderà che le
Diatomee
fra tutte leforme
organicho sono quelle che meglio si prestano a fornire preziose indicazioniAB. FRANCESCO CASTRACANI
e per la loro
estrema minutezza
che pia facilmente le conserva nella loro integrità e per la inalterabilità della silice, di cui sono composte.Questo fu il
motivo
per il quale quelmio
lavoro,Su
ìe Dia- tomee del Carbone,non
passò inosservatoad
onta della poca onessuna
autorità mia,mentre
invece la novità e l'importanza deltema
attirò su quello l'attenzione degli scienziati.Ne
meglio iopotevo augurarmi,
mentre dopo
avereminutamente
descritto ilmio metodo
di operare in questo caso e particolareggiato il pro- cesso dicombustione
seguito, del quale sono tenuto alla genti- lezza e liberalità del Professore Cannizzaro, eccitando tutti a con- trollare lemie
osservazioni, concludevo con queste parole: " Se„ alcuno potesse desiderare qualche ulteriore schiarimento, con
„
molto
piacere sarò per soddisfarlo, emi
terrò onoratoquando
„ voglianosi all'uopo indirizzare „. Il processo era tale
da non
richiedere schiarimenti ; bensì ebbinon
poche esplicite adesioni per parte di scienziati di altafama
quale l'illustre Conchigliologo ingleseGwinn
Jeffre ys , ed il eh. Botanico PaleontologoW.
Car- ruthers, il quale dallo studio fatto su sottilissimi tagli di carbonefossile, che racchiudevano
forme
organiche era stato condottoalle
medesime
conclusioni.La
lettura dellamia Memoria mi
valse l'onore diuna
lettera delsunnominato
Sig. Shrubsole, con la qualemi annunziava
l'importantissima scoperta diDiatomee
eoce- niche nellemarne
del bacino di Londra, eme ne accompagnava un
prezioso saggio, il quale presentava prova irrefragabile del- l'antichità di quegli organismi, e della assoluta identità con lospecie
attualmente
viventi.Anche
il eh. ProfessorePaolo Fede-
rico Iteinsch di
Erlangen
in sottili tagli di carbone fossile della Russia Centrale riconobbenumerose
spore a tre lati di diverse grandezze, e le più grandi credette identificare con loSphagnum
cymbiforme,
mentre
le più piccole riguardò appartenenti allo Spha-gnum
hutnile.Mentre
peròmi
trovai incoraggiato dalle adesioni di persone autorevolissime nella Scienza, in paritempo non mancarono
al- cuni chenon
riescirono al positivo risultatoda me
ottenuto,non avendo
incontratoDiatomee
nei residui ultimi della combustioni1,ed altri che credettero eludere la forza delle
mie
deduzioni con argomenti, che verrò in seguito esponendo. Intanto peròmi
sentoLK DIATOMEE E IL TRASFORMISMO DARWINIANO
in dovere eli ringraziare tutti quelli, che in qualsivoglia senso si
occuparono
della questione e dellemie
osservazioni in proposito, per le graziose espressioni usate amio
riguardo, e per avere reso giustizia alla assolutamia buona
fede, senza la quale ogni scienza diventapuro
ciarlatanismo.Con
questepremesse
io verrò a di- scutere le obiezioni, che perquanto mi
è noto, furono pubblicate su l'argomento,mentre
deploro chemolte non pervennero
forse amia
notizia, sia per lamia
ignoranza di taluna delle principali lingue diEuropa,
sia per lanatura
dellemie
occupazioni, chemi
impediscono il potere seguire ilmovimento
scientificocontem-
poraneo, così che iodebba
al caso il conoscere che taluni si occu-parono
dellamia
osservazione.Fra
quelli chenon
riescirono a incontrareDiatomee
nell'ana- lizzare il carbone fossile vi furonoun
D.Williamson
in Inghil- terra (sebene mi
ricordo) ed ilcompianto
Micrografo IrlandeseEugenio
0'Meara.
Questi signoriavendo
ripetuto lemie
espe- rienze con risultato negativo credettero decidere, che leDiatomee da me
ritrovate fra le ceneri del carbone esistessero bensì su quello,ma
che vi esistessero ocasualmente
sovrapposte o infil-tratevi in epoca
molto
più recente. In riguardo al risultato ne- gativo, al quale giunsero quei signorimi
permetterò di osservare, che trattandosi di scorgereminime forme
o frantumi di quelle, che sonosempre
in scarsonumero
e perdute fra copioso detrito siliceo,non
vi èda
maravigliare che in quei signori abbia fatto difetto la persistenza necessaria adesaminare minutamente
emetodicamente qualunque punto
di più preparazioni, così che sisiano troppo affrettati a pronunziare
un
verdetto negativo. Dico questorammentando quanto mi
abbia costato di fatica e di co- stanza tale studio, cosicché lamia
pazienza fumessa
agrande
cimento: e poimi
si vorrà concedere, che tale persistenza è più facile a incontrare su chispontaneamente
intrapreseuna
ricerca, dal cui esito attese lode, di quello che siada
attendereda
chi assunse l'ingratocompito
di controllare il risultato ottenuto daaltri. Oltre di che vi. sarebbe
da rammentare
cheanche
io ebbi degli insuccessi e dei risultati negativi,come
narrai in quellamia
Nota.Credo
che tali insuccessipotranno
arrivarenon
infre- quenti per il riflesso che spessoun masso
di carbone racchiude alcunvoluminoso
vegetale o qualche tronco di pianta arborea;2
10 AB. FRANCESCO CASTRACANE
se il
frammento
analizzato si troverà rappresentare il tessuto interno diuna
pianta essonon
potràmai
presentare Diatomee,come
è evidente, e quindi in quei casi sipuò
essere certi che sarà frustraneaqualunque
ricerca.Finalmente
farò notare che semi
si volesse
impugnare
l'avere io rinvenuto nelle ceneri di carbone fossile leDiatomee,
cheho genericamente
e specificamente deter- minato, ritrovandole assolutamente identiche alleforme
viventi attualmente, farò causacomune
con i più distinti Geologi e Mi- cropaleontologi, cheegualmente hanno
segnalato la presenza delleDiatomee
nei carboni.Ma non
ignoro che i surricordati gentilissimi signorinon
im-pugnarono
l'avere iorealmente
ritrovate e determinateDiatomee
fra i resti di taluni carboni,
ma
vollero insinuare che quellenon
fossero coeve al carbone,ma
soltanto che si fossero recentemente depositate su imedesimi
e che tra quelli si fossero infiltrate.Una
tale spiegazione sarebbe sufficiente a spiegare la realtà dell'as- serto di tutti i Geologi e il mio, togliendo così ogni autenticità alla fede di nascita di quelle.
A
tale obiezione si potrebbe ri-spondere con ricordare 1° che nell'intraprendere l'analisi di quei carboni usai la diligenza di distaccare dei pezzetti dall'interno di massi per accertarmi che quelli organismi silicei, che vi avessi rinvenuto,
non
potessero essere riguardati avventizi: 2° che leDiatomee
si rinvenneroegualmente
nei carboni i più compatti quali sono ilBoghead
ed il Canel-cole.Altro
argomento
contro la surriferita obbiezione viene fornitoda quanto
in simil casomi
èavvenuto
ultimamente.Avevo
intra- preso alcunenuove
analisi di carboni, nelle quali però essendomi dal principio incontrato condue
insuccessi o quasi insuccessinon
le proseguii, richiamato
da
molti altri soggetti di studio.Però
volli sottoporre alla
combustione un
piccolissimo saggio di carbone riportato dall'illustre navigatore ingleseMarciumi
daU'S2° 40'lati-tudine
Nord
nell'eroico tentativo fatto di raggiungere il polo Arti- co, dirigendosi con slitteda Smith Sund
al quale ritornòdopo
sessantacinque giorni di inauditi patimenti,proclamando
l'impos-sibilità dell' impresa. Neil' analisi di quel carbone riportato da così disastrosa spedizione
non
potei trovarvi alcunaDiatomea
in condizioneda
specificatamente determinare,ma
pure vi incontraiun
piccolissimoframmento
linearemarcato da
strie trasversali cheLE DIATOMEE E IL TRASFORMISMO DARWINIANO 11
certamente appartenne ad una
Synedra di specienon
determinata.Notisi però che in tal caso, a precludere l'adito alla obbiezione che la
Diatomea
ritrovata trovassesi appoggiata alla superficie del carboneda
potersi credere avventizia, usai la precauzione di trattare conammoniaca
bollente i pezzetti di carbone, perchèuna Diatomea qualunque
in quella condizione venisse disciolta. Sedunque ad
onta di questa ulteriore precauzione fra le ceneri di quel carbonevenne
riconosciutoun frammento
di Synedra, questa senza fallo fucontemporanea
a quel combustibile ed alla sua origine, e quindinon può ragionevolmente
negarsi fede allemolte
testimonianze della presenza di frustuli diatomacei nei carboni.I surricordati
due
Signori (perquanto
giunse amia
notizia) furono gli unici che tentarono riprodurre lamia
esperienza con- trollandone i risultati. Altri invece nel riferire le analisida me
fatte e le conseguenze che ne
avevo
dedotto credettero poterne eludere la forza.Ma
a tale propositodevo
io inprimo
luogo ricordareuno
fra i più celebri botanici dei nostri tempi, che fu rapito alla Scienza che professava con tanto zelo, il ProfessoreSchimper
di Strasburgo, che ebbi il piacere di incontrare a Firenze nel1874
nella occasione del congresso internazionale Botanico, che ivi siadunava
ad assistere alla inaugurazione diun monu- mento
allamemoria
dell1insigneWebb
donatore del magnifico suo erbario legato all'Erbario Centrale Italiano.A
queir esimio cultore delle Scienze Botaniche ilSchimper
volli esporrequanto
ebbida
osservare sulle Diatoinee dell'Epoca carbonifera, cono- scendocome
Esso si foss.ì particolarmente occupato nello studio dellaPaleontologia Botanica.Esso,dopo
essersifrancamente
espresso seguace della opinione di chi ritiene che qualsiasi tipo organico sia in continuo processo di svolgimento e di trasformazione, cercò eludere la forza dell'argomento della constatata identità delleDiatomee
viventi con quelle della antichissima epoca carbonifera.Secondo
lui l'invariabilità dei caratteri delleDiatomee
era laconseguenza
della semplicità di loro struttura,mentre
essendo quelle agli infimi gradi della scala organicahanno
tantominor numero
di direzioni secondo cui potrebbero deviare dallaforma
tipica.
A
taleragionamento
perònon
credettidovermi
arrendere essendo ovviocome
negli organismi primitivi e più basso collocati nella scala degli esseri è tutt'altro che raro l'incontrare casi12 AB. FRANCESCO CASTRACENE
teratologici e nelle
Diatomee
in particolare leforme mostruose non
sono infrequenti,quantunque
ritrovine isolati; il che ci fa intenderecome
la deviazione irregolare emostruosa
dallaforma
tipica sia provvidenzialmente colpita
da
sterilita ad indicarequanto
la
Natura
tenga alla immutabilità della specie.Diverso,
ma
amio modo
di vederenon
più concludente, fu ilragionamento
con cui idue
distinti Naturalisti FrancesiMarion
e Laporta vollero eludere la giustezza della
mia
deduzione; quindi, con tutto il rispetto a quei signori e sentendo il peso della autorità loro e di molti altri seguaci della dottrina del trasformismo,mi
ritengo autorizzato a seguire l'opinione contraria, sinché
non venga
con positiviargomenti
dimostratotrovarmi
nell'errore. Isullodati
due
Naturalisti credettero conciliare lamia
osservazione ristrettivamente alleDiatomee
con la legge di continuo svolgi-mento
e trasformazione in tutti gli altri ordini di esseri, riguar-dando
la cosacome una
eccezione per leDiatomeo,
le quali conie organismimolto
semplici e primitivi raggiunsero subito ilgrado massimo
di perfezione nel loro genere, e quindinon
ebbero enon avranno mai da
modificarsi ulteriormente. Io qui chiedo venia a quei signori senon
avessi reso bene il loroargomento,
rife-rendone
il senso secondo chemi venne
riferito.Nel
supposto per- tanto che tale press'a poco sia il senso del loroargomento,
devo rispondere esserepuramente
gratuita la proposizione che le Dia-tomee
più chequalunque
altro ordine di organismiabbiano
rag- giunto lo stato di perfezione, cosi che senza aspirare al megliodebbano
solo contentarsi di assistere all'incessante progresso di tutte le altre serie di esseri. Perquanto
iomi
professiammi-
ratore di queste tanto
maraviglio^ quanto minime
creature, sonoben
lontano dal dire, chenon
si possa in quelleimmaginare
la possibilità di ulteriori progressi 'e perfezionamenti.Sono
però contento che la stabilità dei tipi sia riconosciuta nelle Diatomee, così che in questo ordine di esseri, dui più antichi econtempo-
ranei al carbone fossile sin a quelli che incontriamo in attualità di vegetazione, tutti sono l'uno all'altro perfettamente identici.Lascierò al giudizio degli altri il decidere se dalla immutabilità della
forma
e dalla fissità della specie nelleDiatomee
iopò—
a
come
credo abuon
diritto arguirne, che lamedesima
legge deve regnare per qualsiasi altra categoria di organismi.LE DIATOMEE E IL TRASFORMISMO DARWINIANO 13
Sento
bene
che vi sarà chimi
richiamerà all'ordinedicendomi
di avere troppo osato,
mentre
vi sononon
pochi scienziati di vaglia, e con alcuno di questimi
trovo sotto altri rapporti in perfetto accordo di idee, i quali sono di contrariosentimento
in riguardo alla invariabilità delleforme
specifiche, ritenendo che nel creatonon
siveda
cheun
incessante variare di tipi, eduna
con- tinua evoluzione.Certamente
chi si limitò a studiareuna
sola specialitànon
sidovrebbe
lasciar tentaread
oltrepassare gli angusti confini disua
provincia; però tale è la connessione esistente fra le verità di qualsiasi ordine esse siano, che talvoltapure
lo spe- cialista è trascinato a sconfinare,accennando
alle deduzioni che a filo di logica discendono dalle osservazioni fatte ed accertate.Se
tanto osai, voglio sperare chenon
si sarà troppo severi conme,
attribuendo a temeritàquanto
asseriiunicamente
perchè con- vinto, emosso
dallo zelo che professo caldissimo per la Scienza.Che
se puremi
si vorràcondannare come
temerario,mi
sarà di conforto il pensiero che la opinione, alla quale iomi
credetti obbligato a sottoscrivere condotto dallemie
osservazioni ed espe- rienze, èpure
seguitada
scienziati di altissimafama
qualiun
Agassiz,
un
Quatrefage,un
tìwinn Jeffreys e tanti altri.Fra
inostri, per
quanto
iomi
sappia,non
vi fu che il Cav. CrescenzoMontagna,
che ionon
ebbi l'onore di conoscere, il quale nelnumero
del30
luglio1874
del giornale 11 Pìrici parlò dellemie
osservazioni e delleconseguenze
dedottene,confermandole con
altre sue su la identità di più organismi fossili e specialmente di
Lepidodendron
inchiusi in carboni diepoche
e di località diffe- rentissime, emi
esortava di estendere lemie
ricerche alle grafiti, e alle roccie metamorfiche.Determinato da
tale invito tentai estendere le analisi per processo dicombustione
ad alcune grafiti,ma
negativo fu il risultato, perchè a ridurre quelle a condizione di ceneri, il calore dovette essere spinto sinoad
averne traccie evidenti di vitrificazione e di fusione.Ma
noipossiamo bene
chiamarci contenti di conoscere l'esi-stenza delle
Diatomee
nell'epoca carbonifera, e perciò sapendociclic le grafiti sono le
minime
reliquie rimaste dalla lentissima decomposizione «li più antiche formazioni carbonifere, ci si rendo probabile che puro nelle grafitidebbano
trovarsiDiatomee,
e forse inmaggior numero come
cheun minimo
Btratarello di grafite14 AB. FRANCESCO CASTRACENE
è il rappresentante di
un banco
dicarbone
di più metridi spes- sezza.Ma anche
senza più oltre fermarsi su la perfetta identità delleDiatomee
dell'epoca carbonifera con quelle chevegetano
sotto i nostri occhiabbiamo
prove evidentiinnumerevoli
che ci attestano assere legge fra leDiatomee,
che per qualsiasi incom-mensurabilmente
lungo lasso ditempo
ciascun tipo generico o specifico è destinato indeclinabilmente a riprodurre nella innu-merevole
progenie e discendenza le suemedesime
qualità e carat- teri, così cheT
ultimo individuo della serie discendentenon
diffe- renzieràmenomamente
dal suo prototipo.Fra
leDiatomee
dellamedesima
progenie si riscontrano esemplari piccoli e grandi e che differisconoanche
di più del doppio, e talvolta ancora si diffe-renziano nel profilo, e
ad
onta di questonon
si potrà dedurre che la specievenga
modificandosi sin a produrreun nuovo
tipo specifico. Queste differenzeovviamente
si presentano, e sono note- voli nelle raccolte che talvolta siottengono
eccezionalmente pure, nelle quali sipuò
essere certi di avere innanzi agli occhiuna
istessa
innumerevole
progenie e famiglia. Tali differenze saranno laprova
dellamaggiore
ominore
forza'di assimilazione di ogui singola sporula o germe,come
pure lamedesima forma
specificain diverse località potrà avere differente sviluppo secondo che l'ambiente fu più o
meno
favorevole alla vegetazione.Ma
la ra- gione dimolte
di queste differenze, e specialmente quelle che piùraramente
si incontrano riguardanti il profilo dei frustuli, devesi riconoscere nelle diverse tappe segnate dallo sviluppo dell'indi- viduo,come vediamo
accaderemeno
infrequentemente nel regno animale.La prova
la più eclatante di questa variazione di gran- dezza e di profilo indicante i diversi stadi di sviluppo la ebbi in tre copiose raccolte di Eunotia Formica, E. ottenuteda
Utricularie provenientida
regioni le più disparate. TaleDiatomea
vedevasi rappresentatada
grandissimonumero
di frustuli dotati di carat- teristrutturali identici,quantunque
quelli differissero in grandezzaanche
più del quadruplo, e i più piccoli esemplari fossero a profilo quasi lineare,mentre
imaggiori presentavano
notevole rigonfia-mento
presso le estremità edue
costrizioni nella parte centralo.Però
il vedere nellemedesime
raccolte lanon
interrotta serie diforme
degradanti insieme alla costanza nella striazione speciale e dell'insieme dei caratteri strutturali, dimostrava sin alla evi-LE DIATOHEE E IL TRASFORMISMO DARWINIANO 15
denza
che quei fru stuli grandi e piccoliappartenevano
allamede- sima
progenie, indicando i diversi gradi di sviluppo e ladiversa età.Fatta pertanto eccezione della
grandezza
dentro certi limitiovviamente
varianti e della variazione nel profilo, che si verifica in qualche tipo, e che corrisponde al diverso stadio di sviluppo,chiunque ebbe da
studiareDiatomee
fossili le potè determinare confrontando quelli antichissimi esemplari con la vivente flora diatomacea, e riconosciute in questaforme
perfettamente identiche a quelle dovette determinarle quali rappresentantiuna medesima
progenie, applicando alle
une
e alle altre ilmedesimo nome. Che
se taluni tipi fossili noi
conosciamo
diversi dai viventi sono per- suaso dipendere questounicamente
dalle troppo limitate cognizioni nostre delleDiatomee
specialmente marine,mentre anche
ame
avvenne
di ritrovare viventi alcuneforme
registratecome
unica-mente
fossili.Senza
pertanto fermarci su il fatto della presenza diDiatomee
nei carboni e su la loro identità con le viventi, pos-siamo
limitarci all'esame dei numerosissimi depositi dei tripoK marini dell'epoca pliocenica, alla quale per lamaggior
parte ap-partengono
i tripoli Italiani, senza ricordare quelli delle altre regioni.Ma neanche
fra i nostri depositi fanno difetto quelli assai più antichi dell'epoca pliocenica,mentre
ora si incominciano a scoprire formazionimarine
diatomifere nell'AppenninoModenese
e Reggiano, le quali devonsi riconoscere appartenenti al mioceno.
Nello studio, che
vado
facendo di quei tripoli e delleforme
or- ganiche, che vi si contengono, ilmio sguardo non
fa che rico- noscere ripetute quelleforme
diDiatomee,
che incontro conti-nuamente
nelle raccolte recenti, le qualimi
divennero famigliari specialmentedopo
lo studio fatto delle ricchissime pesche praticate nelmemorando
viaggio dellanave
Inglese II Challenger.L'esame
il più accurato con l'impiego delle lenti più perfette e con tutti
i più notevoli progressi della Micrografia
non
arrivano a far co- noscere differenza fra leDiatomee
fossili e le viventida
atte- starci che in queste abbia luogouna qualunque
trasformazione oltre i limiti della specie.Ma
ionon
credo che sin al presente fra i depositi diDiatomee
sene
conosca altro di epoca perfettamente accertata, che sia più antico di quello già ricordatocome
scoperto dal eh. signorW.
H.Shrubsole fra le argille del bacino di Londra.
Che
queste appar-16 Ali. FRANCESCO CASTRACAXK
tengano
ali1
Eoceno
inferiore è cosa fuori di dubbio, essendo stato perfettamente riconosciuto dai Geologi Inglesi, fra i quali ilW. Whitaker
fece speciale soggetto di studio il suddetto bacino, che illustrò conuna
interessantememoria. Le Diatomee,
che ivi si rinvennero, offrono la interessante specialità di essere in condi- zione di piriti, unicoesempio
sinad
ora diDiatomee
fossilizzate, ossia, nelle quali la silice delle pareti della cellula sia sostituitada
altra sostanza minerale. Il gentilissimo Signor Shrubsole vollemandarmi un
saggio di quei microrganismi, di cui qui dinuovo
intendo ringraziarlo :ma,
nel riceverle iu stato diuna
polveretta pesante, opaca, e a riflesso metallico, dovetti ritenere che fosse stato presoun
abbaglio,non
credendomai
che vi si potessero ritrovareDiatomee, come
si asseriva, ecome
in seguito conmolta mia
maraviglia dovetti riconoscere. QuelleDiatomee
furono esa-minate accuratamente da
molti Micrografi, e fra gli altri dal Signor F. Kitton, che forse è il piùcompetente
in tale materia,il Dott. Stolterfoth, dal Dott. Bossey, dal Signor G. D.
Brown,
oltre al Signor Shrubsole e a
me,
e vi furono riconosciutinon meno
diquaranta
tipi appartenenti a generi diversi. Se alcune di tali determinazioni possono dar luogo a qualche incertezza, la piùgrande
parte però sonoforme
conosciute, e che si incontrano viventi nella età nostra,ne
alcuno deisunnominati
Naturalisti potè notare differenza fra quelleforme
arcaiche e lecontempo-
ranee a noida
far credere che nelleDiatomee
abbia luogo evo- luzione o trasformazione alcuna.Non
voglio omettere di ricordare qui un'altra osservazione cheesattamente
collima con quella delleDiatomee,
la quale,quan- tunque
riguardiun
ordine di microrganismi, chenon
feceromai
oggetto speciale dei miei studi, trovo conveniente ricordare perchè precisamente si incontrano associati alleDiatomee
nelF istesso strato di argille del bacino di Londra. Intendo parlare dei Fora- miniferi, ordine di animalculi marini a conchiglia per lo più calcare, che incontrasianche
nei più antichi terreni, e costituisce spessoun
curiosissimo oggetto di studio, che serve di testimo- nianza alGeologo
a riconoscere la storia diuna
data forma- zione. Nel Giornale della Eleale Società Microscopica di Londra, Ottobre 1886, si leggeuna
interessante nota dei Signori CarloI). Slicrliorn e Federico
Chapman
"On
suineMicrwoa
frem theLE DIATOMEE E IL TRASFORMISMO DARWINIANO 17
London
Clay&
„ con tre tavole di illustrazione. In queste ven-gono
figurati93
tipi di Foraminiferi, i quali tuttivengono
ascritti a generi e specie conosciute,quantunque
nei Foraminiferi i carat- terinon
siano cosìnettamente
definiticome
nelleDiatomee,
e che i suddetti Signori facciano le loro riserve sul valoreda
dare alle ricevute distinzioni di generi e specie in organismi fra iquali è ovvio presentarsi
sfumature
di passaggioda un
tipo all'altro.Però
devesi ricordare che se questi passaggida una forma
all'altra fanno sorgere perplessità sul valore delle attuali distinzioni di generi e specie e in particolare su queste ultime, ciònon
toglie che quelle antichissimeforme
si incontrino iden- tiche fra le viventida dedurne
logicamente, che nell'ordine dei Foraminiferinon meno
che in quello delleDiatomee,
è invariabile egge dellaNatura
la riproduzione delleforme
specifiche dei genitori nella prole a traverso qualsiasiincommensurabilmente lunga
serie di generazioni.Ecco
pertantodue esempi
chemi
è dato diaddurre
di inte- ressantissimi ordini di organismi, ilprimo
spettante alregno
vegetale, l'altro appartenente al regno animale, i quali per lomeno
dalla epoca dell'Eoceno
inferiore sin ai nostri giorninon
furono soggetti a evoluzioneproducendo nuovi
tipi specifici,mentre
invecetramandarono
inalterate leforme
dei loro prototipi. Volli pertantoprovarmi
a scandagliareapprossimativamente
la serie di anni e di secoli trascorsi dall'epoca dell'Eoceno
inferiore sin alla età nostra.Rammentandomi
però aver lettocome
le più discrepanti opinioni esistano su ladurata
dei differenti periodi della storia della terra,prima
di accingermi a scrivere questaMemoria mi
rivolsi con lettera adun
illustre nostroGeologo
pregandolo di volermi indicare la più probabile approssimativadurata
di quelli.La
risposta che ne ottenni fu gentilissima, perònon
soddisfece allamia domanda,
declinando dal formulare qual- siasi determinazione; peròconcludeva
con dire essere esso di parere, che in talecomputo
forse il milionedovrebbe
rappre- sentare la unita. Tale proposizione con tutta la sua apparenza iperbolica vi fa intenderequanto incommensurabilmente
lungo sia il periodo ditempo,
che divide noi dall'epoca terziaria, siapure questa in ordine al più recente Plioceno,
non
che agli infi-nitamente
più antichi ilMioceno
e 1' Eoceno.2
18 AB. FRANCESCO CASTRACANI
Mi
sono indecliuabilmente proposto che nel rendere conto delqualunque
risultato delmio
studio e dellemie
esperienzenon mi
sarei lasciato strascinare fuori(come
suole dirsi) dellamia
provincia, ritenendo che questa fosse la condizione per la qualemi
fosse dato di contribuire in qualchemodo
al progresso della scienza.Questo
perònon
esclude il tener conto delle attinenze chenaturalmente
esistono fra i diversicampi
di studio, e spe- cialmente per ciò che riguarda i diversirami
della StoriaNatu-
rale e delle Scienze Biologiche. In quella se noivediamo
edam- miriamo
la serie infinita dei tipi organici prodotti dallaNatura
creatrice, in pari
tempo abbiamo
luogo di riconoscerecome
nelle miriadi diforme
così prodotte essa proceda con uniformità di leggi. I progressi chequotidianamente va
facendo la Biologia aiutata dal perfezionamento del Microscopio riesconosempre
alla dimostrazione, che leanomalie
notate nei processi di riproduzionenon
sono che apparenti,Lo
studio della StoriaNaturale
ci fa vedere lamaggiore
analogia fra idue
regni il vegetale e l'animale, cosicché alcuni scienziatitendono
a rifiutare tale distinzione onon tenendo
ildovuto
conto della sensibilità, qualità propria esclusivamente dell'animale, o attribuendo la sensibilitàanche
al vegetale, nel quale esiste soltanto l'irritabilità enon
la sensibilità consciente. Però il parallelismo esiste fra il vegetale e l'animale, ed è così perfettoda doverne
dedurre che laNatura
nello sta- bilire ogni genere di organismi lavoròsempre
suun
unicostampo
o modello,mentre siamo
condotti adammirare
l'infinita varietà dei tipi insieme allapermanenza
dei caratteri, che costituisconoil genere e la specie. Cosi
vediamo
la bissessualità richiesta allafecondazione dell'ovo corrispondere alla fecondazione del pistillo nel fiore per parte del polline, costituendo questo l'agente
ma-
schile,
mentre
il pistillo è la parte femminile, la quale bisses- sualità è più evidente nelle piante dioiche,dove
individui diversidevono
con i loro fiori concorrere alla fecondazione. Il paralle- lismo fra l'ovo e lasementa va
fin alpunto
che il germoglio delseme
corrispondente all'embrione dell'ovoha
a sua portata nei cotiledoni l'alimento nella quantità richiesta sin almomento
che per lo sviluppo della radichetta possa, ricevere l'alimento dal terreno, e quell'alimento destinato al
primo
sviluppo dell'embrione è stato riconosciuto nei suoi chimici elementi analogo al latteI,K niATOMEE E JL TRASFORMISMO DARWINIANO 19
che costituisce il
nutrimento
proprio dell'animaleappena
nato.—
Sedunque
è vero che laNatura
nella maravigliosa e infinita varietà di tipi organicipure
procedette con uniformità nelle pre- cipue leggi biologiche, e specialmente in quelle riguardanti la riproduzione, dalla persistenza delleforme
delleDiatomee
che vivono al presente; presentanti identici caratteri ed i
minimi
dettagli deimedesimi
generi e specie eh3 vissero centinaiae migliaia di secoli lontanida
noi,panni
doverecon
sicurezza dedurne, che lemedesime
leggi dellaimmutabilità
dei caratteri generici e specificidevono
reggereegualmente
perqualunque
altro ordine di esseri organici vegetali e animali. L'influenza dell'ambiente,come ha
luogo fra leDiatomee favorendone
individualmente lo sviluppo oaumentando
il rilievo dei dettagli, così e piùancora
potrà agire in organismi superiori di ordine, sin a produrre delle razze.Ma
tale modificazionenon
arriveràmai
a eccedere i limiti della specie,quantunque
quei caratteri possano alungo
trasmet-tersi per generazione.
Non
avvieneegualmente
per leforme mo-
struose, che la provvida
Natura
perciò volle colpiteda
sterilità, e questocome ha
luogogeneralmente
in tutti gli ordini di orga- nismi,egualmente ho
riconosciuto arrivare con leDiatomee,
fra le quali
non
è raro incontrareforme
teratologiche,ma
queste vedonsisempre
isolate.Le
sopradette considerazioni si presentarono spontanee allamia mente
dalle osservazioni chevado
facendoda
lungotempo
sul-l'argomento
delleDiatomee,
emi
indussi a farne soggetto iliquesto
mio
scritto, tanto per rispondere alle osservazioni, che furono fatte allamia Memoria
"Su
ìe Diatomee del Carbone „quanto
perchémi
parve che nessun altroorganismo
meglio che la Diatonica fosse atto a renderci conto della condizione, nella quale quel curioso e interessante tipo trovossi nelle più lontane epoche geologiche; cosicchéconfrontando V
aspetto sotto il qualesi presentano quelle antichissime
forme
silicee con le rappresen- tanti dellemedesime
specieattualmente
vegetanti si possa cimen- tare con la osservazione il valore della teoria del trasformismo Darwiniano, la quale teoria giovò 1» misi alla Scienza con fornireun metodo
filosofico nello studio della Storia Xafmale, coordinami i l'infinita varietà dei tipi organici,ma non
potròmai persuadermi
che in quella teoria si racchiudaun
fatto storico e cronologico.20 AB. F. CASTRACANE. LE DIATOMEE E IL TRASFORMISMO DARWINIANO
In questo io
mi
trovo in accordo con il eh. ProfessoreHuxley,
il quale ricordava
come
la teoriaDarwiniana
fossepuramente una
ipotesi,
ne
doversi riguardare diversamente:aggiungeva
però che tale ipotesi disgraziatamentenon ammette
enon può
venire con-fermata
da prove positive. Nellamancanza
pertanto di tali prove è invece posta l'autentica contraria testimonianza cheabbiamo
dalle
Diatomee
eda
altri ordini di microrganismi dellanessuna
modificazioneavvenuta
in quelli dalle piùremote
epoche geolo- giche sin ai giorni nostri :non mi
paredubbio
essere più logico ilritenere che se infinitamente variata è l'opera della Natura, questa moltiplicita di tipi presentanti analogie ed affinità
mostrano
l'in- finita sapienza del Creatore, che volle conciliareuna incommen-
surabile varietà di
forme
con lamassima
semplicità di leggi biologiche.QK569.D54 C286 G*™*nu"~»
f
ÌTT n
9"?n/,Le,
D'atomeeeil?"
PAMPHLET
Thls
isI>al»o carrledInstock HMH «TOC TH1CKNES1 1S2J • ioebM I iocbat J-iuKh
1S24 10 « 1 «
1US » • M
iuì i« a ni m
1527 10^2 » IH " "
1528 11 " 8 1
Otheralzeair
r BINDERS
Io.
1530
In
Un
followlngsizesHIGH VIDI TH1CKXT5I 1529 12 iucttea10 iucfxsj
i-j".eh ISSO 12 M »K "
1932
U
« 10 » »1»JJ 14 ti 1| N
UH
li «U
*«deto arder.
MANUFACTURKOBY
LIBRARY BUREAU
orvwodorvitti iarocoKroiAnoa librarySuppUaaofaliKlnda