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1. Il diri o di credito consacrato nel titolo e la sua esecuzione coa iva. La garanzia patrimoniale generica e i diri i reali di garanzia

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C I

L’ESPROPRIAZIONE FORZATA IMMOBILIARE: OSSERVAZIO- NI GENERALI ED ARTICOLAZIONE DELLA PROCEDURA

di Alberto Crivelli e Anna Ghedini

La a uazione del diri o di credito nel nostro ordinamento è affi data al pro- cesso esecutivo nelle sue diverse forme: esecuzione in forma specifi ca ed esecuzione per espropriazione, processi che sono stati segnati da profonde riforme nell’ultimo ventennio.

S : 1. Il diri o di credito consacrato nel titolo e la sua esecuzione coa iva. La garanzia patrimoniale generica e i diri i reali di garanzia – 2. Integrazione e caduca- zione del titolo esecutivo – 3. Forme e modi dell’esecuzione coa iva. L’espropriazione immobiliare – 4. Natura e fasi del processo esecutivo immobiliare – 5. Le novità del- la riforma del 2006: la rinnovata effi cienza della vendita coa iva e l’accelerazione del processo – 6. Gli interventi di modifi ca successivi al 2006 – 7. Le fasi del processo di espropriazione immobiliare in sintesi

1. Il diri o di credito consacrato nel titolo e la sua esecuzione coa iva. La garanzia patrimoniale generica e i diri i reali di ga- ranzia

Il nostro ordinamento giuridico consente ed assicura che il diri o di un sogge o giuridico, sia esso persona fi sica o giuridica, ad o enere una pre- stazione – di dare, di fare o di non fare – da un altro sogge o (diri o di credito) possa essere concretizzato ed in certo modo formalizzato in un ti- tolo esecutivo. Il titolo esecutivo, fondamento e condizione dell’azione e quindi del processo esecutivo, può essere costituito da un a o o documen- to di formazione stragiudiziale cui la legge conferisce la cosidde a effi ca- cia esecutiva, o da un provvedimento del giudice, anch’esso dotato per legge di potenzialità esecutiva: la elencazione – pacifi camente non tassati- va- delle tipologie di a i esecutivi, stragiudiziali o giudiziali, è contenuta all’art. 474 c.p.c., norma con la quale, peraltro, si apre il libro III del codice di rito, dedicato interamente al processo esecutivo.

Il titolo esecutivo consente al titolare del diri o – a fronte del mancato spontaneo adempimento da parte dell’obbligato – di o enere l’adempi- mento dell’obbligo spe ante al debitore a prescindere dalla sua collabora- zione, ovverosia coa ivamente. Tale esecuzione coa iva avviene a mezzo di un processo e quindi con la partecipazione dello Stato, tramite la propo- sizione innanzi al Tribunale della azione esecutiva, nelle forme e nei modi della esecuzione forzata. Il processo esecutivo è quindi quella a ività giu-

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risdizionale volta alla realizzazione della volontà risultante da un accerta- mento, giudiziale o meno, di un diri o di credito consentendo al titolare di o enere la prestazione che gli spe a.

La riforma del 2006, con tale dizione volendosi riassuntivamente indi- care la novella apportata alla materia dalle L. n. 80/2005, n. 263/2005 e n.

52/2006 – tu e entrate in vigore dal 01/03/2006 –, ha modifi cato ed amplia- to le ipotesi di titolo esecutivo – novellando l’art. 474 c.p.c. –, ricompren- dendovi anche le scri ure private autenticate, quanto agli obblighi di dare una somma di denaro, ed estendendo agli a i ricevuti da notaio una effi ca- cia esecutiva per qualsiasi tipo di obbligazione, e non solo per quelle aven- ti ad ogge o somme di denaro, come era previsto prima della riforma.

• Quali sono i requisiti del titolo esecutivo?

Il primo requisito è quello della certezza. Ciò signifi ca che il titolo deve consentire l’esa a individuazione del bene ogge o dell’esecuzione: dun- que intesa la situazione giuridica accertata deve emergere esa amente e compiutamente, nel suo contenuto e nei suoi limiti dal titolo.

Il secondo requisito è dato dalla liquidità, nel senso che nel titolo deve essere specifi cata l’entità del credito o quanto meno siano precisati con cer- tezza gli elementi per la quantifi cazione tramite un calcolo matematico, escludendosi la possibilità di desumere i dati da una fonte diversa dal tito- lo stesso, ancorché pacifi ci (Cass. 09/03/1995, n. 2760; in senso contrario Cass. 23/05/2011, n. 11316, secondo cui “Il provvedimento con il quale, in sede di separazione, si stabilisce che il genitore non affi datario paghi, sia pure ‘pro quota’, le spese mediche e scolastiche ordinarie relative ai fi gli costituisce idoneo titolo esecutivo e non richiede un ulteriore intervento del giudice in sede di cognizione, qualora il genitore creditore possa alle- gare e documentare l’eff e iva sopravvenienza degli esborsi indicati nel ti- tolo e la relativa entità, salvo il diri o dell’altro coniuge di contestare l’esi- stenza del credito per la non riconducibilità degli esborsi a spese necessarie o per violazione delle modalità d’individuazione dei bisogni del minore”, orientamento però poi variamente temperato dalla successiva giurispru- denza, cfr. in particolare Cass. n. 13811/2013).

Terzo requisito è rappresentato dall’esigibilità del credito, costituito dalla assenza di impedimenti all’esercizio dell’azione esecutiva, e perciò la insussistenza di una condizione o di un termine che dunque ne ostacolino l’esercizio o l’effi cacia.

• Come si distinguono i titoli?

Tradizionalmente si distinguono i titoli esecutivi giudiziali da quelli stragiudiziali.

Titoli esecutivi giudiziali sono le sentenze e i provvedimenti giudizia- li cui la legge conferisca effi cacia esecutiva. Innanzitu o sono titoli esecuti-

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vi le sentenze di condanna, ancorché non passate in giudicato, posto che in forza dell’art. 282 c.p.c. la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva fra le parti.

La giurisprudenza si è a estata sulla tesi secondo la quale è provviso- riamente esecutiva la sentenza di condanna e non già quella costitutiva o dichiarativa; la provvisoria esecutorietà assiste anche il solo capo di con- danna al pagamento delle spese di giudizio, anche se esso acceda a senten- za non di condanna (Cass. n. 27090/2011); è doveroso segnalare un orienta- mento delle Sezioni Unite della Suprema Corte secondo il quale comunque, anche laddove non si tra i di una sentenza di condanna, la sentenza di primo grado in ogni caso segna una cesura fra la situazione delle parti all’inizio del giudizio di primo grado e quella che si è determinata fra le parti a seguito della decisione di primo grado. Aff erma la Corte di Cassa- zione a Sezioni Unite che la sentenza di primo grado comunque, anche se non di condanna, accerta lo stato di diri o fra le parti e che «il diri o pro- nunciato dal giudice di primo grado qualifi ca la posizione delle parti in modo diverso da quello dello stato originario di lite e giustifi ca sia l’esecu- zione provvisoria, quando a quel diri o si tra i di adeguare la realtà mate- riale, sia l’autorità della sentenza di primo grado nell’ambito della relazio- ne tra lite sulla causa pregiudiziale e lite sulla causa pregiudicata» (Cass., SS.UU., n. 10027/2012). Tale orientamento, volto a dare un signifi cato al disposto dell’art. 282 c.p.c. anche con riferimento alle sentenze non di con- danna, è stato ado ato anche in relazione alla applicazione dell’art. 627 c.p.c. aff ermando che per la riassunzione della esecuzione dopo il rige o della opposizione esecutiva è suffi ciente la sentenza di primo grado se- gnando la sentenza di appello il termine fi nale e non iniziale per la prose- cuzione della esecuzione (Cass. n. 24447/2011).

È titolo esecutivo il decreto ingiuntivo sia esso defi nitivo a seguito del- la mancata opposizione o del rige o della opposizione stessa, sia esso di- chiarato provvisoriamente esecutivo ex art. 642 c.p.c. o ex art. 648 c.p.c.

Laddove, invece, la sentenza che decide sulla opposizione abbia riformato il decreto ingiuntivo riducendo la somma in esso ingiunta, il titolo esecuti- vo sarà costituito dalla sentenza stessa, fa a salva la effi cacia degli a i ese- cutivi già compiuti (art. 653 c.p.c.). Sono poi, fra le altre, titolo esecutivo, per espressa previsione di legge: la ordinanza con cui viene decisa la causa introdo a con il rito sommario ex ar . 702-bis ss. c.p.c., le ordinanze ex art.

186-bis c.p.c. (ordinanza per il pagamento delle somme non contestate), ex art. 186-ter c.p.c. (ordinanza ingiunzione) laddove il giudice conceda la provvisoria esecutorietà, ex art. 186-quater c.p.c. (ordinanza successiva alla chiusura della istruzione della causa), il decreto con cui il giudice liquida le competenze a favore dell’ausiliario che lo ha assistito ed anche del CTU (art. 53 disp. a . c.p.c.), le ordinanze di accoglimento di una istanza caute- lare, sia essa di sequestro giudiziario, conservativo o ex art. 700 c.p.c.; la ordinanza resa in esito al procedimento di rendimento dei conti ove il

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conto venga acce ato (art. 263 c.p.c.); i verbali di conciliazione giudiziale innanzi alle sezioni stralcio ex art. 13, comma 4, L. n. 276/1997. Dalla mera natura di pronuncia giudiziale non deriva la esecutività del provvedimen- to: occorre che la legge ne preveda espressamente la forza esecutiva. La elencazione contenuta nell’art. 474 c.p.c. a tale proposito non è che esempli- fi cativa in quanto la norma inserisce, dal 2006 in avanti, nel catalogo dei titoli esecutivi, anche tu i gli «altri a i» cui la legge a ribuisca forza esecu- tiva. Il prevalente orientamento giurisprudenziale ritiene poi che la effi ca- cia esecutiva di una pronuncia possa essere ricavata anche in via interpre- tativa dal collegamento di più norme (Cass. n. 778/1965). La tendenza legislativa è ultimamente quella di favorire la introduzione di titoli di for- mazione giudiziale aventi effi cacia provvisoriamente esecutiva (si pensi allo strumento dell’art. 702-bis c.p.c., esteso poi quanto all’ambito di appli- cabilità, dalla legge per la c.d. semplifi cazione dei riti): tale tendenza favo- risce il ricorso alla esecuzione ma mina la stabilità degli a i esecutivi, poi- ché aumenta il rischio di riforma o annullamento del titolo esecutivo in corso di esecuzione.

• Quali sono gli altri titoli giudiziali?

Essi sono (limitatamente ai crediti pecuniari):

• le ordinanze di condanna a pene pecuniarie (ar . 54, 64, 67, 118, 179, 220, 255, 408, 476 c.p.c.);

• il decreto di liquidazione delle spese nel procedimento di esecuzione per consegna o rilascio (art. 611 c.p.c.) ed il decreto di liquidazione delle spese nel procedimento di esecuzione degli obblighi di fare o non fare (art. 614 c.p.c.);

• il processo verbale di conciliazione nel caso di consulenza tecnica pre- vista ai fi ni della conciliazione della lite (art. 696-bis c.p.c.);

• i provvedimenti urgenti nella separazione personale (ar . 708 e 189 disp. a . c.p.c.);

• il verbale di separazione omologato (art. 711 c.p.c.);

• l’ordinanza di liquidazione delle spese e degli onorari agli arbitri (art.

814 c.p.c.);

• il lodo arbitrale dichiarato esecutivo (art. 825 c.p.c.);

• il proge o di divisione (art. 789 c.p.c.);

• il decreto di a ribuzione di quote in sede di divisione (art. 195 disp.

a . c.p.c.);

• i provvedimenti defi nitivi o interinali del Presidente del Tribunale o del giudice istru ore nei giudizi di scioglimento del matrimonio o di cessazione dei suoi eff e i civili (ar . 4 ss., L. 01/12/1970, n. 898, modi- fi cato ex L. 06/03/1987, n. 74 e L. 14/05/2005, n. 80);

• il provvedimento di modifi ca delle condizioni di separazione (con- sensuale o giudiziale) previsto dall’art. 710 c.p.c.;

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• l’ordinanza di assegnazione del credito nel processo di espropriazio- ne presso terzi, art. 548 c.p.c.;

• l’ordinanza di liquidazione delle spese a carico del rinunciante in sede di estinzione del giudizio di cognizione (art. 306 c.p.c.);

• il decreto di condanna di cui all’art. 177 disp. a . c.p.c. in tema di de- cadenza dell’aggiudicatario.

• In che cosa si cara erizzano i titoli stragiudiziali?

La legge prevede, poi, varie ipotesi di titoli esecutivi stragiudiziali, ovvero formatisi a prescindere da una a ività di cognizione, sommaria o piena, di un giudice ordinario: a mero titolo esemplifi cativo si possono elencare gli estra i di ruolo esa oriale per i debiti di natura tributaria e fi scale; il modello DM/10M che, ai sensi dell’art. 2, D.L. n. 338/1989, è titolo esecutivo quanto ai debiti contributivi del datore di lavoro o comunque del sogge o tenuto al versamento dei contributi assicurativi sociali; la ingiun- zione fi scale emessa ai sensi dell’art. 2, R.D. n. 639/1910; il verbale di con- ciliazione stragiudiziale relativo a controversie di lavoro alle dipenden- za della P.A. raggiunto in sede sindacale o innanzi all’Uffi cio Provinciale del Lavoro; la diffi da dell’ispe ore del lavoro, resa esecutiva dal provve- dimento del dire ore della Direzione Provinciale del Lavoro, relativa all’accertamento di crediti del lavoratore derivanti da inadempimenti del datore di lavoro prevista dall’art. 12, D.Lgs. n. 124/2004, che costituisce ti- tolo esecutivo non già a favore della amministrazione che forma il titolo stesso, ma di un sogge o terzo ovvero il prestatore di lavoro che conserva il potere di legi imazione processuale le ordinanze-ingiunzione emesse dalla P.A. ai sensi della L. n. 689/1981.

Sono titoli esecutivi, sempre di natura stragiudiziale, ai sensi dell’art.

474, comma 2, n. 2, c.p.c., i titoli di credito, ovvero le cambiali e gli assegni bancari. La esecutività dei titoli di credito presuppone il rispe o delle di- sposizioni sul bollo, ovvero il regolare pagamento delle imposte di bollo:

anche a tale fi ne l’azione esecutiva deve essere sorre a dalla produzione del titolo in originale e non già in copia. Sono titolo esecutivo gli a i rice- vuti e formati da un notaio o da un pubblico uffi ciale autorizzato a rice- verli, qualsiasi sia la obbligazione in essi contenuta, di denaro o di fare o non fare, di consegna o rilascio. In ciò la norma è stata profondamente in- novata, essendo in precedenza la effi cacia esecutiva degli a i notarili ri- stre a solo ai diri i di credito per somme di denaro.

• Quali altri titoli stragiudiziali vi sono?

Essi sono:

il verbale di conciliazione ex art. 411 c.p.c.;

il verbale di conciliazione ex art. 30, L. 27/07/1978, n. 392; in generale, i verbali di conciliazione ex ar . 185 e 420 c.p.c.;

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• i verbali di conciliazione (“amministrativa”, innanzi alla competente commissione costituita presso la Direzione provinciale del Lavoro, oppure “in sede sindacale”, prevista dai contra i colle ivi) indivi- duati dall’art. 411 c.p.c.;

• il processo verbale della conciliazione o enuto dal consulente tecnico nominato ex art. 696-bis c.p.c. o dal consulente contabile ex art. 199 c.p.c. (anche se in tale C.T.U. è improbabile individuare obblighi di consegna o di rilascio);

• il processo verbale di accordo nell’ambito del procedimento di media- zione ex art. 12, D.Lgs. 04/03/2010, n. 28;

• l’accordo che compone la controversia, so oscri o dalle parti e dagli avvocati che le assistono, nell’ambito della procedura di negoziazione assistita ex art. 5, comma 1, D.L. 12/09/2014, n. 132, convertito dalla L.

10/11/2014, n. 162.

Vanno poi considerati altri a i di natura amministrativa, come:

l’ordinanza di pagamento ex art. 18, L. n. 689/1981 nonché l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate ai fi ni delle imposte sui redditi, dell’imposta sulle a ività produ ive e dell’imposta sul va- lore aggiunto ed il relativo provvedimento di irrogazione delle san- zioni (art. 29, D.L. 31/05/2010, n. 78);

• il ruolo esa oriale reso esecutivo.

2. Integrazione e caducazione del titolo esecutivo

La sussistenza di un titolo esecutivo è dunque condizione necessaria unica e suffi ciente per l’azione esecutiva: in esso sono contenuti la indica- zione del sogge o creditore – e quindi del legi imato a ivo alla azione esecutiva –, la indicazione del debitore – e quindi del legi imato passivo alla azione prede a –, e l’ogge o della azione, ovvero il bene della vita al cui conseguimento coa ivo il creditore ha diri o. Il titolo esecutivo astrae il contenuto della azione esecutiva e esclude che il giudice della esecuzione abbia il potere o il dovere di verifi care la esistenza del diri o o i suoi ele- menti sogge ivi: il giudice della esecuzione (da ora in poi G.E.) dovrà

«solo» verifi care la esistenza di un valido titolo esecutivo contro il debitore e a favore del creditore e non avrà mai il potere di entrare nel merito della esistenza del diri o in esso formalizzato.

La sopravvenuta caducazione del titolo esecutivo produce l’illegi imità dell’esecuzione forzata con eff e o ex tunc; la sopravvenuta carenza del tito- lo esecutivo può essere rilevata d’uffi cio in ogni stato e grado del giudizio ed anche per la prima volta nel giudizio per cassazione, tra andosi di pre- supposto dell’azione esecutiva:

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«il giudice dell’opposizione all’esecuzione è tenuto a compiere d’uffi cio, in ogni stato e grado del giudizio, ed anche per la prima volta nel giudizio di cas- sazione, la verifi ca sulla esistenza del titolo esecutivo posto alla base dell’azione esecutiva, potendo rilevare sia l’inesistenza originaria del titolo esecutivo sia la sua sopravvenuta caducazione, che – entrambe – determinano l’illegi imità dell’esecuzione forzata con eff e o ex tunc, in quanto l’esistenza di un valido tito- lo esecutivo costituisce presupposto dell’azione esecutiva stessa» (Cass. n.

15363/2011).

Il potere di interpretazione del titolo esecutivo da parte del G.E. è stato rivalutato dalla S.C. che ha precisato che per:

«intendere il signifi cato e l’estensione dell’accertamento compiuto dal giudi- ce con la sentenza ed in genere per decidere della sua autorità, sia dato integrare il pensiero del giudice consegnato alla sentenza con quanto risulta dagli a i delle parti, dai documenti da esse prodo i, dalle relazioni degli ausiliari del giudice, se ne siano stati introdo i nel processo in cui la sentenza che ha defi ni- to quel giudizio è stata pronunziata» (Cass., SS.UU., n. 10066/2012);

ed ha aff ermato che

«costituisce valido titolo esecutivo, ex art. 474 c.p.c., la sentenza recante la condanna al pagamento di un credito non specifi camente determinato, ma co- munque determinabile a raverso dati provenienti da fonti normative e con semplici calcoli aritmetici eff e uati sulla scorta di dati desumibili da a i e docu- menti prodo i nel giudizio e non contestati dall’altra parte».

Sempre nella direzione della eterointegrazione del titolo (inaugurata dalla citata Cass., SS.UU., n. 11066/2012), la S.C. ha ribadito la legi imità di un’interpretazione extratestuale del provvedimento giurisdizionale, in base agli elementi ritualmente acquisiti nel processo in cui esso si è forma- to (Cass. n. 19641/2015).

Nel processo esecutivo infa i non vi è mai posto per una cognizione sul diri o azionato: tale cognizione spe a alle fasi oppositive, del tu o even- tuali e incidentali rispe o al processo esecutivo, che vedono solo la prima fase di tra azione necessaria innanzi al G.E. La opposizione esecutiva sarà poi decisa in causa diversa da quella esecutiva, sogge a alle regole del processo ordinario di cognizione e destinata ad essere decisa con sentenza idonea ad assumere la forza di giudicato.

Il titolo esecutivo, sopra u o se di formazione giudiziale e solo provvi- soriamente esecutivo (e qui viene in rilievo la estensione da parte del legi- slatore di tali fa ispecie), può subire nel corso della esecuzione vicende di trasformazione. Ne è esempio la ipotesi di sentenza che decide sulla oppo- sizione a decreto ingiuntivo e che accoglie parzialmente la opposizione ri- ducendo il credito dell’opposto: l’art. 653 c.p.c. stabilisce che «il titolo ese- cutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza, ma gli a i di esecuzione

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già compiuti in base al decreto conservano i loro eff e i nei limiti della som- ma o della quantità rido a». La formulazione della regola è stata resa ne- cessaria in virtù della particolarità del giudizio in menzione, nel contesto del quale il decreto opposto può solo essere integralmente confermato o, non solo nel caso di accertamento della inesistenza del credito ma anche in caso di riconoscimento di credito inferiore, revocato in toto con effi cacia ex nunc. La norma ha la funzione di consentire la salvezza degli a i esecutivi compiuti in forza del DI opposto e impedire la soluzione di continuità con la sentenza di condanna.

Non v’è, però, dubbio che la norma sia l’espressione di un principio generale:

«la norma del capoverso dell’art. 653 c.p.c., sebbene de ata in materia di opposizione a decreto ingiuntivo, costituisce espressione di un principio gene- rale valido per tu e le ipotesi in cui un provvedimento giurisdizionale provvi- soriamente esecutivo, posto in esecuzione, venga modifi cato solo quantitativa- mente da un successivo provvedimento anch’esso esecutivo, sicché, iniziata l’esecuzione in base a sentenza di primo grado munita di clausola di provvisoria esecuzione, ove sopravvenga sentenza di appello che riformi la precedente de- cisione in senso soltanto quantitativo, il processo esecutivo non resta caducato, ma prosegue senza soluzione di continuità, nei limiti fi ssati dal nuovo titolo e con persistente effi cacia, entro gli stessi, degli a i anteriormente compiuti, ove si tra i di modifi ca in diminuzione, o nei limiti del titolo originario qualora la modifi ca sia in aumento, nel qual caso, per ampliare l’ogge o della procedura già intrapresa, il creditore ha l’onere di dispiegare intervento, in base al nuovo titolo esecutivo costituito dalla sentenza di appello» (Cass., sez. III, 18/04/2012, n. 6072).

È, quindi, possibile aff ermare che quando il titolo esecutivo subisce tra- sformazioni nel corso della esecuzione, ciò non travolge gli a i esecutivi compiuti, che continuano a essere sorre i dal medesimo titolo esecutivo, sia pure riformato e trasformato. È vero, quindi, che il TE deve sorreggere la esecuzione dall’inizio alla fi ne, ma è anche vero che questo TE può subi- re delle modifi che in corso di esecuzione.

V’è poi da chiedersi cosa accada nella ipotesi di caducazione del titolo esecutivo: ovvero di un titolo esecutivo che viene travolto per eff e o di un vizio originario o che viene radicalmente riformato da una pronuncia di grado superiore.

Le due ipotesi sono aff a o diverse: laddove il titolo esecutivo sia inesi- stente ab origine (come nel caso di TE inesistente o viziato ab origine) gli a i esecutivi sono tamquam non esset ex tunc, e il titolo è come se non fosse mai esistito, con conseguente travolgimento degli a i esecutivi compiuti e sen- za che i creditori intervenuti possano modifi care in alcun modo la situazio- ne. Diversamente accade quando il titolo venga riformato da una pronun- cia successiva: in tale caso il titolo viene meno ex nunc, e era valido e

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effi cace al momento del compimento degli a i esecutivi. So o tale profi lo deve dissentirsi dall’orientamento drastico della S.C. espresso nel 2009:

«la revoca, in corso di esecuzione, del titolo esecutivo azionato dal creditore procedente per promuovere la procedura espropriativa impedisce la legi ima prosecuzione della stessa da parte dei creditori muniti di titolo esecutivo inter- venuti anteriormente a de a revoca per realizzare in tale sede la pretesa, dagli stessi vantata in via coa iva, salvo che il primo a o di pignoramento non sia integrato da pignoramenti successivi» (Cass. n. 3531/2009).

Tale orientamento, non condiviso da molta della do rina, non può esse- re assecondato in quanto si scontra con i principi de ati dagli ar . 500 e 629 c.p.c. in forza dei quali i creditori titolati intervenuti possono dare impulso alla procedura tanto quanto il procedente, senza alcuna disparità di tra a- mento. Pertanto, se il titolo non è radicalmente e retroa ivamente inesi- stente, gli a i esecutivi compiuti sono validi e la esecuzione può essere validamente proseguita dagli intervenuti anche se non hanno proceduto a autonomo pignoramento.

Sul punto si sono espresse le Sezioni Unite della Suprema Corte, ade- rendo ad un orientamento teso a valorizzare l’intervento di creditori tito- lati in ipotesi di caducazione del titolo esecutivo del procedente:

«Le vicende relative al titolo esecutivo del creditore procedente (sospensio- ne, sopravvenuta ineffi cacia, caducazione, estinzione) non possono ostacolare la prosecuzione dell’esecuzione sull’impulso del creditore intervenuto il cui titolo abbia conservato la sua forza esecutiva. Tu avia, occorre distinguere: a) se l’a- zione esecutiva si sia arrestata prima o dopo l’intervento, poiché nel primo caso, non esistendo un valido pignoramento al quale gli interventi possano ricollegar- si, il processo esecutivo è improseguibile; b) se il dife o del titolo posto a fonda- mento dell’azione esecutiva del creditore procedente sia originario o sopravve- nuto, posto che solo il primo impedisce che l’azione esecutiva prosegua anche da parte degli interventori titolati, mentre il secondo consente l’estensione in loro favore di tu i gli a i compiuti fi nché il titolo del creditore procedente ha conservato validità» (Cass., SS.UU., n. 61/2014).

In parte motiva la Corte ha proprio ritenuto di valorizzare la parità di situazione fra il creditore procedente ed i creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo:

«Bisogna riconoscere, infa i, che nel sistema (quale il nostro) che accoglie il principio della par condicio creditorum e rifi uta il riconoscimento del diri o “di priorità” al creditore procedente (diri o, invece, riconosciuto nel sistema tede- sco), dal citato art. 500 c.p.c. deve farsi derivare che il creditore intervenuto mu- nito di titolo esecutivo si trova in una situazione paritetica a quella del creditore procedente, potendo sia l’uno, sia l’altro dare impulso al processo esecutivo con il compiere o richiedere al giudice il compimento di a i esecutivi.

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Sia il creditore pignorante, sia quello interveniente (munito di titolo) sono, in buona sostanza, titolari dell’azione di espropriazione che deriva dal titolo di cui ciascuno di essi è munito e che ciascuno di essi esercita nel processo esecutivo.

A sua volta, l’azione esecutiva si concretizza in un iter composto di una serie di a i espropriativi compiuti dal creditore o, su sua richiesta, dal giudice, dei quali l’uno presuppone il compimento dell’altro che lo precede. Questo requisi- to di “completezza” appartiene a tu e le azioni esecutive, parallele e concorren- ti, che sono esercitate nel processo esecutivo; ossia, a quella del creditore pigno- rante ed a quelle dei singoli creditori intervenuti, muniti di titolo esecutivo.

Pertanto, l’a o di esercizio della propria azione esecutiva da parte di un le- gi imato è anche a o di esercizio delle azioni esecutive degli altri legi imati.

Ed, in questo senso, corre amente il precedente del 1978 aff erma che l’a o com- piuto da un legi imato si partecipa agli altri legi imati ed è momento di concre- tizzazione di tu e le azioni esecutive esercitate nel processo.

Ciò, ovviamente, vale anche per gli a i esecutivi compiuti dal creditore pi- gnorante prima dell’intervento c.d. titolato ed, in particolare, per il pignoramen- to. Cosicché, nel momento dell’intervento, il creditore munito di titolo, che è legi imato al compimento dei singoli a i espropriativi, compie a o d’esercizio dell’azione esecutiva e perciò partecipa al pignoramento già da altri eseguito;

pignoramento che si pone come indispensabile, primo a o di concretizzazione dell’azione esecutiva in ipotesi spe ante anche al creditore intervenuto in forza di titolo esecutivo e necessario presupposto degli a i esecutivi successivi.

In questo senso, si diceva prima dell’ogge ivizzazione degli a i compiuti nel corso della procedura espropriativa, i quali prescindono dal sogge o che concretamente li ha posti in essere (purché, ovviamente, munito di titolo esecu- tivo nel momento del relativo compimento, secondo quanto appresso si preci- serà) e si compongono in un’unica sequenza che parte dal pignoramento (da qualunque dei creditori posto in essere) per concludersi con la vendita del bene pignorato, cui segue la distribuzione del ricavato».

Sul punto della distinzione fra le diverse ipotesi di caducazione del tito- lo esecutivo appare utile riportare la motivazione della S.C.:

«Il principio è da intendersi riferito all’ipotesi di sopravvenuta invalidità del titolo esecutivo derivata dalla c.d. caducazione, dalla quale occorre distinguere le diverse ipotesi di invalidità originaria del pignoramento, sia per dife o ab origine di titolo esecutivo, sia per vizi intrinseci all’a o o per mancanza dei pre- supposti processuali dell’azione esecutiva.

Quanto a questi ultimi, indiscutibile è l’invalidità di tu i gli a i esecutivi posti in essere a seguito di pignoramento invalido per vizi dell’a o in sé o per vizi degli a i prodromici (ove non sanati o non sanabili per mancata tempestiva opposizione), oppure per impignorabilità dei beni od, ancora, per lesione dei diri i dei terzi fa i valere ex art. 619 c.p.c., ecc. sicché venendo meno l’a o ini- ziale del processo esecutivo viene travolto quest’ultimo, con gli interventi, tito- lati e non titolati, in esso spiegati.

Quanto, invece, al dife o originario del titolo esecutivo, si tra a di situazio- ne che, per un verso, si presta a specifi cazioni che danno luogo ad una vasta

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casistica (la quale non può certo essere esaminata in questa sede), ma che, per altro verso, merita le precisazioni che seguono.

Fermando l’a enzione sulle ipotesi più frequenti, essa comporta l’inapplica- bilità del principio sopra espresso nel caso in cui il titolo esecutivo giudiziale sia infi ciato da un vizio genetico che lo renda inesistente o nel caso in cui l’a o po- sto a fondamento dell’azione esecutiva non sia riconducibile ab origine al nove- ro dei titoli esecutivi di cui all’art. 474 cod. proc. civ., anche quanto ai cara eri del credito imposti dal primo comma, quali risultanti dal titolo stesso.

Non è assimilabile alla situazione di mancanza ab origine di titolo esecutivo la situazione che viene a determinarsi quando il titolo esecutivo di formazione giudiziale, che sia astra amente riconducibile alla previsione dell’art. 474 c.p.c., comma 2, n. 1, “venga meno” in ragione delle vicende del processo nel quale si è formato, cioè sia caducato per fa o sopravvenuto.

Si intende dire che, in tale ultima eventualità, ai fi ni dell’applicazione del principio di “conservazione” del processo esecutivo in cui siano presenti credi- tori titolati, non rileva – né occorre verifi care, in sede esecutiva e/o oppositiva – se il titolo esecutivo di formazione giudiziale sia venuto meno con effi cacia ex tunc ovvero ex nunc, in ragione degli eff e i del rimedio esperito nella sede co- gnitiva.

Così, esemplifi cando, ad infausta sorte sono destinati gli interventi titolati nel caso in cui il creditore procedente abbia azionato un provvedimento non idoneo, nemmeno in astra o, a fondare l’azione esecutiva (quali, ad esempio, la sentenza inesistente o di condanna generica o il decreto ingiuntivo privo di effi - cacia esecutiva), non anche quando il provvedimento, costituente titolo esecuti- vo al momento di esercizio dell’azione esecutiva, sia venuto meno per le vicende del processo nel quale si è venuto a formare. In particolare, quanto a tale ultima eventualità, è indiff erente se, in caso di sentenza, si sia tra ato di impugnazione ordinaria o straordinaria, ovvero, in caso di decreto ingiuntivo, si sia tra ato di revoca per dife o dei presupposti ex art. 633 c.p.c., ovvero per accoglimento nel merito dell’opposizione, o, in caso di ordinanza di condanna provvisoriamente esecutiva, si sia tra ato di revoca o di modifi ca per ragioni di rito o di merito, etc. In tu e queste ipotesi, il processo esecutivo iniziato in forza di titolo esecu- tivo, all’epoca valido, non è travolto in presenza di creditori intervenuti con tito- lo esecutivo tu ora valido.

In conclusione, rileva che l’esecuzione forzata risulti formalmente legi ima, anche se, per ipotesi, sia sostanzialmente ingiusta, essendo perciò suffi ciente – affi nché il creditore intervenuto con titolo non subisca gli eff e i del venir meno dell’azione esecutiva del creditore procedente – che esista un titolo esecutivo in favore di quest’ultimo, non anche che sia esistente il diri o di credito in esso rappresentato».

Da segnalare sul punto anche la pronunzia della S.C. n. 21110/2012 ove i giudici hanno aff ermato il seguente principio di diri o:

«Il sopravvenuto accertamento dell’inesistenza di un titolo idoneo a giustifi - care l’esercizio dell’azione esecutiva non fa venir meno l’acquisto dell’immobile pignorato, che sia stato compiuto dal terzo nel corso della procedura espropria- tiva in conformità alle regole che disciplinano lo svolgimento di tale procedura,

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salvo che sia dimostrata la collusione del terzo col creditore procedente, fermo peraltro restando il diri o dell’esecutato di far proprio il ricavato della vendita e di agire per il risarcimento dell’eventuale danno nei confronti di chi, agendo senza la normale prudenza, abbia data corso al procedimento esecutivo in difet- to di un titolo idoneo».

3. Forme e modi dell’esecuzione coa iva. L’espropriazione im- mobiliare

L’esecuzione forzata può avvenire nelle forme della esecuzione in for- ma specifi ca, e di conseguenza concretizzarsi nella esecuzione coa iva de- gli obblighi di fare e di non fare o per consegna e rilascio (disciplinate dai titoli III e IV del libro terzo del codice di procedura civile): la esecuzione in tale caso mira a fare o enere al creditore che agisce l’adempimento della stessa prestazione ogge o della obbligazione originaria. L’esecuzione per consegna o rilascio può essere azionata solo in forza di titoli che rientrino nelle categorie ex art. 474, n. 1 e n. 3, c.p.c.: titoli di formazione giudiziale e a i ricevuti da notaio. La esecuzione in forma specifi ca per obblighi di fare o di non fare può essere promossa solo in forza di sentenza, secondo il senso della norma: la Corte Costituzionale ha però ammesso che a tale forma coa iva si possa fare luogo anche in forza di altri titoli di formazione giudiziale fra cui per primi i verbali di conciliazione innanzi al giudice.

«Non è fondata – in riferimento agli ar . 3, 10, 24, 111 e 113 Cost., – la que- stione di legi imità costituzionale dell’art. 612 c.p.c. nella parte in cui esclude- rebbe che l’esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare possa aver luogo in virtù di un verbale di conciliazione giudiziale, dovendo preferirsi una diversa interpretazione della norma impugnata, conforme ai prece i costituzionali, nel senso che de a norma consente di instaurare il procedimento esecutivo da essa disciplinato anche sulla base di un verbale di conciliazione giudiziale» (Corte cost. 12/07/2002, n. 336).

Diversamente la esecuzione per espropriazione, riservata generalmen- te alla realizzazione coa iva dei diri i di credito aventi ad ogge o somme di denaro, mira a trasformare, a prescindere dalla volontà del debitore, i beni dell’obbligato in denaro a mezzo della loro liquidazione, per poi di- stribuire il ricavato al creditore procedente ed agli altri creditori eventual- mente intervenuti. Tale forma di esecuzione trova il suo fondamento non solo nell’obbligo assunto dal debitore ma anche nel principio stabilito dall’art. 2740 c.c., in forza del quale il debitore risponde delle proprie obbli- gazioni con il proprio patrimonio presente e futuro. Nel momento in cui la obbligazione rimane inadempiuta ed il rapporto di credito-debito passa da una fase fi siologica ad una fase chiaramente patologica, il diri o del credi- tore si proie a su tu o il patrimonio del debitore che resta esposto alle

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azioni esecutive dei suoi creditori. L’espropriazione, a seconda del suo og- ge o, si distingue a sua volta in espropriazione mobiliare, se volta alla li- quidazione di beni mobili, in espropriazione presso terzi, se inerente credi- ti del debitore verso un terzo sogge o, ed infi ne in espropriazione immobiliare, laddove volta alla liquidazione di beni immobili.

La garanzia patrimoniale generica può, poi, essere raff orzata, per legge o per volontà delle parti, a mezzo del riconoscimento di diri i di prelazio- ne o di diri i personali di garanzia. I diri i di prelazione, tassativamente previsti dalla legge in quanto costituiscono una eccezione alla regola gene- rale di cui al menzionato art. 2740 c.c. e una lesione della par condicio credi- torum, conferiscono al creditore che ne sia titolare il diri o di aggredire in via esecutiva un bene del patrimonio del debitore – o anche di un terzo se si tra a di un bene off erto in garanzia ipotecaria o pignoratizia – con pre- ferenza di soddisfazione sul ricavato rispe o agli altri creditori che non godano di alcun diri o di prelazione o siano titolari di una prelazione avente grado inferiore.

I diri i di prelazione possono derivare dalla esistenza di un privilegio:

in tale caso, disciplinato dagli ar . 2745 ss. c.c., la legge, e solo la legge, at- tribuisce ad un credito, in considerazione della sua causa – ovvero della sua funzione economica – un diri o di prelazione che può essere speciale (su beni mobili o immobili) o generale (solo su beni mobili).

Costituiscono cause di prelazione anche i diri i reali di garanzia, ovve- ro il diri o di pegno o di ipoteca: la costituzione di pegno e di ipoteca, ri- spe ivamente per beni mobili e immobili, comporta la creazione di un vin- colo di destinazione sul bene in forza del quale il bene è fi nalizzato, in una prospe iva esecutiva, alla soddisfazione prioritaria del credito garantito. I diri i reali in commento sono altresì cara erizzati dal diri o di seguito: il titolare del bene su cui è costituito il gravame può cederlo a terzi ma il di- ri o di garanzia continuerà a gravare sul bene con le relative conseguenze.

Inoltre entrambe le garanzie possono essere costituite su beni di un sogget- to diverso dal debitore: in tal caso la eventuale fase dell’espropriazione forzata avverrà nei confronti di un sogge o che è responsabile senza essere sogge o del rapporto debitorio (c.d. responsabilità senza debito): analoga fa ispecie si verifi cherà laddove il debitore-titolare del bene costituito in garanzia lo abbia, dopo la creazione del vincolo, ceduto a terzi, e solo suc- cessivamente abbia avuto inizio la azione esecutiva.

La presenza di un diri o reale di garanzia a favore del creditore su di un bene del debitore, o di terzo garante, non solo consente al creditore di soddisfarsi sul ricavato del bene con preferenza rispe o agli altri eventuali creditori concorrenti, ma lo obbliga ad aggredire esecutivamente prima il bene su cui ha garanzia. L’art. 2911 c.c. (la disciplina della esecuzione si rinviene infa i anche nei fondamentali ar . 2910 ss. c.c.) stabilisce la inva- lidità del pignoramento eff e uato dal creditore ipotecario o pignoratizio su bene del debitore libero da gravami senza avere prima o contestualmen-

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te pignorato il bene su cui ha garanzia: la ratio della norma è evidentemen- te quella di escludere l’abuso del ricorso alla azione esecutiva da parte di un creditore privilegiato ed evitare che sia consentito al creditore privile- giato di ledere i diri i degli altri creditori e di limitare eccessivamente la disponibilità del patrimonio da parte del debitore (che si troverebbe infa i ad avere un immobile ipotecato ma non pignorato ed un immobile libero da ipoteche ma pignorato, con conseguente diffi coltà di mobilizzazione del proprio patrimonio).

Un raff orzamento della garanzia patrimoniale generica è rappresentato anche dalla convenzione di garanzie personali (fi deiussione, accollo, le e- ra di patronage) prima fra tu e la fi deiussione: tramite le stesse un terzo, estraneo al rapporto obbligatorio, si obbliga verso il creditore a garantire il pagamento del debitore e sostanzialmente affi anca la garanzia patrimonia- le costituita dai suoi beni a quella off erta ex lege dal debitore principale. Il creditore in tal modo potrà, a fronte dell’inadempimento del debitore prin- cipale, aggredire in via esecutiva anche il patrimonio mobiliare ed immo- biliare del garante, dopo avere ovviamente o enuto un titolo esecutivo anche nei suoi confronti.

4. Natura e fasi del processo esecutivo immobiliare

L’espropriazione forzata immobiliare è un processo di competenza del Tribunale in composizione monocratica: esso ha cara ere lato sensu ammi- nistrativo e non ha cara ere cognitivo, a meno che in esso non si innestino incidenti di cognizione destinati ad essere defi niti con sentenza (opposi- zione alla esecuzione, opposizione agli a i esecutivi, controversie in sede di distribuzione). Anche in tali ipotesi il processo esecutivo non perde il proprio cara ere, e la natura di processo ordinario di cognizione inerisce la causa di merito autonoma instaurata a seguito della proposizione di oppo- sizione.

Il processo espropriativo ha la fi nalità di liquidare il bene pignorato e di ripartire il ricavato a favore del creditore procedente e degli intervenuti nel rispe o delle cause di prelazione, al fi ne di soddisfare il loro diri o di cre- dito rimasto inadempiuto: laddove il ricavato sia incapiente rispe o ai cre- diti insinuati in procedura questi ultimi, per la parte non soddisfa a conti- nueranno a gravare sul debitore; laddove invece il ricavato sia superiore alla somma dei crediti azionati ed alle spese della procedura, il residuo andrà restituito al debitore. Questa la ragione per cui anche il debitore, anche se spesso non ne è consapevole, ha interesse a che la procedura ese- cutiva pervenga al miglior risultato possibile in termini di esito della ven- dita.

Il processo esecutivo inizia, secondo la concezione più tradizionale, con l’a o di pignoramento, a sua volta preceduto da quelli che vengono defi ni-

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ti come gli strumenti prodromici alla esecuzione, ovvero la notifi ca del ti- tolo esecutivo e del prece o.

Il pignoramento è l’a o con cui inizia il processo esecutivo (art. 491 c.p.c.) e ha l’eff e o di so oporre i beni pignorati ad un vincolo di indispo- nibilità fi nalizzato alla liquidazione ed alla soddisfazione del creditore, sorre o e fortifi cato anche da sanzioni penali per il caso di sua violazione (art. 388, comma 3, c.p.). Ogge o del pignoramento può essere la proprietà di un bene ma anche un diri o reale minore, se trasmissibile (va rammen- tato che infa i lo scopo del pignoramento è la alienazione coa iva del bene e che la vendita forzata ha cara ere derivativo): quindi sono pignorabili l’usufru o o la nuda proprietà, la superfi cie e l’enfi teusi; non, invece, il diri o di servitù (non alienabile separatamente dal fondo) né l’uso o l’abi- tazione (che hanno cara ere personale).

Con il pignoramento il debitore è privato della disponibilità del bene (c.d. spossessamento), non può compiere in relazione al bene alcun a o di disposizione che sia poi opponibile al creditore pignorante e, per l’eff e o, all’eventuale aggiudicatario; il bene è fi nalizzato alla realizzazione della garanzia dei creditori ed alla soddisfazione del loro diri o non adempiuto spontaneamente.

La riforma ha arricchito il pignoramento, disciplinato all’art. 492 c.p.c., di nuovi e complessi contenuti: il pignoramento deve contenere l’invito al debitore ad eleggere domicilio in uno dei comuni del circondario dove ha sede il giudice competente per la esecuzione, con l’avvertimento che in dife o di tale elezione ogni comunicazione o notifi ca a lui dire a avverrà presso la cancelleria. Inoltre il pignoramento deve contenere l’avvertimen- to al debitore che egli potrà chiedere la conversione del pignoramento, ovvero chiedere che al bene pignorato venga sostituita una somma di de- naro, non oltre l’udienza in cui si ado a la ordinanza di vendita.

Ed ancora il legislatore, introducendo una forma di pignoramento c.d.

inquisitorio, ha previsto la possibilità che le a ività di pignoramento pro- seguano nel caso in cui i beni appresi risultino insuffi cienti o di lunga liqui- dazione: a fronte di tale circostanza l’uffi ciale giudiziario dovrà interpella- re il debitore circa la esistenza di altri beni pignorabili, avvertendolo circa le conseguenze penali della mancata o falsa dichiarazione.

Dalla notifi ca del pignoramento decorrono sia il termine dilatorio ex art.

501 c.p.c. (richiamato dall’art. 567 c.p.c.) che quello perentorio ex ar . 497 e 562 c.p.c. per proporre istanza di vendita.

Il pignoramento immobiliare viene iscri o alla Cancelleria Civile sezio- ne esecuzioni immobiliari, e da questo momento viene ad esistenza il fasci- colo della esecuzione.

Non prima di dieci giorni dalla notifi ca del pignoramento e dalla sua trascrizione, e non oltre quarantacinque, può essere proposta la istanza di vendita (ar . 501 e 567 c.p.c.): come la gran parte dei processi civili, quello esecutivo è un processo ad impulso di parte. Con la istanza di vendita il

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creditore dà impulso alla procedura: esso è astra amente suffi ciente a reg- gere tu a la procedura, che per il prosieguo, in dife o di rinunzia espressa, può procedere di uffi cio.

Come si vedrà nella tra azione che segue, la riforma ha accentuato tale aspe o, facendo sostanzialmente in modo che l’unico a o richiesto al cre- ditore sia la istanza di vendita e che, una volta proposta questa, l’unico strumento per paralizzare defi nitivamente la esecuzione sia la rinunzia.

Entro sessanta giorni dal deposito del ricorso per istanza di vendita – prorogabili di ulteriori sessanta con provvedimento del giudice su istanza di parte – il creditore deve depositare la documentazione ipocatastale in- dicata all’art. 567, comma 2, c.p.c.

Una volta completo, il fascicolo, per mezzo della Cancelleria, deve esse- re trasmesso al giudice che, entro quindici giorni dal deposito della docu- mentazione ipocatastale: a) fi ssa innanzi al Cancelliere la comparizione fuori udienza del perito estimatore per conferirgli l’incarico di cui all’art.

173-bis disp. a . c.p.c.; b) fi ssa l’udienza, non oltre novanta giorni, per la comparizione delle parti ai fi ni della pronunzia dei provvedimenti di cui all’art. 569 (ordinanza di vendita e/o di delega delle operazioni di vendita).

Va precisato che tali termini, rispe ivamente di quindici e novanta giorni, come tu i quelli che la legge fi ssa all’Autorità Giudiziaria, non sono ovvia- mente previsti a pena di alcuna nullità: la eventuale ineffi cacia degli a i processuali eff e uati oltre il termine ricadrebbe infa i sulle parti e non già sul giudice. La loro indicazione da parte del legislatore è però un evidente e univoco segnale di volontà di accelerazione delle fasi processuali che gli operatori non possono non assecondare.

Il conferimento di incarico al perito avviene quindi fuori udienza, sen- za formalità di sorta: il perito dovrebbe (l’uso del condizionale trova le sue motivazioni nelle ragioni che seguono) completare le operazioni peritali entro i termini previsti dall’art. 173-bis disp. a . c.p.c., ovvero almeno tren- ta giorni prima dell’udienza ex art. 569 c.p.c. Nel rispe o di tale termine il perito deve comunicare la sua relazione alle parti che a loro volta possono proporre le loro osservazioni entro i 15 giorni anteriori all’udienza ex art.

569 c.p.c.; laddove tali osservazioni siano state proposte il perito si presen- terà in udienza a darne a o ed a rendere i necessari chiarimenti, senza che tale comparizione debba essere espressamente fi ssata dal giudice (art. 173- bis disp. a ., ultimo comma, c.p.c.). L’espletamento della perizia prima ed al di fuori dell’udienza di comparizione delle parti consente di contrarre notevolmente i tempi processuali senza ledere o alterare il contraddi orio, che viene anticipato grazie alla fi ssazione di termini consequenziali: in tale modo si evita pertanto che, a fronte di osservazioni delle parti alla perizia, debba essere disposto un rinvio della causa. Non si è mancato di rilevare, da parte di molti degli operatori, che tali termini – che sostanzialmente comportano che la perizia sia reda a in un tempo di 60 giorni – sono di diffi coltosa se non impossibile applicazione, a esi i contenuti della perizia

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e gli accertamenti che per il suo completamento sono necessari. Anche in questo caso non può tra arsi di termini perentori – nessuna sanzione es- sendo e potendo essere prevista per il loro mancato rispe o –, ma la loro indicazione da parte della norma deve essere sicuramente interpretata come una esortazione alla accelerazione dei tempi, e il loro mancato rispet- to può avere ricadute so o il profi lo della ragionevole durata del processo.

So o altro profi lo il mancato rispe o da parte del perito del termine asse- gnato dal giudice è certamente, secondo i principi generali, motivo di revo- ca dell’incarico al perito o di ridimensionamento del compenso, ed in ogni caso incide sul rapporto fi duciario che sempre esiste tra il giudice e i suoi ausiliari, infl uendo sulle successive nomine.

Il contenuto della perizia è fi ssato dalla legge: dalla perizia devono ri- sultare la identifi cazione del bene, la sua sommaria descrizione, il suo stato di occupazione (ovvero se esso sia occupato dal debitore o da un terzo, e in forza di un titolo opponibile o meno al creditore pignorante), la esistenza di vincoli o formalità che sono destinati ad essere cancellati in sede di tra- sferimento e la presenza di opposti vincoli che invece sono destinati a per- manere, la regolarità urbanistica ed edilizia dell’immobile, oltre, ovvia- mente, ad una indicazione del presumibile prezzo di vendita. Il perito poi deve prestare ausilio al giudice per la disamina della documentazione ipo- catastale.

Dal contenuto legale della perizia, che può ovviamente essere integrato dal giudice con ulteriori quesiti, emerge con chiarezza la centralità della perizia nel nuovo sistema di vendite: essa è non solo e non tanto lo stru- mento di determinazione del prezzo di vendita del bene, ma sopra u o il documento informativo con cui si off re in vendita il cespite e su cui si forma prima l’interesse e poi il consenso dell’acquirente. Infa i la perizia viene pubblicata integralmente sul sito internet a mezzo del quale, obbli- gatoriamente ex art. 570 c.p.c., deve essere eff e uata la pubblicità commer- ciale della vendita: essa quindi potrà essere liberamente consultata e scari- cata nonché so oposta al parere o alla critica di esperti di fi ducia dell’acquirente. Essa costituirà la garanzia per l’acquirente circa le cara e- ristiche del bene e la trasparenza della vendita e, d’altro canto, svolgerà il ruolo di tutela dell’uffi cio rispe o a eventuali doglianze del compratore circa diff ormità o vizi del bene.

L’udienza disciplinata dall’art. 569 c.p.c. è l’udienza centrale del pro- cesso esecutivo, il momento processuale ove il giudice ado a le decisioni programmatiche che costituiranno la «mappa» della futura a ività di li- quidazione e che orienteranno la condo a del giudice stesso e dei suoi ausiliari: è questa infa i l’udienza in cui il giudice della esecuzione nomina obbligatoriamente ed in tu e le cause, laddove non lo abbia già nominato prima, il custode terzo del bene pignorato sostituendo nella custodia il de- bitore; in cui nomina il professionista delegato e gli de a le necessarie di- re ive; in cui stabilisce le modalità con le quali deve essere espletata la

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pubblicità commerciale. Con defi nizione particolarmente suggestiva la or- dinanza che il G.E. ado a all’udienza ex art. 569 c.p.c. è stata defi nita la lex specialis della vendita immobiliare.

È questa anche l’udienza – sbarramento entro la quale le parti possono eventualmente fare valere le opposizioni ex art. 617 c.p.c. agli a i esecutivi precedenti.

A seguito della modifi ca dell’art. 615 c.p.c. operata dal D.L. n. 59/2016 convertito con L. n. 119/2016 “nell’esecuzione per espropriazione l’opposi- zione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli articoli 530, 552, 569, salvo che sia fondata su fa i sopravvenuti ovvero l’opponente dimostri di non aver potuto propor- la tempestivamente per causa a lui non imputabile”: il pronunciamento dei provvedimenti che esitano dall’udienza ai sensi dall’art. 569 c.p.c. segna quindi il limite oltre il quale non sarà più possibile contestare il diri o del creditore a procedere a esecuzione forzata, fa i salvi in casi previsti dalla norma stessa.

In seguito si sviluppa l’a ività vera e propria di liquidazione, innanzi al giudice stesso o al suo delegato, in una serie potenzialmente infi nita di fi ssazioni di vendite senza incanto, fi no a che non si giunga alla aggiudica- zione defi nitiva del bene o alla sua assegnazione – a meno che nel fra em- po le parti non abbiano tu e rinunziato alla esecuzione ed essa non si sia estinta.

Aggiudicato defi nitivamente il bene, al versamento del saldo prezzo ed alla verifi ca circa la sua tempestività e regolarità segue la emissione del decreto di trasferimento, a o ablativo con il quale avviene il defi nitivo passaggio della proprietà dal debitore esecutato a favore dell’acquirente;

con il decreto di trasferimento, a o che deve sempre essere emesso dal giudice anche in caso di delega delle operazioni di vendita, il giudice ordi- na la cancellazione delle trascrizioni e iscrizioni pregiudizievoli anche suc- cessive al pignoramento, di modo che il bene pervenga all’aggiudicatario libero da vincoli, integrando il c.d. eff e o purgativo che cara erizza tu e le vendite coa ive, anche quelle poste in essere nella liquidazione concor- suale. L’eff e o purgativo si giustifi ca in forza del fa o che tu i i creditori (con la trascrizione del pignoramento e l’avviso di cui all’art. 498 c.p.c., nella esecuzione individuale, e con la trascrizione della sentenza di falli- mento e l’avviso ai creditori, nella esecuzione concorsuale) sono stati messi in grado di fare valere il loro diri o, anche eventualmente di prelazione, sul bene e di o enere di potere concorrere alla distribuzione del ricavato.

La ultima fase del processo esecutivo è costituita dalla distribuzione del ricavato: il prezzo ricavato dalla vendita del cespite viene a ribuito ai creditori nel rispe o delle rispe ive ed eventuali cause di prelazione, de- do e le spese della procedura stessa (fra le quali quelle del perito, del cu- stode, del delegato). Approvato, in assenza di contestazioni, il proge o di distribuzione, vengono emessi i relativi mandati di pagamento e la esecu-

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zione viene dichiarata estinta. Le eventuali contestazioni circa la quantifi - cazione di un credito o la sua causa di prelazione sono decise dal giudice con ordinanza a sua volta opponibile ex art. 617 c.p.c.

Durante il corso della esecuzione infa i possono essere proposte, dal debitore o dai creditori, opposizioni alla esecuzione (disciplinate dall’art.

615 c.p.c., con cui si contesta il diri o a procedere in via esecutiva e quindi la presenza o effi cacia del titolo esecutivo o la titolarità o quantifi cazione del credito azionato) o agli a i esecutivi (previste dall’art. 617 c.p.c., con cui si contesta la validità formale di singoli a i esecutivi). Tali opposizioni, inizialmente proposte all’interno dello stesso processo esecutivo ed innan- zi al giudice della esecuzione, proseguono poi nella c.d. fase di merito, come un normale giudizio di cognizione e esitano in una sentenza.

La proposizione di opposizione alla esecuzione o agli a i esecutivi, in presenza di istanza espressa di parte, può motivare la sospensione della esecuzione e quindi delle a ività di liquidazione, fi no a che la opposizione non sia stata decisa con sentenza defi nitiva. Le opposizioni sono quindi un incidente di cognizione potenzialmente in grado di infl uenzare l’andamen- to del processo esecutivo e conseguentemente l’a ività degli ausiliari del giudice.

5. Le novità della riforma del 2006: la rinnovata effi cienza della vendita coa iva e l’accelerazione del processo

La riforma del processo esecutivo ed in generale del Libro III del Codice di rito entrata in vigore il 1 marzo del 2006, ha signifi cativamente trasfor- mato il sistema della vendita coa iva immobiliare, introducendo novità e strumenti, sovente non rimessi più alla discrezionalità del giudice, che il legislatore ritiene potenzialmente idonei a avvicinare il mercato privatisti- co a quello delle vendite giudiziarie, a rendere più profi cuo – sia per il creditore che per lo stesso debitore – il risultato della vendita e, in sostanza, a diminuire la drastica ineffi cienza del processo esecutivo.

Tra questi strumenti, oltre alla propensione – che il legislatore ancora nel 2006 non riusciva a fare divenire scelta radicale – a favore della vendita senza incanto quale modalità di scelta dell’off erente più certo e trasparen- te, all’ampliamento della possibilità di delega delle operazioni di vendita – estesa a più categorie di sogge i e anche alla vendita senza incanto –, alla introduzione di meccanismi a i a contrarre il numero di udienze e di o i- mizzare il lavoro del giudice, rientra il fondamentale potenziamento della fi gura del custode giudiziario del bene diverso dal debitore esecutato. Il custode, come delineato dalla riforma, e come nel prosieguo si dirà – anche con riferimento alle a uali previsioni in tema di liberazione dei beni, è inequivocabilmente divenuto il tramite fra l’Uffi cio e la schiera di poten-

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ziali acquirenti, ovverosia il mercato, e svolge una a ività tesa sostanzial- mente alla liquidazione del bene stesso.

La gran parte delle innovazioni introdo e cerca di porre rimedio all’e- norme divario fra il mercato privatistico e le vendite coa ive a raverso: 1) potenziamento della pubblicità (introduzione della pubblicità su internet);

2) raff orzamento della certezza e prevedibilità della vendita giudiziaria (fa- vor verso la vendita senza incanto, penalizzazione della vendita con incan- to e off erta in rilancio; possibilità dell’off erente di opporsi alla richiesta di rinvio della vendita; cancellazione delle formalità pregiudizievoli successi- ve al pignoramento; liberazione del bene a cura della procedura anche dopo la emissione del decreto di trasferimento; restituzione immediata della cauzione all’off erente non aggiudicatario); 3) incentivazione all’ac- quisto (possibilità di pagamento del saldo prezzo a mezzo mutuo; aboli- zione del fondo spese; possibilità di visita dell’immobile); 4) maggior tra- sparenza dell’acquisto (previsione di un contenuto legale della perizia, relativo oltre che alla stima del bene, anche e sopra u o al suo stato di occupazione, alla presenza di oneri e gravami destinati a essere cancellati a permanere a carico dell’aggiudicatario, alla situazione urbanistica ed edi- lizia del bene); 5) custodia del bene affi data ad un terzo che ne cura la conservazione ai fi ni della sua migliore liquidazione e che tiene i conta i con gli interessati.

In maniera indubitabile il legislatore si è ispirato alle elaborazioni delle cosidde e prassi innovative, diff usesi – dopo l’essenziale esperienza pilota dei Tribunali di Bologna e di Monza – a macchia di leopardo in tu a l’Italia (Salerno, Lecce, Pa i, Bari, Reggio Emilia, Como, Lodi, Busto Arsizio, La Spezia, Rovigo, Santa Maria Capua Vetere), a latitudini ed in realtà drasti- camente diverse, ma ciò nonostante con identici positivi risultati, a dimo- strazione della bontà del modello organizzativo ado ato a prescindere da chi ne sia l’interprete. Nonostante le inevitabili diff erenze le prassi ado ate e messe a punto nei singoli uffi ci ruotavano tu e, oltre che intorno al po- tenziamento della pubblicità commerciale su quotidiani e su internet, in- torno alla valorizzazione del ruolo del custode e alla generalizzazione del- la sostituzione del debitore nella custodia del bene con un professionista terzo, che poi sovente, in gran parte degli uffi ci diveniva, esaurita la fase della vendita celebrata in maniera tendenzialmente esclusiva con la moda- lità senza incanto, ausiliario del giudice (non potendo, nel vigore della pre- cedente norma, essere nominato delegato) per la redazione di bozza del decreto di trasferimento e di piano di distribuzione. La esperienza nacque dalla osservazione della esecuzione concorsuale (molti dei giudici della esecuzione di quegli uffi ci erano anche giudici delegati) e dalla constata- zione che in quella sede le vendite immobiliari o enevano risultati molto più soddisfacenti e rapidi rispe o a quelli o enuti (o non) nel campo delle esecuzioni individuali, e dalla conseguente comprensione che i migliori esiti in sede fallimentare erano dovuti essenzialmente alla presenza del

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curatore, ovverosia di un sogge o che si occupava della vendita, che agiva nell’interesse del suo miglior risultato e che teneva i conta i con i potenzia- li acquirenti: in sostanza un sogge o che «accompagnava» il bene sul mer- cato.

Su un diverso fronte, inoltre, il legislatore si è a ivato anche per intro- durre strumenti che fossero in grado di favorire la contrazione dei tempi processuali e di contenere la prassi dei rinvii, in taluni Tribunali molto di- latata: 1) la previsione espressa del conferimento dell’incarico peritale fuo- ri e prima dell’udienza di comparizione delle parti e la fi ssazione di termi- ni ristre i per la convocazione del perito e per la fi ssazione dell’udienza ex art. 569 c.p.c.; 2) la obbligatorietà della vendita del bene pur in assenza, all’udienza di vendita, dei creditori; 3) la possibilità per le parti di chiedere un rinvio della vendita solo in presenza della mancata opposizione dell’of- ferente; 4) la possibilità di chiedere la sospensione facoltativa della esecu- zione solo per una volta, non oltre i venti giorni prima dell’udienza di ven- dita, e solo per un massimo di 24 mesi; 5) la anticipazione del termine ultimo per la presentazione di istanze di assegnazione, di modo che all’u- dienza di vendita si conosca già la presenza di una istanza di assegnazione formulata nel caso di diserzione della vendita; 6) l’ampliamento sogge ivo (a avvocati e commercialisti oltre che a notai) e ogge ivo (alle operazioni di vendita senza incanto oltre che con incanto) della possibilità di delega delle operazioni di vendita.

Tali strumenti, laddove rigorosamente applicati, sono stati in grado, nell’arco temporale intercorso fra il 2006 ed oggi, di condurre alla riduzio- ne drastica del numero di udienze e di o imizzare quindi il lavoro del giudice, aumentandone la produ ività.

6. Gli interventi di modifi ca successivi al 2006

Dal 2014 in avanti il legislatore ha inteso intervenire in maniera fre- quente, e sovente malauguratamente disorganica, sulla materia esecutiva:

tale interesse certamente trova la sua motivazione nella fi nalmente rag- giunta percezione che la ineffi cienza e lunghezza del processo esecutivo segnano in maniera decisiva la misura della affi dabilità del sistema di re- cupero del credito del Paese.

Con diversi interventi sempre affi dati alla decretazione di urgenza (D.L.

n. 132/2014 convertito con L. n. 162/2014, D.L. n. 83/2015 convertito con L.

n. 132/2015, D.L. n. 59/2016 convertito con L. n. 119/2016) sono stati intro- do i, seguendo l’ordine del Codice, la possibilità per il creditore, a mezzo dell’Uffi ciale Giudiziario, di ricercare i beni da so oporre a espropriazione tramite la interrogazione di banche telematiche; la riduzione dei termini processuali; la previsione della pubblicità dell’avviso di vendita a mezzo del portale unico delle vendite pubbliche, che dovrà essere istituito e disci-

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plinato da successi regolamenti; la generalizzazione della regola della mo- dalità telematica per la vendita dei beni mobili ed anche per la fase della selezione dell’aggiudicatario nella esecuzione immobiliare; la semplifi ca- zione del procedimento del pignoramento presso terzi; la precisazione dei contenuti e dei parametri della relazione di stima; la generalizzazione del- la delega delle operazioni di vendita a professionista; la marginalizzazione del sistema di vendita con incanto con ormai tendenziale unicità del siste- ma di vendita senza incanto; la ridefi nizione dell’istituto della assegnazio- ne in rapporto alla aggiudicazione; la possibilità di o enere la aggiudica- zione del bene a mezzo di una off erta “al ribasso”; la previsione di un meccanismo di chiusura anticipata della esecuzione nella misura in cui essa sia divenuta non conveniente; la modifi ca delle modalità di esecuzio- ne dell’ordine di liberazione, non più affi dato all’uffi cio UNEP; una nuova disciplina della impugnazione degli a i del professionista delegato; la pre- visione di uno sbarramento alla opposizione ex art. 615.

A ciò si aggiungono le modifi che necessarie all’adeguamento della a i- vità del giudice della esecuzione e dei suoi ausiliari nonché delle parti alla generalizzazione del processo civile telematico. Basti ad esempio accenna- re alla obbligatorietà, a partire dal 31/03/2015, della iscrizione a ruolo tele- matica del pignoramento da parte del creditore procedente entro 15 giorni dalla consegna da parte dell’Uffi ciale giudiziario dell’a o notifi cato, pena la ineffi cacia del pignoramento stesso:

Art. 557 (Deposito dell’atto di pignoramento)

«Eseguita l’ultima notifi cazione, l’uffi ciale giudiziario consegna senza ritar- do al creditore l’a o di pignoramento e la nota di trascrizione restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari. La conformità di tali copie è a estata dall’avvocato del creditore ai soli fi ni del presente articolo. Il creditore deve de- positare nella cancelleria del tribunale competente per l’esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi del titolo esecutivo, del prece o, dell’a o di pignoramento e della nota di trascrizione entro quindici giorni dalla conse- gna dell’a o di pignoramento. Nell’ipotesi di cui all’articolo 555, ultimo comma, il creditore deve depositare la nota di trascrizione appena restituitagli dal con- servatore dei registri immobiliari.

Il cancelliere forma il fascicolo dell’esecuzione. Il pignoramento perde effi ca- cia quando la nota di iscrizione a ruolo e le copie dell’a o di pignoramento, del titolo esecutivo e del prece o sono depositate oltre il termine di quindici giorni dalla consegna al creditore.».

Alle disposizioni per l’a uazione del codice di procedura civile, dopo l’art. 159 è stato inserito il seguente:

Art. 159-bis (Nota d’iscrizione a ruolo del processo esecutivo per espropriazione)

«La nota d’iscrizione a ruolo del processo esecutivo per espropriazione deve in ogni caso contenere l’indicazione delle parti, nonché le generalità e il codice

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