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MICROCOPY RESOLUTION TEST CHART NATIONAL BUREAU OF STANDARDS STANDARD REFERENCE MATERIAL 1010a (ANSI and ISO TEST CHART No 2)

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(ANSI and ISO TEST CHART No 2)

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M. MINCARINI

LA CARATTERIZZAZIONE RADIOLOGICA

DEGLI IMPIANTI NUCLEARI IN DECOMMISSIONING:

PROBLEMI ED ESPERIENZE

iTS&oo Zlfi

COMITATO NAZIONALE PER LA RICERCA E PER LO SVILUPPO DELL'ENERGIA NUCLEARE E DELLE ENERGIE ALTERNATIVE

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COMITATO NAZIONALE PER LA RICERCA E PER LO SVILUPPO DELL'ENERGIA NUCLEARE E DELLE ENERGIE ALTERNATIVE

LA CARATTERIZZAZIONE RADIOLOGICA

DEGLI IMPIANTI NUCLEARI IN DECOMMISSIONING:

PROBLEMI ED ESPERIENZE

M. MINCARINI

ENEA - Dipartimento Protezione Ambientale e Salute dell'Uomo, Centro Ricerche Energia Casaccia

RT/PAS/89/2

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I contenuti tecnico-scientifici dei rapporti tecnici dell'Enea rispecchiano l'opinione degli autori e non necessariamente quella dell'ente».

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11 presente lavoro riporta un'esposizione dei maggiori problemi che si incontrano nella caratterizzazione radiologica, ' qualitativa e quantitativa, di impianti nucleari ai fini del decommissioning e della decontaminazione.

In riferimento n diverse classi di impianto vengono inoltre descritti i processi di attivazione e di contaminazione, i metodi diretti ed indiretti di analisi radiologica e alcune esperienze significative condotte in Italia.

SUMMARY

In the present work a description of major problems encountered in qualitative and quantitative radiological characterization of nuclear plants for decommissioning and decontamination purpose is presented.

Referring to several nuclear plant classes activation and contamination processes, flirect and indirect radiological analysis and some italian significant experiences are descripted.

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INDICE

Introduzione Pag.

Cap. 1 Gli impianti nucleari in relazione alla contami- nazione e/o attivazione

1 Generalità

1-1 Impianti di ritrattamento del combustibile nu- cleare

1*2 Impianti di fabbricazione del combustibile nu- cleare

1.3 Reattori nucleari

1.3.1 Reattori BWR e PWR

1.3.2 Reattori a gas-grafite(Magnox e AGR) 1.3.3 Reattori ad acqua pesante

1.3.4 Reattori refrigerati al sodio

1.4 Casi di contaminazione per eventi accidentali 1.5 Importanza relativa dei diversi radionuclidi ai

fini della protezione

Cap. 2 Metodi di caratterizzazione radiologica

2.1 Valutazione indiretta dei prodotti di attivazione 2.2 Valutazione della contaminazione dei componenti 2.3 Strumenti diretti di misura delle radiazioni

2.3.1 Misure di intensità di esposizione

2.3.2 Misura della contaminazione superficiale 2.4 Caratterizzazione radiologica del suolo intorno

all'impianto

Cap. 3 Valutazione della caratterizzazione

3.1 Problemi connessi con le misure di radiazioni.

3.2 Affidabilità della caratterizzazione.

3.3 Utilità della caratterizzazione.

Cap. 4 Esperienze di caratterizzazione radiologica 4.1 Reattore di ricerca RB1

4.2 Circuito in pila C.A.R.T.

4.3 Impianto di vetrificazione del combustibile ESTER 4.4 Edificio turbina della Centrale Nucleare del Ga-

rigliano Conclusioni

Appendice A - calcolo manuale dei prodotti di attivazione Bibliografia

Tabelle e figure 35

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- INTRODUZIONE

Negli ultimi anni è in crescente aumento il numero degli impianti nucleari posti in stato di disattivazione, sia perchè l'impianto ha terminato la sua vita utile, sia perchè tecnologicamente obsoleto.

Un impianto nucleare disattivato pone problemi differenti da quelli associati ad un qual;;Lasi altro impianto industriale, essendo in esso presente una quantità di radioattività sotto diverse forme chimico-fisiche in relazione al tipo di impianto e alle condizioni di esercizio verificateni, che deve essere comunque contenuta e/o rimossa.

Tra i radionuclidi che determinano la radioattività dell'impianto ve ne sono alcuni che decadono nel giro di qualche anno, mentre altri mantengono la loro attività per centinaia ed anche migliaia di anni.

Per tali ragioni sono necessarie sugli impianti alcune azioni con le quali si realizzano diversi stadi di . smantellamento. I principali "stadi", r.econdo una classificazione dell'IAEA, sono:

- stadio 1, (mothballing): dopo la rimozione del combustibile e dei fluidi radioattivi, l'impianto viene posto sotto sorveglianza per evitare che i radionuclidi possano disperdersi nell'ambiente esterno;

- stadio 2, (entombment): consiste nel porre all'interno dello schermo biologico i componenti più attivi e nel sigillare il tutto, mantenendo l'impianto sotto sorveglianza per il periodo stabilito;

- stadio 3, (unrestricted release): consiste nella rimozione di tutti i componenti radioattivi e nella decontaminazione degli edifici e del sito in modo tale cho la radioattività residua non superi i limiti fissati dalle autorità per il rilascio incondizionato.

Sono possibili anche soluzioni che portano ad una combinazione di queste opzioni, quali la decontaminazione di alcune parti dell'impianto con rimozione di alcuni componenti e trasformazione della tipologia dello stesso (ad esempio da centrale elettronucleare a termoelettrica convenzionale) (repowering).

Qualunque sia la scelta di. decommissioning che si adotta, è necessario effettuare una vasta ed accurata caratterizzazione radiologica in quanto essa:

- permette di valutare la sequenza ottimale delle operazioni da eseguire;

- permette di pianificare in dettaglio le azioni di smantellamento nell'ottica di una corretta protezione del personale e di assicurare tale protezione durante l'esecuzione delle operazioni di smantellamento;

- permette una conoscenza preliminare dell'attività dei materiali che dovranno succesisivamente essere gestiti come rifiuti radioattivi.

In sostanza la valutazione dei campi di radiazione e della

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contaminazione presente suggerirà quali misure protettive adottare riguardo ai tempi di permanenza dell'operatore e ai mezzi di protezione personale, quali tute e guanti speciali, telemanipolatori, ecc. in relazione anche ai sistemi di intervento da adottare (sistemi di decontaminazione, sistemi di taglio, ecc.).

Anche nei confronti dell'ambiente esterno una conoscenza estesa ed approfondita della natura dei contaminanti permette sia di prevenire che di valutare eventuali rilasci, anche accidentali.

Infine, considerato che la gestione dei rifiuti radioattivi ha un costo proporzionale sia alla tipologia del rifiuto che alla quantità, soprattutto in termini di volume, appare importante una accurata misura dei materiali in uscita dell'impianto, onde evitare classificazioni improprie di materiali, che si riflettono sui costi di gestione.

E' importante pertanto una corretta individuazione di quei materiali che possono considerarsi non radioattivi e quindi essere rilasciati all'ambiente esterno, eventualmente per un riutilizzo, senza particolari restrizioni, nel rispetto dei limiti imposti dall'Autorità di Controllo.

Quanto sopra pone pertanto problemi sia di metodologia di misura, che di sofisticatezza di strumentazione che necessitano di adeguati, livelli di conoscenza e di intervento operativo.

Nel quadro sopra delineato il presente rapporto ha lo scopo di presentare una esposizione dei problemi connessi alle valutazioni radiologiche, qualitative e quantitative, sugli impianti nucleari in decommissioning e al tempo stesso illustrare le procedure che generalmente vengono seguite, descrivendo inoltre alcune esperienze di caratterizzazione radiologica effettuate ad oggi in Italia.

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Capitolo 1

GLI IMPIANTI NUCLEARI IN RELAZIONE ALLA CONTAMINAZIONE E/O ATTIVAZIONE.

1 - GENERALITÀ'

E' stato già accennato quale sia l'importanza di conoscere l'entità e la natura dei radionuclidi presenti in un impianto nucleare per eseguire un corretto piano di smantellamento.

L'entità e la natura dei radionuclidi varia in funzione del tipo di impianto:

- reattore nucleare;

- impianti di fabbricazione del combustibile;

- impianti di ritrattamento del combustibile.

Inoltre, nel caso specifico dei reattori, varia sia in relazione alla filiera:

- reattori ad acqua leggera (BWR e PWR);

- reattori ad acqua pesante ( CANDU);

- reattori a gas-grafite (AGR e Magnox);

- reattori veloci (LMFBR);

sia in relazione alla potenza:

- centrali elettronucleari;

- reattori di ricerca;

- reattori di prova.

Infine la radioattività varia a seconda che l'impianto abbia funzionato correttamente o siano intervenuti eventi accidentali con dispersione di contaminazione che abbia modificato sostanzialmente la geometria "radiologica" dell'impianto e/o del sito.

In relazione ai meccanismi di contaminazione è da dire che la contaminazione del suolo proviene essenzialmente dai rilasci degli effluenti attivi dai camini(off-gas) e da quelli accidentali che possono depositarsi su esso per fall-out. Lo spettro varia, passando da contaminanti òL puri a p-JT associati con a. a seconda dei vari tipi di impianto.

Invece all'interno degli edifici che ospitano i reattori nucleari, ad esempio, bisogna distinguere i radionuclidi di attivazione da quelli di contaminazione.

Quelli di attivazione derivano dall'attivazione dei materiali e delle impurezze presenti negli stessi e che sono stati interessati dal flusso neutronico; l'intensità dei campi di radia7Ìone dovuti ad essi sono in genere molto elevati. I principali componenti interessati sono il vessel (recipiente in pressione, con intensità di esposizione Sino a 10 + 1 0 C/(kg. s)), gli -internala

(10 + 10 C/(kg.8)) e lo schermo biologico (max 10 • 10 C/(kg.s)) (rif. 2 ) . La distribuzione dei radionuclidi di attivazione

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nei materiali è pressocchè uniforme ed è valutabile in termini di attività specifiche volumetriche.

La contaminazione è dovuta invece ai radionuclidi che si depositano sulle pareti interne dei componenti interessati dalla circolazione del fluido refrigerante o sulle pareti esterne di assi o su pavimenti e pareti dell'edificio nel caso si verifichi un rilascio accidentale di elementi radioattivi dal circuito primario o dal sistema di stoccaggio dei combustibile irraggiato. La distribuzione della contaminazione è pressocchè superficiale, a meno del caso di materiali porosi come il calcestruzzo costituente le pareti non rivestite da vernici, ed è valutabile in termini di attività specifica superficiale.

Nel seguilo si riporta per ciascuna tipologia di impianto una descrizione dettagliata sull'insieme dei radionuclidi presenti.

1.1 Impianti di ritrattamento del combustibile nucleare.

In questi impianti le barrette del combustibile scaricato dai reattori vengono sottoposte ad una serie di trattamenti meccanici, termici e chimici allo scopo di recuperare gli elementi pregiati presenti in esse, essenzialmente elementi fissili, per la fabbricazione di nuovo combustibile. Il residuo del processo di ritrattamento costituisce invece un rifiuto di alta attività.

Il combustibile bruciato nei reattori contiene infatti elevate quantità di radionuclidi quali, ad esempio, H-3, Kr-85, Sr-90, Y-90, Ru-106, Rh-106, Sb-125, Te-125M, Cs-137, Ba-137M, Ce-144, Pr-144, Pm-147, Sm-151, Eu-155, ' Th-231, Th-234, Pa-234M, U-235 e U-238 e Pu-239, i quali si incontrano in fase di decommissioning di questi impianti, in quanto a vita media relativamente lunga.

In seguito alle operazioni di riprocessamento accade che i radionuclidi vengono a contatto con i componenti dell'impianto causando una contaminazione diffusa di essi, a volte in quantità rilevante. I processi fisico-chimici che portano alla contaminazione sono essenzialmente fenomeni di adsorbimento, scambio ionico e precipitazione. Una contaminazione particolare risulta dalla formazione di "crud" in seguito a degradazione chimica, termica e radiolitica del solvente organico(rif. 1). La formazione di questo crud si ha preferenzialmente negli evaporatori, dove sono concentrate soluzioni acquose contenenti residui di solventi ed estraenti.

Contaminazioni esterne ai componenti di processo derivano da perdite da essi, spillamenti, operazioni errate, ecc.

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1.2 — Impianti di fabbricazione del combustibile nucleare.

Gli impianti di fabbricazione del combustibile, utilizzando in genere processi di sinterizznzione, servono a produrre le pellets di UO arricchito oppure ossili misti di U-Pf l'intero elemento di combustibile viene poi definitivamente assemblato nello stesso impianto. La contaminazione tipica è essenzialmente dovuta all'uranio e al plutonio che sono entrambi emettitori alfa, difficili da caratteri zzare.

1.3 — Reattori nucleari

Rimandando l'esame dei reattori di ricerca alla parte riservata alla descrizione di esperienze di caratterizzazione radiologica in Italia si riporta di seguito una trattazione dei radionuclidi presenti nei seguenti tipi di reattori: PWR, BWR, CANDU, AGR, Magnox e LMFBR.

Nei reattori nucleari la radioattività si presenta come prodotto di attivazione nelle parti che circondano il nocciolo ed in cui preesisteva il flusso neutronico e come contaminazione distribuita nelle parti che sono state a contatto del fluido refrigerante. La contaminazione è maggiore laddove il refrigerante presenta basse velocità per accumulo di prodotti di corrosione.

1.3.1 - Reattori BWR e PWR.

Essendo il BWR a ciclo diretto e il PWR a ciclo indiretto, nel primo si troveranno contaminate anche le parti relative alla turbina.

Nelle tabelle 1.1, 1.2, 1.3 e 1.4 sono riportati i calcoli eseguiti dalla NRC(USA) dell'attività indotta nei componenti il vessel e nello schermo biologico con l'indicazione dei radionuclidi prodotti e

l'intensità di esposizione calcolata ad 1 cm dalla loro superficie (rif. 2 ) .

Sulle pareti interne dei componenti e tubazioni di reattori ad acqua leggera si formano ? strati di ossido:

- uno strato esterno di vario spessore e porosità, grezzo e scaglioso;

- uno strato interno omogeneo di densità maggiore e con proprietà meccaniche simili a quelle del metallo base.

Gli ossidi si formano maggiormente nelle parti di circuito con basse velocità del fluido di processo, come ad esempio nei generatori di vapore e negli scambiatori di calore.

La radioattività è dovuta all'inglobamento di impurezze attivate nel nocciolo quali Co-60, Co-58, Fe-55, Mn-54, Fe-59, Ni-63 e a radionuclidi fuoriusciti dalle barrette di combustibile in seguito a fessurazioni delle guaine, cioè prodotti di fissione quali Cs-137,

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Ce-144, Ru-106, Sr-90 e attinidi quali Pu-240, Pu-239, U-238,Am-241, Cm-244, ecc.

Nella tabella 1.5 sono indicati i principali radionuclidi che è possibile trovare depositati sulle pareti interne di tubazioni e componenti di un LWR provenienti dall'attivazione nel nocciolo dei prodotti di corrosione del circuito primario e delle impurezze presenti nel refrigerante stesso (rif. 2 ) .

Nella tabella non sono riportati il Cs-137 e lo Sr-90 che sono prodotti di fissione e che in genere si trovano quasi sempre come contaminazione perchè anche nelle barrette meglio realizzate e meglio controllate si verificano delle fessurazioni della guaina che portano a fuoriuscita di essi, al conseguente trasporto da parte del fluido refrigerante e alla deposizione sulle pareti interne dei componenti e delle tubazioni.

1.3.2 - Reattori a gas-grafite (Magnox e AGR).

In questo tipo di reattori si hanno sorgenti radioattive localizzate nelle seguenti parti:

- grafite del blocco moderatore-riflettore, in cui si trovano prodotti di attivazione del carbonio e delle impurezze in esso presenti (C-14, H-3, Co-60, Ni-63), oltre a prodotti dovuti alla fissione dell'uranio naturale in esso presente come impurezza (che però è trascurabile) e alla contaminazione superficiale dovuta al crud (con Cs-137 e Co-60);

- componenti d'acciaio presenti nel nocciolo come il vessel con i tipici prodotti di attivazione degli acciai, per il flusso neutronico dei gas-grafite (Co-60, Ni-63, Fe-55, Nb-93 m, Mo-93);

- schermo biologico in calcestruzzo con i prodotti di attivazione dovuti all'entità del flusso neutronico .neidente (Eu-152, Eu-154, C-14, Co-60, Ca-41);

- componenti del ciclo termico quali tubazioni, soffianti e scambiatori di calore che nella parte lambita dal gas refrigerante presentano contaminazione essenzialmente dovuta al Co-60, Fe-55, Ni-53 e Cs-137. La contaminazione si presenta sotto forma di particelle solide secche depositate sulle superfici interne dei componenti.

La tabella 1.6 riporta i valori delle attività totali e specifiche dei prodotti di attivazione nei materiali contenuti nella sfera di contenimento del reattore AGR di Windscale, valutate 7 anni dopo lo spegnimento del reattore (rif. 3 ) .

Nelle figure 1.3 + 1.6 sono riportate le stime in natura e quantità dei radionuclidi presenti nel nocciolo di un reattore gas-grafite in funzione del tempo di decadimento in differenti posizioni della grafite moderatore-riflettore, del vessel d'acciaio e dello schermo biologico in calcestruzzo (rif. 17).

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1.3.3 - Reattori ad acqua pesante. *

I reattori moderati ad acqua pesante sono del tipo a tubi in pressione, cioè costituiti da un fascio di tubi che attraversano un grande recipiente, detto calandria, che contiene l'acqua pesante.

Di essi ne esistono diverse versioni a seconda del refrigerante usato o dell'attraversamento verticale od orizzontale dei tubi.

Esempi ne sono i CANDU, l'PSSOR di Ispra e il CIRENE.

Nelle parti ad alto flusso neutronico come i tubi di forza e quelli in pressione la concentrazione di Co-60 raggiunge il massimo dopo 7 anni e poi decresce. Le barre di controllo e i relativi meccanismi sono esposte a flusso più basso per cui raggiungono il massimo in Co-60 dopo circa 20 anni. Il contenitore(calandria) lo raggiunge dopo più di 30 anni. Al momento dello shut-down la quantità di Ni-63 nei componenti del ciclo esterni al nocciolo probabilmente eccede la quantità di Co-60(rif. 4 ) .

I prodotti di attivazione dei materiali interessati dal flusso neutronico, in prossimità del nocciolo, sono gli stessi che per i reattori ad acqua leggera. Per la contaminazione bisogna tener presente che si troverà anche il trizio(acqua triziata), risultante dall'attivazione del deuterio, che interesserà solo il circuito del moderatore per i reattori che sono solo moderati ad acqua pesante, ed interesserà anche il circuito primario per i reattori sia moderati che raffreddati ad acqua pesante.

Nei reattori a ciclo diretto ciò si a*'rà anche per i componenti dell'edificio turbina.

L'esposizione ad un'atmosfera contenente trizio in forma gassosa o come vapor d'acqua triziata causa contaminazione superficiale per fenomeni di assorbimento superficiale e penetrazione per diffusione nella parete del componente.

1.3.4 - Reattori refrigerati al sodio.

Tipici reattori di questo tipo sono quelli a circuiti separati in cui il calore prodotto nel nocciolo viene trasferito dal sodio primario al sodio refrigerante di un circuito secondario e indi ceduto ad un fluido acqua o gas di un terzo circuito dove viene prodotto vapore per la turbina; deve infetti evitare la possibilità di reazioni sodio-acqua tra il refrigerante primario attivato nel nocciolo e quello terziario (acqua) che termina il ciclo di produzione.

Oltre alla attivazione, nei componenti strutturali del nocciolo si avrà anche una contaminazione da prodotti di corrosione depositati sulle superfici (Co-60, Co-58, Fe-55, Mn-54, Fe-59, Cr-51) alla quale si deve aggiungere la contaminazione da Na-24 (prodotto di decadimento del Na-24 prodotto dall'attivazione del Na-23, emettitore

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beta e gamma con circe 2.ò anni di dimezzamento).

Infatti essendo il sodio un metallo liquido a temperatura elevata, quando il circuito viene drenato, e quindi a più bassa temperatura dopo la rimozione degli elementi combustibili, rimarrà del sodio localizzato sulle pareti che contribuirà ad una contaminazione elevata.

Il problema del Na-22 sussiste per lo smantellamento immediato, ma per lo smantellamento differito la sua presenza sarà trascurabile.

Il Mn-54 si deposita nelle zone più fredde del primario e contribuisce in modo notevole alla dose presente negli scambiatori di calore intermedi (rif. 5 ) . Il Cr-51, Fe-59 e Sb-124 si localizzano quasi completamente nelle zone del nocciolo ed emettono radiazioni gamma di bassa energia. Il Co-60 si deposita invece sia nelle zone più calde che in quelle più fredde del circuito primario. Il Cs-137 per la completa miscibilità col sodio non è completamente rimosso dalle trappole fredde e può trovarsi in qualsiasi parte dell'impianto.

1.4 - Casi di contaminazione per eventi accidentali.

Ciò che è stato esposto precedentemente vale per impianti che hanno funzionato in normali condizioni di esercizio, poiché nel caso si siano verificate situazioni accidentali con rottura delle barrette di combustibile, i prodotti di fissione del combustibile possono essere riversati nel fluido di raffreddamento.

L'estensione e l'intensità della contaminazione dipende dal tipo di incidente. A titolo di esempio sì descrive la contaminazione di alcuni sistemi a seguito di alcuni incidenti accaduti in passato

(rif. 6 ) :

- CANADIAN NRX, reattore refrigerato ad acqua leggera e moderato ad acqua pesante, potenza 10 MWt. In esso un'oscillazione di potenza causò la rottura delle guaine in alluminio di parecchie barrette con rilascio di circa 3.7«10 Bq di prodotti di fissione nel refrigerante che inondo l'area di base dell'edificio reattore.

Furono rilevate intensità di esposizione fino a 10 C/(kg.s).

- CANADIAN NRU, reattore moderato e refrigerato ad acqua pesante con potenza massima di 200 MWt. In esso la rottura di un elemento di combustibile in segtUto a caduta nel pozzo di stoccaggio causò la dispersione di 7»10 Bq di prodotti di fissione misti, di cui 13 g di Pu-239, con conseguente contaminazione dell'edificio reattore e campi di radiazione fino a 10 C/(kg.s).

- LUCENS, reattore raffreddato a CO e moderato ad acqua pesante, potenza 30 MWt, sito In una caverna sotterranea. L'ingresso di acqua nel refrigerante gassoso causò la corrosione dei materiali, ed i prodotti di corrosione ostruirono parzialmente il flusso di refrigerante con il conseguente surriscaldamento di alcuni elementi

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di combustibile che si fessurarono causando la fuoriuscita di prodotti di fissione. La sovrappressione del refrigerante fluito nel recipiente del moderatore causò la rottura dei dischi di pressione tale che il vapore contaminato entrò nella caverna trascinando prodotti di fissione, frammenti di combustibile vaporizzato ed una notevole quantità di acqua pesante. Furono rilevati campi di radiazione fino a 1.2 Gy/h.

Dalla descrizione su riportata si deduce che nel caso di incidente la caratterizzazione della contaminazione risulta notevolmente più difficoltosa sia per le alte intensità dei campi di radiazione che si creano, sia per l'estensione di essa. In questi casi i radionuclidi che si incontrano sono essenzialmente i prodotti di fissione, di attivazione del combustibile e quelli costituenti il combustibile stesso.

1.5 - Importanza relativa dei diversi radionuclidi ai fini della protezione.

Non tutti i radionuclidi che vengono prodotti durante il funzionamento di un impianto nucleare hanno la stessa importanza, infatti :

- alcuni di essi emettono beta molli ed alfa e sono importanti più per la done internet in cono <i1 inalazione e/o Ingestion*») <^HP ppr la dose t»Mtenui, tu quanto particelle alfa al di sotto di 7.5 .KeV e beta al di sotto di 70 KeV non superano lo str&to morto della pelle;

- la quantità presente dei radionuclidi a brevissimo tempo di dimezzamento si riduce notevolmente dopo alcuni mesi dallo shut-down del reattore, e quindi la loro importanza ai fini della dose può considerarsi trascurabile;

- emettitori gamma di bassa energia contribuiscono in maniera trascurabile alla dose esterna.

Importanza avranno quei radionuclidi che seppure emettono beta o gamma di bassa energia, hanno invece una lunga vita media, quali ad esempio il Ni-63, C-14 e H-3.

Nelle figure 1.1 e .1.2 sono riportati gli andamenti della radioattività e della dose calcolata nel tempo per i componenti attivati e per quelli contaminati(rif. 7 ) .

Quindi è importante valutare con una certa accuratezza i radionuclidi presenti in un impianto per:

- stabilire le misure protettive da adottare per il personale addetto allo smantellamento, in relazione alla diversa intensità delle radiazioni emesse;

- stabilire eventuali procedure di decontaminazione e/o ipotizzare uno smantellamento differito e definire il tempo di differimento, in relazione alle diverse vite medie dei radionuclidi;

(16)

- stabilire la migliore strategia di gestione dei rifiuti radioattivi . prodotti, in relazione alla diversa vita media, alle diverse

energie delle radiazioni emesse e alla diversa radiotossicità.

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Capitolo 2

METODI DI CARATTERIZZAZIONE RADIOLOGICA.

La scelta del metodo di caratterizzazione dipende dalla natura della radioattività, che può essere:

- attivazione dei componenti e dello schermo biologico;

- contaminazione dei componenti;

- contaminazione delle pareti e dei pavimenti;

- contaminazione del suolo intorno all'impianto.

Per la caratterizzazione dei radionuclidi presenti in un impianto nucleare si distinguono i metodi diretti da quelli indiretti.

I metodi diretti sono quelli intesi alla rivelazione delle radiazioni con strumenti opportuni a determinarne la natura e la rispettiva intensità.

I metodi indiretti sono quelli che ricorrono all'applicazione di metodi di calcolo partendo dalla conoscenza dei materiali interessati dal flusso neutronico, della loro composizione, della storia operativa dell'impianto e dell'analisi di trasporto e deposizione dei prodotti di corrosione nei componenti e tubazioni.

Le misure dovranno essere effettuate:

- quando non sono noti i dati suindicati, non permettendo quindi di costruire un modello di sufficiente approssimazione che possa fornire risultati attendibili;

- per ottenere dati che confermino i risultati del calcolo.

2.1 - Valutazione indiretta dei prodotti di attivazione.

Per la cara eterizzazione accurata dei radionuclidi di attivazione dei materiali sottoposti a flusso neutronico che costituiscono il blocco reattore e lo schermo biologico sono disponibili diversi codici di calcolo.

In tab. 2.1 è riportata una breve descrizione dei codici di calcolo di più frequente impiego (rif. 7 ) .

La procedura di utilizzo di essi è la seguente:

- si ricostruisce 'a storia operativa del reattore desumendola dai registri, ricavando gli intervalli di tempo di funzionamento con la relativa potenza e durata;

- si determina l'andamento del flusso neutronico radiale e assiale in funzione del tempo distinguendo tra flusso termico e flusso veloce (per la teoria a due gruppi);

- si suddividono i componenti della zona interessata dal flusso neutronico in zone omogenee in cui il flusso si possa assumere costante operando una discretizzazione assiale e radiale;

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- a ciascuna zona così ottenuta vengono assegnate le relative dimensioni, peso e composizione del materiale costituente , indicando le eventuali impurezze, dati forniti dal venditore l'impianto o mediante analisi di campioni prelevati sui materiali stessi;

- mediante codici quali ANISN, DOT, DTF-IV, TWOTRAN, MAC, NRN e MORSE si determinano i flussi neutronici per ogni componente e per ogni periodo di funzionamento;

- calcolati i flussi neutronici, mediante codici quali ORIGEN, NAP o ACT-II si determinano i radionuclidi di attivazione per ogni zona d'interesse.

Se non è richiesta una caratterizzazione accurata dei radionuclidi di attivazione si può eseguire un calcolo manuale come descritto in appendice A.

2.2 — Valutazione della contaminazione dei componenti.

La caratterizzazione della contaminazione sulle pareti interne dei componenti e delle tubazioni va eseguita con misure dirette, ma esistono anche dei codici di calcolo per l'analisi dei fenomeni di trasporto e di deposizione dei prodotti di corrosione nel circuito(ad esempio il codice CORA messo a punto dalla Westinghouse).

Tali codici unitamente all'esperienza acquisita su contaminazione d'impianti permettono una valutazione seppure approssimata della natura e dell'entità dei radionuclidi depositati.

Laddove non è possibile prelevare dei campioni di parete internamente contaminata e sottoponi a misure radiometriche, si può misurare l'intensità di esposizione a contatto prendendo opportune precauzioni in modo da misurare solo la radiazione proveniente dal punto in esame e valutare approssimativamente l'attività depositata con le correlazioni esistenti.

2.3 - Strumenti diretti di misura delle radiazioni.

Nella scelta della strumentazione per determinare le intensità di esposizione a contatto è necessario tener presente ì seguenti fattori :

- energia della radiazione e sensibilità dello strumento;

- tempo di risposta;

- accuratezza e precisione desiderati;

- condizioni ambientali nella zona di misura(es. temperatura);

- tipo di radiazione(alfa, beta o gamma).

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2.3.1 — Misure di intensità di esposizione.

La mappatura delle intensità di esposizione nelle diverse aree e componenti di un impianto nucleare in fase di decommissioning è importante perchè serve a:

- determinare se un componente è radioattivo o meno;

- valutare quale tipo di intervento è eseguibile per operare s. quel componente in quella determinata area, ad esempio se è possibile un intervento manuale o è richiesto un intervento reirotizzato;

- valutare quali siano le dosi di radiazioni assorbite dagli operatori che eseguiranno lo smnntellamento;

- pianificare le operazioni di smantellamento in modo da ridurre al minimo la dose totale (rif. 8 ) .

La mappatura comprende misure di intensità di esposizione a contatto dei componenti e delle tubazioni(cioè ad 1 cm dalla loro superficie) e misure di intensità di esposizione da radiazione diffusa nelle aree di lavoro, quali locali e corridoi.

Basse intensità di esposizione possono essere misurate con strumenti manuali come il "Cutie Pie" (rif. 7), che è un rateometro per esposizione gamma a risposta lineare, con rivelatore a camera a ionizzazione e un quadrante nella parte superiore che permette di leggere immediatamente l'intensità del campo. Esso è in grado di rivelare raggi gamma e X tra i 7 KeV e i 2 MeV con un'accuratezza del 10%. Esso è sensibile anche alla radiazione alfa e beta. Alcuni di questi strumenti sono provvisti di un cappelletto finale per permettere la discriminazione aei raggi alfa e beta per alti caimoi gamma.

Elevati campi di radiazione necessitano di strumenti remotizzati.

Conoscendo l'intensità di dose a contatto e la geometria del sistema, se si può escludere l'influenza della radiazione diffusa dall'impianto ed è nota la composizione percentuale dei contaminanti è possibile ricavare tramite correlazioni l'attività specifica che interessa quel componente in quel punto di misura.

La società francese Intercontrole ha realizzato uno strumento di localizzazione a distanza dell'attività negli f.npianti nucleari denominato "remote gamma ray mapping" (rif. 9 ) . Esso consiste in una macchina fotografica pprticolare dotata di due pellicole: la prima viene impressa come una pellicola normale e fornisce una fotografia, mentre la seconda viene impressa dalla radiazione e l'intensità dell'impressione è correlata all'intensità del campo di radiazione.

Sovrapponendo le due pellicole sviluppate vengono evidenziate le zone di contaminazione con diversi colori a seconda dell'intensità del campo e le posizioni dove sono Jocalizzate. L'efficienza della pellicola varia con 1'energia della radiazione permettendo cosi di evidenziare lo spettro della stessa.

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2.3.2 - Misura della contaminazione superficiale.

Si fa riferimento alla contaminazione superficiale di tubazioni, componenti, pareti • e pavimenti. Esistono metodi diretti e metodi indiretti (rif. 16).

Metodi diretti.

Consistono nel porre a contatto della superficie da esaminare la superficie sensibile del contatore.

Si distinguono i casi di contaminazione alfa, beta e gamma.

Un rivelatore di contaminazione alfa deve presentare basBO fondo, grande superficie sensibile e finestra molto sottile.

Strumenti che rispondono a questi requisiti sono:

- il contatore a scintillazione con rivelatore di ZnS;

- il contatore proporzionale piano con anodo composto da molti fili;

- la camera di ionizzazione a corrente con finestra sottile;

- il contatore di Geiger a finestra frontale sottile.

Strumenti per la rivelazione e misura di contaminazione beta sono:

- il contatore di Geiger a finestra sottile o a parete sottile;

- i contatori a scintillazione con rivelatore a scintillatore plastico sottile;

- camera di ionizzazione a corrente.

Rivelatori di contaminanti emettitori gamma sono:

- il contatore a scintillazione con cristallo di NaI;

- il contatore Geiger con catodo costituito da materiali di alto numero atomico;

- scintillator! plastici.

Metodi indiretti.

Essi consistono nello sfregare fortemente la superficie con carta bibula o altro materiale e nel misurare l'attività asportata.

Altro metodo è anche quello di raschiare la superficie e sottoporre a misurazione il materiale ottenuto oppure estrarlo mediante solventi.

Sul campione di materiale prelevato possono applicarsi processi di separazione radiochimica in modo da separare l'elemento che interessa misurare.

Questo viene eseguito quando esso è in miscela con altri radionuclidi e con la strumentazione non si riesce a discriminarlo.

Importante è la mappatura della contaminazione asportabile eseguita con smear-tests allo scopo di valutare il rischio di dispersione di radionuclidi nell'ambiente di lavoro e la contaminazione degli operatori che eseguono lo smantellamento.

I campioni cosi prelevati vengono in genere misurati con

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cambiacampioni automatico.

Laddove non è possibile eseguire la misura della contaminazione ponendo la superficie del rivelatore a contatto della superficie contaminata, si rende necessario prelevare campioni del materiale della stessa. Se la sorgente è schermata occorre introdurre la correzione dovuta allo schermaggio valutando i fattori di attenuazione e di build-up. Ciò può verificarsi ad esempio nel caso della contaminazione interna delle tubazioni.

E' bene eseguire nel punto di prelievo una misura di intensità di esposizione in modo da correlare quest'ultima alla attività misurata sul campione.

Per la discriminazione delle radiazioni si utilizzano le unità spettrometriche. Distinguiamo gli spettrometri per particelle cariche e spettrometri gamma.

Per la rivelazione di particelle cariche sono particolarmente indicati i rivelatori a semiconduttore, al silicio a giunzione o a deriva di xitio, per la loro alta risoluzione e il basso rumore di fondo.

Per la spettrometria gamma sono particolarmente indicati scintillatori inorganici, specie al Nal, e i semiconduttori al germanio compensati al litio. Il Nal viene attivato con TI per la sua capacità di fornire intensi impulsi luminosi, l'elevata densità,

l'alto numero atomico dello iodio che favorisce l'effetto fotoelettrico e la possibilità di realizzare cristalli di dimensioni notevoli.

L'analizzatore di impulsi è in genere interfacciato con un computer in modo da fornire direttamente un tabulato che riporta i risultati dell'analisi eseguita. Inoltre nel software è possibile introdurre delle subroutines per la correzione della geometria del sistema, laddove è richiesta.

2.4 - Caratterizzazione radiologica del suolo intorno all'impianto.

Come precedentemente detto il terreno intorno all'impianto può essere contaminato dai radionuclidl provenienti dall'off-gas in condizioni di normale funzionamento e da quelli rilasciati per cause accidentali.

La contaminazione in suolo omogeneo può raggiungere profondità fino ad un metro, anche se in media la si trova entro i primi 50 centimetri.

Data la notevole mole di lavoro richiesta, sia per la vastità dell'area (svariati ettari) che per il tempo occorrente per ciascuna misura, per la rivelazione della contaminazione del suolo sono stati studiati metodi di prospezione(rif.10) con largo raggio d'azione per individuare le zone più contaminatele poi su queste eseguire dei controlli più localizzati) quali i seguenti:

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- spaziare sul terreno con un laboratorio mobile attrezzato con un insieme di rivelatori opportuni;

- sorvolare a bassa quota ia zona con un elicottero dotato di apparecchi di rivelazione come quelli usati nelle prospezioni di giacimenti minerari;

- depositare un insieme di dosimetri beta-gamma per termoluminescenza al solfato di calcio in diversi punti e ritirarli in seguito per rilevare le dosi assorbite nei vari punti.

La misura locale- verrà eseguita prelevando campioni di terreno a diverse profondità e analizzando i suoi contaminanti con le unità spettrometriche.

(23)

Capitolo 3

VALUTAZIONE DELLA CARATTERIZZAZIONE RADIOLOGICA

Vengono di seguito esposti alcuni problemi che influiscono sull'attendibilità della caratterizzazione radiologica.

Inoltre vengono esposti i motivi essenziali che rendono utile la caratterizzazione stessa.

3.1 — Problemi connessi con le misure di radiazioni.

L'esecuzione di misure radiologiche in un impianto nucleare in decommissioning pone una diversità di problemi che si possono raggruppare sbotto tre punti di vista essenziali:

- scelta dei punti di misura e rappresentatività di essi;

- raggiungibilità del punto di misura in relazione alla geometria del sistema ed all'intensità del campo di radiazione presente;

- discriminazione tra le emissioni di differenti radionuclidi ed in particolare la misura di campi di debole intensità.

La scelta dei punti di misura ed in particolare della densità dei punti è fondamentale. Più la densità è eie 'ata e più le misure sono rappresentative, però in tal modo aumenta la dose globale assorbita e il costo monetario per eseguirle.

Un suggerimento sulla scelta dei punti potrà derivare dall'analisi della storia operativa dell'impianto ed in particolare degli eventuali incidenti che si sono verificati(ad es. fessurazioni di barrette, fuoriuscita di radionuclidi con conseguente rilascio nei locali dell'impianto,ecc.).

E' da tener presente che le misure servono anche per confermare i risultati di calcoli di attivazione e valutazione di contaminazioni.

Se i calcoli e le valutazioni danno risultati di assenza di radionuclidi saranno sufficienti misure con densità bassa per avere conferma dei risultati, al contrario se le misure sono discordanti con i calcoli sarà necessario aumentare la densità dei punti di misura.

Laddove non esistono documenti e registri riportanti la storia operativa dell'impianto e gli incidenti accaduti la densità dei punti di misura dev'essere più alta.

A titolo di esempio si fa notare che:

- la contaminazione è più elevata nei punti più bassi dei serbatoi, laddove c'è del materiale poroso in cui penetra in profondità, nei punti a bassa velocità del fluido di processo se questo è contaminato, nei punti dove esistono fessure,dove la velocità è trascurabile, laddove esistono delle griglie che bloccano parte del

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particolato;

- l'attivazione è più elevata nei materiali più prossimi al nocciolo del reattore.

In generale le misure di contaminazione dell'edificio, con smear-tests, vengono fatte su punti disposti ai vertici di una maglia quadrata di un metro di lato e nel punto centrale della maglia.

Il problema si pone con maggior rilevanza nella misura della contaminazione al suolo dell'area della centrale.

Non tutti i punti di misura sono agevolmente raggiungibili sia per la loro posizione che per l'intensità del campo di radiazione esistente.

Si pensi alle misure di attivazione del pressure vessel e dei suoi internals dove l'intensità di esposizione raggiunge valori dell'ordine di 10 C/(kg»s). In questo caso si sfruttano i risultati —4 di codici di calcolo di attivazione e poi con altri codici (ad esempio il MERCURE IV) si risale alla intensità del campo di radiazione. Misure possono essere effettuate utilizzando particolari sonde remoti zzate.

Volendo eseguire una mappatura dell'intensità di esposizione gamma del contenitore in pressione del nocciolo si può utilizzare un rivelatore inserito all'interno di un tubo in acciaio inox a pareti sottili, sigillato e riempito con piombo nella parte inferiore in modo da schermare la radiazione proveniente dal fondo. Ponendo il sistema in diverse posizioni è possibile eseguire un'accurata mappatura radiologica. La parete del tubo assicura lo schermaggio della radiazione beta.

Valutazioni di contaminazione interna di tubazioni e componenti dalla geometria semplice si possono fare misurando l'intensità di esposizione a contatto e se è valutabile la percentuale dei radionuclidi presenti si può risalire al valore dell'attività superficiale. In particolare si utilizzeranno sonde che danno una risposta direzionale tali da discriminare il campo di radiazione diffusa proveniente dagli altri componenti.

Problemi quasi insormontabili sono posti da quei punti che si trovano all'interno di componenti dalla geometria complessa, ad es.

l'interno di pompe, infatti in questo caso ci si limita alla misurazione delle intensità di esposizione a contatto.

Per quanto riguarda le zone ad elevata intensità di radiazione esistono strumenti che impiegano sonde aventi alcuni metri di lunghezza. Sono in via di realizzazione robot dotati di rivelatore messi a punto proprio per l'esecuzione di mappature radiologiche che possono essere teleguidati o preprogrammati anticipatamente.

Un problema si pone nella misura di radionuclidi che emettono radiazione di debole intensità, come gli emettitori di beta

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molli (Ni-63 che emette beta da 6? KeV) per il fatto che queste possono essere nascoste da emettitori ad elevata energia, e in particolare emettitori gamma.

Misure dirette di emettitori alfa su terreno o calcinacci sono -impossibili perchè essendo le superfici rugose è difficile avvicinare la superficie del rivelatore tanto vicino da evitare l'assorbimento da parte dell'aria (è sufficiente qualche centimetro d'aria per frenarli completamente), per cui misure alfa si possono fare a partire da misure beta e gamma dei radionuclidi che accompagnano gli emettitori alfa.

Un problema rilevante nella misura di campi di bassa intensità è la presenza della radiazione di fondo per cui a volte è necessario prelevare dei campioni ed effettuare la misura in locali schermati all'uopo allestiti.

3.2 - Affidabilità del] a caratterizzazione.

Cone è stato detto i. 1 capitolo precedente la determinazione qualitativa e quantitativa dei radionuclidi contaminanti un impianto nucleare viene eseguita sia con metodi diretti, cioè con misure tramite strumenti radiometrici, che con metodi indiretti, quali l'applicazione di codici di calcolo o modelli matematici di attivazione e di trasporto dei contaminanti.

Le misure dirette, eseguite con gli strumenti attualmente a disposizione sono abbastanza affidabili, in quanto sono state messe a punto tecniche di misura in grado di ridurre al minimo gli errori.

Inoltre per valutare l'attendibilità delle misure si utilizza anche l'elaborazione statistica dei dati mediante la teoria degli errori.

Come precedentemente esposto l'attendibilità delle misure dipende essenzialmente da come esse sono state eseguite.

Un'attendibilità minore riguarda invece i calcoli eseguiti con codici di calcolo, essenzialmente per i seguenti motivi:

- i dati di input dei codici di attivazione che possono non essere noti con certezza, quali la composizione dei materiali sottoposti al flusso neutronico con le relative impurezze, la storia operativa del reattore, la determinazione dei flussi neutronici;

- errori vengono introdotti nella schematizzazione delle strutture sottoposte al flusso neutronico, poiché i codici utilizzano delle discretizzazioni assiali e radiali;

- il trasporto del crud attivato e la sua deposizione sulla superficie interna dei componenti è eseguita sulla base di modelli termoidraulici correlati a modelli di trasporto e deposizione che seppure di poco varieranno da impianto a impianto.

Laddove è possibile, le misure dirette serviranno per convalidare le determinazioni indirette.

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3.3 - Utilità della caratterizzazione.

L'accertamento della radioattività presente in un impianto nucleare va fatta con accuratezza in quanto costituisce uno dei parametri più importanti per:

- valutare diversi scenari di decommissioning;

- stabilire una eventuale procedura di decontaminazione e quali tecniche utilizzare;

- ccegliere le tecniche di smantellamento in relazione alle diverse tecnologie disponibili quali quelle di taglio, di disassemblaggio e di movimentazione dei componenti ;

- scegliere i mezzi di protezione del personale che opera lo smantellamento ;

- determinare la procedura di smantellamento che permetta di ridurre al minimo le dosi occupazionali ;

- determinare la composizione delle squadre di operatori necessarie;

- stabilire una corretta gestione dei rifiuti radioattivi provenienti dalle attività stesse;

- calcolare le dosi occupazionali e collettive;

- valutare l'eventuale impatto ambientale dei materiali radioattivi provenienti dallo smantellamento.

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Capitolo 4

ESPERIENZE DI CARATTERIZZAZIONE RADIOLOGICA

Alcune delle azioni più importanti correlate alle tematiche del decommissioning, hanno trovato ad oggi riscontro in Italia nei seguenti impianti :

- i reattori RB1 e RB2 di Montecuccolino;

- i reattori ROSPO, RITMO e RANA della Casaccia;

- il circuito CART e l'impianto di vetrificazione del combustibile ESTER del C.C.R. di Ispra.

- la Centrale Elettronucleare del Garigliano;

Vengono di seguito descritte brevemente le procedure di caratterizzazione radiologica seguite per il reattore RB1, il circuito C.A.R.T., la cella ESTER e l'edificio turbina dela Centrale del Garigliano.

4.1 - Reattore di ricerca RB1.

Il reattore RB1, installato a Montecuccolino(Bo), era un reattore di ricerca^ a potenza zero(max IO Wt) con flusso neutronico termico di 10 n/cm s, moderato e riflesso a grafite (rif. 11).

Esso ha funzionato dal luglio 1962 al febbraio 1982, su quattro differenti reticoli:

- reticolo ael reattore di Latina;

- reticolo ORGEL;

- reticolo CIRENE;

- reticolo ad ossidi misti U-Th.

Il controllo radiologico delle strutture del reattore RB1 e dell'ambiente circostante ha avuto lo scopo di verificare l'eventuale attività dei componenti ed i livelli di contaminazione rimovibile e/o

fissa.

Il calcolo della radioattività indotta è stato eseguito con l'ausilio di codici di calcolo e i risultati sono stati verificati con misure dirette su campioni prelevati direttamente dalle strutture del reattore stesso attivate dal flusso neutronico.

- Misure dirette.

Sono state adottate le seguenti procedure di controllo:

- ricerca di attività beta-gaiima totale sulle superfici accessibili, mediante scansione lenta con sonda di monitore portatile a contatto della superficie interessata e, nel caso dell'interno ó>l ves-.el, con applicazione di dosimetri a termoluminescenza;

- ricerca, mediante smear-test a secco, di eventuali contaminazioni alfa-beta-gamma trasferibili;

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- ricerca della eventuale contaminazione fissa alfa-beta-gamma mediante scansione lenta a contattò delle superfici accessibili, con sonda di monitore portatile.

Sono state inoltre effettuate misure di attivazione gamma e beta, rispettivamente con rivelatore a cristallo e a semiconduttore e con Geiger a pozzetto, su campioni significativi provenienti dalle seguenti sottoaree:

- struttura in acciaio del vessel, coperchio e piastrone di fondo;

- calcestruzzo della struttura portante il vessel stesso;

- sovrastrutture del reattore;

- grafite costituente la zona moltiplicante esterna e il riflettore.

- Strumentazione utilizzata.

Per effettuare le misure di attività beta-gamma e di contaminazione alfa-beta-gamma delle superfici, sono stati utilizzati i seguenti strumenti di misura:

- rate-meter Landis e Gyr tipo ETA 4.2A, con sonda EQF 2.3, equip&jgiata con GM in ampolla di vetro;.

- survey-meter EMI RM2 mod. H1233, con sonda ZnS mod. AP3 n. H01596;

- Th, •" III Victoreen mod. 400 con sonda mod. 489-110 equipaggiata con GM a finestra sottile;

- Nuclear Enterprises mod. PCM5 con sonda mod. DP2R, equipaggiata con contatore a scintillazione con fosforo plastico;

- dose rate-meter MAB 604.1 con sonda equipaggiata con rivelatore a scintillazione con ZnS e scintillatore plastico;

- sistema a termoluminescenza Harshaw 2000 con rivelatori chips sinterizzati TLD(di CaF4+Dy);

- sistema di spettrometria gamma con multicanale Cicero Silena mod.

8500/E a 8192 canali, equipaggiato con rivelatori a scintillazione (Nal(Tl)) e a semiconduttore (GeLi);

- GM da laboratorio tipo Philips 13516/01 con finestra di mica di 4 mg/cm .

Per la ricerca di eventuali contaminazioni trasferibili, mediante smear-tests sono stati eseguiti 2293 prelievi di campioni.

Le misure di contaminazione sia fissa che rimovìbile, non hanno rilevato presenza di contaminazione.

Le misure di irraggiamento diretto del vessel e del piastrone di fondo hanno evidenziato una debole attività.

Le successive misure di attività, effettuate su campioni prelevati dal vessel, dal coperchio, dal piastrone di fondo, dalle sovrastrutture del reattore hanno evidenziato la presenza del solo Co-60, con attività specifica variabile da un massimo, in corrispondenza della mezzeria del reattore, di circa 3.15 Bq/g per il vessel e di circa 3.22 Bq/g per i supporti dei rivelatori, ad un minimo di qualche decimo di Bq/g per le altre parti; fanno eccezione

(29)

i bracci delle barre a bandiera con un'attività specifica di circa 11.1 Bq/g.

Le misure di attività eseguite su campioni di calcestruzzo, prelevati in corrispondenza della zona di flusso massimo, e su campioni di grafite hanno dato esito negativo, evidenziando l'assenza dì radioattività indotta.

La sensibilità delle misure è pari a 0.037 Bq/g.

I risultati sopra esposti inducono a ritenere che le barre a bandiera, i supporti dei rivelatori, la parte centrale del vessel e il piastrone di fondo siano gli unici componenti dell'impianto che mostrano una discreta attività indotta.

- Calcolo della radioattività indotta.

E1 stato eseguito il calcolo della attività indotta con la seguente procedura :

- il funzionamento del reattore è stato suddiviso in 4 periodi, ciascuno corrispondente a diversi reticoli su cui sono state fatte le misure;

- per ogni periodo si è eseguito il calcolo dei radionuclidi di attivazione prodotti considerando il funzionamento al massimo flusso neutronico, utilizzando le catene di codici GAM, GATHER e ANISN, i quali hanno mostrato che all'interno dello schermo l'attivazione decresce molto rapidamente e quindi i ferri dell'armatura del calcestruzzo sono molto meno attivati del vessel;

- è stata calcolata l'attività assoluta del vessel tramite il codice ORIGEN, prendendo in considerazione solo i processi di produzione e decadimento della famiglia ferro-cobalto.

I risultati ottenuti sono riportati in tab. 4.1 (attività specifica in Bq/g).

4.2 - Circuito in pila C.A.R.T.

II circuito C.A.R.T., con due sezioni di prova aventi potenza massima di 1.5 MWt ciascuna, è stato utilizzato per studi di termoidraulica degli elementi CIRENE in condizioni rappresentative del rettore stesso.

L'impianto, non più utilizzato per il programma di cui sopra, è stato invece utilizzato per eseguire prove di decontaminazione chimica debole e forte.

Scopo della mappatura radiologica è stato quello di determinare l'intensità di esposizione gamma e la contaminazione asportabile nelle zone per le quali era prevista la presenza di personale in relazione alle esperienze di decontaminazione (rif. 12).

(30)

Le misure sono state effettuate con strumento portatile a sonda esterna. Sui componenti o tubazioni coibentate la misura è stata eseguita a contatto della coibentazione il cui spessore è di circa 5 centimetri.

Le caratteristiche dello strumento impiegato sono:

- indicatore rate-meter tipo R.M.5. Serial n. 177;

- fondo scala 5000 c/s=5000 mR/h= 3.584*10 C/(kg.s);

- sonda Geiger con D= 13 mm e L= 25 mm.

Lo schema del circuito e i risultati delle misure sono riportati in fig. 4.1.

Sono stati effettuati alcuni rilievi della contaminazione asportabile sulle superfici esterne del circuito primario a mezzo smear-tests, sia in tratti di tubazione scoperti sia sulla coibentazione, particolarmente nei punti dove durante l'esercizio si Bono verificate perdite di refrigerante.

I valori più significativi riscontrati sono i seguenti:

- contaminazione sulla tubazione 2000 c/min = 7.4 Bq/cm

- contaminazione sulla coibentazione 5000 c/min = 1 . 8 5 Bq/cm .

I radionuclidi contaminanti sono risultati essere il Co-60 e tracce di Cs-137.

In tab. 4.2 sono riportati i valori delle attività misurate su tronchetti di tubazioni prelevati in punti ritenuti rappresentativi delle tre zone ad alta(HT), media(MT) e bassa temperatura(LT). I campioni sono stati misurati in una catena spettrometrica e f l'attività è dovuta quasi esclusivamente al Co-60(rif. 12).

4.3 - Impianto di vetrificazione del combustibile ESTER.

ESTER è stato un impianto minipilota di vetrificazione del combustibile installato in una cella del complesso ADEC0-E3S0R del C.C.R. di Ispra (fig. 4.2). Esso ha funzionato dal febbraio 83 al luglio 84. Trn il novembre e il dicembre 85 ESTER è stato decontaminato e smantellato (rif. 13).

Non essendo nota la distribuzione della radioattività all'interno della cella,si è dovuta eseguire una mappatura radiologica utilizzando un telector introdotto attraverso un tappo del soffitto. L'intensità di dose massima rilevata fu circa 30 mGy/h.

La radioattività era dovuta ai contaminanti depositati all'interno dei componenti e delle tubazioni, nonché alla soluzione fuoriuscita accidentalmente dall'impianto durante il funzionamento a caldo ed ai vapori usciti accidentalmente dal crogiuolo e che si erano condensati su varie parti dell'impianto.

Come composizione della contaminazione si può assumere quella delle soluzioni trattate (tab. 4.3 e 4.4).

(31)

In tab. 4.5 sono riportati i valori della contaminazione delle pareti della cella.

In fig. 4.2 sono riportati i valori della intensità di dose misurata a contatto di alcuni componenti.

In fig. 4.3 sono riportate le misure di intensità di dose sulle pareti della cella e* le misure di contaminazione asportabile con smear-tests, eseguite dopo la decontaminazione delle pareti della cella vuota.

Prima della decontaminazione le misure sono state effettuate con smear-tests a contatto della copertura esterna e le misure eseguite con un ratemeter portatile equipaggiato di rivelatore a camera a ionizzazione.

D O D O la decontaminazione, data la bassa attività presente, la

mappatura è stata eseguita con un contaminamelo portatile dotato di rivelatore plastico per raggi beta.

4.4 Edificio Turbina della Centrale Nucleare del Garigliano.

La centrale elettronucleare ENEL del Garigliano ha funzionato con un reattore BWR, a ciclo duale, con una potenza di 160 MWe dall'aprile 64 all'agosto 78(rif. 14).

Trattandosi di un BWR i componenti e le tubazioni sono stati contaminati dal particolato costituito dai prodotti di corrosione del circuito e dalle impurezze del refrigerante, attivato durante l'attraversamento del nocciolo. Sono stati inoltre trovati anche dei prodotti di fissione.

La caratterizzazione, eseguita dai tecnici dell'ENEL tra il 1982 e il 1984, ha interessato i seguenti sistemi dell'edificio turbina:

- turbina;

- condensatore principale;

- demineraiizzatore del condensato;

- pozzo caldo;

- circuito estrazione condensato e alimento;

- preriscaldatori e separatori;

- tubazioni del vapore primario e secondario;

- eiettori;

- linea off-gas.

Sono state eseguite misure di:

- intensità di esposizione nei diversi locali dell'edificio turbina e nella zona deposito scarichi radioattivi;

- contaminazione asportabile su pavimenti e pareti dei locali e sulle superfici esterne dei componenti;

- contaminazione asportabile e totale sulle superfici interne delle apparecchiature e/o componenti.

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Per le misure di intensità di esposizione sono stati impiegati i seguenti strumenti:

- camere a ionizzazione(Eberline R0-5A);

- rate-meter Szintomat 6134A, equipaggiata con rivelatore a scintillatone plastico ZnS(Hg);

- telector 6112B, equipaggiato con rivelatore GM e prolunga fino a 4 m, utilizzata dove l'esecuzione delle misure era critica sia per la raggiungibilità del punto di misura che per l'intensità del campo.

Le misure sono state effettuate ad 1 m dai pavimenti ed a 10 cm dai componenti e tubazioni.

La maggior parte dei locali presenta valori inferiori a 2.5 piSv/h, mentre nel "pipe tunnel stack" e nel locale preriscaldatori sono stati trovati valori intorno ai 100 uSv/h.

Le misure di contaminazione asportabile nei locali e sulle superfici esterne dei componenti sono state eseguite con smear-tests e i campioni sono stati conteggiati con:

- contaminameli equipaggiati con sonda beta a scintillatore plastico;

- catena di conteggio gamma con rivelatore a scintillatore Nal(Tl);

- catena di conteggio per spettrometria gamma con rivelatore a GeLi.

La quasi totalità delle misure ha dato risultati di contaminazione asportabile praticamente trascurabili, ad eccezione di pochi componenti e/o pavimenti. Il valore massimo è stato rilevato sul pavimento del "pipe tunnel stack" ed è di 7.5*10 pCi/cm (27.8 Bq/cm ).

Le misure di contaminazione asportabile della superficie interna di componenti e tubazioni sono state eseguite con smear-tests. La caratterizzazione dei radionuclidi è stata effettuata con analisi spettrometrica a rivelatore GeLi in geometria nota con tempi di conteggio dalle 5 alle 16 ore. Nelle tab. 4.6 e 4.7 sono riportati i risultati.

Per valutare tutta l'attività .dei radionuclidi presenti nell'edificio turbina sono state eseguite misure di contaminazione totale con spettrometria gamma a rivelatore GeLi su campioni di crud prelevato da una superficie nota su vari componenti. Nella tab. 4.8 sono riportati i risultati.

I valori di attività totale superficiale sono stati poi moltiplicati per la superficie interna calcolata del relativo components o tubazione.

La radioatti"'tà totale dell'edificio turbina ammonta a circa 1 Ci(3.7>10 Bq) di cui l'80% costituita da Co-60, il 19% da Cs-137 e la restante percentuale da tracce di Sr-90, Cs-134 e Mn-54, mentre solo nella linea off-gas eiettori si ha una prevalenza del Cs-137 con significative presènze di Sr-90.

(33)

CONCLUSIONI

L'esperienza acquisita ha messo in luce che la caratterizzazione di un grande impianto in decommissioning, pur richiedendo un forte impegno di personale e di dose, costituisce un valido riferimento sia per la pianificazione che per la gestione stessa del decommis' '.oning.

In questa ottica il presente rapporto ha voluto essenzialmente dare una esposizione di massima dei problemi che si incontrano nelle valutazioni radiologiche qualitative e quantitative durante le fasi di decommissioning degli impianti nucleari, fornendo nel contempo alcune indicazioni sulle procedure che generalmei te vengono adottate, con l'obiettivo di informare i futuri operatori dello specifico settore sulle problematiche connesse perchè apportino quei miglioramenti, sia procedurali che tecnici, e di misura utili a migliorare la radioprotezione in questa specifica fase di attività.

Questa informativa ha riguardato essenzialmente la differenza esistente sia in natura che in quantità dei radionuclidi nei diversi tipi di impianto, tenendo conto di diversi parametri, quali, ad esempio, il tempo di funzionamento dell'impianto e il tempo di decadimento dei radionuclidi.

Si è accennato inoltre alle principali tecniche di rivelazione e misura più comunemente utilizzate cercando di mettere in evidenza i pregi ed i difetti, in relazione essenzialmente allo scopo della caratterizzazione radiologica da eseguire.

Avendo infine riportato alcune esperienze eseguite in Italia su alcuni impianti nucleari significativi, si è voluto presentare le difficoltà ed i problemi incontrati nelle stesse, i risultati ottenuti, e la dimensione di un intervento di caratterizzazione radiologica di un impianto ai fini dello smantellamento.

(34)

APPENDICE A

Calcolo manuale dei prodotti di attivazione.

Si riporta di seguito una procedura di calcolo dei radionuclidi di attivazione di un reattore nucleare che è possibile eseguire quando non è richiesta una caratterizzazione accurata dei radionuclidi stessi (rif. 7 ) .

In riferimento ad un periodo di funzionamento del reattore a potenza media P e durata T il rateo di produzione del radionuclide i, con

n n

costante di decadimento L., è data da :

dt

v

dove: *P è il flusso neutronico medio (termico o veloce);

\J il volume del componente in esame;

y . la sezione macroscopica d'urto di produzione del radionuclide i

Integrando sul periodo T il numero di atomi del radionuclide i alla fine del periodo risulta:

N ..±^M.( 1 . Jl - Xj - T -)

Alla fine di un periodo di decadimento di durata t ^ successivo all'irraggiamento il numero dì radionuclidi dell specie i sono:

N^JLtfL^.^ 1 -.)

L'attività in Bequerels del radionuclide i prodotto dal genitore k nel componente j su n periodi diventa:

dove: (v\ » flusso neutronico medio (termico o veloce)

^,. = sezione d'urto macroscopica per produrre il radioisotopo i, nel componente j, a partire dal genitore k (cm ) ,

(35)

poiché 2

c

j

K

= -p

- 2

- • r*ì J j " ^ ' <Ki

.» 23

dove: vT0= 6.023 • 10 atomi/mole (numero di Avogadro);

Rj(= peso atomico dell'isotopo genitore k (g/mole)

L: = frazione in peso dell'isotopo genitore k nel componente j;

JP. = densità del componente j (g/cm );

1K = abbondanza dell'isotopo genitore k nell'elemento genitore;

0^;= sezione d'urto microscopica per la produzione del nuclide i dell'isotopo k (cm )

indicando con W il peso in grammi del componente j l'attività in bequerels presente nel componente j risulta: .

» * ' * Wj \ I K £ C.s </>; l ? n ( i - * X; T ") • x ' * •

La precedente formula è conservativa essendo stati trascurati nel calcolo i fenomeni di burn-up della specie i, dovuti a interazioni di essa con neutroni o alla vita media del figlio—genitore piccola rispetto a quella del nuovo figlio.

Volendo tenere in conto questi fenomeni la relazione diventa:

dove <T\, è la sezione d'urto microscopisca per il burn-up del radionuclide i.

Il calcolo va eseguito sia per il flusso termico che per quello veloce.

(36)

BIBLIOGRAFIA

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