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Capitolo 4 Stato dell’arte

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Capitolo 4 Stato dell’arte

4.1 I primi passi

Mentre i concetti di ruota e di veicoli su ruote sono relativamente antichi e sono stati studiati e sviluppati per migliaia di anni, soltanto di recente si è pensato seriamente di sviluppare dispositivi che sfruttino la locomozione su gambe.

Il primo lavoro documentato di un veicolo munito di gambe risale al 1893 quando L.A.C. brevettò il suo cavallo meccanico (vedi figura 4.1). Il mondo scientifico ha però dovuto aspettare fino al 1966 per vedere il primo dispositivo munito di gambe controllato mediante un computer (e quindi “robotico” secondo la definizione di molti). Si trattava di una macchina con quattro gambe di nome Phoney pony, sviluppato da McGhee e Frank presso l’Università del Sud Carolina

[39]. Subito dopo, R. Mosher della General Electric costruì il GE quadrupede [40], che riusciva anche a superare vari ostacoli. Più recentemente presso la Carnegie Mellon University è stato realizzato il Dante II

[41], un robot con otto gambe che è riuscito nella strabiliante impresa di discendere, per scopi scientifici, nel cratere attivo di Mr Spurr, un vulcano situato in Alaska (vedi figura 4.3).

I robot sviluppati fino alla fine degli anni 70, sebbene abbiano ottenuto un certo grado di successo, erano meccanismi molto semplici, la cui stabilità era garantita dalla estrema lentezza dei movimenti (infatti non venivano mai violate le condizioni di quasi staticità). Un approccio rivoluzionario nella costruzione di robot si ebbe quando alcuni ricercatori pensarono di abbandonare il modello quasi statico per adottarne uno dinamico.

Fig. 4.1: Cavallo meccanico di Rigg

(a) (b)

Fig. 4.2: (a) Phoney pony e (b) G.E. quadrupede

Fig. 4.3: Dante II

(2)

4.2 Robot “dinamici”

Il primo lavoro veramente rivoluzionario nello studio della robotica su gambe, è stato quello di Raibert, che, durante gli anni 80 e i primi anni 90, costruì dei robot “saltatori”, (hopper) muniti di una sola gamba 13 [42], [43], [44].

Questi robot sono stati i primi a sfruttare una locomozione “dinamica”, cioè un tipo di spostamento che passa necessariamente da una condizione di instabilità a un'altra, riuscendo così a ottenere prestazioni sorprendenti.

Mentre i robot della prima generazione si muovevano a una velocità di 0.1 volte la lunghezza del loro corpo al secondo, le macchine di Raibert riuscivano facilmente a raggiungere velocità fino a 20 volte superiori.

Per ottenere tali prestazioni era d’altronde necessario adottare un algoritmo di controllo della loro stabilità: al contrario di quanto accadeva nei primi dispositivi quasi statici, la semplice cinematica non era più sufficiente a identificare ogni azione svolta dal robot.

Gli esperimenti svolti da Raibert dimostrarono che l’equilibrio dei robot poteva essere raggiunto con un sistema di controllo relativamente semplice: esso era diviso in tre parti che controllavano separatamente la velocità di avanzamento orizzontale, l’assetto del corpo e l’altezza del salto. Lavorando in maniera indipendente sui tre parametri, il sistema trattava ogni loro eventuale accoppiamento come un disturbo.

13

C’erano quattro ragioni fondamentali per costruire un dispositivo con una sola gamba:

1. tale sistema richiedeva necessariamente di affrontare il problema del mantenimento dell’

equilibrio in fase dinamica: il robot infatti non aveva altro modo per rimanere in piedi se non quella di saltare.

2. il problema del mantenimento dell’equilibrio del robot risultava semplificato in quanto non si doveva considerare l’influenza reciproca di più gambe;

3. studiare il comportamento ed il controllo di un tale dispositivo rappresentava il primo passo verso la comprensione di sistemi multi-gamba.

4. un sistema con una sola gamba era più semplice da costruire e meno costoso di uno con due o più gambe.

Fig. 4.2: “Hopper” robot sviluppati da Raibert

(3)

Un altro esempio degno di nota è rappresentato dal dispositivo meccanico di McGeer ,[45], [46], meglio conosciuto con il nome di passive walker. Inspirato alla biomeccanica umana, il suo lavoro ha dimostrato che un dispositivo con gambe è capace di produrre una locomozione stabile sfruttando unicamente l’accelerazione di gravità (il robot cammina lungo un piano leggermente inclinato) e senza nessun tipo di controllo attivo.

In altre parole McGeer ha dimostrato che la stabilità del moto deriva dalla meccanica stessa del dispositivo e non da un sistema di controllo imposto dall’esterno.

Prima dell’anno 2000 quindi i robot, anche se migliori di quelli di prima generazione, risultavano ancora troppo fragili, lenti e poco adatti a esplorare zone sconosciute e impervie; alcuni robot infatti erano capaci di muoversi ad alta velocità, ma solo su terreni regolari, altri avevano la possibilità di spostarsi su terreni irregolari ma solo lentamente. In pratica nessun tipo di dispositivo dimostrava di possedere l’abilità di muoversi velocemente e su terreni accidentati dimostrandosi inoltre così delicati da richiedere continue e costose riparazioni. Per tutte queste ragioni tali robot non erano pronti a svolgere i compiti per cui erano stati costruiti: esplorazioni planetarie, missioni di recupero, azioni di guerra e così via.

4.3 Robot “biomimetici”

Il vero cambiamento in questo campo si è avuto all’inizio del nuovo millennio quando si è rinnovato l’ interesse per i robot biomimetici (cfr. par. 2.1).

Un approccio di tipo biomimetico ha consentito di semplificare la strategia di controllo del robot grazie alla progettazione di una struttura meccanica “intelligente, mutuato dai sistemi naturali, che utilizzano i preflessi meccanici per ridurre l’influenza del sistema nervoso centrale sul controllo motorio (cfr. par. 2.2.3 e figura 2.6).

Ispirarsi alla natura non significa però realizzare una copia esatta dei sistemi biologici ma comprenderne piuttosto i principi primi da implementare nei dispositivi robotici.

I primi robot ad incorporare con successo questi principi sono stati Sprawlita [47], [48], [49] e RHex 0 [50].

4.3.1. Robot Sprawlita

Sprawlita è un robot munito di sei zampe, capace di “correre” su terreni accidentati in

maniera stabile, il cui design è stato realizzato adattando i principi funzionali degli

(4)

scarafaggi. Questi insetti sono stati presi come fonte di ispirazione per l’innata capacità di muoversi su diversi tipi di terreno con sorprendente agilità, elevata velocità e grande stabilità. Ad esempio è stato osservato che la Periplaneta Americana può raggiungere una velocità pari a 50 volte la lunghezza del suo corpo al secondo, e la Blaberus discoidalis è capace di oltrepassare, senza rallentare, ostacoli tre volte superiori l’altezza del loro centro di massa.

Gli studi su questi insetti hanno suggerito i seguenti principi di progettazione:

1. postura del corpo auto stabilizzante;

2. gambe aventi la funzione di elementi di propulsione e di stabilizzazione;

3. struttura viscoelastica, passiva, del robot;

4. sistema di controllo del moto in anello aperto:è possibile ottenere un tipo di locomozione stabile affidandosi unicamente alla natura viscoelastica del sistema meccanico (preflessi meccanici);

5. costruzione integrata del corpo.

I paragrafi a seguire descrivono come tali fattori siano stati implementati nel robot.

4.3.1.1 Postura del corpo auto-stabilizzante

Un robot a sei zampe con una postura simile a quella degli scarafaggi (sprawled posture) ha indubbi vantaggi in termini di equilibrio: mantenendo a terra almeno tre zampe per volta esso è in grado di conservare il proprio baricentro all’interno del triangolo di supporto, assicurandosi sempre una stabilità statica (anche se ciò limita la velocità massima raggiungibile).

D’altra parte, osservazioni fatte sugli scarafaggi che corrono ad alta velocità hanno mostrato che il centro di massa si avvicina e talora supera il confine del triangolo di supporto; durante la corsa veloce, essi mettono in atto una sorta di stabilità dinamica mantenendo sul terreno una larga base di appoggio.

Kubow e Full hanno suggerito un ulteriore vantaggio derivante dall’adozione di una configurazione sprawled sul piano orizzontale: essi affermano che l’animale è in grado

Fig. 4.3: Robot “Sprawlita”

(5)

di reagire a una perturbazione esterna, variando la posizione del BCOM rispetto a quella dei piedi di appoggio (cfr.

par. 2.2.1, pag. 29).

Sprawlita utilizza sul piano sagittale una configurazione simile, ma non identica, a quella utilizzata dagli scarafaggi. L’angolo di inclinazione di ogni gamba è limitato dall’

esigenza di avere una forza di reazione al suolo sufficiente alla propulsione: infatti, maggiore è il valore dell’inclinazione della gamba minore è l’entità della forza tangenziale sviluppata dal piede nel

contatto. Come mostrato in figura 4.4, il BCOM del robot è posto sotto, e leggermente dietro, l’articolazione (anca) delle gambe posteriori ma sempre all’interno della larga base di appoggio fornita dalla configurazione sprawled.

4.3.1.2 Funzione propulsiva e stabilizzante delle gambe

Molti robot realizzano il movimento del loro BCOM sfruttando la stabilità garantita da una configurazione di tipo sprawled, minimizzando nel contempo il costo energetico richiesto dall’azionamento delle gambe. La soluzione più comunemente adottata è quindi quella di realizzare l’articolazione gamba-tronco mantenendo l’asse di rotazione in posizione verticale rispetto al piano del corpo: si evita così che la coppia necessaria alla rotazione della gamba subisca un incremento, per effetto della forza di gravità.

L’azione che ne risulta riduce al minimo le forze interne ma finisce per essere in contraddizione con quanto si osserva nel movimento reale dello scarafaggio mentre corre.

La misurazione delle forze di reazione del terreno durante la corsa degli scarafaggi, ha dimostrato che le loro zampe agiscono principalmente come elementi di propulsione e che la linea di azione di tali forze passa approssimativamente per il centro di rotazione dell’anca (vedi figura 4.4).

Fig. 4.3: Postura auto-stabilizzante

(6)

Nella postura largamente scomposta di uno scarafaggio le gambe frontali (protoraciche) assumono essenzialmente la funzione di decelerare il corpo dell’insetto, mentre le zampe posteriori (metatoraciche) agiscono come potenti acceleratori; le gambe poste a metà del corpo (mesotoraciche) funzionano

infine da elementi frenanti e da acceleratori.

La produzione di elevate forze interne contribuisce alla creazione di un gait di locomozione capace di reagire prontamente alle perturbazioni e di compiere repentini cambi di direzione (cfr par. 2.2.1 pag. 27), sebbene l’efficienza della corsa possa risultarne peggiorata.

Grazie agli studi sull’articolazione femore- trocantere dello scarafaggio (ritenuta per lo più passiva) sono state progettate le gambe

del robot Sprawlita, come è possibile vedere in figura 4.4: l’azione propulsiva è ottenuta mediante l’utilizzo di sei pistoni pneumatici, fissati al corpo del robot per mezzo di una giunzione deformabile, che permette la rotazione passiva della gamba (asse di rotazione perpendicolare al piano sagittale).

La base dell’anca è ruotata da servomotori che consentono di regolare l’inclinazione delle gambe rispetto al corpo; variando l’angolo di inclinazione, le zampe assumono funzioni differenti a seconda che la propulsione sia indirizzata indietro (per accelerare) o avanti (per decelerare).

4.3.1.3 Struttura visco-elastica passiva

E’ ormai accertato che la costruzione di dispositivi meccanici con strutture a bassa impedenza (o ad alta cedevolezza) offre indubbi vantaggi nell’ambito dell’interazione robot-ambiente. Tradizionalmente, la regolazione di arti robotici rigidi viene realizzata mediante un controllo attivo dell’ impedenza meccanica ma, nonostante ciò, i servomotori impiegati rendono difficoltosa la gestione delle forze di contatto impulsive, a causa del valore limitato della loro larghezza di banda 14 .

14

I servomotori sono infatti schematizzabili come filtri passa-basso.

Fig. 4.4: Funzioni delle gambe

(7)

Ovviamente gli animali sono tutt’altro che rigidi; studi svolti sulla struttura corporea della Blaberus discoidalis hanno permesso di capire quanto la natura viscoelastica dei muscoli e dell’esoscheletro influenzi vantaggiosamente la locomozione: le proprietà viscoelastiche del sistema meccanico e la morfologia funzionale del corpo contribuiscono infatti alla generazione di un gait di locomozione auto-stabilizzante.

Tale proprietà di auto-regolazione è stato definita dagli studiosi con il termine

“preflesso meccanico”: esso permette di avere una risposta immediata (di ordine zero) alle perturbazione esterne, eliminando così il ritardo tipico dei riflessi neurali (cfr. par.

2.2.3).

Le gambe di Sprawlita sono state realizzate mediante l’assemblaggio di vari componenti: il pistone pneumatico (per la propulsione in avanti del robot), l’appendice esterna del servomotore (per la regolazione

dell’angolo di inclinazione della gamba), e l’articolazione flessibile dell’ anca. Le varie parti sono state inglobate in un’unica struttura realizzata in poliuretano rigido, mediante un procedimento che prende il nome di Shape Deposition Manufacturing (SDM). Il giunto flessibile dell’anca, fabbricato in poliuretano morbido, permette la rotazione passiva e smorzata della gamba essenzialmente nel piano sagittale; una tale soluzione è stata adottata nel tentativo di ottenere un comportamento viscoelastico simile a quello osservato negli scarafaggi (preflessi meccanici).

4.3.1.4 Controllo in anello aperto

Studi [51] sugli scarafaggi, effettuati durante la corsa su vari tipi di superfici, hanno dimostrato che la stimolazione nervosa dei muscoli non varia in maniera sensibile durante il passaggio da una superficie levigata e piana ad una rugosa e irregolare e che, durante questo passaggio, l’insetto non opera né un controllo attento della posizione del piede né un cambiamento del gait di locomozione. Questi risultati suggeriscono un controllo gerarchico del movimento, come mostrato in figura 4.6.

Fig. 4.5: Schema del metodo di fabbricazione SDM (Shape

Deposition Manufacturing) delle gambe

(8)

Fig. 4.6: Sistema di controllo della locomozione proposto da R. J. Full e Koditschek Nello schema, il sistema muscolare viene regolato mediante l’azione di due circuiti separati:

1. il primo (sensory feedback) regola il segnale di attivazione nervoso mediante l’utilizzo di sensori neuronali (occhi, orecchi, organi di tatto ecc).

Le informazioni sensoriali generalmente vengono utilizzate dall’animale per modificare il proprio comportamento in seguito alla variazione delle condizioni esterne;

2. il secondo (mechanical feedback) agisce direttamente sul sistema meccanico grazie alla proprietà viscoelastiche dei muscoli stessi. Questo circuito di controllo fornisce una risposta immediata alle variazioni delle condizioni esterne, molto più velocemente di quanto possa fare il feedback sensoriale;

L’effetto combinato dei due circuiti è in grado di assicurare all’animale una locomozione stabile.

Il controllo del robot Sprawlita è invece realizzato in anello aperto, ossia senza la presenza del feedback sensoriale 15 . I sei pistoni pneumatici possono essere controllati indipendentemente mediante l’utilizzo di elettrovalvole a tre vie: la frequenza e la durata di attivazione delle valvole viene regolata in base alla frequenza di passo e al duty-factor che si desidera impostare. Il gait di locomozione imposto al robot è quello

“tripode” degli animali a sei zampe, in cui è attivato un set di tre sole gambe per volta:

15

Ovviamente continua a sussistere il feedback meccanico grazie alla struttura viscoelastica della

giunzione a livello dell’anca, soluzione questa che, come detto precedentemente, rappresenta il tentativo

di riprodurre il comportamento naturale degli scarafaggi (preflessi).

(9)

le protoraciche e metatoraciche ipsilaterali e quella metatoracica controlaterale. È possibile inoltre controllare l’angolo di inclinazione delle gambe, intervenendo sui servomotori posti all’interno del corpo del robot, in modo da determinare la posizione del piede di appoggio e la direzione di propulsione della gamba; la regolazione di tale inclinazione non è eseguita durante la locomozione del robot ma fissata a priori in base al tipo di terreno da affrontare.

4.3.1.5 Costruzione integrata del corpo

È abbastanza naturale associare a una progettazione biomimetica un metodo di fabbricazione ugualmente inspirato ai sistemi biologici, che limiti la presenza di organi di collegamento. Una delle maggiori cause di malfunzionamento dei robot odierni è infatti il grande numero di componenti meccanici (viti, bulloni, cerniere) necessari a tenere insieme le varie parti che li compongono, specialmente nei robot di piccole dimensioni, dove essi occupano gran parte del volume.

La natura realizza i propri dispositivi in maniera diversa: attuatori, sensori e componenti strutturali sono completamente integrati nella struttura portante, al sicuro dall’ambiente esterno. Inoltre i materiali naturali sono capaci di grandi deformazioni senza rotture e di adattare le proprietà meccaniche a seconda dei carichi locali imposti dall’esterno (ad esempio l’osso risulta denso in prossimità delle articolazioni e poroso nella parte centrale).

Il corpo di Sprawlita è stato realizzato utilizzando la tecnica di fabbricazione SDM

(Shape Deposition Manufacturing): si depositano vari strati di materiale che vengono

lavorati progressivamente alle macchine utensili, fino al raggiungimento della forma

finale desiderata. Il vantaggio di questa tecnica risiede nella possibilità di inglobare, in

unico volume, vari componenti meccanici (anche di diverso materiale) senza l’utilizzo

di elementi di collegamento. In figura 4.7 sono mostrate le varie fasi di fabbricazione

del robot: da notare come alla fine sia stato ottenuta un’ unica struttura integrata,

contenente i cavi elettrici e i servocomandi delle gambe.

(10)

Fig. 4.7: Sistema di fabbricazione SDM del robot Sprawlita

4.3.1.6 Risultati sperimentali

Progettato secondo i principi funzionali appena descritti, Sprawlita risulta un robot veloce, robusto e semplice da costruire.

Gli esperimenti condotti in laboratorio, hanno mostrato come la velocità di locomozione dipenda da vari parametri quali la frequenza di passo, il duty factor e l’angolo di

inclinazione delle gambe. Inoltre è stato osservato che per un determinato gait di

locomozione la scelta dei parametri ottimali dipende dalla rigidezza e dall’inclinazione

del terreno. La figura 4.8 mostra come la velocità di avanzamento vari in funzione

dell’inclinazione del suolo per due differenti durate del ciclo di locomozione (gait

period). L’andamento delle curve mette in evidenza come sul piano sia preferibile il

gait di locomozione più lento (gait period=210 ms), mentre per inclinazioni maggiori di

12°sia più vantaggioso l’utilizzo di un ciclo di locomozione più veloce (gait period=90

ms). Per quanto riguarda la locomozione su terreni accidentati, il robot ha dimostrato di

Fig. 4.8: Diagramma della velocità di avanzamento

in funzione dell’ inclinazione del terreno

(11)

poter superare ostacoli alti fino a 4.5 cm (corrispondenti all’altezza del robot da terra);

tale capacità tende a diminuire con l’aumento dell’inclinazione del terreno.

4.3.2. RHex 0

RHex 0 è un robot composta da un corpo centrale rigido a cui si collegano sei gambe cedevoli in configurazione sprawled. Il corpo contiene tutta l’elettronica e la meccanica necessarie a rendere il dispositivo in grado di operare autonomamente nello spazio esterno.

A differenza di molti robot a sei zampe (exapodal robot), RHex 0 è stato progettato essenzialmente per correre su diversi tipi di superfici. Ogni gamba possiede tre gradi di libertà: l’allungamento ρ

i

, la rotazione nel piano sagittale φ

i

e quella nel piano frontale ϑ

i

(vedi figura). La

rotazione della gamba nel piano sagittale viene comandata attivamente mediante l’uso di servomotori alloggiati a bordo del robot; l’allungamento e la rotazione della gamba nel piano frontale dipendono invece dal grado di cedevolezza delle gambe e dal tipo di terreno incontrato.

Come per Sprawlita, la conoscenza dei

preflessi nei sistemi biologici ha ispirato, necessariamente, la progettazione di gambe cedevoli anziché rigide, con l’intento di realizzare un gait di locomozione auto- stabilizzante senza un sistema di controllo in anello chiuso (feedback di tipo sensoriale, cfr. §. 4.3.1.4).

Il gait di locomozione imposto è quello tripode caratteristico degli animali a sei zampe già descritto sopra per Sprawlita. Si possono distinguere due fasi: una lenta di retroazione, in cui le gambe vengono a contatto con il terreno e una veloce di protrazione, in cui le gambe ruotano rapidamente per giungere ad una nuova fase di retrazione.

Fig. 4.9: Robot RHex 0

Fig. 4.10: modello meccanico delle gambe

(12)

Il tripode sinistro e il tripode destro sono attivati, alternativamente, con uno sfasamento di 180° : quando il tripode sx si trova a metà della fase di retrazione il tripode dx si trova a metà di quella di protrazione . Le curve in figura rappresentano l’andamento nel tempo dell’angolo di rotazione delle zampe, parametrizzate mediante le seguenti variabili:

1. t

c

, tempo impiegato da entrambi i tripodi per compiere un’intera rotazione;

2. t

s

, durata della fase di appoggio. Il rapporto tra t

s

e t

c

rappresenta il duty factor di ogni tripode e determina la durata t

d

del doppio appoggio, quando tutte e sei le zampe si trovano nella fase di supporto;

3. φ

s

, angolo percorso dalla zampa durante la fase di appoggio (retrazione);

4. φ

0

, angolo di sfasamento tra i due tripodi (in figura è rappresentato dall’offset verticale tra le curve);

Modificando il valore di questi parametri è possibile controllare la locomozione del robot. Ad esempio variando il valore di t

c

e di φ

s

è possibile regolare la velocità con cui RHex 0 ruota su se stesso 16 . Ancora, introducendo le quantità differenziali ∆ t

s

e ∆ φ

0

è possibile variare la direzione di avanzamento del robot: la rotazione a destra (verso l’asse x positivo del sistema di riferimento mostrato in figura 4.10) è infatti ottenuta utilizzando i seguenti vettori di controllo: u l = [ t

c

, t

s

+ ∆ t

s

, φ

s

, φ

0

+ ∆ φ

0

] e u r = [ t

c

, t

s

− ∆ t

s

, φ

s

, φ

0

− ∆ φ

0

] , rispettivamente per le gambe a sinistra e a destra.

Per quanto riguarda il moto in avanti, le simulazioni fatte hanno dimostrato come questo tipo di controllo a quattro parametri sia sufficiente a produrre una locomozione veloce e stabile nel tempo (vedi figura 4.12).

16

Tale comportamento è ottenibile facendo semplicemente ruotare i due tripodi in senso opposto

Fig. 4.11: Profili di moto del tripode dx e sx

(13)

(a) (b)

Fig. 4.12: (a) Profili di velocità su superficie piana: il valore medio risulta di 0.55 m/s, pari a circa 1 volta la lunghezza del corpo del robot al secondo;(b) superficie a gradini costruita per testare le prestazioni di RHex 0 sui terreni accidentati.

Infine, per valutare le prestazioni del robot sui terreni accidentati è stata realizzata una superficie a gradini 17 come quella mostrata in figura 4.13: il robot è capace di attraversare questo ambiente con relativa facilità, mantenendo una velocità media di 0.42 m/s.

4.3.3. Whegs II

Costruito presso la Case Western University, Whegs II è un robot esapode progettato, come Sprawlita e RHex 0, seguendo i principi di locomozione degli scarafaggi [52]. Gli sviluppatori di Whegs II hanno osservato che gli scarafaggi:

• tipicamente adottano il tripod gate sia durante la marcia sia durante la corsa; in questo tipo di andatura le gambe anteriori vengono ruotate in avanti ad una altezza tale da permettere all’insetto di superare molti tipi di ostacoli, senza alterare il proprio gait di locomozione; comunque il gait di locomozione può subire un’alterazione nel caso in cui l’animale debba affrontare ostacoli molto alti.

• riescono a ruotare variando la direzione lungo la quale agiscono le forze di reazione del terreno; ciò è reso possibile da un’attivazione asimmetrica delle gambe rispetto ai due lati del corpo.

17

I gradini hanno un’altezza variabile fino a 20,32 cm, pari al 116% dell’altezza complessiva delle

gambe.

(14)

Il precursore del robot descritto in questo paragrafo è il Whegs I e la sua progettazione è stata basata sui due principi biologici appena illustrati.

Ognuna delle sei gambe del robot è formata da tre segmenti solidali disposti a 120° l’uno dall’altro 18 , la cui rotazione permette al robot di

avanzare con una velocità massima di 5.5 Km/h e di superare ostacoli alti fino a 1.5 volte la lunghezza dei segmenti stessi. Le gambe sono ruotate mediante un unico moto- riduttore elettrico avente una potenza di 90 W e sono coordinate in modo tale da realizzare il gait di locomozione tipico degli scarafaggi: il tripod gate (cfr. par. 3.3. pag.

51.). Il cambiamento di direzione del robot è realizzato mediante l’attivazione di due piccoli servomotori elettrici che agendo sulla coppia di gambe anteriore e posteriore, ne permettono la rotazione, (in senso opposto) con conseguente variazione della traiettoria seguita dal robot.

Fig. 4.14: lo scarafaggio inclina il proprio corpo verso l’alto utilizzando le gambe mesotoraciche

Fig. 4.15: in Whegs le gambe anteriori perdono il contatto con la superficie di appoggio

Paragonata a quella degli scarafaggi la capacità del Whegs I di attraversare gli ostacoli è comunque limitata; la causa principale di questa differenza risiede nel fatto che il robot, a differenza dell’ insetto, non è in grado di variare l’inclinazione del proprio corpo prima e dopo l’attraversamento dell’ostacolo. In figura 4.14 è infatti possibile osservare

18

L’insieme dei tre segmenti uniti a formare un'unica gamba rotante è stato denominato,dai progettisti wheg, da cui derivano i nomi dei due robot.

Fig. 4.13: Whegs I, durante il superamento di un ostacolo

Le gambe anteriori perdono

contatto con il terreno.

(15)

come, prima di affrontare un ostacolo, l’animale utilizzi le gambe mesotoraciche per inclinare il corpo verso l’alto: questo movimento permette alle gambe anteriori di alzarsi e quindi di affrontare ostacoli ben più alti rispetto a quelli normalmente superabili dall’insetto. Motivati da queste osservazioni sul comportamento degli scarafaggi, gli sviluppatori del Whegs I hanno deciso di progettare e realizzare un secondo prototipo, il Whegs II, provvisto di un giunto articolare che permette la rotazione 19 del corpo prima e dopo l’attraversamento di un ostacolo.

Fig. 4.16: Whegs II può ruotare parte del proprio prima e dopo il superamento di uno ostacolo

Tale rotazione conferisce al Whegs II una maggiore abilità nel superare gli ostacoli rispetto al suo predecessore. Il Whegs I può infatti superare ostacoli alti fino a 1.5 volte la lunghezza delle gambe, ma non senza problemi: infatti durante l’attraversamento di un ostacolo il robot tende a cadere lateralmente

a causa del mancato sostegno da parte delle gambe anteriori (vedi figura 4.15). In Whegs II , invece, la rotazione del corpo consente alle gambe anteriori di guadagnare prontamente una nuova posizione di appoggio che garantisce al robot una stabilità maggiore durante il superamento dell’ ostacolo (vedi figura 4.16).

I progettisti del Whegs I e II hanno inoltre

notato che gli scarafaggi variano il proprio gate di locomozione a seconda delle dimensioni dell’ostacolo da affrontare: durante il superamento di una grossa barriera questi insetti possono infatti decidere di abbandonare la tipica andatura a “tripode” e di

19

Tale rotazione è controllata esternamente mediante l’attivazione di un servomotore elettrico.

Fig. 4.17: Gli scarafaggi spesso muovono, durante il superamento di un ostacolo, ciascuna coppia di gambe in fase

Le gambe anteriori sono nuovamente

in contatto con il terreno.

(16)

muovere le gambe di ciascuna coppia in fase tra loro (vedi figura 4.17). Per questo motivo gli assi di trasmissione delle gambe del Whegs I e del Whegs II sono stati dotati di un meccanismo cedevole che permette al robot di regolare, in maniera passiva, la fase con cui vengono fatte ruotare le gambe di ciascuna coppia: esse sono collegate all’albero motore rigido, mediante due giunti elastici che permettono la rotazione passiva delle gambe di un angolo pari a 60°. In figura 4.18 è mostrato come questo meccanismo aiuti il robot a superare ostacoli considerevoli:

Consideriamo ad esempio la situazione in cui il robot, procedendo da sinistra verso destra, debba affrontare un ostacolo come quello indicato in figura. La freccia indicata in figura 4.18 A indica la forza (generata dalle wheg centrali e posteriori) che spinge le due wheg anteriori contro la barriera da superare.

Da notare che la forza è sempre applicata durante tutto il processo di attraversamento dell’ostacolo anche se nelle rimanenti figure essa non è rappresentata.

In figura 4.18 A la wheg di destra (indicata in neretto) ha già raggiunto la superficie dell’ostacolo e le due wheg frontali si trovano nella tipica configurazione di sfasamento (60°) relativa al tripod gate. In figura 4.18 B l’ asse motore della wheg di destra si sta deformando angolarmente in quanto la rotazione della gamba viene impedita dalla forza di reazione esercitata dalla la barriera sul piede durante il contatto. La wheg di sinistra, libera di muoversi, continua ruotare fino ad allinearsi con la wheg di destra la quale, sotto la spinta delle wheg centrali e posteriori, inizia progressivamente a “scalare” la parete dell’ostacolo (vedi figure 4.18 C-D-E). In figura 4.18 E le due wheg frontali si trovano in fase tra loro e i piedi delle due gambe hanno ormai raggiunto la superficie superiore dell’ostacolo e il robot comincia a salire. Una volta superato l’ostacolo i giunti elastici, che collegano le due wheg frontali all’albero motore, recuperano la loro deformazione angolare ristabilendo l’angolo di sfasamento nominale tipico del tripod gate.

Fig. 4.18: illustrazione di come gli assi

cedevoli angolarmente possano favorire il

superamento di un ostacolo

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