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1 Natura e scopo dei sistemi contabili Gran parte dell’attività umana è svolta attraverso organizzazioni, gruppi di persone che decidono di cooperare stabilmente, suddividendosi i compiti, per conseguire obiettivi comuni e individuali

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I CAPITOLO: LA CONTABILITA’ DIREZIONALE E LA CONTABILITA’ DEI COSTI

I. 1 Natura e scopo dei sistemi contabili

Gran parte dell’attività umana è svolta attraverso organizzazioni, gruppi di persone che decidono di cooperare stabilmente, suddividendosi i compiti, per conseguire obiettivi comuni e individuali. Nello svolgere queste attività le organizzazioni utilizzano una molteplicità di risorse diverse che devono essere finanziate e adeguatamente remunerate. Per operare efficacemente le organizzazioni hanno pertanto bisogno di conoscere quante risorse stanno impiegando nelle diverse attività e se il loro utilizzo è economicamente conveniente. Informazioni analoghe sono necessarie ad attori esterni per esprimere un giudizio sulle organizzazioni e legittimarle (acquistando i loro prodotti o finanziandole o investendo in esse a titolo di rischio o altro ancora). I sistemi contabili rappresentano un linguaggio per fornire informazioni di questa natura1.

Le informazioni necessarie al funzionamento delle organizzazioni appaiono molto diverse se esaminate nei dettagli. A un livello di sintesi elevato, i bisogni di informazione della maggior parte delle organizzazioni sono invece simili, possono cioè essere classificati in poche categorie.

Possiamo allora parlare di informazioni di natura quantitativa da una parte e informazioni di natura non quantitativa dall’altra.

Le informazioni quantitative sono esprimibili mediante numeri. Le informazioni non quantitative sono invece quelle raccolte attraverso l’osservazione visiva, le conversazioni, gli articoli di giornale, i libri, i programmi televisivi e così via. I sistemi contabili si interessano prevalentemente di informazioni quantitative ed in tale categoria rientrano quindi le informazioni contabili.2

1 Vedi Anthony, Hawkins, Macrì, Merchant, 2001: pag. 1

2 Vedi Anthony, Hawkins, Macrì, Merchant, 2001: pag. 3

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Esse si distinguono dalle altre informazioni quantitative perché sono per lo più espresse in termini monetari. Pur essendo quantitativi, i dati sull’età dei dipendenti e sulla loro anzianità professionale non sono di solito considerati informazioni contabili.

Anthony classifica le informazioni contabili in quattro categorie:

1) informazioni operative

2) informazioni di bilancio e di contabilità generale 3) informazioni di contabilità direzionale

4) informazioni fiscali.

Le informazioni operative (operating information) sono necessarie, e in grande quantità, per rendere possibile lo svolgimento delle attività ordinarie di un’organizzazione. Per esempio, i dipendenti di una qualsiasi azienda devono ricevere mensilmente gli stipendi negli esatti importi dovuti, è obbligatorio conservare registrazioni contabili relative a ciascun dipendente che riportino gli importi maturati e quelli pagati, come pure varie elaborazioni per il trattamento fine rapporto, gli oneri fiscali ecc.

Le informazioni operative rappresentano la maggior parte delle informazioni contabili e sono la principale fonte dei dati elementari per il bilancio e la contabilità generale, per la contabilità direzionale e per le informazioni necessarie al pagamento delle imposte.

Le informazioni di bilancio (financial accounting) sono usate sia dal management sia da terzi (soggetti economici esterni interessati alla prestazione economica e finanziaria dell’organizzazione), ivi compresi gli azionisti ( shareholders), le banche, i creditori, il Ministero delle Finanze, gli osservatori finanziari, i dipendenti e la stessa comunità.

Le informazioni della contabilità direzionale (management accounting information) sono informazioni contabili specificamente preparate per assistere il management e orientarlo verso il conseguimento degli obiettivi dell’impresa.

Queste informazioni sono usate nell’ambito di tre tipiche funzioni del management: (1) la programmazione, (2) l’implementazione o attuazione dei piani e (3) il controllo.

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La programmazione (planning), svolta dai manager a tutti i livelli gerarchici e in tutte le organizzazioni, è il processo attraverso il quale si decide quali azioni porre in atto in futuro.

Un insieme di azioni con un obiettivo comune o con un riferimento organizzativo comune costituisce un piano (plan). Si può redigere un piano per qualunque segmento dell’organizzazione e anche per l’intera organizzazione. Un’importante forma di programmazione è l’impostazione del budget (budgeting), o più semplicemente il budget, il processo attraverso il quale si programmano tutte le attività dell’organizzazione per uno specifico periodo di tempo, di solito un anno.

Un obiettivo primario del budget è quello di coordinare i piani sviluppati dalle diverse unità organizzative in modo da garantirne la coerenza. L’impostazione del budget aiuta inoltre i manager a stabilire se è probabile che le attività dell’esercizio successivo producano risultati economici soddisfacenti e, in caso contrario, quali azioni correttive intraprendere. Anche le piccole organizzazioni trovano utile sviluppare il budget. La programmazione comporta l’assunzione di decisioni. Si giunge a un a decisione riconoscendo che esiste un problema o un’opportunità, specificando e ordinando i principali criteri da usare per stabilire un ordine di preferenza dei risultati, individuando un numero adeguato di modalità alternative per risolvere un problema o sfruttare un’opportunità, analizzando le conseguenze attese da ciascuna alternativa individuata e confrontando fra loro i risultati attesi dalle diverse alternative per identificare quella ritenuta più adeguata. Le informazioni contabili sono utili soprattutto nelle fasi di analisi.

La fase che segue la programmazione è detta implementazione . Elaborare un piano, infatti, non implica automaticamente che esso venga posto in atto dal management. Nel caso di un budget annuale, per esempio, ogni manager dovrà adottare determinate azioni per avere a disposizione le risorse umane e di finanziarie necessarie a raggiungere i risultati programmati. Ogni manager dovrà inoltre sviluppare piani di attuazione più analitici di quelli presenti nel budget.

L’implementazione di piani così specifici richiede la supervisione di un responsabile (manager). Anche se le attività sono spesso routinarie, i manager

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devono essere in grado di reagire di fronte agli inevitabili eventi non previsti in budget. Di fatto, una delle principali responsabilità di un manager è proprio quella di modificare adeguatamente i piani per adattarli alle mutate condizioni di contesto. Se una situazione inattesa si ripercuote su una pluralità di unità organizzative, allora i manager interessati dovranno coordinare le loro risposte, proprio come avevano coordinato i piani originari.

L’ultimo ambito, in cui le informazioni della contabilità direzionale vengono utilizzate, è il controllo. Per definizione il controllo è il processo utilizzato dal management per assicurarsi che i dipendenti svolgano correttamente il proprio lavoro3. Le informazioni contabili sono usate nel processo di controllo come strumento per comunicare, motivare, attirare l’attenzione e valutare. Come strumento per comunicare, i rendiconti contabili (in particolare i budget) contribuiscono a informare i dipendenti sui piani sviluppati dal management e, in generale, sul tipo di azioni che il management desidera siano attuate dall’organizzazione. Come strumento per motivare, i rendiconti contabili possono influenzare i membri dell’organizzazione ad agire in un modo coerente con gli scopi e gli obiettivi complessivi dell’organizzazione.

Come strumento per attirare l’attenzione, le informazioni contabili segnalano differenze tra risultati programmati e risultati effettivi. Evidenziano dunque che potrebbero esistere problemi che giustificano specifiche indagini e forse un intervento. Questo processo è denominato feedback.

Come strumento per valutare le prestazioni, la contabilità aiuta a definire i risultati conseguiti dai manager, in particolare rapportandone la prestazione agli obiettivi programmati. La valutazione della performance costituisce la base per l’erogazione di premi (per esempio aumenti della retribuzione e promozioni) e di sanzioni di varia natura (in casi estremi il licenziamento).

L’ultimo tipo di informazioni contabili sono le informazioni fiscali, informazioni cioè finalizzate alla dichiarazione dei redditi che sono distinte da quelle contenute nel bilancio civilistico.

3 Vedi Anthony, Hawkins, Macrì, Merchant, 2001: pag. 5

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La contabilità può avere a riferimento tutte le attività descritte in precedenza e in tutte l’enfasi è posta sull’uso delle informazioni per migliorare il processo decisionale.

I sistemi contabili sono quindi di supporto al processo decisionale e la contabilità può essere definita come il processo di individuazione, misurazione, analisi, interpretazione e comunicazione di informazioni economiche che consentano ai decisori di esprimere giudizi e valutazioni sull’organizzazione.

Nel paragrafo successivo l’attenzione verrà focalizzata essenzialmente sulla classificazione delle informazioni e su ciò che distingue le informazioni della contabilità direzionale dagli altri tipi di informazioni.

I. 2 Contabilità direzionale e contabilità analitica

L’analisi e la contabilità dei costi costituiscono rilevanti fonti di informazioni di tipo quantitativo-monetario, ampiamente descritte nel paragrafo precedente, di supporto per le decisioni aziendali ed il governo del sistema umano aziendale.

Gli strumenti impiegati per l’analisi dei costi si inseriscono all’interno del più ampio sistema della contabilità direzionale, ovvero l’insieme degli strumenti finalizzati a rilevare, organizzare ed aiutare ad interpretare le informazioni di tipo economico-finanziario ed anche non monetario4, in relazione a prescelti oggetti di analisi che siano rilevanti per:

• la formulazione delle strategie dell’azienda; decisioni relative all’entrata in un business diverso da quello attuale dell’azienda oppure di sviluppo di nuovi prodotti rappresentano importanti decisioni con effetti di lungo termine, che comportano riflessi sul patrimonio sia tangibile (es.

impianti) che intangibile (es. marchi, immagine, competenza del personale); esse necessitano di informazioni specifiche, quali scenari macroeconomici o settoriali futuri, informazioni sui clienti attuali e potenziali, sui fornitori e sui mercati;

4 Vedi Cinquini,2003: pag. 4.

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• lo svolgimento delle attività di pianificazione e controllo della gestione aziendale; mediante la pianificazione si definiscono, sulla base delle strategie, i fondamentali obiettivi della gestione e le modalità per il loro raggiungimento; essi vengono poi declinati all’interno di budget annuali, che sono <<lo strumento direzionale nel quale trovano espressione in termini quantitativo monetari gli obiettivi e i piani d’azione a breve termine dell’impresa >>5; il perseguimento degli obiettivi può attuarsi mediante il controllo di gestione, che si può definire come << l’attività di guida dei manager, applicando il meccanismo di retroazione e fondandosi sulla contabilità direzionale, per assicurarsi l’acquisizione e l’impiego delle risorse in modo efficace ed efficiente al fine di conseguire gli obiettivi economici prestabiliti >>6; il meccanismo di retroazione si fonda sulla valutazione delle prestazioni realizzate rispetto a quelle programmate ai fini della messa in atto di eventuali azioni correttive;

• l’effettuazione di decisioni (decision making); la determinazione dei prezzi, la scelta tra alternative di investimento, l’opportunità di esternalizzare alcune operazioni costituiscono esempi di decisioni da supportare con adeguati flussi informativi;

• l’impiego efficiente delle risorse; la misurazione dei costi rappresenta un tipico strumento di valutazione dell’efficienza;

• il miglioramento delle prestazioni; per definire percorsi di miglioramento nel modo in cui vengono attuate le operazioni giornaliere servono altre misurazioni relative al grado di innovazione e di soddisfazione del cliente, ai tempi ed alla qualità di svolgimento delle attività aziendali.

La contabilità direzionale, pertanto, comprende numerosi strumenti e elabora diversi tipi di informazioni; essa tratta prevalentemente quelle di tipo economico- finanziario, pur non essendo esse le uniche informazioni utili per il management;

è cioè un sistema che consente di elaborare tali informazioni in modo da renderle

5 Selleri, 1999: p.370; cfr anche Saita, 1996: pag 50.

6 Brunetti, 1992: pag. 11.

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utili al processo decisionale e al controllo di gestione ai diversi livelli dell’organizzazione7.

Con l’espressione contabilità dei costi o contabilità analitica (co.an.) s’intende un insieme di determinazioni economico-quantitative mediante le quali si calcolano i costi di particolari oggetti, individuabili all’interno del sistema aziendale. I tipici oggetti di determinazione dei costi sono i prodotti, siano essi beni o servizi. Molti altri oggetti si prestano ad un calcolo di questo tipo: centri di costo, segmenti di clientela, canali distributivi, processi gestionali, ecc., a seconda delle concrete esigenze informative della direzione aziendale8.

La contabilità analitica, dunque, tratta informazioni monetarie e non monetarie relative all’acquisizione ed al consumo delle risorse, ma i suoi output informativi possono comprendere anche report in cui vengono elaborate informazioni relative ai ricavi (ad esempio nella valutazione delle profittabilità di una linea di prodotto)9.

La contabilità analitica si differenzia quindi dalla contabilità generale ( co.ge.), che costituisce un sistema finalizzato alla rilevazione della dimensione economico-finanziaria delle operazioni di gestione, sulla base di rilevazioni svolte secondo un ben preciso metodo ( della partita doppia ) per giungere alla redazione di documenti, la cui natura è in gran parte consuntiva10. Mentre la co.ge. è orientata prevalentemente verso la comunicazione esterna (bilancio d’esercizio), la co.an. ha prevalentemente funzione di supporto per le decisioni del management; essa è quindi rivolta verso l’analisi degli aspetti interni della gestione, anche se fornisce informazioni utili anche per le funzioni della co.ge.

(es. valutazione delle rimanenze di magazzino). Gli aspetti principali che differenziano la co.ge. dalla co.an. sono sintetizzati nella tabella seguente:

7 Cinquini, 2003: pag. 4.

8 Brusa, 1995: pag. 2.

9 Cinquini, 2003: pag. 5.

10 Cfr. Giannessi, 1979: pp. 474-482.

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Contabilità generale Contabilità analitica Scopo Misurazione del reddito e

del capitale di funzionamento

Rielaborazione di dati di costo e di ricavo per l’attività decisionale e di controllo Momento

rilevazione

Manifestazione di variazione numeraria

Utilizzazione dei fattori produttivi (costi)

Ampiezza rilevazioni

Tutti i costi e i ricavi Solo costi e ricavi relativi alla gestione caratteristica

Classificazione Costi e ricavi per natura Costi e ricavi per natura, per destinazione e secondo altri criteri utili per le decisioni Destinatari Principalmente soggetti

esterni (bilancio civilistico e fiscale)

Management (informativa interna)

Metodologia Contabile in partita doppia Contabile o extracontabile

Fonte: Cinquini, 2003: pag 5

Più precisamente, le funzioni fondamentali della co.an. possono essere sintetizzate nelle seguenti:

1. la misurazione dell’efficienza; per efficienza si intende la capacità di produzione di un dato ammontare di beni e/o servizi con il minimo impiego di risorse (o, possiamo anche dire, di produrre il massimo output dato un certo ammontare di risorse a disposizione). Pertanto il valore monetario del consumo di risorse relativamente ad un oggetto costituisce un riferimento fondamentale per effettuare il giudizio in discorso. Per oggetto di costo si intende qualsiasi “oggetto” per cui si richieda una specifica misurazione dei costi (unità di prodotto o di servizio, divisione, reparto, ufficio, funzione, ecc.). In tale contesto i costi assumono il significato di valori di stima delle risorse consumate o impiegate per l’ottenimento (o il funzionamento) degli oggetti di costo presi in

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considerazione e rappresentano una misurazione (stimata in termini economico-finanziari) dell’efficienza del sistema o di una parte di esso nell’ottenimento dell’oggetto (output) o nelle modalità del suo operare (reparto, ufficio, parte di azienda); ad esempio, il costo unitario di prodotto sintetizza il consumo di risorse per la produzione del bene/servizio; il costo di un reparto o di un ufficio rappresenta il consumo di risorse per lo svolgimento dell’attività di quella unità organizzativa in un dato periodo di tempo. Occorre sottolineare la natura congetturale ed ipotetica di tali misurazioni, data la molteplicità ed intensità degli aspetti di incertezza che ne permeano la determinazione11;

2. il supporto informativo nei giudizi di convenienza in situazioni decisionali; si tratta di informazioni di supporto per:

ƒ la determinazione dei prezzi dei prodotti, laddove vi siano margini di discrezionalità del produttore;

ƒ l’analisi relativa alla convenienza di svolgere internamente o meno delle fasi del processo produttivo (scelte “make or buy”);

ƒ le scelte relative alla eliminazione di linee di produzione o di unità operative;

ƒ la valutazione ed il confronto tra le redditività delle diverse linee di prodotto, di aree strategiche d’affari e di canali di vendita;

ƒ la valutazione degli investimenti.

In alcune di queste decisioni non sono sufficienti solo se le informazioni sui costi, ma si rendono necessarie anche valutazioni prospettiche relative ai ricavi (o alle entrate) nelle alternative prese in considerazione; ad esempio nel caso di decisione relativa all’eliminazione di una linea di prodotto entrano in gioco le stime relative ai ricavi che si prevede di perdere nell’ipotesi di cessazione della produzione.

3. La programmazione ed il controllo di gestione; la determinazione e l’analisi dei costi costituiscono elementi informativi fondamentali per definire gli standard necessari al sistema budgetario; le determinazioni

11 Cfr. Giannessi, 1969: pag. 28.

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consuntive costituiscono poi la base per il confronto con i preventivi e l’analisi delle cause delle variazioni. I costi inoltre possono costituire una informazione economico-finanziaria utile per la valutazione delle performance delle unità organizzative ai fini della definizione degli incentivi ai responsabili;

4. le valutazioni di bilancio; alla fine di ogni esercizio si rendono necessari procedimenti di valutazione per determinare il reddito d’esercizio ed il valore degli elementi del patrimonio aziendale; a tale scopo occorre determinare costi quali il valore dei prodotti in rimanenza e le quote di ammortamento dei beni pluriennali.

Le informazioni della co.an. e del sistema budgetario confluiscono nel sistema di reporting aziendale che costituisce un sistema di documenti con sintesi informative finalizzate al supporto delle decisioni del management a vari livelli:

in esse sono selezionate, sintetizzate e predisposte in modo adeguato le informazioni provenienti dai sistemi di rilevazione fondamentali (co.ge., budget e co.an.) e ad altre di natura quantitativa (indicatori fisico-tecnici) o qualitativa12 . La co.ge. quindi è autonoma ma non separata, perché i suoi dati sono fondamentali anche nella co.an. , in quanto vengono in questa ripresi ed elaborati.

I. 3 La classificazione dei costi

Prima di affrontare nel dettaglio la classificazione dei costi , effettuata in questo paragrafo e nei successivi, è necessario sottolineare che in economia aziendale non esiste <<un>> costo, ma esistono <<molti>>costi, tanti quanti possono essere gli oggetti rispetto ai quali sono riferiti e gli scopi per i quali sono misurati13 .

12Sul sistema di reporting si vedano Bruni, 1990: pag. 165 e segg. ; Saita, 1996: pag. 445 e segg. , Marelli, 2000: pag 130.

13 Zappa, 1957: pag. 818; vedi anche Seccherelli, 1948: pag. 161.

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In contabilità analitica è, infatti, indispensabile procedere ad alcune classificazioni di costo, utili nei processi decisionali e nel controllo della gestione in generale.

La tipica distinzione dei costi, secondo la natura fisico-economica dei fattori produttivi sottostanti, conserva la sua validità anche in contabilità analitica, rivelandosi però insufficiente ai fini operativi.

Pertanto essa deve essere integrata da altre distinzioni, le più note delle quali sono14:

• la distinzione tra costi variabili e costi fissi;

• la distinzione tra costi speciali e costi comuni;

• la distinzione tra costi controllabili e costi non controllabili;

• la distinzione tra costi effettivi e ipotetici.

Una prima classificazione fondamentale è quella effettuata per definire il comportamento dei costi (cost behaviour) in funzione di variazioni in parametri ipotizzati rilevanti per la loro formazione15.

Questa classificazione è importante ai fini della stima di quale possa essere il volume dei costi in situazioni alternative, ai fini dell’assunzione di decisioni orientate al futuro.

Allo scopo di svolgere una corretta analisi sul comportamento dei costi occorre definire:

a) il costo oggetto di analisi;

b) il fattore rispetto al quale il comportamento è studiato (determinante di costo o cost driver );

c) l’intervallo di variazione del cost driver considerato rilevante nell’analisi;

d) il periodo di tempo preso a riferimento.

L’oggetto di analisi di variabilità può essere un costo elementare (materie prime, costo del lavoro, provvigioni, ecc.) oppure un raggruppamento di costi (il costo di una funzione o di un reparto) od una configurazione di costo (costo primo, costo di produzione, ecc.).

14 Brusa, 1995: pag. 7.

15 Cinquini, 2003: pag. 13.

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La variabilità dei costi relativi all’oggetto prescelto si determina a seguito dell’effetto su di essi di un fattore determinante di costo (cost driver) la cui variazione ne muta l’entità totale. I determinanti della variabilità dei costi possono essere molteplici; il volume di produzione è il classico driver della variabilità dei costi aziendali, in quanto l’aumento del volume di produzione implica un aumento della quantità di risorse necessarie per svolgere l’attività economica. Tuttavia l’aumento della complessità nel sistema competitivo hanno fatto emergere l’importanza della considerazione, oltre al volume di produzione, di altri determinanti per comprendere le cause del comportamento dei costi (ad esempio per la funzione di produzione oltre al volume si usano come driver il numero di attrezzaggi degli impianti o ancora il numero di ordini di modifica di prodotto).

Ulteriore elemento da definire è costituito dall’ampiezza della variabilità nell’entità di cost driver; quest’ultimo fattore definisce la c.d. area di rilevanza16 nell’analisi della variabilità dei costi, ossia l’intervallo di variazione del livello di attività entro il quale si mantengono valide le ipotesi di comportamento dei costi relativi all’oggetto di analisi.

Nell’analisi della variabilità occorre definire infine, il tempo, ossia l’estensione temporale dell’osservazione; è evidente, infatti, che quanto più si allarga l’orizzonte temporale, tanto più i costi tenderanno alla variabilità, fino al limite del lungo periodo in cui tutti i costi sono variabili.

Fatta questa indispensabile premessa, nell’analisi che segue si definisce la variabilità dei costi rispetto ad un generico driver <<volume di attività>>, inteso come l’output rispetto al quale il costo è riferito. In generale, dunque, rispetto ad un cost driver e nell’ambito di un definita area di rilevanza, il comportamento dei costi porta alla distinzione tra:

• costi costanti o fissi;

• costi variabili;

• costi misti.

16 Cinquini, 2003: pag. 14.

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Si definiscono costi costanti quelli che non variano al variare del volume di attività. Un esempio di tali costi è costituito dal fitto annuale di un capannone industriale, considerato nell’arco di un anno, rispetto al volume di produzione; si tratta di un costo costante in quanto non varia al variare del livello del cost driver

<<numero di unità prodotte>>.

I costi costanti attengono alla struttura dell’impresa, e per questo sono denominati anche costi di capacità. In altri termini, si tratta di costi sostenuti dall’impresa per assicurarsi i fattori produttivi necessari per realizzare i volumi di attività produttiva programmati. Essi restano invariati, quindi, solo nell’ambito del periodo al quale sono riferiti i programmi operativi (tipicamente l’anno) e con riferimento ai volumi di attività considerati dagli stessi17.

Costi variabili sono, invece, quelli che variano rispetto al volume di attività.

I costi variabili possono essere proporzionali, progressivi e degressivi. Un esempio di costo variabile proporzionale è dato dal costo della materia prima diretta rispetto al numero di unità prodotte; i costi proporzionali subiscono una variazione al variare del cost driver tale che a qualsiasi livello di quest’ultimo il rapporto tra costo ed entità del driver è costante.

Un esempio di costi degressivi, che cioè aumentano in misura meno che proporzionale rispetto all’aumento del volume di driver, è costituito dal costo totale di un reparto rispetto al volume di unità prodotte, quando siamo in grado di utilizzare meglio la capacità produttiva e aumentare la produttività dei fattori. In tale condizione i rendimenti dei fattori sottostanti sono crescenti e ciò, relativamente ai costi, significa che il rapporto tra i costi dei fattori impiegati e il volume di driver (costo unitario del determinante) tende a ridursi all’aumentare di quest’ultimo.

Un esempio di costi progressivi, che aumentano in misura più che proporzionale rispetto al volume di attività, nell’ipotesi precedente del costo di reparto, si ha quando ci stiamo avvicinando al livello di pieno impiego dei fattori produttivi, abbiamo superato l’ottimo di utilizzazione, oppure esiste un livello di variabilità in termini qualitativi del prodotto tale per cui il costo di reparto cresce più che

17 Selleri, 1999: pag.39.

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proporzionalmente rispetto ai volumi processati; infatti aumentare la variabilità della produzione in termini di differenziazione del prodotto può comportare una serie di tempi morti e di situazioni di inefficienza dovute a code all’interno del processo produttivo tali da determinare un incremento dei costi più che proporzionale. Questo ci fa capire che i rendimenti dei fattori sottostanti sono decrescenti e, relativamente ai costi, che il rapporto tra i costi dei fattori impiegati e il volume di driver (costo unitario del determinante) tende ad aumentare all’aumentare di quest’ultimo18.

I costi misti comprendono i costi semivariabili e i costi a scalini:

• i costi semivariabili sono composti da una quota fissa e da una quota variabile (i costi telefonici, ad esempio, sono costituiti da un costo di canone fisso e da una quota variabile costituita dagli scatti);

• i costi a scalini o a scatti19 si hanno quando vi sono incrementi nei costi all’interno dell’area di rilevanza a intervalli di variazione del driver. Poiché basate soprattutto sul lavoro svolto da uomini, le imprese di servizio (ad esempio), gli uffici e così pure gli staff sostengono prevalentemente costi a scalini. Quando viene aggiunta una persona per lo svolgimento di un’attività, i costi dell’unità organizzativa crescono di un ammontare che corrisponde al costo dello stipendio del nuovo dipendente. Allo stesso tempo, l’aggiunta in organico di una nuova persona aumenta la capacità produttiva (di servizio) dell’ufficio, che può ora gestire maggiori volumi.

Si noti che la variabilità di queste ultime funzioni di costo non è stata misurata rispetto al volume di produzione, ma in termini di altri driver (i chilometri nel caso dell’esempio relativo al costo semivariabile). In questi casi esiste comunque una relazione indiretta col volume di produzione, ma potrebbe anche non esservi.

Come detto precedentemente, dunque, a seconda dell’oggetto di costo, può risultare più utile definire il comportamento dei costi rispetto ad altri cost driver.

18 Sull’argomento dei costi variabili degressivi e progressivi vedi Cinquini, 2003: pag. 15-16.

19 Cfr. Schmalenbach, 1956: pag. 120-123.

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I. 4 La classificazione dei costi in “speciali/ comuni e diretti/indiretti”

Un'altra importante classificazione dei costi consiste in quella che distingue i costi speciali da quelli comuni. La distinzione non deriva dalla natura dei costi, quanto dal fatto che la relazione tra elementi di costo e oggetto di riferimento sia immediata o meno20. La distinzione è relativa, in quanto costi speciali con riguardo ad un dato oggetto possono essere comuni con riguardo ad oggetti diversamente definiti. In generale possiamo dire che all’aumentare delle dimensioni dell’oggetto di riferimento aumentano le classi di costi speciali;

all’opposto, riducendosi tali dimensioni, aumentano le classi di costi comuni.

Alla luce delle considerazioni fatte, è agevole comprendere perché i costi speciali possono essere attribuiti in modo diretto all’oggetto di riferimento; l’attribuzione di costi comuni, all’opposto, può avvenire solo in forma indiretta, e ciò perché, avendo essi relazioni con più oggetti, è necessario ripartirli in quote.

Cinquini aggiunge, a proposito di costi speciali, che questi sono da considerarsi tali quando <<possono essere riferiti all’oggetto del costo in maniera oggettiva, moltiplicando la quantità del fattore effettivamente consumata dall’oggetto per il suo prezzo unitario, oppure che sono costituiti dal valore di fattori produttivi i cui servizi sono impiegati in modo esclusivo dall’oggetto di costo (esempio: le materie prime o la mano d’opera diretta rispetto ad un prodotto; l’ammortamento di un impianto rispetto al reparto in cui è utilizzato)>>.

La classificazione tra costi diretti e costi indiretti attiene invece alle modalità di imputazione (o attribuzione) dei costi agli oggetti di costo.

Diretti sono quei costi che sono imputabili direttamente all’oggetto secondo convenienti criteri di specialità21, ossia mediante il prodotto tra volume di fattore impiegato e il prezzo unitario, oppure che vengono attribuiti in modo esclusivo;

esempi di costi diretti sono le materie prime e la manodopera diretta rispetto al prodotto e l’ammortamento di un macchinario rispetto al reparto in cui viene utilizzato.

20 Selleri, 1999: pag. 37.

21 Amodeo, 1976: pag. 479

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Indiretti sono quei costi che si imputano all’oggetto di costo secondo criteri di comunanza (mediante un procedimento di ripartizione o allocazione del costo);

esempi possono essere i costi amministrativi rispetto ai reparti produttivi e i costi generali di produzione rispetto ai diversi prodotti fabbricati da un’azienda. In presenza di costi indiretti è pertanto necessario individuare delle opportune basi di riparto al fine di allocare i costi agli oggetti.

Da quanto descritto potrebbe sembrare che i concetti di costo speciale e di costo diretto siano equivalenti; in verità non è così e al riguardo Cinquini osserva che

<<non sempre i costi speciali coincidono con i costi diretti; i costi speciali, infatti, possono essere diretti o indiretti, tenendo conto del fatto che può mancare la convenienza economica a calcolare i costi in modo diretto>>. Un costo speciale pertanto può essere imputato indirettamente, pur potendo tecnicamente essere riferito all’oggetto di costo, perché il costo della misurazione delle quantità consumate dall’oggetto di costo risulta eccessivo rispetto ai benefici che possiamo trarre dall’informazione. Ad esempio, nella determinazione dei costi di prodotto esiste una relazione diretta tra le quantità di prodotti ottenuti ed i kilowattora di energia elettrica impiegati, tuttavia l’impossibilità di misurare i consumi specifici (per motivi di convenienza economica non è ragionevolmente accettabile l’installazione di un contatore su ogni impianto) porta ad accogliere i costi dell’energia elettrica tra i costi indiretti.

I costi comuni (overhead costs), al contrario, essendo per definizione comuni a più oggetti di costo, non potranno mai essere diretti, ma saranno sempre indiretti.

Se relativi all’area della produzione essi prendono il nome di costi comuni (o indiretti o generali) di produzione, e riguardano lo svolgimento di servizi di supporto al processo produttivo in quanto tale; oppure possono riferirsi ad altre aree dell’azienda, ove vengono svolte attività non connesse alla produzione dell’output, ma senza le quali l’azienda non potrebbe funzionare (es.

amministrazione e controllo, contabilità e bilancio, amministrazione del personale, marketing, ricerca e sviluppo); in quest’ultimo caso si parla anche di costi comuni (o indiretti o generali) di struttura22 .

22 Cinquini, 2003: pag. 29-30

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Si parlava in precedenza di ripartizione e allocazione dei costi indiretti; vediamo da vicino le basi di riparto, <<a valore>> e <<quantitative>>.

Le basi di riparto a valore sono espresse da un ammontare di moneta;

generalmente sono un valore di costo (della manodopera, delle materie, ecc.) che, rapportato al costo indiretto da ripartire, consente di individuare una percentuale del valore della base; essa, moltiplicata per il valore della base contenuta in ogni oggetto di costo, consente di calcolare la quota di costo indiretto da allocare.

Le basi di riparto quantitative sono espresse da quantità non monetarie quali le ore di manodopera, le ore macchina, la quantità di materie prime, il volume di produzione; il rapporto tra il costo indiretto da ripartire con tale base dà un coefficiente di ricarico in unità monetaria da moltiplicare per il valore della base riferito ai singoli oggetti di costo.

Se l’obiettivo di determinazione del costo è costituito dalla misurazione del valore del consumo di risorse da parte dell’oggetto di calcolo, dal punto di vista teorico e dottrinale il criterio orientativo della scelta della base di riparto dovrebbe essere il criterio funzionale: mediante la scelta della base dovremmo, cioè riuscire ad esprimere il contributo, rispetto all’oggetto, del fattore produttivo sottostante al costo. Tuttavia il criterio funzionale non è l’unico possibile: se esistono altri scopi, la scelta della base di riparto può essere orientata in base ad altri criteri.

I. 5 I costi nel controllo di gestione

Un’ altra classificazione dei costi è relativa al loro impiego nel controllo di gestione. A tal fine si distinguono:

• costi consuntivi o effettivi che misurano il valore delle risorse utilizzate ex- post, cioè dopo lo svolgimento dei processi;

• costi standard che fanno parte della categoria dei costi preventivi, ma sono riferiti a condizioni operative non attuali ma ipotetiche.

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Si distinguono tre diversi tipi di costi standard in relazione alle ipotesi che stanno alla base della loro determinazione23:

• i costi standard di base sono costi che hanno la caratteristica di essere mantenuti fissi per lunghi periodi di tempo; ciò consente di confrontare il comportamento dei costi effettivi nel lungo periodo e monitorare i trend di efficienza;

• gli standard ideali sono determinati sulla base di ipotesi di rendimento ottimale dei fattori produttivi;

• gli standard correntemente ottenibili sono più strettamente connessi all’incentivazione dei comportamenti del personale nello svolgimento delle operazioni di gestione e sono raggiungibili da una gestione efficiente.

I costi standard servono come pietra di paragone , punto di riferimento, per il confronto rispetto a quello che risulta il comportamento effettivo dei costi;

trovano infatti impiego nel processo di programmazione aziendale e nella redazione del budget24.

Altra importante distinzione è tra:

• costi controllabili

• costi non controllabili.

La distinzione si collega alla esigenza, ai fini del controllo di gestione, di definire all’interno dell’organizzazione i soggetti responsabili in relazione alla gestione delle risorse. Si individuano a tale scopo i <<centri di responsabilità>>: un centro di responsabilità può essere definito come un’unità organizzativa guidata da un manager responsabile dell’attività e dei risultati25; essi sono dotati di una serie di fattori produttivi, impiegano input (materie, lavoro e servizi) per la produzione di output (beni o servizi) per altri centri o consumatori finali.

Rispetto alla natura delle informazioni da essi ottenibili, la dotazione dei fattori produttivi è valorizzata in termini monetari (valore degli investimenti), mentre i consumi di input e la produzione di output possono essere misurati mediante il valore monetario o in base a valori fisico-tecnici.

23 Drury, 1995: pag. 23.

24 Cinquini, 2003: pag. 35.

25 Anthony, 2001: pag. 18.

(19)

Nell’ambito dei centri di responsabilità si distinguono centri di ricavo, centri di costo, centri di profitto e centri di investimento in base alle responsabilità attribuite ai responsabili di centro.

È utile sottolineare come i costi controllabili si distinguano da quelli non controllabili in quanto solo per i primi esiste la possibilità da parte del responsabile di un centro di influenzarne l’entità.

Ai fini del controllo di gestione risulta fondamentale individuare i centri e contabilizzare all’interno dei centri solo i costi controllabili in modo da attribuire ai soggetti, titolari dei centri, responsabilità sull’impiego delle risorse effettivamente gestite e gestibili.

I. 6 Come impostare ed attuare un sistema di determinazione dei costi

In questo primo capitolo è stato introdotto il tema relativo al principale e più ricorrente strumento di contabilità direzionale presente nelle piccole-medie imprese che è il sistema di determinazione dei costi. Prima di procedere, nel capitolo successivo, all’analisi dettagliata di uno di questi strumenti, il full costing, è opportuno soffermarci sui criteri di analisi e di progettazione di un sistema di rilevazione dei costi; la progettazione di un tale sistema presuppone, infatti, un’adeguata analisi delle circostanze d’ambiente e di mercato, nonché delle condizioni interne nelle quali si trova l’azienda.

L’implementazione di un sistema di determinazione dei costi (oppure la modifica di un sistema esistente con carenze tali da suggerirne la riprogettazione) può essere effettuata in due momenti26:

1) impostazione del sistema;

2) attuazione del sistema.

L’impostazione del sistema ha come obiettivo quello di disegnarne, a grandi linee, l’architettura: se ne esplicitano cioè le logiche e gli indirizzi di massima.

26 Antonelli, D’Alessio, 2006: pag. 40 e segg.

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Nella fase attuativa, si procede alla messa in atto del sistema progettato. Tale fase può essere scissa, per scopi di analisi, in ulteriori microfasi, l’analisi e l’intervento, che mirano a stabilire specifiche operative e condivisi dettagli procedurali. Tempi, momenti, fasi e microfasi devono essere pensati dall’architetto27 del sistema con un corretto approccio metodologico. Solo così si può condurre ed esplicitare, in maniera rigorosa, un corretto processo di riflessione e indagine sulle vie e procedure logiche che è opportuno seguire dal momento in cui il problema oggetto d’investigazione trova la sua formulazione fino a quando per esso viene proposta un’ipotesi interpretativa o risolutiva28 . L’esperienza, infatti, insegna che con un corretto approccio metodologico è più facile superare i numerosi problemi di tipo applicativo, legati al settore, alle dimensioni, alla situazione organizzativa, al grado di evoluzione delle tecniche e dei criteri di gestione. Approccio rigoroso, dunque, ma non rigido. Modularità e flessibilità sono i principi ispiratori che devono guidare la mano dell’architetto del sistema nell’attribuire al progetto il massimo grado di efficacia e di personalizzazione rispetto ai bisogni dell’azienda.

Vediamo ora nel dettaglio quali sono le fasi di impostazione del sistema:

• Macro-analisi aziendale;

• Analisi del fabbisogno informativo del sistema.

L’obiettivo della macroanalisi aziendale è quello di esaminare, in modo approfondito, le caratteristiche generali dell’azienda, in tutti i suoi aspetti, per rendersi conto di quali siano le necessità informative da soddisfare, cioè gli output da produrre e, di conseguenza, il sistema più adatto per ottenerli e le possibilità concrete di realizzarli. La macroanalisi si compone di micro-fasi che sono:

• Ambiente generale;

• Ambiente specifico;

• Strategia;

• Analisi interna dell’azienda;

27 Brunetti, 1979: pag. 93.

28 Ferraris Franceschi, 1998: pag. 185 e segg.

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• Fattori critici di successo.

L’analisi dell’ambiente generale (politico/istituzionale, economico generale, sociale/demografico, scientifico/tecnologico, fisico) ha come obiettivo quello di acquisire elementi di conoscenza sulle circostanze esterne potenzialmente incidenti sul sistema di determinazione dei costi.

L’analisi dell’ambiente specifico si concentra, invece, sull’indagine del mercato e della concorrenza al fine di comprendere la situazione e le prospettive del mercato in cui opera l’azienda e la posizione competitiva della stessa rispetto ai concorrenti. Il mercato a cui si fa tipicamente riferimento è quello di sbocco dei prodotti aziendali. Peraltro, l’ambiente-mercato va più correttamente inteso in senso lato: mercato potenziale e non solo reale, mercato di sbocco dei prodotti sostitutivi e di acquisizione dei fattori produttivi. Una visione più ampia del concetto di mercato è utile per meglio interpretare la condotta competitiva aziendale e l’azione delle forze concorrenziali, che Porter distingue in concorrenza tradizionale, nuovi entranti, prodotti sostitutivi, fornitori e clienti.

L’analisi interna all’azienda viene svolta, in via preliminare, al fine di acquisire i primi elementi di conoscenza sul profilo complessivo e sulle singole funzioni aziendali. Per quanto riguarda il profilo complessivo, questo considera gli orientamenti prodotto/mercato, le componenti generali della struttura organizzativa e la storia aziendale articolata nelle sue tappe significative.

Gli orientamenti aziendali in termini prodotto/mercato sono quelli che, dal punto di vista dinamico, come combinazione tra sistema competitivo e sistema di prodotto. Il primo è già stato analizzato in precedenza. Il sistema di prodotto, invece, fa riferimento ai caratteri materiali e immateriali dei prodotti offerti sul mercato, con particolare riguardo agli elementi del marketing mix:

1) Tipologia dei prodotti e ampiezza della gamma;

2) Elementi qualitativi intrinseci anche in rapporto alla tecnologia utilizzata;

3) Prezzi e altre condizioni di vendita;

4) Immagine dei prodotti sul mercato;

5) Azioni pubblicitarie e promozionali a supporto delle vendite;

6) Canali e altre modalità di distribuzione;

(22)

7) Aree principali di vendita.

Per ciò che riguarda la struttura organizzativa, prime informazioni su di essa e sui criteri fissati per la divisione del lavoro ai principali livelli gerarchici possono essere acquisite mediante l’analisi di organigrammi, mansionari e altra documentazione. Tali informazioni devono essere verificate e integrate mediante osservazione diretta delle operazioni e colloqui col personale dell’azienda.

Devono essere verificati, in particolare, i seguenti elementi concernenti le risorse umane:

1) Caratteristiche dei manager presenti in azienda (titolo di studio, precedenti esperienze acquisite nel settore o in altri settori) e aree di diretta responsabilità degli stessi;

2) Grado di formalizzazione dei ruoli e delle procedure di svolgimento del lavoro;

3) Relazioni informali che si sviluppano lateralmente o in contrasto alla struttura organizzativa formale;

4) Relazioni di parentela o di amicizia e altri rapporti extra aziendali esistenti tra le persone ai principali livelli gerarchici;

5) Ricorso a consulenti esterni in rapporto alle diverse aree funzionali e problematiche gestionali: finanza, marketing, organizzazione, problemi fiscali ecc. Devono essere verificati, ulteriormente, i meccanismi operativi (sistemi di pianificazione e controllo, in particolare) e gli elementi concernenti le risorse tecniche e metodologiche che, assieme alle risorse umane determinano il patrimonio tecnologico, produttivo, commerciale, direzionale ed economico-finanziario dell’azienda.

L’analisi della storia aziendale vuole cogliere la dinamica aziendale considerandola nelle sue tappe significative in rapporto a variabili chiave quali il fatturato totale, i nuovi prodotti, i nuovi mercati/canali di vendita, quote di mercato e numero dei dipendenti.

L’ultima micro-fase della macro-analisi aziendale è rappresentata dalla considerazione dei fattori critici di successo sui quali deve essere focalizzato un sistema di determinazione dei costi. Tali fattori dipendono dalla tipologia e dalla

(23)

situazione dell’azienda, dalle caratteristiche dell’ambiente esterno, dalla strategia competitiva che si è deciso di adottare.

Durante la macroanalisi sono state individuate le caratteristiche dell’azienda in modo sufficiente da potere delineare il suo modello di funzionamento in ogni aspetto influente. Passiamo adesso a considerare la seconda fase del processo di impostazione di un sistema di determinazione dei costi ossia l’ analisi del fabbisogno informativo. In questa fase devono essere selezionate tutte le informazioni necessarie per l’attuazione del sistema. A tale micro-fase deve essere assegnata particolare importanza quale fine dell’attività di impostazione del sistema e di start-up di quella di attuazione, che, se correttamente progettata, dovrebbe portare a rispondere in maniera compiuta ai seguenti interrogativi:

perché si vuole introdurre in azienda un sistema di determinazione dei costi? È realisticamente questo lo strumento in grado di aiutare a risolvere gli specifici problemi di gestione dell’azienda?

Esaminando la variabile “grado di complessità gestionale”, si potrà avere più chiarezza relativamente all’oggetto di conoscenza verso cui orientare il processo di determinazione dei costi, mentre con l’analisi del “clima organizzativo” sarà possibile conoscere le necessità organizzative, i tempi, le modalità di raggiungimento dell’obiettivo del processo. Operativamente, si possono, anzitutto, identificare le due variabili e il posizionamento dell’azienda in una matrice che le metta a confronto. Ma ancora prima, al fine di identificare le due variabili (complessità gestionale e clima organizzativo), occorre studiare le variabili di dettaglio che le compongono. Monitorando il grado di dinamicità ambientale, ci si rivolge all’ambiente in cui vive e opera l’azienda e alle sue condizioni, mutevoli o meno.29

È possibile misurare questa variabile attraverso l’analisi, di cui si è detto precedentemente, sull’ambiente esterno dell’azienda, sul rapporto tra l’azienda e il mercato. Il grado di articolazione strutturale è, invece, la variabile più tipicamente interna dell’azienda e aiuta a comprendere quanto possa essere più o meno complessa la struttura aziendale.

29 Amigoni, 1979: cap. 1; G. Lombardi Stocchetti, 1996: pagg. 89-96.

(24)

Da dove deriva questa articolazione? È data da un rapporto tra le combinazioni Prodotto-Mercato-Tecnologia e dalla loro numerosità e complessità, che si riflettono ovviamente sulla struttura organizzativa. Esiste una forte connessione tra il grado di articolazione strutturale e le dimensioni assunte dall’azienda;

questa dipende anche dai particolari business in cui si impegnano le imprese e non è neppure una verità assoluta. Presentiamo ora, e commentiamo, la matrice sulla complessità gestionale:

2 4

1 3 alto

grado di dinamicità ambientale basso

basso alto

grado di articolazione strutturale

È chiaro che, se l’azienda è posizionata nel primo quadrante (frutto di un basso livello di articolazione strutturale e di un basso dinamismo dell’ambiente), probabilmente un sistema di determinazione dei costi non costituisce uno strumento di contabilità direzionale appetibile. In simili situazioni, infatti, una contabilità generale ben impostata può essere in grado di soddisfare i fabbisogni informativi della direzione. Per contro, al crescere della complessità strutturale dell’azienda, crescono tali fabbisogni e l’utilità dello strumento si fa più sentita.

D’altra parte, quanto più l’azienda è strutturalmente complessa, tanto più difficile è “pilotarla a vista”, cioè sprovvisti di un’adeguata strumentazione. L’opportunità di dotarsi di una fonte informativa come quella derivante dall’utilizzo di un sistema di determinazione dei costi non è, quindi, legata alle dimensioni dell’azienda. Esistono aziende di minori dimensioni con un elevato grado di complessità strutturale, nelle quali è opportuno dotarsi di un simile strumento.

(25)

Mentre possono riscontrarsi casi di imprese di grandi dimensioni nelle quali lo stesso strumento non è necessario, in quanto il grado di complessità è basso.30 Per decidere se sia opportuno introdurre o meno un sistema di determinazione dei costi, l’analisi della situazione aziendale con l’utilizzo della matrice sopra esposta è solo il primo passo. È necessario, infatti, individuare anche i problemi direzionali che da tale complessità discendono. La direzione, allora, deve percepire quali problemi gestionali siano rilevanti da risolvere e che richiedono, per una corretta impostazione e soluzione, la disponibilità delle informazioni offerte da un sistema di determinazione dei costi.

Fin qui abbiamo affrontato la parte relativa all’ impostazione di un sistema di determinazione dei costi attraverso la disamina dei criteri di analisi dell’ambiente e della struttura aziendale.

Adesso si prosegue l’analisi con la fase di attuazione del sistema, concludendo così l’argomento, che questo paragrafo si prefiggeva di trattare.

L’attuazione del sistema si compone di quattro fasi:

1) Progettazione;

2) Dimensionamento delle risorse e dei tempi di realizzazione;

3) Realizzazione del sistema;

4) Preparazione del manuale operativo.

Vediamo nel dettaglio solo la prima di queste fasi, evitando di distogliere la nostra attenzione dal raggiungimento dell’obiettivo oggetto di questo paragrafo e dell’intero scritto.

Individuato, dunque, il fabbisogno informativo, si può passare alla micro-fase di progettazione del sistema poiché sono chiari:

• Gli obiettivi di calcolo dei costi;

• Gli oggetti di costo.

La micro-fase si compone, poi, di altri step:

1) Scelta della configurazione di costo appropriata;

2) Analisi dei costi elementari e loro imputazione agli oggetti di costo;

30 Bubbio, 1989: pag. 83.

(26)

3) Ricorso a dati preventivi o consuntivi o probabilistici (costi storici vs costi standard);

4) Scelta della metodologia di calcolo da utilizzare (full costing, direct costing, direct costing integrato);

5) Fissazione delle modalità di rilevazione dei costi (tradizionalmente job- costing, process costing od operation costing).

Il primo problema da affrontare è il seguente: quale informazione di costo deve essere fornita dal sistema di misurazione dei costi?

È noto in dottrina (concetto ampiamente trattato in questo capitolo) come <<non esista il costo di un prescelto oggetto di calcolo>>31 (per esempio, unità di prodotto), ma molteplici e differenti tipologie di costo, tutte riferibili allo stesso oggetto. Non tutti i valori dei fattori produttivi impiegati per l’ottenimento di un prodotto o lo svolgimento di un processo sono normalmente accolti nel calcolo del costo. Si hanno, infatti, numerose figure o configurazioni di costo, intese come stratificazioni successive di costi elementari atte a fornire evidenza della composizione del costo di un dato oggetto a un prefissato stadio del processo produttivo sia tecnico, sia economico.

Si tratta, in altre parole, di individuare a priori quale configurazione di costo risulta essere più aderente al fabbisogno informativo di chi è preposto a svolgere funzioni di governo aziendale e di costruire un sistema di misurazione dei costi in grado di fornire (prevalentemente) informazioni di costo correttamente configurate32. Così, per esempio, se è il prezzo di vendita il fattore critico di successo, l’area da monitorare potrebbe essere quella di fabbricazione: in particolare, potrebbe essere necessario perseguire significativi miglioramenti dell’efficienza produttiva. In tale caso la configurazione di costo migliore per tenere sotto controllo questo aspetto risulta essere il costo variabile unitario.

Viceversa, qualora il fattore critico sia la capacità di assicurare con continuità i volumi di produzione richiesti dal mercato, ecco che il costo pieno (full cost)

31 Ceccherelli, 1948: pagg. 159-160.

32 Baraldi-C. Devecchi, 1995: pag. 138.

(27)

diventa la configurazione in grado di aiutare il soggetto economico a mantenere l’enfasi sulla variabile volume di produzione.

Si procederà, pertanto, a:

1) Identificare le possibili configurazioni di costo tra le quali operare la scelta;

2) Evidenziare le conseguenze derivanti dal privilegiare una configurazione di costo piuttosto che un’altra;

3) Definire i criteri che debbono orientare la scelta della configurazione di costo.

È chiaro, quindi, come non sia possibile individuare configurazioni valide in assoluto, in quanto queste dipendono da:

1) Settore aziendale (industriale, commerciale, servizi ecc.);

2) Specie delle produzioni (commesse, produzioni continue, di massa, personalizzate ecc.);

3) Obiettivi di calcolo dei costi.

Nel terzo capitolo verrà trattato il tema relativo ad una tra le metodologie di calcolo sopra citate, il full costing, descrivendone le caratteristiche principali e approfondendo gli aspetti legati sia, alle configurazioni di costo elaborate da questa metodologia (costo primo, costo industriale, costo complessivo, costo economico-tecnico) sia, al concetto di capacità produttiva.

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