Poste Italiane Spa - Sped. in abb. Postale - D.L. 353/2003 (conv. In 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano - Direttore responsabile: Dario Passoni - ISSN 1123 8631
M E D I C I N A E D O C T O R
An n o XX I I I , n u m e ro 6 - s e t te m b re 2 0 1 6In questo numero
M . D .
Proposta per una
organizzazione efficace della continuità assistenziale
Medicina basata
sulle evidenze e Medicina basata sulle esigenze
Sicurezza di impiego dei PPI nella pratica clinica
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Cecilia Marmai, Juri Lo Dico
Medici Centrale Operativa 118 - Ausl Centro Toscana
L’esperienza nei campi di primo soccorso per i terremotati: la parola ai medici
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M.D. Medicinae Doctor - Anno XXIII numero 6 - settembre 2016 n 3
■ Prima pagina
L’esperienza nei campi di primo soccorso per i terremotati: la parola ai medici ... 5
■ Riflettori
Proposta per una organizzazione efficace della continuità assistenziale ... 6
■ Professione
Certificazioni, privacy e multe ai medici: una questione aperta ... 8
■ Prospettive
Se il privato si insinua nelle debolezze del Servizio Sanitario Nazionale ... 9
■ Tribuna
Equivalenza terapeutica: basta giocare coi medici! ... 10
■ Contrappunto
Medicina basata sulle evidenze e Medicina basata sulle esigenze ... 14
■ Focus on
Medici e infermieri uniti per curare e prendersi cura dei pazienti cronici ... 18
■ Italia sanità
Sì delle Regioni ai nuovi Lea, ma chiedono più risorse ... 19
■ Appunti
Tre proposte per il Ssn del futuro ... 20
at t u a l i t à
c l i n i c a e t e r a p i a a g g i o r n a m e n t i
■ Cardiologia
Dall’ESC nuove linee guida sulla fibrillazione atriale ... 24
■ Diabetologia
Farmaci ipoglicemizzanti a confronto: una metanalisi ... 25
■ Geriatria
Approccio metabolico nutrizionale alla sarcopenia nell’anziano ... 26
■ Ipertensione arteriosa
La vera sfida per il clinico è l’intervento precoce ... 28
■ Medicina della Riproduzione
Indagine europea sulla procreazione assistita ... 29
■ Nutrizione
Olio di palma: tanto rumore per nulla? ... 30
■ Rassegna
Sicurezza di impiego dei PPI nella pratica clinica ... 36
■ Management
Ansia, depressione e insonnia: Mmg a confronto con lo specialista ... 40
■ Pratica medica
Mammella soprannumeraria in giovane donna ... 43
■ Monitor
Seguilaterapia, il progetto per la salute del paziente ... 46
I n q u e s t o n u m e r o
M.D. Medicinae Doctor
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Dario Passoni
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M.D. Medicinae Doctor - Anno XXIII numero 6 - settembre 2016 ■ 5
p r i m a p a g i n a
L’esperienza nei campi di primo soccorso per i terremotati: la parola ai medici
U
na realtà drammatica di forte impatto emotivo, un’esperienza umana e professionale indelebile. A dichiararlo al loro rientro in sede è stato il personale della Centrale Operativa 118 Empoli-Pistoia, i primi due gruppi toscani composti da medici e infermieri del sistema di Maxiemergenza che erano partiti all’alba dello scorso 24 agosto per raggiungere le zone colpite nel centro Italia dal terremoto.M.D. Medicinae Doctor ha raccolto la testimonianza dei medici del team Juri Lo Dico e Cecilia Marmai della Centrale Operativa 118 - Ausl Centro Toscana che assieme agli infermieri Marisa Galigani, Andrea Iori, David Nucci e Ilario Bocchi e alcuni volontari sono stati tra i primi operatori sanitari toscani, a giungere nella frazione di Cornillo Nuovo, ad Amatrice (Rieti), per accogliere ed assistere la popolazione nel posto medico avanzato/punto medico di primo soc- corso allestito dalla Protezione Civile.
“Ci siamo resi subito operativi - dichiara Juri Lo Dico e siamo arrivati a Rieti dove ci hanno comunicato la destinazione definitiva, a cinque chilometri da Amatrice, uno dei centri più colpiti. Il campo è stato suddiviso in tre postazioni che ospitava- no circa 50 sfollati. Nelle prime ore ci siamo subito accorti che le esigenze di cura della popolazione erano prevalentemente legate a patologie croniche e alla neces- sità di non interrompere le terapie prescritte dai medici di medicina generale”. Gli sfollati del campo erano infatti prevalentemente anziani e così gli operatori del 118 hanno svolto anche un importante servizio per i malati cronici come evidenzia Cecilia Marmai: “Come ha sottolineato il collega, la maggior parte delle esigenze assistenziali che abbiamo riscontrato era di tipo cronico. Ci siamo trovati per esem- pio, di fronte a persone cardiopatiche, con BPCO, diabetici che non potevano più seguire la terapia per la mancanza di farmaci”. “Abbiamo dovuto affrontare situa- zioni che non fanno parte del nostro quotidiano professionale - continua Marmai - essendo noi medici dell’emergenza-urgenza. Non è stato certamente facile, per- ché, a differenza del medico di famiglia, non conoscia-
mo la storia del paziente e questo nella gestione delle patologie croniche è fondamentale”.
La capacità di relazionarsi, l’empatia diventano stru- menti terapeutici importantissimi in realtà come quelle descritte dove la richiesta di ascolto e il supporto psi- cologico sono bisogni primari delle popolazioni che
affrontano calamità naturali come il terremoto.
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6 ■ M.D. Medicinae Doctor - Anno XXIII numero 6 - settembre 2016
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ora zero di un’epocale rifor- ma della Medicina Generale che avrebbe cambiato per sempre il volto della sanità italiana, malgrado le promesse, non è anco- ra scoccata. Anzi, a dire il vero, non è ancora svanito del tutto il timore di dover subire una piattaforma contrattuale che potrebbe cancella- re 40 anni di storia dell’assistenza italiana, annullando sia il concetto di guardia medica sia quello di conti- nuità assistenziale (CA). Tutto que- sto è stato per ora bloccato grazie ad una mobilitazione eccezionale che ci ha mostrato come i cittadini, soprattutto quelli che sono ubicati in zone lontane dai Pronto Soccor- so, consideri la CA come una risor- sa assistenziale irrinunciabile. Inol- tre rammento che al momento l’H16 non è normativamente per- corribile a partire dalla Balduzzi che indica chiaramente l’H24 come dogma del sistema assistenziale territoriale. In realtà la struttura del- la Continuità Assistenziale, così co- me la intendiamo con la sua sempli- cità costruttiva, che è poi alla base della sua funzionalità, soddisfa tut- tora ampiamente gli scopi per cui èstata creata, ed anzi, appare l’unico strumento per poter realizzare effi- cacemente un’assistenza integrata e multi professionale H24.
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¼ Le urgenze a bassa intensità Partendo da analisi quantitative, ed ignorando qualsiasi valutazione qualitativa e gli adeguati indicatori di performance, si è cercato di rein- ventarsi il concetto europeo di ur- genza a bassa intensità per cui si è ipotizzato che sulle urgenze ad alta/
media intensità dovrebbe attivarsi il PS ed il sistema dell’emergenza territoriale. Chiaramente il carico di lavoro che si riverserebbe sul Pron- to Soccorso e sull’emergenza terri- toriale sarebbe assolutamente leta- le. Anche dal punto di vista dei co- sti, chi parla di potenziare PS e 118 non tiene conto che sarebbe molto più semplice e meno costoso te- nersi ed ottimizzare il servizio di Continuità Assistenziale. Anche la soluzione eventuale dell’Auto infer- mieristica in appoggio alla medica non sarebbe assolutamente meno costosa, ma più dispendiosa, te- nendo conto tra l’altro che si usu-
fruirebbe di una figura, che per quanto preparata possa essere, non potrà mai sostituire la perfor- mance di un medico. Inoltre il siste- ma non potrebbe comunque per- mettersi di risolvere proprio quelle urgenze di bassa intensità che ora vengono risolte dalla CA. Ne con- segue che a farvi fronte sarà il Mmg che se le ritroverebbe al mat- tino come accadeva prima della creazione del servizio della CA.
Anziani, bambini, malati cronici e tutte quelle altre varietà di pazienti, le cui richieste sanitarie venivano risolte dal Servizio di Continuità Assistenziale, sarebbero prima di tutto privati di una risposta imme- diata che sarebbe invece dilaziona- ta nel tempo, rischiando un aggra- vamento ed una serie di risposte non adeguate perché tardive. Non dimentichiamo che un sistema di emergenza/urgenza deve essere in grado di assicurare i livelli assisten- ziali essenziali, uniformi, ubiquitari, equivalenti, accessibili e fruibili in tempi rapidi; la qualità dell’assisten- za assicurata deve essere la stessa con le medesime offerte e possibi- lità d’accesso su tutto il territorio e
Proposta per una organizzazione efficace della continuità assistenziale
Basterebbe un’attenta revisione della localizzazione delle sedi territoriali,
una formazione mirata e la stabilizzazione degli organici per rendere la Continuità Assistenziale uno strumento più performante e capace di farsi carico di obiettivi assistenziali molto più
complessi di quelli che aveva nel passato e che con la riforma della sanità territoriale ha ereditato dalla Medicina Generale
Alessandro Chiari
Segretario Regionale Smi Emilia Romagna e Coordinatore Nazionale dei Segretari Regionali
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M.D. Medicinae Doctor - Anno XXIII numero 6 - settembre 2016 ■ 7 quindi tutti i cittadini devono poter
avere, in qualunque luogo vivano, le stesse opportunità assistenziali.
¼
¼ H16 differenziata/zonale
Ammesso che si possa fare un H16, ovvero che venga redatto un impianto normativo che la sosten- ga, propongo una simulazione di come potrebbe essere organizzata in un modo razionale: in realtà i pro- getti intelligenti non vanno mai a stravolgere un sistema, ma lo affi- nano, lo ottimizzano, lo migliorano anche perché basterebbe un’atten- ta revisione della localizzazione del- le sedi territoriali, una formazione mirata e la stabilizzazione degli or- ganici a rendere la CA uno strumen- to molto più performante. Secondo la mia esperienza una soluzione H16 sperimentale potrebbe essere tentata solamente in un contesto cittadino dove la distanza abitativa dal Pronto Soccorso di riferimento fosse quantomeno ridotta. Occorre poi un’altra condizione favorevole, ovvero che le prestazioni fornite dal PS e dalla CA siano, in tale contesto territoriale, statisticamente e nume- ricamente equivalenti. Inoltre la CA dovrebbe assicurare comunque al- meno 8 ore per essere efficace e quindi potremmo pensare ad un orario di lavoro che si estenda dalle 16.00 pomeridiane fino alle ore 24.00. Questo servizio potrebbe quindi affiancare, nelle giornate fe- riali, nelle prime 4 ore il medico di medicina generale nelle CDS/Utap nelle prestazioni ambulatoriali ed urgenti e nelle seconde 4 ore inte- ressarsi del servizio ambulatoriale H16 per assicurarlo fino alle 24.00.
È chiaro che comunque c’è bisogno di un medico che assicuri assieme ad una figura infermieristica territo- riale la prestazione affiancato da un
altro collega che si occupa delle prestazioni domiciliari in ambito di continuità dell’assistenza. C’è quin- di la necessità di avere due diverse figure operative nella ex guardia:
una che si occupi dell’assistenza ambulatoriale e l’altra di quella domiciliare, per non lasciare mai sguarnito il presidio. A questo pun- to, assicurato un imponente filtro serale/pre notturno potrebbe anche starci l’ipotesi che dalle 24 alle 8 sia attivo solamente il servizio di emer- genza territoriale in appoggio al Pronto Soccorso. Obiettivo della continuità assistenziale potrebbe di- ventare quindi un’interrotta attività ambulatoriale durante le attuali orari di competenza, dove la visita domi- ciliare (l’urgenza) diventa, l’estensio- ne territoriale di una prestazione in- differibile come durante il giorno lo è per i medici di medicina generale.
Solamente in un tale contesto l’as- sistenza della Continuità Assisten- ziale diverrebbe paragonabile a quanto offerto dai medici di fami- glia. In questo modo si possono creare interventi assistenziali inte- grati con gli altri operatori soprattut- to sulle figure fragili col pieno sup- porto dell’informatizzazione delle sedi e quindi della condivisione delle informazioni sanitarie. Si do- vrebbe realizzare un sistema di con- segne reciproche tra Mmg e Medi- co di CA che diventa garanzia assi- stenziale e terapeutica del paziente.
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¼ Fuori dalla Città
In questo caso, ovvero fuori dal contesto cittadino, non dovrebbe proprio essere cambiato nulla ga- rantendo il servizio di CA nei terri- tori suburbani, nelle campagne e nei territori montani. Certamente tutto questo comporterebbe un la- voro organizzativo importante an-
che dal punto di vista dell’educa- zione sanitaria della popolazione che dovrebbe imparare ad usufrui- re della migliore assistenza offerta senza tuttavia approfittarne; gli stessi operatori di CA ed Mmg dovrebbero rafforzare la loro colla- borazione. In questo modo inoltre non si perderebbero le figure pro- fessionali che lavorano per la conti- nuità assistenziale in antitesi con quanto ipotizzato dal progetto H16 originale che lascerebbe a casa al- meno i 2/3 degli organici.
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¼ Compiti sempre più complessi Certo la Continuità Assistenziale, attualmente, eredita dalla Medici- na Generale obiettivi assistenziali molto più complessi di quelli che aveva nel passato: oltre che al po- tenziamento dell’attività ambulato- riale bisognerebbe intervenire sulla presa in carico territoriale, sulle fi- gure critiche e fragili, domiciliari, sui pazienti palliativizzati e termina- li, sui piccoli pazienti pediatrici che la CA deve essere in grado di ge- stire efficacemente. Per questo motivo la partecipazione della dei Medici di CA ai team territoriali è fondamentale non solo per fornire quella qualità assistenziale data dalla multi professionalità, ma per il contributo che la CA dà nell’assi- curare proprio la continuità dell’as- sistenza nell’arco delle 24 ore.
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8 ■ M.D. Medicinae Doctor - Anno XXIII numero 6 - settembre 2016
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Nessuno ha ceduto utenza e password di accesso al Siste- ma TS, che è la porta di acces- so individuale alla certificazione di malattia, ai sensi delle vigenti norma- tive italiane”. È quanto ha sostenuto Cristina Patrizi, Responsabile regio- nale Smi Lazio Medicina Generale, dopo la multa di 30 mila euro notifica- ta dal Garante della Privacy ai Mmg dai cui studi partirono le certificazioni di malattia per i vigili assenti dal ser- vizio il 31 dicembre 2015. A redigere i certificati Inps furono però i medici sostituti che utilizzarono le credenzia- li in possesso dei medici di famiglia titolari. Per questo motivo la Procura della Repubblica di Roma ha chiesto l’intervento del Garante che, analiz- zando la documentazione inviatagli, ha riscontrato una violazione delle norme sulla messa in sicurezza dei dati da parte dei medici titolari, mul- tando 25 medici per non avere rispet- tato il Codice Privacy 2003 che all’ar- ticolo 33 prevede la conservazione in luogo sicuro delle credenziali. Per la rappresentante dello Smi i medici non avrebbero fatto altro che con- sentire, come da prassi, ai colleghi sostituti, l’accesso ai propri gestiona- li di studio e quindi a utenze e pas- sword del sistema TS per l’emissio- ne di certificazione di malattia che, in tale maniera, risulta emessa dal tito-lare assente. Smi chiede che si trovi un modus operandi formalmente corretto sia sotto il profilo giuridico sia sotto il punto di vista della tutela del diritto alla privacy per chiedere la derubricazione o comunque la modi- fica di quegli aspetti del codice che hanno portato a tale situazione. Au- spica quindi ad una semplificazione dell’accesso alle password tra titolare e sostituto e in regime di équipe o gruppo, Ucp, che consenta ai profes- sionisti di lavorare serenamente, a uno snellimento dei sistemi e dell’at- tuale complessità applicativa della Legge sulla privacy nonché a una omogenea applicazione delle norme certificatorie sul territorio nazionale, oggi di fatto derogate nella quasi to- talità al medico di medicina generale.
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¼ La posizione della Fimmg Ma Giampiero Pirro di Fimmg La- zio affronta la questione da un’altra prospettiva. “Il problema sollevato dal Garante - evidenzia - è che le cre- denziali dei medici titolari sarebbero state utilizzate per accedere al siste- ma Mef. A nostra volta solleviamo una questione come Fimmg: queste cose si accertano con un contenzioso in più gradi di giudizio dove vengono fatte valere eventuali attenuanti. Ai sensi della legge Brunetta i sostituti
per inviare i certificati di malattia onli- ne possono usare le proprie creden- ziali poiché le procurano presso gli Ordini di appartenenza. Le credenzia- li sono attribuibili a tutti gli iscritti agli albi, e ora a maggior ragione, visto che con il 730 precompilato medici e dentisti devono collegarsi al sistema d’accoglienza del Ministero dell’Eco- nomia per inviare le fatture emesse in libera professione. Altra cosa è se il sostituto volesse consultare la scheda del paziente che ha davanti:
in quel caso deve accedere al gestio- nale del titolare. E siamo a un bivio: o utilizza le credenziali di quest’ultimo, o si fa creare un account con proprie credenziali con le quali attingere ai dati delle schede assistito. La secon- da possibilità tutela realmente il titola- re di studio, che tra l’altro può modifi- care alcune funzioni ove ritenga di meglio proteggere la privacy di uno o più suoi assistiti”. Secondo il rappre- sentante della Fimmg va data una chance di contraddittorio ai colleghi.
Tanto più che ci sono risvolti della vi- cenda di indubbia competenza del giudice penale; i sostituti, non dimen- tichiamolo, rischiano a loro volta un procedimento per furto d’identità, e ove poi si accertasse che qualcuno non avesse visitato i pazienti cui ha emesso il certificato si profilano gravi conseguenze disciplinari”.
Continua il dibattito sulla multa notificata di recente dal Garante della Privacy ad alcuni medici del Lazio per non avere rispettato la normativa che prevede la conservazione in luogo sicuro delle credenziali per l’accesso ai sistemi telematici.
Dopo lo Smi scende in campo la Fimmg che affronta la questione da un’altra prospettiva
Certificazioni, privacy e multe ai medici:
una questione aperta
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M.D. Medicinae Doctor - Anno XXIII numero 6 - settembre 2016 ■ 9
I
l progetto del Centro Medico Sant’Agostino di Milano si chiama “Un dono che cura”:con 10 euro si può garantire una visita medica a chi non può per- metterselo. Basta cliccare sul sito di Ascolto onlus per donare. In poche parole, si tratta di presta- zioni a cui chi è in condizioni di precarietà economica è costretta a rinunciare, per la difficoltà di accesso al Servizio Sanitario Na- zionale (su tutte i tempi di attesa) e per gli alti costi del privato.
“Ci sono due cose da osservare - commenta Roberto Carlo Rossi, Presidente OMCeO Milano -. Pri- ma di tutto, come era facile da prevedere, il decreto sull’appro- priatezza del ministro Lorenzin, malgrado le toppe che si mettono ora, ha fatto precipitare un proces- so già in atto, ossia lo spostamen- to dell’asse dell’assistenza sanita- ria dal pubblico al privato. In altre parole oggi il Servizio Sanitario Nazionale è molto meno universa- listico. Va poi considerato il fatto che i cittadini italiani, sono portati ad essere dei consumatori di sani- tà poco attenti; questo perché, da quasi 40 anni, viviamo di prestazio- ni sanitarie controllate dal pubbli- co; si tende a fidarsi delle presta- zioni perché c’è una garanzia. In
questi casi però, ossia quando il controllo del pubblico non c’è più, il consumatore deve drizzare le antenne; deve autotutelarsi”.
“Come medici - continua Rossi - dovremo considerare il privato sempre di più come nostro datore di lavoro”.
Tuttavia, le considerazioni che il progetto “Un dono che cura” evo- ca non sono solo positive. Sì per- ché se ne parla da diverso tempo, e tendenzialmente queste oppor- tunità sono mostrate come esem- pi da seguire in quanto, ai pazienti in particolare, vengono offerte pre- stazioni al di fuori del Ssn, in tempi molto brevi e a basso costo.
“Intendiamoci bene - ci tiene a precisare Rossi - non contestiamo nulla al centro in questione, che di certo fa bene il proprio lavoro e senz’altro fa correttamente busi- ness in campo sanitario; ma un allarme dobbiamo comunque lan- ciarlo perché in Italia si tende trop- po ad incensare le nuove iniziative, dimenticando le possibili ripercus- sioni negative che queste posso- no avere. Lo dico perché alcune prestazioni, come quelle del cen- tro medico in questione, offerte a prezzo uguale se non inferiore a quelle del Ssn, ma con tutti i comfort di una prestazione privata
(tempi di attesa molto brevi su tutti) deve far riflettere, sia i medi- ci sia i cittadini. Delle due l’una: o il servizio pubblico è molto sca- dente o chi gestisce queste pre- stazioni private sta facendo dell’ot- timo marketing”. Rossi è guardin- go e ritiene quantomeno curioso il fatto che nessuno si ponga una domanda tanto importante: come mai si riescono a tenere i costi bassi e i tempi di attesa ridotti? “È mio dovere, in quanto presidente di Ordine, lanciare un messaggio sia ai medici sia ai cittadini: stiamo attenti. I medici, in particolare, devono imparare a dire di no: se un centro dà garanzie importanti va benissimo lavorare col privato;
ma se un collega si ritrova ad es- sere soggetto a pressioni o a ope- rare in un ambiente di lavoro sre- golato o poco tutelato è dovere deontologico dire di no a questa opportunità e, nel caso di storture, denunciare la situazione”.
A lanciare un campanello d’allarme è il presidente dell’OMCeO di Milano, Roberto Carlo Rossi evidenziando i possibili rischi di certe iniziative private pur lodevoli, che però nella realtà evocano un Ssn sempre meno universalistico
e lo spostamento dell’asse dell’assistenza sanitaria dal pubblico al privato
Se il privato si insinua nelle debolezze del Servizio Sanitario Nazionale
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t r i b u n a
10 ■ M.D. Medicinae Doctor - Anno XXIII numero 6 - settembre 2016
È
duro Ovidio Brignoli, vi- cepresidente Simg (Socie- tà Italiana di Medicina Ge- nerale e delle Cure Primari) nel commentare la possibile entrata in vigore della determina Aifa che consentirà alle Regioni di mettere a gara differenti principi attivi.“Questo tentativo di ridurre tutto a problemi di natura economica otterrà certo risultati, ma allonta- nerà non solo i medici dalla pos- sibilità di esercitare liberamente e secondo coscienza la propria professione, ma anche i cittadini dalla possibilità di ricevere una presa in carico allineata alle pro- prie personali esigenze di salute.
Ogni persona ha le sue specifici- tà, e credo che nessun ente rego- latorio, dal Ministero alle Regioni passando per Aifa, può conoscer- le. Solo chi opera tutti i giorni, solo noi medici che ci prendiamo carico in ogni momento dei nostri pazienti sappiamo e possiamo cucire un abito su misura ai nostri assistiti. Applicare principi gene- rali, legati magari alla spesa eco- nomica di una Regione, a situa- zioni particolari, legate peraltro alla salute dei cittadini, diventa estremamente complesso e peri- coloso”.
In altre parole, senza ulteriori in- terventi volti a modificare il decre- to, dall’entrata in vigore le Regioni potrebbero indire a tappeto gare non più solo per i farmaci a bre- vetto scaduto di cui è entrato in commercio il generico, ma a livel-
lo di classi terapeutiche per pato- logia. Una tale decisione potrebbe avere delle ricadute negative sui pazienti, perché porterebbe a no- tevoli limitazioni prescrittive.
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¼ Si limita
l’esercizio professionale
Se il senso del decreto è quindi quello di appiattire le scelte e l’au- tonomia del medico verso stan- dard che nulla hanno a che fare con la specificità di ogni caso cli- nico, la conclusione è una secon- do Brignoli: “Non è più possibile esercitare la professione, e biso- gna rendersi conto che il proble- ma va oltre la sfera sindacale o quella di Simg stessa: diventa un problema di responsabilità profes- sione e di possibilità di esercitare la professione”.
Quali possibilità allora su questo tema? “Credo che gli enti regola- tori debbano strutturare un per- corso di valutazione dei risultati completamente diverso da quello attualmente in discussione. Ora come ora assistiamo solo ad un tira e molla tra gli attori in gioco:
da una parte si tira sull’aspetto economico della prescrizione far- maceutica, dall’altra si tira per evidenziare i problemi legati alla diagnostica. Il punto è che nel mezzo, tirati da una parte e dall’al- tra, ci sono i medici professionisti e i cittadini, coi quali dovremmo smetterla di giocare”.
Dopo le innumerevoli critiche, l’Aifa ha messo in stand-by la determinazione 458 del 31 marzo scorso, che dava il via
alle gare d’acquisto per farmaci equivalenti.
Ma la possibile entrata in vigore di questo
provvedimento suscita ancora molta preoccupazione
per le ricadute che potrebbe avere sui medici
e sui pazienti
Equivalenza terapeutica:
basta giocare coi medici!
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c o n t r a p p u n t o
14 ■ M.D. Medicinae Doctor - Anno XXIII numero 6 - settembre 2016
L
a Medicina basata su prove di efficacia (Evidence-based medicine, EBM) è stata defi- nita come il processo della ricerca, della valutazione e dell’uso sistema- tici dei risultati della ricerca contem- poranea come base per le decisioni cliniche. Si tratta dell’uso di stime matematiche del rischio di benefici e danni, derivati da ricerche di alta qualità su campioni di popolazione, per informare il processo decisiona- le clinico nelle fasi di indagine dia- gnostica o la gestione di singoli pa- zienti. L’applicabilità di questo tipo di Medicina , nel nostro Paese in particolare ma non solo, presenta alcune limitazioni che derivano sia dalla complessità dei problemi che i pazienti sottopongono ai medici sia dalla organizzazione del Ssn). Siste- ma sanitario, medici e pazienti avanzano spesso esigenze indero- gabili che suggeriscono decisioni diagnostiche e terapeutiche che si discostano dalla EBM pura.Il Sistema Sanitario italiano è di tipo Beveridge, finanziato dalla fiscalità generale e quindi governato dallo Stato con un modello organizzativo
di tipo gerarchico-normativo. Que- sto modello presenta alcune diffe- renze significative nei confronti di quello gerarchico-professionale (Regno Unito, Olanda ecc.) e di quello non-gerachico-professionale (Germania), in questi ultimi la “pro- fessione” ha un ruolo determinante nella formazione e nella organizza- zione del sistema di erogazione delle cure. In Italia i meccanismi procedurali e burocratici di gestione del Ssn sono diventati talmente pesanti da costituire una macchina che influenza molto l’indipendenza, l’autonomia, la responsabilità dei medici e l’applicabilità delle linee guida internazionali.
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¼ La Medicina Generale
Per quanto riguarda la Medicina Generale i rapporti tra questa e lo Stato sono disciplinati da un Accor- do Collettivo Nazionale (Acn) che definisce diversi livelli di contratta- zione: nazionale, regionale e azien- dale. A livello nazionale prevede un processo “condiviso” di determina- zione dei percorsi e linee guida per
efficacia e appropriatezza. La nego- ziazione regionale prevede la realiz- zazione della appropriatezza delle cure, delle prescrizioni e dell’uso etico delle risorse; prevede il siste- ma informativo fra operatori, strut- ture associate, distretti, aziende sanitarie e regioni e prevede anche l’organizzazione della formazione di base, specifica, continua e aggior- namento. Gli obiettivi di carattere generale della contrattazione regio- nale sono i livelli essenziali di assi- stenza (Lea), l’assunzione condivisa di responsabilità da parte dei medi- ci e dei professionisti sanitari che operano nel territorio nelle scelte di politica sanitaria e di governo clinico sulla scorta di quanto definito dalla programmazione socio-sanitaria e l’integrazione fra politiche sanitarie e politiche sociali.
A tutti i livelli di contrattazione le organizzazioni sindacali hanno re- sponsabilità del governo clinico e nell’Acn si sottolinea come la man- cata adesione agli obiettivi e per- corsi concordati diventa motivo per la verifica del rapporto di con- venzione fino alla revoca. L’accor-
L’attività diagnostica e di cura ha bisogno di tempo, il tempo è strumento diagnostico, il tempo è strumento di ascolto. Ma il tempo a disposizione dell’attività nobile di diagnosi e cura soprattutto nella Medicina Generale è eroso da attività tutt’altro che mediche, da attività burocratiche, economiche, amministrative e di segreteria.
Il tempo è una esigenza vitale e se questa risorsa diminuirà ulteriormente potrà saltare l’intero sistema di erogazione delle cure
Giuseppe Maso
Professore di Medicina di Famiglia - Università di Udine
Medicina basata sulle evidenze
e Medicina basata sulle esigenze
c o n t r a p p u n t o
M.D. Medicinae Doctor - Anno XXIII numero 6 - settembre 2016 ■ 15 do regola il rapporto di lavoro auto-
nomo convenzionato per l’eserci- zio delle attività professionali tra Mmg e le Asl per lo svolgimento nell’ambito e nell’interesse del Ssn dei compiti e delle attività relative ai settori: Assistenza primaria, Continuità assistenziale, Medicina dei servizi territoriali, Emergenza sanitaria territoriale. Già leggendo quanto riportato dell’Acn si posso- no fare delle considerazioni circa l’indipendenza, l’autonomia e la responsabilità del medico di medi- cina generale che opera in regime di “convenzione”. Parole chiave sono: “ condivisione”, “assunzio- ne condivisa di responsabilità”,
“organizzazioni sindacali”. Queste termini si concretizzano nella prati- ca quotidiana in Pdta (Percorsi Diagnostici e Terapeutici Assisten- ziali) e Rao (Raggruppamenti di Attesa Omogenei) che la MG è invitata a rispettare con un com- portamento uniformato e condivi- so. Uniformato verso una delega della patologia ad una struttura di secondo livello e condiviso in una maniera “comunitaria”, dimenti- cando che non ci può essere re- sponsabilità condivisa tra profes- sionisti, che essa rimane individua- le e non vi può essere condivisione nella responsabilità di una prescri- zione o di una terapia, che sono sempre di chi pone la firma sulla ricetta. Non vi può essere delega (sindacale, politica o a commissio- ni) alla decisione di condivisione né alcuna decisione diagnostica o terapeutica si può imporre. Neces- sità locali, organizzazioni aziendali, di reparti o di ambulatori ospeda- lieri di fatto condizionano il com- portamento di medici che dovreb- bero invece avere come riferimen- to per la gestione delle patologie le linee guida internazionali.
¼
¼ La commistione
tra sindacale e professionale Emerge chiaramente nell’Acn il ruolo determinante dei sindacati nella formazione e nel governo clinico e contemporaneamente af- fiora in tutta la sua drammaticità l’assenza del mondo accademico e delle società scientifiche nazio- nali ed internazionali. La rappre- sentanza sindacale è spacciata per rappresentanza scientifica del- la Disciplina, un’accettata “norma- lizzazione” della professione con esclusione di qualsiasi condotta non “condivisa” attraverso proto- colli, formazione locale e regole prescrittive. Un comportamento uniformato previsto per regola- mento con un livellamento delle prestazioni. L’implementarsi quo- tidiano di complicazioni prescritti- ve, le difficoltà alla prescrizione della diagnostica, il difficile distri- carsi, anche con avanzati sistemi informatici, tra note, codici ed esenzioni impediscono ancor di più il dedicarsi alla cura, aumenta- no il contenzioso con i pazienti e portano via risorse allo sviluppo professionale. L’influenza della smisurata componente burocrati- ca sulle scelte diagnostiche e te- rapeutiche ha aumentato il solco tra la professione e il “governo amministrativo”, le decisioni sono guidate da protocolli prodotti da processi decisionali accentrati quando la professione per sua natura è basata su decisioni de- centrate, personali, libere e re- sponsabili. L’Acn prevede a livello locale la produzione di linee guida, protocolli diagnostici assistenziali e conferenze di consenso in ambi- to di Distretto. C’è il rischio fonda- to che le linee guida formulate a livello locale, spesso su parametri
economici, entrino in conflitto con la libertà professionale e talvolta con le stesse linee guida interna- zionali. Non solo, dobbiamo tener presente che le linee guida per la gestione delle malattie più fre- quenti sono prodotte da società scientifiche a livello mondiale, continentale e nazionale e che spesso si nota un gap fra la loro produzione e la loro divulgazione.
Si ha le netta sensazione che il Ssn tipo Beveridge di fronte all’in- vecchiamento della popolazione, alle maggiori possibilità diagnosti- che e terapeutiche si stia dimo- strando difficilmente sostenibile, l’allungamento dei tempi di attesa e la indisponibilità di metodologie e tecniche terapeutiche sono sin- tomi di una malattia difficilmente curabile. Le linee guida di Distret- to, i Pdta (Percorsi Diagnostico- Terapeutici Assistenziali) e i Rao (Raggrupamenti di Attesa Omo- genei) più che frutto di reali ne- cessità diagnostico terapeutiche sono esigenze di un Sistema che tenta di sopperire in qualche mo- do alla mancanza di risorse econo- miche.
¼
¼ Le esigenze del medico
La Medicina delle evidenze si scon- tra quotidianamente con le esigenze del medico. La realtà è diversa dall’a- settico mondo della ricerca clinica.
Sappiamo bene che in un giorno di lavoro noi svolgiamo alcune azioni sostenute da evidenze scientifiche, parecchie basate su un consenso generale, altre sul senso comune e poche su nostre intuizioni. È eviden- te in letteratura come molte doman- de che riguardano la MdF non abbia- no risposta e come la maggior parte delle evidenze scientifiche non siano rilevanti per la pratica quotidiana. La
c o n t r a p p u n t o
16 ■ M.D. Medicinae Doctor - Anno XXIII numero 6 - settembre 2016 MdF molto probabilmente dovrà
continuare a vivere con il paradosso che il rigore dei criteri di inclusione e il tipo di selezione dei pazienti neces- sari per i trial controllati sono esatta- mente l’opposto di quanto avviene nella pratica quotidiana. Le differenti età della vita, la polipatologia e la politerapia sono parametri soggetti ad una altissima variabilità, essi con- dizionano costantemente l’attività di prevenzione e di terapia e costringo- no regolarmente a delle scelte che si discostano dalla EBM, essi decidono le priorità e guidano i comportamen- ti. Ma questi non sono gli unici para- metri che il medico deve tenere in considerazione, ci sono quelli che si accompagnano alle esigenze legali e che spesso costringono ad una Me- dicina difensiva, ad un modello di comportamento conflittuale con l’EBM e spesso con gli interessi del Ssn, comportamento talvolta illogico sul piano clinico, ma ritenuto indi- spensabile dal punto di vista legale.
L’attività diagnostica e di cura ha bi- sogno di tempo, il tempo è strumen- to diagnostico, il tempo è strumento di ascolto. Ma il tempo a disposizio- ne dell’attività nobile di diagnosi e cura è eroso da attività tutt’altro che mediche, da attività burocratiche, economiche, amministrative e di se- greteria. Il tempo è una esigenza vi- tale e se questa risorsa diminuirà ul- teriormente potrà saltare l’intero si- stema della erogazione delle cure.
¼
¼ Le esigenze del paziente
Gli assistiti non conoscono l’EBM e in un rapporto ideale, in cui me- dico e paziente concordano le scel- te diagnostiche e terapeutiche, le esigenze del paziente devono es- sere collocate al primo posto. È naturale che la qualità di vita sia ri- tenuta la cosa più importante; es-
sa, certamente, varia in base alle esigenze dei singoli e alla conce- zione che ciascuno ha della vita stessa, alla scala di valori, alle prio- rità che ogni essere umano si è dato. Proprio per questo l’approc- cio diagnostico e terapeutico deve essere personalizzato e non può essere standardizzato. Le esigenze di un iperteso o di un diabetico sono ben diverse se si tratta di un giovane attivo o di un anziano. Le persone esigono una terapia per- sonalizzata, semplificata, compre- sa e condivisa pena una scarsa aderenza ed una persistenza inesi- stente. Anche il modello di organiz- zazione dell’assistenza deve pren- dere in considerazione le esigenze delle singole persone: il tempo dedicato, il tempo di attesa, il tipo di rapporto medico-paziente, la continuità dell’assistenza e i costi sono parametri che determineran- no cambiamenti organizzativi signi- ficativi. Il tipo di rapporto tra care- giver e paziente dovrà adeguarsi ad ogni singolo e potrà variare da un modello a partnership ad uno paternalistico a seconda della vo- lontà, della scolarità e della capaci- tà cognitiva di ciascuna persona.
Nulla può essere codificato mentre tutto è soggetto a continua variabi- lità. Un futuro con un ritorno al rapporto del passato, però mutato e condizionato da esigenze di EBM, di Ssn, legali e probabilmen- te “ideologiche”.
¼
¼ Il futuro
Le cure primarie e la Medicina Ge- nerale in particolare stanno rapida- mente cambiando per una serie di fattori, tra i più significativi dobbia- mo considerare quelli economici, quelli scientifici-tecnologici e quelli legati alle aspettative della popola-
zione. L’efficienza codificata del Sistema Sanitario si scontra con una continua perdita di efficacia.
Sempre più spesso i pazienti si ri- volgono a strutture alternative bypassando anche chi nel Ssn do- vrebbe avere la funzione di gateke- eper, il medico di medicina genera- le sta diventando così il medico di chi non può permettersi l’accesso alle cure private. E se il futuro sarà delle assicurazioni la Medicina Ge- nerale sarà esclusa dal futuro?
Genetica, Bionica (biologia-elet- tronica) e Biotica (biologia-infor- matica) assieme alla mobile e digi- tal thecnology cambieranno l’ap- proccio diagnostico e terapeutico e daranno ai pazienti buona parte della gestione della loro salute. Gli scenari potranno variare da una nuova alleanza tra medico e pa- ziente alla post-physician era, dal- la scomparsa delle specialità al recupero delle humanities. Nes- sun cambiamento sarà comunque indipendente dall’innato desiderio profondo di libertà individuale di ogni singolo individuo e di ogni singolo professionista, questo de- siderio sarà quello che condizione- rà qualsiasi sistema di erogazione delle cure, questo è quello che dobbiamo tenere presente sem- pre se teniamo alla sopravvivenza della nostra Disciplina.
• Maso G. Un codice per la robotica in Medicina di famiglia.
Medicinae Doctor 1996, 25: 13-14.
• Maso G. La Disciplina Invisibile.
Passoni Editore, Milano 2009.
• Maso G. Il medico in gabbia.
Filippi Editore, Venezia 2011.
• Attali J. Breve storia del futuro.
Fazi Editore, Roma 2016.
• Maxmen Jerrold S. The Post Physician Era.
John Wiley & Sons, New York 1976.
Bibliografia Bibliografia
f o c u s o n
18 ■ M.D. Medicinae Doctor - Anno XXIII numero 6 - settembre 2016
G
estire insieme la cronicità è il titolo del primo incon- tro congiunto FNOMCeO - Ipasvi, svoltosi di recente a Roma nella nuova sede del Ministero della Salute. L’incontro è stata an- che l’occasione per presentare nei dettagli il Piano nazionale della cronicità, elaborato dal Ministero, per il quale si attende entro fine mese il via libera da parte della Conferenza Stato-Regioni.“Si tratta del primo convegno orga- nizzato insieme da FNOMCeO e Ipasvi - afferma il Presidente della FNOMCeO, Roberta Chersevani -. E abbiamo voluto dedicarlo a un tema, quello della cronicità, che si- curamente ci vede vicini per con- sentire un adeguato percorso clini- co - assistenziale al paziente. Na- sce da una lunga attività di collabo- razione all’interno del Gruppo di Lavoro: ‘Rapporti tra professione medica e altre professioni sanitarie’
che esiste in seno alla FNOMCeO”.
“Un piano di gestione della croni- cità - aggiunge il Presidente dell’I- pasvi, Barbara Mangiacavalli -, non può non considerare, oltre all’appropriatezza clinica, anche l’appropriatezza organizzativa, che serve a dare al paziente la migliore assistenza sanitaria in
condizioni ottimali, anche rispetto all’utilizzo delle risorse economi- che e professionali”.
La cronicità è un problema emer- gente di sanità pubblica in tutti i sistemi sanitari avanzati, per il progressivo invecchiamento del- la popolazione e il conseguente aumento delle patologie croni- che.
¼
¼ Un Paese che invecchia
Sono quasi 158, in Italia, gli over 65 per ogni 100 giovani. La Re- gione più ‘vecchia’ è la Liguria, con un indice di vecchiaia di 242.7%, la più giovane è la Cam- pania, con una sostanziale parità tra anziani e giovani.
In un contesto del genere, la ge- stione della cronicità non può che essere fatta a tutti i livelli - clinico, assistenziale, sociale -, configurandosi come un percor- so di qualità della vita a tutto tondo, che non può prescindere dal coinvolgimento del paziente, oltre che dalla collaborazione tra tutte le professioni.
“Il nostro Piano segna una svolta importante nell’approccio alla malattia: la persona diviene il centro del sistema di cure - com-
menta di Renato Botti, direttore della DG Programmazione sani- taria del Ministero della Salute -.
È necessario quindi riprogettare i modelli assistenziali centrandoli sui bisogni globali del paziente e non solo su quelli clinici. In defi- nitiva, bisogna trasformare un orientamento culturale, che già esiste, in regole di sistema”.
Ed ecco le regole: saranno cin- que le fasi del Piano nazionale cronicità, partendo dalla stratifi- cazione e targeting della popola- zione di riferimento sino ad arri- vare alla valutazione dei risultati, passando attraverso la preven- zione, la presa in carico del pa- ziente e l’erogazione di interventi personalizzati.
“È arrivato il momento di lavora- re tutti insieme in sinergia, ri- spettando e valorizzando le di- verse competenze e integrando- le - è l’auspicio di Rosanna Ugenti, Direttore della DG delle professioni sanitarie del Ssn del Ministero -. E, per far questo, è fondamentale una riprogramma- zione dei fabbisogni, secondo le reali necessità basate sui numeri e su criteri reali e oggettivi, sen- za seguire logiche o interessi di parte”.
Trasversalità, appropriatezza, sinergia, integrazione:
sono queste le parole chiave emerse dal primo convegno congiunto FNOMCeO - Ipasvi,
“Gestire insieme la cronicità”, svoltosi di recente a Roma nella nuova sede del Ministero della Salute
Medici e infermieri uniti per curare
e prendersi cura dei pazienti cronici
i t a l i a s a n i t à
M.D. Medicinae Doctor - Anno XXIII numero 6 - settembre 2016 ■ 19
D
opo il passaggio in Parla- mento e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, i nuovi Livelli essenziali di assi- stenza saranno operativi entro l’anno. A sostenerlo è stato il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin subito dopo l’approva- zione del provvedimento in Con- ferenza Stato-Regioni”.Soddisfazione è stata espressa anche dal presidente della Con- ferenza delle Regioni Stefano Bonaccini: “Con il varo dei nuovi livelli di assistenza in sanità ab- biamo alzato l’asticella della tute- la della salute in Italia. Le Regioni esprimono all’unanimità l’intesa sul provvedimento di aggiorna- mento dei Lea, sul decreto e sui relativi allegati.
Sono norme attese da molto tempo ed innovative che miglio- reranno la qualità dell’assistenza sanitaria ai cittadini. C’è stato un lavoro di preparazione approfon- dito condotto dallo Stato e dalle Regioni a dimostrazione che è possibile condividere grandi obiettivi comuni.
Una impostazione che forse do- vremmo considerare anche og- gi, nel momento in cui con il piano ‘Casa Italia’ stiamo ricono-
scendo la necessità per il Paese di un progetto decennale di pre- venzione”.
Tornando ai nuovi Lea, Bonaccini ha sottolineato anche la strategi- cità del provvedimento e conse- guentemente la necessità di una sua sostenibilità economico-fi- nanziaria pluriennale.
Per questo è importante richia- mare nell’intesa le risorse com- plessive da destinare al servizio sanitario anche nel prossimo biennio: 113.063 milioni di euro per il 2017, 114.998 milioni di euro per l’anno 2018. “Così co- me è fondamentale che queste cifre - ha aggiunto Bonaccini - trovino una puntuale indicazione nella prossima Legge di Bilan- cio”.
¼
¼ La promessa del ministro Lorenzin
In merito alle risorse per il Fondo sanitario 2017 su cui le Regioni hanno chiesto garanzie Lorenzin ha prontamente ribadito: “i 2 mld in più sono nel Def. Ma come sapete in fase di Legge di Bilan- cio ognuno difende il proprio ca- pitolo”. Il Ministro si è già detta pronta a mettere ‘l’armatura’ a
difesa dell’aumento che dovreb- be far salire il fondo dai 111 mld del 2016 ai 113 del 2017.
Ma sicuramente, oltre al proble- ma finanziario, il provvedimento sui Lea presenta innumerevoli complessità come ha sottolinea- to il coordinatore della Commis- sione Salute della Conferenza delle Regioni, Antonio Saitta.
“Ci sono diverse innovazioni e occorrerà modulare in modo gra- duale l’entrata in vigore e soprat- tutto l’erogazione delle nuove prestazioni.
Siamo di fronte ad un cambia- mento strutturale importante - ha spiegato Saitta - e occorrerà lavorare affinché i servizi sanitari regionali possano organizzarsi. Il percorso è tracciato, ma occorre garantire che l’erogazione dei nuovi Lea avvenga in modo uni- forme su tutto il territorio nazio- nale. Ma su questi aspetti lavore- rà da subito, nei modi e nei tem- pi previsti, la ‘Commissione Na- zionale per l’aggiornamento dei Lea e la promozione dell’appro- priatezza del Ssn’. Anche perché fra le prime operazioni da fare c’è quella del delisting, ovvero l’individuazione di tutte le presta- zioni obsolete”.
“Un provvedimento strategico”. Così ha definito l’approvazione dei nuovi Lea da parte della Conferenza delle Regioni il presidente Stefano Bonaccini,
sottolineando, però, la necessità di una sua sostenibilità economico-finanziaria pluriennale
Sì delle Regioni ai nuovi Lea,
ma chiedono più risorse
a p p u n t i
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l nostro servizio Sanitario Nazio- nale è in affanno e viene spes- so messo in discussione. A fronte di un invecchiamento dram- matico della popolazione, si ha la necessità di una assistenza sul territorio intensa, adeguata e che risponda ai dettami della Costitu- zione, che tutela lo stato di benes- sere dell’individuo. Cosa vogliono i nostri pazienti? Vivere a lungo, in buona salute, fare esami e control- li, avere consulti specialistici e far- maci gratuiti. Ma di fronte ad un quadro futuro di risorse non suffi- cienti per tutti ecco i ticket, le liste d’attesa, ma anche gli inutili spre- chi e il massiccio ricorso al privato (per chi se lo può permettere).Ho pensato molto a questi problemi in questi anni intensi di lavoro. Es- sendomi poi occupato a tempo pie- no anche di formazione, come Re- sponsabile del Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale, ho elaborato tre proposte da presenta- re ai nostri politici e responsabili della Sanità pubblica e vorrei condi- videre con i colleghi le mie idee.
Non so chi debba farsi promotore di queste idee se venissero condivise.
Ordine dei medici? Società scienti- fiche? Sindacati? Parlando con i colleghi, giovani e meno giovani, anche verso queste istituzioni vi è un sentimento di scarsa affezione.
1
Inserimento dei giovani me- dici. Accanto all’invecchiamen- to della popolazione generale c’è l’invecchiamento dei medici di me- dicina generale, che porterà a pen- sionamenti di massa nel giro di pochi anni. Ecco allora che si po- trebbe pensare ad un graduale af- fiancamento del collega che ha appena concluso il Corso di Medi- cina Generale per un anno dopo la fine del corso, in attesa di avere la convenzione. Si avrebbe così il modo di sfruttare l’esperienza del medico anziano, che avrebbe mo- do di svolgere un tutoraggio di grande interesse e facendo ricorso all’esperienza maturata in anni di attività. Il giovane collega potrebbe avere un contratto di formazione, analogamente a quanto avviene nelle aziende, quindi il servizio svolto avverrebbe senza grande impegno economico. In un certo senso il medico prossimo alla pen- sione potrebbe scegliere il suo successore ed assicurare ai pa- zienti una continuità terapeutica, come avveniva qualche anno fa con l’associazionismo.2
Creazione della figura di in- fermiere di famiglia. Analo- gamente a quanto accade nei pae- si anglosassoni, il medico di fami- glia dovrebbe giovarsi della colla- borazione nella propria attività diun’infermiera professionale che possa svolgere attività di assisten- za in studio, ma anche a domicilio, con controlli pressori, glicemici e medicazioni. L’infermiera potrebbe essere presente nelle medicine di gruppo e andrebbe pagata diretta- mente dal Ssn. Oltre alle attività sopra citate svolgerebbe anche un ruolo di counselling e di verifica dell’aderenza terapeutica, nonché di screening.
3
Iniziative di educazione sa- nitaria. L’educazione sanitaria non è argomento scolastico e ogni paziente ha nozioni apprese da te- levisione, giornali ed internet. Non è mai stato fatto un programma serio di educazione sanitaria, per quanto riguarda la cessazione del fumo o l’attenersi a stili di vita sani.Ipertensione e sovrappeso non so- no adeguatamente curate perché non se ne comprende l’importanza e si chiedono esami inutili solo per averne sentito parlare in program- mi televisivi o dalla vicina di casa.
Quando ho iniziato a fare il medico di famiglia il paziente veniva da me lamentando i suoi disturbi e chie- dendomi consiglio. Ora invece mi chiede direttamente la visita spe- cialistica o la risonanza magnetica.
Una corretta informazione evite- rebbe anche gli inutili ed eccessivi accessi al Pronto Soccorso.
Dall’esperienza sul campo e in qualità di medico di famiglia ho elaborato tre proposte da presentare ai nostri politici e responsabili
della Sanità pubblica che vorrei condividere con i colleghi
Maurizio Daccò Medicina Generale, Pavia
Tre proposte per il Ssn del futuro
n C ardiologia
Dall’ESC nuove linee guida sulla fibrillazione atriale
n d iabetologia
Farmaci ipoglicemizzanti a confronto: una metanalisi
n g eriatria
Approccio metabolico nutrizionale alla sarcopenia nell’anziano
n i pertensione arteriosa
La vera sfida per il clinico è l’intervento precoce
n M ediCina della riproduzione Indagine europea sulla procreazione assistita
n n utrizione
Olio di palma: tanto rumore per nulla?
A ggiornAmenti
24 ■ M.D. Medicinae Doctor - Anno XXIII numero 6 - settembre 2016
A ggiornAmenti
N
ella cornice dell’edizione 2016 del congresso della European Society of Cardio- logy (ESC), a Roma, sono state pre- sentate le nuove linee guida per il ma- nagement della fibrillazione atriale (FA), stilate congiuntamente da ESC e da EACTS (European Association for Cardio-Thoracic Surgery) (European Heart Journal 2016; online). Questa nuova edizione riflette gli input promul- gati dalla Task Force, che sottolineano l’mportanza di un approccio multidisci- plinare alla patologia. M.D. ha intervi- stato sul tema Leonardo Bolognese, Direttore Dipartimento Cardiovascola- re Neurologico, Ausl 8, e della Cardio- logia Ospedale San Donato, Arezzo.¼
¼ Diagnosi
Una spiccata enfasi è stata dedicata alla problematica della diagnosi pre- coce della FA silente. La diagnosi è fondamentalmente basata sull’esecu- zione di un esame elettrocardiografi- co (evidenza IB); poiché la FA non diagnosticata rappresenta una comu- ne causa di ictus, viene raccomanda- to che si provveda a uno screening elettrocardiografico in tutti i pazienti con età > 65 anni, come pure in colo- ro che hanno già subito un ictus o degli attacchi ischemici transitori.
¼
¼ Terapia con anticoagulanti
Il trattamento anticoagulante orale ri- mane uno dei pilastri della gestione di questi pazienti poiché, ad eccezio- ne di soggetti a basso rischio di ictus, nella stragrande maggioranza dei ca- si la prescrizione di anticoagulanti produce un beneficio clinico netto.
I pazienti con un singolo fattore di ri- schio per ictus (score CHA2DS2-VASc di 2 per le donne e di 1 per gli uomini) dovrebbero essere presi in considera- zione per un trattamento anticoagulan- te, valutando con attenzione le caratte- ristiche peculiari di ogni soggetto non- ché le loro preferenze personali (evi- denza IIaB); negli uomini con uno sco- re CHA2DS2-VASc di 2 e nelle donne con uno score di 3 il trattamento con anticoagulanti è raccomandato (evi- denza IA). I NOAC sono oggi conside- rati trattamento di prima linea nei pa- zienti eleggibili in quanto hanno confer- mato di disporre di un ottimale profilo di sicurezza. I pazienti che per una qualsivoglia ragione non sono candida- bili alla terapia con i NOAC dovrebbero essere posti in trattamento con anta- gonisti della vitamina K (evidenza IB), mentre l’acido acetilsalicilico e altri far- maci antiaggreganti piastrinici non han- no ruoli di rilievo nella prevenzione dell’ictus (evidenza IIIA).
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¼ Prevenzione degli eventi emorragici maggiori
La prevenzione degli eventi emorragici maggiori in corso di terapia anticoagu- lante è estremamente importante. Al fine di ridurre il rischio di sanguinamen- to, le linee guida forniscono un elenco di fattori di rischio modificabili che il medico deve valutare e nei confronti dei quali vanno poste in essere tutte le misure necessarie a minimizzarli. È importante sottolineare che i fattori di rischio per sanguinamento e quelli per ictus molto spesso tendono a sovrap- porsi in un medesimo paziente ed en- trambi traggono beneficio da una tera- pia antiaggregante (evidenza IIaB).
Questa nuova edizione delle linee guida fornisce infine importanti sug- gerimenti per iniziare e/o proseguire il trattamento dopo che si sia verificato un ictus ischemico o una emorragia intracranica: si tratta di situazioni par- ticolarmente delicate nelle quali le decisioni terapeutiche vanno concer- tate da un team interdisciplinare.
La valutazione dei sintomi deve esse- re effettuata utilizzando gli score mo- dificati EHRA (evidenza IC), inclusi la presenza di stanchezza e di mancan- za di respiro, che sono sintomi estre- mamente comuni nei pazienti con fi- brillazione atriale.
Dall’ESC nuove linee guida sulla fibrillazione atriale
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Attraverso ilw w
presenteQR-Code è possibile visualizzare con tablet/smartphone il commento di Leonardo Bolognese
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A ggiornAmenti
I
farmaci antidiabetici disponibili in pratica medica sono ormai diversi, rendendo sempre più complicato stabilire quale sia il per- corso terapeutico ottimale, avendo presente anche un confronto fra le diverse classi di farmaci.Una possibile risposta proviene da un recente studio, che ha visto impegnati ricercatori provenienti da numerose realtà di tutto il mon- do e a cui hanno contribuito in maniera importante i ricercatori italiani. Tra i principali ideatori e autori dello studio, figurano infatti esperti connazionali del Center for Outcomes Research and Clinical Epidemiology (CORESEARCH) di Pescara e dell’Università degli Stu- di di Bari.
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¼ La ricerca
Si tratta di una metanalisi che ha valutato oltre 300 singoli studi sull’efficacia dei farmaci utilizzati nel diabete.
“È documentato come un tratta- mento efficace e tempestivo possa ridurre in modo sostanziale le con- seguenze negative del DMT2” af- ferma Antonio Nicolucci, epide- miologo e responsabile di CORE- SEARCH. “Oggi sono disponibili
numerose opzioni terapeutiche, con nuove classi di farmaci (inibitori del DPP-4, analoghi del GLP-1, ini- bitori del SGLT-2), aggiuntesi ad al- tre utilizzate da lungo tempo”.
È questo quindi il contesto da cui prende spunto l’esigenza della nuo- va indagine: “Queste classi di far- maci differiscono per meccanismo di azione, tollerabilità e costi, men- tre presentano un’efficacia analo- ga”, continua l’esperto. “Le linee guida nazionali e internazionali sug- geriscono di iniziare la terapia con un singolo farmaco per via orale nella maggior parte dei pazienti.
Qualora un singolo farmaco non fosse più sufficiente a mantenere il diabete in buon controllo, si consi- glia l’aggiunta di un secondo farma- co e, se necessario, di ulteriori far- maci. La terapia con insulina viene di solito riservata ai casi di malattia di più lunga durata, non più control- labile con farmaci per via orale (o per via iniettiva, come gli analoghi del GLP-1)”.
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¼ Efficacia a confronto
Ad ora mancano chiare evidenze sulla superiorità di un trattamento rispetto ad un altro nel ridurre le complicanze del diabete o il ri-
schio di morte.
“Questa mancanza di evidenze conclusive è principalmente legata alla breve durata di molti studi”, sottolinea l’epidemiologo. “Tutta- via, dai confronti resi possibili col nostro studio vi è evidenza di come in monoterapia, la metformina si confermi farmaco di prima scelta, con un elevato profilo di efficacia e sicurezza.
Non si sono rilevate significative differenze tra le differenti classi di farmaci in monoterapia e in asso- ciazione di due o tre farmaci sulla mortalità cardiovascolare o per tut- te le cause.
“Nessuna combinazione è risulta- ta superiore alle altre per quanto riguarda l’effetto sulla glicemia. In termini di sicurezza, la combina- zione della metformina con un ini- bitore di SGLT-2 si associa al più basso rischio di ipoglicemie, men- tre la combinazione della metfor- mina con un analogo del GLP-1 determina l’effetto migliore sul pe- so corporeo”, precisa Antonio Ni- colucci.
Per quanto riguarda la combina- zione di tre farmaci l’associazione metformina+sulfaniluree+agonisti del GLP1 è risultata la migliore per l’effetto sull’ipoglicemia.
Farmaci ipoglicemizzanti a confronto: una metanalisi
n d
iabetologia• Palmer SC et al. Comparison of Clinical Outcomes and Adverse Events
Associated With Glucose-Lowering Drugs in Patients With Type 2 Diabetes.
A Meta-analysis. JAMA 2016; 316:
313-324. doi:10.1001/jama.2016.9400.
Bibliografia Bibliografia
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A ggiornAmenti
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iffondere la cultura della nu- trizione clinica per tutelare la salute della collettività e ga- rantire appropriatezza ed efficacia dei percorsi di cura su tutto il territorio nazionale. È la mission della Società Italiana di Nutrizione Clinica e Metabo- lismo (SINuC), nata nel 2015 e che ha tenuto il suo primo congresso nazio- nale a Roma (8/10.6.2016). Molteplici i temi approfonditi dai più accreditati esperti di questa complessa tematica clinica. In particolare in un simposio dedicato è stato trattato il complesso tema dell’“Approccio metabolico nu- trizionale alla sarcopenia nell’anziano”, di cui riportiamo una sintesi.¼
¼ Rischi correlati alla sarcopenia
“È oggi prioritario aumentare la con- sapevolezza della classe medica sui rischi correlati alla sarcopenia, soprat- tutto per consentirne un precoce rico- noscimento attraverso semplici inda- gini (bioimpedenziometria, hand grip dynamometer test) che dovrebbero entrare a far parte dell’armamentario culturale del clinico” - ha affermato Maurizio Muscaritoli, Presidente SINuC, Professore Ordinario di Medi- cina Interna, Dipartimento di Medici- na Clinica - Direttore UOD Coordina- mento Attività di Nutrizione Clinica,
Sapienza Università di Roma.
“La sarcopenia rappresenta di per sé un fattore prognostico negativo.
Quale sia il contesto in cui si verifica, senescenza o patologie croniche in- dipendentemente dall’età, la riduzio- ne di massa e di funzione muscolare si correla con un maggiore rischio di morbilità e mortalità, oltre che con un rischio di perdita di autonomia e di peggioramento della qualità di vi- ta, con notevole impatto sulla spesa sanitaria. La perdita di massa mu- scolare può essere anche un fattore prognostico di maggior rischio di tossicità per alcuni trattamenti, quali quelli chemioterapici”.
¼
¼ Sarcopenia e prognosi
“I meccanismi implicati nella perdita di funzionalità muscolare sono nu- merosi e complessi e la riduzione di massa muscolare espone al rischio non solo di perdita delle funzioni motorie, ma anche di quelle metabo- liche ed endocrine (in particolare produzione di miochine), funzioni che se alterate possono creare e peggiorare lo stato di malattia. Ana- lizzando il muscolo come un organo endocrino si può affermare che la sarcopenia non è solo il deficit di un apparato ma una vera e propria in-
sufficienza d’organo, che può peg- giorare le noxae patogene che a loro volta l’hanno determinata” - ha spie- gato Giampaolo Biroli, SC Dieteti- ca e Nutrizione Clinica, AOU “Mag- giore della Carità” di Novara.
“Gli studi hanno evidenziato come nei soggetti sarcopenici gli outcomes siano decisamente peggiori, sia negli anziani ricoverati sia in quelli che vivo- no in comunità rispetto ai non sarco- penici. Recenti ricerche dimostrano che nei pazienti oncologici la condizio- ne sarcopenica genera una maggior suscettibilità alla tossicità da chemio- terapici, maggiore mortalità generale, maggiore predisposizione a gravi complicanze post-chirurgiche. È stata documentata una minor sopravviven- za nel cirrotico sarcopenico, anche a causa di sepsi. Allo stato dell’arte l’approccio clinico da considerare per affrontare questa condizione è la si- nergia tra intervento motorio e ap- proccio nutrizionale” - conclude Biroli.
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¼ Prevenire e curare la sarcopenia
Il progressivo aumento dell’età media della popolazione e la crescente inci- denza di obesità sono le attuali ten- denze epidemiologiche. “L’invecchia- mento e l’accumulo di grasso viscera- le, tipico dell’obesità sarcopenica, sono essenzialmente caratterizzati da processi infiammatori sistemici e cel- lulari e dalla riduzione della produzio- ne energetica, quindi da una ridotta funzionalità bioenergetica con deficit della funzione mitocondriale” - illu- stra Enzo Nisoli, Centro di Studio e Ricerca sull’Obesità, Dipartimento di Biotecnologie Mediche e Medicina