• Non ci sono risultati.

Discrimen » La formazione specialistica dell’avvocato penalista

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Discrimen » La formazione specialistica dell’avvocato penalista"

Copied!
7
0
0

Testo completo

(1)

L

A FORMAZIONE SPECIALISTICA DELL

AVVOCATO PENALISTA * Gaetano Insolera

1. Nel pensare ad uno scritto dedicato a Nicola Mazzacuva, in occasione del suo congedo dall’insegnamento del diritto penale nell’Università di Bologna, mi sono riaffiorati molti ricordi.

Ne menziono solo alcuni.

Ho rivisto la comune maestria di Franco Bricola. La monografia di Mazzacuva sul disvalore di evento [Il disvalore di evento nell’illecito penale, 1983] è emblemati- ca di quella stagione: delle speranze che accompagnarono il comune giovanile entu- siasmo per un’avventurosa impresa penalistica. Il pensiero si è subito colorato delle nostalgiche luci del tramonto e della delusione.

La realtà, con la durezza che assume quando ha a che vedere con i rapporti di potere e di forza – questo è il penale – ha confinato quelle speranze nella stanza della storia delle idee. Nella malinconia.

Meglio rivolgere lo sguardo ai tanti anni successivi, al dialogo e all’impegno per contrastare i mutamenti impressi al sistema in direzioni sempre più lontane da quel paradigma costituzionale, organicamente sistematizzato dalla vivace esperien- za bolognese.

Anche a questo proposito difficile negare come l’orgoglio per non aver avuto cedimenti, si sia confrontato con un mainstream accademico spesso diversamente orientato.

Nuovi gli idoli del “neorealismo” penalistico: diritto vivente prodotto dalla er- meneutica giurisprudenziale, fuga dal limite della Legge, cooperazione della Corti nazionali e sovranazionali contro il “sovranismo”, come lo ha definito qualcuno, col- to nella difesa dei principi garantistici della nostra Costituzione.

Infine, la lunga esperienza professionale di Nicola Mazzacuva, talvolta condivi- sa nei tanti anni trascorsi negli spazi dello studio professionale comune. Con la quo- tidiana opportunità di confronto “clinico” sui rispettivi processi: mi capita spesso di

* Il testo è destinato agli Scritti in onore di Nicola Mazzacuva in occasione del suo congedo.

18.6.2021

(2)

Gaetano Insolera

2

ricordarlo, l’attività professionale deve essere il complemento della riflessione teori- ca, nella tradizione della nostra grande penalistica. La “clinica”, appunto.

E Mazzacuva in questa ultima fase ha affiancato anche un forte impegno nell’Unione delle camere penali italiane, mettendo a disposizione di un sodalizio su base professionale, che è stato in prima linea nella difesa dei fondamentali diritti ci- vili, della libertà di ognuno, la sua attenzione critica nei confronti della indefettibili- tà della pena carceraria, in favore della clemenza, del necessario oblio, contro la dila- gante passione punitiva.

2. È questa ultima riflessione che mi ha infine convinto a proporre il testo ri- veduto di un mio recente discorso – forse un po’pomposamente definito “prolusio- ne”, e l’avverbio serve solo a ridimensionare il valore di qualche mia riflessione in occasione della inaugurazione del VI Corso biennale di alta formazione dell’avvocato penalista dell’Unione delle camere penali italiane1. Occasione a cui ha partecipato con un intervento anche Mazzacuva.

3. «Penso che i destinatari di questo meritevole impegno della UCPI siano so- prattutto giovani colleghi.

E mi sono interrogato su quale potrà essere il significato di una “specializzazio- ne” formativa: la prima risposta, scontata, la formazione giuridica.

Quindi “formazione tecnica”: punto di riferimento obbligato l’interpretazione delle Leggi che compongono il sistema penale. Vedremo se questa risposta – facile – è oggi adeguata e praticabile.

Ma occorre fare due premesse.

3.1. Il corso dovrà chiedersi se la nostra giustizia penale veda all’opera – è af- fermazione ricorrente – una comunanza di magistrati ed avvocati, riconducibile ad una unitaria formazione e appartenenza al ceto dei giuristi. È un mantra che oggi più che mai accompagna conati di riforma efficientistica del sistema.

In questo contesto un approccio, egualmente ricorrente, ma errato, che propo- ne una specularità degli intenti e dei poteri delle due corporazioni.

1 Svoltosi one line il 14 maggio 2021.

(3)

La formazione specialistica dell’avvocato penalista

3

3.2. Qualche anno fa ragionavo delle chances dell’argomentazione difensiva e ne definivo gli spazi divenuti veramente esigui2.

Nel diritto sostanziale, si pensi al tema caldo della prescrizione o alle interpre- tazioni analogiche volte a colmare asseriti vuoti di tutela, lacune oggetto di continue segnalazioni da parte della magistratura associata.

Quanto alle pene, frequente che nella commisurazione affiorino “private” sim- patie morali, sociali o politiche che suscita il reato o il reo; gioca anche il contegno processuale poco collaborativo. Sul terreno processuale si consideri poi come al peso assolutamente preponderante ormai assunto, in termini di penalità effettiva, perso- nale e reale, esercitata nelle indagini preliminari, corrisponda l’incedere di una giuri- sprudenza erosiva della legalità processuale.

4. Chiediamoci ora quale sia divenuto l’oggetto di una specializzazione penalistica.

A dominare è un’espressione ormai presente in ogni interstizio del nostro me- stiere.

Il diritto vivente.

È una stella che ha illuminato un cammino che, idealmente, il sistema irresisti- bilmente ha percorso dalle SS.UU Beschi del 2010 fino alla riforma dell’art. 618 c.p.p.

Cosa è la Legge di cui parla l’art. 25, 2° comma e l’art. 101, 2° comma Cost.? Chi è il legislatore legittimato a punire? Non dimenticate di chiedervelo sempre nel vo- stro percorso formativo.

E forse vedrete l’opera di tanti attori, diversi dal Parlamento: gli studi del Massi- mario della Cassazione, i pronunciamenti dell’ANM e quelli, ad essi intonati, del CSM.

Un cammino del giudice-legislatore, prodotto da una catalisi generata anche dal rapporto con le giurisdizioni europee e la mistificante ibridazione con la com- mon law: se dovessi rappresentarla penserei ai volti di Francis Bacon. Anche se le sentenze non dovrebbero proprio essere una libera composizione artistica.

5. Tutto ciò rende molto difficile pensare ad una formazione comune capace di garantire una tendenziale omogeneità delle soluzioni interpretative.

Al modello autoritario che si è colto nel tecnicismo giuridico propugnato da

2 Argomentare e convincere nella crisi della legalità penale. Una missione impossibile per l’avvocato penalista?, in Studi in onore di Luigi Stortoni, BUP, Bologna, 2016, 75 ss.

(4)

Gaetano Insolera

4

Arturo Rocco nella prolusione all’Università di Sassari del 1910, che ha dominato la nostra cultura penalistica fino ai primi anni del secondo dopoguerra è subentrato quello che definirò il “neotecnicismo” della “post-modernità” penalistica, che a tanti piace raccontare.

Il tecnicismo di Rocco contemplava una supremazia della Legge, con limitazio- ni della discrezionalità giudiziale, Legge alla quale si voleva attribuire il requisito della certezza.

Parlo di “neotecnicismo” in quanto non è diversa la filigrana politica autorita- ria: la prevedibilità della decisione giudiziaria, sostituendosi alla certezza del diritto penale, opera una palese sostituzione nell’equilibrio dei poteri dello Stato di diritto, nell’ambito di istituzioni conformate dalla storia e dalla cultura delle democrazie continentali.

Così, se non penso proprio che si possa più immaginare un illuministico ordine giudiziario, dotato di un potere limitato rispetto agli altri poteri dello Stato di diritto, dall’altra parte l’innesto della giurisprudenza fonte cozza con un’invariata architettu- ra dei poteri e della loro legittimazione: e ciò riguarda anzitutto quello giudiziario.

6. La legge penale ridotta a prodotto legislativo semilavorato è affidata alle ma- nipolazioni interpretative del potere giudiziario, che interviene anche preventiva- mente, condizionando decisori politici sempre più deboli e intimoriti che, nell’affermazione elettorale di strategie e obiettivi, questi più che deboli ormai inesi- stenti, quanto a visione generale, sono accomunati da concezioni della libertà e dell’autonomia dei singoli frammentate nell’inseguimento di risposte immediate alle più varie istanze di difesa sociale: la ricetta di sempre di tutte le demagogie.

Ecco che occorre chiedersi quale sia l’ideologia che orienta iniziative e inter- pretazioni giudiziarie: nella geografia dei poteri a dominare è il formidabile cemento che sostiene la sinergia di due attori: quello giudiziario e quello mediatico.

Le capacità di prestazione dell’endiadi sono sotto gli occhi di chi pratica quoti- dianamente quello che non è più, come invece dovrebbe, essere il “mestiere delle leggi”. Giustizia penale e media costituiscono un’endiadi che ha la pretesa di rappre- sentare la coercizione penale come il popolo si attende che sia.

7. La fortunatissima formula del “diritto penale vivente” tuttavia altro non è

(5)

La formazione specialistica dell’avvocato penalista

5

che il prodotto di un ceto burocratico di funzionari, privilegiato e irresponsabile, che è riuscito ad acquisire il monopolio delle scelte punitive.

8. Allora quali possono essere gli obiettivi formativi della specializzazione pe- nalistica degli avvocati?

Una prospettiva può essere quella della subordinazione al “nuovo legislatore”.

Un ruolo esecutorio, di cooperazione, dell’avvocatura: come il tecnicismo giu- ridico trovava la sua essenza autoritaria nell’aver “decontaminato” il mestiere delle leggi da suggestioni di valore, sociologiche e filosofiche, diverse da quelle recepite dalla Legge, l’attuale neo-tecnicismo impone all’avvocatura un’unica deferenza:

quella al diritto vivente.

Ma vi è un’altra via.

La formazione dei penalisti può divenire anzitutto il luogo nel quale ridare di- gnità e forza ai principi di un diritto penale liberale, nel senso della protezione delle libertà e della autonomia dei singoli nei confronti del potere dello Stato: conferme alla storica determinatezza della figura dell’avvocato nelle democrazie costituzionali post-illuministe.

Una strada difficile, che non deve riflettersi nello specchio deformante della indelebile solidarietà corporativa dei nostri abituali interlocutori giudiziari, non fos- se altro per la mancanza della loro sicurezza economica. Quella dell’avvocato è una professione concorrenziale, la compattezza corporativa della magistratura, a ben ve- dere, si incrina solo nei casi di conflitto tra singole vedette o tra le fazioni che la per- corrono.

Ma si tratta di una strada che deve anche contrastare la demonizzante rappre- sentazione sociale della nostra professione, alla quale dà alimento la sinergia di pote- re giudiziario e mediatico: i mali della giustizia penale infatti sono anzitutto colpa degli avvocati, sentiamo dire (si vedano i racconti sulla durata dei processi e sulla prescrizione).

Ben diversa la dominante narrazione del salvifico potere giudiziario, soprattut- to nella componente dei PM: eroi, miti fondativi, beatificazioni.

9. In questa ricerca del significato da attribuire alla formazione dei penalisti, avvenimenti attuali, forse, possono esserci di aiuto.

(6)

Gaetano Insolera

6

Soccorre il buon senso dei proverbi: il tempo è galantuomo verso chi, negli ul- timi trenta anni, non si è stancato di individuare e seguire questi mutamenti di sce- nario. Tuttavia, penso che recenti avvenimenti consentano di aggiungere qualcosa alla prometeica affermazione “io so anche se non ho le prove”3, qui frutto dell’osservazione quotidiana della giustizia penale.

Come l’estinzione della dinastia di Rurik inaugurò, quello che la storiografia russa chiama “il periodo dei torbidi”, caratterizzato dall’investitura del potere di vari sedicenti eredi di Ivan IV, fino all’affermazione dei Romanov, così ci si comincia ad interrogare sulla legittimazione del nostro potere giudiziario e sulle modalità del suo esercizio.

10. In primo piano sta il potere delle Procure.

Anche a questo proposito credo che le recenti scoperte sulla giustizia penale confermino quanto qualsiasi osservatore intellettualmente onesto sapeva. Efficace la recente osservazione di Sabino Cassese: oggi “le Procure non sono più in funzione dell’accusa, ma in funzione del giudizio”.

Le strategie che accomunano, anzitutto nella comunicazione, Procure, Polizie e principali media (stampa e televisione, con al traino i social) non possono non con- dizionare la funzione giudicante.

Forse si comincia a cogliere quanta ipocrisia continua a celarsi in fortunati slo- gan: cultura della giurisdizione dei PM, difesa nel processo e non dal processo, irri- nunciabile unicità delle carriere e della formazione dei magistrati, ad esempio.

11. Che avvocato piace a questo nuovo Leviatano, non fronteggiato da efficien- ti contrappesi e incatenamenti?

La risposta a questa domanda dovrebbe essere una guida, in negativo, per co- struire l’obiettivo formativo del penalista.

Piace l’avvocato che partecipa e sostiene l’accusa pedissequamente, nella difesa di sempre nuovi diritti che il diritto penale vivente persegue, sprezzando spesso il

3 E penso alla notissima invettiva di Pasolini pubblicata dal Corriere della sera il 14 novembre 1974, in ciò affratellato al ruolo svolto da Leonardo Sciascia, anche e proprio a proposito della Giusti- zia penale.

(7)

La formazione specialistica dell’avvocato penalista

7

divieto di analogia. Difesa invocata dalla società, insoddisfatta dalla Legge. È la reto- rica permanente dei vuoti di tutela.

Piace quando assiste la “società delle vittime”, sollecitando e affiancando il PM nella fase delle indagini e, come Parte civile, nel processo. Un ruolo che definisce oggi una specializzazione: la difesa delle vittime e dei soggetti pubblici o privati che le rappresentano.

Piace quando non coltiva il fastidioso formalismo delle invalidità processuali e collabora per la celere definizione del processo con l’acquisizione nel dibattimento del dossier delle indagini.

Piace, ancor prima, quando sollecita di preferenza patteggiamenti e alternative inquisitorie.

La situazione della nostra giustizia penale mostra anche, nei fatti, l’avanzare di una forma di malthusianesimo applicato all’avvocatura: troppi gli avvocati, per que- sto fomentatori di eccessi di un cavilloso difensivismo di colpevoli, di spregiudicato ricorso alle impugnazioni, nel cinico inseguimento del profitto.

L’idea che piace è quella della sopravvivenza di soli grandi studi che non pos- sono sacrificare, in nome dell’antagonismo difensivo, la loro dimensione imprendito- riale. E questo può insidiare quei doveri di indipendenza e autonomia che sorreggo- no il profilo deontologico dell’avvocato.

12. In conclusione, un mestiere difficile, quello del penalista: in prima linea nella difesa di diritti fondamentali di libertà nel conflitto impari tra la macchina pu- nitiva dello Stato e l’imputato che, come ricordava qualche anno fa Luigi Ferraioli ai magistrati, se nel momento del reato la parte debole è la parte offesa, nel momento del processo il soggetto debole è sempre l'imputato e i suoi diritti e le sue garanzie sono altrettanto leggi del più debole.

Rispetto alla vittimologia che impera, l’avvocato ha come primo dovere quello di proteggere indagati e imputati dalla vendetta e da un ruolo sacrificale richiesto dall’opinione pubblica: pretendendo l’osservanza di principi e leggi che lo tutelano, a cominciare dalla presunzione di non colpevolezza».

Riferimenti

Documenti correlati

Perché solo la mente umana ha consentito lo sviluppo di una cultura e di una tecnologia che evolvono così rapida- mente, e di una società ormai planetaria. Queste domande sono

Non tanto, quindi, per cogliere un ritratto buonistico e lusinghiero della disposizione di legge, quanto per conservarne la più severa dimensione scientifica e di contatto con

Il Corso mira a formare coloro che, come operatori (magistrati, avvocati) o professionisti (periti, consulenti tecnici), svolgono la loro attività nel campo del diritto e del

L’aspettativa deontologica che riguarda ogni fi- gura professionale di penalista – giudice, pubblico accusatore e difensore – merita di essere esaminata dalle rispettive

A ciò si aggiunga – ed è questo un ulteriore gravissimo fenomeno – che ove l’Autorità Giudiziaria abbia l’ardire di pronunciare una sentenza in contrasto

Per di più, le decisioni-quadro emanate nell’ambito del terzo pilastro e, dopo il Trattato di Lisbona, alcune direttive hanno imposto l’introduzione o l’ampliamen- to di

Là dove il faro di questa sentenza non arriva a proiettare luce a suffi- cienza è, invece, sul terreno di quali debbano essere i requisiti di idoneità in- trinseca dello

mente, riflettendo sui meccanismi di applicazione del diritto, rifiuta il tradiziona- le sillogismo giudiziario della sussunzione nella fattispecie legislativa e valorizza al