• Non ci sono risultati.

N. 1/2022 PARTE IV GIURISDIZIONE

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "N. 1/2022 PARTE IV GIURISDIZIONE"

Copied!
10
0
0

Testo completo

(1)

N. 1/2022 PARTE IV – GIURISDIZIONE

151

Sezione II centrale d’appello

1 – Sezione II centrale d’appello; sentenza-ordinanza 11 gennaio 2022; Pres. Loreto, Est. Ruggiero; B.N.F.

e altri c. Proc. reg. Umbria.

Riforma parzialmente Corte conti, Sez. giur. reg. Um- bria, 9 dicembre 2019, n. 94.

Responsabilità amministrativa e contabile – Danno erariale – Responsabilità dell’erede – Presupposti – Mancata prova dell’illecito arricchimento del dan- te causa – Sussistenza – Rinuncia all’eredità – Di- fetto di legittimazione passiva dell’erede – Sussiste.

C.c., art. 521; l. 14 gennaio 1994, n. 20, disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti, art. 1, c. 1.

Non sussiste la legittimazione passiva degli eredi, chiamati a rispondere dell’indebito arricchimento conseguito ad indebita percezione di crediti di impo- sta da parte di una società la cui amministratrice, lo- ro dante causa, sia deceduta prima dell’instaurazione del giudizio, qualora vi sia rinuncia all’eredità, infat- ti, il presupposto della responsabilità risarcitoria

dell’erede, distinto dal diverso profilo della responsa- bilità erariale, che può riguardare soltanto il dante causa, è costituito dalla qualità di erede; pertanto, qualora questo abbia rinunciato all’eredità, viene meno la legittimazione passiva, perché con la rinun- cia la qualità di erede non viene assunta, parimenti, non sussiste la legittimazione passiva degli eredi qua- lora la procura non abbia provato l’illecito arricchi- mento del dante causa.

12 – Sezione II centrale appello; sentenza 1 febbraio 2022; Pres. Loreto, Est. Ruggiero; Inps c. T.R.

Conferma Corte conti, Sez. giur. reg. Veneto, 27 no- vembre 2018, n. 193.

Processo contabile – Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato – Mutatio libelli – Interpretazione da parte del giudice degli elementi di fatto – Non sussiste – Fattispecie.

C.p.c., art. 112.

Non costituisce “mutatio libelli” ma “emendatio libelli” con cui il giudice si limita a modificare l’interpretazione del fatto storico ovvero a qualificare diversamente il fatto costitutivo del diritto, nel caso la qualificazione della domanda pensionistica del ricor- rente (nella specie, è stata esclusa la sussistenza del vizio di extrapetizione o ultrapetizione della sentenza che aveva concluso che oggetto della domanda giudi- ziale era la reversibilità della pensione del padre del ricorrente anziché di quella della madre).

30 – Sezione II centrale d’appello; sentenza 4 febbraio 2022; Pres. Loreto, Est. Razzano, P.M. Tomassini;

G.L. c. Proc. gen.

Conferma Corte conti, Sez. giur. reg. Lazio, 15 gen- naio 2020, n. 11.

Processo contabile – Rapporti con il giudizio civile, penale e amministrativo – Giudizio di responsabili- tà amministrativa – Danno indiretto – Sentenza penale provvisoriamente esecutiva – Presupposto processuale – Sussiste.

Cost., art. 103; c.p.p., art. 540; c.p.c., art. 282; l. 14 gennaio 1994, n. 20, disposizioni in materia di giuri- sdizione e controllo della Corte dei conti, art. 1; d.lgs.

2 luglio 2010, n. 104, attuazione dell’art. 44 della l. 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo, art. 115.

Processo contabile – Rapporti con il giudizio pena- le – Impugnazione della sentenza penale dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo – Rilevan- za nel giudizio contabile – Limiti.

Cost., art. 117, c. 1; Cedu, art. 46; c.g.c., artt. 1, 106, 202; c.p.p., art. 630.

Processo contabile – Giudizio di responsabilità – Chiamata di terzo – Litisconsorzio necessario e fa- coltativo – Divieto – Limiti.

Cost., art. 24, c. 1; c.p.c., artt. 102, 107, 331; c.g.c., artt. 83, cc. 1 e 2, 199; d.lgs. 7 ottobre 2019, n. 114,

(2)

152

disposizioni integrative e correttive al d.lgs. 26 agosto 2016, n. 174, recante codice di giustizia contabile, adottato ai sensi dell’art. 20 della l. 7 agosto 2015, n.

124, art. 1.

Processo contabile – Giudizio di responsabilità – Concorso di terzo estraneo – Eccezione – Onere della prova – Nullità della citazione – Non sussiste.

C.g.c., artt. 86, 94; c.c., artt. 1227, 2697; d.lgs. 7 otto- bre 2019, n. 114, art. 1.

Processo contabile – Giudizio di responsabilità – Concorso di terzo estraneo – Valutazione inciden- tale – Riduzione dell’addebito in via equitativa.

Cost., artt. 24, 111; c.c., artt. 1226, 1227; l. 14 gennaio 1994, n. 20, art. 1.

In virtù del principio di autonomia tra l’azione ci- vile, penale e amministrativa, e quella di responsabili- tà amministrativa, alla pronuncia di condanna a provvisionale emessa nel giudizio penale va attribuita la qualifica di “presupposto processuale” soltanto se e in quanto posta in esecuzione, il perimetro oggettivo e soggettivo della pronuncia provvisoriamente esecu- tiva esclude qualsiasi efficacia vincolante per il giudi- ce contabile, in quanto riguarda una responsabilità di natura privatistica tra il terzo danneggiato e la pub- blica amministrazione, mentre l’azione di responsabi- lità amministrativa si ricollega al rapporto di servizio di natura pubblicistica tra l’amministrazione e il di- pendente che abbia, direttamente o indirettamente, recato danno all’erario; non occorre, pertanto, atten- dere il passaggio in giudicato della sentenza di con- danna civile, penale o amministrativa, al fine di rite- nere procedibile l’azione per danno indiretto. (1)

Non incide sul processo contabile, in sede di ac- certamento della responsabilità amministrativa del dirigente di un ufficio pubblico per danno indiretto, già condannato al risarcimento di una provvisionale dal giudice penale, l’impugnazione della sentenza del- la Corte di cassazione di inammissibilità del ricorso dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo e del- le libertà fondamentali, la possibilità di conseguire la revisione del processo, infatti, è stata riconosciuta soltanto nell’ambito del processo penale, mentre per le pronunce rese in sede civile, amministrativa e con- tabile non ricorre un obbligo generale di adottare la misura ripristinatoria della riapertura del processo, e i singoli Stati sono soltanto incoraggiati a provvedere in tal senso; nel codice di giustizia contabile, appro- vato con d.lgs. n. 174/2016, infatti, non è contemplato un motivo di revocazione della sentenza pronunciata in grado d’appello o in unico grado per danno indiret- to consequenziale alla sentenza della Corte europea. (2)

L’art. 83, cc. 1 e 2, c.g.c. (nel testo conseguente al- le modifiche recate dal d.lgs. n. 114/2019), adottato in attuazione dell’art. 20 della l. n. 124/2015, pone al giudice contabile il divieto assoluto di ordinare la chiamata in causa del terzo, l’istituto dell’intervento coatto jussu judicis integra un’ipotesi di litisconsorzio facoltativo successivo, ben distinto dal litisconsorzio necessario, in quanto presuppone, oltre alla pluralità di parti nel processo, anche la pluralità di cause; nel

rito contabile, la legittimazione attiva rimane di esclusiva pertinenza del pubblico ministero, con la conseguenza che è inibito al giudice il potere di am- pliare i limiti oggettivi e soggettivi del giudicato. (3)

L’onere di dedurre e provare il concorso del terzo estraneo grava sul convenuto, trattandosi di un fatto estintivo o modificativo della pretesa risarcitoria promossa in giudizio dal pubblico ministero contabile, e, dunque, di una vera e propria “eccezione”;

l’omessa o insufficiente indicazione di tale circostan- za nell’atto di citazione non ne determina la nullità, in quanto i requisiti di contenuto-forma indicati nell’art.

86 c.g.c. impongono alla parte pubblica di indicare i

“fatti costitutivi” del diritto fatto valere, rispetto ai quali soltanto sussiste l’onere di asseverazione. (4)

La mancata evocazione in giudizio del terzo al quale si ritiene la causa comune non pregiudica il di- ritto di difesa del convenuto né altera i canoni del giusto processo, l’obbligazione risarcitoria dedotta in sede di responsabilità amministrativa è, infatti, di re- gola, parziaria, a eccezione del caso in cui ricorra una solidarietà dal lato passivo; qualora il giudice accerti l’assenza del vincolo di solidarietà, può con- dannare il convenuto per la parte che “vi ha preso”

nella determinazione dell’evento dannoso, valutando, in via equitativa e virtuale, il contributo del terzo non citato. (5)

41 – Sezione II centrale d’appello; sentenza 9 febbraio 2022; Pres. Acanfora, Est. Razzano; Inps c. B.F.

Riforma parzialmente Corte conti, Sez. giur. reg. To- scana, 14 gennaio 2020, n. 21.

Pensioni civili e militari – Personale di polizia e del comparto sicurezza e difesa – Legge di bilancio 2022 – Ricalcolo del trattamento pensionistico più favorevole anche al personale collocato in quie- scenza prima della data di entrata in vigore della legge di bilancio – Interpretazione storico- sistematica e non meramente logico-letterale – Specificità del Comparto difesa e sicurezza – In- terpretazione del principio di irretroattività della legge non penale secondo Costituzione – Sussiste.

(1-5) Sul principio di autonomia del giudizio contabile e quello civile in materia di danni erariali indiretti, v. Corte conti, Sez. giur. reg. Lombardia, 19 marzo 2015, n. 41, in questa Rivi- sta, 2015, 1-2, 253; Sez. giur. reg. Piemonte, 28 settembre 2012, n. 140, ivi, 2012, 5-6, 352; Sez. app. reg. Sicilia, 23 gen- naio 2012, n. 18, ibidem, 1-2, 208, tutte con nota di richiami.

Nel senso che l’indagine del giudice contabile per accertare i fatti causativi della deminutio patrimonii non si riduce nell’adesione alle risultanze del giudicato civile o amministra- tivo, ma si basa sempre su una rilettura della fattispecie al fine di formare il suo libero convincimento (art. 116 c.p.c.), v. Corte conti, Sez. giur. reg. Emilia-Romagna, 11 maggio 2017, n. 100, ivi, 2017, 3-4, 311; Sez. giur. reg. Umbria, 23 maggio 2014, n.

67, ivi, 2014, 3-4, 376; Sez. giur. reg. Calabria, 25 giugno 2013, n. 228, ivi, 2013, 3-4, 366, tutte con nota di richiami. Per il giudicato penale, la rilevanza sussiste nei limiti di cui agli artt. 651, 652 e 654 c.p.p.

(3)

N. 1/2022 PARTE IV – GIURISDIZIONE

153

C.c., disp. prel., art. 11; d.p.r. 29 dicembre 1973, n.

1092, approvazione del t.u. delle norme sul trattamen- to di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, artt. 44, 54, 61; l. 15 dicembre 1990, n. 395, or- dinamento del Corpo di polizia penitenziaria, art. 1, cc. 1, 3, 4; d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 443, ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, a norma dell’art. 14, c. 1, l. 15 dicembre 1990, n. 395, art. 56, c. 3; l. 8 agosto 1995, n. 335, riforma del si- stema pensionistico obbligatorio e complementare, art.

1, c. 12; d.lgs. 30 aprile 1997, n. 165, attuazione delle deleghe conferite dall’art. 2, c. 23, l. 8 agosto 1995, n.

335, e dall’art. 1, c. 97, lett. g), e 99, l. 23 dicembre 1996, n. 662, in materia di armonizzazione al regime previdenziale generale dei trattamenti pensionistici del personale militare, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché del personale non contrattualizzato del pubblico impiego, art. 1;

d.lgs. 15 marzo 2010, n. 166, codice dell’ordinamento militare, art. 1; d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla l. 30 luglio 2010, n. 122, mi- sure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, art. 1; d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214, disposizioni urgenti per la cre- scita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici, art. 1; d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito con modi- ficazioni dalla l. 28 marzo 2019, n. 26, disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pen- sioni, art. 1; l. 30 dicembre 2021, n. 234, bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanzia-rio 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024, art. 1, cc. 101, 102.

Il regime più favorevole di calcolo del trattamento pensionistico, introdotto dalla l. n. 234/2021 (legge di bilancio 2022) deve applicarsi anche al personale ap- partenente al Comparto difesa e sicurezza, indipen- dentemente dalla natura civile o militare dei rispettivi ordinamenti, in base ad un’interpretazione costituzio- nalmente orientata del principio di irretroattività del- la legge di cui all’art. 11 delle disposizioni prelimina- ri al codice civile; questo, sia per impedire irragione- voli disparità di trattamento tra gli appartenenti al medesimo comparto, sia in considerazione della co- pertura della spesa, prevista dal c. 102 dell’art. 1 del- la legge di bilancio ed esplicitata dalla relazione tec- nica alla legge, che include anche il personale già cessato dal servizio, per il quale risulta calcolato l’onere economico nel decennio 2022-2031 per i ratei con decorrenza dall’1 gennaio 2021. (1)

Diritto – 1. L’appello è parzialmente fondato e me- rita accoglimento per quanto di ragione.

(1) Segue la nota di E. Tomassini, La Sezione II di appello elimina la disparità del trattamento degli appartenenti al Com- parto difesa e sicurezza ai fini della riliquidazione del tratta- mento pensionistico anche con riguardo ai soggetti già in quie- scenza all’1 gennaio 2022.

2. La questione di diritto è stata oggetto di plurimi arresti giurisprudenziali, tutti volti a denegare l’estensione dell’art. 54 del d.p.r. n. 1092/1973 al per- sonale appartenente al Corpo di polizia penitenziaria, pur dopo le pronunce delle Sezioni riunite nn. 1 e 12/2021 (in termini, Sez. I, nn. 351, 330, 134 e 11/2021; Sez. II n. 82/2021 e n. 307/2020; Sez. III, nn.

571, 514, 155, 154/2021), mentre la Sezione d’appello per la Sicilia ha disposto il rinvio della discussione dei singoli giudizi, in attesa dell’approvazione della legge di bilancio (ex multis, ord. n. 37/2021).

3. L’orientamento maggioritario ha posto concor- demente in luce che l’art. 1, l. 15 dicembre 1990, n.

395, istitutiva del Corpo di polizia penitenziaria in cui è confluito il disciolto corpo degli agenti di custodia, espressamente lo ha definito un “corpo civile” (c. 1), facente parte delle “forze di polizia” (c. 3), al quale si applicano “in quanto compatibili le norme relative agli impiegati civili dello Stato” (c. 4). Su tali dati normativi, si è escluso che, per la parte della pensione da liquidarsi secondo il sistema retributivo, avrebbe potuto trovare applicazione l’aliquota di rendimento di cui l’art. 54, t.u. n. 1092/1073, che ha come esclusivo destinatario il personale “militare”. Tale percorso ar- gomentativo ha tratto conforto anche nell’art. 56, c. 3, d.lgs. n. 443/1992, a mente del quale “Al personale del Corpo di polizia penitenziaria, ai soli fini dell’acquisizione del diritto al trattamento di pensione normale, si applica l’art. 52 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 di- cembre 1973, n. 1092”. Peraltro, pur dopo l’entrata in vigore della legge sulla “smilitarizzazione”, agli agen- ti di Polizia penitenziaria è rimasto applicabile il re- gime di cui all’art. 6, l. n. 1543/1963 (espressamente fatto salvo dall’art. 14, c. 2, l. n. 395/1990, successi- vamente dal menzionato d.lgs. n. 442/1992, e ancora, dal d.lgs. n. 179/2009, come modificato dall’allegato C del d.lgs. n. 213/2010), alla cui stregua il massimo della pensione era conseguito “con trenta anni di ser- vizio utile” (c. 1), pur potendo accedere, “al compi- mento del ventesimo anno di servizio, al 44 per cento della base pensionabile” (con un’aliquota media di rendimento annuo pari al 2,2%), mentre “per ciascun anno di servizio oltre il ventesimo e per non più di dieci anni successivamente compiuti, la pensione sarà aumentata del 3,60 per cento” (c. 3).

4. In realtà sia la misura del trattamento pensioni- stico sia i requisiti di accesso alla pensione sono stati totalmente ridisegnati dagli interventi normativi suc- cessivi.

Sul primo fronte, l’art. 1, c. 12, l. n. 335/1995 ha previsto per i lavoratori iscritti alle forme di previden- za che, alla data del 31 dicembre 1995, possono far valere un’anzianità contributiva inferiore a diciotto anni, che la pensione sia determinata dalla somma:

a) della quota di pensione corrispondente alle an- zianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 calcolata, con riferimento alla data di decorrenza della pensione, secondo il sistema retributivo previsto dalla normativa vigente precedentemente alla predetta data;

(4)

154

b) della quota di pensione corrispondente al tratta- mento pensionistico relativo alle ulteriori anzianità contributive calcolato secondo il sistema contributivo.

Il sistema retributivo “puro” è, dunque, rimasto soltanto per coloro che alla data sopra indicata abbia- no maturato già 18 anni di servizio; nel sistema “mi- sto”, come sopra definito, le anzianità di servizio suc- cessive al 31 dicembre 1995 sono calcolate con il cri- terio “contributivo”, con la conseguenza che il milita- re che, a quella data, abbia meno di 18 anni di servi- zio, ha visto riformare in pejus le proprie aspettative economiche ai fini del trattamento pensionistico com- plessivo.

Sul secondo fronte, anche i requisiti per l’accesso alla pensione sono stati rivisti in senso peggiorativo, posto che, con l’entrata in vigore del d.lgs. n.

165/1997 (emanato in attuazione della specifica dele- ga di cui alla l. n. 335/1995), e dei successivi interven- ti normativi (tra i quali il d.lgs. n. 166/2010 e le dero- ghe previste dal d.l. n. 78/2010, dal d.l. n. 201/2011 e dal d.l. n. 4/2019) l’accesso al trattamento di quie- scenza per i dipendenti del comparto difesa, sicurezza e vigili del fuoco è stato sostanzialmente armonizzato a quello degli altri dipendenti dello Stato.

5. Senonché l’organo di nomofilachia contabile ha, con le menzionate due pronunce (1 e 12/2021), riletto in chiave evolutiva l’art. 54 del citato testo unico, giungendo alla conclusione che al personale militare non sia applicabile «l’art. 44 del d.p.r. n. 1092/1973, essendo inserito nel Capo I (“Personale civile”), del Titolo III (“Trattamento di quiescenza normale”) del richiamato t.u.,” in quanto “destinato ad operare esclusivamente nei confronti del personale civile 7 e non rappresenta appunto una “norma di sistema”; nei confronti del personale militare, invece, opera la spe- ciale disciplina contenuta nel successivo Capo II (“Personale militare”) all’interno del quale è conte- nuto, per l’appunto, l’art. 54».

Il primo comma di tale ultima disposizione “nel prevedere che al militare, che abbia maturato almeno 15 anni e non più di 20 anni di servizio utile, spetti una pensione pari al 44 per cento della base pensio- nabile e, pertanto, una pensione liquidata conside- rando come se avesse compiuto 20 anni di servizio ef- fettivo”, è stato interpretato nel senso che – derogan- do sostanzialmente al principio di cui al combinato disposto degli artt. 8 e 40 del citato decreto, per cui la pensione deve essere commisurata, in via di principio, alla durata del servizio prestato – avrebbe introdotto

“una disciplina non applicabile al di fuori del conte- sto di riferimento ed, in particolare, non invocabile ai fini dell’applicazione per la determinazione della quo- ta retributiva, di cui al riportato art. 1, c. 12, lett. a), l. n. 335/1995, del militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di servizio”.

E, tuttavia, l’impatto prodotto dalla l. n. 335/1995 ha imposto la ricerca di una soluzione interpretativa che, per i militari in quiescenza con il sistema “misto”

consentisse di escludere i 20 anni di servizio come so- glia di applicazione dell’aliquota complessiva del 44

per cento (considerato che, superati i 18 anni al 31 di- cembre 1995, il trattamento pensionistico deve calco- larsi con il sistema retributivo puro), e di valorizzare la “specialità” del regime riservato, in via esclusiva, al personale militare proprio dall’art. 54 cit.

L’unico coefficiente compatibile con l’attuale qua- dro legislativo è stato indicato nel 2,44 per cento (=44/18), in quanto utile a consentire di applicare “una scala di accrescimento reale”, rispettando la propor- zionalità tra la reale anzianità di servizio maturata alla data di collocamento a riposo e quella al 31 dicembre 1995. Il detto coefficiente è stato ritenuto applicabile anche a coloro che, alla data del 31 dicembre 1995, abbia maturato meno di 15 anni di servizio utile (Sez.

riun. n. 12/2021).

6. A tali principi si sono conformati numerosi e successivi arresti di questa sezione (Sez. II centr. app.

nn. 18, 19, 21, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 33, 34, 35, 38, 39, 40, 44, 45, 68, 73, 74, 75/2021), nonché delle altre sezioni d’appello (Sez. I centr app. nn. 169, 96, 97, 98, 64, 65, 66, 67, 68/2021; nn. 51, 52, 54, 55, 57/2021;

Sez. III centr. app. nn. 223, 56/2021; Sez. app. Sicilia nn. 43, 44, 69/2021). Analogamente, lo stesso Istituto previdenziale ha dato atto della forza innovatrice delle dette pronunce, con appositi atti interni (circ. n. 107 del 14 luglio 2021 e circ. n. 199 del 29 dicembre 2021).

7. Con l’entrata in vigore della l. 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022), il coefficiente elaborato dall’organo nomofilattico è divenuto oggetto di una specifica e testuale estensione in favore del per- sonale delle Forze di polizia a ordinamento civile.

L’art. 1, c. 101, recita testualmente “Al personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile, in pos- sesso, alla data del 31 dicembre 1995, di un’anzianità contributiva inferiore a diciotto anni, effettivamente maturati, si applica, in relazione alla specificità rico- nosciuta ai sensi dell’art. 19 della l. 4 novembre 2010, n. 183, l’art. 54 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n.

1092, ai fini del calcolo della quota retributiva della pensione da liquidare con il sistema misto, con appli- cazione dell’aliquota del 2,44 per cento per ogni anno utile”; il successivo c. 102 “Per l’attuazione del c.

101, è valutata la spesa di 28.214.312 euro per l’anno 2022, 32.527.983 euro per l’anno 2023, 36.764.932 euro per l’anno 2024, 39.840.709 euro per l’anno 2025, 43.000.596 euro per l’anno 2026, 46.384.574 euro per l’anno 2027, 49.248.807 euro per l’anno 2028, 51.927.173 euro per l’anno 2029, 54.721.616 euro per l’anno 2030 e 57.468.417 euro a decorrere dall’anno 2031”.

La normativa sopravvenuta pone plurimi interroga- tivi. Rimane, infatti, dubbio: a) se la norma abbia una portata retroattiva, incidendo sulle pensioni già in cor- so di erogazione; b) se, di conseguenza, sia idonea a incidere sui processi in corso.

7.1. In primo luogo, la formulazione letterale del c.

101, in ossequio al principio di irretroattività della

(5)

N. 1/2022 PARTE IV – GIURISDIZIONE

155

legge civile, di cui all’art. 11 disp. prel. c.c., sembra destinare il beneficio pensionistico esclusivamente a coloro che transiteranno in quiescenza a decorrere dall’1 gennaio 2022. Depone in tal senso (come evi- denziato dall’Inps appellato), la locuzione “personale delle Forze di polizia” – riferibile a coloro che presta- no ancora servizio attivo - nonché la proposizione “ai fini del calcolo della quota retributiva della pensione da liquidare con il sistema misto” che rinvia a tratta- menti pensionistici futuri.

7.2. È, tuttavia, l’art. 12 delle stesse “preleggi” a invitare l’interprete a non “attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”. Se l’interpretazione letterale dà luogo a incertezze o dubbi, la ricerca (anche attraverso i lavori preparatori) deve spingersi a ricercare la mens legis (interpretazione logica) considerando la norma come inserita nell’ordinamento complessivamente conside- rato (interpretazione sistematica), del quale ovviamen- te fa parte anche la Costituzione. E, dunque, al fine di chiarire la ratio o mens legis, si rende opportuno recu- perare il contenuto dei lavori preparatori, in un’ottica di ricostruzione teleologica della norma in commento.

7.3. Orbene, dalla relazione illustrativa, allegata agli Atti parlamentari – 150 – Senato della Repubblica – n. 2448, si evince che l’applicazione dell’articolo 54 al personale della Polizia di Stato e della Polizia peni- tenziaria rientra nell’ambito delle iniziative volte ad allineare il trattamento pensionistico di tutto il perso- nale delle Forze di polizia e delle Forze armate, assi- curando omogenee modalità di calcolo ai fini della de- terminazione dell’assegno di pensione, soprattutto per il personale cui si applica il sistema misto o solo con- tributivo.

Si legge che “La disposizione è volta ad assicurare il mantenimento della sostanziale equi ordinazione all’interno del Comparto sicurezza e difesa, in rela- zione alla “specificità” prevista dall’art. 19 della l. 4 novembre 2010, n. 183, anche con riferimento alle modalità di determinazione del trattamento pensioni- stico del personale in regime di sistema misto, che al 31 dicembre 1995 aveva maturato una anzianità con- tributiva inferiore a 18 anni. L’intervento estende al personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile l’applicazione dell’art. 54 del d.p.r. n. 1092/1973, in attuazione dell’interpretazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti, contenuta nelle sentenze nn. 1 e 12/2021, secondo cui – al fine di rendere coerenti due riforme non coordinate (quella del richiamato d.p.r. n.

1092/1973 e quella di cui alla l. n. 335/1995) – la quota retributiva della pensione da liquidarsi con il sistema misto, ai sensi dell’art. 1, c. 12, l. n.

335/1995, in favore del personale militare cessato dal servizio e che al 31 dicembre 1995 vantava un’anzianità inferiore a 18 anni, va calcolata tenendo conto dell’effettivo numero di anni di anzianità matu- rati alla predetta data, con applicazione dell’aliquota del 2,44 per cento per ogni anno utile. Si tratta di una interpretazione che rende attuale la mancata espressa

estensione al personale della Polizia di Stato e della Polizia penitenziaria dell’art. 54 del d.p.r. n.

1092/1973, applicato al medesimo personale, già mi- litare, fino alla legge di riforma dell’amministrazione della pubblica sicurezza (l. 1 aprile 1981, n. 121 La predetta mancata estensione, inoltre, non trova giusti- ficazione nemmeno nella natura non militare del per- sonale escluso in quanto lo stesso art. 61 del d.p.r. del 1973, estende l’efficacia del citato art. 54 al persona- le del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e del Cor- po forestale dello Stato, entrambi ad ordinamento ci- vile. Non risulta inoltre quantificato alcun risparmio di spesa derivante dal venir meno tra i destinatari dell’art. 54 del d.p.r. n. 1092/1973 del personale della Polizia di Stato e della Polizia Penitenziaria, prece- dentemente ivi ricompreso in quanto militare.

L’applicazione dell’art. 54 al personale della Polizia di Stato e della Polizia Penitenziaria rientra nell’ambito delle iniziative volte ad allineare il trat- tamento pensionistico a tutto il personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, assicurando omoge- nee modalità di calcolo ai fini della determinazione dell’assegno di pensione, soprattutto per il personale cui si applica il sistema misto o solo contributivo”.

La relazione chiarisce, in parte qua, la finalità pe- requativa della disposizione, e, soprattutto, quella di colmare la disparità di trattamento che è venuta a crearsi proprio per effetto del revirement della giuri- sprudenza contabile. Soltanto all’indomani delle sen- tenze delle Sezioni riunite nn. 1 e 12/2021, pronuncia- te per dirimere il contrasto giurisprudenziale insorto sull’interpretazione e applicazione dell’art. 54 t.u. al personale militare, il legislatore ha avvertito l’esigenza di estenderne gli effetti favorevoli anche ai corpi di Polizia a ordinamento civile, in considerazio- ne della “specificità” delle funzioni che accomuna il personale dell’intero Comparto sicurezza e difesa, os- sia “di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna, non- ché per i peculiari requisiti di efficienza operativa ri- chiesti e i correlati impieghi in attività usuranti”, di cui all’art. 19 della l. 4 novembre 2010, n. 183.

7.4. Dal testo sopra riportato non emerge, tuttavia, con pari chiarezza, se le dette finalità siano perseguite con effetti retroattivi o meno; anzi ulteriori elementi di dubbio solleva il confronto con il successivo c. 102 che, nel fissare gli stanziamenti annui necessari alla copertura della nuova spesa, si limita a riportare sem- plici cifre, corrispondenti a un onere economico com- plessivo “aggregato”, non agevolmente identificabile nelle sue componenti.

Proprio su tale ultima disposizione, la relazione tecnica risulta illuminante, in quanto quantifica gli oneri sulla base dei seguenti dati di base: 1) distinzio- ne tra il personale interessato dalla prima sentenza n.

1/2021 delle Sezioni riunite (>15 e <18 anni al 31 di- cembre 1995) e quello interessato dalla seconda sen- tenza n. 12/2021 (<15 anni al 31 dicembre 1995); per queste due distinte categorie è stato calcolato l’incremento medio della pensione per effetto

(6)

156

dell’applicazione della percentuale del 2.44 per cento, anziché quella vigente; 3) per la determinazione dell’incremento per il personale già cessato è stato ridotto l’incremento medio annuale considerato per le cessazioni dal 2022, sulla base della percentuale me- dia calcolata considerando gli aumenti retributivi in- tervenuti dal 1996 ad oggi; 4) è stato calcolato l’onere per le due categorie, relativo al decennio 2022/2031, considerando sia i pensionamenti dal 2022, sia l’onere relativo al personale cessato entro il 2021. Il documento preparatorio, insomma, perimetra la platea dei destinatari, includendovi anche il perso- nale già cessato dal servizio, per il quale risulta calco- lato l’onere economico nel decennio 2022-2031.

8. Tra il c. 101 e il c. 102 si apre un divario che né l’interpretazione letterale né quella logica sono in gra- do di ridurre a unità: il c. 101 chiude la porta dello jus superveniens ai pensionati; il c. 102 apre a tale opzio- ne.

La composizione in via ermeneutica dell’antinomia non può prescindere a questo punto dal quadro costi- tuzionale di riferimento.

8.1. In primo luogo, deve escludersi che le disposi- zioni in commento abbiano efficacia pienamente re- troattiva. Il principio di irretroattività della legge, san- cito dall’art. 11 delle “preleggi”, è ispirato all’esigenza superiore della certezza del diritto, e, dunque esclude (in linea generale) che una norma giu- ridica possa applicarsi a atti, fatti, eventi o situazioni verificatesi prima della sua entrata in vigore, per i quali si suole parlare di “diritti quesiti”. Pur costituen- do un fondamentale valore di civiltà e principio gene- rale dell’ordinamento, l’irretroattività della legge non è stata, tuttavia, elevata a dignità costituzionale (se si eccettua la previsione dell’art. 25 Cost. limitatamente alla legge penale incriminatrice), e può essere deroga- to “a condizione che la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in contrasto con altri valori e interessi costitu- zionalmente protetti” (Corte cost., n. 263/2002; ma si veda, ex plurimis, Corte cost., n. 136/2001; n.

374/2000 e n. 229/1999).

8.1.1. Una prima eccezione alla irretroattività è pa- cificamente individuata nelle leggi di “interpretazione autentica” ricondotte nell’alveo delle leggi retroattive, e, come tali, connotate dal carattere di straordinarietà, anche al fine di evitare che l’esercizio del potere legi- slativo si trasformi in abuso a danno del potere giudi- ziario, tant’è che, stando alla uniforme giurisprudenza costituzionale, se ne deve escludere l’incidenza su pronunce divenute irrevocabili (Corte cost. n.

209/2010, n. 364/2007), o, comunque, nel caso in cui la disposizione interpretativa non abbia come obietti- vo quello di fissare una regola astratta, ma miri, in realtà, a risolvere specifiche controversie (ex plurimis, n. 94/2009), impattando sui giudizi in corso, per de- terminarne gli esiti (sent. n. 93/2011 e n. 170/2008).

Se, in linea di principio, non è vietato al potere legi- slativo di stabilire in materia civile una disciplina in- novativa a portata retroattiva dei diritti derivanti da

leggi in vigore, “il principio della preminenza del di- ritto e la nozione di processo equo sanciti dall’art. 6 della Convenzione, ostano, salvo che per motivi impe- rativi di interesse generale, all’ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia al fine di influenzare l’esito giudiziario di una controversia”

(sent. 11 dicembre 2012, De Rosa contro Italia; 14 febbraio 2012, Arras e altri contro Italia; 7 giugno 2011, Agrati e altri contro Italia; 31 maggio 2011, Maggio e altri contro Italia; 10 giugno 2008, Bortesi e altri contro Italia; 29 marzo 2006, Scordino e altri contro Italia)” (in termini Corte cost. n. 191/2014).

In ogni caso, fermi restando i detti limiti esterni, la legge di interpretazione autentica rinviene il fonda- mento nella sussistenza di contrasti giurisprudenziali che diano luogo a incertezza applicativa della norma, ovvero nel consolidamento di uno specifico orienta- mento giurisprudenziale, contraddistinto dalla mera contrarietà a quanto disposto dal legislatore (Corte cost. n. 15/2012, e anche, sent. nn. 271 e 257/2011, n.

209/2010, nn. 311 e 24/2009, nn. 162 e 74/2008).

Alla luce dei delineati canoni ermeneutici, deve escludersi che all’art. 1, cc. 101 e 102, della legge di bilancio 2022 possa attribuirsi il valore di una “inter- pretazione autentica”, sia perché priva di una qualsi- voglia indicazione lessicale in tal senso, sia perché emanata in assenza di un contrasto giurisprudenziale sulle norme dirette a regolare la misura del trattamen- to pensionistico degli agenti di polizia. Anzi, come sopra evidenziato, la giurisprudenza contabile era gra- niticamente orientata a escludere l’applicabilità dell’art. 54 d.p.r. n. 1092/1973, alla stregua di un im- pianto motivazionale del tutto scevro dalla mera con- trarietà al dato normativo preesistente (si pensi al rin- vio al solo art. 52, per effetto del d.lgs. n. 443/1992).

8.1.2. Private di ogni efficacia interpretativa, le norme in commento, pur lette alla luce dei lavori pre- paratori, non sono insanabilmente in contrasto tra loro.

Se può, infatti, ragionevolmente affermarsi che una nuova disposizione non può trovare applicazione nei riguardi di rapporti giuridici che hanno esaurito i pro- pri effetti, altrettanto non può dirsi con riferimento ai rapporti di durata. Il principio della irretroattività della legge (art. 11 disp. preliminari c.c.) comporta che la legge nuova non possa essere applicata, oltre ai rap- porti giuridici esauritisi prima della sua entrata in vi- gore, anche a quelli sorti anteriormente e ancora in vi- ta, se, in tal modo, si disconoscano gli effetti già veri- ficatisi nel passato o si venga a togliere efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali o future di un fatto compiuto. E, tuttavia, “la legge nuova è applica- bile ai fatti, agli status e alle situazioni esistenti o so- pravvenute alla data della sua entrata in vigore, an- corché conseguenti ad un fatto passato, quando essi, ai fini della disciplina disposta dalla nuova legge, debbano essere presi in considerazione in se stessi, prescindendosi totalmente dal collegamento con il fat- to che li ha generati, in modo che resti escluso che, attraverso tale applicazione, sia modificata la disci-

(7)

N. 1/2022 PARTE IV – GIURISDIZIONE

157

plina giuridica del fatto generatore (Cass. civ., Sez. I, 3 luglio 2013, n. 16620).

In particolare, la legittimità costituzionale delle modifiche peggiorative di trattamenti pensionistici in corso, il diritto ad una pensione legittimamente attri- buita (in concreto e non potenzialmente) – se non può essere eliminato del tutto da una regolamentazione retroattiva che renda indebita l’erogazione della pre- stazione (sent. n. 211/1997 e n. 419/1999) – ben può subire gli effetti di discipline più restrittive introdotte non irragionevolmente da leggi sopravvenute”, laddo- ve il parametro di ragionevolezza è stato rinvenuto anche nella salvaguardia degli equilibri di bilancio e di contenimento della spesa previdenziale è stato con- siderato (Corte cost. n. 446/2002).

Analogamente, le variazioni migliorative, ove non contenute in leggi di interpretazione autentica, posso- no ritenersi costituzionalmente compatibili, purché incidenti sui singoli ratei pensionistici a maturare dalla data di entrata in vigore dello jus superveniens, e ade- guatamente supportate da ragioni di tutela di interessi costituzionalmente protetti.

In entrambi i casi, i confliggenti interessi di rango costituzionale trovano composizione nel principio di

“retroattività temperata”.

9. Nel caso di specie, da un lato, è stato possibile risalire all’intenzione del legislatore di ristabilire un’armonia nel sistema previdenziale proprio del comparto difesa e sicurezza, sicuramente compromes- sa dalla rilettura dell’art. 54, offerta dalle Sezioni riu- nite, in attuazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost.; dall’altro, trattandosi di una scelta le- gislativa di “estensione” di una norma già esistente ma palesemente circoscritta al solo personale militare, de- ve rimarcarsi che la legge non può che disporre che per il futuro, dovendosi escludere che il legislatore abbia voluto risolvere singole controversie, e ridimen- sionare, al tempo stesso, l’impatto economico deterio- re che l’innovazione legislativa possa provocare.

L’esigenza di evitare disparità di trattamento deve, dunque, contemperarsi con un bene-interesse di rango costituzionale, di equilibrio dei bilanci (artt. 81, 117 e 119 Cost.). L’unica soluzione idonea a offrire un compromesso compatibile con il delineato assetto co- stituzionale (e a risolvere l’antinomia sopra indicata) è, conclusivamente, quella di ritenere che la rivaluta- zione della quota retributiva dei trattamenti pensioni- stici in esame, sulla base del “nuovo” coefficiente an- nuo del 2,44 per cento, non possa che spiegare i suoi effetti sui ratei da liquidare a decorrere dall’1 gennaio 2022.

9.1. La descritta soluzione esegetica appare piena- mente conforme ai dettami costituzionali e idonea a rendere applicabile la norma ai giudizi in corso, nei limiti operativi sopra indicati. Non toccando i “diritti quesiti” e nemmeno imponendo una revisione ex tunc del provvedimento di liquidazione in relazione ai ratei già versati, l’applicazione dello jus superveniens si impone, anche in sede d’appello, come strumento di adeguamento della risoluzione della controversia al

mutato assetto normativo, senza integrare alcuna mu- tatio libelli. La pretesa del ricorrente trova, infatti, ac- coglimento nei limiti di un vero e proprio “aumento”

pensionistico, da attribuire ex nunc.

10. Nel caso di specie, l’appellante, ex dipendente del Corpo di polizia penitenziaria - arruolato in data 4 gennaio 1982 – collocato in pensione a decorrere dal 9 ottobre 2015 (deter. n. FI1102015120443001) con pensione diretta ordinaria di inabilità liquidata con il sistema misto, aveva maturato, alla data del 31 dicem- bre 1995, un’anzianità contributiva di 16 anni e 9 me- si. Ha, pertanto, diritto al ricalcolo del trattamento pensionistico ex art. 54 d.p.r. n. 1092/1973, come in- terpretato dalle Sezioni riunite con sentenza n. 1/2021, con l’applicazione dell’aliquota annua del 2,44 per cento per ciascuno degli anni maturati fino alla data indicata, a decorrere dall’1 gennaio 2022.

11. L’appello merita, conclusivamente, parziale accoglimento e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, deve dichiararsi il diritto dell’appellante alla liquidazione del trattamento pen- sionistico ordinario con applicazione dell’aliquota di rendimento annuo pari al 2,44 per cento per ciascuno degli anni maturati fino al 31 dicembre 1995, sui ratei a decorrere dall’1 gennaio 2022. Trattandosi di ratei in pagamento, non sono dovuti accessori.

12. Le spese di lite, in considerazione della so- pravvenuta norma estensiva alla luce della pronuncia nomofilattica, devono essere integralmente compensa- te.

P.q.m., la Corte dei conti, Sezione II centrale d’appello, così definitivamente pronunciando, acco- glie parzialmente l’appello e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiara il diritto dell’appellante alla liquidazione del trattamento pen- sionistico ordinario con applicazione dell’aliquota di rendimento annuo pari al 2,44 per cento per ciascuno degli anni maturati fino al 31 dicembre 1995, a decor- rere dall’1 gennaio 2022.

La Sezione II di appello elimina la disparità del trattamento degli appartenenti al Comparto difesa e sicurezza ai fini della riliquidazione del tratta- mento pensionistico anche con riguardo ai soggetti già in quiescenza all’1 gennaio 2022

Sommario: 1. La storia del giudizio – 2. La ricostru- zione normativa – 3. Lo ius superveniens – 4.

L’interpretazione della sentenza – 4.1. Il principio di irretroattività della legge – 5. Conclusioni.

1. La storia del giudizio

La sentenza in commento si segnala per la prege- volezza delle argomentazioni giuridico-ermeneutiche, nonché per le conclusioni, pienamente condivisibili.

La vertenza era stata iniziata da un appartenente al Corpo della polizia penitenziaria, che, com’è noto, è stato “smilitarizzato” a seguito della l. n. 395/1990; il

(8)

158

ricorrente riteneva di aver conservato lo status di mili- tare – in considerazione dell’irretroattività dello ius superveniens – fino alla quiescenza, esigendo, pertan- to, la riliquidazione del trattamento pensionistico in armonia con la nuova lettura dell’art. 54 del d.p.r. n.

1092/1973 che, peraltro, riguardava i soli militari. Se- condo il ricorrente, invece, il giudice avrebbe dovuto estendere in via ermeneutica il concetto di “militare” a tutti i comparti riguardanti la difesa e la sicurezza pubblica, tra cui, indubbiamente, rientrava quello nel quale il ricorrente aveva prestato servizio. A seguito del rigetto in primo grado, è stata dunque adita la Se- zione II centrale di appello. La difesa dell’Inps aveva chiesto la reiezione del gravame, alla luce di un’interpretazione limitata ai militari dell’art. 54 cita- to. Medio tempore è entrata in vigore la l. n. 234/2021 (legge di bilancio per il 2022) che, all’art. 1, cc. 101 e 102, ha previsto l’estensione dell’art. 54 anche al per- sonale della Polizia di Stato e Penitenziaria, alla luce dell’interpretazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti (sent. nn. 1 e 12/2021) (1). L’Istituto previ- denziale ha ribadito la natura non retroattiva delle suddette disposizioni, per cui la norma più favorevole si estenderebbe esclusivamente al personale in servi- zio ai fini del futuro trattamento di quiescenza, liqui- dabile dall’1 gennaio 2022.

2. La ricostruzione normativa

Il collegio di appello ha innanzitutto effettuato una ricognizione in ordine alla normativa pensionistica applicabile al personale del Corpo di polizia peniten- ziaria; il servizio prestato, dopo la riforma del 1990, era stato assimilato a quello civile, con alcune partico- larità: tra queste, il regime di cui all’art. 6 della l. n.

1543/1963, espressamente fatto salvo dalla legge di riforma, con cui si coniugava il più restrittivo regime stipendiale e pensionistico degli impiegati civili con le aliquote più favorevoli per il personale militare.

A seguito dell’entrata in vigore della riforma “Di- ni”, di cui alla l. n. 335/1995, tuttavia, anche il perso- nale penitenziario è stato allineato alla generalità dei dipendenti pubblici, con la conseguente difficoltà di armonizzazione tra la vecchia e la nuova normativa.

Con le note pronunce delle Sezioni riunite in sede giurisdizionale nn. 1 e 12/2021, infine, è stato ride- terminato il coefficiente di calcolo per i militari collo- cati in quiescenza con il sistema “misto”, valorizzando la specialità del sistema loro riservato, anche a favore di coloro che, alla data del 31 dicembre 1995, avevano maturato meno di 15 anni di servizio utile.

(1) V. Corte conti, Sez. riun. giur., 4 gennaio 2021, n. 1, in questa Rivista, 2021, 1, 187, con nota di E. Tomassini, Le Se- zioni riunite nel difficile equilibrio tra tutela dell’adeguatezza della pensione e solidarietà intergenerazionale del sistema previdenziale; 9 settembre 2021, n. 12, ibidem, 5, 165, con nota di E. Tomassini, Le precisazioni delle Sezioni riunite in ordine all’applicazione del coefficiente di rivalutazione del 2,44% a tutta la platea dei militari e l’ambito e la portata del “motivato dissenso”.

3. Lo ius superveniens

Il legislatore ha considerato la disparità di tratta- mento originata dall’interpretazione delle Sezioni riu- nite, che aveva riguardato il solo comparto militare.

Sostanzialmente, il Comparto difesa e sicurezza era come “spaccato in due”; salvo il personale dei Vigili del fuoco, infatti, i quali erano stati destinatari di una speciale normativa (2), il personale di Polizia e quello della Polizia penitenziaria a ordinamento civile non avrebbe potuto beneficiare della più favorevole ali- quota di rendimento di cui alle suddette sentenze. Il problema, oltre che giuridico era ormai di tipo politi- co-sindacale, in quanto detti Corpi rivendicavano le medesime ragioni compensative alla base del miglior trattamento riservato al personale militare, deducendo comprensibilmente i medesimi rischi operativi. Anche la Corte costituzionale, con la decisione n. 20/2018 (3) aveva sottolineato la peculiarità di tali settori, in ra- gione del “più elevato livello di rischio ordinariamente connesso al servizio svolto nei comparti indicati” [di- fesa, sicurezza, vigili del fuoco e soccorso pubblico]

rispetto alla platea dei dipendenti pubblici. E lo stesso legislatore, con i decreti legislativi delegati 19 agosto 2016, n. 177, e 29 maggio 2017, n. 95, aveva revisio- nato i ruoli del personale delle quattro Forze di polizia (Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Corpo della Guardia di finanza, Corpo di polizia penitenziaria), indipendentemente dalla loro natura civile o militare.

Già prima dell’approvazione della legge di bilan- cio, peraltro, i sindacati maggioritari delle polizie a ordinamento civile (Siulp, Sap, Siap, Sappe, Uilpa Po- lizia penitenziaria e Fns Cisl (Polizia penitenziaria) avevano preannunciato azioni sindacali qualora non fossero state eliminate le lamentate sperequazioni tra le forze militari e quelle civili ai fini dell’applicazione dell’art. 54 del d.p.r. n. 1092/1973; in sostanza, si chiedeva l’applicazione dei principi di specificità e equiordinazione di cui all’art. 19 della l. n. 183/2010 (4) anche al personale delle Forze di polizia a ordina- mento civile, con riguardo alle aliquote di calcolo del trattamento di quiescenza e altro. Infatti, l’Inps, come ricorda la sentenza in commento, aveva emanato ben due circolari volte all’applicazione die nuovi coeffi- cienti.

Il legislatore, dunque, con la richiamata legge di bilancio per il 2022, ha inteso porre fine alla disparità di trattamento tra le varie Forze dell’Ordine, stabilen- do l’applicazione dell’aliquota del 2,44 per cento per ogni anno utile anche al personale di polizia a ordina- mento civile in possesso, al 31 dicembre 1995, di

(2) Su cui v. nota 1.

(3)Corte cost. 2 febbraio 2018, n. 20, che, com’è noto, ha respinto la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6 d.l.

n. 201/2011, soppressivo degli istituti della pensione privilegia- ta ordinaria e dell’equo indennizzo del personale civile dipen- dente dallo Stato, ritenendo che lo stesso fosse adeguatamente compensato dalla tutela infortunistica dell’Inail.

(4) Cfr. Comunicato stampa delle suddette sigle sindacali in data 26 ottobre 2021.

(9)

N. 1/2022 PARTE IV – GIURISDIZIONE

159

un’anzianità contributiva inferiore a 18 anni, preve- dendo la copertura della relativa maggiore spesa. In tal modo, oltre all’equiparazione del suddetto personale, è stata data dignità normativa all’elaborazione giuri- sprudenziale della suddetta aliquota, calcolata dalle Sezioni riunite con le citate sent. nn. 1 e 12/2021, fi- nora (e per il solo personale militare) oggetto di mere circolari interne dell’Inps.

4. L’interpretazione della sentenza

Il nodo interpretativo all’esame del collegio preve- deva, dunque, la scelta tra continuare lo “status quo”

per i pensionati del Comparto sicurezza prima dell’entrata in vigore della legge di bilancio, in base al principio dell’irretroattività delle leggi di cui all’art.

11 delle disposizioni preliminari al codice civile, op- pure realizzare un’estensione ermeneutica (o analogi- ca) di tale disposizione più favorevole anche ai vecchi pensionati. Operazione, quest’ultima, non scevra di rischi, soprattutto dal punto di vista degli oneri finan- ziari e della relativa copertura, apparentemente limita- ta dalla legge soltanto “pro futuro”.

La sentenza in rassegna ha deciso in maniera sa- lomonica, schivando i numerosi ostacoli ermeneutici e applicando una giustizia sostanziale, volta ad evitare irragionevoli disparità di trattamento tra platee omo- genee di dipendenti. E lo ha fatto sulla base dell’interpretazione storico-sistematica delle disposi- zioni normative al suo esame, non fermandosi alla me- ra lettura dell’art. 11 preleggi e non accontentandosi neppure del criterio logico. Quest’ultimo, infatti, non era applicabile, di fronte all’apparente dicotomia di significato tra il c. 101, che sembrava limitare la nor- ma al futuro, e il c. 102, che indica la spesa per far fronte all’estensione della portata applicativa delle sentenze delle Sezioni riunite anche al personale non militare sopra individuato.

Il giudice ha dunque ripreso l’intenzione del legi- slatore, criterio ermeneutico spesso negletto nell’ermeneutica giurisprudenziale, anche al fine di ricercare il fondamento della copertura delle ingenti risorse a sostegno dell’interpretazione estensiva. Al riguardo, mentre il c. 101 dell’art. 1 della legge di bi- lancio sembrava restringere la portata applicativa, la previsione di spesa, contenuta nel c. 102 anche ai pen- sionati entro il 2021 sembrava aprire le porte anche a costoro.

Sul punto, al di là del testo del suddetto comma, l’esame della relazione tecnica allegata, con la quanti- ficazione non soltanto della spesa, ma anche del per- sonale interessato, tra il quale è stato fatto rientrare anche quello già cessato dal servizio all’1 gennaio 2022, data di entrata in vigore della legge di bilancio, con la quantificazione dei relativi oneri nel decennio 2022-2031.

4.1. Il principio di irretroattività della legge

E allora il collegio esamina funditus la portata del principio di irretroattività in generale e in questo è in- sita la particolare pregevolezza delle motivazioni.

Dopo aver sottolineato che la Costituzione si limita a “blindare” il principio di irretroattività soltanto con riguardo alla legge penale, posto il principio fonda- mentale di legalità degli illeciti di questo tipo (nullum crimen sine lege) posto a presidio di civiltà giuridica, la decisione ha poi esaminato nei vari aspetti il princi- pio di irretroattività.

La tecnica dell’interpretazione autentica, assai fre- quente nella materia previdenziale proprio per i deli- cati assetti di tenuta di bilancio che la caratterizzano, ha posto spesso profili di legittimità costituzionale. La Consulta, al riguardo, nel delicato equilibrio tra eser- cizio del potere legislativo e quello giurisdizionale, ha posto quale punto fermo, anche in materia civile, il presidio del giudicato; sia per evidenti ragioni di cer- tezza del diritto, sia per evitare che l’attività legislati- va, da generale ed astratta, vada alla deriva verso la

“legislazione fotografia” intervenuta per dirimere spe- cifiche controversie e pertanto invadendo il campo del potere giudiziario (5).

Escluso che le norme in esame avessero natura di interpretazione autentica alla luce della giurisprudenza costituzionale, è a quest’ultima che il collegio si affida per valutare l’interpretazione estensiva in favore dei soggetti già pensionati alla data di entrata in vigore della legge. Il principio di bilanciamento degli interes- si in conflitto (6), posto più volte alla base delle pro- nunce del giudice delle leggi, è quello che consente di dipanare l’intricata matassa che il collegio si è trovato tra le mani: disposizioni normative apparentemente in conflitto, esigenze di evitare ulteriori disparità di trat- tamento, questa volta nei riguardi di personale appar- tenente al medesimo comparto, e di rispetto del diritto

(5) La Corte costituzionale, peraltro, con la sent. n.

257/2011, si è spinta ad affermare che il legislatore può, anche in assenza di oscillazioni giurisprudenziali e dell’affermazione di una giurisprudenza contraria a quanto disposto dal legislato- re, intervenire più volte e con efficacia retroattiva su una dispo- sizione normativa, assegnando alla disposizione interpretata un significato già in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario”, sempre nel rispetto del principio di ragionevolezza nonché dell’art. 6 della Cedu. La Corte europea, dal suo canto, pur non affermando un divieto assoluto di ingerenza del legislatore in materia di retroattività delle norme civili, ha sottolineato che “il principio della premi- nenza del diritto e la nozione di equo processo sancito dall’art.

6 ostano, salvo che per ragioni imperative di interesse generale, all’ingerenza del legislatore nell’amministrazione della giusti- zia allo scopo di influenzare la risoluzione di una controversia.

L’esigenza della parità delle armi comporta l’obbligo di offrire ad ogni parte una ragionevole possibilità di presentare il suo caso in condizioni che non comportino un sostanziale svantag- gio rispetto alla controparte”, cfr. Corte Edu, Sez. II, 7 giugno 2011, Agrati e altri c/Italia.

(6) La Corte costituzionale italiana, pur facendo spesso ri- ferimento alla metafora del bilanciamento costituzionale, tende a controllare il bilanciamento operato dal legislatore, piuttosto che bilanciare essa stessa i valori in gioco, intervenendo solo laddove l’esercizio della discrezionalità del legislatore produce una violazione del principio di uguaglianza-ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., voce Bilanciamento costituzionale, in Enci- clopedia Treccani online.

(10)

160

del bilancio e della salvaguardia delle risorse dei con- tribuenti, protetto non soltanto a livello interno (artt.

81, 117 e 119 Cost.) ma anche comunitario.

Senza stravolgere, dunque, l’armonia del sistema, la Corte include i “vecchi” pensionati nell’ambito ap- plicativo della norma ma con riguardo ai ratei pensio- nistici successivi alla sua entrata in vigore, in tal modo contemperando le esigenze perequative con quelle di bilancio; come si è già ricordato, infatti, l’art. 102 e la relazione tecnica allegata alla legge hanno quantifica- to le risorse disponibili soltanto a partire dall’1 gen- naio 2022 fino al 2031, ma non prima.

5. Conclusioni

Il non facile percorso motivazionale della decisio- ne sembra condivisibile, avuto riguardo alla necessità di evitare disparità di trattamento (esigenze di giusti- zia sostanziale) ma senza forzare il dato normativo.

Quest’ultimo, se letto in profondità con gli studi pre- paratori e con le relazioni allegate consente una rico- struzione normativa che non si ferma al dato letterale contemperando le varie e importanti esigenze ad esso sottese.

ELENA TOMASSINI

Riferimenti

Documenti correlati

Con il decreto legge 80/2021 sono state poste le premesse per una gestione strategica e integrata del capitale umano nella Pubblica amministrazione introducendo il PIAO (Piano

I primi tasselli finanziari sono portati dal Pnrr, che prevede 139 milioni di euro destinati alla vera e propria formazione individuale e 350,9 milioni per i piani

ed eliminazione delle municipalizzate inutili Più qualità nei servizi pubblici locali. e vincoli finanziari per garantire tariffe eque

Non ci si è limitati a correggere alcuni evidenti errori, da tutti ammessi, della riforma del 2001 (come l’attribuzione alla competenza concorrente delle Regioni di materie quali

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.. E' fatto obbligo a chiunque spetti

Se i medici e i dirigenti sanitari, come abbiamo chiesto ripetutamente negli ultimi anni, saranno classificati al di fuori del ruolo unico della dirigenza della PA potrebbe aprirsi

lo per aver violato le regole della concorrenza (2), ed un secondo orientamento, che al contrario, riconosce il danno causato al pubblico erario (a seguito di viola- zione

La Vicedirigenza o Area Quadri, l’anello di congiunzione mancante nella Pubblica Amministrazione e da sempre esistente nel mondo del lavoro privato è in ritardo