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OGGETTO: Pratica num. 877/VV/2019. Quesito sull'interpretazione della Circolare sulle applicazioni e supplenze.
(delibera 11 dicembre 2019)
Il Consiglio
letti i quesiti rivolti al Consiglio, in data 7 ottobre 2019, dal presidente della Corte d’appello di XXX:
OSSERVA
Il presidente della Corte d’appello di XXX ha rivolto al Consiglio i due seguenti quesiti in materia di applicazioni infradistrettuali: “1) se – in mancanza di una compiuta disciplina relativa alla interlocuzione dei capi degli uffici – siano ammissibili e in quale forma e, soprattutto, quando (…) i rilievi dei capi degli uffici (…) e/o di presidenti di sezione dei Tribunali interessati dal provvedimento di applicazione. In caso di risposta affermativa dice il Csm se non debba essere previsto un contraddittorio con i capi degli uffici eventualmente contro-interessati ai rilievi effettuati contro lo schema di decreto di applicazione; 2) se il limite previsto dall’art. 105 della Circolare sia assoluto o relativo nel senso che debba, invece, essere eccepito dal magistrato di cui sia prevista l’applicazione nello schema di decreto (specialmente ove questi non sia stato già applicato per il periodo massimo consentito dall’art. 104 di detta circolare)”;
A sostegno di tali quesiti il presidente della Corte d’appello di XXX deduce che, nell’esame e nella discussione in Consiglio giudiziario relativamente ad alcuni decreti di applicazione, era emerso che alcuni presidenti di Tribunale e presidenti di sezione di Tribunale avevano svolto osservazioni sui rispettivi decreti ed erano quindi sorti dubbi sull’ammissibilità di tali osservazioni.
Inoltre, sempre in occasione delle medesime pratiche, si era discusso sull’operatività della norma di cui all’art. 105 della Circolare in tema di applicazioni e supplenze. Tale norma stabilisce che
“un’ulteriore applicazione dello stesso magistrato non può essere disposta, se non siano decorsi due anni dalla fine del precedente periodo”. Ci si era chiesti in proposito se “un magistrato già applicato per 6 mesi ad un altro ufficio (…) dopo un anno venga riproposto in applicazione allo stesso ufficio, in caso di mancata osservazione/eccezione del medesimo, lo stesso può essere nuovamente applicato a detto ufficio non essendosi consumato il periodo massimo di applicazione?”.
Cominciando dal primo quesito, l’art. 102 della circolare in tema di applicazioni e supplenze prevede che soltanto il magistrato interessato possa svolgere osservazioni sullo schema di decreto predisposto dal presidente della Corte (o dal procuratore generale). Non sono previste osservazioni da parte del dirigente dell’ufficio del magistrato interessato né da parte del dirigente dell’ufficio destinatario dell’eventuale applicazione né da parte di altri soggetti. Ove nondimeno soggetti diversi dal magistrato interessato ritengano di proporre osservazioni (ai sensi delle più generali norme di cui agli artt. 9 e 10 della legge n. 241\1990), è nella facoltà del Consiglio giudiziario prima e del Consiglio superiore dopo esaminarle e valutarle, ove le ritengano pertinenti ed utili ai fini della decisione da assumere; è però da escludere che il Consiglio giudiziario possa o addirittura debba, una volta ricevute tali ulteriori osservazioni, intavolare un ulteriore contraddittorio con i soggetti potenzialmente contro interessati; contraddittorio che si rivelerebbe come un appesantimento dell’istruttoria contrastante con le ragioni di buon andamento dell’azione amministrativa.
Venendo al secondo quesito, nella seduta del 20 novembre 2019 il Consiglio, nel pronunziarsi proprio su alcuni decreti di applicazione infradistrettuali emanati dal presidente della Corte d’appello di Torino, ha affermato che la norma di cui all’art. 105 della Circolare in tema di
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applicazioni e supplenze “non è derogabile in virtù del consenso eventualmente manifestato dal singolo magistrato interessato. Ciò sia perché, sul piano letterale, il divieto è strutturato in forma assoluta e non pone eccezioni di sorta, neppure quanto al consenso prestato dall’interessato; sia perché, sul piano teleologico, la norma non è posta tanto (o soltanto) a tutela delle esigenze personali del singolo magistrato interessato quanto dell’ufficio cui lo stesso appartiene, anche ai fini della continuità delle attribuzioni giurisdizionali conferite al magistrato. Se dunque è irrilevante l’eventuale consenso dato dal magistrato all’applicazione, altrettanto irrilevanti debbono ritenersi il mero silenzio del magistrato e l’assenza di formali osservazioni da parte del predetto, rispetto ad un divieto, che, per la sua operatività, non richiede affatto la necessità di una specifica eccezione da parte del magistrato o di chicchessia”. Non v’è ragione di discostarsi dal contenuto di tale decisione. Merita unicamente di precisarsi che è ragionevole che sia diversa la regolamentazione giuridica tra la reiterazione dei decreti di applicazione ed un’unica applicazione, sebbene della stessa complessiva durata: la reiterazione delle applicazioni è foriera di maggiori disservizi e disagi rispetto ad un’unica applicazione, anche se l’arco temporale complessivo è identico (si pensi, solo per prospettare due esempi, alla necessità di emettere più variazioni tabellari e di provvedere più di una volta alla redistribuzione dei ruoli, con le consequenziali problematiche, specie nel settore penale).
Pertanto, si
delibera
di rispondere ai quesiti di cui in premessa nei termini seguenti:
- l’art. 102 della circolare in tema di applicazioni e supplenze prevede che soltanto il magistrato interessato possa svolgere osservazioni sullo schema di decreto predisposto dal presidente della Corte o dal procuratore generale. Ove soggetti diversi da questi ultimi ritengano di svolgere osservazioni, è nella facoltà del Consiglio giudiziario prima, e del Consiglio superiore poi, esaminarle e valutarle, ove le ritengano pertinenti ed utili ai fini della decisione da assumere, senza però dover radicare un ulteriore contraddittorio con i soggetti potenzialmente contro interessati;
- la norma di cui all’art. 105 della Circolare in tema di applicazioni e supplenze non è derogabile né in virtù dell’assenza di eccezioni, nel corso del procedimento amministrativo, da parte del singolo magistrato interessato né del consenso eventualmente manifestato dal predetto. "