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F ONDAMENTI DI N AVIGAZIONE

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Academic year: 2021

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(1)

C APITOLO I

F ONDAMENTI DI N AVIGAZIONE

S ATELLITARE

In questo capitolo descriveremo i principi di funzionamento di un sistema di navigazione satellitare e per renderne più chiara l’esposizione, ove necessario, porteremo a titolo di esempio il sistema statunitense GPS. La nostra scelta, dettata dalla maggiore diffusione di quest’ultimo rispetto al russo GLONASS, non lede in ogni caso alla generalità della trattazione; infatti i concetti di base sono i medesimi per entrambi e comuni anche al futuro sistema europeo GALILEO.

I.1 – Determinazione della posizione

La tecnica utilizzata in un sistema satellitare per determinare la posizione di un veicolo consiste basilarmente nel misurare il tempo necessario al segnale trasmesso dal satellite (ranging signal) per giungere al ricevitore dell’utente. Questo intervallo di tempo, detto tempo di transito, viene quindi moltiplicato per la velocità di propagazione del segnale in modo da ottenere la distanza satellite-ricevitore. Applicando questa tecnica ai segnali trasmessi da più satelliti il ricevitore può ricavare le proprie coordinate spaziali.

(2)

Per vedere come supponiamo che l’utente conosca con precisione istante di trasmissione e posizione del satellite e che quest’ultimo sia dotato di un clock, sincronizzato con un riferimento temporale interno al sistema, il quale controlla gli istanti esatti di trasmissione.

Anche il ricevitore contiene un clock che per il momento assumiamo perfettamente allineato a quello del satellite. Osservando l’istante di ricezione si può calcolare il tempo di transito e da qui la distanza tra satellite e ricevitore. L’utente sarà quindi localizzato su un punto della superficie di una sfera centrata sul satellite come mostrato in Figura I.1(a).

Se contemporaneamente venisse realizzata un’altra misura utilizzando il segnale di un secondo satellite, l’utente risulterebbe posizionato su una sfera concentrica a questo, ovvero si troverebbe in un punto a comune tra le due sfere il cui luogo è rappresentato dalla circonferenza del cerchio ombreggiato in Figura I.1(b). Questo cerchio in effetti individua il piano di intersezione delle due sfere perpendicolare alla retta congiungente i due satelliti.

Figura I.1 (a) Utente localizzato sulla superficie di una sfera; (b) utente localizzato sulla circonferenza del cerchio ombreggiato.

Ripetendo il processo di misura con un terzo satellite otteniamo la situazione rappresentata in Figura I.2: la terza sfera interseca il perimetro del cerchio ombreggiato in due punti simmetrici rispetto al piano contenente i tre satelliti. Naturalmente solo uno dei due punti costituisce la soluzione del nostro problema di posizionamento; per un utente sulla superficie della Terra è evidente che il punto inferiore sarà la reale posizione, ma per un ricevitore posto per esempio su un velivolo la risoluzione dell’ambiguità è meno banale e necessita di informazioni ausiliarie.

(3)

Quindi, stante le ipotesi iniziali, sono necessari al ricevitore almeno tre satelliti in vista per poter determinare la propria posizione.

Vediamo ora, una per una, in che misura possiamo ritenere valide queste ipotesi e come influenzano il grado di precisione delle stime fatte dal ricevitore.

Figura I.2 Utente localizzato su uno dei due punti della circonferenza.

I.1.1 – Posizione e istante di trasmissione dei satelliti

Com’è chiaro, il metodo di posizionamento descritto presuppone che l’utente conosca la posizione dei satelliti in vista e l’istante in cui essi trasmettono. Queste informazioni sono derivate da alcuni dati trasmessi al ricevitore proprio tramite i segnali di ranging. Naturalmente il satellite non può comunicare istante per istante la propria posizione poiché si muove lungo la sua orbita a velocità dell’ordine dei Km/s; ciò che trasmette invece è un insieme sintetico di parametri detti effemeridi che ne permette il calcolo al ricevitore.

Se si considerasse la Terra perfettamente sferica ed omogenea e si trascurasse la presenza di forze esterne, qualunque satellite artificiale si muoverebbe lungo orbite ellittiche predicibili (leggi di Keplero). In particolare la traiettoria in un sistema di riferimento inerziale geocentrico è descritta dall’equazione differenziale del secondo ordine

2

2 3

d r r

dt r

= −µ

G G

(I.1)

dove µ =3986005 10× 8 m s3/ 2 è il prodotto tra la costante di gravitazione universale e la

(4)

massa della Terra ed r = rG

; dunque fornendo solo sei parametri orbitali ad un certo istante iniziale la posizione del satellite sarebbe facilmente calcolabile in qualsiasi altro istante. t0 In realtà a causa della presenza di numerose forze perturbatrici (disomogeneità della Terra, attrazione gravitazionale lunare e altre) l’equazione del moto si complica e l’orbita rimane descrivibile con sei parametri, ma variabili nel tempo. Il problema è risolto fornendo i valori esatti dei parametri ad un certo istante detto epoca insieme al loro intervallo di validità e ad una caratterizzazione di come variano. Altre soluzioni quali quella di aggiornare frequentemente i valori dei parametri orbitali o di implementare al ricevitore l’intero modello gravitazionale perturbato sono impraticabili per applicazioni in tempo reale a causa dell’elevato carico computazionale richiesto. Le effemeridi sono calcolate dal segmento terrestre di controllo a partire dai dati raccolti nelle stazioni di monitoraggio a terra, quindi periodicamente trasmesse ad ogni satellite all’interno dei rispettivi messaggi di navigazione.

L’istante di trasmissione dei segnali di ranging si basa su un riferimento temporale interno al sistema (system time) dato generalmente da una versione dell’Universal Coordinated Time (UTC). Questo costituisce una scala temporale composita poiché si basa su altri due riferimenti: l’Atomic International Time (TAI) derivato da orologi atomici e l’Universal Time 1 (UT1) riferito alla velocità di rotazione terrestre; quest’ultimo, in particolare, definisce l’orientamento di un sistema di coordinate geocentrico solidale con la Terra rispetto allo spazio ed ai corpi celesti e rappresenta la scala temporale di base per la navigazione. L’uso dell’UTC si spiega con il fatto che unisce alle caratteristiche dell’UT1 l’uniformità tipica degli standard atomici.

I.1.2 – Disallineamento dei clock e misure di pseudorange

I segnali di ranging utilizzati nei sistemi satellitari sono costituiti da codici Pseudo Random Noise (PRN) vale a dire da sequenze binarie che assomigliano e hanno proprietà spettrali simili alle sequenze binarie casuali, ma in realtà sono deterministiche. Questi codici hanno una struttura periodica predicibile e possono essere facilmente replicati da un ricevitore appropriato; un semplice esempio di spezzone di un codice PRN è riportato in Figura I.3.

Per permettere al ricevitore di distinguere i segnali provenienti dai diversi satelliti è associato ad ognuno di essi in maniera univoca un codice PRN diverso da tutti gli altri.

(5)

Questa tecnica d’accesso è la ben nota Code Division Multiple Access (CDMA) ed è utilizzata nel GPS ed in futuro lo sarà anche da GALILEO, a differenza del GLONASS per il quale è stato scelto un accesso del tipo Frequency Division Multiple Access (FDMA).

Figura I.3 Esempio di spezzone di codice PRN.

Il processo di misura del tempo di transito del segnale in sistemi utilizzanti la tecnica CDMA è illustrato in Figura I.4. Nell’esempio un particolare codice trasmesso dal satellite all’istante giunge al ricevitore all’istante . Il tempo di transito è rappresentato da t1 t2 t.

Figura I.4 Misura del tempo di transito del segnale di ranging trasmesso dal satellite.

(6)

Il ricevitore ricostruisce una replica del codice PRN associato al satellite, ne varia la fase (cioè la trasla nel tempo) e la moltiplica con il segnale ricevuto allo scopo di misurare la correlazione tra i due segnali. Nell’istante in cui questi risultano allineati si ha l’aggancio di fase e si ottiene il massimo della funzione di correlazione.

Bisogna sottolineare che in sistemi di questo tipo i diversi segnali di ranging sono sovrapposti sia nel tempo che in frequenza, quindi i codici PRN utilizzati devono avere

“buone” funzioni di auto- e cross-correlazione; in altre parole devono essere segnali il più possibile incorrelati tra loro per permettere al ricevitore di distinguerli efficacemente all’interno del segnale complessivo ricevuto.

A questo punto se i clock del satellite e del ricevitore fossero perfettamente sincronizzati, come supposto all’inizio del capitolo, otterremmo il vero tempo di transito del segnale e da questo la distanza geometrica tra satellite e ricevitore (range)

t

R c= ⋅ ∆t (I.2)

dove è la velocità di propagazione della luce nel vuoto. Ma questa situazione non è realistica. Generalmente il clock del ricevitore non sarà allineato con il riferimento temporale interno del sistema; stesso discorso vale per il clock del satellite, nonostante sia basato sui precisi orologi atomici presenti a bordo. La distanza determinata dal processo di correlazione viene quindi indicata come pseudorange poiché comprende (1) la distanza geometrica tra satellite e utente, (2) un contributo dovuto alla differenza tra il clock del ricevitore e il system time e (3) quello dovuto alla differenza tra clock del satellite e system time. Le relazioni temporali sono mostrate nella Figura I.5; da questa si ricava per il pseudorange

c

ρ l’espressione

( U u) ( S ) ( U S) ( u ) ( u )

c T t T t c T T c t t R c t t

ρ= ⋅ + +δ = ⋅ + ⋅ δ = + ⋅ δ (I.3) dove

T = istante di trasmissione del segnale dal satellite; S

T = istante di ricezione del segnale al ricevitore; U

δ = offset del clock del satellite rispetto al system time; t t = offset del clock del ricevitore rispetto al system time; u

TS +δt = lettura del clock del satellite nell’istante di trasmissione del segnale;

TU +tu = lettura del clock del ricevitore nell’istante di ricezione del segnale.

(7)

Gli orologi atomici a bordo dei satelliti sono però costantemente monitorati dalle stazioni di terra le quali calcolano dei fattori correttivi per l’offset temporale e li trasmettono al satellite, quindi all’utente, esattamente come visto per le effemeridi. Queste correzioni sono utilizzate dal ricevitore per sincronizzare la trasmissione di ogni segnale di ranging con il system time.

Figura I.5 Relazioni temporali nella misura di pseudorange.

Assunto allora che l’offset δ sia del tutto compensato possiamo riscrivere la (I.3) come t R c tu

ρ= + ⋅ (I.4)

L’equazione d’osservazione appena ricavata presenta quattro incognite: le tre coordinate spaziali del veicolo (dalle quali dipende R ) e l’offset del clock del ricevitore; scaturisce così l’esigenza di avere un quarto satellite in vista che funga da riferimento temporale.

tu

Inoltre, essendo l’orologio del ricevitore molto instabile (si tratta in genere per motivi di costo e ingombro di clock al quarzo), è necessario che le quattro osservazioni siano contemporanee. Ricapitolando un generico sistema satellitare deve garantire la visibilità di almeno quattro satelliti da ogni punto dell’area di copertura del servizio.

I.2 – La matematica del ricevitore

Entriamo ora nel dettaglio degli algoritmi coinvolti nel calcolo della posizione a terra da parte del ricevitore.

(8)

Come giustificato nella sezione precedente, per poter calcolare le proprie coordinate

(X Y Zu, ,u u) in un dato riferimento nonché l’offset temporale l’utente deve compiere quattro misure di pseudorange da altrettanti satelliti con le quali costruisce il sistema d’equazioni

tu

i Ri c tu

ρ = + ⋅ i=1, 2,3, 4 (I.5) Fissato un sistema geocentrico XYZO di assi cartesiani solidali con la Terra e supposta nota la posizione del satellite i-esimo possiamo esprimere geometricamente il range

(

XS i_ ,YS i_ ,ZS i_

)

R tramite il teorema di Pitagora: i

(

_

) (

2 _

) (

2

)

i u S i u S i u S

R = X X + Y Y + Z Z _ i 2 (I.6)

Sostituendo (I.6) in (I.5) ed esplicitando per i che va da 1 a 4 otteniamo il set di 4 equazioni in 4 incognite

( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( )

2 2 2

1 _1 _1 _1

2 2 2

2 _ 2 _ 2 _ 2

2 2 2

3 _ 3 _ 3 _ 3

2 2 2

4 _ 4 _ 4 _ 4

u S u S u S u

u S u S u S

u S u S u S

u S u S u S

u

u

u

X X Y Y Z Z c t

X X Y Y Z Z c t

X X Y Y Z Z c t

X X Y Y Z Z c

ρ ρ ρ ρ

⎧ = + + + ⋅

= + + +

= + + + ⋅

= + + +

⎪⎩ t

(I.7)

Questo sistema, chiaramente non lineare, può essere risolto rispetto alle incognite utilizzando o soluzioni in forma chiusa, oppure tecniche iterative basate sulla linearizzazione. Concentriamo la nostra attenzione sul secondo dei metodi elencati: questo consiste nel linearizzare ogni equazione del sistema (ed in definitiva il sistema stesso) tramite uno sviluppo in serie di Taylor nell’intorno di un punto iniziale ricavato dalla conoscenza di una stima approssimata della posizione attuale

(

l l lX Y Zu, u, u

)

e del bias temporale . tu

(9)

Posto ρj = f X Y Z t( u, ,u u, u) dallo sviluppo arrestato al primo ordine si ottiene

( ) l ( )

l l l

( )

l l l

( )

l l l

( )

l l l

, , , , , ,

, , ,

, , , , , ,

u u

u u

u u

u u

u u

u u

u u

u u

u u u u u u u u

X X

u u u u j u u

Y Y

u u

Z Z

t t

u u u u u u u u

X u X u

Y Y

u u

Z Z

t t

f X Y Z t f X Y Z t

f X Y Z t X Y

X Y

f X Y Z t f X Y Z t

Z t

Z t

ρ

+ ⋅ ∆ + ⋅ ∆

+ ⋅ ∆ +

 

 

+

⋅ ∆

(I.8)

dove lu

u u

X X X

= , lu

u u

Y Y Y

∆ = , lu

u u

Z Z Z

= , ∆ = −  e ltu tu tu ρj = f X Y Z t

(

l l lu, u, u, , u

)

mentre le derivate parziali calcolate nel punto iniziale valgono

( )

l l l

l l

( )

l l l

l l

( )

l l l

l l

( )

l l l

_ _

_

, , , , , ,

, , , , , ,

u u

u u

u u

u u

u u

u u

u u

u u

u u

S j S j

u u u u u u u u

X X

Y j Y j

u u

Z Z

t t

S j u

u u u u u u u u

X X

Y j Y

u u

Z Z

t t

X X Y

f X Y Z t f X Y Z t

X R Y R

Z Z

f X Y Z t f X Y Z t

Z R t c

= − = −

= − =

 

 

Y

)

(I.9)

con Rlj =

(

lXuXS j_

)

2+

(

Ylu YS j_

)

2+

(

Zlu ZS j_ 2 distanza geometrica tra il generico satellite j-esimo e la posizione iniziale stimata.

Sostituendo le (I.9) nella (I.8), ponendo le quantità note a sinistra e le incognite a destra dell’uguaglianza otteniamo infine

l l

l

l l

l l

_ u _ u _ u

S j S j S j

j u u u

j

j j j

X X Y Y Z Z

X Y Z u

R R R

ρ ρ = ⋅ ∆ + ⋅ ∆ + ⋅ ∆ − ⋅ ∆c t (I.10)

Per snellire la scrittura dell’equazione precedente introduciamo le nuove variabili

l l

l

l l

l

_ _ _l

; S j u; S j u; S j

j j j xj yj zj

j j

X X Y Y Z Z

a a a

R R R

ρ ρ ρ

= = = = u

j

)

(I.11)

dove i termini , e rappresentano le componenti del versore che dalla posizione approssimata

axj ayj azj aGj

l l l

(

X Y Zu, u, u punta al satellite j-esimo.

(10)

In questo modo la (I.10) può essere riscritta più semplicemente come

j axj Xu ayj Yu azj Zu c tu

ρ

∆ = ⋅ ∆ + ⋅ ∆ + ⋅ ∆ − ⋅ ∆ (I.12)

e le quattro incognite Xu,Yu,∆ e Zu ∆ possono essere determinate risolvendo il set tu d’equazioni lineari

1 1 1 1

2 2 2 2

3 3 3 3

4 4 4 4

x u y u z u u

x u y u z u

x u y u z u

x u y u z u

a X a Y a Z c t

a X a Y a Z c t

a X a Y a Z c t

a X a Y a Z c t

ρ ρ ρ ρ

∆ = ⋅ ∆ + ⋅ ∆ + ⋅ ∆ − ⋅ ∆

∆ = ⋅ ∆ + ⋅ ∆ + ⋅ ∆ − ⋅ ∆

⎨∆ = ⋅∆ + ⋅∆ + ⋅∆ − ⋅∆

⎪∆ = ⋅ ∆ + ⋅ ∆ + ⋅ ∆ − ⋅ ∆

u u

u

(I.13)

Se si definisce

1 1 1

1

2 2 2

2

3 3 3

3

4 4 4

4

1 1 1 1

x y z u

x y z u

x y z u

x y z u

a a a X

a a a Y

A a a a p

Z

a a a c t

ρ ρ ρ

ρ ρ

∆ = = ∆ =

(I.14)

il sistema sopra può essere espresso nella forma compatta

A p

ρ

∆ = × ∆ (I.15)

la cui soluzione è rappresentabile come p A1 ρ

∆ = × ∆ (I.16)

avendo la matrice A determinante diverso da zero in virtù dell’indipendenza delle equazioni (I.10).

La tecnica descritta finora funziona bene se la posizione reale del ricevitore è sufficientemente vicina alla stima usata come punto iniziale del processo di linearizzazione e cioè se la terna (Xu,Yu,Zu) assume valori inferiori ad una certa soglia dipendente dai requisiti d’accuratezza dell’utente. In caso contrario si applica una procedura iterativa vale a dire una serie consecutiva di linearizzazioni nella quale ad ogni passo si utilizza come punto iniziale la soluzione ottenuta al passo precedente.

Nella pratica avremo ovviamente un numero di passi finito e per decidere quando arrestare l’iterazione basterà confrontare la posizione stimata ad ogni passo con quella stimata al

(11)

passo precedente e interrompere il processo di calcolo quando la variazione tra due stime successive è minore di un certo valore prefissato.

Generalmente i satelliti visibili al ricevitore sono in numero maggiore di quattro ed è possibile, nonché auspicabile, utilizzare tutti i segnali di ranging disponibili per migliorare la precisione nella stima delle incognite, piuttosto che scegliere solo quattro satelliti su cui compiere le misure di pseudorange. Posto allora pari ad il numero dei satelliti in vista otteniamo un sistema sovradeterminato (cioè con un numero d’equazioni maggiore del numero d’incognite) che ricordando la (I.15) può essere scritto nuovamente nella forma

4 n>

n

A p

ρ

∆ = × ∆ (I.17)

dove ∆ e A rappresentano la naturale estensione delle (I.14) al caso generale per ρ n>4. Per risolvere la (I.17) si può utilizzare il metodo dei minimi quadrati: questo consiste nel trovare il valore di p∆ che minimizza il modulo del cosiddetto vettore residuo

r= × ∆ − ∆ ; si trova così che la soluzione è data da A p ρ

T 1 T

p A A A ρ

∆ = × × × ∆ (I.18)

E’ evidente che se n=4, AT×A1=A1×AT⎤⎦1 e la (I.18) si riduce alla (I.16).

Una volta terminato il calcolo di X Y Zu, ,u u riferiti agli assi e di il ricevitore deve compiere un’ulteriore elaborazione dei risultati ottenuti poiché il sistema deve fornire in uscita la latitudine

tu

δ , la longitudine λ, l’altitudine h e il tempo t . Mentre per il tempo non ci sono altre operazioni da svolgere essendo t T= U + , le tre coordinate cartesiane vanno tu convertite nelle tre coordinate δ , λ e riferite al pianeta Terra e perciò dette geodetiche.

Senza entrare nei particolari possiamo dire in generale che il ricevitore lavora su un solido, descrivibile da un’equazione matematica, che approssima la forma della superficie terrestre con un certo grado d’accuratezza. Nel GPS, per esempio, è utilizzato lo standard World Geodetic System 1984 (WGS-84): esso è un sistema di riferimento geocentrico, solidale con la Terra che utilizza un modello ellissoidale del globo terrestre ottenuto come solido di rotazione di un’ellisse attorno all’asse minore e caratterizzato dal semiasse maggiore a, disposto sul piano dell’equatore, e dal semiasse minore b che va dal centro ad uno dei due poli, [Kap98].

h

(12)

I.3 – Sorgenti di errore nelle misure di pseudorange

Nella sezione I.2 sono stati presentati gli algoritmi di calcolo che permettono al ricevitore di ottenere le coordinate cartesiane dell’utente. In tutta la trattazione non sono state però considerate le varie sorgenti d’errore che nella realtà “corrompono” con i rispettivi disturbi il processo di misura della distanza tra satellite e utente. Il segnale trasmesso subisce per esempio dei ritardi nella propagazione attraverso l’atmosfera nonché fenomeni di riflessione e rifrazione sugli oggetti che circondano l’antenna del ricevitore (il cosiddetto multipath di cui ci occuperemo ampiamente nei prossimi capitoli). L’equivalente temporale del pseudorange è dato al solito dalla differenza tra la lettura del clock del ricevitore nell’istante di ricezione e la lettura del clock del satellite nell’istante di trasmissione. Queste relazioni sono mostrate in Figura I.6. Rispetto alla Figura I.5 abbiamo considerato l’istante di ricezione del segnale nel quale è compreso, a differenza del corrispondente valore teorico , anche l’offset temporale

'

TU

TU δterr che rappresenta l’effetto

totale dei singoli disturbi sul processo di misura. Si ricava allora per il pseudorange ρ l’espressione

( )

( )

( )

( )

( ) ( ) (

' '

U u S U S u

U err S u u err

c T t T t c T T c t t

c T t T c t t R c t t t

ρ δ

δ δ δ

= ⋅ + + = ⋅ + ⋅

= ⋅ + + ⋅ = + ⋅ + )

δ

δ (I.19)

dove al solito R c T= ⋅( U TS)= ⋅ ∆c t rappresenta la distanza geometrica satellite-utente.

Figura I.6 Relazioni temporali per il processo di misura del range.

(13)

Il risultato di questi inevitabili disturbi è che la (I.16) costituisce una stima della posizione reale dell’utente e non una soluzione esatta. Dal punto di vista operativo l’entità dell’errore commesso non è più controllabile dal ricevitore poiché l’errore stesso risulta limitato inferiormente da diverse quantità aleatorie delle quali conosciamo la natura e poche altre caratteristiche.

Nelle sezioni seguenti viene fornita una rapida panoramica delle principali sorgenti d’errore, comprese quelle legate alla precisione delle stime realizzate dal segmento di controllo.

I.3.1 – Errore sul clock e sulla posizione del satellite

Come discusso nei precedenti paragrafi, i satelliti sono dotati di orologi atomici che controllano tutte le operazioni di timing a bordo inclusa la generazione dei segnali di ranging. Nonostante l’elevata stabilità di questi orologi, l’offset δ rispetto al system time t può crescere fino a valori di circa 1 ms. Il segmento di controllo allora determina e trasmette ai satelliti dei parametri di correzione in modo che questi siano diffusi agli utenti all’interno del messaggio di navigazione. Poiché questi parametri costituiscono una stima dell’offset reale del clock, l’errore nella misura di pseudorange risulta compensato solo in parte.

Per quanto riguarda la posizione dei satelliti in vista, questa è calcolata dal ricevitore tramite le effemeridi contenute nei messaggi trasmessi a terra da ciascun satellite. Anche in questo caso si tratta di stime che contengono inevitabilmente un errore residuo.

I.3.2 – Effetti atmosferici

La velocità di propagazione di un’onda elettromagnetica (e.m.) in un mezzo può essere espressa in termini dell’indice di rifrazione n definito come il rapporto tra la velocità di propagazione nel vuoto c e quella nel mezzo stesso v, ovvero

n c

= v (I.20)

Il mezzo è detto dispersivo se la velocità di propagazione e quindi l’indice di rifrazione sono dipendenti dalla frequenza dell’onda. In un mezzo dispersivo allora la velocità della portante v (velocità di fase) differisce dalla velocità f v (velocità di gruppo) associata alle onde che g trasportano la componente informativa del segnale.

(14)

Nel caso di segnali a banda stretta, come quelli utilizzati nei sistemi satellitari di posizionamento, si ricava che con buona approssimazione è valida la relazione

f

g f

v v dv λ d

= λ (I.21)

dove λ indica la lunghezza d’onda del segnale. La (I.21) implica che la differenza tra la velocità di fase e quella di gruppo dipende sia dalla derivata di vf rispetto a λ che da λ stessa. Per i corrispondenti indici di rifrazione si ricava facilmente la relazione

f

g f

n n f dn

= + df dove g

g

n c

=v , f

f

n c

=v e f rappresenta la frequenza del segnale.

In un mezzo non dispersivo invece, la propagazione dell’onda è indipendente dalla frequenza e la portante si propaga alla stessa velocità della componente informativa.

Questo insieme di fenomeni influenza la velocità di propagazione delle onde e.m.; in particolare la componente del segnale che trasporta l’informazione viaggia ad una velocità minore di quella nel vuoto c e ciò si traduce nella presenza di un errore sotto forma di ritardo temporale. Il ritardo complessivo, che indicheremo con δtatm, è visto comunemente come somma di due distinte componenti, una dispersiva ed una non dispersiva. In genere si è soliti associare la componente di ritardo non dispersiva alla troposfera che per questo viene indicata con δttropo; la componente dispersiva, dipendente quindi dalla frequenza, viene associata alla ionosfera e indicata con δtiono( )f . Il ritardo complessivo δtatm è perciò esprimibile come δtatm =δttropo+δtiono( )f .

I.3.3 – Ritardo atmosferico dovuto alla troposfera

La troposfera è costituita dalla fascia inferiore dell’atmosfera compresa tra i 10 e i 50 km circa d’altezza e risulta non dispersiva per frequenze fino ai 15 Ghz. In questo mezzo, le velocità di fase e di gruppo associate alla portante e al segnale informativo (codice PRN e dati di navigazione) subiscono il medesimo ritardo rispetto alla propagazione nel vuoto.

Questo ritardo dipende dalla temperatura locale, dalla pressione e dall’umidità e se non compensato si traduce in un errore nella misura di pseudorange che può variare da 2.4 m per un satellite allo zenit fino a 25 m per un satellite con angolo d’elevazione di 5° (stime per il sistema GPS ), [Kap98].

(15)

Ci sono diversi modelli matematici che hanno lo scopo di approssimare il comportamento della troposfera; i più accurati e sofisticati considerano il ritardo troposferico come somma di una componente secca e di una componente umida. La componente secca, che trae origine dall’aria secca, costituisce circa il 90% del ritardo troposferico e può essere stimata molto accuratamente. La componente umida, che dipende dal vapor acqueo, è più difficile da stimare a causa delle incertezze sulla distribuzione atmosferica ma, fortunatamente, pesa solo per il restante 10% di δttropo. L’utilizzo da parte del ricevitore di tali modelli comporta però la conoscenza di parametri quali la pressione atmosferica e la pressione parziale del vapor d’acqua che non possono essere valutati da un apparecchio per uso civile a basso costo. Per questa ragione sono comunemente utilizzati modelli meno accurati che richiedono la conoscenza di parametri a disposizione del ricevitore o che comunque possono essere stimati a terra attraverso le informazioni contenute nel segnale di navigazione. Tra i modelli più utilizzati nella pratica abbiamo il Magnavox e il Collins, le cui equazioni per la stima del ritardo troposferico complessivo (espresso come range equivalente) sono date nell’ordine da, [Kap98]

( ) 6900 6900

2.208 hr hs

M e e

ρ sen

φ

=

,

( ) 7492.8

2.4225 0.026

hr

C e

ρ sen

φ

=

+ (I.22)

I parametri e hr h rappresentano rispettivamente l’altitudine del ricevitore e del satellite, s mentre φ è l’angolo d’elevazione del satellite stesso.

I.3.4 – Ritardo atmosferico dovuto alla ionosfera

La ionosfera è un mezzo dispersivo compreso nella fascia dell’atmosfera che va da 70 a 1000 km circa sopra la superficie terrestre. All’interno di questa regione i raggi ultravioletti provenienti dal sole ionizzano una parte delle molecole gassose presenti rilasciando elettroni liberi che influenzano pesantemente la propagazione delle onde e.m..

Per un segnale che incide verticalmente al ricevitore, il ritardo ionosferico δtiono varia da 10 nsec (equivalente a circa 3 m) di notte fino a 50 nsec (15 m) durante il giorno. Per angoli d’elevazione piccoli (da 0° a 10°), il ritardo è di circa 30 nsec (9 m) di notte e arriva a 150 nsec (45 m) di giorno, [Kap98].

(16)

Un’approssimazione al primo ordine dell’errore di pseudorange dovuto alla ionosfera è data da

.

2 .

40.3 ric

iono sat n dle

ρ f

=

(I.23)

dove f è la frequenza della portante ricevuta e l’integrale della densità elettronica ( ) rappresenta il contenuto totale d’elettroni lungo il percorso di propagazione del segnale dal satellite al ricevitore, [Kap98]. Questo fondamentale parametro è denominato Total Electron Count o TEC ( ).

ne

/ 3

elettroni m

/ 2

elettroni m

Il TEC varia con l’ora del giorno, la posizione dell’utente, l’angolo d’elevazione del satellite e la stagione; nominalmente oscilla tra valori di e con i due estremi che si verificano rispettivamente intorno alla mezzanotte e a mezzogiorno. Poiché il TEC è generalmente riferito al cammino verticale attraverso la ionosfera, la (I.23) è valida per satelliti con un angolo di elevazione di 90° (cioè alla zenit). Per angoli d’elevazione diversi, viene utilizzato il fattore di correzione adimensionale che tiene conto dell’incremento del cammino compiuto dal segnale all’interno della ionosfera. In questo modo l’espressione dell’errore di pseudorange diventa

1016 1019

Fiono

( ) 40.3 2

iono iono

F TEC

ρ φ f

= (I.24)

Poiché il ritardo ionosferico dipende dalla frequenza, può essere teoricamente eliminato utilizzando un ricevitore dual-frequency (cioè un ricevitore che acquisisce ed elabora il segnale su due portanti distinte). La stima d’entrambi i ritardi è realizzata calcolando semplicemente la differenza tra le due misure di pseudorange ρ1 e ρ2 realizzate alle due diverse frequenze, come mostrano le seguenti espressioni (qui le correzioni temporali sono espresse tramite il loro range equivalente):

( ) (

1 2

2 2

2 1

, 2 2 1 2 , 2 2

2 1 2 1

f f

iono corr iono corr

f f

f f f f 1 2)

ρ ρ ρ ρ ρ ρ

= = (I.25)

dove f e 1 f indicano le frequenze delle due portanti. Le (I.25) sono stime del primo ordine 2 basate sulla (I.23) e in quanto tali contengono generalmente un errore residuo. Nel caso di un ricevitore single-frequency, è ovvio che la (I.25) non può essere utilizzata.

(17)

Inoltre un normale ricevitore commerciale non ha la possibilità di misurare direttamente il parametro TEC. Di conseguenza al ricevitore sono utilizzati dei modelli semplificati che gli permettono di stimare il ritardo ionosferico con le informazioni a sua disposizione. Un esempio è quello proposto da Klobuchar, che fornisce in media una correzione di circa il 50% dell’errore indotto dalla ionosfera a latitudini medie. In questo modello il valore di

tiono

δ è approssimato da una funzione sinusoidale dell’ora locale durante il giorno e da una costante durante la notte.

I.3.5 – Errore dovuto al rumore nel ricevitore

Questa componente, che chiameremo δtnoise, tiene conto dell’errore commesso dal ricevitore nel calcolo del tempo di transito del segnale proveniente da un generico satellite.

Di tutte le sorgenti d’errore che sono state considerate, questa è l’unica che dipende esclusivamente dalla tecnologia incorporata nel ricevitore.

L’errore δtnoise viene anche chiamato errore di tracking in quanto ha origine proprio dalla non perfetta operazione d’aggancio in fase del codice PRN eseguita in ricezione. In genere il rumore è modellato come un processo aleatorio gaussiano, bianco, additivo e, per quanto detto sopra, indipendente dal satellite considerato; anche se semplice (rispetto in particolare al caso dei ritardi indotti dalla ionosfera e dalla troposfera), questo modello permette in condizioni normali di prevedere δtnoise con buona approssimazione. A meno di utilizzare ricevitori estremamente economici l’errore δtnoise è tra i fattori che pesano meno sulla precisione del sistema quindi non vengono aggiunti altri particolari al riguardo.

I.4 – Precisione delle stime di posizione

A conclusione del capitolo vogliamo dare un cenno sui metodi utilizzati per analizzare e misurare l’influenza delle sorgenti d’errore sulle stime di posizione elaborate dal ricevitore.

L’ipotesi di partenza è quella di considerare per ogni satellite l’effetto del disturbo totale equivalente ad un errore nella misura di pseudorange; la precisione di tale stima è detta User-Equivalent Range Error (UERE) e per un dato satellite è data dalla somma

(18)

(statistica) dei contributi d’ogni sorgente d’errore. Generalmente, le componenti dell’errore sono considerate indipendenti e il parametro UERE è approssimato come una variabile aleatoria gaussiana a media nulla e di varianza pari alla somma delle varianze di ciascuna delle sue componenti; inoltre UERE viene assunto indipendente e identicamente distribuito da satellite a satellite.

Per quanto riguarda invece la precisione delle stime finali di posizione, l’idea è che dipenda dagli errori nel processo di misura tramite la geometria del sistema ricevitore/trasmettitori. Al fine di chiarire il concetto, consideriamo il semplice caso di posizionamento bidimensionale illustrato in Figura I.7. Al solito supponiamo che all’utente siano note le posizioni e gli istanti di trasmissione delle sorgenti di segnale e che tutti i clock siano perfettamente allineati tra loro in modo che siano sufficienti due soli trasmettitori;

l’utente allora ricaverà la sua posizione dall’intersezione delle due circonferenze il cui raggio viene determinato a partire dal calcolo del tempo di transito dei segnali di ranging.

Figura I.7 Indebolimento della precisione: (a) geometria con DOP bassa, (b) geometria con DOP elevata.

Nella prima situazione considerata il ricevitore vede i due trasmettitori sotto un angolo retto, mentre nella seconda questo angolo è molto più piccolo. In entrambi i casi sono riportate le circonferenze ottenute in condizioni ideali (che s’intersecano in corrispondenza della posizione reale dell’utente) e quelle affette da errori nella misura del tempo di transito.

Le zone ombreggiate corrispondono all’insieme di stime che si possono ottenere utilizzando misure di ranging caratterizzate da un errore compreso nell’intervallo illustrato.

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