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Modelli di meccanica della frattura per il calcolo dell’area di efflusso e la verifica di stabilità della fessura.

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Capitolo 3

Modelli di meccanica della frattura per il calcolo dell’area di efflusso e la verifica di stabilità della fessura.

3.1 Concetti base di meccanica della frattura elasto-plastica.

3.1.1 Il criterio energetico.

Nel caso in cui si trascurino i fenomeni dissipativi, il principio di conservazione dell’energia stabilisce che il lavoro Fs fatto dai carichi esterni che agiscono su un corpo debba essere trasformato in energia di deformazione U :

(3.1) Fs −U =0

Il lavoro Fs compiuto dai carichi esterni vale:

(3.2) Fs = Pds

essendo P l’intensità del carico ed s lo spostamento del suo punto di applicazione.

Nel piano P-s, tale lavoro è fornito dall’area sottesa dalla curva carico-deformazione.

L’energia di deformazione U si calcola effettuando l’integrazione sul volume della densità di energia. Quest’ ultima grandezza è nota una volta conosciuto il tensore delle tensioni σ e quello delle deformazioni ε :

(3.3) Densitàdi energiadideformazione=

σdε

Se il corpo presenta una fessura, possono verificarsi due condizioni:

• la fessura non avanza;

(2)

• la fessura avanza.

Nel primo caso vale ancora l’equazione (3.1). Nel secondo caso, invece, è necessario correggere l’equazione di bilancio (3.1) introducendo un termine che tenga conto della quantità di energia spesa nella frattura del materiale. Si supponga che la fessura avanzi di una quantità infinitesima da. Se si scrive il bilancio di energia facendo riferimento alle variazioni di energia che si hanno nell’avanzamento della cricca dalla dimensione a a quella a+da , si ottiene l’equazione seguente:

(3.4)

(

FUW

)

=0

da d

s

che può essere riscritta nella forma:

(3.5)

( )

da U dW da F

d

s − =

Il primo membro dell’equazione (3.5) misura, l’energia rilasciata dal sistema quando la fessura avanza della quantità da; il termine a secondo membro, invece, indica la quantità di energia W necessaria per rompere il materiale della quantità da.

L’incremento da della fessura può avvenire solamente se la variazione di energia

(

F U

)

da d

s − uguaglia o supera l’energia da

dW necessaria all’avanzamento della

frattura.

Si può dimostrare che il termine

(

F U

)

da d

s − coincide con la variazione dell’ energia di deformazione immagazzinata nel sistema. A titolo di esempio, si considerino i due casi seguenti:

• condizione di controllo di spostamento (displacement control), Figura 3.1(a);

• condizione di controllo di carico (load control), Figura 3.1(b).

Si assume che in entrambi i casi il materiale possieda comportamento elastico lineare.

(3)

Figura 3.1 Condizione di controllo di spostamento (displacement control) (a).

Condizione di controllo di carico (load control) (b) [1].

Nel caso di controllo di spostamento, all’avanzamento della fessura corrisponde una diminuzione del carico applicato che passa dal valore P1 al valore P2 (Figura 3.2).

L’aumento della semilunghezza della fessura della quantità da, infatti, comporta una diminuzione della rigidezza del sistema e lo stesso spostamento può essere mantenuto con un carico applicato inferiore.

Figura 3.2 Andamento del carico P durante un avanzamento da della cricca in condizioni di spostamento imposto [1].

(4)

In sintesi, il punto di applicazione della forza non subisce alcuno spostamento, per cui si ha dFs=0 (le forze esterne non compiono lavoro), mentre l’energia di deformazione immagazzinata nel sistema diminuisce. L’equazione (3.5), quindi, diventa:

(3.6)

da dW dU =da

con da dU <0

Nel caso di controllo di carico, invece, l’avanzamento della fessura avviene a carico P1 costante, per cui il lavoro Fs compiuto da tale forza vale P

(

s2s1

)

, dato che le estremità della piastra subiscono lo spostamento s2s1 (Figura 3.3), mentre l’energia di deformazione immagazzinata dal sistema subisce un incremento pari a



 

1 11 2 2 1 2

1Ps Ps .

Figura 3.3 Andamento dello spostamento s durante un avanzamento da della fessura in condizioni di carico applicato costante [1].

L’equazione (3.5), quindi, assume la forma seguente:

(5)

(3.7)

( )

da P dW

P

P =

 

 −

11 1 1 1 2

2 2

1 2

1 δ δ

δ

δ

che semplificata fornisce:

(3.8)

( )

da P1 21 = dW 2

1 δ δ

Ancora una volta, il primo membro della (3.8) rappresenta la variazione dell’energia di deformazione

da

dU (in questo caso essa risulta positiva), mentre il secondo membro della (3.8) coincide con l’energia richiesta per avere la frattura del materiale di una quantità da.

Si può, quindi, concludere che indipendentemente dalla condizione di carico applicata al corpo, l’equazione di bilancio (3.5) assume sempre la forma seguente:

(3.9)

da dW dU =da

Il membro sinistro della (3.9) è chiamato rateo di rilascio di energia di deformazione (strain energy release rate) o forza motrice della fessura (dato che ha le dimensioni di una forza per unità di incremento della fessura) e viene indicato con G.

Il membro destro, invece, esprime l’energia necessaria alla propagazione della cricca, per cui è chiamato resistenza alla fessurazione (fracture resistance) ed indicato con Rf.

Il criterio di rottura espresso dall’equazione (3.9), può essere, allora, riscritto in forma sintetica:

(3.10) G = Rf

Nel caso in cui il materiale abbia comportamento elastico lineare, si può dimostrare che G è espresso dalla relazione seguente:

(6)

(3.11)

'

2 2

E a G = Fc πσ

dove:





= E per statodideformazione piano piano tensione di

stato per E

E 1 2

'

ν

E: è il modulo di Young del materiale;

ν: è il coefficiente di Poisson;

Fc: è un fattore che dipende dalla geometria considerata e dalle condizioni di carico;

σ: è la sollecitazione applicata al corpo in direzione normale alla superficie di frattura;

a: è la semilunghezza della fessura.

Sostituendo l’espressione di G fornita dalla (3.11) nella (3.10), si ottiene:

(3.12) c Rf

E a

F =

'

2πσ2

Dato che σ =ε

E' (legge di Hook), l’ equazione (3.12) può essere riscritta nella forma equivalente:

(3.13) Fc2πσεa =Rf

L’equazione (3.13), stabilisce il criterio di rottura del materiale. Tale criterio, tuttavia, fornisce risultati corretti solamente se il materiale mantiene un comportamento elastico lineare (come nel caso di materiali fragili o ad alta resistenza) nella zona circostante la fessura. Se il fenomeno di frattura, invece, è accompagnato da notevoli deformazioni plastiche (come avviene per materiali molto duttili), non è più possibile effettuare un’ analisi di tipo elastico e bisogna far ricorso

(7)

agli strumenti messi a disposizione dalla meccanica della frattura elasto-plastica (EPFM).

In EPFM, il criterio di rottura del materiale è fornito da una relazione formalmente simile (3.13):

(3.14) hσεa = JR

dove h è un fattore (detto funzione di influenza) che riveste lo stesso ruolo del termineπ nell’equazione (3.13) (e dipende oltre che dalla geometria e dalle Fc2 condizioni di carico anche dalle proprietà del materiale) e JR rappresenta la resistenza alla frattura del materiale. In EPFM, inoltre, la forza motrice della fessura si indica con J anziché con G, per cui la relazione (3.14) può assumere la forma equivalente riportata di seguito:

(3.15) J = JR

La (3.15) riveste lo stesso ruolo della (3.10).

Per poter impiegare l’equazione (3.15) in analisi di meccanica della frattura, è necessario conoscere il legame esistente tra σ ed ε per il materiale in esame.

In linea di principio, tale legame può essere descritto da qualsiasi relazione in grado di rappresentare l’andamento della curva sperimentale tensione-deformazione del materiale. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, si effettua il fit della curva sperimentale ricorrendo ad una legge di potenza nota come legge di Ramberg- Osgood (R-O):

(3.16)

F E

σn

ε =σ +

dove:

σ: è la sollecitazione applicata al corpo in direzione normale alla superficie di frattura;

E: è il modulo di Young del materiale;

n ed F: sono parametri che si determinano con il fit della curva sperimentale tensione-deformazione.

(8)

Il primo termine a secondo membro della (3.16), rappresenta la componente elastica di deformazioneεel, mentre il secondo termine a secondo membro rappresenta la componente plastica εpl di deformazione.

L’impiego dell’equazione (3.16) permette di ottenere dei fits accurati della curva sperimentale tensione-deformazione per molti materiali.

3.1.2 I parametri della legge di potenza di Ramberg-Osgood.

La legge di Hook rappresenta una descrizione matematica dell’andamento della parte lineare elastica della curva sperimentale tensione-deformazione del materiale.

La legge di Ramberg-Osgood (R-O) costituisce un’estensione di tale legge che permette di modellare anche la regione plastica della curva tensione-deformazione.

Nella legge R-O, la deformazione plastica del materiale è espressa dalla relazione seguente:

(3.17)

F

n pl

ε = σ

Il termine n è chiamato “strain hardening exponent”; F prende il nome di modulo plastico.

Il valore della deformazione totale si ottiene sommando il contributo elastico dovuto alla legge di Hook e quello plastico fornito dalla (3.17):

(3.18)

F E

n pl

el tot

σ ε σ

ε

ε = + = +

I valori di n ed F si ottengono effettuando il fit della curva effettiva tensione- deformazione del materiale secondo la procedura illustrata di seguito.

Come mostra la Figura 3.4, ad ogni valore di tensione, la deformazione plastica corrispondente vale:

(3.19)

tot E

pl

ε σ ε = −

(9)

Figura 3.4 Curva effettiva tensione deformazione del materiale [1].

Effettuando il logaritmo di entrambi i membri della (3.19) si ottiene:

(3.20) logεpl =nlogσ −logF

Se il materiale obbedisce effettivamente alla legge di R-O, la (3.20) fornisce nel piano log(deformazione plastica)-log(tensione), una retta. La pendenza di tale retta fornisce il valore di n; l’intercetta con l’asse delle ordinate vale –logF.

L’equazione R-O è stata sviluppata per descrivere il legame esistente tra tensioni e deformazioni effettive del materiale; tuttavia tale relazione può essere utilizzata anche per descrivere il legame tra tensioni e deformazioni ingegneristiche purchè se ne limiti il campo di validità al valore massimo della tensione ingegneristica.

In letteratura è possibile trovare forme diverse per l’equazione (3.17) di R-O; di seguito si discutono le relazioni più diffusamente impiegate.

In alcuni casi il modulo plastico F viene sostituito dal termine

( )

Sf n, per cui la (3.17) diviene:

(10)

(3.21)

n

f

pl S 



=σ ε

Sf è denominato “flow stress”, ma non ha un reale significato fisico. Esso, infatti, rappresenta il valore di tensione σ per cui si verifica una deformazione plastica del 100%, fatto difficilmente realizzabile nella realtà.

In altri casi, si la deformazione plastica del materiale è schematizzata per mezzo della relazione seguente:

(3.22)

n

pl 

 

=  σ0

α σ ε

L’equazione (3.22) impiega tre parametri (α, σ0, n) per descrivere la deformazione del materiale. Di questi parametri solo due sono indipendenti, σ0 e n; il confronto con la (3.17), infatti, impone che si abbia

F

n

σ0

α = All’atto pratico, è possibile scegliere per σ0 qualsiasi valore, a patto che α sia calcolata sfruttando la relazione appena esposta, tuttavia, solitamente, σ0 è uguagliato alla tensione di snervamento del materiale.

In altri casi ancora, la deformazione totale εtot del materiale (3.18) viene normalizzata rispetto ad una deformazione di riferimento

E

0 0

ε =σ . Si ottiene, allora:

(3.23)

n

tot 

 

 + 

=

0 0

0 σ

α σ σ

σ ε ε

e la deformazione plastica risulta fornita dalla relazione:

(3.24)

n

pl 

 

= 

0

0 σ

αε σ ε

(11)

Anche in questo caso i parametri indipendenti sono solo due: σ0 e n. Il confronto con l’equazione (3.17), infatti, introduce le seguenti correlazioni per gli altri due parametri:

(3.25)

E

0 0

ε =σ

F

n 0

ε 0

α = σ

La Tabella 3.1 raccoglie le relazioni comunemente utilizzate per calcolare la componente plastica di deformazione e i legami esistenti tra i parametri delle diverse equazioni.

Equazione (numero)

Parametri indipendenti presenti

nell’equazione (legame con n ed F)

Parametri dipendenti presenti nell’equazione (legame con i parametri

indipendenti)

F

n pl

ε =σ (3.17)

n F

n

f

pl S 



=σ ε

(3.21)

n Sf ( F1/n )

n

pl 

 

=  σ0

α σ ε

(3.22)

n σ0 ( F1/n ) α ( σ0n / F )

pl 

= 

0

0 σ

αε σ ε

(3.24)

n σ0 α ( σ0n / ε0F ) ε0 ( σ0 / E )

Tabella 3.1 Equazioni utilizzate comunemente per calcolare la componente plastica di deformazione e legame esistente tra i vari parametri.

(12)

3.1.3 Il criterio di rottura per materiali a comportamento non lineare.

A questo punto, sfruttando il legame tra tensioni e deformazioni fornito dalla relazione di R-O, è possibile riformulare il criterio di rottura fornito dall’equazione (3.15) nel modo seguente:

(3.26) n n a JR

h F E a h F a

h E  = + =

 

σ +σ σ2 σ +1

σ

Il primo termine a primo membro dell’equazione (3.26), rappresenta il contributo alla variazione di energia di deformazione dovuto alla parte lineare della curva tensione- deformazione (il confronto con l’espressione di G fornita dal primo membro della equazione (3.12), indica che nel caso elastico n=1, F=E ehFc2), mentre il secondo termine a primo membro dell’equazione (3.26) rappresenta il contributo alla variazione di energia di deformazione dovuto alla parte non-lineare della curva tensione-deformazione.

Tenendo conto della (3.11), la (3.26) diventa:

(3.27) R

n

c J

F a h E

a

F 2 + +1 =

2

'

σ πσ

In EPFM, il secondo termine a primo membro della (3.27) viene indicato con Jpl, per cui la relazione precedente può essere riscritta nella forma seguente:

(3.28) G+Jpl = JR

Inoltre, è uso comune porre G=Jel, per cui l’equazione (3.28) diventa:

(3.29) Jel+Jpl = JR

Generalmente si pone J=Jel+Jpl. La relazione (3.29) costituisce il criterio di frattura impiegato in EPFM. Esso mostra che la frattura può avanzare solamente se la sollecitazione risulta sufficientemente elevata da soddisfare l’equazione (3.27).

Tuttavia, per risolvere la (3.27), è necessario disporre di una relazione che descriva la

(13)

tenacità alla frattura del materiale. Per cui, è necessario determinare sperimentalmente energia di frattura JR.

Nel caso in cui Jel sia molto più piccolo di Jpl il primo termine dell’equazione (3.29) può essere trascurato e la tensione di frattura può essere calcolata direttamente:

(3.30) ( 1)

1

+

 

= R n

fr ha

σ FJ

Nel caso elastico n=1, F=E, JR=R,hFc2per cui la tensione di rottura risulta:

(3.31) 2

1

2 1





=

a F

R E

c

fr π

σ

I fattori geometrici Fc e h, indispensabili per poter risolvere qualsiasi problema di meccanica della frattura si possono calcolare utilizzando opportune relazioni disponibili in letteratura. Il fattore geometrico elastico Fc è stato calcolato per varie geometrie e condizioni di carico e su espressioni sono riportate in vari manuali [2],[3],[4]. Il fattore geometrico plastico dipende oltre che dalla geometria in esame e dalle condizioni di carico, dall’esponente n dell’equazione di R-O. Anche per esso esistono espressioni analitiche riportate in manuali [5],[6],[16].

3.1.4 Andamento dell’energia di frattura per materiali duttili.

Per i materiali molto duttili, la resistenza alla frattura JR tende a crescere durante l’evolversi del processo di frattura (Figura 3.5). Questo fatto consente l’avvio di fenomeni di frattura stabile, dato che la fessura è costretta ad arrestare la sua avanzata nel momento in cui la forza motrice diventa più piccola dell’energia necessaria alla frattura JR . La frattura può, quindi, crescere lentamente e stabilmente fino al raggiungimento di una condizione critica in cui si verifica una propagazione rapidissima ed incontrollabile. Il fenomeno di crescita della frattura ha inizio nel momento in cui J = JR. Fissata la dimensione della fessura, è possibile disegnare una famiglia di curve variando la tensione σ nell’equazione (3.27).

(14)

Figura 3.5 Andamento della curva J per diverse sollecitazioni σ e tipico andamento della “ fracture resistance” JR per un materiale duttile [1].

Alla tensione σa il valore di J(a) è quello corrispondente al punto A. Quest’ultimo si trova più in basso del punto B e quindi J risulta minore di JR. La frattura non può avanzare. Un innalzamento della tensione al valoreσi, porta J(a) al punto B. Adesso J=JR e la cricca può propagare. Ma essa è stabile , dato che, se la tensione rimane pari al valore σi, J si porta in C e JR in D e l’avanzamento della fessura deve arrestarsi. Affinché la frattura possa avanzare è necessario portare la sollecitazione a

σb, in modo da spostare il valore di J(a) nel punto D. In questa fase la cricca cresce stabilmente da a ad a+∆ab .

Ulteriori incrementi di tensione comportano una crescita stabile della cricca, per cui il processo di frattura risulta ancora sotto controllo. In questa fase è sufficiente mantenere la sollecitazione costante per scongiurare una rottura catastrofica del componente.

Nel caso in cui, però, la sollecitazione raggiunga σfr, J(a) si porta in E e la frattura può propagarsi in maniera instabile. Ad un ulteriore incremento della cricca, infatti, J continua a mantenersi più elevato di JR.

(15)

La condizione di instabilità, quindi, si verifica nel momento in cui si raggiunge una condizione di tangenza tra la curva J(a) e la curva JR :

(3.32)







 

=



 

=

a R a

R

da dJ da

dJ

a J a

J( ) ( )

Il sistema di equazioni (3.32) è frequentemente riportato in letteratura in una forma diversa. Moltiplicando ambo i membri della seconda equazione per 2

y

E

σ , dove E è il modulo di Young del materiale eσy è la tensione di snervamento, si ottiene:

(3.33)

da E dJ da dJ

E R

y y

2

2 σ

σ =

od in forma abbreviata:

(3.34) T =Tmat

Il termine T viene chiamato “tearing modulus”, mentre per il termine Tmat non è stata coniata alcuna denominazione.

Sostituendo nella (3.32) la (3.33) e la (3.34), si ottiene la seguente condizione di instabilità:

(3.35)



=

=

mat R

T T

a J a

J( ) ( )

La condizione di instabilità (3.35), tuttavia, è valida solo in condizioni di “load control”, dato che la sollecitazione non diminuisce una volta che la frattura diventa instabile. Se, invece, il sistema si trova in una condizione di “displacement control”, lo stato di tensione tende a diminuire durante l’avanzamento della cricca e dato che J

(16)

dipende da σ, può accadere che la forza motrice diventi minore della forza resistente JR causando l’arresto dell’accrescimento della fessura. In controllo di spostamento, quindi, il fenomeno di instabilità è influenzato anche dalle proprietà del sistema in esame.

La curva JR è solitamente ricavata sottoponendo campioni del materiale in esame a prove di Compact Tension. Essa può essere convenientemente schematizzata utilizzando la legge di potenza seguente:

(3.36) R

( )

Ic m

r C a J a

J

 

 +  ∆

=

dove:

∆a: è la variazione di lunghezza della fessura durante la fase di accrescimento;

JIc: è la tenacità a frattura iniziale (per ∆a=0);

C,m: sono parametri ricavati dal fit dei dati sperimentali;

r: è un parametro di normalizzazione che vale uno ed ha le medesime dimensioni di

∆a.

(17)

3.2 Parametri della meccanica della frattura elasto-plastica.

In generale, il materiale posto in prossimità della fessura, quando è sottoposto ad una sollecitazione, subisce una deformazione elasto-plastica. Tale deformazione può essere pensata come somma di una componente di deformazione elastica e di una componente di deformazione plastica, il che rende possibile calcolare i parametri di meccanica della frattura sommando alla componente elastica del parametro considerato(legata alla deformazione elastica del materiale) quella plastica (legata alla deformazione plastica del materiale). In questo lavoro di Tesi sono stati analizzati due parametri di meccanica della frattura: il Crack Opening Displacement (COD) e l’integrale J. Il significato di J è stato già illustrato nel paragrafo 3.1; sul significato del COD si tornerà nei paragrafi 3.3 e 3.4. Il valore di questi parametri si calcola utilizzando le relazioni seguenti:

(3.37) COD=δ =δelpl

(3.38) J = Jel +Jpl

dove i pedici el e pl indicano, rispettivamente, la componente elastica e quella plastica del parametro considerato.

In letteratura sono disponibili diversi modelli analitici che permettono di calcolare sia la componente elastica che quella plastica del COD e di J.

Essi assumono che:

• la fessura passante (Through Wall Crack: TWC) sia disposta circonferenzialmente e che sia posizionata simmetricamente rispetto al piano di applicazione dei momenti flettenti (Figura 3.6);

• la tubazione sia soggetta ad una delle seguenti condizioni di carico: flessione semplice dovuta al momento M; trazione pura dovuta alla forza P generata dalla pressione interna p; flessione e trazione combinate (Figura 3.6);

• la fessura possieda una forma semplice (Figura 3.7).

(18)

In tali modelli, la geometria della tubazione e della fessura passante è univocamente definite una volta noto il raggio medio Rm e lo spessore t del tubo e l’ampiezza 2θ (o la lunghezza 2a=2Rmθ) della TWC (Figura 3.6).

Figura 3.6 Rappresentazione schematica di una tubazione con fessura passante sottoposta a flessione e trazione [11].

Ogni modello, inoltre, contiene alcuni parametri che permettono di descrivere il legame esistente tra tensioni e deformazioni del materiale.

In base alle modalità adottate per definire il comportamento del materiale, è possibile suddividere i modelli analitici in due categorie: Categoria A e Categoria B.

I modelli della Categoria A utilizzano la legge di R-O per descrivere la curva effettiva tensione-deformazione del materiale. I modelli della Categoria B, invece, non richiedono di effettuare alcun fit della curva tensione-deformazione del materiale.

Della Categoria A fanno parte i modelli:

• GE/EPRI [12],[13],[18];

• LBB.ENG2[20],[21],[22];

• LBB.ENG3 [23],[24],[25].

I risultati forniti da questi modelli sono molto sensibili all’intervallo di dati scelto per effettuare il fit della curva tensione-deformazione (Appendice B).

Della Categoria B, invece, fanno parte i modelli:

• Paris/Tada [19];

• Enhanced Reference Stress (ERS) [26],[27],[28].

Nel modello Paris/Tada i valori del COD e di J sono ottenuti effettuando un’interpolazione tra il valore che tali parametri assumono nel caso puramente

(19)

elastico e nel caso completamente plastico. Per l’applicazione di questo metodo, quindi, è sufficiente conoscere le proprietà elastiche del materiale e la sua tensione di snervamento. Nel modello ERS, invece, il comportamento del materiale è descritto utilizzando direttamente i dati della curva effettiva tensione-deformazioni.

I paragrafi 3.4 e 3.5 illustrano le relazioni utilizzate dai diversi metodi per calcolare il COD e l’integrale J.

Figura 3.7 Varie geometrie di fessure passanti: (a) Fessura passante semplice; (b) Fessura passante complessa [9].

3.3 Profilo della fessura.

3.3.1 Introduzione.

Per effettuare il calcolo della portata che fluisce attraverso una fessura passante (TWC) è necessario accoppiare al modello termofluidodinamico definito nel Capitolo 2 un modello di meccanica della frattura che consenta di valutare come si deforma l’area di efflusso della fessura (COA) a seguito dei carichi applicati alla tubazione. L’area di efflusso, in generale, risulterà funzione della geometria della fessura e della tubazione, delle proprietà del materiale e delle condizioni di carico applicate alla tubazione.

3.3.2 Profilo della fessura assunto nello sviluppo dei modelli analitici.

L’area di efflusso può essere calcolata integrando lungo il profilo della fessura lo spostamento dei bordi dell’apertura. Questa operazione, tuttavia, risulta molto

(20)

laboriosa dato che richiede analisi agli elementi finiti per poter determinare gli spostamenti nei vari punti del profilo.

Queste complesse analisi possono essere evitate qualora si possa ipotizzare che la fessura assuma un ben determinato profilo.

Generalmente si fa riferimento a tre possibili configurazioni per il profilo (Figura 3.8):

• profilo rettangolare;

• profilo ellittico;

• profilo a diamante.

Figura 3.8 Geometrie comunemente utilizzate per descrivere il profilo dell’apertura: (a) Rettangolare; (b) Diamante; (c) Ellittico. [10]

Una volta scelto il profilo della fessura, l’area di efflusso è univocamente determinata se si conoscono la lunghezza 2a della fessura e la larghezza δ a mezza lunghezza. Valgono, infatti, le relazioni seguenti

(3.39) A 2= aδ per fessura Rettangolare (2.40) A=aδ per fessura a Diamante (2.41)

2 δ πa

A= per fessura Ellittica

(21)

La grandezza δ in meccanica della frattura è chiamata COD (Crack Opening Displacement).

La scelta del profilo più adatto a descrivere la forma della fessura passante rappresenta un’operazione molto delicata. Il profilo adottato, infatti, può causare notevoli variazioni nella stima dell’area di efflusso (e quindi nella portata di efflusso) anche a parità di a e δ.

Se si normalizza l’area di ciascuna apertura (equazioni (3.39),(2.40),(2.41)) rispetto all’area dell’apertura rettangolare, si ottengono aree di efflusso normalizzate pari a 1.000, 0.785, 0.500 per il rettangolo, l’ellisse ed il diamante, rispettivamente.

A parità di condizioni termo-fluido-dinamiche, la scelta di un profilo rettangolare o di uno a diamante, può, quindi, causare variazioni del 100% della portata di efflusso calcolata.

Il profilo assunto dalla fessura è funzione del meccanismo che ne ha causato la formazione (fatica, corrosione intergranulare, ecc.), della geometria della zona in cui è localizzata la fessura e delle condizioni di carico applicate alla tubazione.

Il profilo ellittico, ad esempio, appare adeguato a descrivere la conformazione di fessure originate da fenomeni di fatica e posizionate lontano da zone di transizione di spessore, purchè i carichi applicati alla tubazione siano disposti simmetricamente rispetto al piano di mezzeria della fessura stessa (Figura 3.9).

Figura 3.9 Illustrazione della geometria della fessura e dei carichi ad essa applicati [11].

Tale supposizione è supportata dai risultati sperimentali ricavati da Wilkowski et al.

nell’ambito del Programma di Ricerca Degraded Piping Program [8] condotto per conto della Nuclear Regulatory Commission (NRC).

La Tabella 3.2 riporta i dati relativi all’esperimento 4141-3.

(22)

Numero

Esperimento Diametro Tubazione (mm)

Spessore Tubazione (mm)

Metallo Base Tipo di

saldatura Temperatura (°C)

4141-3 406 26.2

SA-358 TP 304

Stainless Steel

SAW1 288

1 Saldatura ad Arco Sommerso.

Tabella 3.2 Dati relativi all’esperimento 4141-3 condotto nell’ambito del Programma di Ricerca Degraded Piping Program [8].

La Figura 3.10 riporta la distanza tra le facce dell’apertura in funzione della distanza dall’apice della fessura per l’esperimento 4141-3. Si nota come sia i dati sperimentali sia l’analisi agli elementi finiti avvalorino la correttezza dell’ipotesi di profilo ellittico per la fessura.

Figura 3.10 Profilo della fessura ricavato dall’esperimento 4141-3 per carico corrispondente al carico di inizio frattura [9].

Come detto in precedenza, il profilo assunto dalla fessura è influenzato dal meccanismo fisico che ne ha causato la formazione. Abbiamo appena visto che le fessure originate da fenomeni di fatica assumono un profilo ellittico; ciò è dovuto al fatto che i difetti durante questo processo di degradazione crescono prevalentemente lungo la direzione radiale, per cui il carico applicato alla tubazione fa sì che la fessura tenda effettivamente ad assumere un profilo ellittico. Le fessure originate da

(23)

fenomeni di corrosione intergranulare, invece, tendono a crescere nello spessore su piani inclinati e, quindi, nella fase di apertura assumono profili più complessi di quello ellittico. In questi casi, adottare un profilo ellittico, può risultare una schematizzazione troppo semplice.

Una volta scelto il profilo più opportuno per la fessura, è sufficiente determinarne il COD per conoscerne l’area di efflusso. Il valore assunto dal COD dipende dall’intensità e dal tipo di carico applicato alla struttura, dalla geometria della tubazione e della fessura e dalle proprietà del materiale.

I modelli analitici per il calcolo del COD sono illustrati al paragrafo 3.4.

3.4 Modelli matematici utilizzati per il calcolo del COD.

3.4.1 Calcolo della componente elastica del COD.

La componente elastica δel del COD, può essere calcolata utilizzando le relazioni fornite da Zahoor [16] o da Rahman et al. [11] per le diverse condizioni di carico applicate alla tubazione.

Flessione semplice. Per carico di flessione semplice Zahoor fornisce la relazione seguente per il calcolo di δel:

(3.42)

E V Rm B B

el

σ δ = 4 θ

dove:

Rm: è il raggio medio della tubazione;

θ: è la semiampiezza della fessura;

σ : è la massima tensione flessionale; B

E: è il modulo di Young del materiale;

La funzione geometrica VB si calcola con la relazione seguente:

(3.43)





 

 

 + 



 

 + 

=

94 . 2 5

. 1

15 . 24 071

. 6

1 π

θ π

A θ VB

(24)

con:

(3.44)





 ≤

 

 −

 ≤

 

 −

=

20 10

0 . 3 4

. 0

10 5

25 . 0 125

. 0

25 . 0

25 . 0

t per R

t R

t per R

t R A

m m

m m

dove t è lo spessore del tubo.

Recenti studi effettuati da Rahman et al. [11], hanno mostrato, che i valori di VB

forniti dalla (3.43), non sono accurati nel caso di fessure corte (θ/π<0.125). In questi casi, quindi, è necessario utilizzare la seguente espressione di VB:

(3.45)

3

4 2

3 2

1

 

 + 



 

 + 



 

 + 

= π

θ π

θ π

θ C C

C C VB

con:

2

1 1.4156 0.06437 0.0020167 

 

 + 



 

− 

= t

R t

C Rm m

2

2 3.9530 1.2496 0 048551 

 

− 

−

 

 + 

= t

R t

C Rm m

2

3 21.0204 4.3520 0.2058 

 

 + 



 

− 

= t

R t

C Rm m

2

4 7.5743 6.5536 0.1934 

 

− 



 

 + 

= t

R t

C Rm m

I valori di VB forniti dalla (3.45) e dalla (3.43), differiscono solamente per valori di θ/π<0.125.

Le relazione (3.45) e (3.43), si possono utilizzare solamente se 5≤ ≤20 t Rm

. Nel caso in cui sia necessario calcolare la componente elastica del COD per valori di

≥20 t Rm

, è necessario calcolare VB tramite la relazione proposta da Lacire [15].

Trazione. Per carico di trazione, la componente elastica del COD, si può calcolare utilizzando la seguente relazione di Zahoor [16]:

(25)

(3.46)

E V Rm T T

el

σ δ = 4 θ

dove:

σT è la tensione di trazione e gli altri simboli hanno lo stesso significato indicato in precedenza.La funzione geometrica VT è fornita dalla relazione seguente:

(3.47)





 

 

 + 



 

 + 

=

3 5

. 1

0 . 47 55

. 4

1 π

θ π

A θ VT

con A calcolato con la (3.44).

Flessione e trazione. In questo caso, il valore del COD si ottiene applicando il principio di sovrapposizione degli effetti. Perciò, δel si calcola sommando i risultati della (3.42) e della (3.46).

Le relazioni sopra esposte, si utilizzano per calcolare la componente elastica del COD, indipendentemente dal metodo utilizzato per valutarne la componente plastica.

Occorre, tuttavia, fare una precisazione riguardo alla procedura da seguire per calcolare δel nel caso in cui si faccia ricorso al metodo GE/EPRI per il calcolo di δpl. Kumar et al. [13] hanno mostrato che quando M/M0 è maggiore di 0.5 e n>>1 le equazioni (3.51), (3.53), (3.55) riportate nel paragrafo 3.4.2.1 tendono a sottostimare la componente plastica δpl del COD. Per ovviare a tale inconveniente è sufficiente sovrastimare δel introducendo nelle equazioni (3.42) e (3.46) anziché la semilunghezza reale a della fessura, la lunghezza effettiva ae definita dalla relazione seguente:

(3.48) ae =ary

con:

(3.49)

( )

2

0

1 1

1

1 

 



 

 +

= −

σ π

β

a K n

ry n I

(26)

(3.50)











 

 +



 

 +

=

pura trazione di

caso nel P

P

semplice flessione

di caso nel M

M

2

0 2

0

1 1 1

1

κ

KI è il fattore di intensificazione delle tensioni (SIF) per il modo I di apertura della fessura, n è lo strain hardening exponent, σ0 è una tensione di riferimento (solitamente uguagliata alla tensione di snervamento del materiale) ed il fattore β1

assume il valore seguente:



=

piano ne deformazio di

stato di caso nel

piano tensione di

stato di caso nel 6

2

β1

3.4.2 Calcolo della componente plastica del COD.

3.4.2.1 Il metodo GE/EPRI.

Il metodo GE/EPRI, è stato sviluppato in cooperazione dalla General Electric e dall’Electric Power Research Institute. Questi due enti hanno avviato, fin dagli anni ottanta, molte attività di ricerca che hanno consentito di disporre di una gran mole di dati sperimentali a fronte dei quali effettuare la validazione del modello. Ciò ha reso il metodo GE/EPRI molto affidabile. Questo spiega la diffusione di tale strumento nella valutazione dei parametri di meccanica della frattura nel campo LBB.

Nel metodo GE/EPRI, il calcolo di δpl si svolge attraverso quattro fasi (Figura 3.11):

• Fase I in cui si individuano i carichi che agiscono sulla tubazione;

• Fase II in cui sulla base delle condizioni di carico stabilite nella Fase I si seleziona l’opportuna relazione da utilizzare per il calcolo di δpl;

• Fase III in cui si calcolano le funzioni di influenza h2 per la componente plastica del COD;

• Fase IV in cui effettua il calcolo vero e proprio della componente plastica del COD.

La Fase III e la Fase IV richiedono la conoscenza delle seguenti condizioni al contorno:

(27)

• geometria della tubazione;

• geometria della fessura;

• intensità dei carichi;

• proprietà del materiale ottenute dal fit della curva tensione-deformazione con la relazione R-O.

Figura 3.11 Diagramma di flusso per il calcolo della componente plastica δpl

del COD per una tubazione con TWC.

La relazione da utilizzare per il calcolo della componente plastica δpl del COD, dipende dalla condizione di carico applicata alla tubazione.

Flessione semplice. La componente plastica del COD nel caso di flessione semplice si calcola con la relazione seguente:

(3.51)

n B m

pl M

M t n R b

ah a 

 

= 

0 2

0 ( , , )

αε δ

dove:

Rm: è il raggio medio della tubazione;

t: è lo spessore della tubazione;

(28)

I~πRm3t: è il momento d’inerzia rispetto all’asse neutro per una sezione circolare sottile senza fessura;

a=Rmθ: è la semilunghezza della fessura misurata lungo il raggio medio Rm; θ: è la semiampiezza della fessura;

b=Rmπ: è la semicirconferenza della tubazione misurata lungo il raggio medio Rm; )

, ,

2 (

t n R b

hB a m : è la funzione di influenza plastica per il caso di flessione semplice;

ε0= σ0/E: è la deformazione corrispondente alla tensione di collasso σ0;

σ0: è la tensione di collasso del materiale (generalmente uguagliata alla tensione di snervamento);

E: è il modulo di Young del materiale;

α, n: sono i parametri dell’equazione di Ramberg-Osgood;

M: è l’intensità del momento flettente applicato alla tubazione;

M0: è il momento flettente di collasso.

Per una tubazione con TWC sottoposta a flessione semplice M0 vale:

(3.52)

( )



 

 −

 

= σ θ sinθ

2 1 cos 2

4 0 2

0 R t

M m

Trazione. La componente plastica del COD nel caso di carico di trazione pura è fornita dalla relazione seguente:

(3.53)

n T m

pl P

P t n R b

ah a 

 

= 

0 2

0 ( , , )

αε

δ

dove:

) , ,

2(

t n R b

hT a m : è funzione di influenza plastica per il caso di trazione pura;

P: è il carico di trazione dovuto alla pressione interna p;

P0: è il carico di collasso.

Per una tubazione con TWC sottoposta a trazione P0 vale:

(29)

(3.54) 

 

 

 

− 

= σ π θ sinθ

2 sin 1 2

2 0 1

0 R t

P m

Flessione e trazione. Se la tubazione è soggetta ad un carico di trazione e di flessione contemporaneamente, la componente plastica del COD si calcola con la relazione seguente:

(3.55)

n T m

B

pl P

P t

n R b

ah a 

 

= +'

0 2

0 ( , , ,λ)

αε δ

dove:

) , , ,

2 ( λ

t n R b

hB+T a m : è la funzione di influenza plastica per il caso di trazione e

flessione combinate;

PRm

= M

λ : è il fattore di carico;

P0: è il carico di collasso.

Per una tubazione con TWC sottoposta a trazione e flessione esso vale:

(3.56)





  +

 

 + 

= 02

2

0 2 0

0 2 ' 0

0 4

2

1 P

M R P M

R

P λP m λ m

I valori delle funzioni di influenza per tubazioni con TWC sottoposte a carichi di flessione, trazione o flessione e trazione combinate, sono stati calcolati da Kumar et al. [12],[13] e da Zahoor [16] per specifiche geometrie (Rm/t=5, 10, 20), dimensioni della fessura (a/b=1/16, 1/8, 1/4, 1/2), costanti del materiale (n=1, 2, 3, 5, 7) e fattori di carico λ utilizzando modelli agli elementi finiti. Per tubazioni con geometria o proprietà del materiale diverse da quelle sopra elencate, le funzioni di influenza si ricavano effettuando interpolazioni multiple tra i parametri adimensionali Rm/t, a/b, n e λ.

(30)

3.4.2.2 Il metodo LBB.ENG2.

Il metodo LBB.ENG2, sviluppato da Brust [20] alla fine degli anni ottanta, permette di evitare analisi agli elementi finiti. Come mostra la Figura 3.12, in questo modello, la presenza della fessura è simulata da una riduzione di spessore (per tener conto della maggiore deformabilità di una tubazione fessurata). La fessura non esiste fisicamente, ma è simulata dalla zona a spessore ridotto;ciò permette di calcolare i parametri della meccanica ella frattura facendo ricorso alle soluzioni analitiche rese disponibili dalla teoria delle travi .

Figura 3.12 Tubazione con riduzione di spessore utilizzata nel metodo LBB.ENG2 [11].

L’estensione di questa zona si ottiene uguagliando la deformabilità della tubazione fessurata e della tubazione integra.

Lo spessore equivalente te si ottiene imponendo che il carico limite della tubazione integra sia equivalente a quello della tubazione con TWC.

Di seguito, sono riportate le relazioni utilizzate per il calcolo della componente plastica del COD per le diverse condizioni di carico.

Flessione semplice. La componente plastica δpl del COD nel caso di carico di flessione semplice, si calcola con la relazione seguente:

(3.57) δpl Rm θ φcp



 +

= 1 sin2

dove:

Rm: è il raggio medio della tubazione;

(31)

θ: è la semiampiezza della fessura;

Il termine 

 + sin2

1 θ

Rm della (3.57) misura la distanza tra asse neutro della sezione con TWC e centro della fessura.

Il fattore φpc rappresenta la rotazione plastica della sezione contenente la fessura ed è calcolato tramite la relazione seguente:

(3.58)

( )

m n n B

B n c

p M

t R I n E

L 1 2

0

) ) (

,

( π

θ σ

θ α

φ =

dove:

t: è lo spessore della tubazione;

E: è il modulo di Young del materiale;

α, n: sono i parametri dell’equazione di Ramberg-Osgood;

σ0: è la tensione di collasso del materiale (generalmente uguagliata alla tensione di snervamento);

M: è l’intensità del momento flettente applicato alla tubazione.

Il parametro LB(n,θ) è fornito dalla relazione seguente:

(3.59)

n n

B n K

L

 













 −

 

= 

4 ˆ 2sin

1 cos 2

4 ) , (

1

π θ θ

θ π

con:

(3.60)



 

 + Γ



 

 + Γ

=

n n K

2 1 2 3

2 1 1

ˆ 2π

Il fattore Γ presente nella (3.60), è definito dall’integrale seguente:

(3.61) Γ =

( )

0

1exp )

(u ζu ζ dζ

(32)

Il termine IB(θ) presente nella (3.58), è definito nel modo seguente:

(3.62) θ =

θθ θ θ

0

)2

/ , ( 4 )

( F R t d

IB B m

dove FB(θ,Rm/t) è la funzione geometrica utilizzata per il calcolo del fattore di intensificazione delle tensioni per una tubazione con TWC sottoposta a flessione.

Tale funzione è definita dalla (3.91) riportata al paragrafo 3.5.2.

Trazione. Nel caso di carico di trazione pura, la componente plastica δpl del COD si determina per mezzo della relazione seguente:

(3.63) m cp

n T

pl R θ φ

π θ π θ

σ αε σ

δ

 

 

 

 +  +



 

− 



 

=

sin 2 1 2sin

sin 1

1 2 1

1

0 0

dove σT rappresenta la tensione di trazione dovuta al carico assiale. Gli altri simboli hanno il significato già definito per il caso di flessione semplice.

La (3.63), mostra che nel caso di trazione pura la componente plastica del COD è ottenuta sommando due contributi. Nella valutazione di δpl, infatti, bisogna considerare che all’apertura della fessura contribuiscono sia il carico di trazione effettivamente applicato alla tubazione(primo termine a secondo membro), sia il momento flettente indotto (secondo termine a secondo membro). In una tubazione con TWC, l’asse neutro non passa per il centro della sezione. Perciò, gli sforzi normali non costituiscono più una coppia di braccio nullo e ciò origina un momento flettente che causa una rotazione della sezione fessurata incrementando il COD.

La rotazione plastica φpc dovuta al momento indotto dal carico di trazione, si calcola tramite l’equazione (3.58).

Flessione e trazione. Per questa condizione di carico, la componente plastica δpl del COD si stima utilizzando l’equazione (3.63).

(33)

La rotazione plastica φcp, in questo caso, è dovuta oltre che al momento flettente effettivamente applicato alla tubazione anche a quello indotto dal carico di trazione.

Per cui φpc si calcola introducendo nella (3.58) il momento flettente risultante.

3.4.2.3 Il metodo LBB.ENG3.

Il metodo LBB.ENG3, sviluppato da Rahman e Brust nei primi anni novanta [23], [24], [25], costituisce un’evoluzione del metodo LBB.ENG2. Esso permette di valutare i parametri della meccanica della frattura in presenza di due materiali diversi. Si tratta di una questione di grande interesse, dato che solitamente le fessure sono localizzate in prossimità di giunti di saldatura, per cui è necessario tener conto della deformazione del materiale base e di quello di saldatura

Le relazioni utilizzate per il calcolo del COD, contengono parametri che permettono di descrivere le proprietà meccaniche di due materiali differenti. Il metodo LBB.ENG3, può essere utilizzato solamente per studiare geometrie in cui la TWC è posta nella mezzeria del giunto saldato (Figura 3.13).

Come nel metodo LBB.ENG2, la presenza della fessura è simulata da una riduzione di spessore (Figura 3.13).

Figura 3.13 Geometria della tubazione utilizzata nel metodo LBB.ENG3. [11]

Le equazioni utilizzate nel metodo LBB.ENG3 per il calcolo della componente plastica del COD, risultano formalmente identiche alla (3.57) e (3.63) definite nel paragrafo 3.4.2.2 per il metodo LBB.ENG2.

(34)

Ciò che varia, è la relazione utilizzata per il calcolo della rotazione plastica φpc, dato che adesso essa dipende oltre che dalle proprietà meccaniche del materiale base, anche da quelle del metallo di saldatura. La relazione (3.58) del metodo LBB.ENG2 è sostituita dalla relazione seguente:

(3.64)

( )

1 1

1 1 2

01 2 2 1 1

) ) (

, ,

( n n

m B B n

c

p M

t R I n E

n

L π

θ σ

θ α

φ =

dove:

Rm: è il raggio medio della tubazione;

θ: è la semiampiezza della fessura;

t: è lo spessore della tubazione;

αi, ni: sono i parametri dell’equazione di Ramberg-Osgood del materiale i-mo;

Ei: è il modulo di Young del materiale i-mo;

σ0i: è la tensione di collasso del materiale i-mo;

M: è l’intensità del momento flettente applicato alla tubazione.

Il pedice i, vale 1 per il materiale base, e 2 per il materiale di saldatura.

Il termine IB(θ) è fornito ancora dall’equazione (3.62).

Il parametroLB(n1,n2,θ), invece, è definito nel modo seguente:

(3.65) 1

* 1 02 1

* 2

* 01 1

02 01

2

1 1

2 2

1 1

1

2 2

2 ˆ

2 2

2 ˆ )

, ,

(



 

 

 

 +



 

 −



 



 

 

 

 +



 



 

 −



 

= n

e w e

w

n

e w n n

e w n

B

M M t

t L M

M t

t L a M

M

t t L M

M t

t L a M

M n

n L

ε α ε

θ

dove:

i

i E

01 0

ε =σ : è la deformazione corrispondente alla tensione σ0i per il materiale i-mo;

Lw: è la larghezza del giunto di saldatura;

: è la lunghezza della zona a spessore ridotto;

te: è lo spessore equivalente della tubazione;

m i i

R M* σ0I

= : è il momento flettente elastico corrispondente alla tensione σ0i;

(35)

Il momento M0i si calcola con la relazione seguente:

(3.66)

m i i

i R

K I M K

π 4 ˆ

0 =

con:

(3.67)

(

i i

)

ni

i i

K 1

0 0

ε α

= σ

e:

(3.68)



 

 + Γ



 

 + Γ

=

i i

n n K

2 1 2 3

2 1 1

ˆ 2π

La funzione Γ nella (3.68) è definita dalla (3.61).

L’equazione (3.64) è fortemente dipendente dalle proprietà del materiale base; le proprietà del materiale di saldatura sono considerate per mezzo della funzione LB. Quando le differenze tra metallo base e metallo di saldatura scompaiono, l’equazione (3.64) si riduce all’equazione (3.58). Il metodo LBB.ENG2, quindi, può essere trattato come un caso particolare del metodo generale LBB.ENG3.

3.4.2.4 Il metodo di Paris/Tada.

Il metodo di Paris/Tada [19], fornisce una relazione che consente di effettuare direttamente il calcolo dell’area della fessura (COA) a profilo ellittico.

La relazione proposta, ingloba già il contributo elastico e quello plastico.

L’area della fessura è stimata effettuando un’interpolazione tra la soluzione valida per il caso lineare elastico e quella ottenuta in caso di completa plasticizzazione della sezione fessurata.

Paris e Tada hanno determinato che nel caso di materiale a comportamento elastico lineare, la COA per una tubazione con TWC sottoposta ad una condizione di carico di trazione e flessione combinata è fornita dalla relazione seguente:

(3.69)

[ ( )

( )

]

2 σ θ σ θ

π

T T B

m B

el I I

E

A = R +

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