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CAPITOLO 1: IL RENE

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Academic year: 2021

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INDICE

INTRODUZIONE ……… pag. 2

CAPITOLO 1: IL RENE

 1.1 Anatomia macroscopica ……….. pag. 4

 1.2 Anatomia microscopica ………. pag. 7

 1.3 Fisiologia renale ……….. pag. 12

CAPITOLO 2: AKI:ACUTE KIDNEY INJURY

 2.1 IRA e AKI ……… pag. 23

 2.2 Fisiopatologia del danno renale ……… pag. 27

 2.3 Il danno renale in UTI ………. pag. 29

 2.4 Limiti della creatinina sierica come marker di AKI …………. pag. 35

 2.5 Biomarker ideale di AKI: caratteristiche ……… pag. 36

 2.6 N-gal ……….………. pag. 37

 2.7 Cistatina C ………. pag. 41

 2.8 Beta-2 microglobulina ……….. pag. 44

 2.9 Beta-trace protein ……… pag. 46

CAPITOLO 3: STUDIO SPERIMENTALE

 3.1 Disegno dello studio ……… pag. 48

 3.2 Obiettivi dello studio ……… pag. 48

 3.3 Materiali e metodi ……… pag. 49

 3.4 Risultati ………. pag. 53

 3.5 Discussione ……….. pag. 65

CAPITOLO 4: CONCLUSIONI ……… pag. 74

BIBLIOGRAFIA ………. pag. 76

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INTRODUZIONE

AKI (Acute Kidney Injury) : Danno renale acuto (precedentemente noto come l'insufficienza renale acuta) è una sindrome caratterizzata da una rapida perdita della funzione renale ed è di solito diagnosticato dall'accumulo di prodotti finali del metabolismo dell'azoto (urea e creatinina) o dalla riduzione della produzione di urina, o da entrambi.

L’incidenza di danno renale acuto nei pazienti ospedalizzati è circa 5-9%, elevandosi nei pazienti critici oltre il 40%. 1

Il tasso di mortalità di un episodio isolato di AKI è approssimativamente tra il 10 ed il 15%. Tuttavia, quando l’insufficienza renale si verifica in associazione ad una ulteriore disfunzione d’organo, i tassi di mortalità sono molto più alti, variando dal 40% al 90%. In questi pazienti critici IRA è comunemente secondaria (90% dei casi) a una condizione di necrosi tubulare acuta (ATN). 2

Nuove tecniche diagnostiche (ad es. marcatori biologici) potrebbero aiutare nella diagnosi precoce di danno renale.

Il termine AKI ha sostituito il concetto di insufficienza renale acuta (IRA), a sottolineare che esiste un continuum di danno renale che inizia a livello cellulare, molto prima che una sufficiente perdita di funzione escretoria renale possa essere misurata con test di laboratorio standard. 1

In precedenza è stato ampiamente utilizzato il termine ―IRA‖ (Insufficienza Renale Acuta); una revisione della letteratura ha però rivelato che erano in uso oltre 35 classificazioni, senza alcun chiaro consenso.

Per far fronte a tale problema, un panel di esperti ha introdotto il concetto di

―danno renale acuto ― (AKI) e la classificazione RIFLE, la quale comprende diverse categorie di disfunzione renale:

- R = Risk (rischio di IRA) - I = Injury (danno renale)

- F = Failure (malfunzionamento renale) - L = Loss (perdita della funzione renale)

- E = End-stage kidney disease (insufficienza renale terminale). 3

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Per perfezionare ulteriormente la definizione di AKI, l'Acute Kidney Injury Network ha proposto una versione modificata della classificazione RIFLE, nota come

―criteri Akin‖.

I criteri Akin definiscono AKI come una brusca (entro 48 ore) riduzione della funzione renale, caratterizzata da:

 aumento assoluto di creatinina sierica ≥ 0,3 mg / dl per oltre 6 ore

 aumento percentuale della creatinina sierica ≥ 50% del valore basale per oltre 24 ore

 oliguria (<0,5 mL / kg / ora) per più di 6 ore. 4

Nella pratica clinica attuale, AKI è di solito diagnosticata misurando la creatinina sierica. Purtroppo la creatinina è un indicatore tardivo della funzione renale. In primo luogo, i suoi livelli possono variare notevolmente con l'età, il sesso, la massa muscolare, il metabolismo muscolare, i farmaci e lo stato di idratazione del paziente. Inoltre, i livelli sierici di creatinina possono risultare alterati quando ormai si è già perso circa il 50% della funzione renale. In terzo luogo, a tassi più bassi di filtrazione glomerulare, la secrezione tubulare di creatinina sovrastima la funzione renale. Pertanto l’identificazione di nuovi biomarcatori di AKI è stata designata come una priorità assoluta da parte della Società Americana di Nefrologia. 5

I nuovi biomarker di AKI includono:

-N-GAL: neutrophil gelatinase-associated lipocalin -Cistatina C

-BTP: beta trace protein -Beta2-microglobulina. 6

Scopo di questo lavoro è valutare l’accuratezza diagnostica di nuovi biomarker,

come Ngal, Cistatina C, beta2-microglobulina e beta trace protein, al fine di poter

diagnosticare e trattare precocemente una condizione di danno renale acuto.

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CAPITOLO 1 IL RENE

1.1 Anatomia macroscopica

I reni sono due organi pari localizzati in sede retroperitoneale nella parte posteriore dell’addome, ai lati della colonna vertebrale.

Il polo superiore del rene raggiunge la XII vertebra toracica, mentre quello inferiore si trova a livello della III vertebra lombare. Il rene destro è leggermente più in basso del sinistro.

Nell’uomo adulto il peso di ciascun rene oscilla tra 125 e 170 g, mentre nella donna è tra 115 e 155 g; il diametro longitudinale è circa 11-12 cm, quello trasversale è circa 5-7 cm. Lo spessore è circa 2,5-3 cm.

A livello del margine mediale presenta l’ilo renale, che dà passaggio ai vasi sanguigni e linfatici, ai nervi e alla pelvi renale. L’ilo continua in una cavità (seno), dove l’uretere si espande per formare la pelvi.

Ciascun rene, avvolto dalla capsula adiposa, è contenuto all’interno di una loggia fibrosa detta loggia renale, delimitata dalla fascia renale (tessuto connettivo retroperitoneale ispessito).

Se si seziona a metà il rene si osservano sulla superficie di taglio tre distinte regioni:

 Corticale: la parte esterna

 Midollare: la parte interna

 Pelvi: a livello dell’ilo renale, costituita dall’espansione dell’uretere.

La proporzione di queste tre parti nel rene è: corticale 61%, midollare 27%, pelvi 12%.

La zona corticale ha lo spessore di 1 cm e costituisce tutta la parte periferica del rene: è situata fra la superficie dell’organo e le piramidi renali, ma si spinge anche profondamente alle piramidi stesse, creando le colonne renali di Bertin;

la zona midollare ha la caratteristica di contenere le piramidi renali: sono formazioni coniche che con la loro base, periferica, continuano nella corticale, mentre con il loro apice sporgono nel seno renale creando le papille renali.

L’estremità libera delle papille presenta 15-20 forellini che corrispondono allo

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sbocco dei dotti papillari di Bellini. Questi ultimi, insieme ai dotti collettori, percorrono le piramidi renali assialmente e determinano l’aspetto striato della midollare.

I reni necessitano, per svolgere la loro funzione emuntoria, di un notevole apporto ematico e pertanto presentano una ricca vascolarizzazione (20% della gittata cardiaca).

L’apporto ematico a ciascun rene è garantito dall’arteria renale del lato corrispondente (destra o sinistra). L’arteria renale origina dall’aorta addominale e, prima di entrare nel parenchima, dell’organo si divide in due rami, anteriore e posteriore, dai quali originano le arterie segmentarie. Le arterie segmentarie sono

Figura 1: Sezione verticale del rene (Tratto da: Sobotta, Atlante di Anatomia

Umana, Ed 4, 2004)

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terminali perché non si anastomizzano fra loro; pertanto un’ostruzione causa ischemia nella rispettiva area di irrorazione.

All’interno del seno renale da ogni arteria segmentaria originano le arterie interlobari, che decorrono attraverso le colonne di Bertin ai lati delle piramidi renali e da ognuna di esse origina l’arteria arcuata; decorre tra corticale e midollare esterna, in senso parallelo alla superficie del rene. Dalle arterie arcuate prendono origine le arterie interlobulari, che decorrono in senso perpendicolare alle arterie arcuate dal confine cortico-midollare alla superficie del rene. Le arteriole afferenti originano dai piccoli rami delle arterie interlobari. Dopo aver costituito la matassa glomerulare, il circolo arterioso si continua con l’arteriola efferente, che sbocca nel circolo venoso peritubulare. Tale circolo si continua nelle vene superficiali che decorrono dapprima parallelamente alla superficie renale e dopo perpendicolarmente, formando le vene interlobulari, vicine alle rispettive arterie.

Dalla confluenza delle vene interlobari e arcuate ha origine la vena renale, che sbocca in vena cava inferiore.

Figura 2: Vascolarizzazione renale (Tratto da AC Guyton e

JE Hall, Fisiologia Medica, Ed.11, 2006

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1.2 Anatomia microscopica

L’unità funzionale del rene è detta ―nefrone‖. Ciascun rene contiene da 700.000 a 1.200.000 nefroni.

Il nefrone una struttura costituita da:

 corpuscolo renale di Malpighi: glomerulo e capsula di Bowmann

 tubulo renale: tubulo prossimale, ansa di Henle, tubulo distale, dotto collettore.

L’estremità prossimale dilatata dei tubuli appare invaginata e si dispone come un calice a doppia parete intorno ad un gomitolo di capillari (glomerulo). Il calice epiteliale prende il nome di ―Capsula di Bowmann‖.

Glomerulo e capsula di Bowmann costituiscono il cosiddetto Corpuscolo renale di Malpighi.

1- Glomerulo: gomitolo di capillari arteriosi provenienti dalla circolazione sanguigna renale, che si avvolge su se stesso costituendo la cosiddetta

―matassa glomerulare‖.

Il vaso arterioso dal quale origina il glomerulo è detto ―arteriola afferente‖

mentre il vaso di uscita è detto ―arteriola efferente‖. Tra le circonvoluzioni della matassa glomerulare si trova il mesangio, composto da cellule mesangiali.

Il capillare glomerulare, composto da un endotelio che poggia sulla membrana basale, è avvolto dall’epitelio viscerale che proviene dall’epitelio parietale della capsula di Bowmann.

Nella sua struttura microscopica il glomerulo è paragonabile ad un setaccio che permette il passaggio di acqua e di alcuni soluti, formando la preurina, un ultrafiltrato del plasma. Questo setaccio, definito Membrana di Filtrazione, è composto da: endotelio fenestrato dei capillari glomerulari, membrana basale ed epitelio viscerale.

2- Capsula di Bowmann: calice epiteliale nel quale si distinguono un foglietto

parietale ed uno viscerale, separati dallo spazio capsulare (detto anche

cavità urinaria).

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La funzione di filtro del rene è dunque assicurata dalla presenza della membrana di filtrazione, composta da:

 Endotelio del capillare glomerulare: endotelio fenestrato caratterizzato dalla presenza di numerosi pori o fenestrature, situati tra una cellula e l’altra. Costituisce la prima barriera al passaggio dei costituenti del sangue e seleziona il transito delle proteine in base alla loro carica.

 Epitelio viscerale: è composto da cellule denominate podociti, con abbondante citoplasma distibuito nella parte periferica della cellula, sottoforma di pseudopodi o pedicelli. Tali estroflessioni avvolgono i capillari glomerulari e sono in diretto contatto con la membrana basale.

 Membrana basale: è composta da tre strati: lamina rara esterna (dove poggiano i podociti), parte centrale e lamina rara interna (dove poggiano le cellule endoteliali).

Tra le circonvoluzioni della matassa glomerulare si trova il mesangio, struttura costituita dalle cellule mesangiali. Il mesangio è separato dal lume dei capillari per mezzo dell’endotelio. Le cellule mesangiali hanno forma irregolare e sono dotate di propaggini citoplasmatiche che avvolgono le pareti dei capillari glomerulari. Tali cellule hanno capacità contrattile e funzione fagocitaria. La capacità contrattile si osserva quando queste cellule sono stimolate da sostanze come l’angiotensina II.

La collocazione delle cellule mesangiali all’interno della matassa glomerulare è molto importante perché le proprietà di contrazione e rilasciamento permettono la regolazione della circolazione sanguigna nel glomerulo. Quindi la contrazione delle cellule mesangiali determina un ridotto afflusso di sangue nel glomerulo, con conseguente ridotta funzione filtrante della barriera glomerulare.

Un’altra struttura di fondamentale importanza è l’apparato iuxtaglomerulare, situato a livello del polo vascolare del glomerulo e a contatto con una parte del tubulo distale.

E’ composto da due componenti: vascolare e tubulare.

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-Componente vascolare: è costituita dalla porzione terminale dell’arteriola afferente, dalla porzione iniziale dell’arteriola efferente e dall’area del mesangio extraglomerulare.

Si distinguono due tipi di cellule: cellule granulari iuxtaglomerulari e cellule mesangiali extraglomerulari (cellule di Goormaghtigh). Le cellule granulari sono dette anche mioepiteliodi perché contengono miofilamenti ma anche granuli di renina e angiotensinaII. Il mesangio extraglomerulare è la continuazione del mesangio glomerulare ed è costituito da cellule analoghe a quelle mesangiali.

-Componente tubulare: è costituita dalla macula densa (la porzione spessa della branca ascendente dell’ansa di Henle). E’ composta da cellule localizzate sulla parete del tratto spesso della branca ascendente dell’ansa di Henle solo nel punto che tocca il polo vascolare del glomerulo. La membrana basale della macula densa si continua con quella dell’area mesangiale extraglomerulare e con quella del mesangio contenuto nella matassa glomerulare.

La presenza di sinapsi tra filamenti del sistema nervoso autonomo e le cellule granulari e agranulari dell’apparato iuxtaglomerulare dimostra che tale apparato

Figura 3: Struttura dell'apparato iuxtaglomerulare (Tratto da AC Guyton

e JE Hall, Fisiologia Medica, Ed.11, 2006)

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sarebbe regolato appunto dal SNA. Le terminazioni nervose sono prevalentemente di tipo adrenergico e sono in contatto con circa un terzo delle cellule dell’arteriola afferente e di quella efferente.

L’apparato iuxtaglomerulare è il produttore della renina. Attualmente sono due le ipotesi più accreditate per spiegare il rilascio di renina: la prima sostiene che i cambiamenti di concentrazione degli ioni sodio e cloro nelle cellule della macula densa siano responsabili dell’immissione in circolo di renina; la seconda ipotesi afferma che le modificazioni di volume ematico nell’arteriola afferente fanno partire alcuni segnali dai recettori situati sulla parete e, quindi, innescano il processo di rilascio di renina.

L’altra componente del nefrone, oltre al corpuscolo del Malpighi, è il tubulo renale.

Si distinguono vari settori:

 Tubulo Prossimale: inizia in corrispondenza del polo urinario del glomerulo ed è costituito da due parti: la parte convoluta, iniziale, che segue un percorso contorto ed è localizzata esclusivamente nella zona corticale; la parte retta, che ha andamento rettilineo ed è situata nella midollare. La lunghezza di tutto il tubulo prossimale è di 14 mm. Le cellule che lo compongono formano il cosiddetto orletto a spazzola, composto da numerosi microvilli che aumentano la superficie apicale di 36 volte. In ogni microvillo vi sono 6 – 10 filamenti di actina, che terminano nella zona apicale della cellula, in direzione perpendicolare ai microvilli. Le cellule della parte convoluta del tubulo prossimale contengono un apparato lisosomiale che partecipa al riassorbimento e alla degradazione delle macromolecole provenienti dall’ultrafiltrato; tale assorbimento avviene grazie a un processo di endocitosi. Le proteine sono assorbite mediante endocitosi e poi si localizzano nelle invaginazioni della membrana cellulare, dove si formano piccole vescicole che si fondono con gli endosomi (popolazione di vescicole e vacuoli). Attraverso gli endosomi le proteine assorbite sono trasferite nei lisosomi, dove avviene la proteolisi per mezzo di enzimi.

L’assorbimento delle proteine a livello del tubulo prossimale avviene per

mezzo di un processo di selettività basato sulla carica elettrica, la

dimensione e la forma delle proteine.

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 Ansa di Henle: i nefroni ad ansa corta che iniziano dai glomeruli superficiali e mediani della corticale hanno un tratto discendente dell’ansa molto corto, mentre i nefroni ad ansa lunga, che originano dai glomeruli iuxtaglomerulari, presentano una branca discendente molto lunga che arriva fino alla midollare interna e poi si continua con la branca ascendente.

Nell’ansa di Henle si distinguono 4 tipi cellulari:

 Cellule di tipo 1: localizzate nella branca sottile discendente delle anse corte. Sono cellule molto basse, senza villi;

 Cellule di tipo 2: formano la branca sottile discendente delle anse lunghe della zona esterna della midollare. Sono cellule più alte, con corti microvilli e con invaginazioni basali contenenti mitocondri;

 Cellule di tipo 3: sono presenti nella branca discendente delle anse lunghe della zona interna della midollare. Sono basse, con pochi microvilli;

 Cellule di tipo 4: si trovano nella branca ascendente dell’ansa. Sono piatte, con pochi organuli citoplasmatici, non hanno microvilli né invaginazioni basali.

Le cellule di tipo 1 e 2 sono molto permeabili all’acqua, mentre la permeabilità al sodio ed al cloro è più evidente nel tipo 2; la permeabilità all’urea è maggiore nelle cellule di tipo 1.

 Tubulo Distale: si compone di tre parti:

 Tratto spesso della branca ascendente dell’ansa di Henle (Pars Recta): è la parte iniziale del tubulo distale. Le cellule presentano invaginazioni basali della membrana plasmatica e i mitocondri in esse contenuti sono situati perpendicolarmente alla membrana basale. La faccia luminale delle cellule può avere un aspetto liscio oppure ruvido e tale differenza è dovuta alla diversa conduttanza al cloro, più elevata nelle cellule con superficie liscia.

 Macula densa

 Tubulo convoluto distale (Pars Convoluta): inizia subito dopo la macula densa e termina nel tubulo collettore. Le cellule sono alte, senza orletto a spazzola e non presentano apparato endocitico.

Nella parte basale vi sono invaginazioni contenenti mitocondri.

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 Dotto Collettore: si compone di tre segmenti: tratto corticale, tratto midollare esterno e tratto midollare interno. Le cellule che compongono questo tratto del tubulo renale sono di due tipi: cellule chiare (principali) che effettuano riassorbimento di sodio, cloro, potassio, acqua e urea; cellule scure (interposte tra le principali) ricche di mitocondri e contenenti alti livelli di anidrasi carbonica, quindi sono deputate soprattutto all’acidificazione dell’urina.

 Tratto corticale: composto soprattutto da cellule chiare

 Tratto midollare esterno: composto per il 75% da cellule chiare e per il 25% da cellule scure

 Tratto midollare interno: composto per il 90% da cellule chiare e per il 10% da cellule scure. 7

1.3 Fisiologia renale

Il rene, tramite le sue funzioni escretoria ed endocrina, interviene nella regolazione del volume e della composizione dei liquidi corporei; un’alterazione delle sue funzioni fisiologiche comporta l’insorgenza di squilibri idroelettrolitici, alterazioni

Figura 4: Schema dei segmenti tubulari del nefrone (Tratto da AC

Guyton e JE Hall, Fisiologia Medica, Ed.9, 1996)

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dell’equilibrio acido-base e della regolazione del calcio e fosforo. Le principali funzioni del rene sono:

 Regolazione dell’equilibrio idroelettrolitico mediante escrezione selettiva di acqua ed elettroliti in modo da bilanciare l’apporto esterno e la produzione interna;

 Regolazione dell’equilibrio acido-base mediante il riassorbimento di bicarbonati ed il processo di acidificazione delle urine;

 Eliminazione di alcuni prodotti del metabolismo (urea, creatinina,...);

 Produzione di ormoni che intervengono nella regolazione del circolo ematico e renale (renina, angiotensina II), nella produzione dei globuli rossi (eritropoietina) e nella regolazione del metabolismo fosfocalcico (calcitriolo).

FILTRAZIONE GLOMERULARE

La prima tappa nel processo di formazione dell’urina è la costituzione di un ultrafiltrato a livello glomerulare, la preurina, che subisce importanti modifiche nella sua composizione nei vari passaggi attraverso i tubuli ed i dotti collettori, sino a raggiungere la pelvi renale. Il processo di ultrafiltrazione del sangue che attraversa i capillari glomerulari è alla base della formazione della preurina, che in pratica è costituita da plasma molto povero di proteine.

La quantità di sangue che arriva ai reni è il 20% della gittata cardiaca.

Il filtro glomerulare permette il passaggio di acqua e piccoli soluti (sodio e urea), mentre impedisce il passaggio di molecole più grandi come gran parte delle proteine plasmatiche.

I soluti del peso molecolare dell’inulina (5200 dalton) passano liberamente nello spazio di Bowmann, mentre molecole più grandi come l’albumina (69000 dalton) filtrano in quantità minore.

La filtrazione è limitata per gli ioni e i farmaci legati all’albumina e per il 40% del calcio circolante. Questa selettività nel passaggio dei soluti è alla base della funzione primaria del rene nella regolazione dell’equilibrio tra ingresso e uscita di acqua e di elettroliti introdotti con gli alimenti e prodotti dall’organismo.

L’impedimento al passaggio delle grosse molecole, quali le proteine, permette di

preservare il patrimonio proteico del plasma; la perdita di tale proprietà ha come

conseguenza l’instaurarsi di proteinuria ed edema.

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La regolazione del passaggio delle proteine non è dovuta soltanto al loro peso molecolare, ma anche alla loro carica elettrica: il filtro glomerulare è infatti ricco di cariche negative (proteoglicani) per cui vi è una repulsione elettrostatica delle cariche anioniche a livello della membrana basale glomerulare.

Il ruolo della carica elettrica spiega perché l’albumina, che ha carica anionica, attraversa il filtro solo in piccole quantità. Nelle patologie renali l’albumina riesce ad attraversare il filtro glomerulare per due principali tipi di alterazione: alterazione della dimensione dei pori di filtrazione o alterazione nella distribuzione delle cariche elettriche sulla membrana glomerulare.

A seguito del ripetuto passaggio di sangue attraverso i glomeruli renali, la quantità di ultrafiltrato che si forma nel soggetto adulto è circa 130-180 litri in 24 ore.

Ovviamente la maggior parte di questo ultrafiltrato deve essere riassorbita a livello tubulare.

I fattori che determinano il filtrato glomerulare renale (GFR) sono il flusso plasmatico renale e la differenza tra pressione idrostatica e pressione oncotica a livello glomerulare.

Come accade negli altri capillari, il passaggio di liquidi attraverso il filtro glomerulare segue la legge di Starling, cioè dipende dal coefficiente di permeabilità della membrana glomerulare (K) e dall’equilibrio tra i gradienti di pressione idrostatica ed oncotica del plasma.

Il GFR è pari a circa 120 ml/min nell’uomo e a circa 95 ml/min nella donna.

I parametri implicati sono quindi:

 Pressione idrostatica capillare glomerulare: è dovuta a tre fattori:

1- Pressione arteriosa

2- Resistenza arteriola afferente 3- Resistenza arteriola efferente

La variazione di questi tre fattori, come le modificazioni della Pa, la costrizione o la

dilatazione dell’arteriola afferente (con riduzione o aumento della pressione

idrostatica capillare) e quelle dell’arteriola efferente (con aumento o riduzione della

pressione idrostatica capillare) possono modificare il filtrato glomerulare.

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L’aumento contemporaneo del tono nell’arteriola afferente e in quella efferente aumenta la resistenza vascolare nel rene e quindi riduce il GFR. Quindi il filtrato glomerulare (GFR) e il flusso plasmatico renale sono regolati in parallelo a livello dell’arteriola afferente, la cui costrizione causa la riduzione di entrambi i parametri, mentre la costrizione dell’arteriola efferente determina un comportamento opposto.

 Pressione idrostatica capsula di Bowmann: si modifica solo in occasione di una ostruzione ureterale; in tal caso l’aumento pressorio nello spazio di Bowmann impedisce la filtrazione glomerulare perché riduce il gradiente emodinamico nel glomerulo.

 Pressione oncotica capsula di Bowmann: è zero perché l’ultrafiltrato è quasi del tutto privo di proteine.

 Pressione oncotica plasmatica: si modifica in rapporto alla concentrazione delle proteine nel plasma, in particolar modo dell’albumina.

Una ridotta quantità di albumina (da ridotta sintesi o da perdite) e un’aumentata concentrazione plasmatica (da perdite di acqua con vomito o diarrea per esempio) comportano alterazione del GFR.

 Permeabilità glomerulare: piccole variazioni della permeabilità non alterano

il GFR, mentre una notevole riduzione dovuta ad alterazioni anatomiche

come accade per esempio nelle glomerulonefriti, determina una riduzione

del GFR.

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La filtrazione glomerulare è regolata dall’interazione di ormoni e sostanze vasoattive, sia circolanti nel plasma, sia prodotte localmente nel rene. Il mesangio è la sede principale della loro formazione; inoltre, sia le cellule mesangiali che i podociti, presentano nel citoplasma filamenti di actina e miosina che possono intervenire nel regolare il filtrato: la contrazione delle cellule mesangiali può ridurre il flusso ematico, mentre quella dei podociti può alterare la porosità della membrana.

Gli ormoni e le sostanze vasoattive che agiscono sul glomerulo sono:

angiotensina II, endotelina, istamina, l’ossido nitrico, prostaglandine, trombossano e paratormone. Tali sostanze esplicano la loro azione legandosi ai recettori specifici presenti sulle cellule glomerulari.

-Angiotensina II: ha un’azione vasocostrittrice maggiore per l’arteriola efferente rispetto all’arteriola afferente;

Figura 5: Sezione trasversale del corpuscolo renale (A); Struttura della

membrana di filtrazione, composta da endotelio capillare, membrana

basale e podociti (Tratto da AC Guyton e JE Hall, Fisiologia Medica, Ed.11,

2006)

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- Noradrenalina: aumenta direttamente il tono muscolare dell’arteriola afferente e indirettamente le resistenze dell’arteriola efferente mediante il rilascio di renina e angiotensina II;

-Prostaglandine: hanno effetto vasodilatante;

-Un altro ormone importante è il fattore natriuretico atriale: esso interviene aumentando il filtrato in caso di incremento del volume ematico (per esempio per aumentata introduzione di sodio con la dieta). La sua azione si esplica tramite la dilatazione dell’arteriola afferente e la costrizione di quella efferente, con conseguente aumento della pressione intraglomerulare e quindi del filtrato.

Il rene possiede la proprietà di autoregolare e mantenere costanti il flusso ematico renale ed il filtrato glomerulare modificando le resistenze vascolari nell’ambito di variazioni della pressione arteriosa comprese fra 80 e 180 mmHg. Il meccanismo di autoregolazione è costituito da due fenomeni intrarenali correlati: il meccanismo miogeno ed il feedback tubuloglomerulare (FTG). Il primo risponde a variazioni di pressione arteriosa e regola soprattutto il flusso plasmatico renale, mentre il secondo risponde alle variazioni del flusso tubulare e regola soprattutto il filtrato glomerulare.

 Meccanismo miogeno: è dovuto a una proprietà intrinseca delle cellule muscolari vascolari e si basa sulle variazioni della resistenza dell’arteriola afferente, con aumento del tono (vasocostrizione) quando la pressione arteriosa sistemica sale e riduzione (vasodilatazione) quando la pressione arteriosa sistemica si riduce: il flusso plasmatico renale rimane pertanto costante.

Al di sotto di 70-80 mmHg tale meccanismo non interviene e si riducono sia il flusso plasmatico renale sia il filtrato glomerulare.

 Feedback tubuloglomerulare (FTG): è un fenomeno mediato dall’apparato iuxtaglomerulare: le modificazioni del GFR e del flusso ematico determinano variazioni dell’osmolarità e della concentrazione di cloruro di sodio nell’interstizio che circonda la parte iniziale del tubulo distale e le arteriole glomerulari; esse costituiscono il segnale che viene percepito dalle cellule della macula densa e trasmesso alle arteriole dello stesso nefrone.

Un aumento della P di perfusione glomeurlare comporta un incremento del

GFR e conseguente aumento del flusso a livello della macula densa e del

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carico di sodio: ciò comporta una riduzione della secrezione locale di renina e angiotensina con conseguente inibizione del feedback tubuloglomerulare e riduzione del flusso mediato da una vasocostrizione relativa dell’arteriola afferente.

Al contrario, una riduzione del GFR comporta una riduzione del carico di sodio a livello della macula densa, aumento della secrezione di renina e vasocostrizione relativa dell’arteriola afferente.

Il meccanismo di autoregolazione svolge un ruolo importante in alcune condizioni cliniche, come la stenosi dell’arteria renale, dove il ridotto afflusso di sanglue può ridurre il filtrato glomerulare. In questo caso intervengono altri fattori, diversi dall’autoregolazione, tra i quali la vasocostrizione dell’arteriola efferente dovuta all’eccessiva produzione di angiotensina II. La somministrazione di un ACEinibitore può essere molto pericolosa perché riduce la produzione di angiotensina e , di conseguenza, si ha una caduta della pressione glomerulare e del GFR. Il rischio di una insufficienza renale acuta, dopo somministrazione di un ACEi, si può avere anche in tutte quelle condizioni patologiche in cui la P di perfusione renale sia ridotta (scompenso cardiocircolatorio, disidratazione).

Il meccanismo di autoregolazione interviene anche in altre condizioni cliniche caratterizzate da un ridotto riassorbimento di sodio, come nell’insufficienza renale acuta da necrosi tubulare, nella chetoacidosi diabetica e nelle altre forme di iperglicemia con elevata diuresi osmotica da presenza di glucosio nelle urine. Il carico di soluti a livello del tubulo distale determina una attivazione del feedback tubuloglomerulare, vasocostrizione dell’arteriola afferente e riduzione del filtrato glomerulare. 8

RIASSORBIMENTO E SECREZIONE TUBULARE

Quando il filtrato glomerulare entra nei tubuli renali, esso fluisce in sequenza nei tratti del tubulo che si susseguono: tubulo prossimale, ansa di Henle, tubulo distale, tubulo e dotto collettore. Lungo questo percorso alcune sostanze vengono selettivamente riassorbite dai tubuli nel flusso sanguigno, mentre altre vengono secrete dal sangue nel lume tubulare. Alla fine quindi l’urina che si forma deriva da tre processi renali: filtrazione, assorbimento e secrezione

Escrezione urinaria= Filtrazione glomerulare – Riassorbimento + Secrezione

Un aspetto importante è che, a differenza della filtrazione, che è relativamente non

selettiva (cioè tutti i soluti del plasma vengono filtrati, ad eccezione delle proteine e

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19

delle sostanze ad esse legate), il riassorbimento tubulare è molto selettivo: alcune sostanze come il glucosio e gli aminoacidi sono quasi completamente riassorbite dai tubuli e la loro escrezione nell’urina è pari a zero. Molti degli ioni presenti nel plasma, come sodio, cloro e bicarbonato, sono riassorbiti anch’essi in gran quantità ma le loro velocità di riassorbimento e di escrezione urinaria sono variabili, a seconda delle necessità dell’organismo. Infine, alcuni prodotti di scarto, come l’urea e la creatina, vengono invece riassorbiti solo in piccolissime quantità dai tubuli, mentre la loro escrezione è molto elevata.

Pertanto, controllando la velocità a cui i tubuli riassorbono alcune sostanze, i reni regolano l’escrezione dei soluti indipendentemente uno dall’altro e tale capacità è essenziale per il delicato controllo della composizione dei liquidi corporei.

Il riassorbimento tubulare avviene mediante meccanismi attivi e passivi.

Il trasporto attivo può trasportare un soluto contro un gradiente elettrochimico e richiede energia derivante dal metabolismo. Un trasporto direttamente accoppiato a una fonte di energia, come l’idrolisi dell’adenosina trifosfato (ATP) è detto

―trasporto attivo primario‖ e ne è un esempio la pompa Na + /K + . Un trasporto indirettamente accoppiato a una fonte di energia, come quello dovuto a un gradiente ionico, è detto ―trasporto attivo secondario‖ e ne è un esempio il riassorbimento del glucosio. L’acqua è sempre riassorbito con un meccanismo passivo detto ―osmosi‖, cioè l’acqua diffonde da una regione con una minore concentrazione di soluti (e maggiore concentrazione di acqua) verso una zona a elevata concentrazione di soluti (e minore concentrazione di acqua).

 Trasporto attivo primario legato all’idrolisi dell’ATP: tale trasporto può far muovere i soluti contro gradiente elettrochimico. L’energia per questo processo deriva dall’idrolisi dell’ATP dovuta alla funzione dell’ATPasi di membrana. I trasporti attivi più importanti sono: sodio-potassio ATPasi, idrogeno-potassio ATPasi e calcio ATPasi.

 Trasporto attivo secondario attraverso la membrana tubulare: due o più

sostanze interagiscono con una proteina trasportatrice e vengono

trasportate insieme attraverso la membrana; nel momento in cui una delle

sostanze (per esempio Na + ) diffonde secondo il suo gradiente

elettrochimico, l’energia liberata viene usata per trasportare un’altra

sostanza (per esempio Glucosio) contro il suo gradiente.

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20

 Trasporto passivo: quando i soluti sono trasportati fuori dal tubulo per trasporto attivo (primario o secondario), la loro concentrazione all’interno del tubulo diminuisce, mentre cresce nello spazio interstiziale del rene.

Questo crea una differenza di concentrazione che causa il passaggio osmotico di acqua nella stessa direzione in cui sono trasportati i soluti, dal lume tubulare all’interstizio renale. Alcune porzioni del tubulo renale, specialmente il tubulo prossimale, sono molto permeabili all’acqua. Il flusso osmotico di acqua avviene sia attraverso le giunzioni serrate tra le cellule epiteliali, sia attraverso le cellule stesse. Questo perché a livello del tubulo prossimale, dove cioè è elevata la permeabilità all’acqua, le giunzioni non sono così strettamente serrate e quindi l’acqua passa per osmosi; nelle porzioni più distali del nefrone, dall’ansa di Henle fino al tubulo collettore, le giunzioni serrate diventano molto meno permeabili all’acqua, che quindi non attraversa facilmente la membrana per osmosi. Tuttavia, la presenza dell’ormone antidiuretico (ADH) aumenta notevolmente la permeabilità all’acqua nei tubuli distali e collettori.

La secrezione tubulare avviene mediante trasporto attivo secondario e spesso è coinvolto il contro-trasporto della sostanza con ioni sodio. Nel contro-trasporto l’energia liberata dal movimento secondo gradiente di una delle sostanze (per esempio Na + ) permette il movimento di una seconda sostanza contro gradiente, nella direzione opposta. Un esempio è il contro-trasporto idrogeno-sodio a livello del tubulo prossimale: l’ingresso di sodio nella cellula è accoppiato all’estrusione dell’idrogeno ed il tutto è mediato da una proteina specifica nell’orletto a spazzola della membrana luminale. 9

Ogni segmento del tubulo renale ha una particolare funzione; inoltre, la secrezione di alcune sostanze avviene in diversi segmenti, mantenendo costante il bilancio idroelettrolitico anche in caso di notevoli variazioni dietetiche.

o Tubulo Prossimale: l’ultrafiltrato che arriva nello spazio di Bowmann entra nel tubulo prossimale e viene normalmente riassorbito in quantità pari al 65-70%.

La funzione principale di questo tratto del tubulo è quella del trasporto attivo

dello ione sodio dal lume tubulare nella cellula e successivamente dalla cellula

allo spazio intercellulare mediante la pompa Na + /K + ATPasi. Il riassorbimento

(21)

21

del sodio comporta un abbassamento dell’osmolarità tubulare con formazione di un gradiente osmotico di circa 15 mmHg, che promuove il riassorbimento passivo di acqua.

I meccanismi di trasporto passivo sono responsabili per un terzo del riassorbimento dell’acqua e dei soluti nel tubulo prossimale.

Nel tubulo prossimale si attua anche un processo di secrezione di ioni idrogeno, cationi ed anioni organici.

Vengono riassorbiti:

-il 70% del NaCl e dell’acqua filtrata -il 90% degli ioni bicarbonato

-il 100% del glucosio; in condizioni normali il riassorbimento di glucosio è totale. Il suo riassorbimento tubulare massimo è di circa 375mg/min. La presenza di glucosio nelle urine si osserva solo in condizioni patologiche in cui il carico di glucosio nel filtrato è aumentato (DM).

-urea; la sua ridotta eliminazione comporta un incremento dell’azotemia -potassio, fosfato, calcio, acido urico

Vengono secreti:

-ioni idrogeno

-cationi organici come creatinina e farmaci

-anioni organici endogeni (urato) ed esogeni (MdC)

o Ansa di Henle: la quantità di preurina (30-35%) che non viene riassorbita a livello del tubulo prossimale passa nell’ansa di Henle.

Riassorbimento di:

-15-20% del NaCl filtrato -ioni bicarbonato

Secrezione di:

-proteina di Tamm-Horsfall, che è la matrice dei cilindri di tutto il sedimento

urinario. I cilindri possono essere costituiti solo dalla matrice (cilindri ialini),

oppure contenere cellule degenerate e proteine filtrate (cilindri granulari).

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o Tubulo Distale: si ha riassorbimento del 5% del NaCl filtrato e secrezione di Ca ++ , mediata da paratormone, calcitriolo e dalla pompa Ca-ATPasi situata sulla membrana basolaterale della cellula tubulare. Una caratteristica del tubulo distale è la possibilità di riassorbire calcio-indipendentemente dal sodio (i tiazidici, che inibiscono il riassorbimento del Na + , aumentano la permeabilità della membrana cellulare al calcio e contribuiscono a un maggiore assorbimento dello ione).

Tubulo collettore: composto da segmento corticale e segmento midollare. Il

segmento corticale è sede di riassorbimento del 5-7% del Na + filtrato e di K + in

caso di deplezione dello ione. Il segmento midollare è deputato al riassorbimento

di K + e di Na + e alla secrezione attiva di H + mediante una pompa H + ATPasi. Il

riassorbimento di H 2 O è regolato dall’ADH. 8

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CAPITOLO 2

AKI: ACUTE KIDNEY INJURY

2.1 IRA e AKI

Con il termine IRA (Insufficienza renale acuta) si intende una rapida riduzione della funzione renale, caratterizzata da:

- aumento in circolo dei cataboliti azotati:

 creatininemia (nell’adulto i valori normali oscillano tra 0,8 - 1,3 mg/dl nell’uomo e tra 0,6 - 1,1 mg/dl nella donna)

 azotemia (vn 22 - 46 mg/dl)

- riduzione della diuresi al di sotto di 400 ml/die (oliguria), fino alla completa scomparsa dell’emissione di urina (anuria).

Dal punto di vista eziopatogenetico si distinguono tre situazioni:

1) IRA PRE-RENALE: non dipende da alterazioni macro- o microscopiche del parenchima renale ma è dovuta a condizioni patologiche sistemiche che causano una riduzione della perfusione renale.

2) IRA ORGANICA: causata da alterazioni di uno o più componenti del parenchima renale (glomeruli, tubuli, vasi, interstizio.

3) IRA POST-RENALE: dovuta a malattie delle vie escretrici urinarie, caratterizzate da ostacolo meccanico al deflusso dell’urina.

Cause di IRA PRE-RENALE

Ipovolemia: emorragie, perdite di plasma e liquidi (ustioni)

Malattie cardiache: scompenso cardiaco congestizio, cardiomiopatia dilatativa, tamponamento cardiaco

Sepsi

Ipoperfusione locale: stenosi dell’arteria renale (aterosclerosi, displasia fibromuscolare)

Farmaci: nitrati, diuretici

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24 Cause di IRA ORGANICA

Necrosi Tubulare Acuta: sepsi, ipoperfusione renale, sostanze nefrotossiche come chemioterapici (cisplatino, carboplatino), MdC radiologici, metalli pesanti (piombo, mercurio).

Glomerulonefriti: primitive (postinfettiva) o secondarie (LES, amiloidosi) Malattie vascolari del rene: vasculiti

Nefrite da farmaci: FANS, ampicillina, rifampicina

Cause di IRA POST-RENALE Calcolosi renale

Neoplasie urinarie o extraurinarie Ipertrofia prostatica

Stenosi cicatriziali da flogosi croniche della pelvi o dell’uretra

La definizione di IRA è stata oggetto di ampio dibattito negli ultimi anni, poiché nei vari studi sono stati usati criteri diversi per definire la comparsa di IRA. Il gruppo di studio ADQI (Acute Dialysis Quality Initiative) ha pertanto proposto dei criteri per ottenere una definizione univoca di IRA: i criteri RIFLE, che classificano l’insufficienza renale in tre categorie di gravità (Risk, Injury, Failure) e in due categorie di esito (Loss, End-stage kidney), considerando come variabili i livelli sierici di creatininemia e la diuresi. 10

RIFLE è l’acronimo inglese di:

 Risk: rischio di IRA - - - aumento della creatininemia di 1,5 volte o riduzione velocità di filtrazione glomerulare (GFR) del 25% o riduzione della diuresi a meno di 0,5 ml/kg/h per più di 6 ore

 Injury: danno renale - - - - -raddoppio della creatininemia o riduzione GFR del 50% o riduzione della diuresi a meno di 0,5 ml/kg/h per oltre 12 ore

 Failure: malfunzionamento renale - - - aumento di tre volte della creatinina o creatininemia>4mg/dl o riduzione del GFR del 75% o riduzione della diuresi a meno di 0,3 ml/kg/h per oltre 24 ore (oliguria) o anuria per 12 ore

 Loss: perdita funzione renale - - - Perdita completa della funzione

renale che richiede dialisi per più di 4 settimane

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 End-stage kidney: fase terminale - - - Uremia: perdita completa della funzione renale che richiede terapia dialitica per oltre 3 mesi. 11

Al fine di perfezionare ulteriormente la definizione di AKI, l'Acute Kidney Injury Network, una rete di collaborazione internazionale costituita da nefrologi ed intensivisti, ha proposto una versione modificata della classificazione RIFLE, nota come ―criteri AKIN‖, che classifica AKI in 3 stadi di gravità:

Figura 6: Criteri RIFLE (tratto da Bellomo R, Ronco C, Kellum JA, Mehta RL,

Palevsky P. Acute renal failure - definition, outcome measures, animal

models, fluid therapy and information technology needs: the Second

International Consensus Conference of the Acute Dialysis Quality Initiative

(ADQI) Group. Critical care. 2004; 8(4): R204-12.)

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 Stadio 1: Creatinina > 0,3 mg/dl o aumento di 1,5 – 2 volte il valore basale Diuresi < 0,5 ml/kg/h per oltre 6 ore

 Stadio 2: Creatinina aumentata di 2 – 3 volte il valore basale Diuresi < 0,5 ml/kg/h per oltre 12 ore

 Stadio 3: Creatinina aumentata oltre 3 volte il valore basale

o > 4 mg/dl con un incremento acuto di almeno 0,5 mg/dl Diuresi < 0,3 mg/kg/h per oltre 24 ore o anuria per oltre 12 ore.

AKIN cerca di aumentare la sensibilità dei criteri RIFLE in quanto già un aumento di 0,3 mg/dl del valore della creatininemia può essere usato come soglia per parlare di AKI (pazienti in Stadio 1 che corrispondono alla categoria Risk di RIFLE); inoltre introduce un vincolo temporale di 48 ore per fare diagnosi di AKI e classifica nello stadio 3 i pazienti in RRT (pazienti della categoria Failure di RIFLE). 12

Figura 7: Confronto criteri RIFLE e AKIN. (tratto da Singbartl K, Kellum JA. AKI in the ICU: definition, epidemiology, risk stratification, and outcomes. Kidney Int. 2012; 81(9):

819-25.)

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Nonostante la presenza di queste nuove classificazioni, i criteri per la diagnosi di AKI si basano sui valori di creatinina sierica, parametro che come abbiamo visto presenta molteplici limitazioni (incremento tardivo e dipendenza da sesso, età, massa muscolare, stato di idratazione del paziente) ed è quindi di fondamentale importanza l’identificazione di nuovi biomarker di AKI.

2.2 Fisiopatologia del danno renale

Il danno renale può essere causato da varie situazioni:

-forme pre-renali, come ipovolemia, sepsi o ostruzione dell’arteria renale;

-forme organiche, cioè proprie del parenchima renale, come alterazioni glomerulari, vascolari o tubulari causate ad esempio da sostanze nefrotossiche (farmaci, Mdc);

-forme post-renali, cioè condizioni di ostruzione meccanica a livello delle vie escretrici.

L’insulto renale però, qualsiasi sia la causa, inizia sempre a livello cellulare. A

livello cellulare si ha danno con perdita di integrità del citoscheletro e perdita della

polarità cellulare, dislocazione di molecole di adesione e di altre proteine di

membrana come le integrine e le Na/K ATPasi, fino alla necrosi e apoptosi. Le

cellule così vanno incontro a desquamazione, creando zone nelle quali solo la

membrana basale si interpone tra l’interstizio peritubulare ed il filtrato; inoltre, tali

cellule desquamate, interagendo con la fibronectina che entra nel lume del tubulo,

danno origine a ostruzione e conseguentemente aumentano i regimi pressori nel

tubulo. Tale lesione a livello epiteliale provoca la formazione e la liberazione di

mediatori dell’infiammazione e vasodilatatori, che aggravano ancora di più la

situazione. Il rene ha tuttavia un buon potenziale di recupero: le cellule

sopravvissute, attraverso processi di migrazione verso le membrane basali e

differenziazione, riescono a restituire integrità al nefrone dopo il danno acuto (fase

reversibile). Se tali meccanismi di riparazione avvengono con ritardo o se l’insulto

persiste si va verso la progressione inesorabile del danno, fino all’insufficienza

renale cronica. 13

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Figura 8: The cellular mechanism of AKI (tratto da Adiyanti SS, Loho T. Acute Kidney Injury (AKI) biomarker. Acta Med Indones. 2012; 44(3): 246-55.)

Figura 9: a) Danno renale: il processo può essere suddiviso in varie fasi reversibili a seconda della gravità dell'insulto, partendo da un elevato rischio di danneggiare seguito da diminuzione della velocità di filtrazione glomerulare (GFR), ulteriore progressione di danno e morte.

b) Biomarker di AKI

(Tratto da Vaidya VS, Ferguson MA, Bonventre JV. Biomarkers of acute kidney injury.

Annual Rev Pharmacol Toxicol. 2008; 48: 463-493)

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I meccanismi fisiopatologici che portano ad AKI sono quindi:

-alterazione della perfusione renale che causa compromissione dei meccanismi di autoregolazione del flusso e vasocostrizione;

- disfunzione tubulare da morte cellulare da apoptosi e necrosi;

- desquamazione cellulare con conseguente ostruzione tubulare;

- produzione di mediatori infiammatori che causano infiammazione interstiziale e congestione vascolare. 14

2.3 Il danno renale in UTI

Studi incentrati su pazienti dell’area critica, mostrano un’incidenza di AKI tra il 30%

ed il 70%, con necessità di RRT nel 5%. I dati inoltre indicano che l’incidenza di AKI è in aumento, mentre i tassi di mortalità sono relativamente stabili: ciò si traduce quindi in un maggior numero assoluto di decessi per i pazienti con AKI.

Non ci sono spiegazioni certe per questa tendenza però sicuramente riveste un ruolo importante l’età: i pazienti anziani presentano infatti più frequentemente comorbidità, fattore che aumenta di conseguenza il rischio di AKI. 15

Le cause di danno renale sono classicamente distinte in pre-renali, organiche e

post-renali, ma è importante ricordare che l’eziologia di AKI nei pazienti critici è

spesso multifattoriale, con vari tipi di insulto che avvengono simultaneamente (ad

esempio paziente ipovolemico con sepsi, nel quale vengono utilizzati antibiotici

nefrotossici). 16

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Le forme pre-renali sono le più frequenti cause di AKI nelle unità di terapia intensiva e le cause più comuni sono sicuramente le condizioni di sepsi e di shock settico (rappresentano quasi il 50% dei casi totali). Altri frequenti fattori sistemici causa di AKI sono ad esempio le condizioni di ridotto output cardiaco (come ad esempio infarto miocardico, tamponamento cardiaco o valvulopatia), chirurgia cardiaca, chirurgia vascolare maggiore, traumi con ipovolemia, ogni forma di shock (ipovolemico, emorragico, anafilattico), aumento della pressione intraddominale e rabdomiolisi. 17

Tra le forme organiche, riveste un’importanza particolare la Necrosi Tubulare Acuta (ATN). Essa è causata da un insulto tossico o ischemico e nelle unità di terapia intensiva è attribuita a sepsi in una percentuale variabile tra il 30 ed il 50%.

Una seconda causa di necrosi tubulare acuta (20% dei casi) è la fase postchirurgica e i pazienti a maggior rischio sono quelli con danno renale esistente, ipertensione, patologie cardiache, diabete mellito ed età avanzata.

Tabella 1: cause di danno renale acuto nel paziente critico.(Tratto da Hanna J, Nichol A. Acute renal failure and the critically ill. Anaesthesia & Intensive Care Medicine. 2012; 13(4): 166-70)

Cause di danno renale acuto nel paziente critico Esempi

Pre-renale (50-70%

dei casi in terapia intensiva)

Insufficienza cardiaca, deplezione intravascolare, ipotensione, emorragia, sepsi, ustioni

Infra-renale (10-30%

dei casi in terapia intensiva)

Necrosi tubulare acuta (ATN), nefrotossine (endogene-mioglobina, emoglobina ed esogeni- contrasto, litio, aminoglicosidi, ecc), nefrite interstiziale allergica (ad esempio secondarie alle cefalosporine), sindrome epato-renale, glomerulonefrite, vasculite

Post-renale (1-15%

dei casi in terapia intensiva)

Calcoli ureterali, blocco catetere urinario

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Infine un’altra causa importante di necrosi tubulare acuta è il danno renale da mezzi di contrasto radiologici nefrotossici. Altri fattori associati a ATN sono i farmaci: antibiotici, antifungini, antivirali e antineoplastici.

-NECROSI TUBULARE ACUTA DA SEPSI: considerando che la teoria prevalente è che la sepsi rappresenta una risposta infiammatoria incontrollata, è chiaro che la risposta immunitaria del soggetto è determinata da molti fattori, tra cui la virulenza del microrganismo, le condizioni del paziente (eventuali comorbidità) e l’età. Il segno emodinamico distintivo della sepsi è la vasodilatazione arteriosa generalizzata associata alla riduzione delle resistenze periferiche, che comporta attivazione dell’asse neurormonale e aumento della gittata cardiaca secondario alla riduzione del postcarico. L’attivazione del sistema nervoso simpatico e del sistema renina-angiotensina-aldosterone, il rilascio di ADH e l’incremento dell’output cardiaco sono fondamentali per il mantenimento del circolo, ma possono portare a danno renale acuto. La vasodilatazione arteriosa che accompagna la sepsi è mediata, almeno in parte, da citochine che favoriscono l’espressione di iNOS (ossido nitrico sintetasi inducibile). In contrasto con la vasodilatazione sistemica si ha vasocostrizione renale con funzione tubulare intatta. La vasocostrizione renale sembra essere causata, almeno in parte, dalla capacità del TNF-alfa di favorire il rilascio di endotelina, che può anche causare una perdita generalizzata di liquido dai capillari, con riduzione del volume plasmatico.

-NECROSI TUBULARE ACUTA POST-ISCHEMICA: le caratteristiche tipiche di una necrosi tubulare acuta alla biopsia renale sono la perdita dell’orletto a spazzola delle cellule nel tubulo prossimale e la desquamazione delle cellule tubulari nel lume, con ostruzione. Si osserva inoltre edema interstiziale con infiltrato leucocitario. Nella necrosi tubulare acuta il flusso renale è ridotto dal 30 al 50%. Numerosi fattori vasocostrittori svolgono un importane ruolo, come angiotensina II, trombossano, leucotrieni, endotelina e un aumento dell’attività del Sistema Nervoso Simpatico.

L’ischemia renale si caratterizza per una rapida perdita dell’integrità del

citoscheletro e della polarità cellulare, con dislocazione di proteine di membrana

come le Na/K ATPasi, necrosi e apoptosi. Le cellule desquamano (a causa dello

spostamento delle molecole di adesione - integrine – dalla regione basolaterale a

quella apicale), lasciando zone nelle quali la membrana basale rimane l’unica

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barriera tra il filtrato e l’interstizio peritubulare. Le cellule danneggiate muoiono non solo per necrosi, ma anche per apoptosi: condensazione della cromatina, frammentazione del DNA, formazione di corpi apoptotici e disgregazione mitocondriale. 18

Rivestono una particolare importanza nello sviluppo di danno renale anche l’uso di mezzi di contrasto radiologici nefrotossici, gli interventi di chirurgia cardiaca e l’uso di antibiotici nefrotossici, come gli aminoglicosidi (gentamicina, tobramicina). 19

Cause di AKI:

1. TOSSICI

-AMINOGLICOSIDI: la tossicità renale si mostra nel 15 – 30% dei pazienti che assumono aminoglicosidi; la streptomicina è considerato il meno nefrotossico, seguita da (in ordine crescente di tossicità) amikacina, tobramicina, gentamicina e neomicina.

-MdC NEFROTOSSICI: l’incidenza di danno renale MdC-mediato oscilla in un range tra il 2% ed il 19%. E’ importante idratare adeguatamente il paziente prima della somministrazione del contrasto. La fisiopatologia del danno renale da MdC è multifattoriale, e comprende vasocostrizione e tossicità tubulare diretta dovuta all’ipossia della midollare esterna e generazione di specie reattive dell’ossigeno, con conseguente ossidazione proteica e perossidazione lipidica, che portano a danno cellulare.

-RABDOMIOLISI: la necrosi muscolare con rilascio di mioglobina e di altri costituenti muscolari intracellulari, può causare anomalie elettrolitiche e infine AKI.

In alcuni casi ciò può essere associato all’uso di farmaci come le statine (HMG-

CoA reduttasi: idrossimetilglutaril Coenzima A reduttasi). La mioglobina determina

tossicità a livello delle cellule tubulari; una vigorosa idratazione (in genere con

soluzione a base di bicarbonati) e l’alcalinizzazione delle urine (Ph > 6,5) sono

pratiche comuni in corso di rabdomiolisi e lo scopo è di aumentare la solubilità

della mioglobina.

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-IPERURICEMIA: il danno renale deriva dal deposito intratubulare di acido urico.

-SINDROME EPATORENALE: il danno renale acuto è presente nel 40 – 85% dei pazienti con danno epatico acuto, e la sindrome epatorenale si verifica nel 10%

dei pazienti ospedalizzati con avanzata malattia epatica. La sindrome epatorenale è un’insufficienza renale funzionale causata da uno stato di ipoperfusione; nella malattia epatica avanzata, l’incremento di ossido nitrico e sostanze vasodilatanti provocano una vasodilatazione sistemica, seguita da risposte compensatorie come l’attivazione del sistema renina-angiotensina, con conseguente vasocostrizione renale e ritenzione di acqua e sodio. La sindrome di Tipo 1 (HRS- 1) ha una prognosi infausta a causa del suo decorso molto rapido e progressivo;

nella forma di Tipo 2 (HRS-2) invece il tasso di mortalità è minore e la riduzione della funzione renale avviene con meno rapidità, nel giro di settimane o mesi.

-AMFOTERICINA B: AKI mediato da Amfotericina B si verifica nel 30 – 80% dei pazienti trattati ed è spesso associato a danno a livello tubulare distale.

L’amfotericina interagisce con la membrana delle cellule tubulari, causando tossicità epiteliale.

-CISPLATINO: il cisplatino è un chemioterapico impiegato nel trattamento di molte neoplasie, ma la nefrotossicità è la maggiore limitazione al suo utilizzo. E’ stato dimostrato che in circa un quarto dei pazienti trattati, si ha un aumento dell’azotemia dopo una singola dose. Il cisplatino causa cross-linking del DNA e quindi necrosi delle cellule tumorali; il farmaco si concentra a livello del tubulo prossimale, dove però provoca danno cellulare mediante lo stesso meccanismo.

-FANS (Farmaci Anti-Infiammatori Non-Steroidei): i FANS possono causare danno renale con vari meccanismi, inclusa la riduzione del flusso ematico renale attraverso l’inibizione della sintesi di prostaglandine che inducono vasodilatazione;

inoltre possono anche causare infiammazione con acuta riduzione della funzione renale.

2. ISCHEMIA: una riduzione relativa o assoluta della perfusione renale può

determinare AKI. L’ipossia causa deplezione di ATP, con conseguente

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34

alterazione dei trasportatori ionici ATP-dipendenti; si ha dunque ingresso di acqua e sodio nella cellula che può portare a morte cellulare.

3. SEPSI: è una sindrome clinica caratterizzata da uno stato di infiammazione sistemica e da danno tissutale generalizzato: pazienti che sviluppano AKI in un contesto di sepsi, presentano tassi di mortalità superiori al 70%. La fisiopatologia dello sviluppo di AKI in corso di sepsi non è del tutto chiara;

tuttavia sappiamo che vi è una precoce sintesi di citochine e fattore di necrosi tumorale (TNF), con conseguente induzione di ossido nitrico sintetasi (NOS), vasodilatazione e riduzione delle resistenze vascolari sistemiche. L’incremento del vasocostrittore endotelina, il danno endoteliale, la formazione di specie reattive dell’ossigeno, l’apoptosi e la flogosi, sono tutte componenti che rientrano nella fisiopatologia del danno d’organo tipico della sepsi. 20

In terapia intensiva il danno renale acuto è, come abbiamo detto, più frequentemente multifattoriale e causato da una ipovolemia o una sepsi che inducono uno stato di ipoperfusione renale, con necrosi tubulare acuta. Quindi la prevenzione del danno renale è mirata soprattutto a ridurre l’ipoperfusione del rene e cercare di instaurare una volemia adeguata. Oltre ad un’accurata analisi dei fattori di rischio è fondamentale quindi mantenere un volume circolante sufficiente ad assicurare una adeguata pressione di perfusione renale.

I fattori di rischio per lo sviluppo di AKI sono: l’età avanzata, una patologia renale pre-esistente,

la disfunzione ventricolare sinistra con FE < 35%, l’ipertensione arteriosa,

presenza di malattia vascolare periferica, diabete mellito e gli interventi chirurgici,

soprattutto cardiovascolari. Tra questi, la malattia renale pre-esistente sembra

essere il fattore che contribuisce con maggior importanza al verificarsi di AKI. 21

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2.4 Limiti della creatinina sierica come marcatore di AKI

La creatinina è una sostanza a basso peso molecolare che deriva dal metabolismo muscolare per conversione non enzimatica della creatina in fosfocreatina, presente per il 98% a livello muscolare. La sua produzione dipende dunque dallo sviluppo delle masse muscolari. Essa passa liberamente attraverso il filtro glomerulare e non è riassorbita dal tubulo; una piccola quota, che aumenta in caso di riduzione del filtrato glomerulare, è secreta a livello del tubulo prossimale quindi la quantità escreta è maggiore di quella filtrata.

La concentrazione plasmatica di creatinina è inversamente proporzionale al filtrato glomerulare: quando GFR diminuisce al di sotto di 70 ml/min, si riduce l’escrezione di creatinina e quella prodotta si accumula nel plasma.

Valori normali: 0,8 – 1,3 mg/dl nell’uomo 0,6 – 1,1 mg/dl nella donna

La valutazione della funzione renale si basa sulla misurazione della concentrazione della creatinina sierica, che purtroppo però non può essere definita un biomarker ideale di AKI.

In primo luogo i suoi valori variano in base a età, sesso, massa muscolare, esercizio fisico intenso, stato di idratazione del paziente e farmaci. Inoltre la creatinina è completamente filtrata dal glomerulo ma in parte è anche riassorbita ed escreta dal tubulo renale per cui in caso di riduzione della filtrazione glomerulare, la presenza della quota escreta può sovrastimare la funzione renale.

Infine la creatinina è un indicatore tardivo di danno renale, in quanto i suoi valori

aumentano quando ormai è già persa oltre il 50% della funzione renale. 22

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2.5 Biomarker ideale di AKI: caratteristiche

Un biomarker è definito come un parametro biologico misurabile e quantificabile che serve come indice di salute e per la valutazione fisiologica di un sistema. 23 L’identificazione di nuovi biomarker di AKI è stata designata come una priorità assoluta dall’American Society of Nephrology e il concetto di sviluppare nuove conoscenze per la diagnosi precoce della malattia è fondamentale anche per il National Institutes of Health (NIH). 24

Gli scopi di un biomarker precoce di AKI sono soprattutto:

-Migliorare la diagnosi: consentono di effettuare una diagnosi precoce e permettono di avere informazioni sull’eziologia e sulla gravità del danno renale;

-Migliorare l’accuratezza della prognosi: un biomarcatore precoce consente di migliorare l’identificazione del rischio di peggioramento del danno renale, fino alla fase terminale;

-Migliorare il processo decisionale: consentono di effettuare una stratificazione del rischio in base alle strategie terapeutiche utilizzate, valutare i tempi di avvio e/o sospensione di interventi. 25

Un biomarker precoce di AKI deve presentare alcune importanti caratteristiche:

deve essere non invasivo e non costoso, facilmente rilevabile da campioni di

sangue ed urina e rapidamente misurabile. Non deve essere alterato dalle variabili

biologiche del paziente (età, sesso,..) e deve dare informazioni aggiuntive, come

ad esempio eziologia, durata e gravità del danno renale, in modo precoce. Infine

deve essere un predittore della gravità e della reversibilità del danno e dare

informazioni durante il monitoraggio e risposta agli interventi. 26

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2.6 N-GAL

Neutrophil gelatinase-associated lipocalin (N-GAL), conosciuta anche con il nome di Lipocalina2 o siderocalina, è una piccola molecola del peso molecolare di 25 kd, che appartiene alla superfamiglia di proteine chiamate ―lipocaline‖. Tale famiglia comprende diverse proteine, come alfa1-microglobulina, prostaglandinaD

sintetasi, retinol binding protein 4, cioè tutte proteine specializzate nel legare e trasportare piccole molecole idrofobiche. 27

N-gal deve il suo nome al fatto di essere stata originariamente isolata e purificata dai neutrofili umani; esiste nella forma di omodimero e di eterodimero con la gelatinasi dei neutrofili ed è poi immagazzinata in specifici granuli; la sua localizzazione nei granuli dei neutrofili indica che è sottoposta a esocitosi quando i neutrofili sono attivati da processi flogistici o infettivi.

N-gal è una proteina espressa in molti tessuti umani, come trachea, midollo osseo, rene, stomaco, colon, ghiandole salivari, utero e prostata. 28

Le lipocaline sono composte da 8 foglietti beta, che costituiscono un beta-barrel, cioè un calice; tale calice lega e trasporta molecole a basso peso molecolare che interagiscono poi con specifici recettori.

La scoperta che N-gal si lega ai siderofori (molecole ferro-chelanti secrete dai microrganismi) e che la sua espressione aumenta in molti stati patologici, ha spinto allo svolgimento di un gran numero di studi.

N-gal svolge infatti diversi ruoli: nel metabolismo del ferro, nell’immunità innata

verso i microrganismi, nello sviluppo renale e come fattore di crescita.

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