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Capitolo 1 Introduzione: L’iniezione diretta di benzina

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Academic year: 2021

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Capitolo 1

Introduzione: L’iniezione diretta di benzina

1.1 Breve storia dei sistemi di iniezione diretta

La storia dei sistemi di iniezione diretta di benzina comincia molti anni fa, durante e dopo la seconda guerra mondiale. Come spesso accade, una spinta verso l’innovazione nasce da esigenze nuove, come la possibilità di garantire una corretta alimentazione di carburante in tutte le condizioni di volo nel campo dell’aviazione, oppure per migliorare le prestazioni dei motori nel campo automobilistico.

Durante la seconda guerra mondiale esistevano due linee di pensiero nei confronti dei sistemi di alimentazione del carburante per i velivoli militari: gli americani introdussero un sistema con carburatore a iniezione (indiretta), mentre i tedeschi svilupparono i primi sistemi di iniezione diretta di carburante. Entrambi i sistemi garantivano la corretta alimentazione in tutti gli assetti di volo ed eliminavano il rischio della formazione di ghiaccio in prossimità della valvola a farfalla. Ulteriori vantaggi si avevano con l’iniezione diretta: si riduceva il fenomeno della detonazione e la distribuzione della carica nei cilindri era più uniforme.

Nacquero così velivoli storici come il Messerschmitt Me (Bf) 109 G-6 equipaggiato con il motore Daimler Benz DB 605 A dotato di un sistema di iniezione diretta Bosh.

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Sempre i tedeschi negli anni ’50 introdussero nelle competizioni automobilistiche, su una vettura di formula1 (Mercedes W196) l’iniezione diretta di benzina. Nonostante il sistema Bosh di tipo meccanico non fosse nemmeno lontanamente paragonabile alla moderna tecnologia dell’iniezione diretta, non v’è dubbio che esso contribuì in modo sostanziale a rendere tali macchine vincenti. Successivamente, come quasi sempre accade, dalle competizioni l’idea fu esportata nel settore delle automobili di serie. Nacque così la storica

Mercedes 300SL ali di gabbiano, la prima autovettura stradale equipaggiata con un sistema di

iniezione diretta di benzina, derivato da quello del motore di formula1 precedentemente menzionato. Per garantire l’elevato valore di pressione necessario ad azionare gli iniettori il sistema era dotato di una pompa in linea con sei pompanti simile a quella utilizzata nei propulsori Diesel.

Fig.1.3: Motore Merchedes W196 usato in formula1

Fig.1.4: Mercedes 300 SL ali di gabbiano fig1.5: motore della mercedes 300 SLR si nota il particolare della pompa in linea ad alta pressione.

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L’iniezione diretta di benzina è stata però rapidamente abbandonata e sostituita da quella indiretta perché, oltre ad essere molto costosa, dava luogo a diversi problemi. Primo fra tutti le scarse proprietà lubrificanti della benzina rendevano difficoltoso il raggiungimento degli elevati valori di pressione necessari ad iniettare direttamente il combustibile nel cilindro. Inoltre tali sistemi erano in grado di garantire elevate potenze ma avevano il difetto di rendere ruvido e poco elastico il funzionamento del propulsore. Infine lo spray impattando sulle pareti del cilindro dilavava il film di lubrificante. Il carburatore, d’altra parte, è scomparso da una decina d’anni in campo automobilistico e sopravvive solo motori più economici (piccoli motocicli, rasaerba, ecc.), perché, accanto al pregio di essere semplice ed economico, ha l’importante difetto di non garantire un titolo costante nell’intorno dello stechiometrico, requisito essenziale per poter utilizzare un catalizzatore. Con l’aumento delle unità circolanti è sorta infatti l’esigenza di ridurre le emissioni allo scarico, ricorrendo al trattamento dei fumi mediante un catalizzatore a trivalente. Per poter utilizzare un tale sistema è però necessario garantire un titolo in un intorno molto ristretto dello stechiometrico e per fare questo c’è bisogno di correggere continuamente la quantità di benzina inviata al motore sulla base di un sensore d’ossigeno nei gas di scarico. Ciò è possibile soltanto con i moderni sistemi di iniezione elettronica che hanno permesso di ottimizzare il funzionamento del motore sia dal punto di vista delle prestazioni che da quello delle emissioni. Solo negli ultimi anni l’iniezione diretta di benzina si è riaffacciata nel panorama dei moderni sistemi di alimentazione grazie alle infinite possibilità di regolazione offerte dalla moderna elettronica di controllo. Verso la fine degli anni ’90 la casa costruttrice giapponese Mitshubishi ha messo a punto per prima un motore basato sul sistema di iniezione GDI (Gasoline Direct Injection), ma le case costruttrici europee come l’italiana Alfa Romeo, le tedesche Audi e Wolkswagen, le francesi Renault, Citroen e Peogeot e la giapponese Toyota, anche se con modalità differenti, non hanno tardato a seguire l’esempio di Mitsubishi e ad oggi sono in circolazione molte vetture equipaggiate con sistemi di iniezione diretta benzina.

Verranno ora analizzati in dettaglio i vantaggi e gli svantaggi offerti dai sistemi di iniezione diretta di benzina rispetto ai sistemi di iniezione indiretta per cercare di comprendere il motivo della loro riscoperta.

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1.2 Vantaggi dei sistemi di iniezione diretta

Per capire quali siano i vantaggi dei sistemi GDI (gasoline direct injection) è necessario un confronto con i sistemi tradizionali di iniezione indiretta multipoint denominati PFI (port fuel injection). Non vengono presi in considerazione i sistemi single point essendo ormai obsoleti ed in disuso.

La sostanziale differenza fra le due soluzioni è il meccanismo di formazione della miscela: nei sistemi multipoint la miscelazione ha inizio nel condotto di aspirazione, nel quale si affaccia l’iniettore, continua poi nella sezione ristretta di passaggio attraverso la valvola e si completa nel cilindro dove si raggiungono, durante la fase di compressione, le condizioni ottimali per una buona accensione della carica. Nei sistemi GDI, invece, l’iniettore si affaccia direttamente nella camera di combustione e lo spray che si genera durante l’iniezione penetra nell’atmosfera circostante mescolandosi all’aria attraverso complessi meccanismi di breakup e di evaporazione. Nella soluzione PFI l’iniettore ha il solo compito di dosare la giusta quantità di combustibile. Parte della benzina va a depositarsi sulle pareti del condotto (fenomeno del

wall wetting) e pertanto delle gocce di combustibile si distaccano dalle pareti e vengono

trascinate nel cilindro dando vita, specie nel funzionamento a freddo, ad incombusti. Inoltre l’evaporazione del combustibile avviene sottraendo calore alla valvola di aspirazione e non all’aria aspirata, con conseguenze negative per il coefficiente di riempimento del motore. Infine, per il corretto funzionamento del catalizzatore e per ottenere una buona accensione, il valore del titolo della miscela aspirata deve essere nell’ordine dello stechiometrico, pari cioè a 14,5 parti di aria su parti di combustibile.

Al contrario, nei sistemi GDI l’iniettore ha un compito di primaria importanza per il controllo della combustione. Le gocce di combustibile penetrano ad elevata velocità nella camera di combustione ed interagendo con l’aria aspirata si frantumano ed evaporano; la qualità dello spray generato è di fondamentale importanza per il controllo e lo sviluppo della fase di combustione. Il propulsore GDI è in grado di funzionare sia in regime di carica omogenea, come un normale motore ad iniezione indiretta, sia in regime di carica stratificata. I vantaggi sono evidenti anche quando si fa lavorare il motore con carica omogenea. In questo caso l’evaporazione del combustibile avviene con sottrazione di calore all’aria aspirata che quindi aumenta la propria densità, ciò ha un effetto benefico sul coefficiente di riempimento del motore, sul rendimento indicato ηi (minor diminuzione di k e minore dissociazione) e permette di innalzare il valore del rapporto di compressione di circa 1,6 punti senza incorrere nel fenomeno della detonazione. Infatti le temperature di fine compressione risultano inferiori in virtù dell’evaporazione del combustibile con sottrazione di calore all’aria aspirata. Oltre a

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questi vantaggi è possibile ridurre ulteriormente i consumi di combustibile e le emissioni allo scarico facendo funzionare, ai carichi medio – bassi, il motore con carica stratificata, cioè con una miscela complessivamente povera ma che risulta ricca nelle immediate vicinanze degli elettrodi della candela. Il risultato è rappresentato da una combustione stabile anche in presenza di grandi eccessi d’aria ed i consumi di carburante diminuiscono senza dover rinunciare alle prestazioni del motore. Questo è possibile grazie ai moderni controllori elettronici che, uniti agli iniettori ad alta pressione di ultima generazione, determinano un controllo molto stretto su modalità e andamento dell’iniezione di carburante. Nel funzionamento con carica stratificata è possibile pertanto regolare il motore in modo simile ai propulsori Diesel, ovvero si può eliminare la valvola parzializzatrice del condotto di aspirazione e attuare un controllo motore per qualità e non per quantità come avviene nei motori ad accensione comandata. L’eliminazione della valvola a farfalla abbatte le perdite dovute al pompaggio in corrispondenza dei bassi carichi.

1.3 Svantaggi dei sistemi di iniezione diretta

Purtroppo il funzionamento del motore con eccesso d’aria produce gas di scarico con alte concentrazioni di ossidi di azoto, comunemente chiamati NOx, perché impedisce la loro riduzione da parte del catalizzatore trivalente, il quale, per funzionare correttamente, avrebbe bisogno di un titolo oscillante in un intorno molto ristretto dello stechiometrico. Il meccanismo di formazione degli ossidi di azoto nei motori a carica stratificata è semplice: il titolo nell’intorno della candela è ricco, si sviluppa quindi una combustione ad alta temperatura che investe i margini della carica aventi un titolo molto magro e in questa zona si sviluppano gli NOx. Una soluzione ampiamente collaudata per ridurre le emissioni di ossidi di azoto consiste nell’EGR (exaust gas recirculation). Questa tecnica si basa sul ricircolo di una certa quantità di gas di scarico all’interno del cilindro; in questo modo si riducono la temperatura massima locale e la pressione parziale dell’ossigeno, entrambe determinanti per la formazione degli NOx. Questa soluzione è efficace fin quando il carico ed i giri motore sono bassi e conseguentemente la quantità di ossidi di azoto prodotta non è molto rilevante; all’aumentare del carico e del numero di giri la semplice adozione dell’EGR non è sufficiente per abbattere le emissioni. Per rientrare nelle normative anche in queste condizioni di funzionamento si possono adottare due differenti soluzioni. La prima è quella adottata da Alfa Romeo sul motore JTS (jet thrust stechiometric): appena al di sopra del minimo si rinuncia alla carica povera passando ad un titolo complessivamente stechiometrico. In questo modo è possibile adottare un catalizzatore classico per trattare i fumi allo scarico. Se invece si vuole

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far funzionare il motore con carica povera anche ad un numero di giri e ad un carico più elevati, è necessario adottare un sistema particolare di trattamento di fumi, in grado di ridurre gli NOx anche in presenza di ossigeno libero: i così detti catalizzatori deNOx dei quali si riporta in figura 1.5 un esempio adottato sui motori ad iniezione diretta del gruppo PSA.

Fig.1.6: esempio di catalizzatore DeNOx montato sui propulsori del gruppo PSA

La catena di post trattamento dei gas è composta da un precatalizzatore e da un catalizzatore che contengono platino, palladio, rodio ed un composto a base di bario. Il principio di funzionamento è il seguente: quando il motore funziona in regime di carica stratificata il monossido di azoto che si forma viene ossidato a biossido di azoto sul platino e, successivamente, viene trattenuto sotto forma di nitrato di bario. Per un periodo di tre secondi ogni minuto di funzionamento la centralina elettronica arricchisce la miscela facendo aumentare le emissioni di CO ed HC che fungono da riduttori; essi si ossidano sul rodio prelevando ossigeno dall’NO2 e lasciando come sottoprodotto l’azoto. Alla fine della catena troviamo una sonda lambda proporzionale che serve per comunicare alla centralina elettronica la concentrazione di ossigeno libero e di conseguenza di HC e CO nei gas di scarico, in questo modo la centralina è in grado di decidere quando arricchire la miscela. Questo tipo di catalizzatore deve lavorare ad una temperatura compresa fra 300 e i 450°C; in tali condizioni riesce ad eliminare con efficacia fino al 90% degli ossidi di azoto prodotti dal motore. Nel funzionamento con carica omogenea il sistema si comporta come un normale catalizzatore trivalente.

Unico inconveniente dei deNOx è che hanno un cattivo funzionamento in presenza di zolfo che inquina i materiali assorbenti rendendo il catalizzatore inservibile e purtroppo le benzine in commercio in Europa hanno un alto contenuto di zolfo. Questo è il motivo della scelta

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effettuata da Alfa Romeo con il propulsore JTS e da Renault con il sistema IDE, che non prevedono un post trattamento dei fumi con deNOx. Per contenere le emissioni si rende quindi necessario il passaggio al funzionamento con carica complessivamente stechiometrica già dopo i 1500 g/min per il motore Alfa Romeo, mentre in casa Renault, per aggirare l’ostacolo del catalizzatore specifico, si è rinunciato in toto alla combustione di miscele magre. Tuttavia, a cominciare da paesi come la Germania, si stanno sempre più diffondendo benzine con basso tenore di zolfo, compatibili con l’utilizzo dei deNOx che presto, sotto la spinta di normative sempre più restrittive, saranno imposti anche sui propulsori Diesel.

L’obbiettivo degli studi recenti sull’iniezione diretta di benzina è quello di aumentare il range di funzionamento del motore con carica povera in modo da rendere definitivamente competitiva la soluzione GDI. Inoltre è necessario garantire un passaggio graduale dal funzionamento con miscela povera a quello con miscela complessivamente stechiometrica in modo da rendere gradevole la guida di propulsori ad iniezione diretta. Negli ultimi anni sono stati fatti passi da gigante in questa direzione, grazie all’evoluzione sia dell’elettronica di controllo, che della tecnologia degli iniettori. Naturalmente alla base di ogni soluzione di iniezione diretta con stratificazione della carica deve esservi un accurato studio fluidodinamica e, data la complessità dei fenomeni coinvolti, è indispensabile la simulazione CFD (fluidodinamica computazionale) di tipo tridimensionale.

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1.4 La stratificazione della carica

Come detto la stratificazione della carica si ottiene adottando un’iniezione ritardata, ovvero il combustibile viene immesso in camera durante la corsa di risalita del pistone verso il punto morto superiore. Questa strategia permette di ottenere una combustione stabile anche in condizioni di titolo molto magro (rapporto tra massa d’aria e massa di combustibile circa 40:1) . Il raggiungimento di questo obbiettivo è stato reso possibile solo negli ultimi anni, mentre era impensabile ai tempi degli esordi dell’iniezione diretta. Infatti per ottenere una corretta stratificazione è necessario prevedere correttamente il campo di moto della fase gassosa all’interno del cilindro, nonché l’evoluzione temporale dello spray per poter indirizzare la carica nell’intorno della candela e permettere un’accensione ed una successiva combustione efficace anche in presenza di un grande eccesso d’aria.

Date le alte pressioni che si raggiungono durante la fase di compressione e dato il limitato tempo a disposizione per l’evaporazione del combustibile, l’iniezione è di primaria importanza ai fini della buona riuscita e del controllo della combustione. Per questo motivo sono necessari dei particolari accorgimenti per confinare il combustibile in prossimità degli elettrodi della candela. Le soluzioni per il convogliamento dello spray, e quindi della carica verso la candela, sono le seguenti:

1. wall-guided: si sfrutta la geometria della camera di combustione

2. air-guided: si sfrutta il campo di moto dell’aria in camera di combustione 3. spray-guided: si sfrutta la sola evoluzione dello spray

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1.4.1 Soluzioni wall – guided

La soluzione 1 di figura 1.7 per guidare lo spray nella zona desiderata sfrutta un posizionamento opportuno della candela e dell’iniettore uniti alla geometria del cielo del pistone. Il principio di funzionamento è semplice, ma la sua realizzazione prevede un sostanzioso stravolgimento delle geometrie del propulsore a cominciare dallo stantuffo che deve avere una conformazione a cucchiaio, per arrivare al condotto di aspirazione che deve avere una particolare forma ed orientamento.

Riportiamo alcuni esempi di motori funzionanti con questa soluzione:

• sistema GDI di Mitsubishi [1, 2]

fig.1.8: stratificazione carica nel sistema GDI mitsubishi

fig.1.9: combustione della carica nel sistema GDI mitsubishi

La casa costruttrice giapponese è stata la prima a produrre un motore ad iniezione diretta di benzina di moderna concezione. Dalle immagini è chiara la strategia per ottenere la stratificazione della carica: si sfrutta un pistone a cucchiaio per indirizzare la carica verso la candela disposta al centro della camera di combustione, ed un condotto di aspirazione verticale per favorire il confinamento del combustibile.

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• Sistema HPI del gruppo PSA [3]

fig.1.10: stratificazione della carica nel sistema HPI del gruppo PSA Peugeot e Citroen

Il principio di funzionamento è praticamente lo stesso del sistema Mitsubishi: pistone a cucchiaio e condotto di aspirazione ad asse parallelo al cilindro. Ai carichi medio bassi ed iniezione fortemente ritardata la forma del pistone ed il moto di tumble rovescio indirizzano lo spray verso la candela.

• Sistema IDE Renault [4]

Fig.1.11: schema del sistema IDE di Renault

Questo sistema differisce dai precedenti per quanto riguarda la posizione dell’iniettore, che si trova in prossimità della candela, e per quanto riguarda la strategia di funzionamento del motore. I tecnici francesi hanno infatti deciso di rinunciare alla combustione di miscele

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magre, per risolvere il problema delle emissioni di NOx, concentrandosi solo sulla diminuzione della quantità di CO2 allo scarico. È importante ricordare che questo propulsore è stato uno dei primi esempi di applicazione commerciale dell’iniezione diretta di benzina in Europa dove, come è stato ricordato, sono in commercio benzine con elevata concentrazione di zolfo.

Fig.1.12: testata del sistema IDE Renault fig.1.13: pistone del sistema IDE Renault

La strategia di funzionamento adottata è la seguente: si fa un’iniezione anticipata di una buona percentuale del combustibile necessario, nel cilindro si forma una miscela omogenea con titolo magro, in seguito si inietta la restante quantità di combustibile in ritardo durante la fase di compressione; in questo modo il titolo della miscela è globalmente stechiometrico, mentre nell’intorno della candela risulta ricco. La particolare disposizione dell’iniettore e della candela, che si trovano in una nicchia ricavata nella testata, unita al pozzetto ricavato sul cielo dello stantuffo, provvedono ad un buon confinamento della carica nella zona degli elettrodi.

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• Sistema Alfa Romeo JTS [5]

fig.1.14: sistema Alfa Romeo JTS fig.1.15: pistone del sistema JTS

I tecnici Alfa hanno interpretato l’iniezione diretta in chiave puramente prestazionale, come è tradizione della casa costruttrice. Infatti il sistema JTS prevede un funzionamento con carica povera solo fino al regime di 1500 giri/min mentre per numeri di giri superiori la centralina passa al funzionamento con titolo stechiometrico. Questa strategia si rende necessaria per poter arginare il già citato problema delle emissioni di NOx che affligge i propulsori funzionanti con miscele povere. Per la stratificazione si sfrutta la particolare geometria del cielo del pistone per indirizzare la carica verso gli elettrodi della candela attuando un’iniezione ritardata. Come si può notare dalla figura 1.15 la geometria dello stantuffo non è comunque esageratamente stravolta, come accade invece nei motori di Mitsubishi e del gruppo PSA.

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1.4.2 Soluzioni air – guided

La soluzione 2 di figura 1.7, denominata air – guided, prevede l’iniezione del combustibile in una corrente d’aria che convoglia lo spray verso gli elettrodi della candela. In questo caso si riesce a diminuire l’impingement dello spray sulle pareti dello stantuffo con effetti benefici per quanto riguarda i problemi di incombusti soprattutto nelle partenze a freddo.

Si riportano alcuni esempi di motori che adottano tale soluzione:

• Sistema FSI Volkswagen Audi [6]

fig.1.16: sistema Volkswagen Audi FSI

Il sistema FSI prevede, come il sistema JTS di Alfa Romeo, l’impianto di iniezione diretta di benzina BOSH MED riportato in figura 1.17, ma a differenza della soluzione italiana adotta una valvola parzializzatrice del condotto di aspirazione che varia la geometria in funzione del numero di giri del motore. Questo sistema, grazie anche alla conformazione del cielo dello stantuffo, è in grado di generare, durante la fase di aspirazione, dei moti dell’aria favorevoli alla stratificazione della carica, che viene attuata anche ai carichi medi. Di conseguenza il sistema FSI, a differenza del sistema JTS, ha bisogno di un catalizzatore specifico per la conversione degli ossidi di azoto; infatti la concentrazione di tali inquinanti ai carichi medi è tale da rendere insufficiente la sola adozione della tecnica EGR.

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fig.1.17: schema dell’impianto di iniezione e scarico del sistema BOSH MED

• Sistema Toyota

Fig.1.18: schema del sistema di iniezione diretta di Toyota

La soluzione adottata da Toyota presenta analogie con quella precedentemente descritta ed adottata dal gruppo Volkswagen. Il condotto di aspirazione destro alloggia una valvola parzializzatrice, mentre quello di sinistra ha una forma ad elica. In questo modo, durante la fase di aspirazione, il sistema è in grado di generare moti dell’aria favorevoli alla stratificazione della carica con l’ausilio della forma dello stantuffo.

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1.4.3 Svantaggi delle soluzioni wall – guided ed air – guided

Come si può facilmente rilevare dalle figure precedenti, sia le soluzioni wall – guided che le soluzioni air – guided prevedono una variazione del disegno del motore. In alcuni casi come Alfa Romeo e Audi, che adottano il sistema di iniezione diretta BOSH MED, non si ha un vero e proprio stravolgimento delle geometrie, dovendo adottare solo un pistone con un piccolo deflettore nel sistema JTS ed un pistone dalla particolare geometria ed in più una valvola parzializzatrice del condotto di aspirazione nel sistema FSI. Al contrario, nel sistema Mitsubishi GDI e nel sistema HPI del gruppo PSA, è necessario rivoluzionare, oltre alla geometria del pistone, anche la forma dell’intera testata per far spazio alla nuova conformazione dei condotti di aspirazione, che in entrambe le soluzioni sono praticamente verticali. Inoltre, l’adozione di un pistone con deflettore molto pronunciato, che in questi motori si rende necessaria per guidare efficacemente lo spray nell’intorno della candela e per allungare il tempo a disposizione della carica per evaporare, genera inevitabilmente un peggioramento nella forma della camera di combustione, conducendo ad una aumento del rapporto superficie – volume. Nel motore Toyota, anche se il pistone non ha una forma che penalizza la geometria della camera di combustione, i condotti di aspirazione a forma elicoidale rendono più complicato il layout del propulsore ed aumentano le perdite di carico diminuendo il coefficiente di riempimento del motore. Anche in casa Renault, con il sistema IDE, la forma della testata varia per creare una nicchia nella quale si affacciano l’iniettore e la candela; inoltre è necessario ricavare sul cielo del pistone un pozzetto per facilitare la concentrazione della carica nell’intorno della candela.

1.4.4 Soluzione spray - guided

La soluzione 3 di figura 1.7, denominata spray-guided, come suggerito dalla denominazione stessa sfrutta solamente l’evoluzione dello spray che, grazie alle caratteristiche dell’iniettore ed alla sua posizione, si guida da solo verso la zona della candela. Per ottenere questo obbiettivo l’iniettore deve essere in grado di garantire uno spray poco penetrante, molto stabile e soprattutto ripetibile al variare delle condizioni di funzionamento del propulsore. Questa soluzione è sicuramente di più difficile messa a punto, infatti l’efficacia della stratificazione dipende da molti fattori che solo un attento studio dei moti nel cilindro e dell’evoluzione temporale dello spray può individuare e prevedere, ma è sicuramente più desiderabile da parte dei costruttori di motori, poiché permette di non stravolgere completamente la geometria della testata e di utilizzare pistoni di geometria tradizionale che

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non penalizzano la forma della camera di combustione. Non esistono ancora in commercio esempi di propulsori, ma motori e sistemi di iniezione che sfruttano questa soluzione sono in fase di studio avanzato. Si veda a tale proposito [7].

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