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Studio CFD di iniezione diretta e scambio termico in motori a combustione interna

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Academic year: 2021

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(1)

U

NIVERSIT

AÀ DI

P

ISA

S

CUOLA DI

I

NGEGNERIA

Tesi Magistrale

Ingegneria dei Veicoli

Studio CFD di iniezione diretta e

scambio termico in motori a

combustione interna

Dipartimento di Ingegneria Civile e

Industriale

AUTORI

Giulia Del Ghianda Nicola Grossi Galletto

RELATORI

Prof. Ing. Roberto Gentili Ing. Stefania Zanforlin Ing. Gianluca Pasini

ANNO ACCADEMICO

(2)

Sommario

Il seguente lavoro di tesi è composto da due parti distinte in cui vengono affrontate differenti problematiche relative ai motori a combustione interna con l'ausilio di simulazioni di fluidodinamica computazionale (CFD).

Nella prima parte è stato analizzato il comportamento fluidodinamico di due iniettori multi-holes (xl31.25 e xl31.20) sviluppati presso l'azienda Continental Automotive S.p.A. al fine di predire l'influenza della geometria dello spray e della legge di iniezione sulle emissioni di inquinanti di un motore ad accensione comandata (4 cilindri di 1742 cm3 di cilindrata). Il primo passo è stato quello di modellare gli iniettori all'interno di una camera a volume costante mediante l'utilizzo del software CFD, AVL-Fire. Al fine di una corretta modellazione dell'iniettore è stata preliminarmente analizzata la fluidodinamica interna dello per stimare l'influenza della pressione di iniezione (100, 200 e 300 bar) e del rapporto lunghezza/diametro del foro di iniezione. I risultati relativi alla geometria e alla penetrazione dello spray così ottenuti sono stati successivamente confrontati con i dati ricavati sperimentalmente ottenendo un errore massimo relativo inferiore allo 0.1%, dimostrando una corretta modellazione dell'iniettore. In seguito, i due iniettori sono stati implementati all'interno del modello CFD del motore. Al fine di predire l’influenza della legge di iniezione sulle emissioni di inquinanti sono state condotte diverse prove mantenendo costante i giri del motore (1800 giri/min) variando l'angolo di inizio iniezione e implementando due iniezioni distinte cambiando la quantità di combustibile iniettato per ognuna di queste. Le soluzioni mostrano che l'iniettore xl31.25 con legge di iniezione che prevede una sola iniezione e angolo di inizio iniezione posticipato di 20° rispetto al riferimento garantisce la minore emissione di NOx e particolato.

Nella seconda parte della tesi è stata condotta un’analisi per valutare l'influenza degli scambi termici sull’andamento delle temperature delle pareti interne del motore HCPC (Homogeneus Charge Progressive Combustion) per applicazioni leggere, utilizzando materiali realmente disponibili con diversi

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II coefficienti di conduzione termica, coibentazione inclusa, e della stima di come la variazione degli scambi termici influisca sulle prestazioni ed emissioni del motore. Il primo passo è stato quindi quello di implementare un’analisi di interazione fluido-struttura (FSI) modellando il motore HCPC all’interno di un codice CFD, in cui si schematizza il fluido evoluente, e di un codice FE, in cui si rappresenta la struttura del motore. I due modelli sono stati accoppiati in modo bidirezionale utilizzando come paramentro di convergenza il flusso termico tra fluido e struttura in funzione dell’angolo di manovella. Sono state condotte diverse prove: inizialmente è stata identificata la variazione di temperatura massima sulle superfici interne del motore a pieno carico al variare della veocità di rotazione del motore (2000, 4000, 5000, 6000 giri/min), della pressione di sovralimentazione (1, 2, 3 bar) e del materiale utilizzato per testata e basamento (Alluminio AISI 7Cu4Mg, Acciaio AISI 4130, Ghisa ASTM A842) mantenendo costante la temperatura sulle superfici del fluido di raffreddamento pari a 100°C. Il pistone combustore è stato realizzato in acciaio 42CrMo4 mentre il pistone compressore in alluminio MAHLE 124. Questa prima serie di simulazioni ha evidenziato come le temperature raggiunte sulle superfici interne del basamento e della testata a elevati numeri di giri e pressioni di sovralimentazione non siano compatibili con l’utilizzo di materiali quali alluminio (Al- AISI 7Cu4Mg) e acciai semidolci (AISI 4130), generalmente utilizati per questi componenti, pertanto ulteriori analisi sono state condotte solo sul motore realizzato in ghisa. Al fine di ridurre ulteriormente le temperature sulle superfici interne è stata implementata una nuova geometria del sistema di raffreddamento che ha portato ad una riduzione del 26% della temperatura massima delle pareti del cilindro combustore. I risultati ottenuti sono stati in seguito confrontati con quelli di un motore Diesel convenzionale di uguale cilindrata constatatando come a bassi numeri di giri (2000 giri/min) il combustore del motore HCPC presenti caratteristiche dal punto di vista termico paragonabili al motore Diesel mentre all’aumentare della velocità di rotazione (4000 giri/min) questo presenti temperature nettamente superiori.

Nella seconda serie di prove è stata valutata l'influenza degli scambi termici sulle prestazioni e sulle emissioni. A tal fine è stato modellato un motore adiabatico ideale, flusso termico attraverso le superfici nullo, un motore coibentato mediante Nitruro di Silicio e un motore coibentato mediante uno strato di Ossido di Allumina spesso 0.3 mm. I risultati hanno dimostrato che l’adiabatizzazione delle pareti del motore, conduce ad un aumento del rendimento indicato, che così arriva a superare il 55% nel caso del motore adiabatico ideale. Per quanto riguarda le emissioni, la coibentazione conduce ad un deciso aumento di quelle di NOX e ad una forte riduzione di quelle di particolato. Si è riscontrato infine che la

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III coibentazione delle pareti nel motore HCPC non comporta una riduzione del coefficiente di riempimento, come accade nei motori diesel, e pertanto conduce ad una maggiore potenza erogabile.

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IV

Indice

1. L’iniezione diretta ... 2

1.1 Cenni storici sull’iniezione della benzina ... 3

1.2 Confronto tra iniezione diretta e indiretta ... 6

1.2.1 Vantaggi intrinseci dell’iniezione diretta ... 7

1.2.2 Vantaggi derivanti dalla possibilità di stratificare la carica ... 9

1.2.3 Svantaggi dell’iniezione diretta ... 11

1.3 Modalità di funzionamento dei motori GDI... 12

1.3.1 Funzionamento a pieno carico ... 13

1.3.2 Funzionamento a carichi medi e medio-bassi ... 13

1.3.3 Funzionamento ai bassi carichi ... 13

1.4 Iniettori per motori GDI ... 13

1.4.1 Iniettori Swirl ... 14

1.4.2 Iniettori outward-opening ... 19

1.4.3 Iniettori multiforo ... 21

1.5 Metodi per realizzare la stratificazione della carica ... 24

1.5.1 Wall-guided technique ... 25

1.5.2 Air-guided technique ... 25

1.5.3 Spray-guided technique ... 27

2. Il break-up ... 30

2.1 Regimi di break-up del getto ... 30

2.2 Regimi di break-up secondario ... 34

2.3 Full-cone spray ... 36

2.3.1 Lunghezza di penetrazione ... 38

2.3.2 Angolo del cono... 39

2.3.3 Sauter mean diameter ... 40

2.3.4 Meccanismi di break-up primario ... 40

2.3.5 Cavitazione idrodinamica ... 42

3. Simulazione CFD della fase di iniezione ... 45

3.1 Simulazione della fluidodinamica interna... 45

3.1.1 Mesh semplificata ... 45

3.1.2 Impostazioni solver steering file ... 46

3.1.3 Risultati a differenti pressioni di iniezione ... 47

3.1.4 Mesh completa ... 50

(6)

V

3.2 Accoppiamento fluidodinamica interna ed esterna ... 64

3.2.1 Impostazioni SSF ... 65

3.2.2 Validazione del modello ... 68

3.2.3 Risultati ... 72

3.2.4 Penetrazione ... 76

3.3 Accoppiamento fluidodinamica interna ed esterna, variazione della pressione di iniezione ... 79

3.3.1 Mesh e impostazioni SSF ... 79

3.3.2 Risultati 100-200-300 bar ... 79

3.4 Simulazione dello spray in camera a volume costante ... 82

3.4.1 Mesh del volume di iniezione e condizioni iniziali ... 82

3.4.2 Proprietà del fluido e modello di turbolenza ... 83

3.4.3 Impostazioni dei nozzle ... 84

3.4.4 Risultati e validazione dello spray ... 85

3.4.5 Conclusioni ... 90

4. Modellazione e simulazione motoristica ... 91

5. Conclusioni ... 100

6. La combustione HCCI ... 102

6.1 Introduzione. ... 102

6.2 Combustione omogenea con combustibili per motori ad A.C. ... 105

6.3 Combustione omogenea con combustibili per motori ad A.S. ... 106

6.4 Strategie di controllo per la combustione HCCI ... 110

6.4.1 Variazione della temperatura dell’aria aspirata ... 111

6.4.2 Variazione del rapporto di compressione (VCR) ... 111

6.4.3 Variazione della fasatura delle valvole ... 115

6.4.4 Ricircolo gas di scarico (EGR, Exhaust Gas Recirculation) . 116 6.4.5 Sovralimentazione ... 117

6.4.6 Modifiche al combustibile... 117

6.5 Prototipi realizzati ... 119

7. La combustione HCPC ... 121

7.1 Introduzione ... 121

7.2 Il motore HCPC Split Cycle ... 123

7.3 Caratteristiche del motore analizzato ... 128

8. Modello di calcolo interazione fluido struttura ... 135

8.1 Introduzione ... 135

8.2 Procedura di calcolo ... 136

8.3 Ipotesi del modello utilizzato ... 138

9. Programmi di calcolo utilizzati ... 139

9.1 Introduzione ... 139

9.2 Organizzazione del lavoro ... 139

9.3 Modellazione della geometria: CATIA ... 140

9.4 Preprocessore: AVL-Boost ICEM-CFD ... 141

9.5 Solutore CFD: AVL-Fire ... 142

9.5.1 Introduzione ... 142

9.5.2 FIRE Combustion Module ... 142

9.5.3 FIRE Ignition Module ... 146

9.5.4 FIRE Emission Module ... 157

(7)

VI 9.5.6 Influenza delle condizioni iniziali e convergenza con il modello AVL-BOOST 163

9.6 Modello FE: Ansys ... 164

9.6.1 Introduzione ... 164

9.6.2 Elementi utilizzati ... 165

9.7 Accoppiamento del modello CFD e FE ... 167

9.7.1 Introduzione ... 167

9.7.2 Mapping Process ... 168

9.7.3 Convergenza e analisi del flusso termico ... 175

10. Temperatura delle pareti interne del motore HCPC ... 179

10.1 Introduzione ... 179

10.2 Variazione della temperatura al variare della velocità di rotazione, della pressione di alimentazione aria e del materiale utilizzato ... 185

10.3 Sviluppo di una nuova geometria del sistema di raffreddamento 188 10.4 Inquinanti prodotti dal motore HCPC “nuova geometria”... 193

11. Confronti con motori diesel quattro tempi convenzionali ... 194

11.1 Temperature delle pareti ... 194

11.2 Flusso termico ... 198

11.3 Emissione di inquinanti ... 201

12. Coibentazione del motore HCPC ... 203

12.1 Introduzione ... 203

13. Coibentazione del motore HCPC Heavy Duty ... 213

13.1 Caratteristiche del motore e codice CFD utilizzato ... 213

13.2 Risultati ... 215

14. Conclusioni ... 220

15. ALLEGATO A ... 222

16. Bibliografia ... 227

17. Indice delle figure ... 233

(8)

P

ARTE

I

Studio CFD di

iniettori per

(9)

2

Capitolo 1

1.

L’iniezione diretta

La riduzione dei consumi di combustibile negli autoveicoli è un obiettivo fondamentale dell’ingegneria motoristica, la quale cerca di sviluppare motori aventi consumi specifici sempre più bassi che possano soddisfare le sempre più stringenti normative sulle emissioni. Il consumo specifico di un motore ad accensione spontanea a iniezione diretta è inferiore rispetto a quello di un motore ad accensione comandata con iniezione indiretta, principalmente per due motivi: l’utilizzo di rapporti di compressione più elevati e l’assenza della parzializzazione della carica nella prima tipologia. Per contro i motori ad accensione spontanea sono più rumorosi, hanno un range di velocità limitato e producono maggiori quantitativi di NOx e particolato. L’obiettivo sarebbe quello di combinare la potenza specifica del motore ad accensione comandata con l’efficienza del motore ad iniezione spontanea ai carichi medio-bassi. Un motore siffatto avrebbe bassi consumi specifici pur mantenendo le caratteristiche di funzionamento e la potenza specifica di un motore ad accensione comandata. Un modo per raggiungere questo obiettivo è quello di pensare ad un motore quattro tempi ad accensione comandata che non parzializzi la carica fresca per controllare il carico. Per far ciò si inietta direttamente in camera di combustione generando una miscela aria-combustibile con una composizione infiammabile nell’intorno degli elettrodi della candela all’istante di accensione della stessa. In maniera del tutto simile a ciò che avviene nei motori ad accensione spontanea, la potenza in uscita dal motore è controllata variando la quantità di combustibile iniettato nel cilindro.

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3 1 – L’iniezione diretta

1.1 Cenni storici sull’iniezione della benzina

Il primo motore a utilizzare l’iniezione diretta fu creato dall’ingegnere svedese Jonas Hesselman nel 1925. Il motore Hesselman (Figura 1.1) effettuava una combustione molto povera; il combustibile veniva iniettato all’interno della camera di combustione quando il pistone era situato in prossimità del punto morto superiore e la combustione si realizzava mediante l’accensione di una candela. Questo propulsore veniva spesso alimentato a benzina durante l’avviamento e, una volta raggiunta una determinata temperatura di esercizio, in luogo della benzina veniva iniettato gasolio o kerosene. Si trattava in pratica di un motore ad accensione comandata modificato al fine di poter funzionare con prodotti petroliferi pesanti. A causa del basso rapporto di compressione l’accensione era comandata, al contrario di ciò che avveniva con i motori convenzionali alimentati a gasolio in cui si aveva un’autoaccensione. Il motore presentava essenzialmente due vantaggi: il primo era la possibilità di alimentazione con oli pesanti, molto più economici rispetto alla benzina; il secondo vantaggio invece era costituito dal peso e dalle dimensioni molto ridotti se confrontati con i motori alimentati a gasolio dell’epoca.

Figura 1.1 _ Motore Hesselman.

Vi era però un grosso svantaggio: a causa dei bassi rapporti di compressione il raggiungimento della temperatura di esercizio era molto difficoltoso e ciò si traduceva in una combustione parziale che portava velocemente le candele ad incrostarsi, oltre che a generare gas combusti altamente tossici. I motori Hesselman vennero montati su alcuni autocarri e autobus prodotti negli anni ’20 e ’30. Un deciso sviluppo dell’iniezione diretta di benzina si ebbe nel campo dell’aviazione militare durante la Seconda Guerra Mondiale, con progetti tedeschi (Junkers Jumo 210, Figura 1.2, Daimler-Benz DB 601, entrambi realizzati nel

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4 1 – L’iniezione diretta

1937), sovietici (Shvetsov ASh-82FN, 1943) e statunitensi (Wright R-3350, 1944). L’iniezione diretta garantiva infatti una distribuzione più uniforme della carica nei cilindri oltre a ridurre il fenomeno della detonazione.

Figura 1.2 - Motore Junker Jumo 210.

Il primo sistema a iniezione diretta di benzina in campo automobilistico fu sviluppato dalla Bosch e introdotto sui motori a due tempi delle vetture Goliath e Gutbrod nel 1952. L’obiettivo era la riduzione dei consumi ottenibile iniettando il combustibile una volta chiusa la luce di scarico, ma il costo per l’epoca era elevato se rapportato alla semplicità del motore a due tempi, quindi questa soluzione fu presto abbandonata.

La prima auto sportiva a utilizzare l’iniezione diretta di benzina fu la Mercedes-Benz 300SL del 1955 (Figura 1.3). Il motore presentava degli iniettori Bosch collocati nelle sedi situate sulle pareti dei cilindri, nelle quali in altri motori Mercedes-Benz a sei cilindri erano usualmente collocate le candele. Queste ultime, nel motore in esame, venivano invece poste sulla testata. Anche questa soluzione fu presto tralasciata, a causa di innumerevoli problemi.

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5 1 – L’iniezione diretta

Si presentava infatti una certa difficoltà nel raggiungere gli elevati valori di pressione necessari per l’iniezione diretta, principalmente a causa delle scarse proprietà lubrificanti e della bassa viscosità della benzina, che veniva iniettata per mezzo di sistemi di iniezione derivanti direttamente da quelli utilizzati per motori ad accensione spontanea, quindi non idonei. Altre criticità erano date sia dal dilavamento del film di lubrificante, dovuto all’impatto dello spray con le pareti del cilindro, sia al funzionamento non uniforme del motore ai bassi carichi.

Nei primi anni ’70 fu condotta una ricerca col sostegno della AMC (American Motors Corporation) al fine sviluppare un motore funzionante a carica stratificata. Per far ciò venne modificata la testata di un motore ad accensione comandata a sei cilindri in linea (AMC straight-6) e vennero introdotti dei dispositivi meccanici atti a monitorare la portata di aria in ingresso e le condizioni di carico. Il prototipo di questo motore fu installato su una AMC Hornet del 1973, vennero dunque effettuati dei test su strada durante i quali si riscontrarono svariati problemi ai sensori meccanici.

Verso fine anni ’70 la Ford sviluppò un motore a carica stratificata denominato ProCo (Programmed Combustion), la cui testata in sezione è rappresentata in Figura 1.4.

Figura 1.4 - Spaccato della testata del motore ProCo Ford.

Esso era un motore V8 che utilizzava un’unica pompa ad alta pressione e degli iniettori per iniezione diretta. Il progetto naufragò per varie ragioni: i controlli elettronici, elemento chiave, erano ancora agli albori; i costi della pompa e degli

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6 1 – L’iniezione diretta

iniettori erano molto elevati; la combustione povera produceva ossidi di azoto in eccesso rispetto ai limiti stabiliti.

Dopo circa due decenni di latenza, l’iniezione diretta di benzina riapparve nel 1996 sul mercato automobilistico grazie alla Mitsubishi che installò un motore GDI sulla Galant (Figura 1.5).

Figura 1.5 - Mitsubishi Galant.

Ricominciò dunque lo sviluppo di questa tipologia di motori da parte delle case automobilistiche, che prosegue ancora oggi al fine di realizzare dei propulsori sempre più efficienti.

1.2 Confronto tra iniezione diretta e indiretta

Nel caso dei motori a quattro tempi si può fare un confronto tra i sistemi di iniezione diretta GDI (Gasoline Direct Injection, Figura 1.6) e i sistemi di iniezione indiretta multipoint PFI (Port-Fuel Injection, Figura 1.7) per poter apprezzare i vantaggi che l’iniezione diretta comporta. Non vengono presi in considerazione i sistemi single point, essendo ormai tecnologicamente superati. Nei motori PFI la benzina è iniettata nel condotto di aspirazione di ogni cilindro; l’iniettore può essere posizionato sia all’inizio del condotto stesso, sia vicino alla testata. Invece nei sistemi GDI l’iniettore è posto direttamente nella camera di combustione.

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7 1 – L’iniezione diretta

Figura 1.6 - Sistemi GDI.

Figura 1.7 - Sistemi PFI.

I vantaggi ottenibili con il sistema GDI si possono dividere in due categorie: • vantaggi intrinseci dell’iniezione diretta;

• vantaggi derivanti dalla possibilità di effettuare la stratificazione della carica.

1.2.1 Vantaggi intrinseci dell’iniezione diretta

Il meccanismo di formazione della miscela differenzia le soluzioni PFI e GDI. Nei sistemi PFI l’iniettore viene posto sul condotto di aspirazione e inietta la benzina sulle valvole di aspirazione. L’evaporazione della benzina causa una sottrazione di calore all’aria, che si raffredda e quindi aumenta la sua densità. D’altro canto, il combustibile evaporato riduce il volume disponibile per l’aria: per quanto riguarda il coefficiente di riempimento, nei motori PFI questi due effetti

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8 1 – L’iniezione diretta

contrastanti quasi si equivalgono, infatti il combustibile evapora sottraendo calore al condotto e soprattutto alla valvola di aspirazione. Nei GDI invece la benzina evapora sottraendo calore alla sola aria entrante nel cilindro, con notevoli vantaggi. Si ha infatti un incremento del coefficiente di riempimento, dato dalla maggior densità dell’aria, ma anche un miglioramento del rendimento indicato. Quest’ultimo effetto è dato dal fatto che anche il processo di combustione avviene a temperature inferiori, dunque si riduce la dissociazione, aumenta il rapporto tra i calori specifici a pressione e volume costante e diminuisce lo scambio termico con le pareti.

Il fenomeno della dissociazione si riscontra poiché alle alte temperature i prodotti della combustione, come l’anidride carbonica e l’acqua, non sono stabili ma tendono a dissociarsi mediante reazioni endotermiche, che riducono l’ammontare del calore trasformabile in lavoro; abbassando la temperatura media di combustione, gli equilibri di queste reazioni chimiche sono sempre più spostate verso i reagenti, e di conseguenza la perdita di rendimento dovuta alla dissociazione si riduce. Per quanto riguarda i calori specifici cp e cv si osserva sperimentalmente il seguente andamento in funzione della temperatura:

Figura 1.8 - Andamento qualitativo dei calori specifici con la temperatura.

Il valore della costante universale dei gas𝑅𝑅 = 𝐶𝐶𝑝𝑝− 𝐶𝐶𝑣𝑣 è quasi indipendente dalla temperatura, pertanto aumentando quest’ultima il rapporto k tra i due calori specifici diminuisce, con conseguente riduzione del rendimento.

Per ciò che concerne il fenomeno della detonazione, esso si manifesta quando gli end-gas, ovvero la parte della carica destinata ad essere raggiunta per ultima dal

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9 1 – L’iniezione diretta

fronte di fiamma, si trovano a temperature maggiori di quella di autocombustione per un tempo superiore al tempo di latenza. Se viene ridotta la temperatura di inizio combustione, gli end-gas si troveranno a una temperatura inferiore e quindi la probabilità che si superi la temperatura di autoaccensione diminuisce. Riferendosi per semplicità a un ciclo Otto ideale l’espressione del rendimento termico sarà:

𝜂𝜂𝑡𝑡= 𝑄𝑄𝐿𝐿

𝑖𝑖 = 1 −

1 𝜌𝜌𝑘𝑘−1

indicando con L il lavoro fornito, con Qi il calore introdotto, con ρ il rapporto di compressione.

Con i sistemi PFI una certa quantità di benzina si deposita sulle pareti del condotto di aspirazione, da cui delle gocce si distaccano e vengono trascinate nel cilindro, sulle cui pareti, nel funzionamento a freddo, si depositano di nuovo non riuscendo ad evaporare, è quindi necessario, per far avviare bene il motore, iniettare un maggior quantitativo di benzina. Ciò comporta elevate emissioni di idrocarburi incombusti. Con i sistemi GDI invece, adottando soluzioni tali da evitare che lo spray impatti sulle pareti (stantuffo, testa e cilindro), il problema può essere annullato. Tuttavia, nel funzionamento a freddo, se il fronte di fiamma incontra gocce non ancora completamente evaporate, può verificarsi la formazione di particolato. Nei motori ad iniezione indiretta in fase di accelerazione l’apertura della valvola a farfalla causa un aumento della pressione nei condotti di aspirazione che fa depositare in fase liquida parte della benzina che prima era in fase di vapore, così anche in questo caso è necessario arricchire. In fase di decelerazione i problemi sono maggiori poiché la chiusura della valvola a farfalla ha come conseguenza una riduzione di pressione nei condotti che provoca l’evaporazione del film liquido. Dunque, in camera di combustione entra una miscela eccessivamente ricca che dà luogo a idrocarburi incombusti. Con l’adozione dell’iniezione diretta tutto questo non si verifica con vantaggi dal punto di vista dei consumi e delle emissioni.

1.2.2 Vantaggi derivanti dalla possibilità di stratificare la carica

Un altro vantaggio dell’iniezione diretta è la possibilità di attuare la stratificazione della carica, consistente nel distribuire in maniera non uniforme il titolo in camera di combustione. Il rapporto aria/combustibile dovrà essere più basso nelle immediate vicinanze della candela di accensione e più elevato allontanandosi da essa, fino ad aversi eventualmente zone con sola aria. La

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10 1 – L’iniezione diretta

stratificazione della carica è realizzabile sia con miscele complessivamente stechiometriche, si tratta di carica semistratificata, sia con miscele complessivamente povere. La stratificazione con miscele stechiometriche si effettua con almeno due iniezioni nello stesso ciclo. La prima iniezione, in cui si immette la maggior parte della benzina, si effettua in fase di aspirazione; la seconda frazione del combustibile, pari a circa il 15-20% del totale, la si inietta invece in fase di compressione in modo che nell’intorno della candela vi sia una zona ricca.

L’adozione di questa strategia ha i seguenti vantaggi:

• diminuzione della dispersione ciclica del motore perché la combustione ha un inizio più sicuro e stabile;

• combustione più rapida perché, grazie ad una più favorevole cinetica chimica, la sottofase iniziale di innesco è più breve quindi l’introduzione di calore si avvicina di più ad un isovolumica, per cui il rendimento ne beneficia;

• diminuzione della tendenza a detonare per due motivi: in primo luogo perché la combustione ha una durata minore, quindi gli end-gas sono sottoposti a una temperatura elevata per un tempo minore, ovvero diminuisce la probabilità che si superi il tempo di latenza; il secondo motivo è legato al fatto che il titolo non è uniforme in camera di combustione e gli end-gas si trovano in una zona dove la miscela è più povera e perciò sono meno reattivi. La possibilità di adottare un rapporto di compressione maggiore si traduce in un incremento del rendimento termico.

I vantaggi più significativi in termini di rendimento si ottengono con un motore GDI qualora si realizzi la stratificazione della carica con miscele complessivamente povere; così facendo, durante il funzionamento del propulsore in questa modalità, si può tenere completamente aperta la valvola a farfalla e fare una regolazione per qualità e non per quantità, ottenendo parte dei vantaggi caratteristici dei motori ad accensione spontanea, senza però soffrire della limitazione sulla velocità di rotazione massima propria di questi ultimi.

Si conseguono così tutti i benefici dell’iniezione diretta, sommati a quelli della regolazione senza farfalla, che sono:

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11 1 – L’iniezione diretta

• diminuzione del lavoro perso nel ciclo di pompaggio ai bassi carichi grazie alla minore perdita di carico all’aspirazione. Quest’ultima, come nei motori ad accensione spontanea, non cambia al variare del carico;

• abbassamento delle temperature di combustione grazie all’eccesso d’aria. Per i motivi precedentemente elencati, ciò si traduce in: minore tendenza alla detonazione, minore dissociazione, esponente dell’adiabatica k più elevato, rendimento più elevato;

• ulteriore aumento di k grazie all’eccesso d’aria. I calori specifici infatti aumentano con la temperatura molto di più per i prodotti della combustion, soprattutto per il vapore acqueo, che per l’aria;

• diminuzione degli scambi termici con le pareti grazie all’elevato eccesso d’aria che riduce la temperatura media della miscela e si interpone durante la combustione tra i gas caldi che stanno bruciando e le pareti;

• possibilità di mandare in ricircolo una maggiore quantità di gas combusti adottando la strategia EGR (Exhaust Gas Recirculation). Di conseguenza si ha una riduzione delle emissioni di NOx grazie al fatto che, in condizioni di carica stratificata, la combustione si sviluppa più rapidamente e con maggiore stabilità; abbassamento del regime di rotazione minimo. Infatti, al minimo un motore PFI, che si regola per quantità, iniettando poca benzina dovrà essere immessa nella camera di combustione anche poca aria, mentre vi sarà una notevole quantità di gas combusti richiamati dalla forte depressione che si genera per la chiusura della valvola a farfalla. Un elevato rapporto gas combusti/gas freschi provoca irregolarità di funzionamento e per avere stabilità è necessario parzializzare meno la valvola a farfalla aumentando la velocità del motore al minimo. Nei motori GDI al minimo la farfalla è invece completamente aperta; di conseguenza vi è un elevato rapporto gas freschi/gas residui, che dà luogo ad una minore dispersione ciclica. Si può così ridurre il regime di minimo con conseguente vantaggio sul consumo.

1.2.3 Svantaggi dell’iniezione diretta

I motori GDI, a fronte dei grandi vantaggi rispetto ai PFI, presentano anche alcuni svantaggi e difficoltà:

(19)

12 1 – L’iniezione diretta

• costi dell’impianto più elevati a causa delle pressioni di iniezione decisamente più elevate;

• possibilità di avere impingement sulle pareti in particolare con motore freddo. Delle frazioni di combustibile vanno a depositarsi sulle pareti condensando, non potendo dunque partecipare alla combustione. Si crea così inquinamento dovuto ad idrocarburi incombusti, HC;

• se l’iniezione è molto ritardata, avvenendo ad esempio in avanzata fase di compressione, parte del combustibile può non riuscire ad evaporare in tempo utile per diffondersi, per cui, quando il fronte di fiamma lo incontra, data l’elevata temperatura, si hanno fenomeni di cracking con la generazione di particolato sottile;

• nelle condizioni di funzionamento in cui si effettua la stratificazione della carica l’eccesso d’aria non permette al catalizzatore trivalente convenzionale la riduzione degli ossidi di azoto, quindi se non si adotta un opportuno catalizzatore De-NOx, le emissioni di questi ultimi saranno più elevate;

• difficoltà di natura tecnologica nella realizzazione della pompa di iniezione. La benzina infatti ha caratteristiche di viscosità e potere lubrificante bassi. • complessità nella gestione e nel controllo elettronico delle varie modalità di

funzionamento;

• difficoltà nell’ottenimento e nel controllo della stratificazione della carica; • possibili malfunzionamenti del sistema causati da incrostazioni formatesi

sugli iniettori.

1.3 Modalit

à di funzionamento dei motori GDI

Come mostrato in precedenza, i motori a iniezione diretta possono funzionare sia in regime di carica omogenea, come quelli a iniezione indiretta, sia in regime di carica stratificata. Nel caso si adotti la stratificazione della carica si può schematicamente mettere in relazione la strategia d’iniezione con il carico, considerando tre casi distinti.

(20)

13 1 – L’iniezione diretta

1.3.1 Funzionamento a pieno carico

In condizioni di pieno carico il combustibile viene iniettato già durante la fase di aspirazione, in modo da avere in camera una miscela omogenea stechiometrica o leggermente ricca per ottenere la massima potenza, come avviene nei motori PFI. Si realizza dunque una iniezione anticipata. D’altro canto, è comunque possibile, come già detto in precedenza, realizzare una carica semistratificata, ovvero una carica stratificata in condizioni di miscela globalmente stechiometrica.

1.3.2 Funzionamento a carichi medi e medio-bassi

A carichi medio-bassi si realizza la carica semistratificata mediante doppia iniezione durante il ciclo: in camera è presente ovunque una miscela aria-combustibile, la quale è tanto più ricca quanto più è vicina agli elettrodi della candela; in questo modo è possibile accendere una miscela con rapporto aria-combustibile anche piuttosto elevato.

1.3.3 Funzionamento ai bassi carichi

Quando ci si trova ai bassi carichi è necessario effettuare l’iniezione ritardata. Il combustibile viene immesso in camera nella fase di compressione e, grazie alle condizioni fluidodinamiche nel cilindro, si realizza la stratificazione della carica: miscela stechiometrica o leggermente ricca in prossimità degli elettrodi della candela e titolo decrescente allontanandosi da essa, fino ad avere zone con sola aria. È opportuno precisare che il tempo a disposizione per il completamento di tale processo di stratificazione della carica è critico. Infatti, dall’istante in cui termina l’iniezione a quello dell’accensione, il combustibile deve essere introdotto in camera, evaporare e miscelarsi con l’aria dando luogo a carica stratificata. La fluidodinamica interna, la geometria della camera di combustione e la tipologia di iniettore utilizzato risultano determinanti, per cui solo per mezzo di uno studio accurato è possibile raggiungere risultati soddisfacenti.

1.4 Iniettori per motori GDI

Dal punto di vista funzionale gli iniettori adatti a motori con iniezione diretta si possono suddividere in tre categorie: iniettori swirl, iniettori outward-opening e iniettori multiforo. La scelta del tipo di iniettore da adottare è strettamente legata al disegno della camera di combustione, alla geometria dei condotti di aspirazione e alla necessità o meno di realizzare la stratificazione della carica.

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14 1 – L’iniezione diretta

1.4.1 Iniettori Swirl

L’iniettore swirl (Figura 1.9) è attualmente ampiamente utilizzato nei sistemi GDI. In esso lo spillo è mosso, nelle fasi di apertura, verso l’interno dell’iniettore da un attuatore elettromagnetico a solenoide. La geometria della punta dell’iniettore è mostrata in Figura 1.10.

Figura 1.9 - Iniettore swirl in sezione.

Figura 1.10 - Geometria della punta dell’iniettore.

Nella zona immediatamente precedente l’unico foro di uscita presente in questo tipo di iniettore, il fluido attraversa una camera di swirl nella quale delle piastrine

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15 1 – L’iniezione diretta

opportunamente sagomate (Figura 1.11) imprimono al combustibile un moto rotatorio intorno all’asse dell’iniettore, fondamentale per avere una buona polverizzazione in camera anche con pressioni di iniezione relativamente basse.

Figura 1.11 - Camera di swirl.

Il moto rotatorio impresso al liquido fa sì che questo venga centrifugato verso le pareti del foro. Osservando la distribuzione del volume fraction della fase liquida e la mappa della pressione nel tip dell’iniettore (Figura 1.12 e Figura 3.1) si nota come il combustibile non utilizzi l’intera sezione di passaggio del foro. Infatti, nella zona immediatamente sotto lo spillo si forma una depressione che richiama l’aria dalla camera di combustione.

Figura 1.12 - Volume fraction del combustibile: in rosso fase liquida, in blu fase di vapore.

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16 1 – L’iniezione diretta

Figura 1.13 - Iniettore swirl, mappa di pressione.

In questo modo il fluido, nell’istante in cui entra in camera, genera uno spray (si veda Figura 1.14) la cui forma è schematicamente rappresentata in Figura 1.15; esso si può considerare costituito dal main spray e dal sac spray, i quali hanno caratteristiche molto diverse traducibili in valori molto diversi di angolo di apertura, SMD (Sauter Mean Diameter, è definito come il diametro di una goccia avente lo stesso rapporto volume-superficie dell’intero spray) e grado di penetrazione.

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17 1 – L’iniezione diretta

Figura 1.15 - Schema dello spray generato da un iniettore swirl.

La parte denominata sac viene generata dal fatto che il combustibile rimasto intrappolato nella camera di swirl, la quale ovviamente possiede un certo volume, alla fine dell’iniezione precedente ha ormai perso il moto rotatorio, quindi lo spray alla successiva riapertura tenderà ad uscire dall’ugello assumendo la forma di un pennacchio; le particelle di liquido difatti, non ruotando, non saranno soggette alla forza centrifuga responsabile dell’apertura del cono. Il sac spray presenta una maggiore penetrazione, una peggiore atomizzazione, un minore angolo d’apertura ed è costituito da una minima parte di benzina rispetto al main spray, salvo ai bassi carichi, condizione in cui la quantità di benzina iniettata è bassa.

Per quanto riguarda il main spray, l’apertura angolare del cono dipende fortemente dalla pressione presente in camera di combustione, con valori di apertura decrescenti all’aumentare della pressione; infatti, a seconda dei valori assunti da quest’ultima, delle caratteristiche geometriche della punta dell’iniettore e anche della forma del pennacchio, l’angolo esterno può variare tra 45° e 115° e quello del cono interno tra 20° e 65°. Quando in camera di combustione è presente un’elevata contropressione, tipica del funzionamento con carica stratificata, lo spray è soggetto a maggiori forze di attrito che fanno sì che i moti

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18 1 – L’iniezione diretta

dell’aria indotti dallo spray divengano più intensi; ne consegue un maggiore effetto di trasporto delle gocce verso l’asse dello spray. Il risultato è che lo spray tende a collassare, come si vede nelle Figura 1.16 e Figura 1.17.

Figura 1.16 - Collasso dello spray generato in un iniettore swirl.

Figura 1.17 - Evoluzione dello spray generato da un iniettore swirl in presenza di due diverse contropressioni.

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19 1 – L’iniezione diretta

Al fine di produrre la stratificazione, questo tipo di iniettori viene generalmente posto in posizione laterale ed è abbinato a particolari geometrie del cielo dello stantuffo e talvolta a condotti di aspirazione di forma non convenzionale.

1.4.2 Iniettori outward-opening

Gli iniettori di tipo outward-opening, detti anche pintle, a differenza degli inward-opening, si aprono verso l’esterno per mezzo di una valvola a fungo e questo li rende particolarmente adatti ad un’attuazione di tipo piezoelettrico. Richiedono infatti un’alzata molto piccola, dell’ordine di qualche decina di micron, e forze di attuazione elevate. La sezione di passaggio del fluido è troncoconica e l’efflusso nelle immediate vicinanze della zona di uscita è costituito da una sottilissima lamina liquida che genera un cono vuoto all’interno, molto più stabile rispetto agli iniettori di tipo swirl poiché la forma dello spray che si genera è legata alla geometria della punta dell’iniettore (Figura 1.18).

Figura 1.18 - Geometria del tip di un iniettore outward-opening.

Proprio per questo motivo, se si vogliono ottenere una buona atomizzazione e una buona simmetria dello spray, è necessario mantenere tolleranze di lavorazione estremamente strette. Si noti che per ridurre la possibilità di formazione di depositi, viene adottata una finitura elevata della superficie della punta dell’iniettore. Infatti, la formazione di depositi altererebbe fortemente le caratteristiche dello spray. Affinché si ottenga una migliore atomizzazione dello spray la corsa della valvola deve essere piccola, pertanto la sezione di passaggio desiderata si ottiene grazie a valori di D0 relativamente grandi. L’angolo di apertura (variabile tra 70° e 90°), al contrario di ciò che avviene negli iniettori

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20 1 – L’iniezione diretta

swirl, è costante lungo tutto lo sviluppo dello spray e al variare delle condizioni operative, mentre la penetrazione è fortemente dipendente dalla pressione dell’ambiente in cui si inietta. Questo fenomeno è visibile in Figura 1.19 in cui è mostrato lo spray iniettato a parità di pressione di iniezione, 200 bar, ma in presenza di due differenti valori della contropressione, ovvero 1 bar e 18 bar). Una caratteristica importante di questi iniettori è che non generano il sac spray in quanto il combustibile deve uscire dalla sezione troncoconica aperta dalla valvola a fungo.

Figura 1.19 - Spray di un iniettore outward-opening a due differenti contropressioni.

L’attuazione viene effettuata tramite strati di materiale piezoelettrico, disposti a formare una colonna detta stack che, se sottoposta a tensione, si allunga di pochi micron generando una spinta dell’ordine dei 2000 N ma assorbendo, rispetto ad un solenoide, poca energia. I tempi di apertura dell’iniettore sono di almeno un ordine di grandezza inferiori rispetto ai sistemi a solenoide. Incrementando la pressione di iniezione fino a 200 bar, si può ottenere una fine polverizzazione con una nuvola di benzina stabile anche facendo avvenire l’iniezione in avanzata fase di compressione; l’iniettore outward-opening con azionamento piezoelettrico è pertanto il più idoneo alla realizzazione della stratificazione della carica.

Altri vantaggi posseduti da questo tipo di iniettore sono: • tempi di risposta trascurabili, dell’ordine di 10 -5 s;

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21 1 – L’iniezione diretta

• possibilità di effettuare più iniezioni durante la fase di compressione; • possibilità di realizzare la post-iniezione;

• possibilità di controllare l’alzata;

• elevatissima dinamica. Indicando con Qmax la portata massica massima e con Qmin quella minima, si hanno valori di Qmax/Qmin superiori a 20; • portate massime molto elevate. Qmax può superare i 35 mg/ms. Si può

iniettare in un intervallo angolare piccolo anche a elevato regime di rotazione.

L’utilizzo di attuatori piezoelettrici comporta però problemi causati dall’isteresi, dalla deriva termica nel tempo, nonché dalla dilatazione termica del materiale, per compensare la quale occorre un piuttosto complicato sistema idraulico. Sono in fase di studio e prossimi alla commercializzazione anche iniettori di tipo outward-opening ad azionamento elettromagnetico, anche di tipo swirl (Figura 1.20).

Figura 1.20 - Iniettore outward-opening di tipo swirl in sezione.

1.4.3 Iniettori multiforo

Negli iniettori multiforo, il numero di fori presenti varia tipicamente da un minimo di tre a un massimo di otto. Ognuno di essi produce uno spray conico molto chiuso in una certa direzione (Figura 1.21). Tali fori fanno capo ad un sacco alimentato da un unico foro a monte chiuso da un ago (Figura 1.22). La qualità della polverizzazione dipende dal numero e dal diametro dei fori, ma è comunque

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22 1 – L’iniezione diretta

inferiore a quella degli iniettori precedentemente menzionati, anche se permette di ottenere una grande varietà nella forma dello spray in relazione al posizionamento e all’orientamento dei fori, consentendo di adattare abbastanza facilmente l’iniettore alla camera di combustione.

Figura 1.21 - Spray generato da un iniettore multiforo.

Figura 1.22 - Schema semplificato della sede di un iniettore multiforo.

La Figura 1.23 e la Figura 1.24 mettono a confronto lo spray prodotto da un iniettore swirl con quello di un multiforo a sei fori (studio Audi LMS): come si vede, col multiforo è possibile realizzare una disposizione dei getti tale da non provocare impingement sulle valvole di aspirazione.

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23 1 – L’iniezione diretta

Figura 1.23 - Simulazione di uno spray di un iniettore multiforo.

Figura 1.24 - Simulazione di uno spray di un iniettore swirl.

Una caratteristica importante degli iniettori multiforo è la possibilità di generare uno spray angolato rispetto all’asse dell’iniettore. Questo viene indicato come angolo di Bent e può raggiungere anche i 20° al fine di limitare l’impingement sul liner (Figura 1.25).

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24 1 – L’iniezione diretta

Figura 1.25 – Simulazione dello spray di un iniettore multiforo con angolo di Bent.

La nota dolente di questa tipologia è l’elevata sensibilità alla formazione di depositi carboniosi, che alterano il funzionamento tanto più quanto più il diametro dei fori è piccolo. Per questo motivo è preferibile posizionare l’iniettore dove la temperatura in camera è più bassa, lateralmente sotto le valvole di aspirazione. Il sac-volume è maggiore rispetto agli iniettori swirl. La penetrazione dello spray tende ad essere molto elevata, superiore a quella degli altri iniettori e lo spray non tende a collassare con elevate contropressione in camera.

1.5 Metodi per realizzare la stratificazione della carica

I sistemi di iniezione diretta atti a realizzare la stratificazione della carica, come illustrato in Figura 1.26, si dividono in tre categorie: wall-guided, air-guided e spray-guided technique.

È necessario però precisare che la distinzione tra queste soluzioni è puramente teorica in quanto, in genere, nei sistemi reali la stratificazione della carica è ottenuta da una combinazione di questi tre metodi.

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25 1 – L’iniezione diretta

Figura 1.26 - Schemi di tre possibili tecniche di stratificazione della carica.

1.5.1 Wall-guided technique

La Figura 1.26(a) mostra la disposizione tipica dell’iniettore e della candela nel caso della cosiddetta wall-guided technique. Questo approccio utilizza una conformazione particolare del cielo del pistone atta a trasportare il combustibile verso la candela, che è disposta centralmente. Siccome una gran quantità di benzina è iniettata sulla testa dello stantuffo, e questa non può evaporare completamente prima dell’accensione, la presente tecnica comporta elevate emissioni di idrocarburi incombusti e monossido di carbonio, dunque l’obiettivo della riduzione dei consumi non può essere raggiunto. Per questa ragione, la wall-guided technique pura non desta molto interesse. È però importante il concetto che si porta dietro, infatti il pensare ad uno spray guidato dalle pareti è un buon approccio ai fini del miglioramento della stabilità della combustione e per evitare il fenomeno del misfire. Ad oggi solitamente si adopera una combinazione di questa tecnica con la air-guided technique mostrata nel paragrafo seguente.

1.5.2 Air-guided technique

Nella air-guided technique il combustibile è iniettato contro un flusso d’aria interno al cilindro, che trasporta la nuvola di spray compatta verso la candela (Figura 1.26 b). Nel caso di air-guided technique pura non vi è bagnamento delle pareti. La generazione di un moto stabile dell’aria che trasporti lo spray verso la candela è cruciale ai fini dell’efficienza e dell’affidabilità di questa metodologia. Il flusso d’aria viene creato dai condotti di aspirazione aventi forma particolare e la sua intensità può essere controllata per mezzo di speciali deflettori posti nel collettore. È possibile generare due moti principali, lo swirl e il tumble. Nel caso di cilindro a testa piatta, si utilizza solitamente il moto di swirl, mentre una testata

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26 1 – L’iniezione diretta

non piatta permette l’applicazione di un moto di tumble stabile. Nel caso in cui si abbia tumble, la nuvola di spray viene solitamente deflessa da una cavità sagomata nel pistone e la miscela trasportata verso gli elettrodi della candela. La componente di swirl generalmente mostra una minore dissipazione per attrito viscoso rispetto alla componente di tumble, ed è per questo che si preserva più a lungo durante la corsa di compressione. Assume dunque maggiore importanza per il mantenimento della stratificazione.

Figura 1.27 - Possibili geometrie della camera di combustione e moti dell’aria, air-guided technique.

Si utilizzano geometrie particolari del cielo del pistone per rafforzare l’effetto dei moti dell’aria ed essere sicuri che lo spray raggiunga la candela al momento della scarica tra gli elettrodi, Figura 1.27. Se si realizzasse un moto ottimo per ogni punto di funzionamento della mappa del motore appartenente all’area della stratificazione, i consumi si ridurrebbero sensibilmente. Ad ogni modo, la generazione di un flusso d’aria stabile che faccia una buona miscelazione della carica all’interno della nuvola di spray, la compatti, la trasporti verso la candela in modo tale che l’accensione possa avvenire in un istante termodinamicamente ottimale, è quasi impossibile da realizzare per ogni valore di velocità e carico che cade all’interno del range di stratificazione. Inoltre, la generazione dei moti di swirl e tumble aumenta le perdite per strozzamento e dunque aumenta i consumi. Le geometrie dei pistoni usati per questa tecnica sono tutte abbastanza complesse. Comparate a un pistone convenzionale, l’aumento della superficie incrementa gli scambi termici. Vi sono inoltre più spigoli vivi e, a causa della geometria complessa, il volume della camera di combustione è meno sferico. Per queste ragioni, peggiora la resistenza alla detonazione e il rapporto di compressione

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27 1 – L’iniezione diretta

spesso deve essere più basso che nel caso di pistone a testa piatta al fine di evitare detonazione agli alti carichi.

Figura 1.28 - Wall air-guided technique.

Oggi si usa una combinazione tra air-guided e wall-guided technique. È l’unico modo per realizzare una operazione di stratificazione stabile nelle produzioni di serie dei motori GDI (Figura 1.28). La formazione di film liquido sulle pareti del cielo del pistone può essere trascurata, e tanto meglio può essere generato e controllato un moto dell’aria ottimale, tanto più alta è la potenziale efficienza di questa tecnica.

1.5.3 Spray-guided technique

La spray-guided technique è quella che teoricamente permette i minori consumi. Questo approccio è però il più complicato da realizzare e, per questa ragione, lo sviluppo di questa metodologia è abbastanza recente. Il concetto di spray-guided è caratterizzato da una collocazione vicina di iniettore e candela, come visibile in Figura 1.26Errore. L'origine riferimento non è stata trovata. (c). Lo spray è direttamente trasportato agli elettrodi dalla propria energia cinetica. Non sono necessarie camere di combustione o geometrie del pistone particolari, e i moti dell’aria all’interno del cilindro sono di secondaria importanza. Solitamente l’avere forti moti della carica all’interno del cilindro è svantaggioso perché questi possono perturbare la generazione della forma desiderata dello spray. Grazie alla disposizione ravvicinata, il tempo che intercorre tra istante di iniezione e istante di accensione, e quindi il tempo di formazione della miscela, è estremamente piccolo.

Per questo motivo sono necessarie alte pressioni di iniezione, anche superiori ai 200 bar, per fornire energia sufficiente alla formazione della miscela ed evitare la formazione di particolato. Il dover iniettare a queste pressioni elevate causa dei

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28 1 – L’iniezione diretta

problemi riguardanti l’attrito e l’usura del sistema, in quanto la benzina ha un potere lubrificante e una viscosità più bassi rispetto al gasolio. Grazie ai tempi molto brevi di formazione della miscela, sui bordi dello spray non è possibile avere ampie zone di miscela povera, dunque la regione di miscela si mantiene molto compatta. Dal momento che l’istante di arrivo dello spray alla candela dipende solamente dall’istante di iniezione e non da complessi moti dell’aria, non vi sono restrizioni sull’istante di iniezione, e possono essere realizzate accensioni termodinamicamente ottimali in maniera più semplice rispetto alle altre tecniche. Quindi la spray-guided technique presenta i più bassi consumi ai carichi parziali. Siccome lo spray non impatta sulle pareti, e siccome non è richiesto un forte moto all’interno del cilindro, si hanno le perdite di calore e di pompaggio più basse tra le tre tecniche analizzate.

Oltre a tutti questi vantaggi, vi sono ancora problemi seri che devono essere superati al fine di realizzare il concetto di spray-guided in motori di serie. Il problema più grande è il raggiungimento dell’accuratezza spaziale e della riproducibilità della forma dello spray richiesta per ogni punto di funzionamento all’interno della regione di stratificazione della mappa del motore. A causa della netta stratificazione, il gradiente di concentrazione di vapore di combustibile nella regione esterna allo spray è estremamente elevato. Al fine di avere una miscela aria-combustibile accendibile in corrispondenza degli elettrodi della candela, la disposizione spaziale di iniettore e candela deve essere ottimizzata attentamente. Un piccolo spostamento può spesso causare misfire o deposizione di combustibile liquido sugli elettrodi. Se la candela è bagnata dal combustibile, si può produrre particolato e i depositi carboniosi così come gli elevati stress termici riducono significativamente la vita della candela.

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29 1 – L’iniezione diretta

Figura 1.29 - Condizione di infiammabilità della miscela.

Un ulteriore problema è dato dal fatto che esiste solo un piccolo intervallo di tempo per l’innesco, Figura 1.29. Durante l’iniezione, la miscela aria-combustibile alla candela è troppo ricca, e le velocità del flusso sono troppo alte per l’innesco. Dopo la fine dell’iniezione, la velocità del flusso decresce, ma la miscela diventa velocemente troppo povera per l’innesco. Quindi, l’istante di accensione è fortemente dipendente dall’istante di iniezione, ed è necessaria un’accurata tempistica di entrambi gli eventi al fine di evitare misfires.

A seconda della contropressione, la qualità dello spray (forma, SMD, penetrazione, angolo del cono) può variare in modo più o meno considerevole. Ciò causa una seria difficoltà nel mantenere l’affidabilità dell’accensione per differenti carichi. Siccome lo spray è trasportato alla candela dalla propria energia cinetica, il tempo di accensione è direttamente dipendente da quello di iniezione. Per evitare accensioni premature, gli istanti di iniezione devono essere ritardati al diminuire del carico. Più è ritardato l’istante di iniezione, più alta è la pressione nel cilindro durante l’iniezione stessa, e quindi maggiore è la possibilità di un cambiamento nella forma dello spray. Per questa ragione devono essere sviluppati iniettori che realizzino uno spray dalla forma completamente indipendente dalla pressione presente in camera.

Un approccio promettente è offerto dall’accoppiata tra alte pressioni di iniezione e iniettori multiforo. In ogni caso, questi iniettori devono ancora essere migliorati al fine di permettere il controllo della penetrazione dello spray (dipendente dall’istante di iniezione e dalla contropressione nel cilindro) ed evitare il bagnamento delle pareti.

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30

Capitolo 2

2.

Il break-up

2.1 Regimi di break-up del getto

La frammentazione di un getto liquido, o break-up, è governata da differenti meccanismi, che variano a seconda della velocità relativa tra liquido e aria e delle proprietà di questi ultimi. Tali meccanismi sono solitamente caratterizzabili sia per mezzo della distanza che intercorre tra l’ugello (nozzle) e il punto in cui si forma la prima gocciolina (droplet), ovvero la cosiddetta break-up lenght, sia mediante la dimensione delle gocce prodotte.

Sono presenti quattro diversi regimi di break-up1:

• Rayleigh regime; • first induced regime; • scond induced regime; • atomization regime.

Per poter offrire una descrizione quantitativa del processo di break-up, per mezzo di misurazioni sulla lunghezza del getto intatto si notò2 che il processo di disintegrazione può essere descritto per mezzo del numero di Weber del liquido Wel e del numero di Reynolds Re. Per definizione:

1 Secondo gli studi di Reitz e Bracco 2 Dagli studi di Ohnesorge

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31 2 - Il break-up 𝑊𝑊𝑊𝑊𝑙𝑙 =𝑈𝑈 2𝐷𝐷𝜌𝜌 𝑙𝑙 𝜎𝜎

in cui u è la velocità del getto, D il diametro del foro di uscita, ρ la densità del liquido e σ la tensione superficiale, e

𝑅𝑅𝑊𝑊 =𝑢𝑢𝐷𝐷𝜌𝜌µ 𝑙𝑙

𝑙𝑙

dove con µl è indicata la viscosità dinamica del liquido.

Eliminando la velocità del getto u, di ottiene il cosiddetto numero di Ohnesorge Z 𝑍𝑍 =�𝑊𝑊𝑊𝑊𝑅𝑅𝑊𝑊 =𝑙𝑙 µ𝑙𝑙

�𝜎𝜎𝜌𝜌𝑙𝑙𝐷𝐷

che ha in sé tutte le proprietà rilevanti del fluido e il diametro del foro del nozzle.

Figura 2.1 - Diagramma di Ohnesorge.

La Figura 2.1 mostra il diagramma di Ohnesorge, in cui Z è mostrato in funzione di Re.

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32 2 - Il break-up

L’aver incluso le proprietà della sola fase liquida, al fine della descrizione dei regimi di break-up, non è sufficiente, in quanto l’atomizzazione può essere favorita con l’aumentare della densità del gas. Per questo motivo è più opportuno includere il rapporto tra le densità di gas e di liquido, e quindi rendere il diagramma di Ohnesorge tridimensionale, come mostrato in Figura 2.2.

Figura 2.2 - Diagramma di Ohnesorge tridimensionale.

I differenti regimi di break-up sono schematicamente mostrati in Figura 2.3. Mantenendo costanti la geometria del nozzle e le proprietà del liquido, l’unica variabile è la velocità u del liquido stesso. La Figura 2.4 mostra la curva di break-up, ovvero la break-up lenght in funzione della velocità del getto u.

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33 2 - Il break-up

Figura 2.4 - Andamento della break-up lenght in funzione della velocità del getto u.

Riferendosi sempre alla Figura 2.4, si può notare che a bassissime velocità, tratto ABC, avviene un gocciolamento (drip flow) e non si ha la nascita del getto. Un aumento di u fa sì che questo si formi, e che si abbiano lunghezze di break-up sempre più grandi, come si nota nel tratto CD: ci si trova in regime di Rayleigh break-up. La frammentazione in questo tratto avviene a causa della crescita di oscillazioni assialsimmetriche dell’intero volume del getto, fatte scaturire dall’inerzia del liquido e dalle forze di tensione superficiale. La dimensione delle goccioline è maggiore di quella del diametro del nozzle D.

Aumentando ulteriormente la velocità del getto, si osserva che la lunghezza di break-up decresce, ma è ancora maggiore del diametro del foro. Ci si trova nel tratto EF, first wind-induced regime, le forze rilevanti del regime di Rayleigh vengono adesso amplificate da quelle aerodinamiche. Il parametro più importante è adesso il numero di Weber della fase gassosa

𝑊𝑊𝑊𝑊𝑔𝑔 =𝑢𝑢𝑟𝑟𝑟𝑟𝑙𝑙 2 𝐷𝐷𝜌𝜌

𝑔𝑔

𝜎𝜎

in cui con urel si indica la velocità relativa tra liquido e gas, mentre con ρg la

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34 2 - Il break-up

Nel second wind-induced break-up regime, il flusso all’interno del nozzle diviene turbolento. La frammentazione del getto avviene a causa della nascita di oscillazioni di superficie a bassa lunghezza d’onda causate dalla turbolenza del getto e amplificate dalle forze aerodinamiche per il fatto che vi è un’elevata velocità relativa tra liquido e aria. Il diametro delle gocce ottenute è più piccolo del diametro del foro, e la lunghezza di break-up decresce all’aumentare del numero di Reynolds, come si vede nel tratto FG. Per il distaccamento di piccole gocce dalla superficie del getto, il processo di disintegrazione comincia sulla superficie e gradualmente erode il getto. Da questo punto in poi si deve tener conto di due differenti grandezze di break-up: una individua l’inizio della frammentazione della superficie (intact surface length), l’altra invece indica la lunghezza del nucleo intatto del getto (core length). Mentre la intact surface length decresce all’aumentare della velocità del getto, la core length può aumentare con essa (tratto FH). In ogni caso è importante sottolineare che le misurazioni di entrambe le lunghezze diventano estremamente difficili per elevati numeri di Reynolds e, per questa ragione, i risultati sperimentali di vari autori possono presentare, per questo regime, svariate differenze.

L’atomization regime, fondamentale per le applicazioni motoristiche, è raggiunto quando la intact surface length è prossima allo zero. Questo regime è caratterizzato dallo sviluppo di uno spray conico, che inizia a divergere non appena il getto lascia l’ugello. Si può ancora osservare la presenza di un nucleo intatto o comunque di una zona ad elevata densità costituita da grosse gocce anche molto a valle del nozzle. Le goccioline sono molto più piccole rispetto al diametro di nozzle. La descrizione teorica del break-up è molto più complessa che in ogni altro regime, poiché il processo di frammentazione dipende fortemente dalle condizioni d’efflusso all’interno del foro, che sono solitamente sconosciute e comunque di natura caotica. Anche la stessa validazione dei modelli è difficoltosa, in quanto gli esperimenti da condurre sono molto complicati a causa delle alte velocità, delle piccole dimensioni, e della alta densità dello spray.

2.2 Regimi di break-up secondario

Il break-up delle gocce (drop break-up), detto anche break-up secondario, è causato da forze aerodinamiche indotte dalla velocità relativa urel tra goccia e

aria circostante.

Queste danno come risultato una crescita instabile di onde sull’interfaccia gas/liquido o sull’intera goccia che portano alla frammentazione e quindi e alla formazione di gocce più piccole, le quali sono nuovamente soggette a ulteriori

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35 2 - Il break-up

break-up aerodinamicamente indotti. La tensione superficiale d’altra parte prova a mantenere la goccia sferica e si oppone alla deformazione. La curvatura della superficie è importante: più piccola è la goccia, maggiore sarà la tensione superficiale e quindi la velocità relativa critica, superata la quale si ha deformazione instabile della goccia e alla frammentazione. Questo comportamento è espresso per mezzo del numero di Weber della fase gassosa

𝑊𝑊𝑊𝑊𝑔𝑔 =𝜌𝜌𝑔𝑔𝑢𝑢𝑟𝑟𝑟𝑟𝑙𝑙 2 𝑑𝑑

𝜎𝜎

in cui d è il diametro della goccia prima del break-up, σ la tensione superficiale tra liquido e gas, urel la velocità relativa tra goccia e gas, e ρg è la densità del gas. Il

numero di Weber rappresenta il rapporto tra le forze aerodinamiche e le forze di superficie.

Figura 2.5 - Regimi di break-up secondario.

La Figura 2.5 mostra schematicamente i principali meccanismi di break-up secondario.

Si cade in regime di vibrational break-up per numeri di Weber molto bassi, vicini al valore critico di 12, al di sotto del quale la deformazione delle gocce non causa frammentazioni. Il regime di bag break-up è caratterizzato dalla frammentazione

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36 2 - Il break-up

della goccia a causa di una deformazione che la fa diventare simile a una borsa. Il bordo della goccia si scinde in gocce più grandi rispetto a quelle formatesi nella parte centrale. Nel regime di bag/streamer break-up si ha la presenza di un ulteriore getto, mentre con lo stripping break-up si assiste a una riduzione graduale del diametro della goccia dato dal fatto che delle goccioline molto piccole si staccano in continuazione dallo strato limite a causa delle forze di taglio.

Il catastrophic break-up presenta invece due fasi: a causa della forte decelerazione, le oscillazioni della goccia con elevata ampiezza e lunghezza d’onda portano alla frammentazione in poche grandi gocce, mentre allo stesso tempo le onde di superficie a bassa lunghezza d’onda sono espulse e formano piccole gocce. Negli spray delle applicazioni motoristiche avvengono tutti questi meccanismi. Comunque, la zona più rilevante del processo di disintegrazione è nei pressi del nozzle ad alti numeri di Weber, mentre più a valle i numeri di Weber sono significativamente più bassi per i diametri ridotti delle gocce a causa dell’evaporazione e di precedenti break-up, e anche a causa della riduzione della velocità relativa dovuta alla resistenza aerodinamica. In Tabella 2.1 sono mostrati i numeri di Weber corrispondenti ai vari regimi di break-up secondario.

Regime Numero di Weber

Vibrational ≃ 12

Bag < 20

Bag/streamer < 50

Stripping < 100

Catastrophic > 100

Tabella 2.1 - Regimi di break-up secondario, numeri di Weber.

2.3 Full-cone spray

La forma dello spray detta full-cone è tipica degli iniettori multiforo. Un suo schema è rappresentato in Figura 2.6, la quale mostra la sede dell’iniettore, lo spillo, il sac hole e il foro di iniezione. I moderni iniettori per autoveicoli hanno orientativamente diametri di circa 180 mm, mentre la lunghezza dei fori di iniezione è di circa 1mm.

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37 2 - Il break-up

Figura 2.6 - Break-up di uno spray conico.

Oggi si adoperano pressioni di iniezione anche superiori a 2000 bar. Il liquido entra in camera di combustione con velocità di circa 500m/s, il getto si trova in regime di atomizzazione. Come già detto in 2.2 il getto inizia a divenire uno spray conico subito dopo aver abbandonato l’ugello. Il processo di prima frammentazione del getto è detto break-up primario, il quale fa sì che si formino grandi gocce che realizzano uno spray denso in prossimità del nozzle. Nel caso di alte pressioni di iniezione i principali meccanismi di break-up, che si generano all’interno dei fori di iniezione, sono la cavitazione e la turbolenza. Successivamente le gocce già esistenti si frammenteranno in gocce più piccole, avranno dunque luogo i meccanismi di break-up secondario, dovuti alla forza aerodinamiche e dunque alla velocità relativa tra gocce e aria. Le gocce in corrispondenza del tip dello spray risentono della maggior forza di resistenza aerodinamica e quindi vengono molto più decelerate rispetto a quelle che le seguono nella loro scia, per questo motivo le gocce della testa dello spray sono continuamente rimpiazzate da nuove gocce e la penetrazione dello spray S aumenta (Fig. 2.7).

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38 2 - Il break-up

Figura 2.7 - Sviluppo dello spray durante un’iniezione.

Le gocce con bassa energia cinetica vengono espulse lateralmente e formano la regione esterna dello spray. Si osserva che lo spray conico formatosi è sempre meno denso andando a valle del nozzle a causa dell’inglobamento di molecole d’aria nel liquido. La maggior parte della massa di liquido è concentrata lungo l’asse dello spray, mentre le regioni esterne contengono meno massa liquida e più vapore di combustibile, inoltre le velocità delle gocce sono massime sull’asse dello spray e decrescono in direzione radiale a causa dell’interazione con l’aria.

Nella parte densa dello spray la probabilità di collisioni tra gocce è elevata, queste possono fargli cambiare velocità e dimensioni: le gocce possono rompersi in goccioline più piccole, ma possono anche combinarsi tra loro per formarne di più grandi. Invece nella parte in cui lo spray presenta una minore densità, ovvero più a valle, i fattori principali di influenza sulla frammentazione e l’evaporazione dello spray sono le condizioni al contorno imposte dalla camera di combustione, come la temperatura e la densità dell’aria e i flussi interni al cilindro (swirl, tumble).

2.3.1 Lunghezza di penetrazione

La lunghezza di penetrazione è limitata dalla distanza tra il nozzle e il cielo del pistone. Nel caso di alte pressioni di iniezione e lunga durata dell’iniezione (a pieno carico) o basse densità dell’aria (iniezioni anticipate) lo spray può impattare sulle pareti, dunque è possibile la formazione di un film liquido che ha un effetto negativo sulle emissioni in quanto il evapora più lentamente e può essere bruciato solo parzialmente.

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39 2 - Il break-up

La prima comincia con l’iniezione (t = 0, lo spillo inizia ad aprirsi) e si conclude nel momento in cui il getto uscente dal foro di iniezione inizia a frammentarsi (t = tb). A causa delle piccole alzate dello spillo e della bassa portata massica all’inizio dell’iniezione, la velocità di iniezione è piccola. Per questo motivo la prima frammentazione non sempre avviene immediatamente dopo che il liquido lascia l’ugello. Durante questo periodo, si osserva una crescita lineare di S con t.

Durante la seconda fase (t > tb), il tip dello spray è costituito da goccioline e possiede una velocità inferiore rispetto alla prima fase. Questo continua a penetrare nel gas grazie alla presenza di nuove gocce con elevata energia cinetica che rimpiazzano quelle più lente. Maggiore è la lunghezza di penetrazione, più piccola sarà l’energia delle nuove gocce al tip dello spray e la velocità del tip stesso. Si hanno le seguenti relazioni empiriche

⎩ ⎪ ⎨ ⎪ ⎧ 𝑡𝑡 < 𝑡𝑡𝑏𝑏 𝑆𝑆 = 0.39 �2𝛥𝛥𝛥𝛥 𝜌𝜌𝑙𝑙 �0.25 0.5 𝑡𝑡 𝑡𝑡 > 𝑡𝑡𝑏𝑏 𝑆𝑆 = 2.95 �𝛥𝛥𝛥𝛥𝜌𝜌 𝑔𝑔� 0.25 (𝐷𝐷𝑡𝑡)0.5 dove 𝑡𝑡𝑏𝑏 = 28.65 𝜌𝜌𝑙𝑙𝐷𝐷 �𝜌𝜌𝑔𝑔𝛥𝛥𝛥𝛥�0.5

avendo indicato con Δp la differenza tra pressione di iniezione e pressione in camera, con ρl e ρgle densità del liquido e del gas, con t il tempo e con D il diametro del foro di iniezione.

2.3.2 Angolo del cono

L’angolo del cono dello spray ϕ è un altro parametro caratteristico del full-cone spray. Si riporta la seguente relazione per angoli del cono stazionari (spillo fermo e ad alzata massima)

𝜙𝜙 = 83.5 �𝐷𝐷�𝐿𝐿 −0.22�𝐷𝐷𝐷𝐷 𝑠𝑠� 0.15 �𝜌𝜌𝜌𝜌𝑔𝑔 𝑙𝑙� 0.26

in cui Dsè il diametro del foro di sac ed L è la lunghezza del foro. Nel caso di bassi rapporti L/D le bolle cavitanti non collassano dentro il foro di iniezione ma entrano in camera di combustione, collassano al di fuori del nozzle e incrementano l’angolo del cono. Un valore grande di D/ Dspromuove la riduzione dell’effettiva sezione di passaggio all’ingresso del foro, riduce la pressione statica in questo punto e facilita

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40 2 - Il break-up

l’inizio della cavitazione. Inoltre, più alta è la densità del gas, più piccola sarà la penetrazione.

2.3.3 Sauter mean diameter

Una quantità caratterizzante la dimensione media delle gocce dello spray, e quindi il successo del break-up, è il Sauter mean diameter (SMD). L’SMD è il diametro di una goccia-modello (indice m) il cui rapporto volume/superficie è uguale al rapporto tra la somma V di tutti i volumi delle gocce nello spray e la somma A di tutte le corrispondenti superfici

�𝑉𝑉𝐴𝐴� 𝑚𝑚 = 𝜋𝜋 6 𝑆𝑆𝑆𝑆𝐷𝐷3 𝜋𝜋𝑆𝑆𝑆𝑆𝐷𝐷2 = 𝑆𝑆𝑆𝑆𝐷𝐷 6 �𝑉𝑉𝐴𝐴� 𝑠𝑠𝑝𝑝𝑟𝑟𝑠𝑠𝑠𝑠 = ∑𝑛𝑛𝑖𝑖=1𝑑𝑑𝑖𝑖3 6 ∑𝑛𝑛 𝑑𝑑𝑖𝑖2 𝑖𝑖=1 infine, quindi 𝑆𝑆𝑆𝑆𝐷𝐷 = ∑𝑛𝑛𝑖𝑖=1𝑑𝑑𝑖𝑖3 𝑑𝑑𝑖𝑖2 𝑛𝑛 𝑖𝑖=1

Più piccolo è l’SMD, maggiore sarà la superficie per unità di volume, quindi viene facilitata l’evaporazione della miscela. Questa grandezza però non dà informazioni circa la distribuzione della grandezza delle gocce dello spray (size distribution).

Il Sauter mean diameter aumenta concordemente alla densità del gas per la presenza di un più alto numero di collisioni (coalescenza). Cresce anche incrementando il diametro del foro di nozzle, poiché si hanno gocce iniziali più grandi. Un aumento nella pressione di iniezione, invece, fa sì che aumenti l’atomizzazione e dunque che decresca l’SMD.

2.3.4 Meccanismi di break-up primario

Come già ampiamente discusso, il break-up primario è la prima frammentazione del liquido coerente in grandi gocce. La Figura 2.8 riassume i possibili meccanismi di break-up.

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