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Caratterizzazione terri- toriale dell’area di inte- resse

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questo capitolo si cerca di giungere all’identificazione di un set di alternative di smaltimen- to dei RSU per mezzo della metodo- logia spiegata nella Parte 1. Grazie ad essa la conoscenza dell’area in esame è progredita conseguente- mente alla realizzazione dei passi elencati nel capitolo 2: si è passati dallo studio dei componenti relativi all’ambiente inteso come “insieme di elementi interagenti con l’uo- mo”, che limita o vincola l’ottimale svolgersi delle attività antropiche, allo studio della gestione attuale dei rifiuti dell’area, concludendo con una analisi globale delle cri- ticità delineate. Questo capitolo quindi sarà una contestualizzazione dell’insieme ampio di concetti pre- sentati nella 1° parte, in particolare nel capitolo 1, di cui il presente è applicazione diretta ad un caso reale. Le alternative che si indivi- dueranno saranno infine analizzate mediante la metodologia elabora- ta nel capitolo 2, dando sostanza al capitolo 5.

Capitolo 4

Scelta delle

alternative

Caratterizzazione terri- toriale dell’area di inte- resse

Caratterizzazione geo- grafica e morfologica

La Garfagnana è situata nella parte Nord della regione Toscana ed è compresa intera- mente nella provincia di Lucca.

La sua estensione è approssi- mativamente di 53.000 ha (530 Km

2

) e confina con:

- la Lunigiana a nord ovest,

- le provincie di Reggio Emilia e Modena a nord est,

- la media valle del Serchio a sud est,

- la Versilia a sud ovest.

La catena apuana, ad a n d a m e n t o pressoché paral- lelo alla catena a p p e n n i n i c a ed alla costa tirrenica, per la sua particolare c o m p o s i z i o n e mineralogica e per le vicende tettoniche che l’hanno caratte- rizzata, presenta una morfologia assai rude ed impervia, molto

4.1

4.1.1

Figura 8

Cartina della Garfagnana

(2)

simile a quella alpina.

Dal punto di vista geologico, risulta costituita, alla base, da uno zoccolo di rocce cristalline, sul quale poggia una potente serie di calcari del Trias e del Lias, a cui si collegano alcune formazioni calcareo-dolomitiche del- le zone circostanti, quali la Pania di Corfino. Ai margini di questo nucleo principale si riscontrano poi formazioni di minore consistenza riferibili al Cretaceo, all’Eocene ed al Miocene.

Il gradiente altimetrico è sud-nord, culminando nel monte Pisanino (m 1946 s.l.m.), ma con varie altre cime che superano i 1700 metri di quota:

Pania Secca (m 1711), Pania della Croce (m 1859), Grondilice (m 1809), Cavallo (m 1889), Tambura (m 1894), Sumbra (m 1764), Pizzo d’Uccello (m 1781). La dorsale appenninica, formata in prevalen- za da formazioni arenacee e calcareo-argillose di bassa tenacità (calcari alberesi, calcari nummulitici, scisti argillosi) e di origine eocenica, mostra una morfologia decisamente meno aspra di quella apuana. Ne deriva una maggiore linearità orografica, con pendici più ampie, caratterizzate da incisioni vallive più frequenti e quindi da una maggiore ricchezza di corsi d’acqua, che risul- tano avere quasi sempre una disposizione normale al Serchio. I rilievi risultano caratterizzati in media da altitudini maggiori, che sfiorano in alcuni casi i 2000 metri, raggiungendo la massima elevazione nel monte Prato (m 2054 s.l.m.), che risulta la vetta più elevata dell’Appen- nino Toscano, ma con altre cime di notevole rilevanza, quali: Castellino (m 1918), Tondo (m 1782), Asinara (m 1730), Sillano (m 1874), Porraie (m 1834), Vecchio (m 1982), Cella (m 1947), Romecchio (m 1702).

Dai due versanti partono radialmente numerose catene secondarie che determinano la formazione di vallecole trasversali quasi parallele, tutte attestate con foci più o meno ampie sulla ristretta piana solcata dal Serchio. L’innalzamento delle due catene montuose, diverse per origine, ha determinato la formazione di sistemi di faglie ed il lento sprofondamen- to della fascia di fondovalle, coincidente con il corso del Serchio e le zone immediatamente prospicienti. Tale movimento isostatico è tuttora in corso, come dimostrano i ricorrenti eventi sismici della zona.

Analisi meteoclimatica

La Garfagnana è una delle zone dell’Italia, e del mondo, tra le più pio- vose: nell’ultimo trentennio si è riscontrato un “modulo pluviome- trico” variabile tra un minimo di 1.398 mm/anno ad un massimo di 3.080 mm/anno ed un valore medio di 1.909 mm/anno distribuiti su 103 giorni piovosi. Questo fenomeno di alta piovosità è attribuibile alla particolare localizzazione della Garfagnana che si trova rac- chiusa tra le montagne dell’ Appennino Tosco-Emiliano a nord-est e le Alpi Apuane ad est-sud-est. Importantissima è la presenza del Mar Tir-

4.1.2

La Gar- fagnana

è l’area compresa tra l’Appen-

nino Tosco- Emiliano

e le Alpi Apuane in provincia di

Lucca

La Garfa- gnana è una

delle zone più piovose

d’Italia

(3)

reno subito oltre le Alpi Apuane. Tale particolarità geografi ca e orografi ca permette all’aria calda e umida proveniente dal Mar Tirreno di salire, per differenza di temperatura, lungo le Apuane, qui incontra una condizione termica più rigida che ne provoca la condensazione, con la conseguente formazione di nubi. Le precipitazioni di conseguenza avvengono in gran parte sulla parte alta dell’Appennino, dove i pluviometri non registrano mai valori annui inferiori ai 2.000 mm e sul resto della Garfagnana e della Media Valle. Il versante appenninico invece risulta più asciutto e più freddo a causa dell’azione dei venti settentrionali che non sono trascurabili né per l’intensità né per la frequenza. La stagione invernale presenta temperature piuttosto basse e possono essere raggiunti i 6÷15°C sotto lo zero.

Inquadramento geografi co e demografi co

La Garfagnana è suddivisa in molte frazioni, raccolte a loro volta in nu- merosi comuni, elencati nella tabella 21.

Gli abitanti in totale sono circa 40.000, tale dato comunque è riferito alla sola popolazione residente, infatti nei mesi estivi si evidenzia un aumento dell’ordine del 10÷15%. Per quanto riguarda il frazionamento della popola- zione nella Garfagnana, da dati recenti, si evince che le case isolate sono il 17% delle abitazioni complessivamente presenti sul territorio: ciò compor- ta un notevole aumento sia dei tempi che dei costi legati alla raccolta dei rifi uti rispetto ad un ambito prettamente urbano.

Tabella 21: Caratterizzazione dei comuni della Garfagnana [Continua...]

Comune Versante S u p e r f i c i e territoriale in ettari

Altitudine

in metri Popolazione

nel 2001 Densità Ab/ha

Barga Appenninico 6.653 410 10.035 1,51

Camporgiano Apuano 2.710 470 2.414 0,89

Careggine Apuano 2.446 882 670 0,27

Castelnuovo

Garf.na Apuano 2850 276 6.130 2,15

4.1.3

Figura 9

Dinamica meteoclimatica

della valle

(4)

Analisi della viabilità

La Garfagnana è attraversata dalla Strada Statale n°445 che congiunge Bagni di Lucca ad Aulla, seguendo una direzione SE-NW: accompagna il fi ume Serchio nel suo percorso attraver-

so la valle, con poche varianti rispetto al suo argine. La S.S. è l’unica strada di fondovalle che costitui- sce un colle- gamento con la statale S.S.

12 dell’Abetone e del Brennero. Oltre alla strada statale è presente la provin- ciale che affi anca il fi ume nella sponda non occupata dalla S.S. 445, ovvero la sponda destra orografi ca, che risulta e s s e re un asse viario di notevole impor- tanza. La S.P. si ricongiunge con la S.S. 445 nei pressi di ponte di Campia,

fi ume Serchio nel suo percorso attraver-

so la valle, con poche varianti rispetto al suo

12 dell’Abetone e del Brennero. Oltre alla strada statale è presente la provin- ciale che affi anca il fi ume nella sponda non occupata dalla S.S. 445, ovvero la sponda Figura 10

Piano viario della Garfagnana

4.1.4

Castiglione di

Garf.na Appenninico 4.864 545 1.934 0,4

Fosciandora Appenninico 1.982 250 681 0,34

Gallicano Apuano 3.050 186 3.794 1,24

Giuncugnano Appenninico 1.894 806 556 0,29

Minucciano Apuano 5.700 792 2.523 0,44

Molazzana Apuano 3.163 430 1.210 0,38

Piazza al Serchio Appenninico 2.709 550 2.587 0,96

Pieve Fosciana Appenninico 2.877 360 2.432 0,85

San Romano Appenninico 2.604 555 1.427 0,54

Sillano Appenninico 6.215 642 787 0,13

Vergemoli Apuano 2.730 500 429 0,16

Villa Collemandina Appenninico 3.481 500 1.389 0,4

Fabbriche di

Vallico Apuano 1.300 295 575 0,44

Totale 57.228 39.573

Valore medio 0,67

(5)

per poi separarsi dopo Castelnuovo Garf.

na

e ricongiungersi una seconda volta, sempre alla S.S. 445, all’altezza di località San Donnino, presso Piazza al Serchio. La rete viaria provinciale si completa con la Castelnuovo-Arni, che collega la Garfagnana con la Versilia, e con la Castelnuovo-Sillano, che collega la Garfagnana con l’Emilia Romagna. Sono presenti inoltre molte strade comunali che collegano le numerose frazioni ed i piccoli cen- tri con la fondovalle. Durante tutto l’anno si verificano numerosi fenomeni franosi e di subsidenza che comportano rallentamenti nel traffico e difficol- tà nel raggiungere le località più lontane dalla fondovalle.

Analisi delle criticità

Le analisi precedenti hanno delineato un quadro dell’area soggetta allo studio, permettendoci quindi di arrivare a capire meglio le problematiche (criticità) che affliggono la zona. Per quanto concerne la parte meteocli- matica, le condizioni meteorologiche influiscono sulle spese dall’azienda differentemente nel corso dell’anno. Nei mesi estivi infatti non si riscontrano problemi legati al clima, mentre in quelli invernali, a causa della neve o del ghiaccio, si verifica un rallentamento delle velocità di percorrenza e un conseguente aumento dei costi, dovuto anche alla necessità di utilizzare treni di gomme molto più morbide al fine di migliorare la tenuta. Questa tipologia di gomme si consuma velocemente e obbliga l’azienda a rinno- varle spesso con un conseguente incremento delle spese.

Anche la viabilità influisce sui costi ed i percorsi di raccolta: vista la scarsa qualità del fondo, le pendenze medie e il gran numero di strade di ridotte dimensioni, si impone la scelta di mezzi che presentano un volume di raccolta minore, con una conseguente lievitazione dei costi.

Le dimensioni e la tipologia del territorio concorrono, come la viabilità, ad aumentare i costi, in quanto l’ambito montano cui l’azienda opera impone una triplicazione di questi rispetto alla stessa raccolta eseguita in pianura (assunta una raccolta di tipo convenzionale e con frequenza gior- naliera), vista la densità media di 64.7 abitanti a Kmq, dove invece in pia- nura si possono raggiungere valori di 646,81 abitanti a kmq. I costi possono essere mediati se le aziende di gestione hanno anche zone di pianura con cui compensare i costi ed applicare tariffe meno onerose per l’utenza (art.

49 D.L.vo 22/97), magari dopo le valutazioni effettuate sui piani industriali in ambito ATO (art. 23 D.L.vo 22/97).

4.1.5

(6)

Quantificazione del ciclo dei rifiuti della zona interessata Verifica copertura ATO di Lucca e la normativa che regola lo smaltimento dei rifiuti a partire dal Decreto Ronchi

Prima di passare all’analisi della normativa che regola lo smaltimento dei rifiuti, a partire da quella statale per arrivare a quella provinciale, si propone una breve descrizione della situazione attuale della provincia di Lucca.

Recentemente è stato riconsiderato ed aggiornato il piano dei rifiuti della provincia di Lucca che individua ben poche discariche ed alcuni inceneritori ed impianti di compostaggio sul suo territorio:

• Impianto di incenerimento di Castelnuovo Garfagnana

• Impianto di discarica per scorie e residui di incenerimento di Selve di Castellana (Molazzana)

• Impianto di selezione e compostaggio di Pioppogatto (Massarosa)

• Impianto di incenerimento di Falascaia (Pietrasanta)

• Impianto di selezione, compostaggio e incenerimento di Casa del Lupo (Capannori)

Per la gestione delle fasi di raccolta del rifiuto residuo e di rac- colta differenziata, all’interno dell’ATO della Provincia di Lucca sono state individuate tre Aree di raccolta nelle quali i servizi di raccolta devono essere gestiti unitariamente. L’ autorità di ambito deve cioè assicurare, intervenendo sulle Amministrazioni comu- nali, il coordinamento di appalti e contratti di servizio, la gestione unitaria dei criteri di assimilazione e delle politiche di gestione dei rifiuti da imballaggio, l’impostazione omogenea delle politiche di tariffazione dell’utenza e delle condizioni di accesso agli impianti, dotandosi di Regolamenti comunali di gestione rifiuti omogenei e tali da rendere omogenee le politiche di gestione dei rifiuti a livello delle tre aree.

Le aree di raccolta previste per la Provincia di Lucca fanno riferimento alle tre aree territoriali della Provincia, caratterizzate da specifiche e ben distinte condizioni insediative e socioecono- miche. Questa diversità si riflette anche in una peculiare struttura della produzione dei rifiuti, con bassa produzione specifica in Garfagnana, con elevata oscillazione stagionale in Versilia) che giustifica e rende necessaria la previsione di aree di raccolta sub- provinciali.

4.2.1 4.2

Ogni Pro- vincia ita- liana deve

elaborare un Piano di gestione

dei rifiuti per l’orga- nizzazione

dell’area ammi- nistrata,

la legge provinciale dipende da quella re- gionale che ha sua volta legifera in

funzione della legge

dello Stato

(7)

La normativa che regola lo smaltimento dei rifiuti in Italia, in Toscana, in provincia di Lucca

La normativa statale

La normativa italiana che attualmente regola lo smaltimento dei rifiuti è il D.lgs. n° 22 del 1997, conosciuto anche come Decreto Ronchi. Questo Decreto, molto innovativo, si basa su tre principi: il recupero, il riuso ed il riciclo dei rifiuti, con lo scopo finale di ridurre al minimo la quantità di rifiuti da smaltire da raggiungere applicando tre obiettivi principali:

- la prevenzione

- la riduzione della produzione - la riduzione della pericolosità.

Il perseguimento di tali obiettivi si ritiene possibile applicando una serie di indicazioni tecnico-economiche come lo sviluppo di tecnologie pulite, l’introduzione sul mercato di prodotti che contribuiscano a non incremen- tare la quantità ed il volume dei rifiuti, la loro pericolosità e capacità di inquinamento, lo sviluppo di tecniche per l’eliminazione di sostanze peri- colose contenute nei rifiuti destinati al recupero o allo smaltimento…

Ai fini di una corretta gestione dei rifiuti il Decreto Ronchi impegna le au- torità competenti a favorire la riduzione dello smaltimento finale dei rifiuti attraverso:

- il reimpiego ed il riciclo;

- le altre forme di recupero per ottenere materia prima dai rifiuti (ad es. il compost dai rifiuti organici)

- l’adozione di misure economiche e la determinazione di condizioni di appalto che prevedano l’impiego di materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato dei materiali medesimi

- l’utilizzazione principale dei rifiuti come combustibile o come altro mezzo per produrre energia

- lo smaltimento (discarica) dei rifiuti deve essere effettuato in con- dizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti.

Il Decreto precisa inoltre che lo smaltimento dei rifiuti è attuato con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento che tenga conto delle tecnologie più perfezionate, al fine di:

- realizzare l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in Ambiti Territoriali Ottimali;

- permettere lo smaltimento in uno degli impianti appropriati più vicini al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti tenendo conto degli impianti specializzati;

- utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto gra- do di protezione dell’ambiente e della salute pubblica.

Anche la classificazione dei rifiuti è stata notevolmente semplificata, di-

(8)

videndo i rifiuti secondo l’origine in:

- urbani - speciali

e secondo le caratteristiche in:

- pericolosi - non pericolosi

Fra gli obiettivi che si prefigge il decreto troviamo scadenze temporali precise:

Dal 1 Gennaio 1999

- La realizzazione e gestione di impianti di incenerimento è autorizzata solo con recupero di energia.

- Lo smaltimento di rifiuti urbani non pericolosi in Regioni diverse è vietato sal- vo accordi.

- E’ soppressa la tassa per lo smaltimento dei rifiuti ed è sostituita mediante l’istituzione di una tariffa entro il 3 marzo 1999

- Deve essere assicurata una raccolta differenziata di R.U. pari almeno al 15%

Dal 1 Gennaio 2000

- E’ consentito smaltire in discarica solo rifiuti inerti e quelli che residuano da operazioni di riciclaggio e recupero (salvo casi di comprovata necessità e per periodi determinati dal Presidente della Giunta Regionale d’intesa col Ministro dell’Ambiente)

Entro il 3 Marzo 2001

- Deve essere assicurata un raccolta differenziata di R.U. pari almeno al 25%

Dal 3 marzo 2003

- Deve essere assicurata un raccolta differenziata di R.U. pari almeno al 35%

La gestione dei rifiuti urbani viene garantita in Ambiti Territoriali Ottimali, i quali, sal- vo diversa disposizione stabilita con legge regionale, corrispondono con il territorio provinciale.

In ogni ATO le provincie possono autorizzare gestione anche a livello sub-provin- ciale secondo le disposizioni della legge regionale.

Le provincie assicurano:

- una gestione unitaria

- adeguate dimensioni gestionali - la predisposizione di Piani I Comuni di ogni ATO:

- organizzano la gestione degli ambiti di appartenenza entro sei mesi dalla loro delimitazione, secondo criteri di efficienza, di efficacia e di economicità - provvedono alla gestione dei R.U. mediante le forme previste dalla legge regionale

La filosofia complessiva del D.lgs. 22/97 è completata da norme specifiche sugli imballaggi, sulla bonifica e messa in sicurezza dei siti inquinati da rifiuti, sui cosiddetti beni durevoli e con la istituzione di consorzi obbligatori di settore che garantiscano il perseguimento di determinati obiettivi di recupero e raccolta differenziata fissati dal decreto stesso.

(9)

La normativa regionale della Regione Toscana

Per quanto riguarda il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti previsto dal- la Regione Toscana, si fa riferimento alla L.R. 1.12.1998 n° 88, che basandosi sul Decreto Ronchi (Dlgs 22/97), detta i principi e le modalità di smaltimen- to che la Regione ritiene più consoni per il suo territorio. Il Piano regionale è articolato in tre sezioni tematiche, una riferita ai Rifiuti Urbani e assimilati, l’altra ai rifiuti speciali anche pericolosi, e l’altra agli interventi di bonifica.

La prima parte, Rifiuti urbani ed assimilati è ben descritta nella Delibera del Consiglio Regionale del 7 aprile 1998 n. 88, che è quanto segue:

La Regione Toscana vuole applicare una nuova politica sui rifiuti che deve essere in grado di superare la gestione e lo smaltimento dei Rifiuti Urbani (R.U.) così come vengono prodotti, altrimenti definiti “tal quali”, per passare ad una gestione delle risorse contenute nei rifiuti stessi, attraverso una seria raccolta differenziata, impianti leggeri di recupero delle risorse avviabili al riciclaggio attraverso la selezione, il com- postaggio della frazione organica, la produzione di energia e un uso contenuto al minimo degli impianti ultimi di destinazione dei rifiuti.

Un aspetto fondamentale per dare risposte al problema rifiuti è senza dubbio quello della conoscenza del quadro complessivo della situazione.

Un dettagliato e costantemente aggiornato check-up della produzione e dello smaltimento dei rifiuti in Toscana permette di seguire l’evolversi della situazione e prevenire fenomeni e tendenze che hanno caratterizzato il quadro di questi ultimi anni.

Secondo la Legge Regionale 12 gennaio 1995 n. 4, art. 5, comma 1

Il Piano Regionale detta prescrizioni di carattere generale per la redazione di piani provinciali:

a) l’individuazione e la programmazione degli interventi

b) l’indicazione degli interventi più idonei ai fini della riduzione dei flussi c) gli obiettivi della raccolta differenziata

d) la localizzazione degli impianti e) le tecnologie impiantistiche

f) la realizzazione degli impianti finalizzati al recupero di materiali ed energia g) i criteri per l’adozione di soluzioni di smaltimento per blocchi funzionali h) l’individuazione di soluzioni di smaltimento compatibili con l’ambiente e convenienti sul piano dell’investimento e della gestione

i) l’analisi della compatibilità ambientale degli impianti

l) l’indicazione delle fonti finanziarie per la realizzazione degli impianti m) l’individuazione degli interventi prioritari da ammettere a finanziamento n) la riorganizzazione dei servizi di raccolta, trasporto e smaltimento dei R o) la definizione di un sistema di standard tecnici ed economici

p) la definizione di sistemi di controllo della gestione dei servizi in relazione agli standard.

Delimitazione degli Ambiti Territoriali Ottimali (A.T.O.) per la gestione dei rifiuti urbani

Secondo il DLgs n. 22/97 la gestione dei rifiuti urbani non pericolosi deve realizzarsi in regime di autosufficienza all’interno di ambiti territoriali ottimali.

(10)

Il presente piano regionale definisce la tipologia, il complesso e le dimensioni minime degli impianti e delle attività nonché gli standard tecnico-economici in rife- rimento alle singole fasi della gestione dei rifiuti.

I dati dimensionali minimi per la realizzazione di nuovi impianti di trattamento termico e di stoccaggio definitivo definiti al cap. 4 del presente piano e aventi ca- ratteristiche corrispondenti ai rispettivi standard tecnici economici determinano un bacino di riferimento ottimale caratterizzato da un dato di produzione di rifiuti urbani superiore a 200.000 tonnellate/anno.

Questa taglia dimensionale costituisce riferimento per la definizione degli Ambiti Territoriali Ottimali in quanto ritenuta opportuna per il raggiungimento degli standard così come sono formulati nel presente testo.

Per il sistema di gestione di tutto il complesso delle operazioni di raccolta vengono invece definiti al cap. 7 standard tecnici economici che possono caratterizzare aree di raccolta di dimensione inferiore.

La gestione dei rifiuti urbani è governata a livello di Ambito territoriale ottimale (A.T.O.) al cui interno o all’interno di un sistema di A.T.O. in presenza di forme di ag- gregazione fra gli stessi si realizza l’autosufficienza e la chiusura del ciclo di gestione dei rifiuti complessivo, l’A.T.O. può contenere al suo interno aree di raccolta, di nor- ma infraprovinciale, per la gestione unitaria dei servizi di raccolta.

L’area di raccolta rappresenta la scala strettamente collegata alle fasi di rac- colta ed all’organizzazione dei sistemi di trasporto, comprendendo nel sistema di raccolta anche stazioni di trasferimento e stoccaggio provvisorio strettamente fun- zionali ad esso.

L’A.T.O. rappresenta la scala complessiva di programmazione attuativa e di go- verno del sistema delle gestioni pianificato dalle province tramite intese fra di loro nei casi di A.T.O. sovraprovinciali.

La perimetrazione di A.T.O. riferita alla taglia dimensionale precedentemente indicata sarebbe virtualmente applicabile nelle realtà territoriali assolutamente sprovviste di impianti esistenti.

Nella realtà toscana sono esistenti o in corso di realizzazione numerosi impianti sia di discarica che di trattamento termico variamente distribuiti sul territorio; tali im- pianti devono essere salvaguardati come patrimonio che ha consentito e consente lo smaltimento dei rifiuti urbani garantendo l’autosufficienza della Regione Toscana fatti salvi gli adeguamenti prescritti dal presente piano per gli impianti esistenti.

Partendo da questo dato di fatto si procede alle seguenti definizioni.

Ambito Territoriale Ottimale

L’ambito territoriale ottimale è inteso come l’area vasta, anche di dimensione sovraprovinciale, al cui interno si realizza l’autosufficienza di smaltimento.

Il governo dell’Ambito territoriale ottimale è esercitato dai Comuni secondo le forme e i modi di cooperazione disciplinati dalla Legge regionale.

Il DLgs n. 22/97 all’art. 23, definisce gli A.T.O. per la gestione dei rifiuti urbani e sta- bilisce che tali ambiti sono rappresentati dalle Province, salvo diversa disposizione stabilita con legge regionale.

Procedendo alla suddivisione in A.T.O. di dimensioni provinciali si ottiene un quadro rappresentato nella tabella e grafico all’allegato A1 Scheda E da cui si evi- denzia che solo l’A.T.O. rappresentato dalla Provincia di Firenze raggiunge la taglia dimensionale ottimale rispetto alle indicazioni del presente piano.

Riprendendo i ragionamenti svolti al paragrafo 4.4. del presente documento per

(11)

gli impianti di trattamento termico e generalizzando anche per le altre fasi della gestione dei rifiuti si attribuisce alle Amministrazioni Provinciali la competenza di sta- bilire se, sulla base della pianificazione provinciale del sistema di gestione, l’ambito provinciale sia rispondente o meno al raggiungimento degli obiettivi.

Nella pianificazione provinciale del sistema di gestione le Province dovranno te- nere conto degli impianti esistenti e in corso di realizzazione sul loro territorio, di even- tuali impianti industriali dedicati o dedicabili allo smaltimento nonché di specifici flussi di rifiuti speciali compatibili con gli impianti di destinazione individuati. Per questi impianti dovrà essere verificata la rispondenza agli standard tecnico-economici del presente documento.

Nel caso che risulti che per il raggiungimento degli standard ottimali sia più op- portuno procedere ad un ulteriore accorpamento territoriale le Province, d’intesa fra loro, possono proporre alla Regione perimetrazioni di A.T.O. diverse da quelle provinciali.

La Regione, con propria Legge, potrà sulla base delle richieste, definire anche con atti successivi A.T.O. diversi da quelli provinciali.

Aree di raccolta

Le aree di raccolta possono costituire parte funzionale degli A.T.O. e sono di nor- ma a dimensione infra provinciale.

All’interno di ciascuna area di raccolta sono predisposte e realizzate soluzioni comuni per quanto attiene a:

- la gestione dei servizi di raccolta e trasporto dei rifiuti, comprese le raccolte differenziate;

- la realizzazione delle strutture di servizio quali le “Piattaforme per la raccolta differenziata” destinate alla selezione ed ai primi trattamenti dei materiali da avviare a recupero e gli impianti di compostaggio della frazione verde;

- la gestione delle esistenti stazioni di trasferimento dei rifiuti o l’attivazione di nuove in funzione della distanza delle aree di raccolta dai terminali di smalti- mento;

- la gestione dei servizi di trasporto e di conferimenti agli impianti di tratta- mento e smaltimento finale.

A tutti i comuni aderenti alla medesima area di raccolta devono essere garantiti i servizi a parità di condizioni di trattamento economico.

I Piani Provinciali e i Piani industriali di gestione dei rifiuti

Il Piano regionale non definisce nel dettaglio le singole soluzioni tecnologiche ne- cessarie che saranno invece definite - considerando l’impiantistica esistente, i fab- bisogni e le specificità locali, l’evoluzione dello stato dell’arte della tecnologia - dai piani provinciali e dai piani industriali redatti a livello di Ambito Territoriale Ottimale.

Il Piano regionale determina i criteri generali della pianificazione e fissa alcuni di- vieti vincoli e obiettivi che dovranno essere comunque rispettati dai piani provinciali e industriali.

In particolare i piani provinciali dovranno:

- essere conformi ai principi generali della pianificazione regionale;

- garantire che in ciascun ambito territoriale ottimale siano conseguiti gli obiettivi minimi di raccolta differenziata, di recupero e di trattamento dei rifiu- ti;

- garantire che in ciascun ambito territoriale ottimale sia conseguito il valore

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minimo dell’Indice di valorizzazione delle Risorse;

- essere conformi alle linee guida e agli indirizzi specifici relativi alla redazione dei piani, ai criteri di selezione delle tecnologie e di definizione dei dimensio- namenti ottimali, alle procedure di localizzazione e di verifica dell’impatto am- bientale nonché alla definizione dei piani economico-finanziari;

- comprendere, per gli impianti assoggettati a valutazione di impatto am- bientale. Ai sensi dell’atto di indirizzo e coordinamento DPR 12.4.96, la defi- nizione dell’opera al livello di progetto di pianificazione provinciale la quale confronti le possibili alternative strategiche e le possibili localizzazioni.

Per ciascun Ambito territoriale ottimale il piano provinciale e il piano industriale di gestione dei rifiuti dovranno di norma definire un sistema autosufficiente, cosicché tutti i flussi siano trattati all’interno dello stesso ambito. A tale criterio fanno eccezione i materiali recuperati destinati al sistema industriale di riciclaggio e le eventuali fra- zioni combustibili qualificate destinate a impianti industriali utilizzatori, individuando nel dettaglio questi ultimi.

Al fine di ottimizzare il sistema, nei limiti della fattibilità tecnico-economica e della sostenibilità ambientale, si dovrà considerare:

- il prioritario impiego degli impianti esistenti, con le ristrutturazioni necessarie a garantire il conseguimento degli standard ambientali previsti relativamente sia ai sottoprodotti generati (siano essi compost o energia) che alle emissioni e altri impatti ambientali;

- la necessità di adottare, fin dalla fase di transizione, interventi idonei a mi- nimizzare la quantità di rifiuti destinata a discarica senza preventivi trattamenti biologici (aerobici o anaerobici), termici o chimico-fisici;

- la necessità di garantire la copertura dei periodi di fermo-impianti per ma- nutenzione ordinaria e straordinaria, sia con opportune e programmate rota- zioni tra impianti equivalenti, sia eventualmente prevedendo linee dedicate anche con utenza di livello regionale, tali da minimizzare lo smaltimento finale del rifiuto senza trattamento;

- la necessità di realizzare impianti di trattamento che corrispondano a di- mensionamenti considerati, sulla base dello stato dell’arte delle tecnologie, idonei a garantire prestazioni accettabili sotto il profilo dell’affidabilità, dell’im- patto ambientale e dei costi economici del servizio.

Al fine di minimizzare gli impatti ambientali indotti dal sistema di gestione dei rifiuti si dovrà considerare, nei limiti della fattibilità tecnico-economica:

- il ricorso alle migliori tecnologie disponibili con particolare riferimento alla minimizzazione delle emissioni nell’ambiente esterno e negli stessi ambienti di lavoro;

- una localizzazione degli impianti tecnologici - in primo luogo dei trattamenti termici - in aree con i requisiti previsti al capitolo 5; per gli impianti di compo- staggio si possono privilegiare anche localizzazioni prossime agli utilizzatori agri- coli finali;

- una localizzazione degli impianti tecnologici e di smaltimento finale che - nel rispetto dei criteri specifici di localizzazione - consenta di minimizzare il carico ambientale aggiuntivo nelle aree prossime all’impianto; a tal fine laddove pos- sibile risultano preferenziali localizzazioni idonee a sostituire carichi ambientali ed emissioni già esistenti (ad esempio con la sostituzione di centrali termiche);

- il ricorso a sistemi di movimentazione dei rifiuti che riducano gli spostamenti su gomma e il numero di veicoli per chilometro.

(13)

Obiettivi di riduzione

I risultati conseguibili con le azioni di promozione della riduzione dei rifiuti non sono quantificati. Attraverso le azioni di riduzione della formazione dei rifiuti, il piano regionale si prefigge, in primo luogo, l obiettivo di stabilizzare sul medio periodo la produzione procapite di rifiuto e di raggiungere al 2003 una riduzione del 5%-15%

della produzione media procapite di rifiuti sui livelli odierni del (1997). Per ragioni di cautela, le stime generali di questo piano sono comunque svolte assumendo stabile la produzione di rifiuti odierna del (1997) come obiettivo minimo alle scadenze del 1999 e del 2001 (cfr. tab. I - allegato A)

L’organizzazione delle attività di raccolta differenziata dei rifiuti urbani sulla base degli obiettivi all’interno degli A.T.O.

In accordo con il DLgs 22/97 per raccolta differenziata si intende la raccolta ido- nea a raggruppare i rifiuti urbani in frazioni merceologiche omogenee destinate al riutilizzo, al riciclaggio e al recupero di materia prima.

La scelta del sistema di raccolta differenziata dovrà essere effettuata in stretta interconnessione e dipendenza con il sistema di smaltimento finale.

Devono essere predisposti e divulgati idonei strumenti (depliant, video e altri materiali illustrativi anche multimediali) tesi alla conoscenza e incentivazione della raccolta differenziata e successivo recupero di ulteriori risorse dai rifiuti.

Potrà inoltre rendersi utile la costituzione di adeguati nuclei di tecnici ed esper- ti, con il supporto dell’A.R.R.R., che intervengano, in collaborazione con Province, Comuni e quanti altri operino nel settore, allo scopo di informare sul significato, le tecniche e i sistemi relativi allo smaltimento dei rifiuti con particolare riferimento alla riduzione degli stessi.

La legge regionale impone, in ottemperanza al D.lgs 22 del 15/02/97 in ciascuna ATO di perseguire gli obiettivi di raccolta differenziata, e di recu- pero finalizzato al riutilizzo. Rimandando poi alle Provincie il compito di sta- bilire gli obiettivi minimi di intercettazione per ogni frazione merceologica al fine di raggiungere i risultati di cui al Decreto Ronchi a livello comples- sivo di ATO. Tali obiettivi, in funzione della composizione merceologica di ciascuna area e del sistema di smaltimento finale di riferimento, dovranno comunque garantire il conseguimento dell’obiettivo globale di raccolta differenziata.

In ciascun ambito nel corso dei prossimi anni dovrà essere progressivamente de- finito il passaggio da modalità di “raccolta differenziata aggiuntiva” a modalità di

“raccolta differenziata integrata”.

Criteri per la progettazione territoriale dei servizi di raccolta differenziata

L’organizzazione dei servizi andrà progettata in modo da garantire il più possibile l’unitarietà dell’intervento; ciò non toglie che potranno essere diversificati i servizi sulla base delle peculiarità locali (es. centri a maggiore o minore densità abitativa, produzioni specifiche di rifiuti,...).

La predisposizione dei progetti deve avvenire tenendo conto del contributo che tutti i soggetti potenzialmente attivabili sul territorio possono offrire per la piena riusci- ta del progetto e per il raggiungimento degli obiettivi.

(14)

Pertanto devono essere opportunamente coinvolte Associazioni di volontariato, Associazioni ambientali, categorie produttive specifiche (utenze commerciali, di ser- vizio, grande distribuzione, ristoranti, mense, operatori del settore e le cooperative di cui all’art 1 comma 1 let. b L. 381/91.

Quali elementi fondamentali per la redazione dei progetti territoriali devono esse- re considerati i seguenti fattori:

1. dimensione e tipologia del territorio:

- densità abitativa,

- distanze tra i diversi centri,

- struttura residenziale (zone ad elevata densità abitativa popolare, residen- ziali, commerciali, zone ad elevata presenza di uffici, zone artigianali/industriali, zone agricole, presenza di strutture sanitarie),

- sistema viario;

2. dimensione demografica:

- popolazione residente,

- popolazione fluttuante e periodi di maggior presenza;

3. sistema socio culturale (“propensione” alla raccolta differenziata e possibilità di successo delle azioni programmate);

4. quantità di rifiuti prodotti, distinguendo i rifiuti nei flussi prioritari:

- rifiuti solidi urbani interni (domestici e non), - rifiuti ingombranti,

- rifiuti assimilabili da attività produttive, - rifiuti da spazzamento stradale, - flussi da raccolte differenziate.

5. dinamiche della produzione (indicazione delle punte di produzione, produzioni settimanali, mensili),

6. qualità dei rifiuti prodotti

- effettuazione di analisi merceologiche e chimico fisiche per ciascuna area di raccolta; l’individuazione del campione statisticamente rappresentativo dell’intero territorio andrà effettuata tenendo conto delle seguenti variabili:

o aspetti demografici

o morfologia riferita alle caratteristiche degli insediamenti o presenza di attività produttive

- Il numero di campionamenti dipenderà dalla omogeneità del territorio con- siderato e dalla sua estensione; il campionamento andrà comunque effettua- to tenendo conto:

o della stagionalità

o delle presenze turistiche rilevanti

o dell’esistenza di attività commerciali, di servizio e produttive

o delle attività in essere di raccolta differenziata al fine di quantificare la sottrazione di materiali a monte del conferimento di rifiuto indifferenziato 7. analisi quali-quantitativa delle utenze dei servizi:

- individuazione del numero di utenze “domestiche”,

- individuazione di altre utenze potenzialmente coinvolgibili in iniziative dedi- cate:

- negozi (alimentari e non) - esercizi commerciali - ristoranti, mense, alberghi - collegi, comunità, case di riposo,

(15)

- studi professionali ed ambulatori - strutture sanitarie

- scuole, uffici pubblici ed attività di servizio - attività industriali ed artigianali

8. stato di fatto della raccolta e dello smaltimento:

- abitanti serviti, - operatori di raccolta, - frequenze di raccolta, - mezzi impiegati, - numero di addetti - tipologia degli impianti,

- struttura dei servizi di raccolta differenziata (numero contenitori, frequenze di svuotamento, rese quantitative,...)

9. presenza di operatori del recupero:

- centri di stoccaggio, - centri di trattamento, - utilizzatori finali,

- presenza attiva di gruppi del volontariato.

L’analisi del territorio e delle dinamiche di formazione dei rifiuti, consente la defini- zione del progetto di raccolta secondo la seguente articolazione:

- individuazione dei materiali da raccogliere in modo differenziato e delle priorità di intervento (utenze specifiche)

- definizione delle più opportune modalità di raccolta per ciascun materiale e ciascun flusso di provenienza

- individuazione degli obiettivi quantitativi

- dimensionamento dei servizi per ciascuna tipologia di raccolta:

- numero e localizzazione dei contenitori, - frequenza di svuotamento,

- numero di mezzi e tempi di percorrenza, - frequenze di raccolta domiciliare, - individuazione dei circuiti di raccolta,

- individuazione di eventuali punti intermedi di stoccaggio/trattamento pri- ma del conferimento agli utilizzatori finali,

- progettazione delle infrastrutture necessarie,

- individuazione di strumenti e strategie di formazione/informazione degli utenti,

- progettazione di iniziative sperimentali soprattutto per quanto attiene le forme innovative di raccolta,

- strumenti di attuazione: intese territoriali per il collocamento dei materiali, ed aspetti amministrativi (regolamento raccolta e regolamento tassa),

- analisi dei costi e dei benefici del progetto tenendo conto dei costi di inve- stimento (dotazione di mezzi, contenitori, strutture quali le piattaforme, impianti dedicati al trattamento dei flussi da raccolte differenziate) dei costi di gestione e dei ricavi diretti o indiretti derivanti dall’attuazione di tutte le fasi del progetto nonché dell’economicità sociale e quindi dell’impatto sociale oltre che am- bientale dell’intervento,

- individuazione delle strutture organizzative e dei partner per la piena attua- zione del progetto (Associazioni, cooperative, ...),

(16)

- individuazione degli strumenti finanziari ,

- definizione dei tempi e delle modalità attuative (programmi annuali o bien- nali di intervento per ciascuna “area di raccolta”),

- eventuali revisioni sulla base degli esiti delle preliminari verifiche di fattibilità (sia in ordine agli aspetti economici di gestione dei servizi sia per quanto attie- ne il dimensionamento dei servizi stessi (revisione degli obiettivi di raccolta), - definizioni di intese per aspetti occupazionali, della formazione e della riqualificazione delle figure professionali impegnate nei vari processi del fare impresa.

Criteri di massima tecnico-economici per l’organizzazione dei servizi di raccol- ta differenziata integrata

Le raccolte differenziate integrate sono di tipo diverso in funzione dell’obiettivo che si intende perseguire. In funzione infatti delle scelte di pianificazione (priorità all’intercettazione di certi flussi piuttosto che altri) derivano evidentemente una certa organizzazione dei servizi e definite scelte impiantistiche.

Qualora le raccolte differenziate integrate non raggiungano l’obiettivo di inter- cettazione di tutti i flussi di materiali potenzialmente recuperabili, devono essere accompagnate dalle raccolte differenziate aggiuntive tese all’intercettazione di specifici materiali.

Nel seguito viene fornita una breve descrizione di ciascuna delle tipologie di raccolte differenziate integrate proposte con il dettaglio delle frequenze di raccol- ta, e delle attività parallele che devono essere effettuate per garantire la coper- tura dei servizi. I materiali che sono presi in considerazione corrispondono alle due frazioni secca ed organica:

- Frazione organica, cui viene data grande importanza per la possibilità del suo riutilizzo come compost

- Multimateriale, comprendente quindi non solo bottiglie di vetro, ma anche carta, plastica, metalli, legno.

La raccolta differenziata delle singole fazioni, quali:

-la carta - il vetro - la plastica - i RUP

- i rifiuti ingombranti ed i beni durevoli - la frazione verde

il compostaggio domestico (applicabile in ambitit rurali e situazioni urbane carattrizzate da una bassa densità abitativa e con presenza di spazi privati al- l’aperto)

-gli inerti da demolizione (che possono essere triturati, vagliati e recuperati) E’ da far notare che entro il 1° gennaio 1999 dovevano essere attrezzate aree di stoccaggio e valorizzazione dei rifiuti compresi i beni durevoli. Tali aree (centri ecologici) devno essere accessibili ai cittadini per il conferimento, la visione e l’eventuale prelievo per uso personale.

Importante è l’unificazione dei simboli che prevede che a partire da un anno dall’entrata in vigore del Piano tutti i nuovi contenitori per la raccolta differenziata devono essere contraddistinti da una simbologia uniforme di seguito elencata.

(17)

Simbolo Materiale Colore

C Carta e cartone bianco

VE vetro verde

P pet pvc pp

K ceramica

M metalli

O organico marrone

L legno

T tessili tessuti stoffe

I ingombranti e beni durevoli D inerti da demolizione PILE pile

F farmaci

RUP rifiuti urbani pericolosi

Entro il 2001 tutti i contenitori dovranno adeguarsi a tale obbligo, fatte salve le eventuali normative unificanti che potranno essere emanate a livello nazionale.

Importante è da citare cosa intende la Regione Toscana quando parla della tipologia e il complesso degli impianti di e delle attività nonchè i re-

lativi bisogni per lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti urbani da realizzare nella regione.

Le prescrizioni che seguono si applicano agli impianti di nuova realizza- zione; ciascun nuovo impianto è sottoposto a prescrizioni stabilite nel Piano Regionale, per gli impianti esistenti alla data di entrata in vigore del presen- te piano valgono le prescrizioni dettate nei capitoli specifici di ogni singola tipologia, prima però è necessario definire cosa si intende per impianto esistente: “qualsiasi intervento per il quale siano state avviate le procedure di gara alla data di entrata in vigore del presente piano”.

Gli impianti che sono di interesse nel contesto analizzato sono tutti quelli citati nel Piano Regionale, ma in particolare sono di maggiore interesse:

1) I trattamenti meccanici di selezione

Questi impianti devono essere dimensionati per una potenzialità di almeno 50.000 t/a di rifiuto salvo dimostrata conformità agli standard tecnici economici di cui al presente piano.

Devono prevedere:

- area di ricezione dimensionata per una quantità di rifiuto pari almeno al triplo della potenzialità giornaliera;

- lacerasacchi o trituratore a coclee a basso consumo energetico per l’aper- tura dei sacchi e la prima triturazione e condizionamento granulometrico del materiale;

- sistemi di vagliatura idonei ad intercettare al minimo una percentuale del 80% della componente organica e putrescibile destinata a stabilizzazione;

- una linea di deferrizzazione.

- una linea a stabilizzazione per la matrice prevalentemente umida quale flusso in uscita del sottovaglio;

(18)

- un flusso in uscita dal sopravaglio per la riutilizzazione energetica della componente a matrice prevalentemente combustibile.

Tramite trattamenti meccanici di selezione, oltre alla percentuale di raccolta differenziata prevista dovrà essere recuperata, al lordo dell’eventuale perdita di umidità, una percentuale minima del 20% di materiale, finalizzata al loro riutilizzo o destinazione diversa dallo smaltimento in discarica.

Il tipo di trattamento per la preparazione della frazione combustibile, sia otte- nuta per conferimento separato che per selezione del rifiuto indifferenziato, dovrà essere individuato in relazione al processo termico di recupero energetico a cui è destinata.

2) Gli impianti di trattamento termico

Ai sensi dell’art. 5 comma 4 del D.Lgs 22/97 dall’1.1.99 è fatto divieto di realizza- re e gestire nuovi impianti di trattamento termico dei rifiuti se il relativo processo di combustione non è accompagnato da recupero energetico:

l’impianto di Castelnuovo Garfagnana nonostante sia di vecchio stampo, grazie alle modifiche apportate nel corso degli anni recupera energia dalla combu- stione producendo corrente elettrica.

Sempre a partire dall’1.1.99 è fatto divieto avviare agli impianti rifiuti “tal quali”.

L’impianto preso in esame brucia tuttora rifiuto tal quale, ma Se.Ver.A s.p.a.

ha realizzato un progetto che le consentirebbe di bruciare FS in seguito all’avviamento di un impianto di selezione umido-secco, adeguandosi anche in questo campo ai moderni impianti.

Non saranno considerati “tal quali” quei rifiuti che avranno superato gli obiettivi di raccolta differenziata prefissati temporalmente dal presente piano.

Agli impianti ai quali saranno avviati flussi di rifiuti che non rispondono ai requisiti di cui sopra dovranno essere applicate sanzioni stabilite con legge regionale.

I nuovi impianti di termoutilizzazione dovranno avere una potenzialità termica superiore a 35.000.000 Kcal/h. Dovranno altresì rispettare i limiti di emissione di cui alla Tab. III nonché tutte le caratteristiche tecniche-ambientali indicate nel pre- sente piano,

nel nostro caso la produzione è di circa 97.000.000 Kcal/giorno, una produzione nettamente inferiore, ciò perchè si tratta di un impianto di piccole dimensioni creato appositamente per la tremovalorizzazione dei rifiuti dell’area servita.

Dovranno essere realizzati impianti di trattamento termico che corrispondano, oltre al dimensionamento prima descritto, anche allo stato dell’arte delle tecnolo- gie e quindi idonee a garantire prestazioni accettabili sotto il profilo dell’affidabili- tà, dell’impatto ambientale e dei costi economici del servizio.

Gli impianti attualmente esistenti alla data di entrata in vigore del presente Piano rappresentano un vincolo alla programmazione e si applicano le seguenti condizioni:

- gli impianti in costruzione o già autorizzati alla data di entrata in vigore del presente piano devono rispettare i limiti di emissione indicati nella Tab. III dell’All. A riferita agli impianti esistenti salvo valori più restrittivi prescritti nelle autorizzazioni già concesse

- entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente piano per gli impianti esistenti di cui al punto precedente deve essere presentata istanza

(19)

documentata che indichi la data di adeguamento delle emissioni ai limiti della Tab. III riferita ai nuovi impianti o la data di chiusura definitiva; all’istanza deve essere allegato il parere della Regione di conformità al Piano di cui al DPR 24/05/88 n. 203 art. 4 comma 1 lett. a)

- gli impianti in esercizio al 1 gennaio 1985 dovranno chiudere entro il 31.12.99 se non abbiano subito adeguamenti alle norme previgenti e non rispettino i valori limite di emissione di cui alla Tab. III riferita agli impianti esi- stenti. Per gli impianti che hanno invece le condizioni di cui sopra potrà esse- re autorizzato il proseguo delle attività oltre 01.01.2000, vincolando l’esercizio ad una data per l’adeguamento ai limiti della Tab. III riferita ai nuovi impianti o una data per la chiusura definitiva oltre 01.01.2000 qualora i piani provinciali di gestione dei rifiuti ne ravvisino la necessità.

Caratteristiche strutturali degli impianti.

Fermo restando quanto prescritto nel Decreto del Ministero dell’Ambiente 19/

11/97 n. 503

- Gli impianti devono essere dotati almeno di due linee indipendenti di combustione e depurazione fumi o comunque, nei casi di materiale di ali- mentazione stoccabile, dotati di una capacità di accumulo tale da contene- re il ricorso a forme alternative di smaltimento entro i limiti.

- I rifiuti ingombranti devono essere triturati prima dell’ingresso nella fossa di stoccaggio dei rifiuti;

- Deve essere effettuata la separazione dei materiali estranei -preliminar- mente alla fase di caricamento.

- La fossa di stoccaggio deve essere dimensionata in modo da consentire l’accumulo di un volume di rifiuti pari ad almeno tre volte la potenzialità no- minale dell’impianto.

Prestazioni energetiche e ambientali

Ad integrazione delle norme tecniche di cui al Decreto del Ministero dell’Am- biente 19/11/97 n. 503, per gli impianti di trattamento termico si prevede che:

- L’impianto sia dotato di sistemi di depurazione fumi costituiti da:

- sezione di abbattimento dei gas acidi - sezione di abbattimento delle polveri - sezione di abbattimento degli NOx

- sezione di abbattimento dei microinquinanti organici e Hg

- Le emissioni atmosferiche dell’impianto devono essere conformi ai valori espressi nella Tab. III dell’All. A. Per le aree a rischio di episodi acuti di inquina- mento atmosferico di cui ai DM 15/04/94 e 25/11/94 i valori medi di emissione relativi ai nuovi impianti per i parametri H Cl, SO2 e NOx dovranno essere ridotti, nell’ambito del piano di risanamento complessivo, a concentrazioni rispettivamente di 10 mg/Nmc, 50 mg/Nmc e 100 mg/Nmc

- Il sistema di combustione deve assicurare la produzione di scorie con un tenore di carbonio totale residuo inferiore al 3% in peso sul secco in ogni con- dizione di funzionamento

- L’impianto sia dotato di sistemi di recupero dell’energia di elevata effi- cienza, compatibilmente con le esigenze di affidabilità ed economicità del sistema.

(20)

Sistema di monitoraggio alle emissioni

L’impianto di trattamento termico dei rifiuti deve essere dotato di un sistema di monitoraggio secondo quanto previsto dal Decreto del Ministero dell’Ambiente 19/

11/97 n. 503 e dal presente piano e dalla normativa sulle emissioni.

Il monitoraggio delle emissioni in atmosfera deve essere effettuato tramite analisi automatiche in continuo e/o tramite campagne periodiche di analisi manuali.

La misurazione delle emissioni - in particolare nel caso delle misurazioni non auto- matiche e registrate - deve essere accompagnata da un report di documentazio- ne.

Devono essere misurate in continuo le concentrazioni al camino almeno per i seguenti parametri:

- CO - SO2 - NOx - HCl - HF - Polveri

- Carbonio organico totale

Devono essere inoltre monitorati in continuo al camino i seguenti parametri per il controllo e la normalizzazione dei dati di emissione:

- Portata - Temperatura - Pressione - O2 - Umidità

Tramite periodiche campagne di rilevamento manuali - da effettuarsi almeno una volta ogni tre mesi e per periodi più brevi in fase di collaudo - devono essere misura- te in modo discontinuo le concentrazioni al camino almeno dei seguenti parametri in aggiunta a quelli sopra citati e ai parametri oggetto di rilevazione in continuo:

- Hg - Cd, Tl,

- Pb, Cr, Cu, Mn, Ni, As, Sb, V, Sn, Co - HBr

- P2O5 - PCDD, PCDF - IPA

- PCB, PCT, PCN - BTX

Per quanto riguarda i metalli, data la volatilità di alcuni composti presenti nei fumi, deve essere adottato un metodo di analisi che consenta la misura oltre che della frazione adsorbita sul particolato anche di quella presente sotto forma di gas o aerosol.

Le misure discontinue sono effettuate nelle fasi di avviamento, calibrazione e verifica del sistema e in modo ricorrente per la determinazione dei parametri non analizzati in continuo.

- Per il controllo dei processi di combustione e di trattamento dei fumi dovran- no essere inoltre monitorati in continuo:

- O2 - CO2

(21)

- CO

- temperatura

Programma di controllo della qualità del sistema di monitoraggio in continuo In sede di richiesta dell’autorizzazione all’esercizio dell’impianto di trattamento termico il richiedente dovrà presentare all’autorità competente un programma di controllo della qualità del sistema di analisi in continuo delle emissioni in atmosfera.

L’autorità di controllo valuterà l’adeguatezza del sistema e prescriverà eventuali modifiche e integrazioni.

Ogni impianto di trattamento termico, entro il 1.1.2000, dovrà dotarsi di sistemi di informazione permanente delle emissioni tramite pannelli e dati variabili o monitors visibili continuamente dai cittadini.

Qualora, ritenuto opportuno dalla amministrazione comunale sul cui territorio è situato l’impianto, devono essere adottati sistemi di informazione permanente in continuo delle emissioni consultabili dall’amministrazione e/o dalla popolazione anche al di fuori dell’impianto.

Per le discariche valgono i seguenti obblighi progettuali: dovrà essere preso a rife- rimento un dato, dopo l’entrata in vigore del presente piano, dimensionale minimo di 600.000 mc per un periodo medio di vita di almeno 12 anni.

In ogni A.T.O. deve essere perseguita una capacità in discarica a copertura dei quantitativi dei rifiuti ivi destinati sia in fase transitoria che a regime.

Le discariche esistenti potranno contribuire al fabbisogno fino ad esaurimento dei volumi autorizzati.

Le Province entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente piano stabiliranno, per ogni singola discarica esistente, gli interventi necessari a perseguire le condizioni di cui ai punti che seguono.

Contestualmente fisseranno i tempi entro i quali dovranno essere realizzati detti interventi.

Si aggiunge che la base delle discariche deve essere ben drenata,

vengono specificate percentuali di composizione granulometrica del ma-

teriale drenante, e il percolato raccolto deve essere esaminato periodica-

mente con analisi chimiche e stoccato in apposite cisterne dalle quali può

essere facilmente raccolto per il trasporto presso gli appositi depuratori.

(22)

La normativa provinciale della Provincia di Lucca

La provincia di Lucca nell’agosto 2002 ha aggiornato il “Piano provincia- le di gestione dei rifiuti urbani e assimilati” nel quale ha stabilito, in base al comma 1 dell’art. 11 del D.R. 25/98, dopo la determinazione delle caratte- ristiche, dei tipi, delle quantità e dell’origine dei rifiuti da recuperare e da smaltire, il rilevamento e la descrizione dei servizi di raccolta differenziata e degli impianti esistenti di trattamento, di rigenerazione, di recupero, di rici- clo di innocuizzazione finalizzata allo smaltimento dei rifiuti non pericolosi, la delimitazione degli ATO, l’individuazione dei metodi e delle tecnologie di smaltimento più idonei, l’individuazione del sistema integrato dei servizi di raccolta differenziata e relative attività di recupero…, la modalità di smaltimento dei rifiuti nel suo territorio. Molto importante da citare è l’ac- cordo stipulato tra le provincie di Lucca e Livorno per l’utilizzo della discari- ca dello Scapigliato nel comune di Rosignano in provincia di Livorno.

Successivamente, sono stati fatti aggiornamenti al piano, che mante- nendone le caratteristiche originali, hanno approvato variazioni tecniche ed impiantistiche di alcuni impianti di smaltimento, hanno verificato l’an- damento dei costi dello smaltimento dei rifiuti e la loro congruità, hanno dichiarato ancora esistente l’impianto di Falascaia.

Il piano è suddiviso in tre parti, più gli allegati: la prima parte tratta degli ultimi cambiamenti e verifiche apportati al piano che è trattato nella se- conda e terza parte, tutto secondo il seguente indice:

1. PIANO PROVINCIALE DI GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI E ASSIMILATI – PROVINCIA DI LUCCA - ATO2

1.1. Premessa

1.2. Aggiornamento relativo ai dati di produzione dei rifiuti e di raccolta differenziata

1.3. Aggiornamento relativo agli impianti di piano 1.4. Indicazioni finali

2. D.C.P. 178/1999 PIANO DEFINITIVO DI GESTIONE DEI RIFIUTI DELLA PRO- VINCIA DI LUCCA – APPROVAZIONE.

2.1. Deliberazione Consiglio Provinciale di Lucca 17/11/1999 n. 178 2.2. Relazione tecnica

2.3. Schede tecniche descrittive della localizzazione dei nuovi interventi

3. D.G.P. 54/2002 PIANO DI GESTIONE DEI RIFIUTI DELLA PROVINCIA DI

LUCCA (DELIBERA CP 178/99) - CHIARIMENTI E PRECISAZIONI CONSEGUENTI

ALL’ISTRUTTORIA EFFETTUATA IN CONFERENZA REGIONALE – APPROVAZIONE

ELABORATI.

(23)

3.1. Delibera Giunta Provinciale di Lucca 15/03/2002 n. 54

3.2. Localizzazione di impianti per il trattamento dei rifiuti inerti e relativi termini d’attivazione

3.3. Indicazione di un impianto per il trattamento di cemento-amianto 3.4. Fase a regime

3.5. Relazione finale del gruppo tecnico incaricato di valutare aspetti tecnici ed economici connessi all’adeguamento degli impianti di Fala- scaia e di Pioppogatto al piano di gestione dei rifiuti approvato dalla Pro- vincia di Lucca.

3.6. Analisi della tariffa di smaltimento nei vari scenari possibili per l’ade- guamento degli impianti di Falascaia e Pioppogatto al Piano di gestione rifiuti approvato dalla Provincia di Lucca

4. ALLEGATI

4.1. Allegato 1 - carta localizzazione impianto di Falascaia

4.2. Allegato 2 – Protocolli d’intesa fra le Province di Lucca e Livorno

Nel prima parte viene inizialmente specificato che il Piano di Lucca è stato adottato ai sensi dell’art 12 della L.R. 25/98 il 20/1/99 con D.C.P. n° 7, vengono spiegate le motivazioni per cui, secondo la Conferenza regiona- le, non era a suo tempo possibile condividere alcune delle argomentazioni contenute nel piano, è trattato del protocollo d’intesa stipulato il 28/03/

2001, tra la Provincia di Lucca, la Provincia di Livorno e la Regione Toscana che era finalizzato a:

- progettare e/o completare e rendere operativi gli impianti di trat- tamento rifiuti, anche al fine del conferimento di rifiuti pretrattati alla discarica di Rosignano Marittimo;

- effettuare verifiche tecnico procedurali finalizzate all’integrazione dei flussi dei due Ambiti Territoriali (ATO2 e ATO4), anche al fine di veri- ficare l’economicità dell’impianto di Falascaia in collaborazione con i comuni della Versilia.

- concludere l’iter relativo all’approvazione del Piano Provinciale di Gestione dei rifiuti della Provincia di Lucca, non appena le verifiche tecnico-economico-procedurali relative all’impianto di Falascaia e l’integrazione tra i due piani provinciali di gestione dei rifiuti determi- nino esiti tali da rendere il piano provinciale di gestione dei rifiuti di Lucca pienamente coerente con le norme regionali in materia.

- concedere i finanziamenti per la realizzazione degli impianti di Piop- pogatto in Comune di Massarosa (LU) e di Salanetti in Comune di Ca- pannori (LU) rispettivamente di £. 11.738.000.000 (euro 6.062.171) e £.

13.125.000.000 (euro 6.778.497).

Per tale accordo però la Regione, con nota del 21/11/2001, ha richiesto

di operare delle modifiche contrattuali accordando un finanziamento a

(24)

fondo perduto anziché sul fondo di rotazione, così i Comuni della Versilia, la TEV SPA e la Provincia di Lucca hanno firmato in data 18/12/2001 l’accor- do con il quale si decideva di addivenire in tempi brevi ad una ridefinizio- ne del contratto originale con TEV, decidendo di avviare il funzionamento dell’impianto di trattamento termico di Falascaia con biomasse; a seguito di tale accordo l’impianto di Falascaia avrebbe dovuto produrre energia da biomasse con regolare autorizzazione rilasciata dalla Provincia di Luc- ca. Ma in data 15/03/2002 non era ancora stata definita una nuova confi- gurazione contrattuale con TEV per l’utilizzo di biomasse anziché RDF/CDR nell’impianto di Falascaia.

Con nota del Comune di Viareggio prot. 70/gab/2002 del 27/7/2002 sono stati trasmessi gli intendimenti dei comuni di Viareggio, Massarosa, Pietrasanta, Camaiore, Serravezza, Forte dei Marmi, della provincia di Lucca e la TEV S.p.A in merito all’utilizzo dell’impianto di Falascaia e alla necessità che venga approvato il piano provinciale di gestione dei rifiuti urbani e assimilati.

Poi si sottolinea che l’aumento della produzione dei rifiuti nella provincia

di Lucca è risultato superiore alle stime fatte gli anni precedenti (presenti nel D.C.P. 178/99) riportando inoltre l’aggiornamento all’anno 2001, con i dati forniti da ARRR dove ben si osservano le produzioni di rifiuti nei diversi comuni della Provincia e l’aumento percentuale dalla raccolta differenzia- ta che dal 1994 al 2001 è passata dal 6,99% al 29,9% dei rifiuti urbani totali e con una produzione procapite di RU di 747 Kg/ab/anno. La produzione dei rifiuti urbani ha avuto un incremento nel 2000 del 7,84%, mantenendosi poi quasi costante nel 2001 (0,59%). Per quanto riguarda i rifiuti speciali il dato ufficiale fornito con il MUD è relativo alla produzione dell’anno 1999 ed è di 845.800 t/anno, di cui 837.968 t/anno non pericolosi e 7832 t/anno pericolosi.

Si fa notare che al momento della stesura del piano risultavano i seguenti impianti:

1) Impianto di trattamento termico in loc. Belvedere comune di Ca- stelnuovo G.na - in esercizio

2) Impianto di discarica per scorie e residui di incenerimento in loc.

Selve Castellane comune di Molazzana – bonificata ed ampliata, au- torizzata alla gestione

3) Impianto di selezione e compostaggio in loc. Pioppogatto comune di Massarosa – in esercizio

4) Impianto di compostaggio in loc. Salanetti comune di Capannori – non costruito per vincoli archeologici

5) Impianto di discarica in loc. Pianizza-Socciglia, comune di Borgo a

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