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Allegato B: Il Parco di San Rossore

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Academic year: 2021

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Allegato B: Il Parco di San Rossore

Sappiamo che fino dalla colonizzazione da parte dei romani, il territorio tra Pisa, e Lucca, era caratterizzato dalla presenza di macchia mediterranea, foreste (la così detta “Selva Palatina”), e dalla vasta regione del delta del Serchio – Auser, e dell’Arno.

In questo contesto, la linea della costa era sensibilmente spostata verso est, inoltre a causa dell’azione delle correnti marine, e dell’instabilità del corso dei fiumi, si creavano dei lunghi contorni sabbiosi che sbarrando lo sbocco delle foci favorendo la formazione di zone palustri e lagunari.

La particolare morfologia di questo ambiente a quindi caratterizzato ed influenzato le scelte di intervento umano fino ai giorni nostri.

L’inizio di tutto è da collocarsi intorno al 1406, quando la Repubblica Pisana passò sotto l’influenza fiorentina; da qui si avviò il passaggio dallo Stato Comunale allo Stato Regionale, si realizzò l’accesso al mare dello Stato Mediceo, e la successiva fondazione di Livorno. Nel tempo con la “Guerra Pisana” che durò circa un secolo, portò allo spopolamento delle zone costiere verso le colline con il relativo abbandono della rete idrica, e il conseguente incremento delle zone paludose e delle foreste. Con la sconfitta pisana, tra il ‘400 ed il ‘500, le grandi famiglie fiorentine, ed in particolare i Medici, si impadronirono dei territori su detti, a scapito delle piccole e medie proprietà delle nobili famiglie pisane.

In tale contesto si colloca proprio l’inizio della formazione e dello sviluppo delle grandi tenute, che da allora caratterizzano il territorio del Parco:

- Tenuta Salviati, a Migliarino.

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- Tenuta Medicea di San Rossore.

- Tenuta Medicea di Coltano e Castagnolo. - Fattoria di Vecchiano.

- Fattoria di Casabianca. - Fattoria di Collesalvetti.

- Tenuta di Tombolo (proprietà decurtate alla Mensa Arcivescovile).

Fig. 87 Pianta delle tenute di Migliarino, San Rossore, Tombolo, Arno Vecchio, Coltano, e Castagnolo.

Il processo di valorizzazione di questo territorio è probabilmente riconducibile alla politica granducale di ripopolamento delle campagne pisane, avvenuto sopratutto nel ‘500, anche se le zone costiere caratterizzate da boschi e paludi, rimarranno a lungo spopolate, con piccoli insediamenti solo nelle zone in cui i primi interventi erano riusciti a realizzare situazioni stabili.

Verso la fine del XVII secolo, le proprietà granducali avevano ampliato la loro estensione in misura tale che tutta la fascia costiera fino alla Maremma era considerata come un unico latifondo mediceo.

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Le proprietà granducali erano organizzate secondo esigenze amministrative, in differenti ed autonome unità produttive, articolandosi in tenute ed in fattorie, entrambe presenti nell’area del parco, e comunque nelle zone limitrofe.

In particolare, venivano considerate e strutturate come tenute, le vaste estensioni che per caratteristiche ambientali e pedologiche, boschi, e paludi, potevano essere economicamente sfruttate senza eccessivi impegni di capitale, per cui non si procedeva a grossi lavori di bonifica e al successivo dissodamento e messa a cultura del terreno.

Venivano invece considerate e strutturate come fattorie, le estensioni caratterizzate da contesti ambientali che potevano essere economicamente sfruttati a conduzione mezzadrie; quindi per questi territori si avviò un lento processo di bonifica, al quale seguiva la concessione con contratti parziari ai contadini dei villaggi vicini, ai quali spettava anche il duro lavoro di primo dissodamento del terreno e di messa a cultura.

Con questa organizzazione si aveva una amministrazione centralizzata, da parte del fattore, sotto cui si articolavano una serie di poderi a conduzione mezzadrie, sui quali venivano costruite le case coloniche; nel 1568, nelle tre fattorie citate, risultavano 15 poderi, mentre nel 1740 questi erano diventi 37. Dopo la metà del ‘700 sotto il governo di Pietro Leopoldo, le fattorie vengono vendute e disgregate.

Al contrario, le tenute rimangono in mano granducale, subendo una lenta trasformazione, verso un ruolo produttivo, di rappresentanza e di svago per il granduca Pietro Leopoldo ed i suoi ospiti, accentuandosi con Leopoldo II, che favorì numerosi interventi, con l’ulteriore organizzazione in riserve di caccia.

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Infine, dopo la prima guerra mondiale, le tenute granducali passarono ai Savoia.

La Tenuta di San Rossore

Come nel caso di altre proprietà, nel ‘400 anche San Rossore passò sotto i Medici. Per le condizioni ambientali, e la presenza di un folto bosco, il “Bosco della Maddalena”, già nel ‘500 la parte di proprietà, fu organizzata in tenuta, con lo sfruttamento delle selve e dei pascoli, tanto che nel ‘600 vi si trovavano 1100 capi bovini, e alcune decine di cavalli bradi.

IV

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Nel 1622, furono introdotti da Ferdinando II i dromedari, che si dimostrarono adatti al clima, e furono utilizzati a lungo per il trasporto di carichi sul terreno sabbioso.

In questo periodo, per le sue caratteristiche produttive, non furono effettuati sul territorio della tenuta, interventi di bonifica, che al contrario furono realizzati sul corso dei fiumi che transitavano, e limitavano San Rossore.

Sotto Piero Leopoldo, la tenuta venne sottoposta ad una intensa riorganizzazione, basata su interventi nei boschi, e di riassetto idraulico, con l’esecuzione di alcune colmate, furono inoltre aperti tutta una serie di percorsi, tra cui nel 1778, il viale tra le Cascine Vecchie, e le Cascine Nuove, inoltre furono costruiti nuovi edifici, delineando così quell’impianto, sulla base del quale, nel ‘800 Leopoldo II, e i Savoia dopo, organizzeranno la tenuta come è ancora oggi.

Dopo la seconda metà del ‘700, il territorio era caratterizzato da una folta pineta marittima, e da numerosi boschi; in particolare si ha.

- Nel 1759, furono:

o ripiantate querce, e olmi nel Bosco delle Cotenne; o piantati pini domestici nelle zone più basse e dunose;

o Piantati pini domestici nella zona tra il Bosco dei Fossaci, e il Taglio dei Vaccai.

- Nel 1770, si intervenne nel Bosco della Palazzina. - Nel 1782, si intervenne nel Bosco di Carbonaia. - Nel 1785, si intervenne nel Bosco di Arnaccio. - Nel 1787, si intervenne nel Bosco di Escoli.

- Nel 1797, si intervenne nel Bosco delle Mandriacce.

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In tutto erano circa 2500 ettari, inoltre le aree a pastura erano circa 1170 ettari, e i terreni misti con querce, lecci, ontani, e prati, erano circa 477 ettari; nonostante ciò, alla fine del ‘700 erano ancora numerosi i terreni in condizioni paludose, circa 700 ettari, oltre alle depressioni umide all’interno dei boschi. L’accesso principale alla tenuta avveniva attraverso il viale delle Cascine, per il quale si giungeva alle Cascine Vecchie, centro direzionale della tenuta, attraverso il Ponte delle Trombe, così nominato perché da qui si annunciava l’arrivo del Granduca, o di ospiti, con uno squillo di trombe; l’accesso secondario era dalla Via di Barbaricina, che conduceva direttamente alla zona delle Cascine Nuove.

Con la dominazione francese della Toscana, i possessi Reali subirono gravi danni, inoltre molti gli animali della tenuta furono eliminati per sfamare le truppe, o affidati ai soldati, come bestie da soma e per cavalcature. Ai francesi si deve anche l’assetto forestale, così come testimonia il piano di assestamento dei boschi, riprodotto nelle cartografie storiche.

Nel 1830, tornati i Lorena, furono ristrutturate le Cascine Vecchie, e fu costruita la Villa Reale, al Gombo; inoltre fu accentuato l’aspetto di rappresentanza della tenuta realizzando ampi viali rettilinei, che univano i punti centrali dell’attività economica e rappresentativa della tenuta.

VI

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Con l’Unità d’Italia, la tenuta passò ai Savoia, i quali ristrutturarono la tenuta “a loro immagine”, furono costruire le Scuderie Reali alla Sterpaia, nel 1862, e furono completamente ristrutturate le Cascine Nuove.

Con l’avvento dei Savoia la tenuta di San Rossore fu quindi ammodernata, ed è proprio in questo periodo che si colloca anche la costruzione dell’impianto a 50 m del poligono di tiro a segno, con l’edificio annesso, ancora oggi completo e non modificato.

Fig. 90 Vista dell’edificio costruito nel 1860, sede del poligono di tiro a segno.

Questo fu costruito per permettere l’esercitazione al tiro degli ospiti della tenuta, e dei corpi militari.

Figura

Fig. 87 Pianta delle tenute di Migliarino, San Rossore, Tombolo, Arno Vecchio, Coltano, e  Castagnolo
Fig. 88 Carta del ‘700, del Parco di San Rossore.
Fig. 89 Carta della situazione odierna, con indicazione dei confini del parco.
Fig. 90 Vista dell’edificio costruito nel 1860, sede del poligono di tiro a segno.

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