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CAPITOLO I: EVOLUZIONE DELLA FUNZIONE DI INTELLIGENCE.

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CAPITOLO I:

EVOLUZIONE DELLA FUNZIONE DI INTELLIGENCE. 1) L’INTELLIGENCE MILITARE

Si può affermare che da sempre i popoli hanno sentito l’esigenza di reperire informazioni utili alla loro protezione, o per attaccare un nemico. In quest’esigenza possiamo rinvenire le ragioni che portarono nel corso dei secoli a strutture di spionaggio ed intelligence man mano sempre più evolute ed adatte ad affrontare minacce sempre nuove.

Basti pensare che tutti i vari popoli dell’antichità si erano dotati all’ interno delle loro gerarchie militari di individui appositamente selezionati e preparati allo scopo di raccogliere informazioni, che per quanto basilari e semplici potevano fare la differenza tra la sconfitta e la vittoria, tanto in azioni offensive quanto difensive.

Gli esempi documentati risalgono addirittura al diciottesimo secolo avanti Cristo, ad Hammurabi che con le sue conquiste fondò l’ impero babilonese, egli riuscì nell’impresa sicuramente grazie anche alle tecniche di spionaggio, con infiltrazioni dei suoi uomini tra le fila dei nemici o rapimenti riusciva ad estorcere tutto ciò che desiderava conoscere per pianificare le sue strategie1 .

Gli esempi nel corso della storia antica si susseguono di pari passo con la storia di espansioni militari o grandi battaglie. Ogni grande impero dell’antichità ha fondato il suo dominio sulla forza ed ognuno di questi in forme e modi diversi si è dotato di strutture di spionaggio o di raccolta di informazioni.

I Greci ebbero una particolare consapevolezza dell’importanza che questo settore rivestiva, probabilmente a causa della situazione geopolitica dell’area divisa fra moltissime città stato in continua rivalità tra loro ma anche della minaccia di un grande impero ad oriente che sognava di espandersi ad occidente. Queste necessità portarono i greci ad elaborare le prime vere e proprie teorizzazioni per quanto riguarda spionaggio e controspionaggio, ed in alcune polis si arrivò addirittura ad istituire una struttura di controllo permanete degli stranieri; Plutarco ci fa l’ esempio di Sparta che per tenere sotto controllo il suo territorio istituì la “Krypteia”2 ma lo

1DubovskyP, Hezekiah and the assisana spies. recontructions of the Neo-Assyrian Intelligence Services and its significance for 2 kings, Roma 2006.

2Mosca C., Gambacurta S., Scandone G., Valentini M., I Servizi di informazione e il segreto di Stato (Legge 3 agosto 2007, n. 124), Milano, 2008.

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spionaggio concepito come tecnica militare fondamentale per vincere le battaglie e le guerre si deve al generale cinese Sun Tzu che, suddivide le spie in vari ambiti a seconda del fatto che siano sudditi del sovrano infiltrati nell’esercito nemico o doppiogiochisti da gestire con prudenza, se il sovrano riuscirà a gestire l’apparato informativo e le notizie da esso recapitate allora avrà un’arma in più per la vittoria3 .

Si può quindi osservare come la pratica fosse diffusa anche nell’antichità in luoghi, epoche e culture profondamente differenti tra loro.

Nonostante l’attività di intelligence si sia affermata come estremamente utile già agli albori della civiltà, questa diviene una funzione amministrativa stabile solo a partire dalla metà dell’Ottocento4 fu infatti, come per tutti gli altri campi che rientravano nell’ambito dell’organizzazione dello stato, la rivoluzione francese, che spazzò via l’ ancien regime, ad imprimere un profondo cambiamento ai sistemi di intelligence nazionali dell’epoca, prima disordinati e concentrati solo in ambito militare inteso come difesa o offesa nei confronti delle altre nazioni, ora inevitabilmente concentrati in ambito interno ai confini nazionali. La stagione politica infatti rendeva indispensabili ai regimi dei servizi di polizia militare che controllassero, ed in certi casi reprimessero, la diffusione delle idee rivoluzionarie all’ interno delle varie nazioni europee5.

Il periodo che riguarda la fase tra le due guerre mondiali si è caratterizzato per il proliferare di servizi d’ intelligence in tutto il mondo, il vento di guerra soffiava non solo sulla corsa alla produzione di armi sempre più letali e sofisticate, ma anche su servizi di spionaggio e controspionaggio migliori ed efficienti, andando a curare quei difetti che erano emersi nell’esercizio delle loro attività. Un’immagine di ciò ci viene lasciata dalla creazione dell’ “Intelligence Branch” in Inghilterra” e la seguente fondazione da part del comitato imperiale di guerra dei due servizi militari denominati Mi6 ed Mi5 stabilendo una riorganizzazione totale di un apparato già grande ed efficiente ma che nelle ultime guerre aveva dato problemi6. Anche Stati Uniti, Francia e Russia misero mano ai loro servizi militari, soprattutto però fu la Germania, guidata dalle necessità imposte dal regime Nazista a riorganizzare i suoi servizi interni per controllare, individuare e poi provvedere a tutti i soggetti che potevano mettere in

3Sun Tzu, L’arte della guerra

4

Corso G., L’ordine pubblico, Bologna, 1979

5 Carlo Mosca, Stefano Gambacurta, Giuseppe Scandone, Marco Valentini, I Servizi di informazione e il segreto di Stato (Legge 3 agosto 2007, n. 124), Milano 2008

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pericolo o che solo divenivano sospettati del regime. I poteri dati alle SS e alla Gestapo erano praticamente illimitati7.

Per renderci conto dell’importanza che l’ intelligence ha avuto nello svolgimento della seconda guerra mondiale si può tranquillamente far riferimento al ruolo in essa giocato dal matematico e fisico inglese Alan Turing che lavorando per l’ Mi6 riuscì a decifrare il codice di decriptazione dei messaggi militari tedeschi, noto come Enigma, la vicenda è emblematica,; raffigurando il mondo di una guerra combattuta lontana dal fronte, nella maniera più segreta possibile e condotta da pochi uomini scelti, ma che ha avuto un’ impatto sulla vita di tutte le persone dell’epoca e sugli eventi a venire.8

Da questo breve excursus storico emerge chiaramente come afferma il Savino che la funzione di intelligence “nasce e si sviluppa sulle ginocchia dell’amministrazione della difesa”9. Con quest’affermazione si rende appunto l’idea di un sistema di raccolta informazioni da destinare quasi esclusivamente, o quanto meno in maggior parte, a quelle esigenze degli apparati militari che sulla base di esse elaboravano la loro strategia. Conseguenza delle finalità dei Sevizi di intelligence, anche per motivi di efficienza, è che questi si svilupparono e crebbero all’ interno delle amministrazioni militari come parte di esse e di conseguenza sottoposte ai vertici ed ai meccanismi decisionali militari dei vari paesi.

Volendo suddividere la storia dei servizi di informazione in fasi questa sarebbe una prima, la fase dell’intelligence militare e militarizzata10.

A questa prima fase segue una seconda fase, rappresentata dal passaggio della funzione di informazione per la sicurezza dalla sfera militare a quella civile, passaggio che storicamente avvenne con la fine della seconda guerra mondiale e l’inizio della guerra fredda. In questa fase infatti con l’ emergere di nuove minacce addebitabili a terrorismo, interno ed esterno, criminalità organizzata e anche alla protezione delle nuove istituzioni democratiche che man

7Grumberger R, Hitler’s SS New York, 1970

8Sinclair McKay, Telegraph crossword: Cracking hobby won the day - The boffins of Bletchley cut their teeth on the Telegraph crossword, in The Telegraph, 26 Aug 2010. Secondo parte della Storiografia, senza la decriptazione di Enigma la guerra sarebbe stata almeno due anni più lunga.

9Savino M., Solo per i tuoi occhi, in giornale di diritto amministrativo n.2/2008

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mano andavano affermandosi in tutta europa si crearono nuove finalità per i servizi di informazione che non giustificavano più una struttura puramente militare e militarizzata11. Quello che qui viene in gioco è un interesse primario, quello della conservazione dello stato, che se prima veniva minacciato prevalentemente da azioni militari da parte di altri paesi nei confronti di questo, ora deve affrontare una più ampia gamma di minacce provenienti non solo dal suo esterno ma anche dal suo interno12 .

2) LA SITUAZIONE IN ITALIA FINO AL SECONDO DOPOGUERRA

Scendendo più nel dettaglio della nostra indagine, vediamo come anche nel percorso evolutivo dei servizi italiani si siano seguite le stesse fasi.

Le ricostruzioni più attendibili ,per quanto riguarda il periodo dell’unificazione del Regno d’Italia, riferiscono di una situazione estremamente caotica, caratterizzata dalla presenza di almeno sette corpi da attribuirsi alle varie forze militari e dio ordine pubblico che si erano costituite nel tempo13.

Nel primo novecento i vari servizi si agganciano ai ministeri specialmente degli esteri e della difesa, mentre l’ attività di controspionaggio interno veniva prevalentemente affidata al corpo dei reali Carabinieri14. Non mancarono poi dopo la guerra uffici specializzati nella coordinazione delle informazioni con compiti antisovversivi, la Direzione Generale di pubblica Sicurezza15.

Questa divisione contro la sovversione dell’ordine assunse un’importanza peculiare durante l’ epoca fascista , Nel 1927 venne infatti istituito presso questa, L’ispettorato speciale di polizia, rinominato nel 1930 come Organismo di vigilanza per la repressione dell’antifascismo o Opera Volontaria di Repressione dell’Antifascismo (ORVA), con funzioni analoghe ma molti meno mezzi ed efficienza dei sui corrispettivi tedeschi dell’epoca16.

11Savino M., Solo per i tuoi occhi, in giornale di diritto amministrativo n.2/2008

12Cocco G.;I servizi di informazione e di sicurezza nell’ordinamento italiano, Padova,1980

13De Biase C., L’ Aquila d’oro-Storia dello Stato Maggiore Italiano(1861-1945)Milano 1968

14

COMANDO GENERALE DELL’ARMA DEI CARABINIERI, I Carabinieri1814-1980,Roma;1980

15Marchetti O.,Il Servizio Informazione dell’Esercito italiano nella Grande Guerra, Roma;1937

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Durante questi anni però si assistette anche ad un’ azione di razionalizzazione tesa a mettere ordine, ameno per quanto riguardava la sfera propriamente militare, all’ esorbitante numero di vari servizi ed uffici con compiti informativi, di ispezione e di controspionaggio che si erano formati in modo quasi alluvionale nel tempo.

Venne istituito il SIM, come unico soggetto incaricato della funzione di informazione per tutte e tre le forze armate, esercito, marina ed aviazione, anche se affiancato da un organo informativo per ciascuna di esse e a loro sottoposti. Al di fuori di questa struttura centralizzata però restavano le forze incaricate di svolgere compiti sul territorio interno, che restavano affidate prevalentemente all’ arma dei Carabinieri17. Fino alla fine della Seconda guerra Mondiale, seppur in modo più disorganizzato, la storia dei nostri servizi seguì quelli che erano stati gli stessi passaggi evolutivi affrontati dai servizi dei vari paesi, seppur con qualche eccezione; Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna non conobbero mai, nel corso della loro storia recente, polizie militari nate al solo scopo di reprime i pensieri politici invisi al regime del momento tuttavia ben si può dire che i passaggi principali vennero percorsi anche in Italia. Con la fine della Guerra il desiderio di vederne altre si spense definitivamente, e nonostante la minaccia del conflitto con l’Unione Sovietica, che non avvenne mai, probabilmente per la paura che suscitava l’ idea di un ulteriore conflitto di dimensioni mondiali, anche il mondo dei servizi di intelligence si adeguò ai cambiamenti del mondo, spinto da quelle che erano le nuove minacce e le esigenze di ricondurre anche apparati del tutto speciali come quelli dei servizi segreti ai principi che governavano le democrazie, vecchie e nuove.

Avvenne allora il passaggio dalla sfera militare a quella civile con dei modelli che vedevano le varie strutture riferire e essere sottoposte non più ai vertici dell’apparato militare ma a quelli Politici indi civili.

In Italia il passaggio avvenne ma avvenne in più fasi nel tempo, fu un percorso di modernizzazione lento dilatato nel tempo e coronato da ben due riforme la prima del 1977 che non riuscì a dare la spinta necessaria al sistema e quella del 2007 che delinea la situazione attuale ed ha finalmente adeguato la disciplina a quella che è la situazione nella maggior parte dei paesi sviluppati18.

Subito dopo la guerra la strada prescelta dal nostro legislatore, fu quella di conservare l’assetto militare dei servizi, con il decreto legislativo 21 Aprile 1948 numero 955, l’attività dei servizi di informazione veniva affidata al coordinamento del Capo di Stato Maggiore delle

17Canosa R, I servizi segreti del duce, Milano,200

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forze armate ora sotto le dipendenze del Ministero della difesa, ma anche riorganizzando la struttura unica lasciata dal regime fascista per le diverse forze, ridenominandola Servizio Informazioni delle Forze Armate (SIFAR) ed i singoli organi informativi affidati a ciascuna di esse, rinominati Servizi Informazioni operative e situazioni (SIOS). Il SIFAR fu incaricato del compito di coordinare l’ attività dei singoli SIOS19, mentre sul fronte interno le varie la struttura preposta alla prevenzione e repressione dei delitti, al controllo degli stranieri pericolosi e alla sicurezza in generale dell’economia e delle istituzioni affidata al Ministero dell’interno subiva varie rianimazioni, prima Servizio informazioni speciali, nel 1944, poi Divisione affari generali e riservati, nel 1948, poi Divisione affari riservati nel 196520.

Resta da capire quali furono gli eventi che dettero la spinta alla volontà riformista del legislatore, che nel 1977 arrivò ad un prima riforma complessiva di tutto l’ apparato dei servizi per l’informazione.

3) IL FENOMENO DELLE DEVIAZIONI

Non si può non accennare al fenomeno delle così dette “deviazioni” della funzione dei servizi di sicurezza: Con il termine si indica la pratica di servizi di intelligence di uscire dal perimetro delle loro funzioni, arrivando ad estendere il concetto di difesa dell’interesse nazionale, ad in tenessi puramente particolari, se non singolari. Traducendosi in una fitta trama di attività extra istituzionali in oscillazione tra “il tentativo di golpe istituzionale da una parte ed il tentativi più chiaramente sanguinosi e violenti”21. Da ritenersi quindi deviazione è quel comportamento che vede i servizi usare mezzi e metodi perfettamente normali, per lo svolgimento di funzioni che esulano o travisano quelli che sarebbero i suoi compiti legittimi. Purtroppo, questo fenomeno segnò profondamente la storia repubblicana, gettando ombre e generando quell’alone di mistero, con accezione negativa che ancora oggi per i meno informati genera diffidenza riguardo ad un apparato dello stato tanto importate quanto dibattuto e criticato in epoca passata.

19

Commissione parlamentare d’ inchiesta sugli eventi del Giugno - Luglio 1964; relazione di maggioranza

20Canosa R., La polizia in Italia dal 1945 ad oggi, Bologna, 1976

21

Bonino E. nella discussione del disegno di legge di riforma dei servizi, camera dei Deputati, 25 luglio 1977

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Gli episodi generarono sospetti non solo nell’opinione pubblica, ma ad un certo punto nel mondo della politica e della magistratura, che arrivò all’ apertura di indagini approfondite.

3,1) L’INDAGINE SUI FASCICOLI DEL SIFAR.

L’indagine sui fascicoli aperti dal SIFAR, del 1964 fu in tal senso emblematica.

Fascicoli aperti dal SIFAR su tantissime personalità del mondo politico, imprenditoriale, del giornalismo e della cultura italiano, raccolti prevalentemente nel corso del settennato del Generale Giovanni de Lorenzo alla guida del SIFAR22 (COCCO G.; I servizi di informazione e di sicurezza nell’ordinamento italiano Padova 1980).

La vicenda venne alla luce quando l’ allora ufficiale a capo del SIFAR, il Generale Henke, porto alla conoscenza della scomparsa di alcuni di questi fascicoli, da tempo raccolti su argomenti, si capisce, che nulla avevano a che fare con l’ informazione militare23.

Responsabile principale dell’operazione fu il generale de Lorenzo arrivato alla guida dei servizi della difesa nel 1955 sotto la presidenza Granchi, mise in moto una macchinazione che avrebbero portato, lui ed i suoi uomini di fiducia, a prendere il controllo di tutti i principali apparati di intelligence in funzione in quel momento in Italia. Egli infatti dopo una permanenza da record di sei anni al vertice del SIFAR24 riuscì nell’impresa di farsi nominare a capo dell’arma dei Carabinieri, sotto la quale sottostavano altri apparati di informazione25, e a lasciare al suo posto al SIFAR uno dei suoi più stretti collaboratori Egidio Viggiani.

La mancanza di questi fascicoli che, si scoprì, riguardavano personalità di primo piano nel mondo politico e militare, portò allarme in parlamento e fu così che maturò la decisione di nominare una commissione d’ inchiesta ministeriale, la commissione Beolchini, col compito di accertare modalità, responsabilità, soggetti ed eventuali abusi nella formazione di tali fascicoli26.

22

COCCO G.; I servizi di informazione e di sicurezza nell’ordinamento italiano Padova 1980

23

COCCO G.; I servizi di informazione e di sicurezza nell’ordinamento italiano Padova 1980

24Circolare 4 marzo 1962 n. S2/511 dello Stato Maggiore della Difesa

25

De Lutiis G., I servizi segreti in Italia. Dal Fascismo alla seconda Repubblica, Editori Riuniti, 1998

26

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Risultò subito evidente come come lo svolgimento dell’attività non si avvicinasse neppure ai fini assegnati al servizio, perché compiuta in violazione dei diritti sanciti dalla Costituzione, in particolare il diritto alla riservatezza27, risulta infatti manifestamente violato un principio basilare dell’attività di intelligence nel nuovo mondo democratico, cioè il principio fondamentale per il quale un’attività di tipo investigativo su una determinata persona risulta giustificata solo da fondato sospetto ai fini della sicurezza nazionale28 .

In secondo luogo la commissione notò che neanche l’ ulteriore limite, che vuole la possibilità di inquisire una persona che, anche se in maniera lecita, si è avvicinata ad ambienti e frequentazioni pericolose per la sicurezza dello Stato, sia stato rispettato dalle modalità di raccolta delle informazioni confluite nei fascicoli, le indagini infatti si erano svolte nel modo più indiscriminato possibile, nei confronti di chiunque ricoprisse una posizione di rilievo, a prescindere di qualsiasi connessione relativa alla sicurezza militare29. Non solo poi, le sezioni periferiche erano state incaricate di “indagare” su chi ricoprisse quei determinati ruoli, ma l’ indagine non si fermava all’attività svolta dai soggetti in questione, bensì scendeva profondamente in quelle che erano le manifestazioni più intime e riservate della persona30. Se deviazioni esistevano per quanto riguarda le modalità di raccolta ed i dati raccolti esistevano anche con riguardo alle finalità dell’intera operazione. Il generale de Lorenzo infatti aveva creato un sistema che utilizzava l’organizzazione di informazione con lo scopo di perseguire interessi personali propri31, dal contenuto dei fascicoli si intuisce che le finalità della raccolta non potevano essere quelle di favorire uno od alcuni partiti politici piuttosto di altri, in parte perché i dati raccolti riguardavano esponenti di tutto l’ arco parlamentare, sia di governo che di opposizione, inoltre la qualità delle notizie di tipo personale lasciava pensare a finalità ricattatorie.

27

Pugliese G., Il diritto alla “riservatezza”nel quadro dei diritti della personalità in rivista diritto civile 1963,I,622

28Jemolo ; Diritto d’ informazione dello Stato; in Giur. Cost. 1967

29

Commissione parlamentare d’ inchiesta sugli eventi del giugno-luglio 1964, Relazione di maggioranza

30

Commissione parlamentare d’ inchiesta sugli eventi del giugno-luglio 1964, Relazione di maggioranza

31

Commissione parlamentare d’ inchiesta sugli eventi del giugno-luglio 1964, Relazione di minoranza

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Quindi è da ritenersi che l’ attività messa in moto da de Lorenzo avesse lo scopo di favorire la sua scalata a ruoli di sempre maggior potere, o come arma di scambio per stroncare la carriera di alcuni soggetti a tutto favori dei loro concorrenti; molto più probabilmente sono vere entrambe32.

Il SIFAR durante il periodo di de Lorenzo, non agiva ormai più sotto le sole direttive del ministero della difesa a cui era sotto posto, come sarebbe dovuto essere, ma probabilmente anche per conto di altri ministeri, se non di centri di poteri estranei all’ organizzazione del governo, cosa ancor più grave. Lo scandalo emerse anche in relazione alle finanze del SIFAR, che necessitava di più denari rispetto a quelli assegnati dal governo con l’approvazione del bilancio, per mantenere una struttura che in realtà era composta da un organico molto più ingente di quello che risultava dai documenti ufficiali. Si calcola infatti che dovesse essere dotato di circa 200 ufficiali e 2000 soldati, ma in realtà il numero poteva oscillare tra i 10 00 ed i 13 000 uomini33 .

Il SIFAR era dotato di apposito ufficio per le relazioni industriali di cui si serviva per procurarsi fondi all’esterno, il R.E.I., in stretto contato con il mondo industriale e finanziario. Oltre a questi assai probabile è che il SIFAR ricevesse finanziamenti diretti anche dalla NATO, attraverso canali diversi dal REI34.

Non si può che giungere alla conclusione inevitabile che il SIFAR non fosse indipendente, in quanto la provenienza dei finanziamenti e le modalità di svolgimento delle sue funzioni, non lasciano dubbi sul fatto che agisse in base ad altri interessi in primis, piuttosto che in base a quello dell’interesse della sicurezza militare, rispondendo, anche finanziariamente, ad altri soggetti ed istituzioni piuttosto che al ministero al quale era subordinato.

Le Principali istituzioni competenti per argomento, il Ministro della Difesa ed il Presidente del Consiglio, allora l’ onorevole Aldo Moro, nonostante la pericolosità dei comportamenti tenuti dal SIFAR, tennero la linea di conservazione e quasi di difesa dell’istituzione del servizio segreto, nonostante “ i rilievi critici su alcune disfunzioni”35. La linea da seguire da parte di tutto il mondo politico era chiara evitare il più possibile qualsiasi responsabilità per gli eventi accaduti, magari scaricandola su alcuni apparati militari, senza però prendere alcuna

32Cocco G.; I servizi di informazione e di sicurezza nell’ordinamento italiano Padova 1980

33 Sassamano M.; SID e il Partito Americano, 1975.

34SASSANO M.; SID e il Partito Americano, 1975

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decisione in merito ad una profonda, e visti gli avvenimenti auspicabile riforma del sistema, che responsabilizzasse proprio la politica e sciogliesse il legame ormai obsoleto tra servizi segreti e la sfera della sicurezza militare36.

Tuttavia ciò non avvenne, come timida risposta nel 1966, con una circolare del ministero degli della difesa, il Ministro Tremelloni provvedete a rinominare il servizio da SIFAR in SID, servizio informazioni della difesa37 (ILARI V. ; Le Forze Armate tra politica e potere, Firenze, 1978)

Probabilmente questo si rivelò un errore fondamentale, la fase successiva delle deviazioni dei nostri servizi assume infatti caratteri ben più drammatici.

Assopitosi per qualche tempo in seguito alle polemiche il SID, cominciava lentamente a riprendere forza, per poter interpretare un ruolo tanto nascosto quanto determinante per quelle che sarebbero state le principali vicende della politica italiana.

3,2) Il RUOLO DEL SID, NELLA STRAGE DI PIAZZA FONTANA.

Si entra nel periodo delle stragi. La strategia stavolta era diversa, ci si voleva rivolgere a corpi estremi della politica italiana per eliminare altre parti, magari percepite come più progressiste, agendo sotterraneamente per coprire gli autori di attentati e stragi, si esecutori che mandanti38. In particolare alle 16 e 30 del 12 dicembre del 1969, si verificò l’avvenimento che dette inizio alla stagione dei così anni di piombo, in cui per lo meno alcune sezioni deviate dei Servizi giocarono un ruolo, che ne la storiografia, ne la dottrina sono riusciti a ricostruire totalmente. L’esplosione, della bomba di 7 chili di tritolo, avvenne nella sede della Banca nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana, a Milano, uccise 17 persone e ne ferì altre 8739.

La giornata del 12 dicembre 1969, si concluse con il bilancio di cinque attentati, una seconda bomba venne ritrovata inesplosa nella sede della Banca Commerciale Italiana, in piazza della Scala, un terza ed una quarta bomba esplosero a Roma, rispettivamente all’ Altare della Patria

36

Cocco G.; I servizi di informazione e di sicurezza nell’ordinamento italiano Padova 1980

37Ilari V. ; Le Forze Armate tra politica e potere, Firenze, 1978

38Presenti R.; Le stragi del SID. I generalizzato accusa, Milano 1974

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Baldoni A.; Provvisionato S., Anni di piombo. Sinistra e destra: estremismi, lotta armata e menzogne di Stato dal Sessantotto a oggi, Milano, Sperling & Kupfer, 2009.

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e all’ ingresso del Museo centrale del Risorgimento in Piazza Venezia, ed ancora un’altra all’ingresso sotterraneo della Banca Nazionale del Lavoro di Via Veneto.

Gli eventi del giorno, diedero inizio ad uno dei periodi più travagliati della storia contemporanea Italiana, cui la storiografia ha dato varie interpretazioni e risvolti politici, parte di questa la vide infatti come azione dei vari gruppi di estrema destra, tesi al fine di destabilizzare le istituzioni, di terrorizzare i cittadini imponendo con la forza una sorta di svolta a destra della politica italiana, dando la colpa degli attentati a gruppi anarchici e di estrema sinistra; l’ altra teoria vuole che ad essere responsabili delle stragi siano stati esponenti del mondo della politica, cioè una parte del mondo politico che attraverso la collusione con i Servizi segreti ed alcuni settori del mondo dell’economia, e della criminalità, desideravano porre le condizioni per giustificare una maggiore acquisizione di potere da parte di settori reazionari del mondo politico40.

A quest’importante evento seguirono ben dieci processi, l’ultimo dei quali si concluse nel 2006 ci ben quarantaquattro anni dopo.

L’incertezza anche processuale non fece che aumentare il clima di sfiducia nei confronti delle istituzioni che in quegli anni si andava incrementando.

Tuttavia è proprio nel lavoro certosino effettuato dalla magistratura, che si devono ricercare le effettive responsabilità e finalità degli attentati.

Così Guido Salvini, magistrato presso la procura di Cremona, che ha riaperto le indagini sulla Strage, grazie all’apertura di alcuni archivi dei Servizi di informazione contribuendo ad aumentare il grado di manifestazione della collaborazione degli apparati di intelligence con esponenti del mondo dell’estrema Destra ritenuti poi i responsabili delle stragi: “Tutte le sentenze su Piazza Fontana anche quelle assolutorie, portano alla conclusione che fu una formazione di estrema destra, Ordine Nuovo, a organizzare gli attentati del 12 dicembre. Anche nei processi conclusesi con sentenze di assoluzione per i singoli imputati è stato comunque ricostruito il vero movente delle bombe: spingere l’allora Presidente del Consiglio, il democristiano Mariano Rumor, a decretare lo stato di emergenza nel Paese, in modo da facilitare l’insediamento di un governo autoritario”41.

Se infatti i presunti esecutori della Strage vennero assolti, questo non avvenne per gli ambienti dell’Estrema Destra che risulta dagli atti processuali come la prima responsabile dei

40 Montanelli I, Prefazione, in L'Italia degli anni di piombo, Milano, Rizzoli, 1991.

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fatti del 12 dicembre 1969. Dalle indagini tuttavia sono emersi, anche se in modo non abbastanza chiaro che questi gruppi, ebbero copertura da parte, di alcuni ambienti deviati dei Servizi, che vivevano ancora nella struttura in cui li aveva configurati il regime Fascista. La validità delle prove raccolte dalla magistratura, anche se non è riuscita ad indicare i singoli soggetti colpevoli, non ha perso valore nell’indicare come responsabili della strage i gruppi “nazi-fascisti” ed i settori deviati dello Stato, i primis dei Servizi di informazione, che si nascondevano dietro di questi.

I depistaggi da parte di questi ambienti del mondo dell’intelligence furono molti e con un’incisività tale da incidere fortemente sulla quantità e qualità delle prove assunte dalla magistratura, esempi sono stati i numerosi rapporti richiesti dalla magistratura al SID, il quale nel riferire alla magistratura le informazioni richieste, inseriva nelle relazioni alla questura di Milano sia elementi di veridicità che elementi inventati, o che comunque si rivelarono privi di fondamento, quali ad esempio informazioni sulle opinioni politiche e sull’estrazione di sospettati42.

Da considerare, per rafforzare queste conclusioni a cui la magistratura giunse, anche l’aspetto che se gli elementi di prova emersi negli ultimi processi, cioè in quelli meno risalenti nel tempo, fossero emersi precedentemente si sarebbe potuti giungere a più condanne a carico dei soggetti esecutori materiali dei reati.

Tra questi rientrano sicuramente l’emersione degli stretti legami organici fra i gruppi nazifascisti, elementi dei Servizi Segreti militari e dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno43.

42

De Lutiis G., Il lato oscuro del potere: associazioni politiche e strutture paramilitari segrete dal 1946 a oggi, Editori riuniti, 1996.

43

Nella sua intervista il giudice Guido Salvini riferisce anche che: “il senatore democristiano Paolo Emilio Taviani, in una sofferta testimonianza resa poco prima di morire e purtroppo non acquisita dalle Corti milanesi, ha raccontato di aver appreso che un agente del Sid, l'avvocato romano Matteo Fusco, il pomeriggio del 12 dicembre del 1969 era in procinto di partire da Fiumicino alla volta di Milano in quanto incaricato, seppure tardivamente, di impedire gli attentati che stavano per avere conseguenze più gravi di quelle previste. Tale "missione" non riuscita, confermata dalla testimonianza della figlia ancora vivente

dell'avvocato Fusco, che aveva ben presente il rammarico del padre negli anni per non avere potuto evitare la strage, indica ancora una volta che la campagna di terrore non fu solo il parto di un gruppetto di fanatici, ma che a Roma almeno una parte degli apparati istituzionali

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L’ultimo processo, quello conclusosi nel 2005, terminò con l’assoluzione da parte della Cassazione con sentenza definitiva, dei presunti esecutori: Delfo Zorzi, Giancarlo Rognoni e Carlo Maria Maggi, tuttavia è necessario ricordare, che la formula assolutoria giudicò incompleto l’ammontare delle prove a loro carico e venne pronunciata per intervenuta improcedibilità nei loro confronti, con le nuove prove infatti si sarebbero potuti condannare. Anche la commissione parlamentare sulle stragi evidenziò come effettiva l’essenza di un tentativo di golpe, promosso da parte di ambienti collocati all’interno dei Servizi di sicurezza, perpetuato con lo scopo di frenare conquiste sindacali e la crescita del consenso per le sinistre, viste come un pericolo da scongiurare44.

Ad aprire la crepa definitiva nell’azione del SID ed a minare definitivamente la sua credibilità di fronte ad un’ opinione pubblica già largamente diffidente, furono queste inchieste della magistratura, che rivelarono volta volta le connivenze del SID, o meglio di certi ambienti deviati al suo interno, con la “strategia del terrore”.

Di fronte ad eventi tanto gravi, la politica non ebbe più il coraggio di azioni timide nei confronti di un apparato statale verso il quale avevano dimostrato di non voler agire cambiandone gli equilibri organizzativi45 .

L’ opinione pubblica democratica era ormai completamente sfiduciata e le richieste di una riforma strutturale dell’intero sistema non potevano più essere ignorate, si faceva ormai notare come i sevizi fossero strutturati all’interno delle forze armate, comandati da generali e poi i singoli uffici da colonnelli ed altri ufficiali. Questa struttura militare veniva percepita come sbagliata non solo per gli eventi che dimostrarono le deviazioni subite, ma anche per la scarsa democraticità a cui un organismo con finalità tanto delicate non poteva più essere soggetto. Serviva una riconciliazione con il mondo democratico e costituzionale, si notavano infatti l’assenza di normative, esistevano solo alcuni regolamenti e disposizioni ministeriali, troppo poco per garantire il rispetto dello stato di diritto.

Una delle proposte che più presero corpo fu quella di “Laicizzazione” del corpo dell’ apparato d’ intelligence, realizzando anche in Italia il passaggio da Militari in servizi Civili. Ricordandosi però che anche in presenza di un servizio civile non era da sottovalutare il era a conoscenza della preparazione degli attentati e cercò solo all'ultimo momento di

ridurne gli effetti”.

44Eduardo M. Di Giovanni, Ligini M., Pellegrini E., La strage di Stato, 2006.

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pericolo delle deviazioni, in quanto queste non dipendono esclusivamente dalla natura militare dell’orango quanto da fattori regolamentari ed esterni ad esso46.

Questi gli eventi che portarono alla prima riforma dell’intelligence italiana, pe mezzo della legge 24 ottobre 1977 numero 801, che contenne al suo interno una disciplina abbastanza diffuso di tutta l’organizzazione.

4) LA RIFORMA DEL 1977

La prima vera riforma organica del 1977, fu quella che avrebbe dovuto realizzare il passaggio da intelligence militare, obiettivo che può considerarsi centrato solo parzialmente dalla disciplina che ne risultò, quella della legge n.801/1977.

Quelle che erano state le spinte alla riforma avevano coltivato il dibattito sulle cause delle deviazioni degli anni settanta. Questo dibattito si concretizzò fondamentalmente in due idee, la prima, che i servizi dovessero passare dalla sfera militare, alla sfera civile, quindi non più per perseguire scopi militari, sotto la direzione di questi ma anche con finalità di ordine civile ed affidati ai vertici politici. La seconda che a monte ed a causa delle deviazioni degli anni precedenti ci fosse non soltanto la natura militare dei servizi, quanto piuttosto una scarna disciplina normativa a regolamentare puntualmente struttura, compiti e ruoli nell’ambito di un organizzazione che dovesse essere ricondotta alla pubblica amministrazione dello Stato47. Oltre a questo si rendeva necessario al legislatore di recepire gli indirizzi giurisprudenziali stabiliti dalla Corte Costituzionale con le sentenze numero 82 del 6 aprile 1976 e numero 86 del 24 maggio 1977 concernenti la nuova interpretazione riguardo il segreto di stato.

Il materiale ed i punti su cui agire erano molti e comportarono un vero stravolgimento dello materia, ad opera di una legge che tuttavia fin dalla sua promulgazione non suscitò entusiasmi a causa di alcuni aspetti conservativi48.

46

Guzzanti P., in “La Repubblica” 6 agosto 1976)

47

Romano G., Parlamento e servizi di informazione e sicurezza: riflessioni su una riforma attesa da vent’ anni, in Il Parlamento della Repubblica, Roma, n11/2001

48

Romano G., Parlamento e servizi di informazione e sicurezza: riflessioni su una riforma attesa da vent’ anni, in Il Parlamento della Repubblica, Roma, n11/2001

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Tuttavia l’ intervento è sicuramente da leggere in chiave positiva quanto meno perché contribuì alla chiusura di un periodo fin troppo oscuro della nostra storia politica, e all’affrancamento da servizi di altri paesi che avevano più volte esercitato influenze non sempre positive sui nostri49.

In Secondo luogo, l’aver compiuto la scelta non scontata, ma quasi obbligata, di adottare una normativa di rango primario per regolamentare in maniera diffusa la materia ci ha collocati in una posizione di avanguardia rispetto ad altri paesi che, seppur avendo già provveduto a smilitarizzare e riformare i loro servizi non avevano ancora provveduto a disciplinarli con norma primaria, soggetta quindi all’approvazione del parlamento. Nel Regno Unito, uno dei paesi più avanzati in materia, l’esistenza del Mi6, forse il servizio segreto più famoso del mondo, venne ammessa ufficialmente solo con il “Queen’s speech" del 1992, e disciplinata con legge soltanto nel 1994 con l’ “Intelligence service act”50. Il legislatore non ci pose all’ avanguardia solo per quello che riguardò la legalità del sistema di informazione, ma anche per un altro punto cardine della nuova disciplina, quello del sistema di controllo parlamentare sull’operato dei servizi e sulle decisioni dei nuovi vertici politici. Sul punto gli Stati uniti ci precedettero solo di un anno, con l’ istituzione nel 1976 del “Select Commitee on Intelligence” del Congresso, per quanto riguarda gli altri paesi europei ci sarà da spettare non poco; per il Regno Unito il 1994 e per la Francia il 199951. Altri punti di importanza rilevante furono quelli di prevedere di svincolare gli agenti dei servizi dai ruoli di agenti ed ufficiali di polizia giudiziaria, a sottolineare la profonda differenza che intercorre tra la funzione propria della polizia giudiziaria e quella di informazione per la sicurezza. La possibilità di gestire indipendentemente ma sotto controllo la funzione amministrativa e quella di gestione delle risorse umane e soprattutto la nuova disciplina del Segreto di Stato adeguata a quelli che erano stati i rilievi della Corte Costituzionale sullo scorretto utilizzo dell’istituto nel decennio precedente52.

49

Pellegrino G., Due domande sugli interventi delle potenze straniere in Italia, in volume a cura di F. Sidoti, Sicurezza e intelligence, L’ Aquila, 2006

50

Mosca C., Gambacurta S., Scandone G., Valentini M., I Servizi di informazione e il segreto di Stato (Legge 3 agosto 2007, n. 124), Milano, 2008.

51

Romano G., Parlamento e servizi di informazione e sicurezza: riflessioni su una riforma attesa da vent’ anni, in Il Parlamento della Repubblica, Roma, n11/2001

52

Valentini m., Il sistema di intelligenze in Italia, una riforma attesa da tempo in Riv. Pol. V-VI-VII/2005

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Si capisce come quella che ne risultasse descritta fosse una nuova intelligence al servizio della democrazia italiana.

Veniamo quindi ad esaminare i tratti salienti di quella che fu, l’organizzazione delineata dalla legge numero 801/1977, partendo dall’innovazione principale, quella dell’affidamento di coordinamento ed alta direzione dell’attività svolta dai servizi, alla figura del Presidente del Consiglio dei Ministri.

4,1) FUNZIONE DI INDIRIZZO

Nell’assetto delineato dalla legge numero 801 del 1977, al Presidente del Consiglio dei Ministri erano devoluti: l’ alta direzione, la responsabilità politica generale, il coordinamento della politica informativa e di sicurezza (art. 1, c.1); la potestà di emanare direttive ed ogni altra disposizione per il perseguimento dei fini di cui alla politica di informazione, sotto il profilo organizzativo e sotto quello funzionale (art.1 c.2); il controllo dell’applicazione dei criteri per l’apposizione del Segreto di Stato (art.1 c.2); presiede il comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza (art.2 c.1), che risiede presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (art.2 c.1) ed è titolare di particolari poteri in rapporto a tale funzione (art.2 c.3); presiede il comitato esecutivo per i servizi di informazione e sicurezza, CESIS (art.3 c.1), ne determina la composizione e l’ organizzazione strumentale (art.3 c.5).

La potestà di costituire l’ordinamento dei servizi, quello per le informazioni e la sicurezza militare, SISMI, e quello per le informazioni e la sicurezza democratica, SISDE, era affidata ai ministeri, tuttavia la legge riconosceva al Presidente il potere di emanare direttive o disposizioni proprio per vincolare i principi entro cui tale potestà veniva esercitata dai ministeri (art.4 c.2 e art.6 c.2).

Dava possibilità al CESIS di poter disporre, su iniziativa proprio, del SISMI, del SISDE o su proposta dei ministeri competenti, l’utilizzo di mezzi ed infrastrutture proprie di qualsiasi amministrazione dello stato (art.7 c.3).

Il Presidente del Consiglio dei Ministri, inoltre, incarna la responsabilità politica, nel rapporto di fiducia che ha con le Camere, per ciò che attiene alla funzione di segretazione di informazioni per la sicurezza; a lui infatti il comitato parlamentare di controllo deve avanzare tutte le richieste di chiarimento, riguardo l’attività e le strutture dei servizi. Sempre al presidente spettava, in via definitiva, di confermare all’autorità giudiziaria l’apposizione del

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segreto su determinati atti oggetto d’ indagine e di darne comunicazione al comitato parlamentare ogniqualvolta la conferma venisse data (art.17).

Il Presidente del Consiglio provvedeva infine con propri decreti, emanati su proposta del comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza, ad assegnare ai servizi le somme di cui avevano bisogno per spese di organizzazione e funzionamento, nonché di spese riservate da inserire nello stato di previsione di spesa della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri della Difesa e dell’Interno (art.19 c.2) ( l. n.80/1977).

A mio parere risulta chiara e pacifica l’intenzione del legislatore di porre mano, in questa prima parte della legge, ad alcune di quella che erano state le principali cause di deviazione degli anni precedenti.

Si tratta di un gran numero di potestà affidate ad una figura, quella del Presidente del Consiglio già caratterizzata dal complesso di poteri affidatigli dalla Costituzione, che sono quelli di direzione generale della politica del governo e sua responsabilità politica di esso, insieme al coordinamento dell’attività dei ministri (art.95 Cost.).

Dal raffronto tra le due normative, quella Costituzionale e quella delineata dalla legge del ’77, emerge con chiarezza che i poteri affidati alla figura del Presidente del Consiglio eccedevano quelle che erano le caratteristiche proprie di tale istituzione come delicata dalla Costituzione53.

Tra le competenze, affidate dalla legge si possono, intanto, individuare quelle che ricalcano le competenze come inquadrate dalla costituzione; infatti i compiti di alta direzione, di vigilanza, di coordinamento, derivano proprio dalla natura dell’organo in questione54 . In questa parte la legge riprende quelle che sono le indicazioni costituzionali, creando una figura volta ad assicurare l’ unità interna e l’ omogeneità dell’azione dei servizi di informazione, così come avviane per l’ azione del Governo55 .

53

Labriola S., Le informazioni per la sicurezza dello stato, Milano, 1978), tale supremazia dell’istituzione si accentuò in base ad argomentazioni di sistema e dalla prassi evolutiva (Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, I, Padova, 1975.

54

Rizza, Il presidente del consiglio dei Ministri, Napoli, 1970, Il Presidente come titolare di un ruolo do coordinamento della politica generale di governo, il suo ruolo come indicato nella costituzione è in questo settore affiancato da un ruolo più pregnante che risulta atipico per la figura del Capo dell’Esecutivo.

55

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La figura del Presidente del Consiglio dei Ministri divenne centrale in materia già con la sentenza della Corte Costituzionale del 1977 numero 86., che richiamando proprio le attribuzioni presidenziali affidate dall’art. 95 Costituzione, per affermare la competenza in via esclusiva del presidente dell’opposizione del segreto di stato su documenti richiesti dalla magistratura, in questo modo andando a sottrarre, de facto, tale potere al Guardasigilli, indicando al legislatore parte della disciplina da adottare, non solo con riferimento all’ambito del segreto di stato56.

Ma le potestà del Presidente non risultano, limitate a queste, bensì, volendole suddividere in aree di competenza, in almeno tre ordini diversi 57.

Un primo ordine troviamo la potestà normativa vera e propria, che risulta essere molto differente da quella normalmente prevista per i regolamenti governativi58.

In genere gli atti governativi vengono approvati dal Consiglio dei ministri previo parere obbligatorio del Consiglio di Stato, assumendo la forma di atti del Presidente della Repubblica,59la legge del 1977 n.801 non prevedeva nessuna di queste fasi (legge n801 1977) Il presidente appare titolare esclusivo della potestà regolamentare per quanto riguarda la materia delle informazioni e sicurezza, come regime derogatorio a quello ordinario che vede, tale competenza attribuita degli altri organi del governo in particolare al Consiglio dei ministri. Nel campo delle informazioni della sicurezza il potere regolamentare del Presidente si estende tanto che, i ministri della difesa e dell’interno, preposti ai compiti ai due servizi, rispettivamente il SISMI ed il SISDE, nell’esercizio della loro funzione regolamentare, devono rispettare i limiti posti dalla normativa secondaria presidenziale60 .

Altra anomalia riguarda, il fatto che nell’esercizio della sua potestà regolamentare in materia di informazioni per la sicurezza il presidente del consiglio non trovasse mai la partecipazione, non del Consiglio dei Ministri, che per la materia in nessun caso si configura, ma dell’organo collegiale previsto dalla legge, cioè il comitato interministeriale per le informazioni e la

56

Labriola S., Le informazioni per la sicurezza dello stato, Milano, 1978.

57

Labriola S., Le informazioni per la sicurezza dello stato, Milano, 1978.

58 Labriola S., Le informazioni per la sicurezza dello stato, Milano, 1978.

59

Vacchelli, Sulla facoltà del potere esecutivo di emanare norme giuridiche, Riv. dir. pubbl. 1926.

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sicurezza61. Quindi ricapitolando il potere di normazione secondaria del Presidente del Consiglio dei Ministri, ex legge numero 801/1977, veniva delineato come un potere esclusivo andando ad ampliare le attribuzioni dell’organo assegnate dalla Costituzione, ed introducendo nuove forme di emanazione che non prevedevano l’apporto di organi collegiali all’azione del Presidente.

Unica eccezione al tipo di potestà configurata per il Presidente del Consiglio, era quella espressamente prevista dalla legge, rispetto al controllo degli organici del comitato esecutivo e dei due servizi, della definizione dei casi e modalità di trasferimento ad altra amministrazione dello stato di personale assunto “ex novo”.

In quest’ipotesi il Presidente doveva avvalersi del necessario parere preventivo del Comitato interministeriale e, per ragioni di competenza con il ministro del tesoro, ma solo per quello che riguardava il personale del comitato esecutivo, per quello dei due servizi provvedevano i ministri competenti con analogo provvedimento. Le ragioni di tale eccezione sono da rinvenire nell’oggetto, della normativa in questione, si tratta, infatti, di una disciplina ampiamente derogatoria rispetto a quella ordinaria valida per il pubblico impiego, e pertanto necessitava di cautele particolari62, ed anche, ad opinione di chi scrive, di particolare delicatezza per evitare commistioni come quelle verificatesi tra personale del SIFAR e gli organici del corpo dei carabinieri, motivo di non poche preoccupazioni a suo tempo.

Ciò considerato il principio da ritenersi valido, per quanto riguardava il primo ordine, cioè quello della competenza normativa affidata dalla legge al Presidente del Consiglio, era quello della esclusività di tale potestà, esercitata da lui soltanto 63.

Un secondo ordine di potestà particolari, è quello che riguardava il rapporto tra Presidente del Consiglio e gli altri organi del governo, inseriti nell’ambito delle informazioni per la sicurezza64. Anche in questo campo sono posti poteri molto incisivi che non sono quelli normalmente previsti 65, esercitata su quella dei ministri e degli altri organi che normalmente

61

Amato, Nuove tendenze nella formazione degli atti di governativi di indirizzo, Rivista trim. dir. pubbl. 1970.

62 Virga, Il pubblico Impiego, Milano, 1973.

63Labriola S., Le informazioni per la sicurezza dello stato, Milano, 1978.

64Labriola S., Le informazioni per la sicurezza dello stato, Milano, 1978.

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è piena ed esclusiva, in particolare con riferimento ai ministri 66. Le competenze, così come venivano delineate dalla legge, non solo si avvicinavano a quelle degli altri organi del Governo, ma proprio sull’esercizio di queste potestà, da intendersi normalmente piene ed esclusive andava ad incidere 67.

Andiamo a vedere come la legge configurava quest’intrusione del presidente nel ruolo di altri soggetti di governo; intanto per la legislazione in esame al presidente non competeva soltanto il potere di porre direttive per individuare la politica generale in materia di sicurezza, funzione che rientra nelle competenze e risponde alle sue responsabilità generali, ma anche il potere di porre in essere le disposizioni per il perseguimento delle linee politiche indicate, si sta parlando quindi di disposizioni atte a regolare fattispecie concrete, a contenuto dispositivo, questo fa capire quanto si stessero ampliando i poteri presidenziali; a fronte delle indicazioni di carattere generale che dovrebbe dare per individuare la linea politica da seguire, nel campo delle informazioni per la sicurezza, la legge affidava al presidente una competenza, di dettaglio, tesa all’ applicazione delle linee di politica generale già individuate, che sono competenze che normalmente vengono assegnate o al Consiglio dei Ministri, o ai singoli Ministri 68.

Altra facoltà che in genere non sembra potersi configurare per il presidente del Consiglio è quella di, limitare con sua direttiva, quelle che erano le potestà dei Ministri interessati, quello della Difesa e quello dell’Interno dell’ambito della gestione dei servizi a loro sottoposti, infatti il presidente poteva non solo porre dei principi entro i quali dovevano muoversi ma anche a sua discrezionalità sostituire con il suo potere regolamentare quello dei ministri competenti; competenze da ritenersi sicuramente anomale per la figura del Presidente come delineata dalla costituzione 69.

66

Gatta, Ministeri e ministri, Nss., D.I., X, 1970.

67

Gatta, Ministeri e ministri, Nss., D.I., X, 1970; in realazione all’ampliamento dei poteri del Presidente del Consiglio dei Ministri. oltre il loro normale ambito, si ricorda che il Laboriola Lo definì, “Presidente Ministro”, proprio perché, la legge gli attribuiva per gli specifici compiti riguardo ai Servizi di informazione e di sicurezza, potestà ministeriali, cioè di

regolamentazione specifica.

68Virga, Il provvedimento amministrativo, Milano 1973.

69

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Altra competenza del presidente affidatagli dalla legge numero 801 del 1977, era quella di autorizzare il comitato esecutivo o i servizi, su richiesta di questo o dei ministri loro preposti all’accesso o utilizzazione a mezzi di altri settori o uffici della pubblica amministrazione: senza l’ autorizzazione del presidente non era possibile per i servizi procedere a tale attività; questa facoltà corrisponde totalmente alle facoltà normalmente affidate al presidente, il potere di direzione delle attività delle varie parti dell’organizzazione della pubblica amministrazione, compresa quella delle informazioni per la sicurezza, rientra tra quelli che sono gli atti che in via qualificano la posizione del Governo e solo il presidente è responsabile, di fronte al parlamento per l’azione generale del Governo, anzi si può ben dire che è lui stesso ad esternare la volontà del Governo 70.

Ultime particolarità da rilevare in capo al Presidente riguardano il rapporto tra questi ed il comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza, rapporto che si caratterizzava a tratti come normale ed a tratti speciale.

Presiedeva infatti il comitato interministeriale, pertanto, decidere l’ ordine del giorno, dirigere la discussione, stabilire la convocazione dell’organo rientrano perfettamente nella normalità del rapporto che deve sussistere tra le due classi di organi, così come è da ritenere che debba rientrarvi anche la possibilità ,che la legge affidava al presidente, di stabilirne la composizione eventuale, essendo quella necessaria già stabilita dalla legge stessa; possibilità, tutte queste, che rientrano nella normalità del ruolo presidenziale, tanto che, è da ritenersi debbano essere concesse anche qualora la legge non le preveda espressamente 71.

Anomalo invece che con riferimento allo specifico comitato per le informazioni e la sicurezza, la legge del ’77 ponesse il divieto di delegare la presidenza ad altro membro designato dal presidente; tale facoltà in relazione ai comitati interministeriali è da ritenersi sempre prevista, la regola vuole che si affidi il compito ad un ministro, tanto che di solito a questo viene dato il ruolo di vicario, o alle volte di vicepresidente, e provvede solitamente a presiedere il comitato, tranne che in casi di particolari; per esempio sedute deliberative a cui si vuole conferire particolare risalto o in cui vengono in gioco interessi che mettano in relazione vari elementi dell’azione generale di governo, per cui si richiede un coordinamento più ampio ed autorevole, in cui il Presidente del Consiglio decide di riappropriarsi della sua funzione 72.

70

Viviani, La presidenza del consiglio in alcuni Stati dell’Europa occidentale ed in Italia, Milano,1970.

71 Treves, I comitati interministeriali, St. CEDAM, Padova, II, 1953.

72

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Parimenti anomalo risulta il fatto che la legge affidi al comitato il potere non deliberativo, ma solo di consulenza all’azione del Presidente del Consiglio, questo infatti è incaricato di fornire al presidente parei, o di avanzare proposte per coadiuvare l’esercizio da parte del Presidente delle facoltà di cui era dotato nell’ambito dell’organizzazione per le informazioni e la sicurezza delineato dalla legge 801 del 1977 73.

Anche nel caso dei rapporti del Comitato interministeriale per la sicurezza con il Presidente la legge di riferimento costituiva, per quanto ci fossero degli elementi di somiglianza con le normali funzioni affidate alla figura del presidente, delle competenze più ampie rispetto alle solite e che andavano a comprimere, per il settore disciplinato dalla legge, le attribuzioni solitamente affidate agli altri attori del governo che vengono in rilievo.

Ancora più netta e marcata era la disciplina, per la prima volta disciplinata da norma primaria, che affidava, su precisa indicazione e suggerimento della Corte Costituzionale con la sentenza numero 86 del 1977, la potestà in tema di segreto di stato al presidente del Consiglio dei Ministri; la legge infatti affidava al presidente <<l’applicazione dei criteri relativi all’ apposizione del Segreto di Stato e alla individuazione degli organi a ciò competenti>>74 , benché non ci fosse quindi una competenza esclusiva per quanto riguardava l’apposizione del Segreto, competenza esclusiva del presidente, era da ritenersi quella che riguardava la “tutela” del segreto, cioè quel complesso di norme che regolavano e coordinavano le modalità ed i soggetti incaricati di porre in essere il segreto e la conferma della sua posizione su determinati documenti ad altri poteri dello Stato, quale la Magistratura 75. Non sarebbe potuto essere altrimenti visto il ruolo di responsabilità generale per l’ azione di governo, e rappresentanza di questo nei confronti delle altre istituzioni dello stato che l’art95 della Costituzione affida al Presidente del Consiglio e da cui la Corte Costituzionale ha ricavato le basi costituzionali su cui poggiare la nuova disciplina del segreto di Stato, la disciplina disegnata dalla legge in esame ha distaccato, recependo le indicazioni e le richieste provenienti dalla Corte Costituzionale di una nuova disciplina sulla tutela del Segreto affidata al Presidente del Consiglio dei Ministri in quanto principale responsabile ed attore della politica generale del

73Labriola S., Le informazioni per la sicurezza dello stato, Milano, 1978.

74 Sentenza numero 86 del 24 maggio 1977. vedi pagina 15.

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governo, dal Consiglio dei ministri cui era precedentemente affidata, Rientrando così una competenza propria ed esclusiva del capo del Governo 76.

Per tracciare un dato finale, la disciplina del 1977 introduceva per la prima volta come organo di vertice del sistema il Presidente del Consiglio dei Ministri attribuendo a questo non solo compiti in linea con le funzioni proprie di coordinamento ed indirizzo politico, ma attribuendogli funzioni molto più incisive e da lui non delegabili ad altri soggetti, quindi esclusive.

Il comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza, già accennato si configurava anch’esso come organismo con funzioni anomale; nel normale rapporto tra organo collegiale, il consiglio dei ministri e Presidente del Consiglio, l’ organo collegiale non si declina ad assolvere facoltà di consiglio e di proposta ma le sue competenze sono deliberative; nel caso del comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza questo si configura invece come strumento di ausilio alle funzioni in materia assegnate al presidente del consiglio dei ministri 77.

Unico caso in cui il parere del comitato era obbligatorio e risultava vincolante per le decisioni del presidente era quello relativo alla gestione dell’organico dei servizi; il suo parere era obbligatorio ma non vincolante invece in caso di determinazione dei fondi spettanti ai servizi insieme al parere dei ministri componenti ed a quello del ministro del tesoro 78.

In nessun altro caso le funzioni di consulenza e proposta del comitato risultavano obbligatorie, il Presidente infatti manteneva la più totale discrezionalità nell’esercitare la sua facoltà di servirsi di tali pareri, o nel richiederli, configurandosi la natura delle decisioni del presidente come assolutamente discrezionale; discrezionalità tuttavia, limitata soltanto dai

76

Romanelli Grimaldi C. La figura del presidente nella recente legge 24 ottobre 1977 n.801 sulla istituzione e sull’ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato, in AA.VV., Segreto di stato e servizi di Informazione e Sicurezza

(commento alla legge 24 ottobre 1977 n.8019), Roma 1978: Si ricordano anche qui le nuove prerogative del Presidente che andava a costituirsi come il fulcro del sistema di intelligence, era infatti l’organo di vertice decisionale del sistema, e non sarebbe potuto essere altrimenti viste le affermazioni della Corte costituzionale contenute nella sentenza numero 86 del 1977.

77

Carbonaro; governo e consiglio supremo di difesa nella determinazione della direttiva in materia politico-militare, St Zanobini, Milano, II, 1965

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doveri e vincoli di correttezza istituzionale con gli altri attori del governo e che potevano vedersi un’invasione di campo nelle loro attribuzioni da parte dei servizi79.

In definitiva il Comitato svolgeva una funzione ausiliaria rispetto al Presidente, che si configura come anomala, tuttavia non sarebbe potuto essere altrimenti, visto che proprio le competenze del presidente si configuravano come anomale per la figura, la legge per essere coerente e dare organicità al procedimento di direzione politica dei servizi, fece la scelta necessaria di limitare le competenze dell’organo collegiale costituendo così una struttura accentrata sul Presidente come principale responsabile dell’azione dei servizi per l’ informazione e la sicurezza80.

4,2) FUNZIONE ESECUTIVA

Analizziamo ora la configurazione dei due servizi servizi, il SISMI ed il SISDE, il primo che aveva competenza per le informazioni per la sicurezza militare, sottoposto al ministero della Difesa, ed il secondo per le informazioni per la sicurezza democratica, sottoposto al ministero dell’interno 81. I due servizi si configuravano, infatti, come uffici autonomi governativi, come indicano le norme che istituiscono questi e quelle relative al al personale della pubblica amministrazione che può esservi trasferito, nonostante questo conservando piena autonomia sia strutturale che funzionale rispetto alle altre amministrazioni ministeriali 82.

Importante era la distinzione che intercorreva tra i due servizi in relazione alla loro funzione, le finalità del SISMI infatti erano quelle dell’informazione per la Difesa, operava quindi sul piano militare, per garantire la protezione degli interessi nazionali da tutte quelle minacce all’integrità dello stato intese come lesione della sua sovranità ed indipendenza, sempre a

79

Trevez G. Correttezza costituzionale, Enc. dir., X,1962

80

Labriola S., Le informazioni per la sicurezza dello stato, Milano, 1978: anche qui l’autore si sofferma sul tipo di responsabilità da attribuire al Presidente del Consiglio per quanto

riguarda i suo poteri e funzioni nell’ambito del controllo dei Servizi di intelligence, tale responsabilità, dice il Labriola rientra in quella più generale della responsabilità di Governo, in quanto l’attività di informazione per la sicurezza veniva fatta rientrare dalla legge,

nell’ambito della più generale attività di governo.

81Martini F. Nome in codice: Ulisse, Milano, 1999.

82

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questo inoltre erano affidati i compiti di controspionaggio, in quanto ritenuti più inseriti nell’ambito militare che di quello della difesa democratica; Il SISDE invece si proponeva il compito di raccogliere le informazioni a sicurezza delle istituzioni e della vita democratica dello Stato, tutelando questo da qualsiasi minaccia o eversione si stesse configurando 83. Tali funzioni venivano esercitate dai servizi sotto la guida politica dei ministeri competenti che davano attuazioni alle linee generali, ma anche alle direttive e alle normative regolamentari impartite dal Presidente del Consiglio che in tal modo esercitava un controllo quasi diretto sui servizi, in tale ambito la potestà dei ministri era da qualificarsi come organizzativa degli stessi 84.

I servizi dipendevano poi per quanto riguardava l’ apparato burocratico amministrativo interno, dal loro Direttore, nominato dal ministro competente per ciascun servizio, la figura del direttore si qualificava come quella di un dirigente generale nell’ ambito di un ufficio ministeriale da qui la competenza del ministro e non del Presidente del Consiglio 85.

I servizi potevano avvalersi di qualsiasi struttura e mezzo nell’ambito di qualsiasi altra amministrazione, facoltà di cui si è già parlato, in riferimento all’ esclusivo potere del Presidente di coordinare ed autorizzare tale attività, questo per dire che era ben possibile che i due servizi riscontrassero la necessità di una collaborazione e o la necessità di prestarsi reciproca assistenza o di gestire operazioni insieme, ma che il tutto andava fatto sotto l’attento controllo dell’autorità politica di controllo, che nel caso coincide con la massima dell’ordinamento 86.

Questa che la legge dimostrava costituendo i corpi dei servizi come strutture separate affidate alla potestà organizzativa di due ministeri differenti, con compiti differenti e con la possibilità di cooperare sotto il più stretto controllo, solo con l’ autorizzazione dell’organo di vertice dell’intero sistema, che per inciso è anche il soggetto responsabile, politicamente di fronte al parlamento tutto, ed al comitato parlamentare per le informazioni e per la sicurezza, per quanto riguarda gli aspetti della gestione dei servizi, era una cautela motivata dall’esperienza

83

Labriola S., Le informazioni per la sicurezza dello stato, Milano, 1978.

84

Valentini M.,Il sistema d’intelligence in Italia: una riforma attesa da tempo in Riv. Pol. V-VI-VII/2005.

85

Alessi, Rilievi sulla portata innovatrice degli art.3 e seguenti del D:P:R: 30 giugno 1972 n 748 sulla disciplina delle funzioni dirigenziali, Giur. it. 1974, IV.

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delle deviazioni passate, in cui troppe volte i servizi e vari apparati di sicurezza erano entrati in contatto tra loro e si erano spartiti posizioni e cariche gli uni all’ interno degli altri creando delle situazioni di indipendenza dal potere politico e militare ad essi preposto. Da qui la necessità di tenere su piani completamente distinti i due servizi e di farli entrare in contatto solamente con apposite autorizzazioni e controllo.

Altra differenza fondamentale con il sistema passato è quella che vede il SISMI inserito nell’organizzazione del Ministero della difesa, in luogo del precedente inserimento nell’organico dello Stato Maggiore della difesa, passaggio che riflette le intenzioni che mossero il legislatore del 1977 di sottrarre la gestione del servizio di informazione per la difesa da un controllo puramente militare ed affidarlo ad uno civile, quello del ministro, pur competente per il campo della difesa; solo a questo infatti era affidato il coordinamento dell’amministrazione della difesa con quella del servizio, escludendo burocrati ministeriali e i vertici dei comandi militari 87.

Altro elemento di novità assoluta introdotta dalla legge era il Comitato esecutivo per i Servizi di informazione e sicurezza o CESIS, organismo istituito stavolta non alle dipendenze dei ministeri, ma direttamente sottoposto al Presidente, i quanto suo compito principale era proprio quello di “fornire al Presidente del Consiglio dei ministri, ai fini del concreto svolgimento delle funzioni a lui attribuite dall’art1, tutti gli elementi necessari per il coordinamento dell’attività dei Servizi” (L. n.801/1977 art.3 c.1), è quindi struttura necessaria per coadiuvare il Presidente nell’esercizio delle sue funzioni di coordinamento del settore. Il sistema che si era andato a costituire era un sistema duale con due servizi che necessitavano delle sedette autorizzazioni da parte del presidente per poter agire in coordinamento l’ uno con l’ altro, serviva pertanto non solo una struttura che gestisse tale coordinamento qualora disposto dal presidente, ma anche che contribuisse ad analizzare le informazioni comunicate dai servizi e che elaborasse le relative situazioni provvedendo ad informare il Presidente ed i Ministri Competenti 88. Il Comitato era presieduto dal Presidente, o per sua delega da un Sottosegretario di Stato, solo il Presidente però poteva nominare e revocare, con la qualifica di dirigente generale, il Segretario generale del CESIS, anche se con il parere obbligatorio ma non vincolante del comitato interministeriale; era la legge a stabilire in larga parete la

87Labriola S., Le informazioni per la sicurezza dello stato, Milano, 1978

88

Massera A.-Mosca C., I servizi d’ informazione, in trattato di Dir.Amm. (Cassese S.), Milano, 2000

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disciplina del comitato esecutivo, però questa doveva necessariamente essere integrata dal potere regolamentare del Presidente, potere cin caratteristiche organizzative e funzionali89. Le funzioni del CESIS sono quindi quelle di aiutare l’ esercizio dei poteri del presidente predisponendo le situazioni tecniche per il migliore e più incisivo svolgimento utilizzo di questi, non si tratta quindi di un struttura operativa di raccolta di informazioni; ogni operazione, azione e quanto necessario alla raccolta delle informazioni necessarie risultava affidata dalla legge al SISMI, per l’ ambito di sua competenza, ed al SISDE per il proprio, non risulta possibile di conseguenza configurare il CESIS come un terzo servizio, esso è soltanto una struttura atta a dare effettività al ruolo proprio del presidente di coordinare ed unione dell’azione della politica del governo in tema di informazione per la sicurezza 90. Tuttavia il CESIS avrà un ruolo sempre meno importante nella vita dei servizi, anche a causa dei pochi poteri affidati al comitato, ma soprattutto leggibili in chiave politica, il compito elaborare le informazioni per suggerire la strategia politica al Presidente ed ai Ministri, compito che andava si ad aiutare il Presidente ma a cozzare con il ruolo dei Ministri cui Spettava la direzione politica dell’attività dei singoli servizi loro affidati, specialmente in materia organizzativa, questa dicotomia generò un sistema sempre più binario, con servizi sempre più autonomi, non consentendo un ruolo dinamico influente e più determinante del CESIS, probabilmente alla base delle inadeguatezze della disciplina del 1977, che non aveva affidato a questo un vero ruolo di coordinamento dei servizi ma solo quello di coadiuvare il Presidente e gestire i rapporti con i servizi dei paesi stranieri 91.

4,3) IL CONTROLLO PARLAMENTARE

Ulteriore ed ultimo elemento di novità, ma non per questo meno importante, della riforma del 1977 è stata l’introduzione di meccanismi di controllo sulla direzione politica e sull’attività dei servizi, andando a colmare una lacuna enorme delle precedenti discipline nel settore. La legge numero 801 del 1977 infatti si proponeva di sottrarre la politica dell’informazione e della sicurezza dall’impenetrabilità che fino all’epoca era stata fatta valere dall’Esecutivo,

89Labriola S., Le informazioni per la sicurezza dello stato, Milano, 1978

90Labriola S., Le informazioni per la sicurezza dello stato, Milano, 1978

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Carlo Mosca, Stefano Gambacurta, Giuseppe Scandone, Marco Valentini, I Servizi di informazione e il segreto di Stato (Legge 3 agosto 2007, n. 124), Milano 2008

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