Capitolo 2
Quadro descrittivo sincronico
dei numerali baltici
Lo scopo di questo capitolo è fornire uno sguardo d’insieme sui sistemi numerali baltici. I dati si basano sulle uniche due lingue parlate oggi (lituano e lettone, ramo baltico orientale) e sulle poche testimonianze dell’antico prussiano, lingua oggi estinta appartenente al ramo baltico occidentale. Questa presentazione cercherà di attenersi alla tradizione grammaticale, tuttavia mi permetterò di suggerire sistemazioni diverse laddove mi sembrerà utile. Per questo lavoro i termini di riferimento sono le più importanti opere descrittive della linguistica baltica.39 Si traccerà un profilo comparato dei sistemi numerali, privilegiando per ora l’aspetto sincronico. Da questo quadro emergeranno molti punti di vario interesse, che spesso costituiscono dei veri e propri problemi aperti nella ricerca linguistica. Sarà nei capitoli successivi che si affronteranno alcuni di questi problemi; a quel
39 In particolare per il lituano: Ambrazas 2006, Mathiassen 1996, Mažiulis 1957, 1965, Paulauskienė 2007, Zinkevičius 1981, 1996; per il lettone: Endzelīns 1923 (1951), Fennel & Gelsen 1980, Forssman 2001, Kabelka 1987, L.L.V.M.A.S. 2002, Mathiassen 1997, M.L.L.V.G. 1959. Altri lavori di portata minore ma comunque
punto si utilizzeranno strumenti (studio diacronico, tipologico, comparazione, ricerca filologica, ecc.) che per ora lascio da parte, limitandomi a esporre e sistemare i dati.
In questo studio non si troverà una disamina storica delle singole forme; tale lavoro, infatti, è già stato egregiamente fatto da diversi specialisti. Per l’analisi diacronica e comparata delle singole forme numerali baltiche rimando dunque a studi specifici quali, per il baltico: Endzelīns (1957: 141-146) e Stang (1966: 276-285), per il lituano: Mažiulis (1957, 1965), Zinkevičius (1981, 1996), per il lettone: Endzelīns 1923, Forssman 2001.
2.1. Lituano
A seconda del loro significato, i numerali (lit. skaitvardžiai) si dividono in cardinali (lit. kiekiniai) e ordinali (lit. kelintiniai). Nel primo caso il significato si riferisce a una quantità (domanda quanto?), nel secondo a una posizione in una successione ordinata (domanda quale?).40
Numerali
Cardinali Ordinali Fondamentali
Peculiari dei pluralia tantum Collettivi
Frazionari
Fig. 2.1: Sistema numerale lituano
2.1.1. Cardinali
Tra i cardinali vi sono diversi tipi di numerali, corrispondenti ad altrettanti modi di esprimere una quantità numerica.
40 La terminologia lituana (kiekiniai, kelintiniai) si basa proprio su questi due avverbi interrogativi: kiek “quanto” e kelintas “quale”.
2.1.1.a. Fondamentali
Il primo gruppo è costituito dai fondamentali (lit. pagrindiniai). Qui si trovano le espressioni capaci di indicare sia un concetto numerico astratto (p. es. trys “3”) che una quantità di elementi (p. es. trys medžiai “tre alberi”). Dal punto di vista morfologico, essi possono a loro volta essere suddivisi in semplici (a),cioè formati da un'unica radice numerale (il lessico fondamentale di cui ho parlato in §1.9.), oppure derivati (b) da due o più radici, o ancora complessi (c),formati cioè da più numerali (semplici e/o derivati) separati.41
(a) fondamentale semplice: 9 devyni
(b) fondamentale derivato: 90 devyniasdešimt (9 devyni e 10 dešimt) (c) fondamentale complesso: 99 devyniasdešimt devyni
I fondamentali 1-9 si flettono nel genere e nel caso accordandosi al determinato. Di tutti i numerali forniti in queste sezioni si indica solamente il nominativo; laddove vi è distinzione di genere, prima il maschile e poi il femminile. 1: vienas, viena 2: du, dvi 3: trys 4: keturi, keturios 5: penki, penkios 6: šeši, šešios 7: septyni, septynios 8: aštuoni, aštuonios 9: devyni,devynios
Vienas, viena si declina come gli aggettivi in –as, –a (p. es. geras, gera “buono, buona”); i numerali 4-9 invece come gli aggettivi in –i, –ios (p. es. žali, žalios “verde”); 2 e 3 hanno paradigmi propri con una ridotta distinzione di genere: 2 ha forme distinte per maschile e femminile solo al nominativo, accusativo e locativo, mentre 3 distingue soltanto il locativo.42
Il numero 10, dešimtis, è femminile singolare e segue il paradigma dei sostantivi femminili della IV declinazione, ma più spesso si trova espresso nella forma ridotta e invariabile dešimt. Entrambe le forme hanno caratteristiche sintattiche di tipo sostantivale e richiedono il genitivo plurale
41 Per la terminologia in traduzione italiana (semplici, derivati, complessi) riprendo per semplicità quella usata nelle uniche pagine in italiano dedicate a questo argomento: Žindžiūtė Michelini 2007: 78-89.
dell’oggetto quantificato: p. es. dešimt obuolių “dieci mele” (alla lettera “dieci di mele”).
11-19 presentano forme derivate dalla radice del cardinale fondamentale43 1-9 e caratterizzate dalla particolare terminazione –lika. Sono tutti grammaticalmente femminili e declinati secondo il paradigma degli aggettivi femminili in –a (p. es. gera), con l’unica eccezione dell’accusativo. Questo nei numerali 11-19 coincide con il nominativo (nom.-acc. vienuolika, 11), mentre gli aggettivi hanno la desinenza -ą (nom. gera, acc. gerą). Anche questi numerali hanno sintassi sostantivale e reggono il genitivo plurale: p. es. penkiolika obuolių “quindici mele”.
11: vienuolika 12: dvylika 13: trylika 14: keturiolika 15: penkiolika 16: šešiolika 17: septyniolika 18: aštuoniolika 19: devyniolika
Le decine si formano a partire dal numerale fondamentale espresso al caso accusativo plurale femminile, a questo tema si aggiunge quello della decina – dešimt. È una caratteristica di tutti i numerali derivati e complessi quella di assumere il comportamento sintattico dell’ultimo elemento a destra. Nello specifico delle decine la situazione è pertanto la stessa del semplice dešimt, ovvero reggenza del genitivo, p. es. septyniasdešimt obuolių “settanta mele”.
20: dvidešimt 30: trisdešimt 40: keturiasdešimt 50: penkiasdešimt 60: šešiasdešimt 70: septyniasdešimt 80: aštuoniasdešimt 90: devyniasdešimt
La parola per 100 è šimtas e si declina come un sostantivo maschile singolare della I declinazione. Nel formare le centinaia si usa il numerale fondamentale 2-9 seguito dalla parola šimtas concordata, cioè flessa al plurale: šimtai (tipo “x centinaia”).
43 Si noteranno a dire il vero delle differenze (risultato di sviluppi fonetici storici) tra le radici dei fondamentali e quelle presenti nella derivazione di 11-19 (p. es. vien-as ma vienuo-lika, dvi ma dvy-lika).
200: du šimtai 300: trys šimtai 400: keturi šimtai ecc.
1000 è tūkstantis, il cui plurale, per formare le migliaia, è tūkstan iaič . č
č
t č
č 2000: du tūkstan iai 3000: trys tūkstan iai ecc.
Essendo sia šimtas (plur. šimtai) che ūkstantis (plur. tūkstan iai) di tipo sostantivale, anche questi richiedono il genitivo, p. es. du šimtai / du tūkstančiai obuolių “duecento / duemila mele”.
Sono parole separate – numerali complessi – tutti i numeri compresi tra i nodi principali del sistema (le decine, le centinaia, le migliaia). Se l’ultimo elemento a destra può variare nel genere, allora esistono due forme di quel numerale complesso, una maschile e una femminile, distinte solo per la flessione dell’ultimo elemento. La scelta dipende naturalmente dal genere dell’elemento con cui concorda.
25: dvidešimt penki (masc.), dvidešimt penkios (femm.)
436: keturi šimtai trisdešimt šeši (masc.), keturi šimtai trisdešimt šešios (femm.)
1509: tūkstantis penki šimtai devyni (masc.), tūkstantis penki šimtai devynios (femm.)
Se invece l’ultimo elemento a destra non varia nel genere (o perché sempre femminile come quelli in –lika, o perché invariabile come dešimt), allora c’è un'unica forma:
314: trys šimtai keturiolika (masc. e femm.) 170: šimtas septyniasdešimt (masc. e femm.)
Infine il lessico lituano dispone dei termini internazionali milijonas (106) e milijardas (109).
2.1.1.b. Peculiari dei
pluralia tantum
Il secondo sottogruppo dei cardinali è costituito da alcune forme che si utilizzano riferendoci a sostantivi sempre plurali, i pluralia tantum, appunto. I peculiari dei pluralia tantum (pec.pl.tnt.) sono nove e si accordano nel genere e nel caso al determinato. Il formante suffisso caratteristico è –eri/– erios, eccetto 2 e 3 dove troviamo –eji/–ejos.
1: vieneri, vienerios 2: dveji, dvejos 3: treji, trejos 4: ketve i, ketve ios r r
ė 5: penkeri, penkerios 6: šešeri, šešerios 7: septyneri, septynerios 8: aštuoneri, aštuonerios 9: devyneri, devynerios
Dunque sostantivi pluralia tantum come il masc. vartai “porta, porte” o il femm. žirklės “forbici” devono essere quantificati da uno di questi numerali: p. es. vieneri vartai “una porta”, dveji vartai “due porte”, trejos žirkl s “tre forbici”. Non si può impiegare in questo caso il numerale fondamentale: *du vartai, *trys žirklės.
Vale la pena sottolineare che i peculiari dei pluralia tantum si distinguono per significato dai precedenti solo in un tratto: mentre i fondamentali possono esprimere sia l’estensione di un insieme di elementi (“sei oggetti”) che un concetto numerico astratto (“6”), questi possono soltanto riferirsi a un insieme di elementi, precisamente a quella specifica classe di elementi che abbiamo visto. Tuttavia, nella funzione di quantificatori (più precisamente, di indicatori di cardinalità) essi non si distinguono nel significato in alcun modo dai fondamentali.
2.1.1.c. Collettivi
Sono invece collettivi (lit. kuopiniai) i numerali caratterizzati dal formante – etas. Alcuni di essi sono formati dalla radice dei dauginiai visti sopra ( dvej-etas, trej-etas), altri dalle radici dei fondamentali (penk-etas, šeš-etas). Il 4
costituisce un’eccezione sia per il suffisso –tas (invece di –etas), che per la radice, che non coincide né con quella del fondamentale ketur- né con quella del pec.pl.tnt. ketv-.
dvejetas trejetas ketvertas penketas šešetas septynetas aštuonetas devynetas
Questi numerali esprimono una quantità, tuttavia significata non come sommatoria di elementi distinti (così come avviene con i fondamentali), bensì in senso di gruppo, di insieme. Per utilizzare l’espressione di Paulauskienė (2007: 139): “visuma kaip vienetas”, il totale come unità. Per farne comprendere l’uso, si dirà che in lituano c’è differenza tra l’espressione con il fondamentale keturi vaikai “quattro bambini” e quella con il collettivo ketvertas vaikų: quest’ultima suggerisce l’idea di “un gruppo, un insieme totale di quattro bambini”. Un parlante italiano può aiutarsi nella comprensione di questo utilizzo collettivo richiamando la differenza che intercorre tra l’espressione due bambini e una coppia di bambini, oppure dodici uomini e una dozzina di uomini.
Anche i collettivi hanno caratteristiche morfosintattiche di tipo sostantivale mentre i rispettivi numerali fondamentali sono di tipo aggettivale (così come lo sono i pec.pl.tnt.). Si confrontino le espressioni seguenti. Nel caso di numerale di tipo aggettivale c’è flessione dello stesso e accordo col determinato (a-b), nel caso del tipo sostantivale c’è flessione dell’elemento determinato (c), nello specifico al genitivo plurale:
a. du vaikai “due bambini”
FONDAM.-nom.masc. SOST-nom.plur.masc.
b. dveji metai “due anni”
PEC.PL.TNT.-nom.masc. PL.TNT.-nom.masc.
c. dvejetas vaikų “una coppia di bambini”
L’esempio è calzante perché anche in italiano avviene la stessa cosa: nei primi due casi accordo del numerale con il sostantivo, nel terzo uso del “genitivo” attraverso la preposizione di. Che i numerali collettivi siano così vicini ai sostantivi è mostrato anche dal fatto che essi sono effettivamente impiegati come tali (e come tali – sostantivi – registrati nei dizionari) quando ci si riferisce a una valutazione scolastica. Ad esempio il lemma penketas riceve nei vocabolari almeno due letture: quella di numerale collettivo “gruppo, insieme di cinque elementi” e quello di sostantivo “voto 5”, come nella frase gavau penketą “ho preso cinque”.
Identico per forma agli altri, a partire dalla radice del numero 1 vien-, si incontra anche vienetas. Non è un numerale e non è collettivo (del resto non potrebbe darsi una collettività di un elemento), ma un sostantivo che significa “unità”, p. es. matavimo vienetas “unità di misura”.
2.1.1.d. Frazionari
L’ultimo sottogruppo dei cardinali è costituito dai frazionari (lit. trupmeniniai). Essi esprimono la non completezza, indicano una porzione di una quantità, le parti in cui è suddiviso un intero.
Sono formati da due elementi, il primo è un numerale fondamentale di genere femminile (laddove non sia invariabile, chiaramente), il secondo invece è un ordinale pronominalizzato44 di genere femminile.
1/2: viena antroji 1/6: viena šeštoji 2/4: dvi ketvirtosios 7/9: septynios devintosios ecc.
Qualora il primo elemento fosse uno di quelli invariabili che richiedono il genitivo, il secondo elemento (il numerale ordinale pronominalizzato) va conseguentemente al genitivo.
11/20: vienuolika dvidešimtųjų
44 Sugli aggettivi e i numerali pronominalizzati si veda più avanti a proposito degli ordinali (§2.1.2).
10/100: dešimt šimtųjų
30/54: trisdešimt penkiasdešimt ketvirtųjų ecc.
La presenza di un ordinale femminile come ultimo elemento a destra nei frazionari è spiegabile in base al fatto che si dà per sottinteso il sostantivo femminile singolare dalis “parte, porzione” o plurale dalys. Dunque viena ketvirtoji (dalis) alla lettera significa “una quarta (parte)”, ovvero “un quarto”.
Hanno poi status incerto altre formazioni con significato frazionario. Il sostantivo lit. pus “metà, mezzo” viene spesso utilizzato come quantificatore, sinonimo di “(un) mezzo”. Esso rientra secondo me tra i quantificatori e non tra i numerali, essendo “metà” una nozione relativa e non assoluta, che può infatti indicare valori numerici diversi a seconda di ciò a cui si riferisce. Non è però semplice stabilire come considerare le frazioni espresse dalla radice pus- seguita da un ordinale al genitivo: pusantro “uno e mezzo”, pusdešimto “nove e mezzo”, ecc. Questi ultimi esempi alla lettera significano “metà del secondo” e “metà del decimo”, parafrasabili rispettivamente come “(una unità più) metà della seconda” (1+½), “(nove unità più) metà della decima” (9+½), ecc.
ė
č
č
C’è incertezza inoltre riguardo a forme come ketvirtis “(un) quarto”, o a quelle in cui l’elemento dalis, sottinteso nei casi di sopra, entra in composizione con i numerali: tre dalis “terza-parte” = viena trečioji (1/3), ketvirtadalis “quarta-parte” = viena ketvirtoji (1/4). Queste a loro volta possono essere impiegate come secondo elemento di una frazione: du trečdaliai “due terze-parti” = dvi tre iosios (2/3).
2.1.2. Ordinali
Come si vede in Fig. 2.1, gli ordinali costituiscono il secondo polo dell’opposizione fondamentale all’interno del sistema numerale. Questa opposizione è su base semantica: gli ordinali “significano qualcosa di diverso” dai cardinali, indicano infatti una posizione in una successione. Essi intrattengono un legame diretto con i cardinali fondamentali, cui corrispondono uno a uno.
Gli ordinali sono tutti variabili nel genere e nel numero e si accordano con l’elemento cui si riferiscono. Dal punto di vista formale, sono riconducili alle radici dei fondamentali (ad eccezione dei primi due),45 pur con certe modifiche. Il suffisso caratteristico è –tas/–ta (fanno eccezione i primi tre). Secondo quanto detto sopra, qui mi limito a esporre i dati in ottica descrittiva, senza approfondire le irregolarità.
1°: pirmas, pirma 2°: antras, antra 3°: tre ias, trečia č
č č
4°: ketvirtas, ketvirta 5°: penktas, penkta 6°: šeštas, šešta 7°: septintas, septinta 8°: aštuntas, aštunta 9°: devintas, devinta 10°: dešimtas, dešimta 11°: vienuoliktas, vienuolikta 12°: dvyliktas, dvylikta, ecc. 21°: dvidešimt pirmas, dvidešimt pirma
67°: šešiasdešimt septintas, šešiasdešimt septinta, ecc.
100°: šimtas (coincide con il rispettivo fondamentale: šimt- + -tas > šimtas), šimta
1000°: tūkstantas, tūkstanta
Gli ordinali – unici tra i numerali – possono avere forma pronominalizzata, così come gli aggettivi. È infatti una caratteristica delle lingue baltiche e slave quella di possedere aggettivi semplici: p. es. lit. geras, lett. labs “buono” e pronominalizzati: lit. gerasis (< agg. geras + pron. III p. masc. sing. jis), lett. labais “il buono, quello buono”. In maniera del tutto simile, si possono pronominalizzare i numerali ordinali, p. es. pirmas, pirma “primo/a”, pirmasis, pirmoji “il/la primo/a, quello/a che è primo/a”. Come si nota, a livello di significato la forma pronominalizzata è marcata da determinazione, mentre quella semplice è più generica.
Si declinano esattamente come gli aggettivi pronominalizzati. 1°: pirmasis, pirmoji
2°: antrasis, antroji 3°: tre iasis, tre ioji, ecc.
11°: vienuoliktasis, vienuoliktoji 12°: dvyliktasis, dvyliktoji, ecc. 100°: šimtasis, šimtoji
1000°: tūkstantasis, tūkstantoji, ecc.
2.2. Lettone
Non è così immediato illustrare il sistema dei numerali lettoni; su questo punto infatti c’è una certa discrepanza tra le varie descrizioni di cui disponiamo. Si dovrà perciò ricavare un quadro d’insieme alla luce di queste diverse interpretazioni. Prima ancora di vedere da vicino i numerali che il lettone offre, voglio dare un’idea di alcune delle diverse letture che essi hanno ricevuto nella tradizione grammaticale. Prendiamo come esempio la Lettische Grammatik di Endzelīns del 1923 (ripubblicata in lettone come Latviešu valodas gramatika nel 1951), la Mūsdienu latviešu literā ās valodas gramatika del 1959 e la più recente Lettische Grammatik di Forssman del 2001. Nelle tabelle sotto riportate si noterà che talvolta vi sono differenze di ordine terminologico, altre volte a variare è la scelta di quali elementi considerare parte del sistema numerale, talvolta infine non coincidono le suddivisioni (cioè in quale classe sono collocati gli stessi elementi). Riporto i dati secondo la grafia usata negli originali.
r
Tab. 2.1: Endzelīns 1923 (1951)
Cardinali Ordinali Derivati
(“ableitungen Zahlwörter”, “atvasinājumi no skaitleņiem”) -atā (divatā, trijatā,…)
- ji, - jas (divēji, abējas,…) ē ē -âds (viênâds, divējâds,…) divie i, etrieši č č viêns, divi, trîs… pìrmais, ùotrs, trešais… dviņi, trinīši
Tab. 2.2: M.L.L.V.G. 1959
Cardinali Ordinali Definiti (“noteiktie slaitļa vārdi”)
viens, divi, trīs,…
Indefiniti (“nenoteiktie slaitļa vārdi”) Frazionari Collettivi
-atā (divatā,trijatā,…) -ēji, -ējas (divēji, abēja,…) trešdala,
pusotra, deviņas
desmitdaļas… abi, abas
daudz, maz, vairāk, cik…
piektais, ūkstošais, divdesmit pirmais… t Tab. 2.3: Forssman 2001
Cardinali Ordinali Altri (“sonstige Zahlwörter”) Avverbi numerali Collettivi Frazionari Altri -reiz (vienreiz,…)
-kart (divkart, trīskart,…) viens, divi, trīs,… piektais, ūkstošais, divdesmit pirmais… t -ēji, -ējas (divēji, abēja,…) trešdala, pusotra, deviņas desmitdaļas… abi,
abas -atā (divatā, trijatā,…)
Questi sono soltanto tre esempi. Come queste, ogni altra descrizione prevede l’individuazione e la suddivisione del materiale in oggetto; le divergenze appena riscontrate mostrano che né l’una né l’altra cosa possono esser fatte in maniera neutra, imparziale, prescindendo cioè da scelte e criteri personali. Consapevole di questo, cerco di delineare anch’io un quadro dei numerali del lettone moderno. Poiché si tratta di una proposta interpretativa che non coinciderà necessariamente con quelle altrui, si troverà in fondo a questa sezione un paragrafo (cfr. §2.2.3) destinato a giustificare le scelte compiute.
Numerali Cardinali Ordinali (Fondamentali) -ēji/-ējas -atā Frazionari Fig. 2.2: Sistema numerale lettone
Sappiamo già che la suddivisione fondamentale in seno al sistema dei numerali (lett. skaitļa vārdi o skaitleņi) è quella tra cardinali (lett. pamata skaitļa vārdi) e ordinali (kārtas skaitļa vārdi). Faccio notare subito un fatto terminologico: pamata skaitļa vārds, che ho appena tradotto come “cardinale”, significa in realtà “fondamentale” (1° sottogruppo di Fig. 2.2); dunque nella terminologia lettone manca un nome specifico per il nodo superiore e generale dei cardinali, come invece si ha in lituano (kiekiniai skaitvardžiai “cardinali” / pagrindiniai skaitvardžiai “fondamentali”). Ecco perché in Fig. 2.2 il primo sottogruppo si trova tra parentesi: a livello terminologico coincide con il nodo superiore.
2.2.1. Cardinali (fondamentali)
I cardinali 1-9 variano nel genere e nel caso accordandosi al determinato. Come al solito, qui fornisco soltanto il nominativo maschile e femminile:
1: viens, viena 2: divi, divas 3: trīs 4: četri, etras č 5: pieci, piecas 6: seši, sešas 7: septiņi, septiņas 8: astoņi, astoņas 9: deviņi, deviņas
Viens, viena segue la declinazione degli aggettivi in –s, –a (p. es. labs, laba “buono, buona”); divi, divas segue il plurale di questa stessa declinazione (p. es. labi, labas “buoni, buone”); allo stesso modo si declinano anche i numerali 4-9. il 3 invece, così come in lituano, presenta un paradigma particolare in quanto la distinzione di genere si conserva solo al dativo, allo strumentale e al locativo; anche in questi casi inoltre c’è la tendenza alla neutralizzazione della distinzione attraverso forme uniche.
Per quanto riguarda la sintassi esterna dei numerali 2-9 nel sintagma NUM.-SOST., bisogna far notare una marginale eccezione a quanto detto sopra. Nella lingua corrente, infatti, si dà il caso in cui:
Noun phrases modified by a cardinal numeral 2-9 can occur in the nominative case in syntactic functions which otherwise require a different
case. This is quite common where the noun phrase functions as an adjunct expressing temporal or spatial extension […]. (Nau 1998: 15)
Riporto lo stesso esempio di Nau (ibid.):
Četri gadi mēs tikai no tiem desmit nodzīvojām tur, tad mūs atlaida mājās “Vivemmo là soltanto quattro di quei dieci anni, poi ci lasciarono tornare a casa”.
Qui la norma del lettone moderno standard vuole che il sintagma NUM.-SOST. “quattro anni” non si presenti al nominativo (četri gadi), bensì all’accusativo: etrus gadus. Tuttavia, nei numerali lettoni 2-9, l’uso del nominativo al posto dell’accusativo è abbastanza comune, anche se percepito come un po’ arcaico (cfr. Mathiassen 1997: 78).
č
46
Un’altra irregolarità di cui dar conto riguarda oltre a 2-9 anche l’1. Si tratta del fatto che il nominativo funziona in certi contesti come una sorta di caso unico, sordo addirittura alle richieste sintattiche delle preposizioni:
Skaitvardžiai nuo viens iki deviņi, kai jie eina su prielinksniais, gali būti tokio linksnio, kokio reikalauja prielinksnis, bet gali būti ir nekaitomi, pvz.: no viena (vienas) līdz diviem (divām) ir no viens līdz divi; no diviem (divām) līdz trim (trijem, trijām) ir no divi līdz trīs […]. (Kabelka 1987: 125)47
46 Questa “eccezione” sincronica rivela una interessante trafila diacronica, il cui punto di partenza si deve individuare nel numerale 2. Questo, in lituano come in lettone, aveva anticamente una specifica declinazione duale distinta dalle altre. Si trattava di un paradigma neutro caratterizzato dal nom.-acc. in –i. “[…] lett. divi aus *duvai (für *duvō) entstanden ist; vgl. skt. d(u)vā, d(u)váu, ksl. dъva, gr. δύο, Hom. δύω” (Stang 1966: 277). Questa terminazione del genere unico, essendo uguale a quella degli altri numerali maschili (četr-i, piec-i, ecc.), fu poi reinterpretata come maschile, dopodiché fu creato anche un 2 femminile in –as come gli altri (četr-as, piec-as, ecc.), cfr. Kabelka 1987: 125. Tuttavia la natura duale del 2 riemerge in quelle frasi in cui, al posto dell’atteso accusativo (p. es. nogāju divus kilometrus “ho viaggiato per due kilometri”), incontriamo il “nominativo” –i: nogāju divi kilometri. Sebbene sincronicamente sembri un nominativo, si tratta in realtà dell’antico accusativo (= nom.) neutro. Successivamente, a partire da questo “nominativo” passe partout, si è sviluppata la stessa possibilità anche per gli altri numerali, come nell’esempio visto sopra.
47 “I numerali da viens a deviņi, quando accompagnati da preposizioni, possono andare al caso richiesto dalla preposizione, ma possono anche essere invariabili, p.
Negli esempi nella citazione, le preposizioni no “da” e līdz “fino a” richiederebbero rispettivamente il genitivo e il dativo, ma tale richiesta può bloccarsi di fronte all’uso di quello che possiamo chiamare il “nominativo invariabile”. Si noti che questo fenomeno riguarda il solo numerale preceduto da preposizione, mentre non mi risulta che agisca nel sintagma NUM.-SOST., su cui tanto ci si concentrerà nel prossimo capitolo.
Passiamo ora al numero 10. Desmits è singolare maschile, ma più spesso è utilizzato nella forma ridotta e invariabile desmit. Può richiedere il genitivo del determinato come il 10 lituano, p. es. desmit cilvēku “dieci persone”, oppure presentare sintassi (non morfologia!) aggettivale e avere dunque il determinato al nominativo plurale, p. es. desmit cilvēki “id.”
I numeri 11-19 sono formati dalla radice del cardinale 1-9 seguita da -padsmit (< pa desmit, “dopo dieci”).
11: vienpadsmit 12: divpadsmit 13: trīspadsmit 14: etrpadsmit č
15: piecpadsmit 16: sešpadsmit 17: septiņpadsmit 18: astoņpadsmit 19: deviņpadsmit
Sono forme invariabili48 come desmit e, come quest’ultimo, possono richiedere o meno il genitivo del N. Nel primo caso abbiamo esempi come man ir ienpadsmit grāmatu (gen. plur.) “io ho undici libri” (cfr. Mathiassen 1997: 76), nel secondo il determinato va al caso richiesto dal contesto sintattico, p. es. vienpadsmit vīri (nom. plur.) “undici uomini”, zem divpadsmit grāmatām (dat. plur.) “sotto a dodici libri” (cfr. Fennel & Gelsen 1980: 172).49
Le decine, anch’esse invariabili, si formano con la radice del cardinale 1-9 seguite da desmit:
es. no viena (vienas) līdz diviem (divām) e no viens līdz divi; no diviem (divām) līdz trim (trijem, trijām) e no divi līdz trīs […]”.
48 Ci sono in verità casi di flessione di questi numerali, cioè quando si riferiscono alle ore del giorno: p. es. ap divpadsmitiem (prep. ap qui richiede il dat.) “intorno alle dodici”.
49 È da notare che Fennel & Gelsen non danno nota della prima possibilità, cioè del modello desmit cilvēku, lasciando così credere che il comportamento sintattico
20: divdesmit 30: trīsdesmit 40: četrdesmit 50: piecdesmit 60: sešdesmit 70: septiņdesmit 80: astoņdesmit 90: deviņdesmit
Per le decine esistono anche le forme staccate, in cui i due componenti compaiono per intero. In questo caso il secondo elemento viene flesso al plurale desmiti:
20: divi desmiti 30: trīs desmiti ecc.
In questo caso però il significato è leggermente diverso rispetto alle forme sintetiche: mentre divdesmit indica un insieme omogeneo e generico venti elementi, divi desmiti sottolinea l’aspetto del raggruppamento: due gruppi di dieci elementi, due decine.
I numeri compresi tra le varie decine sono formati da due parole staccate (numerali complessi), di cui la prima è la decina stessa, la seconda il cardinale semplice. A flettersi è soltanto l’ultimo elemento e l’intero numerale assume il comportamento sintattico dell’ultimo elemento a destra, quindi di tipo aggettivale:
21: divdesmit viens (masc.), divdesmit viena (femm.) 34: trīsdesmit etri č (masc.), trīsdesmit etras č (femm.)
č
89: astoņdesmit deviņi (masc.), astoņdesmit deviņas (femm.), ecc.
Il numero 100 è simt(s), e presenta la stessa oscillazione maschile singolare / invariabile che si ha in desmit(s). La formazione delle centinaia è del tutto analoga a quella delle decine, lo stesso si dica per il comportamento sintattico:
200: divsimt 300: trīssimt 400: etrsimt, ecc.
Anche per queste è possibile la forma analitica con gli elementi flessi: 200: divi simti
300: trīs simti, ecc.
Il numero 1000, ūkstotis, è maschile singolare, declinato secondo il paradigma in –is; può presentarsi anche nella forma ridotta e invariabile tūkstoš. Per la formazione delle migliaia vale quanto appena detto per le centinaia:
t
t
t
ē 2000: divtūkstoš o divi ūkstoši
3000: trīstūkstoš o trīs tūkstoši, ecc.
Vi sono infine le parole miljons e miljards. Si declinano come sostantivi maschili della I declinazione e, a differenza di simt e tūkstoš, non hanno forma ridotta.
Torniamo ad esaminare le caratteristiche sintattiche delle forme invariabili. Queste, lo ripeto, sono: 10 desmit, 11-19 vienpadsmit… deviņpadsmit, le decine 20-90 divdesmit… deviņdesmit, 100 simt, le centinaia 200-900 divsimt… deviņsimt, 1000 ūkstoš. Per tutte queste forme si registra un’oscillazione tra il comportamento di tipo sostantivale e aggettivale, come ho mostrato sopra nell’esempio riguardo al numero 10. La loro (morfo)sintassi originale è sostantivale, tuttavia c’è una tendenza ad estendere lo status aggettivale dei numerali 1-9 anche a quelli più alti.
Questo avviene con particolare forza nel caso in cui il sintagma numerale-determinato si trovi in contesti sintattici diversi dalla posizione di nominativo o accusativo, nei casi cioè in cui il sintagma numerale-sostantivo non sia soggetto o oggetto di un verbo transitivo. Si confrontino i seguenti esempi (tratti da Mathiassen 1997: 77-78):
a. atnāca desmit zēnu / zēni
V. NUM. SOST.-gen.plur. SOST.-nom.plur.
“sono venuti dieci ragazzi”
Pron. V. NUM. SOST.-gen.plur. SOST.-acc.plur.
“Noi abbiamo incontrato dieci ragazzi” c. mēs sastapām visus desmit zēnus
Pron. V. Agg. NUM. SOST.-acc.plur.
“Noi abbiamo incontrato tutti e dieci i ragazzi” d. viņi bija desmit dienas Rīgā
Pron. V. NUM. SOST.-acc.plur. SOST.-loc.
“Loro hanno trascorso dieci giorni a Riga” e. viņš palīdzēja desmit zēniem
Pron. V. NUM. SOST.-dat.plur.
“Egli ha aiutato dieci ragazzi”
f. viņš atrada viņas fotogrāfiju desmit grāmatās
Pron. V. Pron. SOST.-acc.sing. NUM. SOST.-loc.plur.
“Egli ha trovato la fotografia di lei in dieci libri”
Nel caso in cui il sintagma NUM.-SOST. svolga il ruolo di soggetto (a) o oggetto (b) le due possibilità convivono. Se però il sintagma nel ruolo di oggetto è determinato da un attributo di qualche tipo, allora si flette necessariamente all’accusativo (c). Nei casi, infine, di complemento indiretto (d, e, f), il determinato si adatta al contesto sintattico e si flette al caso richiesto. Ad esempio in (e) il verbo palīdzēt “aiutare” richiede il dativo. Per apprendere l’uso dei numerali lettoni 10, 20, 100, 1000, ecc. è particolarmente utile la grammatica di Fennel & Gelsen (1980: 311-313).
Con i numerali “tondi” (10, 100, 1000 ecc.) esistono poi costruzioni idiomatiche piuttosto bizzarre per forma (cfr. Fennel & Gelsen 1980: 1077): p. es. ūkstošiem puķu zied ja “i fiori sbocciavano a migliaia”, mēs saskaitījām simtiem skaistu putnu “abbiamo contato uccelli graziosi a centinaia”. In questi casi il numerale va al caso dativo plurale indipendentemente dal contesto sintattico e continua a reggere il genitivo del determinato. Si noti che qui il numerale riveste un ruolo che potrebbe definirsi avverbiale.
t ē
Questo comportamento caratteristico è registrato da Gāters (1993: 270) sotto la categoria dei numeralia distributiva e la desinenza –iem è
interpretata non come dativo, ma strumentale: “Das ist der Fall beim Instrumental von simts ‘100’: simtiem ‘zu Hunderten’”.
2.2.1.a. Peculiari dei
pluralia tantum
Sono quelle forme caratterizzate dalla terminazione –ēji/–ējas (fa eccezione solo il 3 con vocale breve –eji/–ejas), aggiunta alle radici dei cardinali 1-9. Analogamente ai dauginiai lituani, essi dovrebbero essere usati in concordanza con sostantivi pluralia tantum. Ad es. vien ji rati “un carro”, divējas bikses “due paia di pantaloni”. Nella lingua moderna però il loro uso è più prescritto dalle grammatiche che realmente osservato dai parlanti. Assai più spesso vengono sostituiti dai cardinali fondamentali: p. es. vieni rati, divas bikses. Queste nove forme, riportate sotto, hanno flessione di genere e di caso. ē ē ē ē č č ē č
vien ji, vienējas div ji, div jas treji, trejas
etrēji, etrējas piecēji, piec jas
sešēji, sešējas septiņēji, septiņējas astoņēji, astoņējas deviņēji, deviņējas
2.2.1.b. Collettivi
Faccio poi rientrare fra i collettivi (kopuma skaitļa vārdi) cinque numerali formati dalla radice dei fondamentali 2-6 seguita dal suffisso –atā.
divatā trijatā50
etratā piecatā sešatā
Sono forme invariabili, cristallizzazioni di casi locativi. Hanno significato collettivo dal momento che indicano un raggruppamento di X(2→6) elementi. Va
però chiarito che la semantica di questi numerali non è di tipo sostantivale (“gruppo di X elementi”), bensì avverbiale:51 p. es. dzivot trijatā “vivere in tre”, palikt divatā “restare in due”. Anche tali forme stanno scomparendo dall’uso della lingua viva, per essere relegate al repertorio linguistico del folclore e dei dialetti. Nel lettone moderno prevale anche qui l’utilizzo dei fondamentali. Per esprimere il significato avverbiale di cui abbiamo appena parlato, si utilizza il caso locativo: dzivot trijos, palikt divos.52 Bisogna notare che questo tipo di significato numerale-avverbiale esiste anche in lituano, ma non è espresso dagli analoghi collettivi (i kuopiniai in –etas), bensì da espressioni come dviese “in due”, trise “in tre”, keturiese “in quattro”, ecc. le quali sono anch’esse evoluzioni storiche di antichi locativi.
Esiste poi la forma vienatā, del tutto analoga alle precedenti; data la semantica di viens, il significato non può essere collettivo (si è già visto il caso lit. vienetas). Come per gli altri, il significato è avverbiale: “in uno, da solo”.
2.2.1.c. Frazionari
Passiamo infine ai frazionari (daļu skaitļa vārdi), sul significato dei quali non spendo parole. Dal punto di vista morfologico possono essere formati in due modi:
- con il formante daļa “porzione, parte” in seconda posizione, preceduto dalla radice di un ordinale: trešdaļa “un terzo”, sestdaļa “un sesto”. Queste stesse frazioni possono anche presentare le due forme separate, nel qual caso il primo elemento si trova espresso per intero al femminile (concordato con daļa): piektā daļa “un quinto”, alla lettera “la quinta parte”.
- con il formante pus- (radice del sostantivo puse “metà”). Qua abbiamo due sottogruppi:
a) pus- seguito da un ordinale: pustreša, pusotra, pusdesmita, ecc. Ricordiamo che anche se è presente l’ordinale il significato è cardinale. Quindi pustreša (< pus- “metà” + treš- “terzo”), alla lettera “metà del terzo”, indica la quantità di “(due unità più) metà della terza” = 2½. Si vedano le forme analoghe lituane (cfr. §2.1.1.d);
51 Ecco perché Forssman 2001 considera queste forme “Zahladverbien”, cfr. Tab. 2.3. 52 Del resto anche in italiano questo stesso uso avverbiale è espresso con un “locativo”, cioè con la preposizione “in”.
b) numerale cardinale + preposizione ar “con” + pus in forma invariabile: es. divarpus (< divi ar pus = “due con mezzo” = 2½), trīsarpus, desmitarpus, ecc. Talvolta si incontrano anche le forme separate: divi ar pus(i), trīs ar pus(i), ecc.
2.2.2. Ordinali
La principale caratteristica degli ordinali lettoni consiste nell’avere soltanto la forma pronominalizzata,53 che è invece opzionale per il lituano. Come fossero aggettivi, vanno concordati con ciò a cui si riferiscono.
In linea generale, si formano a partire dalle radici dei numerali cardinali seguite da –tais e –tā.Si noterà però che rispetto ai cardinali ci sono eccezioni e differenze più o meno grandi nelle radici.
1°: pirmais, pirmā 2°: otrais, otrā 3°: trešais, trešā 4°: ceturtais, ceturtā 5°: piektais, piektā 6°: sestais, sestā 7°: septītais, septī ā t t
8°: astotais, astotā 9°: devītais, devī ā 10°: desmitais, desmitā 11°: vienpadsmitais, vienpadsmitā 12°: divpadsmitais, divpadsmitā, ecc. 21°: divdesmit pirmais, divdesmit pirmā
54°: piecdesmit ceturtais, piecdesmit ceturtā, ecc. 100°: simtais, simtā
1000°: tūkstošais, tūkstošā
Per il numero 2 esiste anche la forma non pronominalizzata otrs, otrā, che però significa “l’altro/a”, p. es. man bija divas pudeles. Viena ir šeit, bet kur ir otra? “Avevo due bottiglie. Una è qua, ma dov’è l’altra?” (cfr. Fennel & Gelsen 1980: 357).
53 Sia nei testi antichi che ancora oggi nella lingua non standard dei canti tradizionali si possono incontrare numerali ordinali non pronominalizzati. Ozols (1993: 84) fornisce alcuni esempi tratti da canti folcloristici: Man deviņi bāleniņi, Devīts kunga karavīrs; Septīts, pats mazākais, Uguntiņu dedzināja. Rūķe-Draviņa (1977: 37)
2.2.3. Sistemazione critica dei dati lettoni
Adesso, completata la rassegna delle forme numerali lettoni, sarà più facile comprendere perché abbia dato la lettura proposta in Fig. 2.2 rispetto alle altre riportate nelle Tabb. 2.1-2.3.
Ho considerato le differenze tra fondamentali, peculiari dei pluralia tantum, collettivi e frazionari come suddivisioni interne al gruppo dei cardinali. Dunque sono tutte suddivisioni che si collocano a un livello inferiore, più specifico rispetto a quello tra cardinali e ordinali. Il criterio semantico dà ragione di questa scelta. Inoltre questo approccio garantisce omogeneità con il sistema lituano visto in precedenza, tanto da permettere una corrispondenza quasi uno a uno dei vari sottogruppi.
Critico in particolare la scelta di M.L.L.V.G. 1959 (accettata e ripresa da L.L.V.M.S.A. 2002) di operare la suddivisione tra numerali “definiti” (noteiktie slaitļa vārdi) e “indefiniti” (nenoteiktie slaitļa vārdi): i numerali sono tutti definiti, perché si riferiscono a un numero. Qui si considerano tutti gli indefiniti come quantificatori piuttosto che numerali (v. Introduzione). Questo non solo semplifica il quadro, ma lo rende più omogeneo e ragionevole: non vedo come si possano considerare daudz “molto” o vairāk “più” dei numerali cardinali.
A differenza di M.L.L.V.G. 1959 e Forssman 2001 non ritengo numerali, ma pronominali le forme abi, abas (cfr. lit. abu, abi) “entrambi, entrambe”. Su questo si veda Rosinas 1988.
Non mi sembra poi corretto far rientrare le forme in –ēji/– jas tra i collettivi come fanno M.L.L.V.G. 1959 (cfr. Tab. 2.2) e Forssman 2001 (cfr. Tab. 2.3). La loro caratteristica infatti non è tanto quella di indicare una pluralità vista come un insieme (come fanno i kuopiniai lituani), quanto quella di concordare con forme speciali, i pluralia tantum. Essi corrispondono semmai ai dauginiai lituani. A esplicitare questa corrispondenza con le forme lituane, tra le descrizioni consultate, è soltanto Kabelka 1987: lituano, per l’appunto.
ē
È invece comprensibile la scelta di Forssmann di considerare le forme in – atā come “Zahladverbien”. Il loro significato infatti è di tipo avverbiale. Qui si sono etichettati come “collettivi” per parallelismo con il sistema lituano, ma si deve tenere ben presente la discrepanza tra le due lingue in questo punto, che è in effetti uno dei più critici nell’analisi comparata dei due sistemi (v. avanti §3.2.1.2).
2.3. Antico prussiano
Si forniscono anche i dati relativi ai numerali del prussiano.54 L’importanza di queste testimonianze, per quanto scarse, è grandissima soprattutto in una prospettiva storica. Innanzitutto il prussiano costituisce l’unica lingua del ramo baltico occidentale dotata di un certo corpus,55 inoltre nello specifico settore dei numerali vale la pena citare quanto affermato di recente da Kortland (2009: 303): “[…] Prussian has always preserved the most archaic formation in the Batlo-Slavic numerals”. Ovviamente i dati qua indicati si collocano su un altro piano rispetto a quelli del lituano e lettone sopra esposti. Mentre questi ultimi sono tratti dalle lingue moderne e dunque immediatamente comparabili, i numerali prussiani entrano in gioco in una visione complessiva storica, diacronica, evolutiva.
Indico soltanto il nominativo (qualora questo non fosse attestato, altri casi) nelle varianti ortografiche.
2.3.1. Cardinali
1: nom. masc. <ains>, <ans>56, femm.<ainā> 2: acc. <dwai> 3: ― 4: ― 5: ― 6: ― 7: ― 8: ― 9: ―
10: nom. <dessempts>, <dessimpts>, <dessimton> 100: ―
1000: acc. <tūsimtons>
54 Per questa breve rassegna mi baso su Endzelīns1944: 107-110, Schmalstieg 1974: 106-111 e Kortland 2009: 301-303.
55 Sul corpus prussiano si può leggere in italiano Dini 1997: 240-244.
56 Questa variante ortografica non è registrata né da Schmalstieg (1974) né da Kortland (2009), tuttavia si incontra nella 73° pagina dell’Enchiridion (cfr. Mažiulis
Oltre a questi, tra i cardinali si può ricostruire un ipotetico *simtan 100 sulla base di dessimton e ūsimtons (cfr. Stang 1966: 282). Inoltre si potrebbe arricchire il repertorio con *tris 3. Questo numerale, sebbene non attestato nei testi, si lascia intravedere come primo elemento del composto toponomastico Triskaym, da confrontare con il modello lituano Keturkiemiai, (cfr. Endzelīns 1944: 108).
t
Alla luce di quanto già detto per lit. abu/abi, lett. abi/abas “entrambi/e”, sono da considerare pronomi e non numerali le forme pr. <abbai> (nom. plur. masc.), <abbaien> (nom. sing. neut.) che altri fanno rientrare nel repertorio dei numerali prussiani.
2.3.2. Ordinali:
1°: nom. sing. masc. <pirmas>; forme pronominalizzate: nom. sing. masc. <pirmois>, <pirmonnis>, femm. <pirmoi>
2°: nom. sing. masc. <anters>, <antars>, femm. <antrā> 3°: nom. sing. masc. <tīrts>, <tirts>, <tirtis>,plur. <tirti>
4°: nom. sing. masc. <kettwirts>, <ketwerts>, <ketwirtz>, femm. <ketwirta> 5°: nom. sing. masc. <piēncts>, <pyienkts>, <penckts>, femm. <piencktā> 6°: nom. sing. masc. <uschts>, <wuschts>, <usts>, femm. <uschtai> 7°: nom. sing. masc. <septmas>, <sepmas>, femm. <septmai> 8°: nom. sing. masc. <asmus>
9°: nom. sing. masc. <newīnts>, <newints>, <newyntz> 10°: nom. sing. masc. <dessimts>, <dessympts>, <dessīmts>
Come si può vedere, il corpus prussiano offre – in maniera lacunosa – numerali di due tipi soltanto: cardinali (fondamentali) e ordinali. Niente che si possa accostare ai sottogruppi visti in lituano e lettone. Il fatto che non ne possediamo attestazione scritta non significa naturalmente che non vi siano effettivamente state in questa lingua espressioni di questo tipo. Se così fosse, tali forme andrebbero considerate innovazioni baltico-orientali. Ma questo è negato da un fatto evidente: espressioni analoghe si ritrovano anche nelle lingue slave, e dunque vanno fatte risalire ad una fase precedente la disgregazione endobaltica nei rami orientale e occidentale.
Per quanto di ridotta attestazione, i numerali prussiani sono di interesse non solo a livello di singole forme, ma anche di sistema che attraverso di esse si lascia intravedere. Mi riferisco particolarmente al rapporto tra il quantificatore e il determinato nel sintagma numerale-sostantivo.
In questo capitolo, in cui i dati presentati sono perlopiù assodati e già descritti altrove, poco si può dire della sintassi dei numerali prussiani, sulla quale di assodato c’è ben poco. Nel prossimo capitolo invece, dedicato allo studio della morfosintassi storica dei numerali baltici, cercherò di ricavare qualche informazione su questo punto a partire dall’analisi dei testi antico prussiani e dal confronto con le altre due lingue baltiche.