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APPENDICE C Esempi di soluzioni per un uso diffuso delle nuove tecnologie

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APPENDICE C

Esempi di soluzioni per un uso diffuso delle nuove tecnologie

Far conoscere la rete

Di fronte alle problematiche legate all'ampliamento dell'utenza del canale Internet, fortunatamente in Italia non ci sono stati solo progetti per la diffusione della banda larga, ma anche soluzioni interessanti volte a diffondere la cultura di Internet.

Se difatti è necessario che la banda larga arrivi su tutto il territorio, allo stesso tempo le infrastrutture non sono sufficienti a garantire un uso ampio della rete: bisogna spiegare ai cittadini quali benefici dà e come poter utilizzarla. Altrimenti si rischia di avere ottime reti fisiche che mancano però di collegamenti sociali, i quali vanno realizzati attraverso la diffusione di conoscenza e la comunicazione. Questi due elementi si realizzano nell'esperienza di formazione: spiegando agli altri nuovi strumenti di comunicazione non solo li si istruisce all'uso, ma li si informa della loro esistenza1.

Ai ragazzi giovani spesso non è necessario spiegare come funziona la rete perché sono nativi digitali: nascono accerchiati da tecnologie e le apprendono facilmente da amici e parenti, anche se all'interno della socializzazione secondaria l'agenzia “scuola” dovrebbe comunque svolgere un ruolo di indirizzamento per mostrare quegli aspetti meno giocosi della rete, come appunto i siti di approfondimento scolastico o le piattaforme della PA.

Diverso atteggiamento va riservato invece alle categorie sociali “deboli” e che Bentivegna riconosce negli esclusi digitali, i quali più passa il tempo più si allontano dalla possibilità di recepire i contenuti e i servizi offerti dalla rete. Verso costoro la PA ha il dovere di intervenire in quanto tra i principi dello Stato c'è quello del sostegno delle categorie meno avvantaggiate e perché, eticamente, è giusto che una

1 Come evidenziava anche il Dott. Roberto Cremaschi nella sua intervista, a proposito del ruolo della comunicazione all'interno del sistema Comune

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comunità supporti le persone che non riescono ad arrivare a certe competenze.

Tra queste categorie che risentono notevolmente del digital divide ne rientra una molto importante per la nostra società: gli anziani.

Secondo le statistiche presenti nell'Apppendice A, infatti gli ultra sessantacinquenni in Italia rappresentano il 20% della popolazione e, osservando i dati demografici storici2, si nota una chiara progressione verso una popolazione sempre più anziana.

Ciò ha già conferito all'Italia la seconda posizione nella graduatoria europea delle nazioni con il più alto tasso di invecchiamento.

In quest'ampia fascia di popolazione solo il 9,9% utilizza il computer e l'8,5% la rete. La situazione non migliora molto riducendo l'età: nella fascia 55-59 anni il 33,1% usa Internet, mentre in quella 60-64 anni solo il 22,8%3.

Fortunatamente però, nell'ultimo decennio, istituzioni ed associazioni hanno avviato programmi volti a diffondere la conoscenza del computer e di Internet alle generazioni più anziane. A chi ha praticità con questi strumenti risulta ormai automatico l'uso, ma per una persona che ha vissuto per anni rapportandosi solo con i media tradizionali ciò è di notevole difficoltà. I meccanismi logici che ormai i produttori di software c'hanno insegnato a comprendere, per loro sono un linguaggio nuovo, spesso incomprensibile anche perché sviluppato in una lingua diversa dall'italiano: l'inglese, lingua mondiale dell'informatica.

Per riuscire a capire lo stato d'animo di una persona anziana in procinto di conoscere le nuove tecnologie basti pensare a quando si stava imparando a guidare l'automobile: c'era molta curiosità, ma anche molta paura di sbagliare e di dover ricordare tante nozioni nello stesso momento in cui bisognava usarle. Poi, ad anni di distanza, si sorride pensando all'ansia che si provava magari per il cambiare le marce del motore, il guidare osservando più situazioni (soprattutto strumentazioni interne e contesto esterno), ecc. Eppure è servito un periodo di formazione, in cui qualcuno ci insegnasse i passaggi essenziali e come riuscire a gestirli tranquillamente.

È questo l'intento dei corsi di alfabetizzazione informatica per anziani che spesso, per essere ancora più significativi dal punto di vista sociale, sono realizzati da ragazzi giovani, i probabili nipoti di quei nonni. In questo modo si realizza anche un

2 Vedi i dati reperibili su <http://www.istat.it/dati/catalogo/20091120_00/PDF/cap2.pdf> 3 Cittadini e nuove tecnologie – Anno 2009, ISTAT, p. 8

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confronto generazionale che ribalta persino i consueti canoni, secondo cui sono i saggi ed anziani a dover spiegare ai giovani le tecniche per vivere al meglio in una società. Eppure, dalle esperienze svolte, si scopre che quando ad insegnare i nuovi media sono dei ragazzi invece di un professore, l'atteggiamento degli anziani cambia: c'è più interesse e anche un maggiore passaggio di conoscenze. Questo forse perché ci si stacca da quel formalismo delle lezioni, che a volte può trasmettere freddezza, per entrare in un contesto più famigliare e quasi colloquiale, dominato da una vicinanza relazionale. Si consideri infatti che spesso le fasce d'età estreme sono molto simili tra di loro, si trovano cioè in condizioni uguali nel confronto con il nuovo: i giovani devono introiettarlo e sperimentarlo, mentre gli anziani devono conoscerlo. Ad ogni modo, essendo comunque un corso didattico, a questi incontri sovraintende sempre un professore che è anche il collante tra le due generazioni ed interviene qualora qualche nozione non sia chiara o venga spiegata male.

Come accennavano all'inizio, tanti sono gli esempi meritevoli di questo tipo: ne esamineremo due che si sono notevolmente distinti in Italia e uno relativo al territorio bergamasco.

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Fondazione Mondo Digitale

Il logo dell'associazione

Un esempio concreto, strettamente legato alla diffusione di Internet dal punto di vista conoscitivo, è il lavoro che da anni la Fondazione Mondo Digitale di Roma ha avviato. Nata nel 2001 col nome di “Consorzio Gioventù Digitale” è poi diventata Fondazione nel dicembre 2006, anno in cui ha ottenuto anche il sostegno della Regione Lazio e dell'Intel Corporation.

La Fondazione, guidata dallo studioso della lingua Tullio De Mauro, è quindi un sistema ben organizzato che si basa su un principio fondamentale: «I benefici che provengono da conoscenze, nuove tecnologie e innovazione devono essere a vantaggio di tutte le persone senza alcun tipo di discriminazione»4.

Nel promuovere quindi l'apprendimento e l'uso delle nuove tecnologie si rivolgono ai soggetti più portati ad esserne esclusi. La loro missione ruota intorno agli aspetti riportati nel seguente schema:

Schema riportato sul sito della Fondazione Mondo Digitale

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La Fondazione ha avviato vari progetti, distribuiti in diversi ambiti sociali dell'esclusione digitale. Ogni anno si fa un'attenta valutazione di quelli avviati e, se vengono riproposti, si cerca di implementarli. Essi si sono così sintetizzabili:

ict per l'accessibilità, con progetti su: Riuso di computer, connettività a banda larga per le scuole, aule virtuali;

ict per studenti con bisogni speciali: E-care, Punto Acca, Progetto Auxilia;

ict per la terza età: Nonni su Internet, Tutti su Internet, TeleMouse;

ict per le pari opportunità: Donne e Nuove Tecnologie, Women in local development;

ict per gli immigrati e i rifugiati: Doppio Codice, e-Cafe al Centro Enea, Programma Inti;

ict per l'educazione nel XXI secolo: le Settimane Telematiche a Città Educativa, la robotica per la didattica, European Resources Manager of School Cities, Project Leips;

ict per l'istruzione globale e l'e-inclusione: Global Junior Challenge, Small Fund Award, Digital Bridge, einclusionsite.org, ICT per la pace;

ricerca e sviluppo per l'azione, con progetti volti soprattutto a creare incontri formativi o materiali didattico.

Ho voluto almeno citare tutti i loro progetti, non potendoli descrivere, in quanto sono di grande importanza per la riduzione del digital divide: essi infatti servono a far conoscere Internet e renderlo utile a persone che prima ne erano escluse.

Ad ogni modo, tra le loro iniziative più consolidate e storiche, rientrano i tre progetti dedicati all'alfabetizzazione degli anziani:

Nonni su Internet: iniziativa partita nel 2003 da tre centri anziani di Roma

con l'obiettivo di “impegnarsi nella lotta al nuovo analfabetismo e contrastare il rischio di una spaccatura sociale e comunicativa tra giovanissimi e adulti”5.

Negli anni, grazie al supporto di Microsoft e del Comune di Roma, l'esperienza si è implementata e diffusa a molti altri centri anziani. È lì infatti

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che gli studenti tutor, insieme ad un insegnante coordinatore, reclutano gli anziani da portare nello proprie scuole per insegnar loro come navigare sul web, utilizzare la posta elettronica e conoscere la PA digitale. Ciò però avviene dopo qualche nozione basilare sui principali programmi della piattaforma Windows e segue poi il percorso di un lavoro multimediale da costruire insieme. Ogni corso è riservato ad un massimo di 25 persone, dura 30 ore con cadenza settimanale ed è gratuito. La Fondazione poi, in collaborazione con il Dipartimento di Linguistica dell'Università “La Sapienza” di Roma e Intel Corporation Italia, ha prodotto anche un kit formativo composto da quattro manuali, che cercano di spiegare come meglio utilizzare le nuove tecnologie. L'iniziativa è stata realizzata soprattutto nel territorio laziale, anche se negli anni è arrivata anche in paesi umbri e marchigiani. A partire dal 2003 si sono diplomati 7.500 nonni, che sono stati seguiti da 4.000 giovani tutor e 500 insegnanti coordinatori.

L'esperienza è poi legata alla campagna “Non mi buttare... al Centro anziani c'è post@ per me”: nelle scuole romane degli studenti hanno attivato delle officine di recupero per rigenerare i pc dismessi e offerti gratuitamente da alcune aziende. Una volta risistemati vengono portati nei Centri Anziani, dove vengono usati dai nonni per fare esperienza: fino ad oggi ne sono stati distribuiti più di 350.

Il progetto, grazie alla sua chiara valenza e organizzazione, è diventato addirittura un modello per l'esterno: In Irlanda, Intel lo ha diffuso attraverso il piano nazionale “Log On, Learn” mentre in Spagna, Belgio e Romania gli over 60 studiano il computer con il progetto Silver (Stimulating ICT Learning for Active Eu Elders), che fa parte del Programma comunitario Life Long Learning ed è coordinato dalla Fondazione.

Infine, su questa linea, la Fondazione ha siglato un protocollo d'intesa con Spi-Cgil, Auser, Federazione Lavoratori Conoscenza Cgil e Sindacato Pensionati Italiani Cgil con l'obiettivo di raddoppiare in tre anni il numero degli adulti che partecipano ad attività formative legate ad Internet. Alla base di questa collaborazione c'è un'interessante proposta di legge popolare

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sull'apprendimento permanente6;

Tutti su Internet: durante le “Settimane dell'alfabetizzazione digitale” i centri

anziani e le scuole che hanno partecipato al progetto “Nonni su Internet” invitano i cittadini a tornare nella scuola di quartiere per imparare l'abc del computer e ad usare diversi servizi online. Ad accoglierli ci sono gli anziani diplomati, gli studenti tutor e i docenti che hanno già lavorato per il progetto “Nonni su Internet”. La prima edizione si è svolta dal 27 al 31 marzo 2006 in 30 scuole, poi si è replicato nell'aprile 2007 in 50 scuole, nel maggio 2008 in 60 scuole romane e dal 2009 si è fatto il salto di qualità: in quell'anno infatti la diffusione dell'iniziativa è diventata consistente. Tra il 30 marzo e il 3 aprile 2009 si è realizzata infatti in 64 scuole di Lazio, Umbria e Marche. Dal 3 al 7 maggio 2010 invece si è svolta la quinta edizione che ha coinvolto più di 100 strutture di Lazio, Marche, Umbria, Piemonte e Lombardia;

Telemouse: in collaborazione con Telecom Italia il progetto “Nonni su

Internet” è evoluto in questo nuovo contenitore. La sua essenza è sempre la stessa: corsi di alfabetizzazione informatica per anziani, gestiti dai loro “nipoti”. L'iniziativa si svolge soprattutto nel Comune di Roma, ma ora oltre alle attività nelle scuole sono stati allestiti anche 50 Internet Corner nei centri anziani dove i “nonni” possono proseguire nella pratica della rete. Per questo è stato creato anche un corso per quegli anziani che, a loro volta, vogliono diventare tutor all'interno del proprio Centro per spiegare quindi ai propri coetanei come utilizzare il web e servizi digitali. Inoltre ad alcuni anziani si è iniziato, con un'esperienza pilota in un centro, anche ad insegnare a effettuare piccolo interventi di manutenzione per provare da soli a recuperare dei pc obsoleti. Si è istituita poi la figura del volontario digitale che interviene a supporto delle attività di formazione, dopo però aver acquisito delle competenze minime: lo possono svolgere persone di ogni età, anche se Telecom ha già proposto per questo ruolo del proprio personale in pensione. Infine, la conoscenza della rete avviene anche tramite manuali e materiale

6 Reperibile su <http://www.cgil.it/Archivio/formazione-ricerca/Proposta%20Legge %20Apprendimento%20Permanente.pdf>

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didattico: durante questo progetto, valido per il biennio 2009-2011, sono stati stampati anche un manuale sull'e-government e uno sulle nuove tecnologie della comunicazione.

Internet Saloon

Il logo dell'iniziativa

Nata in territorio lombardo è invece l'iniziativa degli Internet Saloon, scuola di computer “destinata ai numerosi nuovi anziani metropolitani, a tutti gli over 50 che vogliono restare al passo con i tempi”7. L'iniziativa è promossa dall'Associazione

Interessi Metropolitani (AIM) con il supporto di partern (tra cui HP, Telecom Italia, Microsoft e Credito Artigiano) che hanno offerto le strutture dove effettuare i corsi di alfabetizzazione informatica. Il progetto è nato dopo esperienze sporadiche e sperimentali, che l'associazione aveva messo in atto fin dal 1998 per insegnare ad anziani e mamme l'uso della rete. L'iniziativa è partita nel 2000 a Milano e poi si è estesa alle città di Ancona, Bari, Catania, Napoli, Pavia, Sondrio, spesso con il patrocinio dei rispettivi comuni.

I corsi si tengono generalmente in una sede che l'associazione ha in ogni città e sono organizzati da insegnanti adulti: in questo modo si perde quel collegamento generazionale possibile nelle lezioni curate dai “nipoti”, anche se si lavora comunque per ridurre l'esclusione sociale che tocca coloro che non conoscono la rete.

I corsi non trattano solo la navigazione web: alcuni sono relativi alla piattaforma Windows, altri alla creazione di un blog o all'uso dei programma di fotografia digitale, ecc. Durano solitamente solo un giorno, ma hanno anche un costo piuttosto esiguo: al massimo il contributo che l'associazione richiede è di 15 euro.

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L'associazione poi propone anche corsi dedicati al tema del lavoro o dell'inserimento femminile nella società grazie alle tecnologie digitali, oltre ad incontri culturali o gite, che servono ad unire il gruppo dei frequentanti.

Nonni-web, a Bergamo

Gli esempi proposti fin qui hanno un solo limite: sono soprattutto concentrati in territori metropolitani. Entrambe le associazioni, interessante con grande impegno a questa tematica, stanno lavorando per la diffusione delle proprie attività a livello nazionale: la Fondazione Mondo Digitale ha sottoscritto infatti un'intesa con diversi sindacati di pensionati, mentre Internet Saloon ha ampliato le proprie sedi territoriali. Progetti più in piccolo si affidano alla buona volontà di comitati o scuole, che cercano di replicare l'esperienza di queste grandi associazioni.

Sul territorio bergamasco l'Auser, il Centro Servizi Bottega del Volontariato (CSV) e l'Ufficio Scolastico Provinciale (USP) nel 2009 hanno avviato il progetto Nonni-web. La sua finalità è quella di creare un momento formativo e relazionale capace da una parte di coinvolgere dei giovani studenti nel volontariato, dall’altra di offrire l’opportunità ad anziani di avvicinarsi al mondo del computer. Alla base anche di questo progetto, ci sono dei corsi di alfabetizzazione informatica nei quali è possibile creare una relazione generazionale, all'interno della quale l'anziano riesce meglio ad apprendere e in cui si può realizzare una crescita per entrambi gli attori. Inoltre gli organizzatori evidenziano, nei documenti organizzativi, che questo tipo di corsi può aiutare anche in aspetti a volte sottovalutati: servono infatti a valorizzare le scuole come agenti vicine alla comunità e disposte ad incentivare un processo di educazione permanente; a sensibilizzare i giovani verso il volontariato e la solidarietà nei confronti degli altri; a valorizzare e potenziare tramite l'insegnamento le qualità degli studenti, che possono così consolidarle e apprendere un'attitudine comunicativa volta al trasferimento di conoscenza.

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Il progetto si è sviluppato seguendo queste fasi:

Individuazione delle scuole disponibili: sono state selezionate alcune scuole disposte collaborare sia nella definizione delle fasi operative sia nell’offrire adeguati laboratori per accogliere gli anziani e i loro giovani docenti. La scelta spesso è ricaduta su scuole situate in paesi dove esiste una sede AUSER o un Centro Anziani, in modo da pubblicizzare meglio l'iniziativa e rispondere alle esigenze del territorio;

Definizione del percorso formativo: il corso è stato strutturato come un percorso di 6 incontri settimanali, da 2 ore ciascuno, presso le sedi delle scuole aderenti. Nella progettazione del contenuto del corso è stata data ampia autonomia agli studenti, i quali devono scegliere gli argomenti anche in base alle difficoltà tecniche ed emotive degli anziani. Devo però rientrare nell'interno di fornire le competenze basilari per l'uso dei principali servizi offerti da Internet (prenotazioni, servizi sociali, consultazione notizie, ecc) e della posta elettronica. Quando è stato possibile, sono stati presentati agli anziani strumenti avanzati come i social network, i forum e le chat;

Individuazione del referente per ogni scuola: costui ha il compito di presentare il progetto al Collegio Docenti della scuola, tenere i contatti con l'equipe tecnica (formata da un componente di ogni organizzazione), reclutare gli studenti-docenti, verificare la disponibilità delle infrastrutture, controllare e gestire i ragazzi durante lo svolgimento del corso, segnalare ogni tipo di difficoltà all'equipe tecnica. Una volta scelti, è stato organizzato per loro un breve corso per spiegare il progetto, le metodologie e il monitoraggio;

Pubblicizzazione dell'iniziativa e reclutamento dei corsisti: innanzitutto è stato necessario valutare i computer disponibili e quanti studenti volontari ogni scuola poteva offrire. Dopodiché si è proceduto a reclutare gli anziani, tramite un volantino diffuso nei centri anziani, nelle AUSER e nei sindacati dei pensionati della zona. A differenza di quanto ci si aspettava, sia studenti che anziani hanno risposto in modo positivo all'iniziativa, al punto tale che non si sono potute soddisfare tutte le richieste provenienti dagli anziani.

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Le scuole coinvolte, in una prima fase sperimentale, sono state tre istituti superiori di Bergamo, Zogno e Lovere. Al progetto hanno quindi partecipato 52 studenti e 50 anziani, in rapporto uno a uno, mostrando tutti un notevole gradimento per l'iniziativa e richiedendone il prosieguo.

Offrire gli strumenti informatici a tutti

L'insegnare alle fasce sociali più deboli cos'è la rete e quali importanti funzioni nasconde dovrebbe essere prioritario come diffondere l'infrastruttura sul territorio, ma oltre a ciò andrebbe considerata anche un altra problematica: quella relativa al software.

Fin qui infatti si è accennato ai problemi hardware e al livello di conoscenza della rete, ma anche il software è indispensabile per permettere ai sistemi informatici di funzionare. Spesso però i programmi che permettono di svolgere operazioni al computer e di accedere alla rete sono di tipo proprietario, quindi a pagamento: ciò porta nuovamente ad escludere coloro che non possono permettersi software privati, mentre nella PA ciò spesso crea un aggravamento economico in termini di costi relativi alle licenze. Ecco perché non bisogna solo far conoscere le tecnologie informatiche, ma anche renderle accessibili e convenienti. Per questo, credo sia importante sottolineare come il software libero possa aiutare nell'opera di diffusione delle nuove tecnologie.

In informatica i software di questo tipo rientrano sotto il nome di open source (sorgente aperta). Gli autori di questi programmi, ovvero i detentori dei loro copyright, ne permettono il libero scambio e anche l'apporto di modifiche da parte di programmatori indipendenti. Ciò è possibile grazie a particolari licenze d'uso8 e

all'apporto di Internet, che permette di condividere su ampia scala un progetto e renderlo così più articolato ed efficiente.

Infatti lo scopo principale delle licenze libere non è tanto la gratuità del software, quanto la sua sopravvivenza, ovvero la sicurezza che vi sia la possibilità per chiunque e in qualsiasi momento di apportare miglioramenti o modifiche al

8 Per un'introduzione ad esse si può consultare l'articolo reperibile su

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programma, oltre a poterlo installare senza limitazioni. Di conseguenza il fruitore del software libero può trarre spunto dal programma esistente per crearne uno proprio, a patto che rispetti le condizioni di licenza.

I software open source attualmente più diffusi sono Firefox, OpenOffice, VLC, Gimp, 7-Zip, oltre ad un gran numero di progetti rivolti non all'utente finale ma ad altri programmatori. Sono inoltre degne di nota le famiglie di sistemi operativi BSD, GNU e il kernel Linux, i cui autori e fautori hanno contribuito in modo fondamentale alla nascita del movimento. La comunità open source è molto attiva, al punto che si è aperto anche un dibattito terminologico sulla differenza tra software libero e open source. Ad ogni modo, nell'ultimo decennio i software open source si sono notevolmente diffusi: non solo per il risparmio che implicavano, ma anche per una valutazione positiva da parte dell'utenza. Si è iniziato infatti a capire davvero il significato etico e sociale in essi contenuti, ovvero la possibilità di far circolare liberamente un sapere informatico e aiutare così sempre più persone ad avvicinarsi alle nuove tecnologie.

In questo scenario, dopo il 2000 anche la PA italiana ha iniziato, come già avevano fatto quelle di altri paesi europei, ad avvicinarsi al fenomeno dell'open source in quanto si è capito che può offrire soluzioni convenienti, efficienti, dinamiche e replicabili: caratteristiche queste che sono fondamentali per una corretta strumentazione della PA.

Così nel giugno 2002 il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, On. Lucio Stanca, stilò le “Linee guida del Governo per lo sviluppo della Società dell’Informazione nella legislatura”9, che rappresentano un'analisi articolata e complessa su come le

nuove tecnologie potevano essere d'aiuto alla PA e alla crescita economica. All'interno di questa pubblicazione si trattava quindi anche l'open source, considerandolo uno meccanismo che poteva garantire il contenimento dei prezzi, la trasparenza (e quindi la sicurezza), la non dipendenza da un singolo fornitore, l'elevata riusabilità, l'accessibilità per le piccole realtà di sviluppo10. Quindi secondo

9 Reperibile su <http://www.cnipa.gov.it/site/_files/Linee%20guida%20Governo%20sviluppo %20Societ%C3%A0%20informazione%20giugno%202002.pdf>

10 Linee guida del Governo per lo sviluppo della Società dell’Informazione nella legislatura, Ministero per l'innovazione e le tecnologie, Roma, 2002, p. 66

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il Ministro la PA doveva subito rivolgersi all'open source per ridurre i costi di acquisizione e gestione dei software. Al di là delle scelte delle singole amministrazioni, urgeva creare un programma nazionale di ricerca sull'open source per stimolare i progetti in quest'ambito; supportare le attività di ricerca, sviluppo e commercializzazione dei software liberi; favorire la collaborazione tra le imprese private e le istituzioni pubbliche. Ecco quindi che nell'ottobre 2002 venne nominata dal Ministro Stanca la “Commissione per il software a codice sorgente aperto nella Pubblica Amministrazione” con il compito di stimare l’impiego e le spese sostenute per l’acquisto ed il mantenimento del software negli uffici pubblici italiani e di valutare la scelta di soluzioni informatiche in base al rapporto tra costi e benefici. Dopo cinque mesi di lavoro di analisi delle soluzioni presenti sul mercati ed adottate da altri Paesi, la commissione produsse l' "Indagine conoscitiva sul software open source" dove si evidenziava soprattutto che le PA non devono vietare né penalizzare l'open source, anzi che nel momento di selezione del software bisogna puntare sul

value for money. Bisogna inoltre favorire il riuso, la diffusione delle esperienze

migliori già presenti nella PA, i pacchetti proprietari con licenza devono esser disponibili per ispezioni e tracciabilità, le interfacce dei sistemi informativi della PA non devono esser vincolate ad un unico fornitore ed addirittura i documenti della PA andrebbero memorizzati in più formati, di cui uno obbligatoriamente aperto.

Qui non solo tornano gli aspetti del risparmio offerto dall'open source, ma si evidenzia anche come esso riesca meglio a garantire aspetti tecnici necessari per la strumentazione di una PA trasparente ed efficiente: ovvero l'interoperabilità e il riuso dei programmi. Senza la prima infatti è difficile esser certi della buona conservazione del materiale, mentre la seconda è una necessità in quanto può rientrare negli eccessi di spesa il non scambiarsi tra amministrazioni gli strumenti informatici che ben riescono a realizzare alcune funzioni.

Tutti questi auspici vennero poi fatti rientrare nella “Direttiva Stanca” del 18 dicembre 2003, che volle far chiarezza ed incentivare la PA a tenere ben presenti le qualità legate all'interoperabilità, al riuso, alla diffusione, alla convenienza del software aperto. Contestualmente al CNIPA spettava il compito di istituire un “Osservatorio sull'open source” con lo scopo di promuovere le iniziative sul software

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aperto già presenti nella PA, incentivare progetti di studio sulle licenze, creare strumenti online per far incontrare domanda e offerta di questo settore, dare supporto alle amministrazioni nell'orientamento verso l'open source.

Oltre alla Direttiva Stanca, negli anni sono stati realizzati altri interventi legislativi relativi all'open source: molti dei contenuti prodotti nel biennio 2002-2003 sono rientrati poi nel “Codice dell'Amministrazione Digitale”, mentre nella finanziaria 2007 si è istituito un fondo di dieci milioni di euro al fine di sostenere la realizzazione di progetti per la società dell'informazione, la cui destinazione prioritaria dovevano essere i progetti che sviluppano applicazioni software a codice aperto.

Nel 2007 è stata riproposta anche la Commissione Open Source presieduta dal precedente presidente, il Prof. Angelo Raffaele Meo, per proseguire nell'analisi della situazione dell'open source in Italia e in Europa e fornire un supporto informativo alle amministrazioni sul tema.

Questi atti normativi sottolineano che anche l'Italia si è interessata al software open source per la propria PA, per renderla più moderna ed efficiente. Vediamo ora degli esempi recenti a riguardo.

La Provincia di Vicenza

La Provincia di Vicenza si è resa disponibile a partecipare ad una sperimentazione sula burocrazia digitale che fa parte del piano e-gov 2012. All'interno di esso infatti rientra il progetto speciale di Sun Microsystems11, avviato il 3 giugno 2009 con la

firma del protocollo di intesa tra l'azienda e il Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione. Il Ministro Brunetta ha così affidato alla società informatica la realizzazione di questi due obiettivi del suo piano:

Scuola digitale: allestimento di aule informatizzate con soluzioni di desktop virtuale presso alcuni istituti scolastici di Roma, per sperimentare la didattica digitale;

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Burocrazia digitale: un prototipo di integrazione dei processi di lavoro all’interno e tra gli uffici pubblici, con l’obiettivo di ridurre i costi per l’amministrazione, per i cittadini e le imprese, migliorando la qualità dei servizi.

La Provincia di Vicenza, su proposta dell'Assessore all'Innovazione Andrea Pellizzari, ha quindi accettato di rendersi sperimentatrice di questa seconda soluzione, autorizzando Sun Microsystems ad installare il programma libero “StarOffice 9”12 su un campione selezionato di proprio computer. In questo modo si

arriverà alla creazione e conversione in formato elettronico di un numero significativo di documenti, rendendo così il lavoro degli impiegati più facile ed efficiente. Ovviamente la sperimentazione prevede il monitoraggio e reporting dell'impatto sotto il profilo della qualità dei risultati, della riduzione dei costi e della velocità del processo.

Nella conferenza “Open source e piano e-gov 2012: opportunità e prospettive di sviluppo” all'interno del COM-PA 2009, a cui ho assistito, sono stati presentati meglio gli intenti di questo progetto. L'Assessore all'Innovazione della Provincia di Vicenza, lì presente, ha innanzitutto spiegato che la scelta di essere un Ente sperimentatore era il naturale prosieguo di un piano volto ad abbattere i costi dell'informatizzazione della PA ed innovarla, che aveva già visto la creazione di server Linux e l'utilizzo di programmi open source su alcuni PC. Il progetto con Sun Microsystems si è quindi strutturato in due momenti: uno di analisi e uno di implementazione vera e propria. Nella prima parte è stata condotta un'analisi approfondita dei processi aziendali relativi alla produzione documentale, delle competenze degli utenti e della struttura dei documenti interessati dalla migrazione. Nella seconda parte si è iniziato a distribuire StarOffice ad un gruppo di cinquanta utenti, a cui è stata garantita formazione e supporto per il passaggio al nuovo strumento, oltre ad un'attenzione per il cambiamento psicologico di abitudini a cui gli impiegati dovevano incorrere: l'intento dell'Assessore infatti non era solo quello di imporre la sperimentazione ai fini del risparmio ma farne anche capire i vantaggi.

12 È la distribuzione professionale e con una forma di supporto della soluzione open source “Open Office”, sempre della Sun Microsystems

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Inoltre durante l'incontro Emanuela Giannetta, Software Product Marketing Manager di Sun Microsystems, ha ribadito il risparmio di questi programmi open source. Ha stimato infatti che lo Stato risparmierebbe 100 milioni di euro in due anni se adottasse “Star Office” nella maggior parte dei suoi computer e ha sottolineato che per ogni piattaforma utente il costo è di 9 euro annuali.

Si noti infine che questa piattaforma di open document permette sia la dematerializzazione che la costruzione più libera dei documenti. Infatti i documenti salvati in formati proprietari - tipo quelli di Microsoft Office - sono dipendenti dallo strumento di elaborazione e quindi non permettono alle amministrazioni di conservare nel tempo il controllo e la leggibilità dei propri dati. Il formato ODF di Star Office13, invece, è uno standard aperto ed è gestito in modo da separare sempre i

contenuti inseriti dai dati di formattazione aggiunti dallo strumento di elaborazione. Fuss

Il logo del progetto

Altro esempio, meritevole di citazione, dal punto di vista della diffusione di strumenti accessibili e gratuiti volti ad implementare la conoscenza e l'uso delle nuove tecnologie è l'esperienza “Free Upgrade Southtyrol's Schools” (FUSS) delle scuole italiane della Provincia Autonoma di Bolzano14.

Il progetto ha preso il via nell'aprile del 2005, grazie ai finanziamenti del Fondo Sociale Europeo e all'impegno dell'Intendenza Scolastica della Provincia di Bolzano. Il suo obiettivo principale era quello di sostituire i software con licenza proprietaria presenti nei computer delle scuole con la distribuzione GNU/Linux FUSS Soledad, sviluppata all'interno del progetto e rilasciata con licenza libera.

l progetto di migrazione verso questo tipo di software è stato guidato da un team di

13 Con esso è stato redatta tutta questa mia trattazione 14 Cfr. <http://www.fuss.bz.it>

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esperti e si è strutturato in sei fasi:

analisi dell'hardware posseduto dalle scuole e delle loro necessità in termini di programmi;

realizzazione del software, tenendo conto delle esigenze didattiche e puntando sulla semplicità d'uso;

dislocamento del software sui server e nei computer;

verifica, messa a regime e formazione di un team per gestire i processi di aggiornamento, dal punto di vista tecnico e didattico;

formazione dei docenti, con corsi personalizzati;

sviluppo e ricerca di nuove personalizzazioni del software in base alle esigenze didattiche.

Attraverso questi passaggi si è così arrivati alla distribuzione GNU/Linux FUSS Soledad, che è una personalizzazione della piattaforma open source Debian15. È stata

realizzata appositamente per la didattica nei diversi gradi scolastici e con la possibilità di essere scomposta e ricombinata per meglio adattarsi alle esigenze didattiche delle diverse scuole. La distribuzione comprende, accanto ai classici strumenti multimediali e alle applicazioni per l’office automation, una ricca collezione di programmi e giochi educativi, adatti alla didattica delle materie scientifiche e di matrice umanistica.

Nello sviluppo della distribuzione si puntato un’interfaccia semplice ed una logica che si avvicinasse il più possibile ai sistemi proprietari più diffusi, in modo da riuscire a incentivarne il passaggio e la diffusione.

La distribuzione è stata realizzata quindi basandosi su cinque criteri principali:

software esclusivamente libero in modo da poterlo distribuire legalmente anche agli studenti e alle famiglie, oltre a poterlo modificare in base a specifiche esigenze;

15 Per saperne di più e fare un confronto con la versione successiva, Ubuntu, vedi <http://www.ubuntu-it.org/Ubuntu_e_Debian.shtml>

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la mantenibilità, ovvero poter utilizzare col software libero quanto già creato dalla comunità informatica. Difatti per realizzarlo si è scelto di personalizzare la piattaforma Debian;

la modularità, che permette di assemblarlo e scomporlo per vari ambiti formativi;

l'adattabilità, ovvero la capacità di evolversi nel tempo ed adeguarsi alle necessità della didattica;

la replicabilità dei risultati ed il materiale prodotti in qualsiasi contesto didattico.

La release multilingua “Soledad” è stata la prima ad esser prodotta. Poi si è passati alla versione “Eland” del 2006 basata su Ubuntu 7.04 e Debian etch, nel 2008 si è riusciti a passare l'intera piattaforma su Ubuntu sotto il nome di “Nyala” e nel 2009 la si è perfezionata in “Sable”, basata su Ubuntu 9.04. Questi passaggi sono stati doverosi per poter continuare a garantire semplicità d'uso e d'installazione, migliorare i programmi didattici disponibili e creare una suite di gestione grafica di tutte le funzionalità dei server.

Il progetto FUSS ha interessato tutte le scuole italiane di Bolzano (72 scuole ubicate in 23 comuni della Provincia) e ha coinvolto circa 1600 insegnanti e 16000 studenti. Sono state configurate col sistema operativo libero 2.460 postazioni informatiche e 81 server. Durante il lancio si sono distribuiti 20.000 cd installabili, contenenti il nuovo sistema operativo, in modo da diffonderlo anche all'interno delle case degli alunni e coinvolgere in maniera attiva anche le famiglie.

Il costo dei cd è stato di circa 4.000 euro, ma nell'acquisto di licenze ed hardware si è passati da una spesa di 613.000 euro del 2004 ad una di 63.500 euro nel 200916.

Il team di progetto è guidato da tre coordinatori, un team di otto docenti e tecnici delle scuole distaccati col compito di fornire a tutte le scuole sia consulenza tecnica che collaborazione nei progetti didattici realizzati con il nuovo software. I membri del team lavorano a stretto contatto con i referenti informatici, uno per ciascuna delle 72 scuole partecipanti al progetto, i quali si fanno portavoce delle problematiche che

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i singoli insegnanti incontrano nell’uso della nuova piattaforma. Ad essi si aggiungono sei sviluppatori, quindici tecnici e cinque formatori.

La scelta del puntare sul software libero è, per i creatori dell'iniziativa, una decisione etica a favore della «libertà di accesso alle informazioni e della condivisione della conoscenza»17, che sono i presupposti per un buon sistema educativo.

Inoltre, col meccanismo del software libero si riesce anche a creare una comunità. Infatti è possibile distribuirlo senza nessuna limitazione: le scuole hanno deciso di produrre dei CD da distribuire agli alunni e così il software da strumento interno, presente sui computer delle scuole, è passato all'esterno ed è diventato una base comune di conoscenza e comunicazione. In questo modo si è mantenuto anche il principio di legalità, importante aspetto dell'educazione scolastica, in quanto una piattaforma aperta è libera dai diritti d'autore.

Con l'open source inoltre è facile creare una comunità in quanto il tipo di software permette ad insegnanti e studenti di lavorare insieme sul codice e sui contenuti, avvicinando così il progetto alle metodologie della didattica collaborativa.

Sul web infatti sono state create sezioni tipiche di una community: una è relativa alla possibilità per chi è iscritto di votare i programmi contenuti nella release, un'altra è una wiki che contiene documenti utili per capire il sistema ed implementarlo, una terza è relativa ad un servizio di mailing list sulle principali novità di Fuss ed infine c'è una sezione per sviluppatori e tecnici in cui è possibile discutere sulle problematiche del software e scambiarsi materiale per migliorarlo.

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