L’ICT è un’area della tecnologia costituita da un insieme di sistemi quali apparati hardware e applicativi soft-ware che hanno la finalità di raccogliere, archiviare, trasmettere, elaborare, presentare e proteggere le informa-zioni in formato digitale. Questo insieme complesso ci consente oggi di parlare di “società dell’informazione”, una società in cui un bene non materiale (quale l’informazione) diventa per la prima volta asset strategico.
Con la crescita della capacità delle reti e la loro diffusione si afferma il web: l’esponenziale aumento dei personal computer e dei telefoni cellulari connessi a Internet permette di asserire che mai nessuna tecnologia si sia affermata con questa capillarità e velocità. Come conseguenza, ancora oggi, assistiamo alla costante proliferazione di servizi on-line e applicazioni end-to-end. Contemporaneamente si affermano nuovi sistemi tecnologici e, in relazione a questi, nuove aree di conoscenza: il Cloud Computing, la virtualizzazione, le tecnologie mobile, l’IT Management, gli RFID, le nanotecnologie, la Business Intelligence, il networking o i nuovi ambienti di collaborazione del Web 2.0. In questo panorama, è fondamentale ricordare come l’ingegneria nell’ICT non sia solo una mera combinazione di componenti elettroniche e software: si è evoluta per consentire di avere nei processi requisiti di usabilità, accessi-bilità, sicurezza, affidabilità e qualità. In altre parole le tecnologie, attraverso la loro stessa evoluzione, hanno, nel tempo, promosso processi di innovazione nelle attività individuali e sociali e quindi nei sistemi organizzativi, ri-spondendo alla generale esigenza di agire in maniera efficace ed efficiente riducendo gli sprechi [2-3].
L’articolo analizza come le tecnologie ICT hanno influen-zato e modificato i processi e le organizzazioni. Nel corso del tempo i dispositivi e le applicazioni tecnologiche hanno di fatto promosso processi di innovazione organizzativa che meglio rispondono all’esigenza di una gestione efficace ed efficiente basata su uno snellimento dei processi e una ca-pitalizzazione della conoscenza, asset ormai strategico [1]. La progettazione e realizzazione dei nuovi modelli di
bu-siness sono quindi il risultato di una visione integrata dei processi, in armonia con le componenti tecnologiche e con i nuovi paradigmi organizzativi.
LE TECNOLOGIE ICT A SUPPORTO
DEI PROCESSI ORGANIZZATIVI
Stefano Damiani
damiani@dia.uniroma3.it
Dipartimento di Informatica e Automazione, Università degli Studi Roma Tre
Fig. 1 Evoluzione tecnologica e organiz-zativa.
ANNU
AL REPOR
L’innovazione, oggi, non è più un elemento a disposizione di alcune aziende all’avanguardia, ma è disponibile a tutti, con le dovute proporzioni e la scalabilità del caso. Le applicazioni ICT coinvolgono le industrie, il terziario avanzato, i produttori di servizi, la pubblica amministrazione e il singolo utente, anche in veste di cittadino. Si affermano quindi nuovi paradigmi quali l’interoperabilità – intesa come disponibilità di funzioni di adattamento e conversione che rendono possibile lo scambio di informazioni tra diversi sistemi, reti e applicazioni non omo-genee – e la cooperazione – intesa come capacità delle applicazioni informatiche di fare uso dei servizi applicativi messi a disposizione da altri sistemi [4].
Oggi si può affermare che l’ICT è un qualcosa di necessario in ogni sistema organizzato, sia esso pubblico o privato, ma ci si domanda: usiamo in modo corretto tale potenzialità? La rapida diffusione delle ICT ha infatti comportato una prima fase in cui “automatizzare” significava, di fatto, solo ed esclusivamente introdurre la tec-nologia nel processo di lavoro, come se il device, lo strumento o il nuovo ambiente tecnologico potesse magi-camente risolvere tutti i problemi di gestione. Solo successivamente si è acquisita la consapevolezza della necessità di affiancare al cambiamento tecnologico una riflessione sui processi di lavoro, utilizzando quindi le tecnologie per promuovere veri e propri cambiamenti organizzativi, da sempre particolarmente osteggiati e dif-ficili nelle realtà strutturate.
La questione, piuttosto rilevante, è stata posta per la prima volta negli anni ‘90, da Michael Hammer, profes-sore di informatica del MIT, il quale affermò con forza: «È tempo di smettere di pavimentare sentieri per le muc-che. Invece di rivestire di silicio e software i nostri processi obsoleti, dobbiamo dimenticarli e ripartire da capo. Dobbiamo reingegnerizzare il nostro business: usare la forza delle moderne tecnologie dell’informazione per ri-disegnare i nostri processi per ottenere drammatici miglioramenti dei risultati» [5-6]. Nasce così il Business-Process-ReEngineering (BPR), come nuova metodologia nell’area del Business Process Management (BPM), che impone la riprogettazione radicale dei processi d’impresa, in grado di condurre a miglioramenti delle prestazioni di tipo discontinuo (dramatic improvements), utilizzando come driver proprio l’ICT [7].
Gli elementi da coniugare, parlando del rapporto tra tecnologie e organizzazioni, sono due: l’ICT e i processi. Hammer, per primo, ha suggerito di rivedere (in modo drastico) i processi e riprogettarli basandosi sulle tecno-logie: riorganizzarsi a partire dai prodotti/servizi forniti e non dalle attività; coinvolgere gli utilizzatori dei pro-dotti/servizi nei processi produttivi; inserire la gestione delle informazioni all’interno del lavoro reale che le
Fig. 2 L’area del Business Process Management. 86
genera; considerare le risorse geograficamente distribuite come se fossero centralizzate; collegare linee parallele di attività piuttosto che integrare i risultati; collocare i punti di decisione dove l’attività viene svolta e inserire il controllo all’interno dei processi; acquisire le informazioni solo una volta, alla fonte. Tale visione, detta appunto per processi, segna il passaggio dallo scenario tradizionale, in cui le attività sono considerate invarianti rispetto all’intervento di sviluppo dell’automazione, a un diverso approccio al cambiamento, inteso come riprogettazione e quindi “reingegnerizzazione” dei processi. Questa nuova visione diventa un elemento dirompente per le or-ganizzazioni che sono, ancora oggi, prevalentemente di tipo funzionale (ovvero verticali): l’approccio per processi diventa il punto chiave per il miglioramento dell’organizzazione non solo attraverso la riduzione di tempi, costi e risorse ma anche mediante interventi di ottimizzazione e razionalizzazione degli stessi.
Parliamo di un importante cambiamento di prospettiva che ha portato alla nascita di modelli e strumenti per l’analisi di processo (come ad esempio IDEF - Integration Definition for Function Modeling [8], UML – Unified Modeling Language [9], Cross functional FlowChart [10]) e di sistema (tra i quali il WFMS - Work Flow Manage-ment System[11]) i cui obiettivi generali sono:
• aumentare la crescita delle imprese;
• attrarre e mantenere nuovi clienti (utilizzando i flussi informativi del web); • ridurre i costi e migliorare l’efficienza aziendale;
• creare nuovi prodotti e servizi (dando vita a processi di innovazione); • migliorare i processi e l’infrastruttura tecnica;
• implementare nuove applicazioni aziendali;
• migliorare la continuità del business, riducendo i rischi.
In sostanza, con il termine Business Process Management si fa riferimento a tutte quelle attività necessarie per definire, ottimizzare, monitorare e integrare i processi aziendali, al fine di creare un processo orientato a rendere efficiente ed efficace il business dell’azienda. Insieme ai modelli e agli strumenti già citati, tra le sue aree di conoscenza rientrano anche il Change Management e il Knwoledge Management, discipline nate per essere di supporto nella gestione delle innovazioni. Il primo termine, infatti, indica un insieme di tecniche che si trovano alla base di un approccio strutturato al cambiamento che rende possibile e in qualche modo pilota la transizione da un assetto corrente a uno nuovo desiderato. Con Ikujiro Nonaka e Hirotaka Takeuchi, invece, nasce il Knowledge Management, termine che indica l’insieme dei processi e delle tecnologie che governano la crea-zione, la diffusione e il potenziamento della conoscenza necessaria per raggiungere gli obiettivi organizzativi. Accanto a questo nuovo approccio che lega l’introduzione di una sistema o di un ambiente tecnologico a un cambiamento profondo nella struttura e nel modo di operare di un determinato sistema organizzativo, l’innovazione tecnologica ha portato anche all’affermarsi di nuove figure professionali. In questo contesto il modello europeo, ICT EUCIP (EuropeanCertification of InformaticsProfessionals) [12-13], promosso e realizzato dalle associazioni pro-fessionali informatiche europee raccolte nel CEPIS (Council of European Professional Informatics Societies), ha l’obiet-tivo di definire e certificare i nuovi profili di competenza. Sono ad esempio definiti ruoli come quelli di analista di business, analista di sistemi informativi, esperto di applicazioni web e multimediali, formatore IT, etc. Con i nuovi profili, inoltre, nascono nuovi assetti organizzativi e nuovi servizi in risposta alle esigenze operative dell’ICT avanzata. Nella pubblica amministrazione, ad esempio, si affermano i concetti di e-democracy, e-services (verso i cittadini e le imprese), e-administration (a sostegno dei processi interni e quindi del back-office) ed e-procurement (mi-gliorare la catena del valore) per sostenere il modello di e-government e quindi realizzare la e-governance.
Guardando al futuro diventano evidenti alcuni quesiti su cui riflettere: come seguire l’evoluzione delle tec-nologie? I sistemi emergenti possono realmente rispondere alle esigenze? E di volta in volta quale può essere la migliore strategia? Dare riposte a domande come queste non è facile e sappiamo che il solo utilizzo delle tecnologie emergenti non risolve i problemi. Come già affermato da Hammer, dobbiamo sviluppare la capacità di valutare correttamente le tecnologie in funzione dei modelli di business e verificare se realmente esse mi-gliorino il nostro modo di operare. D’altra parte ogni adattamento alle innovazioni è sempre stata una sfida, ma oggi abbiamo sufficiente esperienza per poter pensare di vincerla.
87
ANNU
AL REPOR
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
[1] Nonaka, I., Takeuchi, H. (1991). The Knowledge-creating company. New York: Oxford University Press. [2] Davenport, T.H., Short, J.E. (1990).The new industrial engineering: information technology and business
pro-cess redesign. Sloan Management Review.
[3] Davenport, T.H. (1992). Process innovation: reengineering work through information technology. USA: Harvard Business School Press.
[4] Dutta, S., Mia, I. (2011). The Global Information Technology Report 2010-2011. Geneva: World Economic Forum.
[5] Hammer, M. (1990). Reengineering work: don’t automate, obliterate. Harvard Business Review.
[6] Hammer, M., Champy, J. (2001). Reengineering the corporation: a manifesto for business revolution. New York: HarperCollins Publishers.
[7] Muthu, S., Whitman, L., Cheraghi, S.H. (1999). Business process reengineering: a consolidated methodology. Proceedings of the 4th Annual International Conference on Industrial Engineering Theory, Applications and