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Sanzioni amministrative Lavoro (Rapporto di)

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Academic year: 2022

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Sanzioni amministrative – Abolizione ex art. 116 co. 12 L.388/2000 – Retroattività – Favor rei – Inapplicabilità.

Lavoro (Rapporto di) – Indici di subordinazione – Unico prestatore di lavoro di azienda – Particolare rilievo ai fini qualificatori – Scarsa forza contrattuale del lavoratore – Non significatività della volontà negoziale.

Corte d'Appello di Venezia - 13.06/21.09.2006 n. 354 - Pres. Pivotti - Rel. Santoro – F. - Compagnia delle Vacanze srl (Avv. Nichetti) -INPS (Avv. Attardi).

L'abolizione delle sanzioni amministrative in materia contributiva prevista dall'art. 116 comma 12 L. 388/2000 non si applica alle violazioni commesse anteriormente all'entrata in vigore della legge abrogatrice, non potendosi invocare in tema di sanzioni amministrative, salva espressa previsione normativa, il principio penalistico del favor rei.

Nel concorso di molteplici circostanze spia di un rapporto di lavoro di natura subordinata, un rilievo particolarmente significativo può ascriversi al fatto che un lavoratore asseritamente autonomo sia nei fatti l'unico lavoratore di un'azienda che si trovi nell'impossibilità di operare senza le sue prestazioni, mentre la volontà delle parti, come risultante da un contratto di collaborazione, non è indice significativo specie quando il prestatore appaia privo di reale forza contrattuale nel mercato del lavoro per la non elevata professionalità delle mansioni e la modesta entità del compenso pattuito.

FATTO - Con ricorso depositato in data 26.6.2000 F.E., in proprio e quale legale rappresentante della Compagnia delle Vacanze s.r.l. proponeva opposizione avverso l'ordinanza ingiunzione n.

368/98, notificata il 27.05.2000, con cui il dirigente della Sede Provinciale dell'Inps di Venezia, aveva ordinato il pagamento di L. 350.0000= a titolo di sanzione amministrativa.

L'opponente faceva presente che la sanzione era conseguenziale al verbale di accertamento INPS del 29.9.1998, a cui seguiva il processo verbale di accertamento e di contestazione di illeciti amministrativi; eccepiva dunque la nullità della notifica di tale processo verbale per violazione dell'art. 148 c.p.c. poiché nella relata di notifica in calce alla copia era stata omessa l'indicazione della data della notificazione nonché dell'ufficio postale procedente, la nullità dell'ordinanza- ingiunzione per mancanza di data, la nullità della notifica della ordinanza-ingiunzione per violazione dell'art. 148 c.p.c. in quanto la relata di notifica contenuta nella copia destinata al F. era priva sia della data, sia della sottoscrizione del funzionario procedente; eccepiva inoltre la mancata indicazione del procedimento di calcolo della sanzione amministrativa irrogata; eccepiva infine che l'ordinanza-ingiunzione faceva riferimento quale autorità davanti alla quale proporre opposizione il Pretore in funzione di giudice del lavoro nonostante l'introduzione del Giudice unico di primo grado

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con conseguente violazione dell'art.3, punto 4 L. n. 241/1990; nel merito contestava il fondamento della opposizione.

L'Inps si costituiva in giudizio e contestava a sua volta il fondamento dei motivi di opposizione; a sua volta eccepiva la tardività della opposizione proposta dalla società, depositata in data 26.6.2000, oltre il termine di trenta giorni dalla notifica dell'ordinanza ingiunzione avvenuta in data 26.5.2000.

Nel corso del giudizio opponente assumeva l'applicabilità alla presente fattispecie dell'art. 116, co.12, L. n. 388/2000, sopraggiunta all'instaurazione del giudizio.

Veniva pronunciata sentenza non definitiva con cui venivano rigettate le eccezioni di carattere preliminare mentre con separata ordinanza veniva disposto il prosieguo del giudizio.

La difesa delle parti opponenti formulavano riserva d'appello avverso la sentenza non definitiva.

All'esito dell'istruttoria la causa veniva decisa nel merito con rigetto dell'opposizione, ritenendosi di natura subordinata il rapporto intercorso tra la società opponente e la lavoratrice T. B.

Con ricorso depositato il 29 giugno 2004 le parti opponenti e soccombenti in primo grado proponevano appello per sentire accogliere le conclusioni in epigrafe indicate, al cui accoglimento, costituendosi, si opponeva l'ente previdenziale.

All'udienza del 13 giugno 2006 la controversia era discussa e decisa come da separato dispositivo, letto in udienza.

DIRITTO - La sentenza non definitiva di primo grado, per quel che interessa in questa sede in relazione a quanto oggetto d'appello, ha rigettato:

a) le censure relative ai difetti di notifica, ritenendo che le stesse "a prescindere dall'applicabilità delle norme invocate alla fattispecie presente, non possono essere prese in considerazione posto che le opposizioni così come proposte determinano gli effetti di cui all'art 156 c.p.c avendo quelle notifiche raggiunto il loro scopo";

b) il motivo di opposizione inerente all'abrogazione delle norme sulle sanzioni amministrative di cui è causa in seguito all'entrata in vigore dell'art. 116, comma 12 della L.388/00, ritenendo che l'abolizione delle sanzioni amministrative previste da tale norma è priva di effetti sulla violazione fonte di causa, commessa anteriormente all'entrata in vigore di tale legge, sia per quanto deciso in casi analoghi dalle S.U. (Cass. 890/04, valorizzando il non potersi applicare il principio del favor rei per le sanzioni amministrative), sia per il dato letterale della norma invocata, privo di alcun elemento per sostenerne la retroattività e/o un discostamento dal principio affermato da richiamata giurisprudenza di legittimità e di merito.

La sentenza definitiva ha rigettato il motivo di opposizione inerente all'asserita natura autonoma del rapporto di lavoro con la B. evidenziando che il contratto dell'1 settembre 1998, con il quale il

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rapporto era qualificato di collaborazione autonoma e coordinata, non era stata menzionato nel corso della visita ispettiva avvenuta qualche giorno dopo la stipula di tale contratto (da ritenersi, pertanto, posto in essere per ragioni del tutto formali) e che la B. in sede ispettiva, smentendo il contenuto del contratto, aveva dichiarato di trovarsi in sede per sostituire, a titolo di cortesia, il l.r.

della società, F.E., il che era poco credibile per lavorare questi, altrove, come dipendente e per non avere la società alcun dipendente, operando la B. inizialmente da sola e successivamente con altre due ragazze aventi lo stesso suo incarico. Ha ritenuto la natura subordinata del rapporto in base all'attività lavorativa espletata dalla lavoratrice, qualificata semplice ed esecutiva perché consistente nel contattare telefonicamente potenziali acquirenti di unità immobiliari in multiproprietà dalla sede delle Compagnia delle Vacanze, di cui aveva le chiavi di accesso, e perché svolta dietro compenso orario predeterminato, utilizzando i mezzi fomiti dalla società, in assenza di ogni e qualsiasi organizzazione e rischio, sia pure minimi, a carico della lavoratrice, a nulla rilevando la mancanza di un orario fisso e predeterminato costituendo lo stesso solo uno degli indici della subordinazione, ma né l'unico né il decisivo.

Con il ricorso d'appello si censura la sentenza non definitiva per:

a) il rigetto dell'eccezioni di irregolarità delle notifiche ad entrambe le parti del verbale di accertamento e della contestazione per omessa indicazione nella relata della data della notifica, nonché dell'Ufficio postale procedente e di irregolarità della notifica dell'ordinanza ingiunzione al Frison per omessa indicazione nella relata della data di notifica e della sottoscrizione del funzionario procedente, assumendo - contrariamente a quanto ritenuto nell'atto impugnato e richiamando, per estratto, Cass.5924/01 - non essere applicabili a tali vizi la disciplina di cui all'art.

156 c.p.c., applicabile solo agli atti processuali e non agli atti amministrativi; si censura, inoltre, la decisione impugnata per omessa motivazione in ordine all'eccezione di nullità dell'ordinanza ingiunzione emessa nei confronti del F. per mancata indicazione della data;

b) il rigetto dell'assunto dell'abolizione di tutte le sanzioni amministrative di cui è causa per effetto dell'articolo 116, comma 12 della L. 388/00, assumendone la retroattività per la possibile applicazione analogica del principio del favor rei, come ritenutosi anche per l'abolizione delle sanzioni amministrative in tema di violazioni valutarie e come ritenuto anche da Cass. 12543/01, evidenziando unico limite per l'applicazione di tale invocato principio la definitività del provvedimento sanzionatorio, non verificatasi nel caso in esame per l'intervenuta opposizione.

Si censura la sentenza definitiva per la ritenuta esistenza di un rapporto subordinato, nonostante l'insufficienza degli elementi probatori da cui desumere la stessa evidenziando, in proposito, la diversa volontà delle parti, come desumibile dal prodotto contratto dell'1 settembre 1998, "inteso a dar forma ad una situazione di fatto già preesistente" e la mancanza non solo di un rigido orario di

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lavoro, ma anche dell'obbligo da parte della lavoratrice di effettuare attività lavorativa, svolgendo la stessa in caso di sua disponibilità di tempo, in piena autonomia, senza prova di assoggettamento a potere direttivo e/o disciplinare.

Il primo motivo d'appello (sopra riassunto sub a) ed il cui contenuto implica rinuncia ad altre eccezioni proposte in primo grado, disattese in sentenza e non più riproposte è infondato.

La notifica del verbale di accertamento alla società ed al suo legale rappresentante, nonché la notifica dell'ordinanza a quest'ultimo (come assunto dall'ente previdenziale, senza contestazione alcuna e come documentato) sono avvenute a mezzo posta su richiesta del funzionario amministrativo procedente ai sensi della L. 689/81, con conseguente irrilevanza del richiamo normativo di cui all'art. 148 c.p.c., posto a fondamento dell'eccezione.

In caso di notifica a mezzo posta l'omessa stesura sull'originale o sulla copia della relata di notifica integra una irregolarità, priva di effetti, specialmente in caso che la notifica abbia raggiunto il suo scopo (cfr. Cass. 12320/04) ed applicandosi, in ogni caso, anche in caso di nullità, la sanatoria di cui all'art 156 c.p.c. anche agli atti del procedimento amministrativo di cui è causa, perché l'art. 14 della L.689/81 per le notifiche richiama le norme sul c.p.c. rendendo applicabile la sanatoria di cui all'art. 156 c.p.c. (Cass. 18055/04 e Cass. 17054/05).

Anche l'omessa indicazione della data di emissione nell'ordinanza relativa al F. è privo di effetti invalidanti, perché l'autorità procedente non è soggetta in proposito a termini (Cass. S.U. 27 aprile 2006 nr.9591 per l'inapplicabilità della L.241/90 al procedimento d'irrogazione delle sanzioni amministrative) e l'avvenuta notifica attesta inequivocabilmente il venir in essere dell'ordinanza (Cass.982/06).

Il secondo motivo d'appello, inerente all'asserita abrogazione retroattiva delle sanzioni amministrative comminate con l'ordinanza opposta in seguito all'entrata in vigere dell'art 116, comma 12 della L.3 88/00 è infondato in base al condivisibile orientamento costante espresso sul punto dalla S.C. in numerose sentenze al cui contenuto, relativo anche a quanto dedotto nel gravame, può rinviarsi cfr. Cass.6405/02; Cass.7328/02; Cass.7524/02 (1); Cass. 16699/02; Cass.

10631/03; Cass. 12654/03; Cass. 12758/03; Cass. 16630/03; Cass.989/05; Cass. 16422/05; Cass.

18761/05 e Cass. 23228/04 che evidenzia la diversa scelta legislativa (esente da profili di incostituzionalità) operata in tema di abrogazione di sanzioni amministrative valutarie con la legge 7 novembre 2000 nr.326 e rende irrilevanti i richiami giurisprudenziali operati nel gravame con richiami a tale diversa normativa ed alla relativa giurisprudenza sulla stessa formatasi.

Anche il terzo motivo d'appello, inerente alla questione della natura del rapporto intercorso tra la società appellante e la lavoratrice B. e deciso con la sentenza definitiva, è infondato.

Per la sua valutazione è da premettersi, che la giurisprudenza è pressoché costante nell'attribuire

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valore determinante all'elemento della subordinazione, cioè a quel vincolo di natura personale che, mediante l'inserimento del prestatore dell'attività lavorativa nell'organizzazione imprenditoriale del datore di lavoro per il raggiungimento dei fini produttivi di questo, assoggetta il prestatore d'opera ad un potere direttivo del datore con conseguente limitazione della sua libertà (cfr. tra le tante Cass.

16.1.1996 nr. 326; Cass. 29.3.1995 nr. 3745; Cass. 8.1994 nr. 1219).

Nella valutazione della sussistenza dell'elemento che è discriminante tra le due diverse tipologie bisogna tener presente che con l'evolversi dei sistemi d'organizzazione del lavoro il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo diviene sempre meno significativo della subordinazione (come, recentemente e giustamente, osservato in Cass. 6 luglio 2001 nr.9167, pubblicata in Mass.Giur.lav. 2001,1133) e che la stessa può essere presente anche in forme

"attenuate" in ragione della particolare organizzazione del lavoro e del tipo di prestazione (come enunciato in Cass.27 novembre 2002, in Mass.Giur.lav. 2003,127).

Le massime, in precedenza citate, pur se hanno importanza, poiché negano la necessità d'ulteriori elementi in passato richiesti per affermare l'esistenza di un rapporto a carattere subordinato, sono meramente tautologiche se non accompagnate da altre considerazioni dirette ad individuare in base a quali criteri ritenere sussistente l'elemento discriminatorio tra lavoro subordinato ed altri rapporti di lavoro.

In proposito c'è da precisare che la giurisprudenza, aderendo ad una nota tesi dottrinaria, qualora l'elemento della subordinazione non sia agevolmente apprezzabile a causa del concreto atteggiarsi del rapporto, nega che alcuni criteri (quali la collaborazione, l'assenza di rischio economico, la proprietà degli strumenti di lavoro, la natura dell'oggetto della prestazione, la continuità della stessa, la forma della retribuzione, l'osservanza di un orario, l'osservanza di direttive, l'esclusività .della prestazione, la sua fungibilità, il luogo ove viene svolta) possano assumere la caratteristica di criteri discriminanti decisivi, potendo gli stessi essere presenti sia in un rapporto a carattere autonomo, che in un rapporto a carattere subordinato (cfr., esemplificatamente, Cass.9 dicembre 2002 nr. 17534, che ritiene che anche la previsione dell'osservanza di un rigido orarlo di lavoro per la prestazione lavorativa costituisce sicura estrinsecazione del potere direttivo del creditore del servizio e della natura subordinata del rapporto solo quando sia espressione dell'autonomia decisionale nell'organizzazione aziendale e non quando inerisca alla prestazione richiesta, tale da dover essere espletata, per sua natura, in tempi non modificabili e da rispettare anche da un lavoratore autonomo).

A nessuno dei criteri in via esemplificativa richiamati può attribuirsi valore decisivo; agli stessi deve attribuirsi valore di "circostanze-spia" (o di criteri complementari e sussidiari, secondo l'espressione di Cass. 3 aprile 2000.nr.4036, in Mass. Gius. Civ. 2000,711) da valutarsi

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complessivamente, insieme a qualsiasi altro elemento rivelatore che si presenta nei singoli e svariati casi, per verificare se la fattispecie concreta rientra nella fattispecie legislativamente prevista.

Ad alcuni criteri, però, può attribuirsi un valore più indicativo. Ciò può dirsi, per esempio, per l'inserimento nell'organizzazione produttiva a volte - come avvenuto da parte di Cass. 25.7.1994 n.

6919 - ritenuto unico elemento distintivo tra il lavoro autonomo e subordinato o per la dipendenza economica derivante al prestatore della prestazione dal rapporto di lavoro la cui qualificazione è oggetto di contrasto e di causa (cfr. Cass.1 dicembre 2000 nr.15341, in Mass. Gius.Civ. 2000,2513).

Tra gli stessi, inoltre, deve essere tenuto presente non tanto la mera manifestazione formale di volontà contenuta nella stipulazione originaria delle parti, nè tanto meno il nomen iuris (e il conseguente regime fiscale) dalle stesse adottate (potendo rilevare il nomen iuris attribuito alle parti solo in concorso con altri validi elementi, come enunciato da Cass. 9 gennaio 2001, nr.224 in Mass.Gius.Civ.,2001,52), ma la struttura del rapporto dalle stesse effettivamente voluta ed attuata (cfr. Cass. 7.4.1992 n. 4220), atteso in materia limiti normativi (anche a livello costituzionale) inderogabili non solo dalle parti ma dallo stesso legislatore ordinario (cfr. Corte Costituzionale nr.

121/93 (2) in Foro it. 1993, I. 2432 e Corte Cost. 115/94 ivi 1994, I 2656 che hanno ritenuto che, anche in caso di espressa qualificazione legislativa del rapporto come autonomo, lo stesso debba essere qualificato come subordinato ove in concreto ne abbia le caratteristiche).

In via generale, c'è, inoltre, da considerare, come già accennato, che non sempre nella fattispecie concreta tutti gli elementi suindicati si realizzano in modo uguale potendosi realizzare diversamente, secondo la natura del soggetto che riceve la prestazione (imprenditore con organizzazione aziendale o meno), il luogo di svolgimento dell'attività (si pensi al lavoro decentrato), il tipo d'attività (si pensi al lavoro giornalistico, ove la subordinazione - come enunciato da Cass.16 maggio 2001 nr.6727, in Mass. Gius.Civ. - si atteggia e si desume in modo diverso).

Per esempio, nel caso d'attività a carattere professionale o d'attività manuale estremamente semplice, nessuna rilevanza può assumere l'assenza di direttive specifiche relative al contenuto della prestazione e in tali casi gli indici discriminanti devono essere individuati esclusivamente con riferimento alle modalità di disimpegno dell'attività.

E', ancora, da tenere presente che i richiami (che spesso vengono fatti) a qualificazione avvenute in casi di espletamento identiche mansioni da parte di altri soggetti non sono di rilevante importanza, poiché qualsiasi attività umana economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato che autonomo (tra le tante Cass. 16.1.1996 n. 326, Cass.07.02.1994 n.1219 in Giust. Civ. 1994 1 2257), pur se l'espletamento di alcune mansioni è maggiormente sintomatico al fine di ritenere sussistenti gli indici-spia di cui si è detto (si pensi al cameriere di un locale pubblico).

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E, infine, da tenere presente che ulteriori principi giurisprudenziali esistenti sulla dibattuta questione attengono alla possibile coesistenza di due rapporti a carattere subordinato tra un lavoratore e due soggetti diversi e alla coesistenza di un rapporto autonomo e subordinato tra gli stessi soggetti, sempre che il primo concorra in via meramente occasionale, senza esservi, strettamente connesso (cfr. Cass. 28.1.1995 n. 1053 in Dir. e prat. Lav. 1995, 1625), all'irrilevanza di una prestazione ridotta a poche ore (cfr. Cass. 3.4.1987 n. 3245 già citata), alla possibilità che ad un rapporto di lavoro subordinato possa essere sostituito, senza che avvenga interruzione temporale, un rapporto di lavoro autonomo (o viceversa) a seguito di uno specifico negozio, allorché all'univoca volontà delle parti di mutare il regime giuridico (ed il "nomen iuris") del rapporto, si accompagni un effettivo mutamento dello svolgimento della prestazione lavorativa, ancorché rimanga eventualmente identico il contenuto della prestazione stessa (cfr. Cass. 821 del 25.01.1993 specialmente, e Cass. 19.8.1991 n. 8893 e Cass. 18.9.1991 n. 8893 e Cass. 1573/85 sulla possibile novazione).

L'esame dei motivi d'appello di cui alla fattispecie concreta alla luce degli enunciati principi giurisprudenziali determina il rigetto dell'appello.

La volontà delle parti (a prescindere dalla mancata certezza della data di stipula del contratto valorizzato a tal fine e prodotto nel giudizio di primo grado) non è indice significativo, specie nel caso in esame relativo a lavoratrice stipulante priva di reale forza contrattuale nel mercato del lavoro, come desumibile dalla non elevata professionalità delle mansioni e dall'entità del compenso pattuito (£.8.000 all'ora).

Come ritenuto nella sentenza di primo grado, l'elemento della subordinazione, pur in mancanza di sua evidente emersione per le caratteristiche del rapporto, può desumersi dall'esistenza di numerosi e significativi indici di subordinazione, quali, in primo luogo, quello costituito dall'inserimento della lavoratrice nell'organizzazione dell'appellante, evidente per l'impossibilità della stessa di operare senza l'attività della lavoratrice(come enunciato nell'atto appellato) in base alla considerazione che la B. era inizialmente l'unica lavoratrice della società appellante, il cui l.r. era impegnato come dipendente altrove.

Contrariamente a quanto dichiarato dalla lavoratrice in sede ispettiva, l'attività lavorativa di cui è causa non può ritenersi essere stata svolta a titolo di cortesia perché lo stesso contratto dalla stessa prodotto attesta la corresponsione di un compenso in base alle ore di lavoro effettuate, come tipico del rapporto di natura subordinata.

La circostanza che la lavoratrice prestasse la sua attività in orari non predeterminati, ma a suo piacimento in base alle sue esigenze familiari, come assunto dall'opponente, non può escludere la natura subordinata del rapporto per la natura meramente indiziaria dell'elemento dell'obbligo di

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orario e perché la volontà della lavoratrice, una volta manifestatasi con l'effettuazione della prestazione lavorativa, implicava inserimento nell'organizzazione dell'appellante società, con carattere di continuità, essendo l'unica lavoratrice, il che con l'utilizzo dei mezzi della società e l'assenza di ogni rischio della prestatrice e la natura meramente esecutiva delle sue mansioni (il che esclude rilevanza all'assenza di direttive, come sopra enunciato) può fare ritenere sussistere un rapporto subordinato, con rigetto anche del motivo di merito di cui a gravame.

Le spese del grado, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

(Omissis)

(1) V. in q. Riv., 2002, p. 902 (2) Idem, 1993, p. 490

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