Cosa non fare ad un colloquio di lavoro
written by Noemi Secci | 20/02/2020
Come prepararsi al meglio per affrontare le domande dei selezionatori e non perdere l’opportunità di essere assunti.
Il colloquio di lavoro: è una sorta di intervista, difatti il termine corrispondente in inglese è “job interview”, ma è anche molto di più, in base al contesto si può affermare che rappresenti un vero e proprio esame. Arrivare al colloquio non è semplice: se sei stato selezionato, sicuramente hai già svolto un ottimo lavoro nella stesura del curriculum vitae e della lettera di presentazione.
Tuttavia, se sei stato convocato per un colloquio è presto per “cantare vittoria”, ed è prematuro pensare di “avere il posto in tasca”: i candidati convocati potrebbero essere numerosi, specie se la posizione è molto ambita. Che cosa fare, allora, per superare una concorrenza agguerrita?
È bene sapere, innanzitutto, cosa non fare ad un colloquio di lavoro: spesso i candidati cadono inconsapevolmente in errori molto gravi, a causa dei quali perdono l’opportunità di essere assunti.
Gli “scivoloni”, almeno quelli più frequenti, possono, però, essere evitati con un’adeguata organizzazione. Proprio come un vero esame, difatti, il colloquio
richiede una preparazione non indifferente: bisogna studiare il settore di attività dell’azienda e delle mansioni da ricoprire, nonché studiare l’azienda stessa, la sua storia, la sua organizzazione e la sua “mission”.
Conoscere bene il “mestiere” è un presupposto fondamentale per presentarsi al colloquio: se il curriculum è stato gonfiato, è molto facile cadere in contraddizione rispondendo anche a semplici domande poste dai selezionatori. Ma procediamo con ordine.
Come non vestirsi al colloquio di lavoro
Iniziamo proprio dalla presentazione. “L’abito non fa il monaco”, dirai: questo proverbio però ha un valore limitato, almeno per quanto riguarda la presentazione ai recruiters. Certamente, non è necessario presentarsi al colloquio in abito da sera, anzi con un simile abbigliamento rischi di cadere nel ridicolo: tuttavia, è sempre consigliato un abbigliamento formale, anche se semplice. Se il contesto è dinamico e giovanile, un abbigliamento informale, purché sobrio, può risultare comunque adatto. Un abbigliamento originale è indicato nei contesti creativi.
In ogni caso, qualunque sia il contesto, è indispensabile non presentarsi trasandati e sporchi, ma puliti ed ordinati.
La presentazione
Arrivati al colloquio, è consigliabile una presentazione formale: non essere troppo espansivo, ma nemmeno eccessivamente distaccato. Stringi la mano all’interlocutore con decisione (non eccessiva): assolutamente no alla “mano morta”, sì alla stretta energica, ma non “stritolatrice”.
Guarda negli occhi l’interlocutore cercando di essere coinvolgente, senza fissarlo e senza essere aggressivo. Evita di distogliere lo sguardo troppo frequentemente o di osservarti le punte dei piedi: l’insicurezza personale è spesso considerata sintomo di un’insicurezza nel lavoro e di una scarsa preparazione. Se sei timido, ti consiglio di esercitarti con un colloquio immaginario allo specchio, oppure di chiedere ai tuoi parenti o amici di fare delle prove. Prefigurarsi in anticipo le risposte alle domande più frequenti risulta sicuramente di grande aiuto.
Che cosa non raccontare di te
È prassi, nella fase iniziale del colloquio, domandare al candidato di presentarsi. In questo contesto, evita di raccontare troppo della tua vita privata e personale, ma limitati a parlare della tua carriera lavorativa, evidenziando gli elementi positivi, come un progetto portato a termine o i riconoscimenti importanti che hai conseguito, anche negli studi.
Che cosa non raccontare dei precedenti lavori
Per quanto riguarda i lavori precedentemente svolti, evita nella maniera più assoluta le critiche e gli attacchi ai colleghi ed ai datori di lavoro. Anche se hai tutte le ragioni del mondo, difatti, normalmente i selezionatori non giudicano positivamente chi riserva parole particolarmente aspre nei confronti del precedente capo o dei colleghi, ma considerano il candidato “risentito” una potenziale fonte di problemi.
E se ti chiedono perché te ne sei andato? Innanzitutto questa domanda devi porla a te stesso nel momento in cui cerchi un nuovo lavoro: se la tua uscita dall’azienda non è un capriccio, ma è dettata da motivazioni valide, come una paga realmente inadeguata rispetto alle mansioni, oppure l’impossibilità di conciliare le tempistiche di lavoro con la cura della famiglia, è bene che tu evidenzi subito quelle che sono le tue reali esigenze, che la precedente azienda non era in grado di soddisfare. Diversamente, con il nuovo rapporto di lavoro si ripeterebbero le stesse problematiche e non trarresti alcun beneficio dalla nuova situazione.
Se il rapporto di lavoro è cessato per scadenza del termine o per motivi connessi all’organizzazione o al fatturato dell’azienda, limitati a dire la verità.
Se, invece, sei stato licenziato per una tua grave mancanza, puoi comunque riservarti di non rispondere. Se ci sono stati dei gravi screzi col precedente datore di lavoro o con alcuni colleghi, puoi mantenerti sul vago citando una divergenza di vedute, senza soffermarti sulla situazione: evita sempre e comunque sfoghi e critiche.
Che cosa non chiedere
Nel colloquio di lavoro, non è soltanto il candidato a dover fornire delle risposte, ma spesso questi è spinto dai selezionatori a porre delle domande. Puoi chiedere dei dettagli riguardo agli incarichi che ti verranno affidati, o all’organizzazione del lavoro in genere, ma è importante che tu ponga queste domande in modo tale da far trasparire che possiedi già una conoscenza di base dell’azienda. È fondamentale che ti informi in anticipo sull’azienda: in questo modo, sarai in grado di porre domande che evidenzino il tuo interesse nei confronti della società e del suo modo di operare, nonché soprattutto della sua “mission”.
Domandare subito l’importo della retribuzione, specie se all’inizio del colloquio, è prematuro: solitamente a intavolare l’argomento sono i selezionatori. Tieni conto che, se sarai selezionato, ti sarà inviato un documento scritto contenente la proposta economica, quindi se questa non ti soddisfa puoi sempre rifiutare o trattare.
Chiedere quanti giorni di ferie e quanti giorni di permesso sono previsti, oppure in quali date l’azienda chiude per ferie non è un ottimo biglietto di presentazione:
dà, invece, l’idea che tu non veda l’ora di smettere di lavorare. Certamente, se hai l’esigenza di conoscere anticipatamente il tempo libero di cui puoi disporre per problematiche familiari particolari la questione cambia, ed è bene che lo faccia subito presente.
Perché dovremmo assumerti?
Spesso viene richiesto ai candidati perché l’azienda dovrebbe assumere proprio loro tra tanti aspiranti. Nel rispondere a questa domanda, cerca di non cadere nei luoghi comuni o nel banale, con risposte preconfezionate quali “ho ottime capacità di problem solving“, oppure “possiedo ottime capacità di lavorare in team“, o ancora “ottima tolleranza allo stress”.
Spiega, piuttosto, con esempi concreti, quali sono le tue reali qualità, in quali contesti sei stato in grado di mostrarle concretamente: un’ottimizzazione organizzativa, un supporto all’azienda in un periodo di super lavoro, il rilancio di un prodotto o di un servizio. Se ci pensi bene, riuscirai a trovare degli ottimi argomenti senza basarti su frasi fatte ma sul tuo reale trascorso lavorativo.
Certamente, molto dipende dal contesto e dalla posizione per la quale ti stai candidando: Se ti sei proposto come profilo senior, cioè già esperto, non puoi far leva sulla tua grande voglia di imparare: l’azienda, in questo caso, ha infatti interesse ad assumere una persona che conosca già molto bene le proprie mansioni perché non vuole sobbarcarsi l’onere di formare un addetto che “parte da zero”.
Come ti vedi tra 5 anni?
Una delle domande alle quali è più difficile rispondere, che però viene posta molto di frequente dei selezionatori, è “come ti vedi tra cinque o 10 anni”. Non esiste una risposta perfetta o universalmente valida per questa domanda e, talvolta, esternare quelle che sono le proprie reali aspirazioni potrebbe risultare controproducente.
Per fornire una risposta “non dannosa”, consiglio di partire dal contesto aziendale, e di immaginare un’evoluzione di carriera coerente con l’organizzazione e lo sviluppo delle carriere nell’impresa: nella generalità dei casi, ad ogni modo, mostrare di essere ambiziosi è sempre valutato positivamente. Se l’azienda è piccola, far emergere una grande ambizione può risultare comunque positivo, in un’ottica di rilancio e di rinnovamento dell’organizzazione: potresti apportare all’azienda quel “di più” capace di offrire delle opportunità di crescita.
L’importante è che tu coinvolga l’azienda nelle tue ambizioni, e che evidenzi che della tua crescita personale potrebbe beneficiare tutta l’organizzazione.
Non fingere
Durante un colloquio, i recruiters potrebbero porti le domande più imprevedibili;
alcuni selezionatori si divertono a mettere in atto dei veri e propri test di intelligenza, altri contestano ogni affermazione del candidato per testare la sua reazione in situazioni critiche.
Non è possibile prevedere in anticipo tutto quello che può accadere al colloquio:
l’importante è essere spontanei, ma pacati, mantenere un atteggiamento positivo senza eccessi, e non recitare un ruolo che non rispecchia la reale personalità.