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IL VIRUS E IL COMUNISMO di Sandokan

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Academic year: 2022

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IL VIRUS E IL COMUNISMO di Sandokan

Confesso che la filosofia non è il mio forte, e n o n s o q u i n d i dirvi molto sul p e n s i e r o d i Slavoj Žižek. E’

un fatto che da d i v e r s i a n n i questo sloveno va molto di moda i n c e r t a s i n i s t r a i n cerca d’autore, e che il tipo è dunque molto apprezzato da certa intellighenzia di regime. La qual cosa, detto tra noi non me lo ha reso simpatico.

L’ultima sua stupefacente uscita, pubblicata non a caso da La Repubblica del 6 aprile scorso, mi dice che non mi sbagliavo.

“Vedo un nuovo comunismo germogliare dal virus”.

Secondo il nostro, citiamo:

«Un nuovo senso di comunità: ecco cosa sta emergendo da questa crisi. Una sorta di nuovo pensiero comunista, lontano dal comunismo storico. La banale scoperta che per battere il virus servono coordinamento e cooperazione globale è a suo modo rivoluzionaria. Stiamo riscoprendo quanto abbiamo bisogno gli uni degli altri. Persone e nazioni».

Confesso che sono saltato sulla sedia. Come tanti penso esattamente il contrario. Penso che col pretesto del Covid-19, grazie ad una campagna di paura senza precedenti, il sistema sta sperimentando quanto grande e pervasiva sia la sua capacità di dominio sui popoli. Che chi comanda sta facendo le

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prove generali per passare ad un regime autoritario. Che è stato instaurato uno stato d’eccezione con pieni poteri al governo che non si era realizzato nemmeno ai tempi della lotta contro il terrorismo. Che nella ragnatela della paura e del contagio crescono tra i cittadini l’individualismo, il sospetto verso l’altro che può essere untore, la delazione.

Ma allora cosa passa per la testa a questo filosofo quando sostiene che col virus avanza il comunismo? Ce lo spiega in articolo sulla rivista INTERNAZIONALE. Il titolo è perentorio:

UN NUOVO COMUNISMO POTRÀ SALVARCI.

Leggiamo:

«Si potrebbe aggiungere che questo approccio ad ampio raggio dovrebbe estendersi ben oltre il meccanismo dei singoli governi: dovrebbe andare dalla mobilitazione locale di persone al di fuori del controllo statale a un coordinamento e a una collaborazione internazionali forti ed efficienti. Se migliaia di persone saranno ricoverate in ospedale per problemi respiratori servirà un numero molto superiore di apparecchi per la ventilazione polmonare, e per averle lo stato dovrebbe intervenire direttamente, come succede in condizioni di guerra quando servono migliaia di fucili, e dovrebbe poter contare sulla collaborazione di altri stati. Come in una campagna militare, le informazioni dovrebbero essere condivise e i piani perfettamente coordinati. Questo è il “comunismo” che secondo me serve oggi».

E conclude:

«L’epidemia di Covid-19 non dimostra solo i limiti della globalizzazione dei mercati, ma anche quelli ancora più letali del populismo nazionalista che insiste sulla piena sovranità dello stato: è la fine di “Prima l’America (o qualunque altro paese)!”, perché gli Stati Uniti si possono salvare solo con il coordinamento e la collaborazione globale. Non sono un utopista, non invoco una solidarietà idealizzata tra esseri umani. Ma la crisi attuale dimostra chiaramente che la solidarietà e la collaborazione globale sono nell’interesse di

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tutti e di ciascuno di noi, e sono l’unica cosa razionale ed egoista da fare».

Avete capito? Mentre è sotto gli occhi di tutti che la globalizzazione è fallita, che proprio questa “epidemia”

dimostra quanto danni abbia fatto la demolizione degli stati e delle loro prerogative sovrane, questo filosofo non solo ci dice “Avanti tutta con la globalizzazione”, ci vuole far credere che il comunismo avanzerebbe con la globalizzazione medesima e la relativa soppressione degli stati nazionali. Il nostro lo chiama “nuovo comunismo”.

Non so chi di voi abbia letto 1984 di George Orwell. Vi si parla di un regime di tirannia in cui il partito al potere e il Grande Fratello impongono la “neolingua” per compiere quella che potremmo chiamare lobotomizzazione delle masse.

Ecco, chiamare “nuovo comunismo” la “neoglobalizzazione”, a me pare, tra tutti i tentativi di manipolazione delle coscienze, quello che più di tutti invera la premonizione di Orwell.

ROMPERE GLI INDUGI (UN

APPELLO)

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R i c e v i a m o e v o l e n t i e r i

pubblichiamo

Chi sceglie solo la vita e non la libertà perde la vita e la libertà.

Nessun palliativo potrà risolvere le tre grandi crisi che si sono aperte: quella sanitaria, quella economica, quella sociale. Il comune denominatore è uno solo: il fallimento della società dei mercati e dell’UE.

1) L’Unione Europea, organo sovranazionale non democratico in cui il potere politico è di fatto delegato ai mercati e alle speculazioni dei grandi gruppi multinazionali di capitali, ha abolito i confini dei mercati dei singoli paesi, mettendo in competizione economie diverse che, senza l’appoggio statale, si sono polarizzate: le più grandi hanno divorato le più deboli. La BCE non è infatti sotto controllo politico e il Parlamento europeo funge da mera rappresentanza. Ogni volta che i popoli si sono trovati in difficoltà, la risposta è stata data in nome della stabilità economica e non della salute dei popoli stessi; pensiamo ai Greci, che ancora pagano interessi alle grandi banche speculative, azzannati dalla Troika europea. Pensiamo all’Italia: nel 2011 l’Unione ha messo al potere Mario Monti, che con le note riforme “lacrime (della Fornero) e sangue (dei cittadini)” ha distrutto lo stato sociale (innalzamento età pensionistica, voucher lavorativi, distruzione contratti a tempo indeterminato) e ha

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inserito il Fiscal Compact in Costituzione, impedendo politiche espansive necessarie a far ripartire il paese. Dal 2016 l’unica risposta dell’UE all’emergenza migranti è stata una parata d’imbarcazioni che, dopo aver preso i naufraghi in acqua internazionali, li accollavano tutti (o una gran maggioranza) all’Italia; e adesso, in questa depressione economica epocale, quali sono le risposte? Lo strozzinaggio del MES (la “condizionalità light” non esiste perché non prevista nei trattati), il fondo Sure e gli Eurobond? La moneta a debito finirà per tenerci legati alle misure di austerità per moltissimi anni a venire. E il governo propone nient’altro, ai cittadini, che l’indebitamento bancario. Che fare quindi nell’emergenza?

Uscire dall’Unione Europea e dalla gabbia dell’Euro;

Stanziare almeno 40 MLD per i senza-reddito, 180 MLD di prestiti a fondo perduto per le aziende e le partite IVA; istituire il giubileo fiscale in vista di un ripensamento totale del sistema fiscale e di una più equa ripartizione della ricchezza;

Produrre dispositivi di protezione da distribuire a tutta la popolazione, con necessarie scorte, di respiratori polmonari, di bombole di ossigeno;

Costruire rapidamente Covid Hospital e centri per lo screening di massa ove si esaminino i tamponi nel minor tempo possibile, aumentando drasticamente la copertura nazionale;

Riaprire il prima possibile i settori industriali e artigianali;

2) L’Italia è uno dei pochi paesi che è in avanzo primario da più di 24 anni: le entrate sono dunque superiori alle uscite.

Com’è possibile dunque che proprio in questi due ultimi decenni abbiamo assistito ai ripetuti tagli imposti dalle politiche dell’UE? Come può aumentare l’indebitamento se si spende meno di quanto s’incamera? La risposta è nella moneta emessa a debito e, quindi, nella speculazione sui tassi

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d’interesse da parte dei mercati: siccome non abbiamo una Banca Centrale in grado di emettere moneta (stampandola o acquistando titoli di stato come prestatore di ultima istanza), avendo indirizzato i titoli di stato agli investitori stranieri, lo Stato ha dovuto aumentare i tassi d’interesse per renderli appetibili. Che fare dopo l’emergenza?

Rinazionalizzare il debito pubblico emettendo BOT esentasse destinati ai soli cittadini italiani a media o lunga durata con tassi rispettivamente dell’1% e 2%, garantiti dallo Stato e a bassissimo rischio, contrariamente ai pacchetti d’investimenti che i cittadini acquistano aprendo un conto in banca;

Dichiarare inesigibile il debito pubblico posseduto dalla grande finanza speculativa, proclamando una moratoria; (*)

Rinazionalizzare la Banca d’Italia, perché possa emettere una nuova moneta ad uso interno;(*)

Ricostituzione dell’IRI e rinazionalizzazione del sistema industriale strategico; (*)

Attuare il Golden Power per ogni società quotata in Borsa.

3) Il pericolosissimo stato d’eccezione in cui siamo imbrigliati ha completato la traslazione del potere dalla politica ad altre sedi: nello specifico, a quella medico- scientifica. Dunque la scienza, per sua costituzione luogo del dibattito e della discussione delle tesi in eterna ricerca, dovendo decidere, assume una delle verità scientifiche come la verità scientifica. In nome di questa, per forza di cose, cessiamo di essere cittadini diventando pazienti: come tali, non possiamo più esigere le libertà, in quanto ciò che ci spetta è soltanto la cura. Siamo poi noi stessi, terrorizzati, e plasmati da input esterni (tarati secondo i dati personali forniti da noi alle grandi piattaforme dell’informazione telematica e del web in generale attraverso i nostri computer

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e smartphone), a preferire la Sicurezza invece della Libertà , siamo stati persuasi che l’una debba necessariamente escludere l’altra, ma questa è una falsa contraddizione, e il compito della politica deve essere appunto quello di trovare una mediazione. Risulta poi addirittura folle, in questa logica, chi non sia disposto a rinunciare alla Libertà in nome della Sicurezza; tuttavia lo spirito della Costituzione nata dalle Resistenza era proprio quello per cui la Vita coincideva con

“la vita libera”, mentre tutto il resto era morte.

C’è poi il vulnus costituzionale enorme che si è aperto in questa crisi: le limitazioni delle libertà sono consentite infatti soltanto con riserva di legge, mentre in questa circostanza esse sono state non limitate, ma abolite, con i DPCM, che non hanno gerarchia di legge. Che fare?

Rimodulare le misure di arresti domiciliari sociali, soffocanti in Italia come in nessun altro Paese nel mondo (eccetto la Cina, che de facto è una dittatura):

consentire gli spostamenti, anche con mezzo proprio, purché ci si doti di protezione respiratoria e si rispetti la distanza di sicurezza (dunque assicurare un controllo adeguato nei contesti pedonali);

Mantenere momentaneamente chiusi i locali pubblici o privati (scuole, pub, ristoranti, etc.) dove sono inevitabili gli assembramenti, destinando a chi ne ha bisogno la precedenza ai fondi di cui al punto 2;

Regolare, per categoria di attività e locali, le misure d i d i s t a n z i a m e n t o s o c i a l i ( l i m i t e d i a c c e s s o contemporaneo a mercati e supermercati, uffici pubblici);

Avviare una commissione d’inchiesta sulle mancanze del Governo nell’assumere le misure necessarie dagli inizi di gennaio ad oggi per contrastare il SarsCovid2.

INVITIAMO CHIUNQUE CONDIVIDA IL PRESENTE APPELLO A FIRMARLO E A DIVULGARLO AFFINCHE’ IN VISTA DELLA RIPRESA DELLA VITA CIVILE VI SIA UN NUCLEO DI PERSONE MATURE, CONSAPEVOLI E

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DETERMINATE A DIFENDERE E AD ATTUARE GLI INTENTI E I VALORI IN ESSO CONTENUTI

Salerno, 11/04/20

Biasini Bruno Nevio, studente presso la facoltà d’Ingegneria all’Università degli Studi di Salerno.

De Bellis Aniello, docente di Storia e Filosofia presso il Liceo Classico “F. De Sanctis” di Salerno.

Fucci Davide, studente presso la facoltà di lettere classiche all’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.

Micali Alessandra, studente presso la facoltà di Filosofia all’Università degli Studi di Salerno.

* Questi punti riprendono sostanzialmente l’eccellente appello pubblicato da Liberiamo l’Italia.

Contatti

E-mail liberitaliafoglio@gmail.com Facebook LiberItalia

Instagram liberitaliasymposium

CASARINI HA PERSO LA TESTA?

di G.R

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RICEVIAMO E V O L E N T I E R I PUBBLICHIAMO

“Il governo ascolti il Papa: via il decreto sulla chiusura dei porti”.

Non è un prete che parla. E’ Luca Casarini.

Ne sono passati di anni da quando era il simbolo dei sovversivi.

Prima la “linea rossa” da varcare era quella che il governo Berlusconi aveva cinto attorno alla cittadella dei potenti del G8. Ora quella linea da violare sono i confini italiani.

Se la prende col suo sodale Speranza il quale, diventato ministro della sanità, firmando il decreto che dichiara i porti italiani “non sicuri”, impedisce l’attracco delle infaticabili Ong.

Il Casarini ha scitto una lettera al Papa e attacca il governo Conte (di cui la sua sinistra fa parte) perché usa gli stessi metodi della “destra sovranista”. Protesta e promette che la sua “Mediterranea”, appena si allenteranno i divieti “tornerà in mare a salvare vite umane”.

Vorrei citare quello che disse che “la situazione è tragica ma non è seria”.

Invece la situazione è tragicamente seria.

Mentre siamo tutti chiusi in casa terrorizzati, mentre molti cittadini muoiono, mentre milioni di italiani sono alla fame e

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aspettano come la manna la miseria dei 600 euro per fare la spesa, mentre accade questa immane tragedia sociale, Casarini

“il rivoluzionario” ha in testa la sorte degli immigrati.

No, non è solo strabismo, questa è follia.

Certo che occorre prendersela con Speranza, ma per altre e più importanti ragioni.

Per una gestione assurda dell’emergenza sanitaria, per avere decretato la carcerazione di massa (e con essa la soppressione della democrazia), per aver deciso di prolungarla fino a maggio, per fare parte di un governo che sta portando il Paese verso il batatro.

Non è questo che preoccupa Casarini, come i preti egli preoccupa solo degli immigrati.

Per cui alla domanda: “Casarini ha perso la testa?”, la risposta è sì, l’ha persa.

CIP E CIOP di Sandokan

N e l l a

c o n f e r e n z a s t a m p a d i i e r i s e r a C o n t e h a preso a pesci i n f a c c i a S a l v i n i e M e l o n i , i q u a l i s o n o a n d a t i s u t u t t e l e furie. Per la verità, come si dice, “li ha presi in castagna”.

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Da giorni, in vista del vertice europeo dei ministri delle finanze, tutti e due facevano a gara nel denunciare il tradimento sicuro ai danni dall’Italia da parte di Gualtieri e del governo: “il governo accetta il MES!”.

Ne erano talmente sicuri — del “tradimento” —, che, prima ancora di conoscere i termini dell’accordo-non-accordo siglato in seno all’Eurogruppo , hanno depositato in Parlamento la richiesta di dimissioni di Gualtieri.

Come dire, si erano… sbilanciati.

Arrivate le carte, venuto fuori che questo “tradimento senza precedenti” non c’è stato, invece di raddrizzare il tiro, hanno persistito nell’errore, hanno anzi alzato il volume della caciara. Hanno fatto come l’attaccante che cimentatosi in un pirotecnino dribbling, è andato in bambola lasciandosi sfilare la palla dal difensore.

E’ stato quindi facile gioco, per Conte, sbugiardarli, segnalando che nell’accordo-non-accordo non c’è, come avrebbero voluto i falchi nordici, nessuna clausola che obblighi l’Italia a ricorrere al MES per finanziare l’uscita dalla gravissima recessione.

Più che un accordo-truffa, quello siglato, è insomma un accordo-fuffa, un temporaneo compromesso che certo non premia l’Italia ma non è nemmeno una “Caporetto”. Roma chiedeva gli eurobond e non li ha ottenuti. Ma nemmeno Germania e Olanda hanno ottenuto che l’Italia si tirasse giù le braghe accettando il principio dell’arrivo della troika (come fatto da Tsipras).

Un compromesso disdicevole, sia ben chiaro, che ha permesso di evitare una clamorosa e irreparabaile rottura della Unione europea.

Del resto con che faccia Salvini e i suoi sbraitano? Non ha detto Salvini che l’euro è “orami irreversibile”? Che non si tratta più di far uscire l’Italia dalla Ue? Non ha forse, per primo, invocato l’arrivo di Draghi?

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Vedremo come va a finire il braccio di ferro con l’Euro- Germania.

Roma sembra convinta di poterla spuntare (con gli eurobond).

Secondo il sottoscritto si illude.

E allora cosa accadrà? Intanto prendiamo atto che la frattura in seno alla Ue, c’è ed è conclamata. Sarà possibile ricomporre questa frattura? Ne dubito.

E’ possibile che l’Unione possa tirare a campare in condizioni da economia di guerra? E’ possibile che riesca ad evitare la definitiva rottura? In linea teorica sì. Si possono ben escogitare, infatti, marchingegni monetari, finanziari ed anche fiscali per sancire un cessate il fuoco. Di sicuro le teste d’uovo unioniste stanno alacramente lavorando per scovare un accordo che lasci ampi margini di manovra ai diversi stati.

Vedremo, vedremo che verrà fuori al prossimo vertice dei capi di Stato e di governo.

Una cosa è sicura, la dipartita dell’euro è nell’ordine delle cose, così come la tendenza degli Stati a riconquistare la loro sovranità.

Conte e compagnia faranno del tutto per salvare capra e cavoli (l’Unione europea senza attivare il MES, tantomeno quello

“riformato”).

Cip e Ciop, invece di fare caciara, ci dovrebbero dire, una volta per tutte, da che parte stanno. Non basta, a questo punto della partita, dire no al MES. Ci sono solo due alternative per l’Italia: camminare sulle proprie gambe, oppure diventare definitivamante una colonia.

Nel primo caso si deve riconquistare piena sovranità monetaria, nazionalizzando Bankitalia, che quindi emette la moneta necessaria comprando essa tutti i titoli che emette lo Stato (la qual cosa stanno facendo le banche centrali del Regono Unito, del Giappone e degli USA).

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Nel secondo caso si continua sulla via sin qui seguita, quella di chiedere in prestito la liquidità necessaria alla finanza predatoria e speculativa, col che il Paese continuerà ad indebitarsi e non si riprenderà mai poiché per rimborsare capitale e interessi avremo solo una dura e ininterrotta austerità.

Cip e Ciop, da che parte state?

NO AL MES, MA SOPRATTUTTO NO ALL’UNIONE EUROPEA

L’accordicchi o raggiunto alla riunione dell’Eurogrup p o n o n risolve alcun p r o b l e m a , t a n t o m e n o quello delle r i s o r s e

necessarie ad affrontare la crisi attuale. Giunta al momento della verità, l’Unione europea si mostra impotente, pasticciona, divisa e dominata dal blocco del nord incentrato sulla Germania. Una prova in più della sua assoluta non riformabilità.

A fronte di un tracollo economico che si annuncia drammatico, che richiederebbe un piano di intervento di almeno duemila miliardi, l’Eurogruppo ne annuncia mille. Ma il vero problema è che questo annuncio è una bufala.

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I 200 miliardi di prestiti alle imprese della Bei (per l’intera UE) rientrano nella normale attività di questa banca.

Non si tratta dunque di risorse aggiuntive, salvo i 25 miliardi messi a garanzia. I 100 miliardi del fondo per la disoccupazione (Sure) semplicemente non esistono, visto che al massimo se ne potranno utilizzare 10 all’anno (sempre per tutta l’UE). Per l’Italia una cifra intorno al miliardo, ma da restituire a lorsignori.

Del Mes conosciamo la sua inaccettabilità, causa i vincoli che (contrariamente a quel che si dice) restano anche nella nuova versione. Ma anche se il governo italiano – contrariamente a quanto affermato da Conte – decidesse sciaguratamente di mettersi la troika in casa, dal Mes arriverebbero al massimo 36 miliardi, anch’essi ovviamente da restituire.

Questo è il quadro della cosiddetta “solidarietà europea”. Ma gli euroinomani di casa nostra, a partire dall’indecente Gualtieri, ci raccontano la favola del “quarto pilastro”, quel fondo anti Covid 19 al quale il documento dell’Eurogruppo accenna in termini del tutto generici (se ne parlerà forse tra qualche mese), ma solo per dirci che verrà finanziato attraverso il bilancio europeo. Dunque, ammesso e non concesso che questo fondo nasca in futuro, esso sarebbe finanziato pro- quota dai singoli stati e non porterebbe in alcun modo risorse aggiuntive per affrontare l’emergenza economica.

Siamo dunque di fronte ad un’autentica presa in giro. Ad annunci propagandistici privi di ogni sostanza. La verità è che ogni Stato dovrà affrontare la crisi da solo, come dimostra il no tedesco agli eurobond.

E’ grave che il governo italiano non si sia opposto al pacchetto dell’Eurogruppo. Ma mentre ribadiamo con forza il no al Mes, mentre chiediamo al parlamento di opporsi alla sua attivazione, un no più complessivo va pronunciato sull’intero pacchetto. Le risorse previste sono una miseria, tutte a debito, se non addirittura propedeutiche (come nel caso del

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Mes) al commissariamento del Paese.

Inoltre il governo Conte ha dimostrato di essere, purtroppo, del tutto in linea con la mentalità e la prassi neo-liberista che governa l’Unione Europea. I 400 miliardi di euro promessi da Conte, al di là dei proclami di facciata, si tradurranno in una serie di garanzie date alle banche, obbligando negozianti e piccoli imprenditori ad indebitarsi sempre più, col rischio che molti di essi non riescano più a riaprire la loro attività.

Giunti a questo punto, se non vogliamo sprofondare nel baratro di una crisi e di una sudditanza senza fine, c’è solo un’alternativa: quella dell’uscita dall’euro e dall’UE, della riconquista della sovranità nazionale a partire da quella monetaria.

Liberiamo l’Italia fa quindi appello a tutti coloro che si riconoscono in questo obiettivo di liberazione affinché si uniscano al più presto tutte le forze disponibili.

No all’accordo raggiunto nell’Eurogruppo.

Il governo italiano si impegni immediatamente a non ricorrere al Mes. In caso contrario si dimetta e si vada immediatamente a nuove elezioni.

Stop all’UE. Finiamola con l’Unione europea e con l’euro.

Ricostruiamo l’Italia con un piano di rinascita che attivi tutte le forze migliori del Paese.

Fonte: Liberiamo l’Italia

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Comitato COVID 19: BASTA CON LA PAURA!

R i c e v i a m o d a a l c u n i a t t i v i s t i d e l

C o m i t a t o P o p o l a r e Territorial e di Napoli d i

L i b e r i a m o l’Italia, e v o l e n t i e r i pubblichiam o.

D a c i r c a u n m e s e i l n o s t r o P a e s e s i t r o v a i n u n a difficilissima condizione per una sciagurata gestione dell’emergenza covid-19 da parte del governo italiano che, dopo aver indirettamente provocato danni non ancora calcolabili, ora, galleggiando sulla paura, non prospetta null’altro che il procrastinarsi sine die dell’attuale lockdown (cioè, il confinamento a casa della popolazione) senza apparentemente avere una precisa strategia.

In questa situazione, la sospensione di diritti costituzionali ha finora confinato la rabbia in qualche mugugno ma è probabile che essa si traduca in gravi tumulti che renderebbero ancora più drammatica la situazione. Anche per questo riteniamo che sia irrimandabile la nascita di un

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movimento di protesta, responsabile ma determinato, che ponga fine a questa insostenibile situazione.

Anche per questo, vi invitiamo a leggere la nostra succinta analisi e le nostre proposte e ad aderire al costituendo Comitato COVID 19: BASTA CON LA PAURA

Antonello, Francesco, Marilù, Omar, Paolo (attivisti di Liberiamo l’Italia – Comitato di Napoli)

8 aprile 2020

Per adesioni e ulteriori informazioni

Pagina Facebook: COVID 19: BASTA CON LA PAURA

Una sciagurata gestione dell’emergenza

Ai primi di marzo, dopo i primi tamponi positivi al Coronavirus COVID 19, le autorità italiane (governo e Regioni) che, fino ad allora, avevano perso tempo prezioso con surreali iniziative (ad esempio, #Milanononsiferma) e che non avevano pianificato assolutamente nulla per affrontare un’eventuale emergenza, imponevano il confinamento a casa della popolazione (lockdown). Oggi governo e Regioni (in particolare Lombardia e Veneto) si rinfacciano la responsabilità di avere “troppo tardi” imposto il lockdown , ma nessuno dice che questa misura non serve a “bloccare il contagio” ma solo a rallentarlo per evitare il sovraffollamento dei posti di rianimazione (così come avvenne in Lombardia durante l’epidemia influenzale del

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2018) e, quindi, permettere la sopravvivenza degli infettati più gravi.

I posti di rianimazione sono stati ridotti ad un quinto in Italia dopo venti anni di tagli alla Sanità non è così in altri paesi – come, ad esempio, la Germania o la Svizzera – dove, non a caso, l’emergenza COVID19 è affrontata senza isterie e vessatori lockdown.

Una emergenza all’insegna del terrore

In Italia, invece, la pretesa di “bloccare il contagio” si è tradotta in dure disposizioni e, soprattutto, in una terroristica campagna informativa basata su una bizzarra metodologia: la diffusione, ogni sera, dei dati inerenti i

“contagiati” e i “morti”. Conteggiando tra i primi SOLO le migliaia che venivano fuori dai pochi tamponi diagnostici effettuati dalle Regioni (e non già i milioni di italiani infettati stimati da autorevoli fonti) e tra i secondi TUTTI i deceduti risultati positivi al Coronavirus (anche quelli morti per gravi patologie pregresse o per vecchiaia). Si è arrivati, così, a fine marzo a istituzionalizzare uno sbalorditivo indice di letalità (rapporto morti/contagiati) del COVID 19 enormemente superiore a quello indicato dalle più autorevoli fonti scientifiche e che oltre a servire a terrorizzare la popolazione per farla barricare in casa, ha scatenato il p a n i c o t r a c h i , i n v e c e , e r a c o s t r e t t o a d o p e r a r e nell’emergenza.

Panico che, ad esempio, si è tradotto nell’impedimento per i medici di base di recarsi a casa dei pazienti i quali, perciò, spesso indiscriminatamente, sono stati trasportati in sempre più affollati reparti. Questo verosimilmente ha provocato la

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diffusione di malattie infettive (che già, in Italia, si portano via 50.000 persone all’anno) negli stessi ospedali.

La mancanza di una strategia

Intanto, a rendere sempre più confusa la situazione, ci sono le contradditorie disposizioni di governatori regionali e sindaci, una pletora di confusi esperti (sempre in TV) e un governo che, brancolando nel buio, si limita a struggenti appelli. Anche questo caos è conseguenza dello sfascio e dei tagli che hanno distrutto quello che era un sodisfacente servizio sanitario nazionale (e che aveva saputo affrontare gravi epidemie, come l’influenza H3N2 – detta “di Hong Kong” – del 1968) e di una Protezione civile ridottasi a quello che è.

Nasce da qui l’incapacità del Governo di prevedere l’andamento dell’epidemia e, quindi, attivare calibrate strategie di intervento; previsioni e strategie che si basano su consolidati modelli di simulazione i quali, comunque, per operare hanno bisogno di dati (quanti sono gli italiani già infettati, quanti gli asintomatici, i guariti, i portatori sani…). Dati che – incredibile a dirsi – solo ora cominciano, timidamente, ad essere raccolti effettuando, non già solo tamponi, ma test diagnostici.

La dimensione internazionale dell’emergenza COVID 19

Una pur succinta esposizione degli aspetti politici dell’emergenza COVID 19 in Italia non può non accennare alla sua correlazione internazionale; anche perché Il governo si ostina a definire la sua strategia per uscire dalla crisi come un “modello” internazionale (il modello Italia).

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Intanto va detto che le misure attuate in Italia sono nate prendendo a modello quelle attuate nell’Ubei-Wuhan, principale distretto manifatturiero per le aziende occidentali, misure imposte dalle autorità cinesi, più che per motivi meramente profilattici, per rintuzzare le sanzioni e i dazi USA di cui la campagna mediatica contro il “virus cinese” era il corollario.

Tutto ciò è stato fatto utilizzando una quantità e qualità di risorse che semplicemente noi non possediamo e che hanno mostrato la potenza cinese agli occhi del mondo.

La gestione dell’emergenza in Italia ha comunque cominciato a suscitare l’interesse di molti governi quando si sono resi conto che questa, senza particolari sforzi, è riuscita a trasformare un intero popolo in una massa disposta ad accettare supinamente inimmaginabili privazioni. Lezione appresa, anche se non applicata in modalità cosi vessatorie come quelle italiane, ad esempio, in Francia dove un pur blando lockdown è riuscito a congelare ogni protesta e sta facendo passare la riforma di Macron sulle pensioni.

Inoltre, il lungo lockdown rischia di essere visto come un’occasione allettante da alcuni per mandare sul lastrico un paese e costringerlo, così, ad accettare trattati capestro (come il MES) o a svendere i suoi beni. Ci rendiamo conto che questo potrebbe apparire inverosimile, ma se consideriamo quali potentati economici foraggiano i media che oggi alimentano il caos o, le altrimenti incomprensibili, posizioni di questo o quel personaggio, è possibile rendersi conto che questa prospettiva non è mera fantapolitica.

QUELLO CHE VOGLIAMO SUBITO:

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U n ’ u n i c a , n a z i o n a l e , a u t o r e v o l e , d i r e z i o n e dell’emergenza con la conseguente estromissione delle Regioni e dei Comuni.

Una capillare campagna di test diagnostici che, oltre a garantire una pianificazione dell’emergenza e permettere il calcolo preciso del tasso di letalità, consenta la piena mobilità di tutte le persone che non rappresentano pericolo di contagio.

Servizi per assistere gli anziani e ridurre la loro esposizione al contagio

La fine di una “informazione” basata sulla paura.

Pretendiamo, ad esempio, che vengano presentati ufficialmente come “deceduti per COVID 19” solo quei casi che rientrano nei criteri stabiliti dall’Istituto superiore della sanità

L’abolizione di inutili e vessatorie disposizioni (prima tra tutte il divieto di passeggiare pur rispettando la distanza di sicurezza)

QUELLO CHE VOGLIAMO, FINITO IL LOCKDOWN :

Rigettiamo ogni ipotesi di “scudo penale” per colpe o reati commessi durante l’emergenza Covid19. Chiediamo, anzi l’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta finalizzata ad identificare eventuali colpe e reati, a scongiurare il riproporsi di situazioni analoghe e a favorire il ripristino di un Servizio sanitario nazionale e di strutture nazionali di emergenza degni di questo nome.

Antonello, Francesco, Marilù, Omar, Paolo (attivisti di Liberiamo l’Italia – Comitato di Napoli)

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O DENTRO O FUORI di Piemme

I l 7 a p r i l e scorso, alle p o r t e

dell’Eurogrupp o scrivevo:

«Come andrà a finire (accordo, rottura o compromesso?) lo sapremo forse a tarda sera, al massimo domani».

Alla fine che abbiamo avuto? Che la montagna ha partorito il topolino, un compromesso pasticciato quant’altri mai. I nordici hanno ottenuto che nemmeno si parlasse di eurobond, i sudisti che non ci fosse alcun automatismo che facesse scattare le condizioni capestro previste dal MES per gli stati in difficoltà.

U n c o m p r o m e s s o p e r s a l v a r e l a b a r a c c a e d e v i t a r e l’inevitabile: l’esplosione dell’Unione europea. Un compromesso che non risolve nulla.

Sia chiaro, nessuna assoluzione per Gualtieri, Gentiloni e Conte. Sull’altare del loro europeismo hanno rinunciato difendere quella che essi stessi avevano definito la “Linea del Piave”: gli eurobond, ovvero che l’Unione europea si facesse carico di far fronte collettivamente alla catastrofe

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economica che si abbatterà anzitutto sull’Italia.

La morale della favola è che, MES o no MES, dall’Europa non viene nessun sostegno al nostro Paese e, ove venisse, sarebbe come quello della corda che sostiene l’impicccato. La sostanza è che l’Italia affonderà ove non decidesse, adesso, di tagliare i ponti con l’Unione europea.

La diciamo con le parole di Stefano Fassina:

«Allora, si prenda atto che è necessario recuperare, attraverso un “divorzio amichevole” (proposto da tempo da Joseph Stiglitz), l’autonomia monetaria sciaguratamente ceduta. Almeno possiamo tentare di evitare l’avvitamento economico dell’Italia, fratture territoriali e sociali sempre più profonde e una torsione autoritaria della nostra democrazia. Si aprirebbe uno scenario doloroso e rischioso, ma vi sarebbe la speranza di sottrarsi ad una lenta agonia».

Non esiste un terzo campo. Non c’è più spazio per mezze misure, trucchetti o italiche furbizie.

O Italexit o l’agonia dell’Italia.

Va detto non solo ai 5 Stelle, va detto anzitutto a quelli della Lega, che in queste ore sbraitano, alzano un gran polverone, ma non solo non rivendicano l’uscita, continuano ad invocare l’arrivo di Draghi. Ovvero una morte al posto di un’altra.

EUROBOND O ADDIO UNIONE

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EUROPEA di Sergio Cesaratto

Volentieri pubblichiamo q u e s t o a r t i c o l o d e l l ’ a m i c o S e r g i o Cesaratto apparso ieri su Micromega.

Sergio perora l’idea degli eurobond, quindi, ove non si adottassero, tanto vale che l’Italia esca dall’Unione. Meglio tardi che mai — ci verrebbe da dire dopo tanti anni di discussione e collaborazione con Sergio. Tuttavia anche gli eurobond, potrebbero essere una colossale trappola. Infatti è lapalissiamo che ove la Bce non agisse da prestatore di ultima istanza (ove cioè non acquistasse ab libitum i titoli emessi come “eurobond”), il rischio è che per l’Italia si tratterebbe di contrarre nuovo colossale debito. Eurobond quindi? Così come stanno messe le cose nella Ue… No grazie!

“A successful and long lasting union, like the US, helps its members in need. When New Orleans was hit by Hurricane Katrina, the initial faltering response horrified the nation.

Congress then sent $71bn in aid, equivalent to more than a third of Louisiana’s gross domestic product. It did not content itself with waiving a balanced budget clause and allowing the state to plunge into debt. Other US states did not complain that Louisianans were lazy and corrupt, or wasted money on drinks and women, as the former head of the eurogroup of finance ministers, Jeroen Dijsselbloem, infamously said of southern Europeans.” Luigi Zingales (University of Chicago). [1]

Perché l’Europa dovrebbe salvare l’Italia che è stato un paese cicala?

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Contrariamente a quanto dipinto dai mass media e, in maniera inqualificabile, da Jeroen Dijsselbloem, l’Italia è da trent’anni un paese frugale. Questa frugalità è misurabile dai surplus primari del bilancio pubblico [i saldi al netto della spesa per interessi] che sono in attivo dall’inizio degli anni novanta. In altre parole, da trent’anni gli italiani pagano più tasse di quanto ricevono come servizi pubblici o pensioni.

E’ la spesa per interessi che manda in disavanzo lo Stato italiano, non una spesa pubblica allegra (naturalmente molta spesa pubblica è indirizzata male, ci sono sprechi, c’è molto da migliorare come efficienza ma, per esempio, il numero dei dipendenti pubblici in Italia è in rapporto alla popolazione molto inferiore alla Germania, come anche evidenziato dalla crisi sanitaria).[2] Anche David Folkerts-Landau, capo economista della Deutsche Bank ha ammesso due anni fa che

“contrariamente a un diffuso pregiudizio, l’Italia è stato un Paese frugale”.[3]

Ma perché allora il debito pubblico è continuato ad aumentare rispetto al PIL?

Dalla seconda metà degli anni novanta sino alla crisi del 2008 il debito pubblico italiano è sceso dal 120% al 100% rispetto al PIL anche per i più bassi tassi di interesse conseguiti con la prospettiva dell’ingresso nella moneta unica.

Ma l’Italia poteva fare di più?

Con l’ingresso nell’euro l’Italia ha pagato il prezzo di una diminuita competitività; questo unitamente alle politiche di riduzione del rapporto fra debito pubblico e PIL ha comportato una grave stagnazione dell’economia italiana, in particolare della produttività. Di più l’Italia non poteva fare nelle date circostanze. Il rapporto debito/PIL è risalito al 130% in seguito al ritardo nell’intervento della BCE a sostegno del debito pubblico italiano, con conseguenze rialzo dei tassi di interesse (i famosi spread), e a causa delle politiche di austerità che hanno aggravato il declino dell’economia

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italiana e dunque anche delle entrate fiscali. Le banche centrali sono nate per sostenere i titoli di Stato. In tutto il mondo è così tranne in Europa.

La Germania ha comunque dimostrato che si può far meglio?

La Germania è da sempre un elemento destabilizzante dell’economia globale ed europea. La sua politica economica è stata denominata da un importante storico economico tedesco

“mercantilismo monetario”.[4] Mercantilismo monetario significa avvantaggiarsi dei tassi di cambio fissi (Bretton Woods, Sistema monetario europeo, euro) per guadagnare competitività attraverso un tasso di inflazione inferiore a quello dei concorrenti. Un modo per approfittare del keynesismo altrui. Questo comportamento, non adeguato per un paese avanzato, ha ricevuto da sempre disapprovazione nel resto del mondo in quanto non contribuisce allo sviluppo armonico del commercio internazionale (i dazi di Trump sulle esportazioni tedesche e, ahinoi, europee ne sono una conseguenza).

Con l‘euro, in particolare, la Germania ha goduto di un tasso di cambio molto più competitivo di quanto avrebbe goduto col DM. Un effetto del quantitative easing avviato da Mario Draghi nel 2015 e tanto deprecato dai professori tedeschi è stato di indebolire l’euro. Così le esportazioni tedesche hanno tratto ulteriore vantaggio da una misura volta soprattutto a sostenere le economie più deboli. Ma soprattutto il governo tedesco si è avvantaggiato dalla fuga degli investitori dai titoli di Stato italiani (e anche di altri paesi europei) che si sono rivolti ai titoli di Stato tedeschi. Si è creata così una impressionante asimmetria fra il governo italiano che, non sufficientemente protetto dalla BCE, ha cominciato a pagare tassi di interessi esorbitanti, e il governo tedesco che ha cominciato a pagare tassi negativi. I tassi si sono abbassati anche per il QE della BCE che se ha aiutato i paesi periferici, ha consolidato i tassi di interesse pagati dal governo tedesco in territorio negativo. Il membro tedesco

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d e l l ’ e x e c u t i v e b o a r d d e l l a B C E , l ’ e c o n o m i s t a Isabel Schnabel (2020), ha recentemente parlato di un risparmio per il governo tedesco di €400 miliardi dal 2017 (Schabel scrive nel febbraio 2020). Sono cifre impressionanti e francamente offensive per chi da tre decenni vede solo tagli a sanità, istruzione e ricerca scientifica. È facile essere virtuosi e far la morale agli altri in queste condizioni.[5]

Siamo dunque in presenza non solo di un’Europa monetaria che funziona male, ma che funziona anche in maniera asimmetrica e ingiusta!

Qual è l’oggetto del contendere ora in Europa?

In termini semplificati, dopo la spiacevole gaffe di Christine Lagarde, la BCE ha preso una iniziativa importante con l’acquisto di titoli di Stato e non solo che diventa di oltre un trilione di euro nel 2020, senza tener troppo conto della capital key (cioè comprerà una quota di titoli italiani maggiore del solito). Altre misure sono però necessarie.[6]

Germania e Olanda hanno offerto all’Italia un sostegno via ESM (European Stability Mechanism) (che è anche preliminare a un intervento della BCE di acquisto illimitato di titoli italiani, misura che sarebbe però contestata dai soliti professori tedeschi).[7]

A parte che lo ESM è in grado di prestare pochi soldi, per l’Italia è politicamente inaccettabile ricorrere all’ESM. Tale ricorso porrebbe il paese sotto tutela politica e fiscale anche se la firma di un memorandum fosse al momento rimandata.

L’Italia non ha sinora mai chiesto prestiti all’Europa. Anche il piano SURE con cui la Ursula Von Der Layen intenderebbe sostenere misure di sostegno al lavoro nei paesi europei sino a 100 miliardi appare molto carente. Nei fatti sia il ricorso al ESM che il piano SURE prefigurano un indebitamento dei governi nazionali che vi ricorrano (quindi Italia, Spagna, forse la Francia), e dunque un aumento dei debiti pubblici nazionali. In questi paesi i rapporti debito pubblico/PIL sono destinati quest’anno a crescere in maniera drammatica,

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rendendo la situazione fra qualche mese molto difficile per le condizioni proibitive di finanziamento nel mercato. L’aumento del rapporto è dovuto non tanto all’aumento delle spese, che vi sarà certamente in maniera importante, quanto dalla caduta del PIL, particolarmente drammatica in Italia colpita nel cuore produttivo. In paesi privi di banca centrale, l’unica soluzione è dunque che da un lato la BCE garantisca col proprio intervento la sostenibilità del debito pubblico preesistente (il che significa che la BCE deve fare di più portando i tassi italiani a livello almeno francese), e dall’altro che ogni nuovo debito deve essere emesso da organismi europei, i famosi eurobond (a emetterli potrebbe essere lo stesso ESM, ma come mero veicolo tecnico e magari con un nuovo presidente meno compromesso col vecchio ESM). La Ursula Von Der Layen aveva in effetti settimane fa promesso il sostegno a “corona-bonds”, per poi fare la settimana scorsa una goffa marcia indietro. Di fronte alle proteste italiane, per scusarsi ha tirato fuori il piano SURE. Le pressioni del governo tedesco devono essere state enormi.

Ma la Germania e i suoi satelliti temono che con gli eurobond si trovino a pagare tassi più alti, è giustificato?

Questo è un punto centrale per controbattere alla tesi che Germania e c. sono giustificate a non volere gli eurobond che li porterebbero a pagare tassi di interesse più alti. Non si domandano come mai han pagato in questi anni tassi così bassi, perfino negativi (consentendo loro di ridurre il rapporto debito/PIL). Questo è il contraltare dei tassi inopinatamente alti pagati dall’Italia (sfasciandone i conti). Si tratta di tornare a uno stato in cui tutti li paghiamo a un livello simile.

L’Italia sta compiendo uno sforzo enorme per combattere la crisi sanitaria che, con molta sfortuna, ha colpito il suo cuore produttivo. Medici e infermieri si stanno prodigando in maniera eroica e questo ha forse per la prima volta accresciuto il senso di autostima degli italiani, di solito

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molto basso. Forte è il senso di essere stati lasciati soli dall’Europa (non basta l’offerta di qualche letto in terapia intensiva a far cambiare idea).

Quali sono le prospettive?

Il governo italiano col sostegno dell’opinione pubblica, inclusa ora parte della sua componente più europeista, pare fermo nel rifiuto del ESM.[8] Probabilmente martedì 7 aprile l’eurogruppo deciderà di non decidere rimandando al Consiglio europeo previsto per dopo Pasqua. Ma non si potrà continuare a rimandare. La Germania è un grande paese, che però non è capace di una leadership inclusiva e non oppressiva.

D’altra parte senza un sostegno europeo che è tale solo sotto la forma di eurobond e di intervento della BCE, l’Italia non potrà, appena sollevata la testa dalla crisi sanitaria, che abbandonare l’euro e credo l’Europa per agganciarsi saldamente, suppongo, al carro russo-cinese. E a quel punto senza rimpianti. L’Italia non chiede la luna. Chiede che si faccia quello che è ovvio in un’unione monetaria. Chi ritiene ancora in Germania ed Olanda che un’unione monetaria possa sopravvivere senza trasformarsi in un’unione politica non ha capito bene l’analisi economica delle aree valutarie ottimali.

Il prezzo economico da pagare per Germania, Olanda e satelliti sarebbe peraltro minimo: tassi di interesse un po’ più alti di quelli che avrebbero già pagato da anni se non si fossero (più o meno in buona fede) avvantaggiati delle disgrazie altrui. E avrebbe invece tutto da guadagnare. In fondo, come ha detto giorni fa Romano Prodi, se il sud crolla, l’Olanda i tulipani a chi li vende?

NOTE [ 1 ]

<http://temi.repubblica.it/micromega-online/economia-al-tempo- d e l l a - p a n d e m i a - d o m a n d e - e - r i s p o s t e - s u l l - i t a l i a - e - l - europa/#_ftnref1> Luigi Zingales, The EU must be forged in

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this crisis or it will die, Financial Times, 5 aprile 2020 (https://www.ft.com/content/8f554b7a-74d1-11ea-90ce-5fb6c07a27 f2).

[ 2 ]

<http://temi.repubblica.it/micromega-online/economia-al-tempo- d e l l a - p a n d e m i a - d o m a n d e - e - r i s p o s t e - s u l l - i t a l i a - e - l - europa/#_ftnref2> Questo è documentato da un economista olandese: Saarvas Storm (2019), How to ruin a country in three decade, https://www.ineteconomics.org/perspectives/blog/how-to -ruin-a-country-in-three-decades; Storm, S. (2019), Lost in deflation: why Italy’s woes are a warning to the whole eurozone. International Journal of Political Economy. 48(3), 195-237.

[ 3 ]

<http://temi.repubblica.it/micromega-online/economia-al-tempo- d e l l a - p a n d e m i a - d o m a n d e - e - r i s p o s t e - s u l l - i t a l i a - e - l - europa/#_ftnref3> Folkerts-Landau, D. Europe must cut a grand bargain with Italy. Financial Times, 2018, November 12, https://www.ft.com/content/a8d572b8-e65d-11e8-8827-ff56e7163c1 1

[ 4 ]

<http://temi.repubblica.it/micromega-online/economia-al-tempo- d e l l a - p a n d e m i a - d o m a n d e - e - r i s p o s t e - s u l l - i t a l i a - e - l - e u r o p a / # _ f t n r e f 4 > H o l t f r e r i c h , C - L(1999), Monetary Policy under Fixed Exchange Rates (1948-70), i n B a l t e n s p e r g e r E . ( a c u r a di), Fifty Years of the Deutsche Mark. Central Bank and the Cu rrency in Germany since 1948, Deutsche Bundesbank e Oxford University Press, New York.

[ 5 ]

<http://temi.repubblica.it/micromega-online/economia-al-tempo- d e l l a - p a n d e m i a - d o m a n d e - e - r i s p o s t e - s u l l - i t a l i a - e - l - europa/#_ftnref5> Smentendo l’immagine del “Conte Draghila” – una definizione che ella riprende dai media tedeschi – come

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“ e s p r o p r i a t o r e d e i r i s p a r m i a t o r i t e d e s c h i ” , Isabel Schnabel (2020) ha anche spiegato come, di fronte a una perdita di 500 euro all’anno per il risparmiatore tedesco, un debitore tedesco (ebbene esistono!) ha risparmiato circa 2000 euro grazie ai tassi di interesse più bassi, ai quali vanno aggiunti i summenzionati risparmi di 400 miliardi di euro per il governo di Berlino. I miei amici tedeschi devono essere orgogliosi di tanta onestà intellettuale! Si veda: Schnabel, I. (2020). Narratives about the ECB’s monetary policy – r e a l i t y o r f i c t i o n ? S p e e c h a t t h e J u r i s t i s c h e S t u d i e n g e s e l l s c h a f t , K a r l s r u h e , 1 1 F e b r u a r y 2020. https://www.ecb.europa.eu/press/key/date/2020/html/ecb.s p200211_1~b439a2f4a0.en.html. Accessed 20 February 2020.

[ 6 ]

<http://temi.repubblica.it/micromega-online/economia-al-tempo- d e l l a - p a n d e m i a - d o m a n d e - e - r i s p o s t e - s u l l - i t a l i a - e - l - europa/#_ftnref6> Una rassegna delle questioni è dovuta ad A n t o n e l l a S t i r a t i s u E c o n o m i a e politica, https://www.economiaepolitica.it/l-analisi/crisi-da- coronavirus-italia-europa/

[ 7 ]

<http://temi.repubblica.it/micromega-online/economia-al-tempo- d e l l a - p a n d e m i a - d o m a n d e - e - r i s p o s t e - s u l l - i t a l i a - e - l - europa/#_ftnref7> Il ministro olandese dell’economia Wopke Hoekstra ha anche in maniera insolente e offensiva proposto di liquidare l’Italia con un regalo di 10 o 20 miliardi di euro (Hoekstra è quello che fu definito “ripugnante” dal primo ministro portoghese). Una proposta simile è stata avanzata del p i ù n o t o e c o n o m i s t a t e d e s c o , H a n s W e r n e r S i n n , http://vocidallagermania.blogspot.com/2020/03/hw-sinn-regaliam o-20-miliardi-di-euro.html.

[ 8 ]

<http://temi.repubblica.it/micromega-online/economia-al-tempo- d e l l a - p a n d e m i a - d o m a n d e - e - r i s p o s t e - s u l l - i t a l i a - e - l - europa/#_ftnref8> Si veda l’articolo sul Financial Times,

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C o r o n a v i r u s : I s E u r o p e l o s i n g I t a l y ? https://www.ft.com/content/f21cf708-759e-11ea-ad98-044200cb277 f.

(6 aprile 2020)

PER UNA RIVOLUZIONE DEMOCRATICA BASATA SULLA COSTITUZIONE di Roberto Gabriele

R i c e v i a m o e pubblichiamo.

Far nascere una formazione politica che raccolga le spinte al cambiamento è un’esigenza che sta maturando in molti, anche se l’obiettivo non è così a portata di mano. Questa esigenza, seppure non facile da tradurre in progetto politico, sta incrociando una situazione oggettiva, dovuta alla crisi del coronavirus e allo smascheramento del ruolo dell’UE come portatrice di un meccanismo al servizio della finanza e

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dell’Europa liberista. Per coloro che da tempo conducono la battaglia per cambiare lo stato di cose presente è arrivato il momento di porsi al livello che la nuova situazione impone.

Per questo leggiamo con interesse il manifesto pubblicato sul vostro sito a firma di un gruppo di persone tra cui il costituzionalista Paolo Maddalena, in cui si definisce un programma di fase sul quale concordiamo largamente, attorno a cui aggregare una formazione politica che ne sappia portare avanti gli obiettivi.

A nostro parere però per andare oltre le dichiarazioni bisogna valutare bene il metodo con cui procedere e vanno anche integrati i contenuti del manifesto su alcune questioni che hanno un’importanza rilevante, non per una disputa tra iniziati, ma per coloro che chiamiamo a combattere assieme a noi.

Sui contenuti del manifesto notiamo infatti un’omissione importante per coloro che vogliono darsi una base politica costituzionale: l’applicazione dell’art.11 della Costituzione, che non è rilevante solo per le questioni relative alle guerre in cui l’Italia è coinvolta, ma anche per il futuro economico del nostro paese. Se pensiamo infatti di dare autonomia di sviluppo al nostro paese dobbiamo essere consapevoli che, rimanendo stretti nel circuito degli interessi della finanza e dell’economia occidentale, di cui l’UE è solo una parte, che ci impongono embarghi e guerre rispetto agli interlocutori con cui l’Italia può espandere su basi paritarie le proprie relazioni economiche, non potremo mai uscire veramente dalla situazione a cui l’attuale crisi internazionale ci ha portati anche indipendentemente dal coronavirus.

A prescindere però dalla questione dell’art.11 e, sempre rispetto al programma esposto nel manifesto, pur ritenendo importanti gli obiettivi indicati, crediamo che manchi una sintesi politica che renda chiaro il ruolo strategico che una nuova forza politica deve svolgere nella dialettica tra le

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forze in campo. Noi non dovremmo essere solo quelli che si impegnano a realizzare determinati risultati concreti, ma dovremmo far intendere a milioni di persone che in questa fase dominata dal liberismo sfrenato, siamo una formazione politica che mira a dare all’Italia un futuro di pace e di nuove relazioni internazionali, una direzione pubblica dell’economia e strumenti solidi di difesa dei diritti dei lavoratori e dei cittadini. Questi tre punti programmatici li abbiamo chiaramente indicati nel documento programmatico del Fronte politico costituzionale, mettendoli alla base dei nostri rapporti politici e del nostro agire pratico.

Quindi ben venga un manifesto politico su base costituzionale che abbia, in sintesi, lo scopo di combattere l’ordine liberista in politica interna e internazionale, ma non si commetta l’errore di pensare che questo sia patrimonio di un gruppo. Anzi, bisogna sperare che questa coscienza sia largamente diffusa e condivisa. Su questo punto bisogna lasciarsi alle spalle una cultura che tende a trasformare gli obiettivi in ideologia, invece di puntare a un consenso di massa politicamente condiviso.

Sulle questioni di metodo dobbiamo mettere in chiaro, nella discussione, che non si può definire un progetto solo con la buona volontà anche se il contenuto politico è condivisibile.

Per questo chi ha in mente che iniziare un nuovo percorso sia un’operazione pubblicitaria, si mette sulla strada sbagliata, anche se animato dalle migliori intenzioni. La questione non implica un giudizio sulle persone, bensì riguarda la valutazione oggettiva della situazione e dei problemi politici da affrontare e la consapevolezza di come misurarsi con ciò che abbiamo di fronte.

Partiamo dalla questione oggettiva e domandiamoci: le esigenze che ci portano a lanciare una proposta di organizzare un nuovo movimento politico che basi hanno nell’immediato? Noi riteniamo che si sia solo all’inizio di un percorso che bisogna gestire con coerenza e determinazione per cui i

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promotori del progetto ne devono, in partenza, garantire la credibilità. Non è un giuramento di fede che si richiede, quanto la capacità di condurre analisi e dibattiti seri che ci portino al risultato, a una sintesi condivisa. Mettere il vino nuovo in una botte vecchia non pagherebbe. Quindi, per essere concreti, il lavoro da fare comincia nel momento in cui la proposta viene lanciata e rispettandone i tempi. Atteggiamenti ribellistici e di insofferenza ‘rivoluzionaria’ non sono compatibili con una proposta che vede come base i punti essenziali della Costituzione. I cambiamenti strutturali non si improvvisano e si misurano con i movimenti reali. Le rivoluzioni, anche quella che noi chiamiamo rivoluzione democratica per applicare la Costituzione, non possono essere virtuali.

Per questo dobbiamo anche tener conto di ciò che sta accadendo attorno a noi, sia nella vicenda UE e della sua crisi, che nella situazione interna italiana. In particolare, l’esigenza di cambiamento, che ci proponiamo di raccogliere con una proposta di rivoluzione democratica non può che partire da ciò che è avvenuto nel 2018 e che ha fatto saltare i vecchi equilibri liberisti.

E’ anche misurandosi con questa novità, per noi incarnata dal movimento 5 Stelle, oltre che dal sovranismo (fasullo) di destra della Lega che si misura la capacità di crescita di un nuovo movimento politico.

I compagni che stanno lavorando per la creazione di un Fronte politico costituzionale

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MANFRINA EUROPEA di Leonardo Mazzei

L’Eurogruppo di ieri è fallito, ma domani ce ne s a r à u n a l t r o . F i n o a q u a n d o continuerà questa manfrina proprio n o n s i s a . D a questi vertici, che vanno avanti da settimane, è uscita solo una fotografia: quella di un’Unione europea che più disunita non si potrebbe.

Eppure il tempo stringe. La catastrofe economica non è alle porte, è già tra noi. Il caso dell’Italia è emblematico. Lo Stato dovrà spendere in abbondanza, ben più di quanto finora annunciato, ma il governo non sa bene con quali soldi potrà farlo. Un autentico vicolo cieco, come ci è già capitato di scrivere.

Ridotta all’osso la questione è semplice. Per uscire dall’emergenza e salvare l’economia nazionale serviranno centinaia di miliardi. Ma l’Italia non controlla né la moneta, né il debito. Non può emettere moneta senza arrivare in brevissimo tempo all’uscita dall’euro, non può emettere debito senza dover foraggiare oltremodo i pescecani della finanza.

Il governo italiano, non volendo intraprendere la strada dell’uscita dalla gabbia eurista, l’unica che consentirebbe un credibile (per quanto duro) percorso di fuoriuscita dalla crisi, sta provando a dimenarsi nei palazzi del potere

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europeo. Per ora con risultati pari a zero.

Il blocco del nord – sempre capitanato dalla Germania, con l’Olanda in funzione di battistrada – non ha nessuna intenzione di cambiare le regole del mostro eurista. Regole che impediscono ogni forma di condivisione del debito. Che è proprio quel che chiedono i paesi mediterranei, ed in particolare Italia, Spagna e Francia.

Piuttosto che una soluzione, dal cappello dei prestigiatori di Bruxelles sono finora uscite tre trovate che assomigliano ad altrettante prese in giro. Si tratta del Mes, della Bei e del Sure. Utilizzare ognuno di questi tre strumenti sarebbe come prendere soldi in prestito, peraltro (soprattutto nel caso del Mes) a condizioni molto pesanti. Ma anche a voler prescindere da tutto ciò, anche se l’Italia si inginocchiasse ai voleri di Berlino, i soldi sarebbero comunque troppo pochi. Dal Mes potrebbero arrivare al massimo 36 miliardi in totale, dal Sure (un fondo proposto dalla Commissione per coprire i costi della disoccupazione) poco più di un miliardo all’anno, mentre la Bei (Banca Europea degli Investimenti) potrebbe fare prestiti alle aziende italiane solo per una ventina di miliardi.

Insomma, una miseria. Non solo i nordici hanno detto di no, per l’ennesima volta, agli eurobond. Essi hanno bloccato anche l’iniziativa francese (appoggiata dall’Italia) per l’istituzione di un fondo ad hoc per affrontare l’emergenza causata dal coronavirus. Chiaro come, in queste condizioni, anche un governo euro-servo come quello presieduto da Conte non abbia potuto accogliere il pacco preparatogli dal blocco tedesco, con il pieno appoggio della Von der Leyen.

Ci avviciniamo così al momento della verità.

Finora la linea italiana è stata quella di provare ad addolcire la Germania, confidando anche sulla momentanea alleanza con Parigi. Quale sarà la prossima mossa, ora che questa possibilità si sta dimostrando solo una pia illusione?

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Dopo il veto posto dall’Olanda (niente utilizzo senza i vincoli previsti), ritornare sul Mes sembrerebbe impossibile.

Ma quel che resta è perfino ridicolo. Non è da escludere, perciò, che qualche ulteriore trovata venga messa in campo nei prossimi giorni. Nulla però in grado di cambiare davvero i termini della questione. Ma un accordicchio alla bell’e e meglio, fatto giusto per provare a tenere in piedi la baracca, non risolverebbe all’Italia alcun problema. Anzi.

Davanti allo scenario di una crisi drammatica come quella che si prospetta, solo la via dell’Italexit renderebbe possibile l’adozione delle misure economiche e sociali necessarie. Ma qui stiamo parlando di gente come Conte, Gualtieri, Mattarella, Draghi. Personaggi che tutto faranno, ma non il passo decisivo verso la riconquista della sovranità.

Come pensano costoro di venir fuori dal vicolo cieco in cui hanno portato l’Italia? Chi vivrà vedrà, ma la mia impressione è che dopo l’illusione tedesca andrà in scena il sogno di una Bce di fatto acquirente di ultima istanza del debito italiano (e di altri paesi).

Lo schema sarebbe semplice. Lo Stato (come suggerito anche da Draghi) emette tutta la quantità di debito necessario; la Bce – sia direttamente, sia tramite il finanziamento alle banche italiane – lo compra, evitando così l’esplosione dello spread.

Che questo schema sia realizzabile, che i nordici chiudano un occhio lasciando fare a Lagarde, noi ne dubitiamo assai. Ma anche se si realizzasse, più che un sogno (come molti pensano) sarebbe un incubo.

Un incubo politico, perché ci legherebbe ancora di più al cappio europeo. Un incubo economico, perché di quel debito ci verrebbe comunque richiesta la restituzione. Un incubo sociale perché, giusto il tempo di uscire dall’emergenza coronavirus, e già saremmo ad una nuova stagione dell’austerità. Molto più dura di quelle del passato.

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La conclusione è dunque lampante. Solo l’uscita dalla gabbia europea può alimentare la speranza della rinascita del nostro Paese. La natura dell’UE, nata per inverare il sogno perfetto dell’èlite liberista, è del tutto antisociale. L’Unione è dunque irriformabile, come le vicende di cui ci siamo occupati in questo articolo dimostrano in abbondanza. E’ fuori da essa, perciò, che va costruito il futuro. Anche perché rimanerne agganciati sarebbe mortale.

La situazione che viviamo è drammatica per diversi aspetti, ma ha almeno il merito di rendere chiara qual è la vera alternativa. Stavolta nessuna furberia, nessun rinvio, ci salverà.

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