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RESPONSABILITÀ SOCIALE D IMPRESA

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Academic year: 2022

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D’IMPRESA

CONSIGLI PER UNA STRATEGIA

CSR DI SUCCESSO

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sociale d’impresa (CSR, Corporate Social Responsibility) nasce innanzitutto dall’esigenza di riconoscere il ruolo che ciascuna impresa svolge non solo nel contesto pubblico, ma anche nella vita dei suoi collaboratori, clienti e partner. Forse si tratta soprattutto di dare un senso alla propria esistenza: accettare e promuovere l’influenza positiva che un’impresa può avere sul futuro del mondo!

Rispetto al cambiamento climatico, le imprese hanno ben chiaro quale sia il loro ruolo.

Dalle loro attività dipende in larga misura la nostra capacità collettiva di regolare il clima e di mantenere l’incremento della temperatura media al di sotto della soglia critica di 1,5 °C fissata dall’Accordo di Parigi. Ma al di là di questa sfida colossale, la posta in gioco è ben più articolata: inclusione, parità di genere, acquisti etici e responsabili... tutto è legato alla gestione d’impresa e alla CSR. Le imprese sono fautrici di progresso, ma anche di realizzazione personale e benessere collettivo. Favoriscono sia l’impegno sia le prestazioni.

Un’impresa non sarà mai solo un semplice bilancio contabile. Un’impresa è composta da donne e uomini che mettono il loro lavoro e il loro talento a servizio di un progetto che li unisce e che fa il loro bene. Finché un’impresa mantiene questa promessa, allora agisce concretamente per creare un mondo migliore.

Manutan ha maturato questa convinzione e desidera condividerla con voi attraverso questo whitepaper.

Buona lettura!

Il team Manutan

P. 3 ... Per imprese più inclusive

P. 5 ... Acquisti e sviluppo sostenibile:

verso un nuovo equilibrio fra domanda e offerta

P. 7 ... Acquisti responsabili:

verso nuove relazioni con i fornitori

P. 9 ... Quando la CSR fidelizza il cliente

P. 10 ... CSR, condizione per attrarre talenti

P. 12 ... Panoramica dei marchi CSR attualmente in vigore

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PER IMPRESE PIÙ INCLUSIVE

L’inclusione è il fulcro della politica CSR delle imprese. Dimostrando di essere in grado di integrare tutti i talenti, le imprese più inclusive sono anche quelle che ottengono i risultati migliori.

In Europa, il tasso di occupazione delle persone con disabilità è solo del 59,5%, contro l’81,9% delle persone normodotate. Allo stesso tempo, la disparità di retribuzione fra uomini e donne si aggira attorno al 15%, con forti differenze da Paese a Paese, dal 3% in Romania fino al 20,9% in Germania, per arrivare fino al 22,7% dell’Estonia1.

MARGINI DI MIGLIORAMENTO PER LA PARITÀ DI GENERE

Al di là della questione delle retribuzioni, la scarsa presenza di donne ai livelli direttivi delle imprese resta una questione aperta.

Prendendo l’esempio dell’Unione Europea, solo una posizione di quadro ogni tre è attualmente occupata da una donna. La quota di donne nei consigli di amministrazione non supera il 27%.

Questa situazione è ancor più rilevante se si pensa che, secondo il palmarès 2020 dell’osservatorio Women Equity, le imprese dirette da donne registrano una crescita media annuale del 30%.

INCLUSIONE

E AMBIENTE DI LAVORO

Per favorire l’integrazione professionale di tutti i profili, e poiché la difficoltà ad accettare le differenze resta connaturata nella natura umana, le politiche delle risorse umane rappresentano le punte di diamante dell’inclusione. Tali politiche devono essere in grado di rispondere alla necessità delle aziende di tenere in maggior conto l’individualità di ciascuna persona che lavora per loro.

L’obiettivo è creare un ambiente di lavoro in cui i risultati complessivi dell’organizzazione nascano dalla diversità dei suoi addetti e dal senso che ognuno trova nel proprio lavoro. È così che si creeranno le condizioni di pieno impegno e coinvolgimento di tutti nell’impresa e, quindi, le condizioni per l’inclusione. Per raggiungere questo obiettivo, è essenziale che ciascun collaboratore si senta utile e riconosciuto nella sua individualità. Si tratta di una conditio sine qua non per la buona qualità della vita lavorativa.

La gestione inclusiva si fonda quindi su due pilastri: lo spirito di apertura e lo spirito di squadra. Il primo volano per la diffusione di questo spirito nell’azienda sono i manager di prossimità, ingranaggio chiave nel meccanismo dell’inclusione. A tal proposito, aprire questi ruoli di responsabilità a un numero maggiore di donne, di persone con disabilità o di persone appartenenti a minoranze, non è evidentemente una scelta neutrale. Il loro compito sarà quello di favorire l’interazione fra i collaboratori, evitare la creazione di “compartimenti stagni” e aiutare le nuove idee ad emergere.

1https://www.europarl.europa.eu/news/en/headlines/

society/20200227STO73519/gender-pay-gap-in-europe-facts- and-figures-infographic

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PIÙ INCLUSIONE PER RISULTATI MIGLIORI

Nel suo studio annuale dedicato all’inclusione, la società di consulenza Deloitte scrive che “le imprese che praticano una politica inclusiva generano fino al 30% di fatturato in più per ogni dipendente e una redditività superiore a quella dei concorrenti2”.

Sempre secondo Deloitte, le organizzazioni più inclusive hanno:

2 volte più possibilità di raggiungere o superare i loro obiettivi finanziari;

3 volte più possibilità di raggiungere alti livelli di prestazioni;

6 volte più possibilità di essere innovative e agili;

8 volte più possibilità di ottenere migliori risultati commerciali.

INCLUSIONE E DISABILITÀ

Come sottolinea Marie Donzel, consulente indipendente specializzata in inclusione e innovazione sociale, “l’inclusione consiste innanzitutto nel rimettere in discussione le norme consolidate”. Si tratta, né più né meno, di riesaminare a fondo ciò che è normale e ciò che non lo è. Ad esempio, privarsi delle competenze di una persona molto qualificata solo perché si sposta su una sedia a rotelle non è normale né positivo per i risultati dell’azienda.

Approfittare di questa fase per dare una nuova dimensione al lavoro a distanza di persone con mobilità ridotta può rappresentare un potente fattore di inclusione.

Nel novembre 2019, oltre 100 grandi aziende francesi hanno sottoscritto il “manifesto dell’inclusione”.

I firmatari hanno preso 10 grandi impegni, fra cui garantire ai giovani con disabilità un migliore inserimento nel mondo del lavoro tramite stage e contratti di apprendistato, ma anche sensibilizzare i collaboratori verso la disabilità e sviluppare una cultura manageriale della diversità.

INCLUSIONE E RECLUTAMENTO

L’inclusione, che va ben oltre la sola questione della disabilità, deve essere considerata molto a monte, già a partire dal processo di selezione e assunzione dei collaboratori. L’obiettivo è triplice:

affrancarsi dai profili abituali per aprirsi a profili più atipici;

guardarsi in faccia e valutare le situazioni per individuare le competenze;

ricercare un potenziale inclusivo nei candidati.

Abbandonando gli stereotipi, le imprese favoriscono anche l’attrattività del loro marchio come datori di lavoro. Questo spirito di apertura incoraggia spesso i migliori talenti a entrare in azienda e a impegnarsi al suo fianco. Le aziende più grandi del mondo hanno compreso bene questo concetto, in occasione del G7 svoltosi a Biarritz nell’agosto 2019, dove 34 grandi gruppi mondiali hanno lanciato un’iniziativa su larga scala intitolata “Business for inclusive Growth”, convinti che la loro crescita debba ormai passare dall’inclusione.

2Repair and reshape, creating a better normal, 2020 global impact report, Deloitte.

3The Diversity and Inclusion Revolution, Deloitte, 2018.

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ACQUISTI E SVILUPPO SOSTENIBILE:

VERSO UN NUOVO EQUILIBRIO FRA DOMANDA E OFFERTA

La preoccupazione per l’ambiente e il cambiamento climatico ridefiniscono le regole del commercio. Mentre i criteri CSR sono sempre più presenti nelle richieste di offerte, i consumatori sono a loro volta alla ricerca di soluzioni per consumare meglio. Questa evoluzione ridefinisce la legge della domanda e dell’offerta su nuove basi etiche e ambientali.

Il 90% dei consumatori europei si aspetta oggi che i marchi si impegnino in modo risoluto a favore dello sviluppo sostenibile4. Vogliono avere a disposizione prodotti meno energivori, che durano più a lungo e vengono fabbricati in modo più etico. In poche parole, il consumatore si aspetta ormai che i marchi lo aiutino a consumare meglio e a sprecare meno. D’altronde, più della metà dei consumatori (56%) sarebbe già disposta a pagare di più per un prodotto più durevole ed ecologico5.

QUANDO L’OFFERTA SI ADATTA ALLA DOMANDA

Oggi più che mai, quindi, le imprese sono inclini a rispondere alle attese dei consumatori in materia di sviluppo sostenibile. Con un’opinione pubblica sempre più preoccupata per le problematiche ambientali e le sfide climatiche, e sempre più attenta alla responsabilità sociale delle imprese, l’atteggiamento dei consumatori si evolve di conseguenza, al punto che:

Per contro, il 69% dei consumatori avrebbe oggi difficoltà a stabilire se i marchi sviluppino o meno pratiche compatibili con il rispetto dell’ambiente e la tutela del clima. Questa constatazione suggerisce che le imprese si devono mostrare sempre più volenterose nelle loro politiche CSR e ambientali, ma anche aumentare la loro capacità di pubblicizzare tali politiche.

il 63% delle imprese ritiene che le loro azioni a favore dello sviluppo sostenibile e le loro iniziative CSR siano dettate direttamente dal cliente;

il 58% delle imprese considera la soddisfazione del cliente il principale indicatore per misurare il ritorno sull’investimento del loro impegno CSR e ambientale;

l’83% delle imprese considera lo sviluppo sostenibile come un’opportunità commerciale da sfruttare6.

4La consommation raisonnée en Europe, groupe Oney/OpinionWay, febbraio 2020.

5Sustainability reshapes the business landscape for good, Smurfit Kapp, maggio 2020

6Sustainability reshapes the business landscape for good, Smurfit Kappa, 2020.

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L’INFLUENZA DEI MILLENNIAL

Alla fine del 2019, un sondaggio effettuato da Ipsos MORI/Amnesty International in 22 Paesi su 10.000 giovani fra i 18 e i 25 anni ha rivelato che il cambiamento climatico era la loro preoccupazione maggiore8.

Questa generazione mostra anche esigenze elevate in termini di norme etiche, ambientali e sociali. Ora che stanno entrando nel mondo del lavoro, questi giovani diventano consumatori e lavoratori attivi, influenzando in modo decisivo il funzionamento delle imprese che li accolgono o che vendono loro prodotti.

La capacità delle imprese di integrare queste aspettative nei loro ambiti d’azione sarà determinante per la solidità del rapporto che essere riusciranno a creare non solo con il consumatore, ma anche con i loro collaboratori. Di fatto, l’equilibro fra domanda e offerta, che riguarda i consumi propriamente detti o, per estensione, il mercato del lavoro, dipende sempre meno da criteri strettamente finanziari e sempre più da una dimensione globale che rimanda al ruolo generale che l’impresa si propone di svolgere nel destino collettivo delle nostre società.

Ormai non si acquista più un prodotto solamente perché offre un buon rapporto qualità/prezzo, ma anche perché è riciclabile, perché assicura la neutralità carbonica e perché le sue condizioni di fabbricazione rispettano un certo numero di criteri etici. Non si sceglie più di lavorare per questa o quella impresa perché offre buone prospettive di carriera e uno stipendio allettante, ma anche perché dichiara obiettivi CSR ambiziosi.

VERSO UNA NUOVA CRESCITA?

L’evoluzione di domanda e offerta si traduce anche in nuove prospettive di crescita. Secondo il rapporto Better Business, Better World della commissione delle imprese e dello sviluppo sostenibile lanciata al Forum di Davos nel 2016, la realizzazione dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (OSS) genererebbe nuove opportunità commerciali per un valore di 12.000 miliardi di dollari e potrebbe creare 380 milioni di posti di lavoro. Queste stime si basano su quattro settori:

agro-alimentare, urbanistica, energia e materiali, salute e benessere.

I 17 OBIETTIVI DI SVILUPPO SOSTENIBILE DELL’ONU

Nel 2015 l’ONU ha definito 17 obiettivi di sviluppo sostenibile da realizzare entro il 2030. Ciascuno di questi obiettivi riguarda, più o meno direttamente, la responsabilità sociale d’impresa. I 17 obiettivi sono i seguenti:

2. 1.

3. 4.

5.

Sconfiggere la povertà Sconfiggere la fame Salute e benessere Istruzione di qualità Parità di genere

6. 7.

8. 9.

10. 11.

12. 13.

14. 15.

16. 17.

Acqua pulita e servizi igienico-sanitari Energia pulita e accessibile

Lavoro dignitoso e crescita economica Imprese, innovazione e infrastrutture Ridurre le disuguaglianze

Città e comunità sostenibili

Consumo e produzione responsabili Lotta contro il cambiamento climatico La vita sott’acqua

La vita sulla terra

Pace, giustizia e istituzioni solide Partnership per gli obiettivi

Un altro studio, condotto a novembre 2020 dalla società svedese Material Economics e dedicato a

“l’economia circolare e la ripresa post-Covid”, stima che un cambio di rotta più deciso verso l’economia circolare potrebbe generare fino a 535 miliardi di dollari di risparmi ogni anno fino al 20307. Naturalmente a condizione che l’offerta sia adeguata alla domanda.

7The circular economy and covid-19 recovery, How pursuing a circular future for Europe fit with recovery from the economic crisis, Material Economics, ottobre 2020.

8https://www.amnesty.org/en/latest/news/2019/12/climate-change-ranks-highest-as-vital-issue-of-our-time/

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ACQUISTI RESPONSABILI:

VERSO NUOVE RELAZIONI CON I FORNITORI

Gli acquisti responsabili puntano a promuovere nuove modalità di relazioni con i fornitori, in armonia con la politica CSR dell’impresa.

Gli acquisti responsabili sono regolati da una specifica norma ISO! Creata nel 2017 come integrazione alla norma internazionale ISO 26000, dedicata alla responsabilità sociale delle imprese, la norma ISO 20400 ruota attorno a una doppia sfida:

1.

2.

certificare l’implementazione di una politica di acquisti responsabili;

incoraggiare le imprese e le organizza- zioni di tutte le dimensioni, nel settore pubblico come in quello privato, a impegnare tutti i loro fornitori oltre quelli di primo livello in un’iniziativa analoga.

Le imprese interessate a migliorare le loro attività CSR attraverso un’iniziativa di acquisti responsabili non possono raggiungere tale obiettivo senza tenere conto di tutti gli attori della loro supply chain.

Attraverso queste norme, le imprese sono incoraggiate a far evolvere le relazioni che intrattengono con i loro fornitori.

L’obiettivo espressamente dichiarato è favorire lo sviluppo di rapporti di partnership fra ordinante e fornitore, con un approccio win/win e nel segno dello sviluppo sostenibile, dell’etica e della tutela dell’ambiente.

VERSO UN NUOVO MONITORAGGIO DEI FORNITORI

Oggi la sfida non è più solamente permettere agli acquirenti di basare le loro decisioni di acquisto sul solo criterio del prezzo e della disponibilità del prodotto, ma su tutto l’insieme dei costi del ciclo di vita. Conviene dunque tenere conto dei costi di utilizzo, di acquisto e di dismissione (fine vita), al fine di determinare il costo totale di gestione o TCO (Total Cost of Ownership), che comprende, oltre ai rischi e benefici per l’impresa, l’impatto ambientale e sociale delle condizioni di fabbricazione e di utilizzo del prodotto in questione. Sono quattro le tematiche principali che definiscono il monitoraggio CSR dei fornitori:

la gestione ambientale dell’insieme dei processi di progettazione e di fabbricazione dei prodotti;

le condizioni di lavoro, in particolare il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo, l’assenza di discriminazioni, la rinuncia al lavoro minorile e il rispetto delle norme di sicurezza;

la dimensione etica dell’attività, in particolare l’assenza di corruzione, il rispetto delle regole di concorrenza e l’adesione alle regole del marketing responsabile;

il monitoraggio allargato ai fornitori di livello 2 e 3, per verificare che le regole dell’acquisto responsabile vengano rispettate da tutti.

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DAL DOVERE DI DARE L’ESEMPIO...

Secondo uno studio recente sulle relazioni fra clienti e fornitori nell’ambito CSR9, circa la metà (49%) dei fornitori afferma che il rapporto con i loro grandi clienti è migliorato negli ultimi anni.

I fornitori si aspettano tuttavia che i loro clienti si propongano come modello esemplare conforme alle loro esigenze in materia di politica CSR.

In generale si esprime una richiesta di maggiore supporto. Nell’ottica di promuovere relazioni durature ed equilibrate, il supporto dei fornitori da parte dei loro clienti assume diverse forme:

…AL DOVERE DELLA VIGILANZA

Lo studio citato in precedenza si riferisce prevalentemente al mercato francese, ma è comunque rappresentativo dei grandi trend di sviluppo che vanno oltre le frontiere nazionali.

È stata proprio la Francia a introdurre un dovere di vigilanza nel febbraio 2017 per tutte le imprese francesi con oltre 5.000 dipendenti e tutte quelle che operano in Francia con oltre 10.000 dipendenti, ma hanno sede all’estero. Tale dovere di vigilanza punta a prevenire i rischi ambientali, ma anche quelli collegati ai diritti umani o alla corruzione e potenzialmente deleteri per l’insieme delle attività di tali aziende così come delle loro filiali, in Francia e all’estero.

Gli eurodeputati stanno valutando di seguire l’esempio francese e di estendere il dovere di vigilanza a tutte le imprese europee. L’obiettivo è sancire la responsabilità delle imprese i cui fornitori si dimostrano poco scrupolosi nel rispetto dei diritti umani, sociali e ambientali.

definizione di un piano d’azione comune fra ordinante e fornitore;

organizzazione di riunioni per la verifica del piano d’azione;

organizzazione di laboratori di formazione dedicata alla CSR;

promozione di relazioni e networking per coordinare gli sforzi in ambito CSR;

messa in pratica dell’equità finanziaria fra i fornitori;

misure di incentivazione e compensa- zione a completamento dell’integrazione delle specifiche CSR nel documento di specifiche tecniche;

supporto finanziario e/o rivalutazione del prezzo d’acquisto indicizzato all’apprez- zamento dell’intero ciclo di vita di un prodotto.

I fornitori chiedono inoltre più trasparenza da parte dei clienti. Vorrebbero ad esempio che la ponderazione dei criteri CSR venisse comunicata al momento della richiesta di offerta o che i clienti dessero maggiori riscontri alle risposte CSR presentate in fase di offerta.

9RSE : la parole aux fournisseurs, PWC, BpiFrance, ORSE, gennaio 2020

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QUANDO LA CSR

FIDELIZZA IL CLIENTE

Poiché favorisce la fiducia e il senso di appartenenza, la CSR appare oggi come uno strumento fondamentale per la fidelizzazione del cliente.

La crescente attenzione all’impatto sociale e ambientale dell’attività delle imprese contribuisce a creare un fenomeno mondiale di appartenenza che fidelizza i clienti verso le imprese maggiormente impegnate in iniziative CSR ambiziose.

CONTESTO REGOLATORIO FAVOREVOLE ALLA CSR

Dal 2014 una direttiva europea impone alle società quotate, oltre che a una parte delle società non quotate, di rendere conto della loro attività CSR. Questo tipo di misure spinge naturalmente i fondi d’investimento a concentrarsi sulle società che danno prova di massima trasparenza in questo ambito. Analogamente, gli acquirenti si mostrano ormai molto attenti agli impegni e alle certificazioni CSR dei loro fornitori, come ad esempio il Global Compact, il marchio europeo Ecolabel o la norma ISO 26000.

LA CSR CREA UN NUOVO RAPPORTO CON IL CLIENTE

Poiché la CSR costituisce ormai un vantaggio competitivo concreto, le imprese sono sempre più propense a compiere uno sforzo di innovazione in questo ambito. L’obiettivo è certamente quello di distinguersi dalla concorrenza, fidelizzare i clienti e acquisirne di nuovi. È così che nascono offerte di servizi a consumo (pay-per-use) in alternativa all’acquisto e al “possesso” di un prodotto. Mentre Michelin propone ad esempio di noleggiare gli pneumatici invece di acquistarli, Fnac-Darty ha sviluppato un’offerta per il noleggio a lungo termine di elettrodomestici, abbinata a un servizio di riparazioni e vendita di elettrodomestici ricondizionati d’occasione.

Il vantaggio è triplice: l’impresa genera un giro d’affari supplementare, fidelizza i clienti con un’offerta di noleggio a medio/lungo termine e prolunga la vita utile dei prodotti. Questo tipo di offerta innovativa consente anche di associare i clienti ai valori e all’impegno del marchio.

Le marche che dimostreranno maggiore volontà di accompagnare i clienti in questo cambiamento delle abitudini di consumo creeranno a colpo sicuro una nuova forma di fidelizzazione, basata non più sull’idea di consumare spendendo meno, ma di consumare meglio. Il consumatore diventa sempre più un attivista. 6 europei su 10 non esiterebbero a boicottare una marca per sostenere una causa che hanno a cuore11.

CSR E CONSUMO

Queste tipologie di offerte riflettono anche una profonda evoluzione da parte dei consumatori.

Ormai, 4 cittadini europei su 5 si dichiarano pronti a:

limitare gli sprechi;

privilegiare gli apparecchi elettrodomestici sostenibili;

limitare i consumi di acqua, elettricità e carburante;

evitare gli imballaggi di plastica monouso;

privilegiare i prodotti bio, locali e di stagione;

utilizzare mezzi di trasporto ecologici e alternativi;

ridurre il consumo di carne10.

CSR, SOCIAL MEDIA E FIDELIZZAZIONE

Questa minaccia non deve essere presa alla leggera, perché oggi bastano pochi clic per conoscere tutto di un prodotto, dalla sua impronta ambientale alle condizioni di fabbricazione. I marchi non hanno quindi altra scelta che giocare la carta della trasparenza. A ben vedere, il digitale ha reso la CSR ineludibile. Guai alle imprese che saranno tentate di disattendere i loro impegni: la loro reputazione sarà immediatamente messa in discussione sui social media, con conseguente perdita di follower.

10Consumption 2020, the era of activist consumers, Observatoire Cetelem -BNP Paribas

11Ibid.

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CSR, CONDIZIONE

PER ATTRARRE TALENTI

La CSR assicura una duplice attrattività alle imprese. Oltre a essere un criterio di scelta ineludibile per i clienti, lo è altrettanto per i candidati all’assunzione.

Nel 2015, un sondaggio di Yougov a livello europeo ha rilevato che almeno il 37% dei britannici e il 40%

degli olandesi lamenta la “vacuità” del proprio lavoro12. Nel 2017, un altro studio condotto in Francia ha evidenziato come trovare un senso nel proprio lavoro fosse una sfida importante per 9 dipendenti su 1013. Questo accade senza dubbio perché, come spiega David Graeber, l’antropologo americano che ha inventato l’espressione “bullshit job”, “un essere umano incapace di avere un impatto significativo sul mondo cessa di esistere”. Da questo punto di vista, la questione del “senso” ruota soprattutto attorno alla sensazione di utilità che ciascuno di noi prova quotidianamente.

Poiché la CSR concretizza l’impatto significativo sul mondo di cui parla Graeber, le imprese capaci di perseguire obiettivi CSR ambizioni danno un senso alla loro organizzazione, al di là dei risultati strettamente finanziari e commerciali. Agire a beneficio del clima o dell’inclusione, partecipare attivamente alla vita economica di un territorio, adoperarsi per il bene comune genera una forza d’attrazione innegabile e rappresenta un fattore d’impegno imprescindibile per i dipendenti.

CSR, SENSO AL LAVORO E CULTURA D’IMPRESA

Dare un senso significa anche definire un posizionamento, dei valori e un messaggio. In poche parole, significa dotare l’impresa di una vera ragion d’essere e di una cultura unica, che la distingua dalla concorrenza. In ultima analisi si tratta di creare un ambiente propizio all’incontro fra l’impresa e profili specifici, potenzialmente compatibili con i valori promossi dall’azienda.

L’integrazione e l’impegno dei nuovi collaboratori saranno così notevolmente facilitati. Vale anche il principio opposto. Un candidato molto qualificato, ma che si dimostra ad esempio poco preoccupato dalle sfide climatiche, non sarà certamente il tipo di profilo da privilegiare per un’impresa desiderosa di raggiungere la neutralità carbonica entro un tempo ragionevole.

12https://yougov.co.uk/topics/lifestyle/articles-reports/2015/08/12/british-jobs-meaningless

13Sens au travail ou sens interdit, Deloitte, 2017

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CSR E RAGION D’ESSERE, VERSO LA “SOCIETÀ BENEFIT”

Conosciute come Benefit Corporation negli Stati Uniti, Società Benefit in Italia, Community Interest Companies in Gran Bretagna e Entreprise à mission in Francia, sempre più imprese affiancano ai loro obiettivi commerciali una missione di interesse generale.

“ENTREPRISE À MISSION”: L’ESEMPIO FRANCESE

In Francia, lo statuto delle “entreprise à mission” (corrispondenti alle Società Benefit in Italia) esiste dal 2019 ed è definito per legge in base alla crescita e alla trasformazione delle imprese, specificamente con la legge Pacte. Questo nuovo statuto vuole dare un inquadramento giuridico agli impegni CSR delle imprese. L’obiettivo è formalizzare meglio l’articolazione fra l’imperativo economico e le prestazioni dell’impresa, che comprendono la valutazione dell’impatto sociale e ambientale. Tale impatto spinge le aziende a definire la loro ragion d’essere, alla quale si aggiungono, laddove applicabili, uno o più obiettivi sociali e ambientali che l’azienda in questione si pone come missione da perseguire nel contesto della sua attività. L’obiettivo è conciliare la ricerca del risultato economico con il contributo all’interesse generale.

Complessivamente, al 1° marzo 2021, 145 imprese francesi avevano adottato lo statuto di società benefit, 57 in più rispetto a dicembre 2020. Fra queste spiccano:

14Premier portrait de sociétés à mission, Observatoire des sociétés à mission, gennaio 2021.

L’entusiasmo è tale che, secondo l’osservatorio delle “entreprise à mission”, entro il 2025 il numero salirà a 10.00014.

le compagnie di assicurazione e gruppi previdenziali Camif, MACIF, Axa, Malakoff Humanis, Allianz;

il gruppo cosmetico Yves Rocher;

il gruppo agroalimentare Danone e la catena di grande distribuzione Carrefour;

il gruppo editoriale Les Échos - Parisien;

le banche Boursorama e Crédit Agricole;

le società di consulenza Accenture e Capgemini;

il gruppo La Poste;

il gruppo Veolia;

il gruppo Michelin;

le ferrovie SNCF;

e altri.

(12)

PANORAMICA DEI MARCHI CSR ATTUALMENTE IN VIGORE

Vi proponiamo una panoramica delle principali marchi CRS (Label) che è opportuno conoscere.

ECOLABEL EUROPEO

Creato nel 1992, Ecolabel è l’unico marchio ecologico ufficiale europeo utilizzabile in tutti i Paesi membri dell’Unione Europea. Il marchio certifica che il prodotto risponde a specifiche precise che ne garantiscono l’eco-compatibilità dalla produzione allo smaltimento.

CERTIFICAZIONI FORESTALI

Dal 1993 il marchio Forest Stewardship Council (FSC) garantisce che il legno utilizzato per fabbricare un prodotto provenga da una gestione sostenibile, socialmente benefica ed economicamente praticabile di boschi e foreste.

Anche la certificazione PEFC (Programma di valutazione degli schemi di certificazione forestale), nata nel 1999, garantisce che il legno utilizzato per la fabbricazione di determinati prodotti provenga da una gestione forestale sostenibile.

I MARCHI DEL RICICLO

Senza dubbio il più conosciuto e antico fra tutti gli Ecolabel, il famoso nastro di Möbius è dal 1970 il logo universale di tutti i materiali riciclabili.

La percentuale aggiunta all’interno del nastro di Möbius indica la quota di materiale riciclato utilizzato per fabbricare il prodotto.

Il marchio degli imballaggi plastici certifica che l’imballaggio è composto da plastica riciclabile. Generalmente è accompagnato a un numero e alcune lettere. 1 PET indica ad esempio il polietilene tereftalato utilizzato per produrre le bottiglie per bevande gassate.

Il marchio Substainable Cleaning certifica l’impatto ridotto del prodotto sull’ambiente e la riciclabilità del suo imballaggio.

Garantisce inoltre che le condizioni di fabbricazione del lavoro siano conformi alle regole per la sicurezza sul lavoro.

MARCHI PER PRODOTTI D’INTRATTENIMENTO

Il marchio Ecocert garantisce che la produzione avvenga in condizioni rispettose dell’ambiente (ingredienti di origine naturale, provenienti da agricoltura biologica e biodegradabile).

MARCHI SPECIFICI PER GLI IMBALLAGGI

il marchio OK compost certifica che i prodotti sono biodegradabili e compostabili in un sito industriale di compostaggio.

I MARCHI PER LA CARTA

Il marchio APUR certifica l’utilizzo di carta riciclata, garantendo una percentuale di fibre riciclate fra il 50% e il 100%.

Come suggerisce il nome, il marchio Paper by Nature si riferisce alle pratiche ecologiche e responsabili nell’industria cartaria.

Spesso associato al marchio OK compost, questo marchio di origine tedesca garantisce che il prodotto sia biodegradabile al 90%.

GOTS (Global Organic Textile Standard) : conferito dall’ente di certificazione Ecocert, questo marchio si applica anche ai tessili biologici.

MARCHI PER TESSILI

Oeko-Tex: questo marchio ecologico e sanitario applicato a tessili e pellame garantisce che il prodotto finito non contenga alcuna sostanza tossica e che sia fabbricato in modo sostenibile.

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MARCHI NF

Conferito da AFNOR Certification, il marchio NF Environnement riguarda la certificazione ecologica francese. Garantisce un impatto ecologico minore a fronte di una qualità di utilizzo soddisfacente rispetto ad altri prodotti e servizi simili presenti sul mercato.

Il marchio si applica a tutti i tipi di prodotti, inclusi i mobili per uffici o gli arredi tecnici.

NF è principalmente un marchio francese, che certifica la qualità di un prodotto e si declina in diverse sottocategorie.

NF Collectivité: dedicato alle comunità, questo marchio attesta che i prodotti interessati rispondono alle norme di sicurezza e di qualità vigenti. Si applica ai prodotti destinati all’accoglienza, all’ospitalità e alla ristorazione in strutture collettive.

NF Éducation è dedicato ai prodotti destinati al mondo dell’istruzione.

NF Mobilier technique si applica agli arredi e ai prodotti destinati a utilizzi tecnici.

ALTRI MARCHI CSR DA CONOSCERE

Oltre questi marchi principali, esistono molti altri marchi e certificazioni che attestano il valore ecologico e sociale di prodotti messi in commercio. Fra gli altri marchi che è utile conoscere, ricordiamo:

C2C (Cradle to Cradle15): dal 2002, questa certificazione internazionale si applica ai prodotti che nascono dall’economia circolare.

Nature et Progrès: questo marchio certifica che i prodotti sui quali viene applicato sono stati concepiti in condizioni rispettose dell’ambiente e della biodiversità.

UTZ Certified: specifico per prodotti alimentari (tè, caffè, cacao, olio di palma), questo marchio garantisce che le coltivazioni e i raccolti avvengano in condizioni di lavoro soddisfacenti e con un impatto limitato sull’ambiente.

OEC (Office Excellence Certifié): questo marchio di qualità certifica che i prodotti rispondano a precise norme di sicurezza.

Attesta inoltre che le condizioni di fabbricazione siano in linea con gli sviluppi sociali e le nuove pratiche della gestione d’impresa. Si applica ai prodotti di consumo.

Energy Star: creato nel 1992, questo marchio di origine nordamericana certifica il rispetto delle norme ambientali negli apparecchi elettrici.

TCO Certified: nato in Svezia e destinato alle apparecchiature multimediali e di comunicazione, questo marchio certifica l’impatto ambientale ridotto del prodotto.

Si tratta di un marchio che ha anche una valenza sociale, poiché attesta le condizioni di lavoro durante la produzione.

Blaueur Engel (Angelo Azzurro): nato in Germania nel 1977, l’Angelo Azzurro è il marchio ecologico più antico al mondo. Il marchio garantisce che i prodotti/servizi siano rispettosi dell’ambiente.

Label GS: anch’essa di origine tedesca, GS è una norma di qualità per i prodotti dell’industria manifatturiera.

Nature plus: questo marchio certifica che i prodotti rispondano a criteri di fascia alta dal punto di vista della salute, dell’ambiente e dell’efficacia funzionale. Attesta inoltre che le condizioni di fabbricazione rispettino rigorosi criteri sociali.

Nordic Swan (Cigno Bianco): assegnato a partire dal 1989 per un periodo di tre anni, il Cigno Bianco è l’Ecolabel dei Paesi scandinavi.

15Dalla culla alla culla

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esigenze dei clienti, supportandoli nell’ottimizzazione degli acquisti indiretti. Con 26 filiali in 17 Paesi europei, il Gruppo conta oltre 2.100 addetti e un giro d’affari di 780 milioni di Euro nell’esercizio 2019-20. Manutan France e Ironmongery- Direct sono state riconosciute come Best Workplaces 2020 da Great Place to Work.

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