• Non ci sono risultati.

Progettare per competenze il curricolo di scuola Approfondimenti e documenti 3 Le discipline e i saperi essenziali

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Progettare per competenze il curricolo di scuola Approfondimenti e documenti 3 Le discipline e i saperi essenziali"

Copied!
28
0
0

Testo completo

(1)

ACERRA

Anno scolastico 2016/2017

PROGETTO

di formazione in servizio e di sperimentazione

“Progettare per competenze il curricolo di scuola”

Approfondimenti e documenti 3

Le discipline e i saperi essenziali

Sommario

A. ISTITUTI TECNICI LINEE GUIDA PER IL PASSAGGIO AL NUOVO ORDINAMENTO (d.P.R.

15 marzo 2010, articolo 8, comma 3) ... 2

1. 5. Progettare e valutare per competenze ... 2

B. CAPACITÀ – COMPETENZE – ABILITÀ – CONOSCENZE – OBIETTIVI ... 5

2. I termini ... 5

3. Lo schema delle relazioni ... 7

4. Gli obiettivi formativi e di apprendimento ... 7

5. Le relazioni tra obiettivi e competenze ... 8

6. Le relazioni tra obiettivi, conoscenze ed abilità ... 8

C. PER LA FORMULAZIONE DEGLI OBIETTIVI RELATIVI AD APPRENDIMENTI ... 10

D. APPRENDIMENTO FORMALE, NON FORMALE E INFORMALE ... 12

E. I contenuti essenziali per la formazione di base ... 16

30 maggio e 6 giugno 2017

(2)

A. ISTITUTI TECNICI LINEE GUIDA PER IL PASSAGGIO AL NUOVO ORDINAMENTO (d.P.R. 15 marzo 2010, articolo 8, comma 3)

1. 5. Progettare e valutare per competenze

1.5.1 Insegnare per sviluppare competenze

L‟impianto del sistema degli Istituti Tecnici è diretto alla promozione di un insieme di competenze descritte nel profilo educativo, culturale e professionale sia generale, sia relativo ai singoli indirizzi. Per quanto riguarda il biennio iniziale, vengono assunte per la parte comune le competenze incluse nell‟impianto normativo riferibile all‟obbligo di istruzione. Tale quadro di riferimento sollecita la progettazione e l‟attuazione progressiva di una coerente pratica didattica. A questo fine vengono proposti alcuni criteri di riferimento, in particolare per quanto riguarda il primo biennio.

La normativa relativa all‟obbligo di istruzione elenca otto competenze chiave di cittadinanza e quattro assi culturali a cui fare riferimento nell‟impostare l‟attività formativa del primo biennio del secondo ciclo. Dal momento che l‟impianto europeo relativo alle competenze chiave da sviluppare lungo tutto l‟arco della vita le definisce come “la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale”, precisando che esse “sono descritte in termine di responsabilità e autonomia”, esse debbono essere collegate alle risorse interne (conoscenze, abilità, altre qualità personali) che ne sono a fondamento. Di conseguenza anche la loro valutazione implica, secondo un‟efficace formula, “accertare non ciò che lo studente sa, ma ciò che sa fare consapevolmente con ciò che sa”.

Sono di seguito presentate alcune considerazioni che possono orientare i docenti ad insegnare per sviluppare competenze:

a. una competenza sia generale, sia di studio, sia di lavoro si sviluppa in un contesto nel quale lo studente è coinvolto, personalmente o collettivamente, nell‟affrontare situazioni, nel portare a termine compiti, nel realizzare prodotti, nel risolvere problemi, che implicano l‟attivazione e il coordinamento operativo di quanto sa, sa fare, sa essere o sa collaborare con gli altri. Ciò vale sia nel caso delle competenze legate allo sviluppo della padronanza della lingua italiana, della lingua straniera, della matematica e delle scienze, sia alla progressiva padronanza delle tecnologie e tecniche di progettazione, realizzazione e controllo di qualità nel settore di produzione di beni e/o servizi caratterizzanti il proprio

(3)

“Progettare per competenze il curricolo di scuola”

3

indirizzo, sia per quanto riguarda quelle che, nel documento sull‟obbligo di istruzione, sono chiamate competenze di cittadinanza. Un ruolo centrale, come risulta dalla stessa definizione europea di competenza, è svolto dalla qualità della conoscenze e delle abilità sviluppate nei vari ambiti di studio.

Esse infatti devono essere non solo acquisite a un buon livello di comprensione e di stabilità ma devono anche rimanere aperte a una loro mobilizzazione e valorizzazione nel contesto di ogni attività di studio, di lavoro o di una vita sociale;

b. la progettazione di un‟attività formativa diretta allo sviluppo di competenze dunque non può non tener conto della necessità che le conoscenze fondamentali da questa implicate siano acquisite in maniera significativa, cioè comprese e padroneggiate in modo adeguato, che le abilità richieste siano disponibili a un livello confacente di correttezza e di consapevolezza di quando e come utilizzarle, che si sostenga il desiderio di acquisire conoscenze e sviluppare abilità nell‟affrontare compiti e attività che ne esigono l‟attivazione e l‟integrazione. Per questo è necessario l‟individuazione chiara delle conoscenze e abilità fondamentali che le varie competenze implicano e del livello di profondità e padronanza da raggiungere e, dall‟altra, l‟effettuazione di un bilancio delle conoscenze, delle abilità già acquisite ed evidenziate da parte dello studente (o, eventualmente, delle competenze da lui già raggiunte). Dal confronto tra questi due riferimenti è possibile elaborare un progetto formativo coerente.

Ciò è abbastanza evidente nel caso delle competenze riferibili allo scrivere, al leggere e alla matematica, competenze che condizionano non poco lo sviluppo di qualsiasi altra competenza;

c. la consapevolezza, che tutti gli insegnanti dovrebbero raggiungere circa il ruolo degli apporti delle loro discipline allo sviluppo delle competenze intese, favorisce la presenza di un ambiente educativo nel quale studenti e docenti collaborano in tale direzione. Si tratta di promuovere una pratica formativa segnata dall‟esigenza di favorire un‟acquisizione di conoscenze e abilità del cui valore, ai fini dello sviluppo personale, culturale e professionale indicate nelle competenze finali da raggiungere, siano consapevoli sia i docenti, sia gli studenti. Ciò implica l‟uso di metodi che coinvolgono l‟attività degli studenti nell‟affrontare questioni e problemi di natura applicativa (alla propria vita, alle altre discipline, alla vita sociale e lavorativa) sia nell‟introdurre i nuclei fondamentali delle conoscenze e abilità, sia nel progressivo padroneggiarli. Un ambiente di lavoro nel quale si realizzano individualmente o collettivamente prodotti che richiedono un utilizzo intelligente di quanto studiato o sollecitano un suo approfondimento è la chiave di volta metodologica. Naturalmente nei primi due anni si tratta di prodotti non particolarmente impegnativi come sintesi scritte di testi studiati, alle quali si possono accostare riflessioni personali, esempi di

(4)

applicazioni pratiche, argomentazioni critiche o risultati di discussioni di gruppo (eventualmente in lingua straniera); ricerca di applicazioni di concetti e principi matematici e/o scientifici a casi di vita quotidiana e/o tecnici; individuazione di fondamenti concettuali che fanno da supporto a procedure e tecniche presentate nelle attività di indirizzo; l‟impostazione e la realizzazione di piccoli progetti che implichino l‟applicazione di quanto studiato; progettazione di protocolli di laboratorio o di semplici ricerche sperimentali;

d. l‟ambiente nel quale si svolgono i percorsi dovrebbe assumere sempre più le caratteristiche di un laboratorio nel quale si opera individualmente o in gruppo al fine di acquisire e controllare la qualità delle conoscenze a e abilità progressivamente affrontate, mentre se ne verifica la spendibilità nell‟affrontare esercizi e problemi sempre più impegnativi sotto la guida dei docenti. Si tratta di promuovere una metodologia di insegnamento e apprendimento di tipo laboratoriale, alla quale si potrà accostare con ancor maggior profitto l‟utilizzo delle previste attività da svolgere nei laboratori. Ad esempio, si può immaginare un laboratorio di scrittura in italiano, sostenuto dall‟uso personale e/o collettivo di tecnologie digitali, nel quale si possano anche redigere relazioni su quanto esplorato nelle scienze o nelle tecnologie, oltre che commenti alle proprie letture; un laboratorio di introduzione e di applicazione dei concetti e dei procedimenti matematici, mediante la soluzione di problemi anche ispirati allo studio parallelo delle scienze o delle tecnologie; esercitazioni nella lingua straniera, valorizzando, se ci sono, quanti ne manifestano una maggiore padronanza o mediante la lettura e/o ascolto collettivo di testi tecnici in inglese;

e. infine, occorre ribadire che nella promozione delle varie competenze previste, anche a livello di biennio iniziale, va curata con particolare attenzione l‟integrazione tra quanto sviluppato nell‟area generale, comune a tutti gli indirizzi, e quanto oggetto di insegnamento nell‟area specifica di ciascun indirizzo. In particolare nel promuovere le competenze di natura tecnica proprie di ciascun indirizzo occorre evidenziare i collegamenti esistenti con le conoscenze e le abilità introdotte negli assi matematico e scientifico-tecnologico e, viceversa, facilitare l‟applicazione dei concetti, principi e procedimenti degli assi matematico e scientifico-tecnologico alla costruzione delle competenze tecniche e tecnologiche. Questa impostazione implica una particolare cura nella progettazione didattica dei vari insegnamenti e nella loro realizzazione, cercando in primo luogo una sistematica collaborazione tra i docenti delle varie discipline coinvolte e, in secondo luogo, favorendo una costante verifica della capacità di collegamento da parte degli studenti tra quanto appreso nell‟area comune e quanto affrontato nell‟area di indirizzo e viceversa. In sede di progettazione collegiale, é molto opportuno indicare anche come ciascuna disciplina intende concorrere al raggiungimento dei risultati di

(5)

“Progettare per competenze il curricolo di scuola”

5

apprendimento comuni a tutti i percorsi (punto 2.1 dell‟allegato A) al Regolamento per gli istituti tecnici), declinandoli in termini di abilità misurabili.

Con riferimento alle indicazioni di natura metodologica sopra esposte, si suggerisce, in particolare, che i dipartimenti assumano compiti collaborativi in ordine alla progettazione, realizzazione e valutazione dei percorsi formativi anche selezionando e/o producendo materiali a supporto delle didattica e predisponendo opportuni strumenti di valutazione dei progressi dei singoli studenti. In particolare, per il primo biennio, si ritiene molto utile la costituzione di strutture dipartimentali in relazione alla progettazione e valutazione di attività di consolidamento delle competenze di padronanza della lingua italiana, della matematica e della lingua straniera, e dell‟integrazione tra gli insegnamenti che concorrono alla promozione delle competenze proprie dell‟area di indirizzo.

B. CAPACITÀ – COMPETENZE – ABILITÀ – CONOSCENZE – OBIETTIVI

Tratto da:

Ermanno Puricelli, Obiettivi formativi e competenze, Scuola e Didattica, 15 febbraio 2003, n. 11

2. I termini

1) Le capacità, che costituiscono il punto di partenza ed il presupposto del processo educativo, devono essere intese come delle pure potenzialità di natura bio-psichica inerenti, come tali, alla sfera naturale dell‟essere umano e che lo accomunano o lo differenziano da altre specie o enti (p.e. la capacità di comminare è una potenzialità dell‟essere umano ma non dei pesci) o da altri individui. Ogni essere umano è circoscritto da molteplici di capacità, alcune negative altre positive: tali sono la capacità logica, creativa, critica, espressiva, di osservazione e attenzione, operativa, sociale, morale, ecc.

All‟origine possono essere intese come qualcosa di ampio e indifferenziato che si differenzia, si specializza e si manifesta ad opera dell‟ambiente e dell‟educazione.

2) Le competenze. Se le capacità sono delle potenzialità latenti e nascoste in ognuno, le competenze altro non sono se non le capacità portate a maturazione, così come si manifestano ed estrinsecano in particolari circostanze e situazioni di vita. La funzione specifica dell‟educazione è quella di far evolvere le potenzialità di una persona in competenze. Le competenze sono fortemente marcate in senso personale e situazionale.

(6)

3) Le abilità. Il concetto di abilità può essere brevemente chiarito contrapponendolo alle conoscenze di tipo procedurali: io posso sapere come si deve fare una certa cosa, senza essere in grado di farla adeguatamente; è abile invece colui che è in grado di tradurre uno specifico sapere procedurale in azioni adeguate al conseguimento di uno scopo, non in modo casuale o occasionale ma sempre. Le abilità sono insomma quei “saper fare” che sono stati esercitati, sviluppati e codificati (differenziati, articolati, esplicitati) perché necessarie utili al vivere all‟interno di una data cultura. L‟abilità, a differenza delle competenze, è fortemente stereotipata e standardizzata.

4) Le conoscenze. Meno problematico il concetto di conoscenza: si tratta del precipitato dell‟attività teorica e pratica esercitata all‟interno di una certa civiltà o cultura. Naturalmente le conoscenze possono essere catalogate variamente: una possibile classificazione le distingue in conoscenze dichiarative, condizionali e tecnico-procedurali.

5) Gli obiettivi. Degli obiettivi si riferirà ampiamente nel seguito, trattandosi di uno degli snodi essenziali di una prospettiva applicativa. Dopo aver succintamente chiarito i diversi elementi che compongono il quadro, veniamo ora alle relazioni:

(7)

“Progettare per competenze il curricolo di scuola”

7

3. Lo schema delle relazioni

• lo schema riprende la classica ripartizione in natura, cultura e vita: la capacità sono un talento naturale; l‟educazione, in quanto attività intenzionale guidata da obiettivi, si iscrive totalmente nell‟ambito culturale; le competenze si manifestano e appartengono ai contesti reali di vita;

• il senso del nesso che lega capacità alle competenze è evidente: le capacità sono la materia prima (o meglio il seme) che opportunamente

„lavorata‟ può trasformarsi in un prodotto finito, la competenza;

• l‟attività educativa nel suo insieme, in quanto iscritta nell‟ambito culturale, non ha presa diretta né sulle capacità, che appartengono alla natura, né sulle competenze, che appartengono alla vita individuale; il compito proprio dell‟educazione è quello di favorire la trasformazione delle capacità in competenze, implementando nel processo di maturazione gli unici componenti su cui ha presa diretta: abilità e conoscenze;naturalmente l‟implementazione non può essere lasciata al caso ma è attentamente regolata dalla formulazione di obiettivi di vario tipo.

4. Gli obiettivi formativi e di apprendimento

Di ogni obiettivo possiamo dire che: “…rimane sempre un pensare comportamenti concreti che per adesso non esistono se non nel pensiero di chi se li rappresenta, docente o allievo che sia. E‟ sempre qualcosa di concettuale, di logico, simbolico, quindi: pensiero di azioni da compiere, non azioni compiute.”. Dunque, elaborare un obiettivo equivale a prospettare un‟azione da compiere o una conoscenza da acquisire, non in modo vuoto e approssimativo, ma preciso, determinato e controllabile. Per servire realmente il lavoro didattico, un obiettivo deve stare alla sua realizzazione come il progetto di una casa alla casa: ci deve cioè indicare che cosa c‟è da

(8)

fare e come. Ciò che non si conforma a questo canone non è un vero obiettivo e non risponde alle esigenze della programmazione. E‟appena il caso di notare che l‟obiettivo, in quanto “pensiero di azioni da compiere”, per aver corso ed essere utilizzato nella pratica didattica deve essere esplicitato e comunicato mediante un qualche costrutto linguistico.

Ossia, ogni Obiettivo è caratterizzato dall‟applicazione di un Processo soggettivo (fisico, mentale, ecc.) riferibile alle capacità umane ad un Oggetto riferibile ad un universo culturale. Dal punta di vista linguistico il Processo soggettivo è indicato dal verbo e l‟Oggetto da un sostantivo: per esempio,

“Saper classificare dei viventi secondo un criterio dato” oppure “Saper percorrere una distanza in un tempo definito”. E‟ ovvio che l‟algoritmo proposto, con l‟introduzione di poche e semplici regole sintattiche, può essere utilizzato come base per l‟elaborazione di costruzioni molto complesse (p.e.

obiettivi di secondo o terzo livello).

5. Le relazioni tra obiettivi e competenze

Escluso che gli obiettivi, specifici o formativi, siano relativi alle competenze nel senso che le assumono al proprio interno, resta da capire come possa essere pensata questa relazione esterna. (…) l’obiettivo si riferisce alle competenze in quanto è strumentale al loro conseguimento. Afferma Bertagna “Gli obiettivi formativi rimandando a ciò che diventano gli obiettivi specifici di apprendimento quando si contestualizzano… [cioè] gli strumenti che gli insegnanti usano per promuovere e infine certificare le competenze non degli allievi in generale, ma di quegli allievi…”. Ciò significa, peraltro, che gli obiettivi, benché conseguiti, non producono direttamente competenze, poiché non c‟è corrispondenza biunivoca tra gli obiettivi e le competenze. La competenza è sempre un tessuto di abilità e conoscenza personalizzate.

Naturalmente, in questo caso come nel precedente, se gli obiettivi individuati sono strumentali alla creazione di competenze spendibili che si esplicano in determinati compiti e situazioni di vita, è evidente che questi compiti sociali, cultuali, personali, ecc., da padroneggiare mediante le competenze, devono in qualche modo fornire la traccia per la scelta e la declinazione di propri obiettivi.

6. Le relazioni tra obiettivi, conoscenze ed abilità

Abbiamo detto che gli obiettivi stanno, con le capacità e le competenze, secondo una relazione esterna, di mezzo o strumento; ciò è quanto dire che obiettivi, le capacità e competenze non sono isomorfi : a) nessun obiettivo può assumere al proprio interno una capacità esaurendone la potenzialità di contenuto; b) nessun obiettivo può assumere al proprio interno quelle particolarità del soggetto e delle situazioni che contraddistinguono le competenze.

(9)

“Progettare per competenze il curricolo di scuola”

9

Ben diversamente stanno le cose per le abilità e le conoscenze: “ I mezzi che abbiamo a disposizione per passare dalle capacità alle competenze sono le conoscenze che incontriamo o maturiamo … e le abilità di cui ci impadroniamo e che possiamo usare.” Proprio perché abilità e conoscenze sono esse stesse il mezzo, non possono essere esterne all’obiettivo ma vengono assunte al suo interno: “Gli obiettivi specifici di apprendimento risultato dalla definizione operativa (dalla operazionalizzazione) di conoscenze (cioè di concetti disciplinari e interdisciplinari) formativi e di abilità (cioè di procedure riguardanti il saper fare qualcosa in campi disciplinari e interdisciplinari più o meno complessi…

La loro centratura è sull‟oggetto culturale, ciò che c‟è da sapere-conoscenze- e da saper fare-abilità-…). “ In altri termini, le conoscenze e le abilità sono il contenuto e la forma degli obiettivi specifici, e questi parlano sempre e solo di abilità e conoscenze. Naturalmente, la stessa cosa si potrebbe ripetere per gli obiettivi formativi che da quelli derivano. Che le cose stiano così dipende da una sorta di isomorfismo: gli obiettivi sono rappresentazioni adeguate o progetti (intenzioni, prescrizioni, ecc.) di azioni e conoscenze; le abilità e le conoscenze sono, d‟altra parte, qualcosa di adeguatamente rappresentabile e progettabile, in quanto perfettamente determinate, dominabili, riproducibili, trasferibili e direttamente promuovibili mediante opportune attività didattiche.

Possiamo mostrare meglio questo isomorfismo approfondendo il concetto di abilità.

“Si è abili… quando si traduce un sapere specifico su qualcosa in azioni adeguate a realizzare al meglio lo scopo concepito. E non quando ci si riesce una volta, per caso, ma quando si possiede il sapere sufficiente a riuscirci più volte. In questo senso è l‟azione di successo ripetuta, perché controllata e controllabile, che segnala l‟abilità” “Possedere un sapere specifico che ci consenta… di produrre secondo una sequenza tecnica, anche in serie, qualcosa di determinato… sembrano i tratti che segnalano il possesso di una abilità”. Essere abili equivale a: “… raggiungere un determinato risultato sulla base di una procedura formale, controllata scientificamente…”

Qui si coglie con evidenza che l‟abilità è un saper fare guidato da un sapere che si traduce in azioni adeguate finalizzate allo scopo. Ma questo, forse, può essere detto anche delle competenze. C‟è, però, una differenza che va rimarcata con forza: nel suo evolversi questo saper fare non segue il caso o l‟istinto personale (funzione metacognitiva personale), ma riproduce uno schema logico articolato o, come si dice, una sequenza tecnica, una procedura formale, che rende questo agire controllato e controllabile da parte del soggetto o di altri. Tali caratteristiche lo rendono non solo reiterabile, ma anche riproducibile socialmente, cioè imitabile e trasmissibile, un prodotto sociale e culturale che non appartiene ad una persona più che ad un‟altra;

inoltre lo rendono anche facilmente identificabile e riconoscibile e questo è

(10)

importante ai fini della verifica. Le stesse considerazioni, con poche varianti, possono essere evidenziate anche rispetto alle conoscenze E’ proprio in ragione di questi caratteri che le abilità e le conoscenze sono naturalmente conformi agli obiettivi. Ogni obiettivo, se non vuole essere solo una vaga indicazione di direzione, una rappresentazione vuota e indeterminata, ma uno strumento di lavoro che indichi che cosa fare, come farlo e come controllarlo, deve avere un contenuto che sia, almeno potenzialmente, articolabile, controllabile, reiterabile, trasmissibile e verificabile.

Ci vengono offerti, quali esempi di abilità, l‟annodarsi la cravatta, il risolvere equazioni matematiche secondo procedimenti standard, cioè un insieme sequenziale e chiuso di azioni. Da parte nostra potremmo suggerire gli schemi di gioco provati dai calciatori in allenamento, o la preparazione di un piatto seguendo la traccia di una ricetta. Naturalmente nessuno sarebbe disposto a considerare cuoco competente chi segue pedissequamente il ricettario, né fuoriclasse il calciatore che esegue bene gli schemi in allenamento; al più possiamo considerarli abili.

C. PER LA FORMULAZIONE DEGLI OBIETTIVI RELATIVI AD APPRENDIMENTI

(a cura di Domenico Esposito)

ERRORI DA EVITARE

Nella formulazione degli “obiettivi di apprendimento” (direttamente riferibili a conoscenze e abilità specifiche di un sapere disciplinare, ad esempio conoscenze e individuazione dei verbi, il soggetto in una frase, la principale in un periodo), degli, “obiettivi formativi disciplinari” (riferibili a uno o più macroindicatori / macro abilità di natura disciplinare, ad esempio leggere, comprendere, interpretare… comunque contenenti conoscenze e abilità) e

“obiettivi formativi pluridisciplinari” (nelle UdA) è necessario evitare alcuni errori frequenti. Se ne indicano alcuni a titolo esemplificativo:

1. Si usano verbi aperti a troppe interpretazioni. È necessario utilizzare verbi, espressioni, aggettivi … meno ambigui e generici.

Si tratta di:

• Abbandonare, nell'indicazione degli obiettivi, espressioni come "capire veramente, afferrare il significato, godere, credere“;

• Evitare espressioni del tipo: “…. attraverso vari linguaggi”, “… in diverse situazioni, contesti”, “… le varie forme”, “alcune espressioni”

Si tratta di:

• precisare che cosa lo studente deve "saper fare", come prestazione finale e come indice della acquisizione di una conoscenza, abilità.

(11)

“Progettare per competenze il curricolo di scuola”

11

• utilizzare verbi precisi come: scrivere, differenziare, identificare, risolvere, elencare, classificare, individuare, analizzare, sintetizzare,…;

• Sarebbe meglio, quindi, specificare criteri e limiti minimi di accettabilità, dare una completa "descrizione del compito“, …)

2. Si confonde l'obiettivo con ciò che il docente ha intenzione di fare.

Esempio A: obiettivo errato perché non è in nessun caso un obiettivo :

"dimostrare agli studenti come utilizzare il materiale del laboratorio di fisica".

Esempio B: obiettivo di apprendimento corretto“L‟alunno deve essere in grado di identificare la differenza tra aggettivi e verbi sottolineando in rosso gli aggettivi, in verde i verbi”

Esempio C: obiettivo formativo corretto (pluridisciplinare) “L‟alunno deve esser in grado di comunicare il proprio pensiero su quanto ha appreso sul modo di vivere dei pompeiani nella visita guidata a Pompei…..”.

3. Si formula l'obiettivo in termini di processo (ciò che l'alunno deve fare per) anziché in termini di prodotto (ciò che l'alunno dimostra di saper fare).

Esempio A: obiettivo errato Lo studente deve imparare i simboli che si trovano sulla carta Geografica. In questo obiettivo l'attenzione è centrata sul processo, sull' imparare.

Esempio B: obiettivo di apprendimento corretto “L‟alunno deve esser in grado di riconoscere i simboli geografici su una Carta geografica”;

Esempio C: obiettivo formativo corretto l'alunno deve essere in grado di interpretare i simboli scritti sulle carte e sui grafici e, quindi, rielaborare percorsi e grafici utilizzando simboli e segnali stradali” La formulazione C evidenzia il comportamento attraverso il quale si può dimostrare il raggiungimento di un obiettivo formativo pluridisciplinare di una unità di apprendimento in quanto indica un comportamento verificabile

4. Si confondono gli obiettivi con i contenuti, cioè con l'elenco degli argomenti da imparare.

Esempio A: obiettivi errati: esposizione sintetica della storia del Risorgimento. Studio dei principali avvenimenti e dei personaggi significativi.

Può sembrare un obiettivo, ma non lo è perché non si dice niente sul risultato, sul prodotto. Si ha solo una descrizione del contenuto.

Esempio B: obiettivi di apprendimento corretti: L‟alunno è in grado di identificare le date, gli eventi, i luoghi del Risorgimento. L‟alunno è in grado di descrivere le caratteristiche del Risorgimento (o di un‟altro periodo storico). In questo caso gli obiettivi definiscono ciò che l'alunno deve fare per dimostrare che ha imparato la storia del Risorgimento.

(12)

5. Si include più di un obiettivo nel risultato di un apprendimento desiderato.

Esempio A: obiettivo errato “l’alunno è in grado di leggere con precisione le parole di un testo, cogliendone il significato per saper esporre con parole proprie l'idea ivi contenuta.”

Si è davanti a tre comportamenti relativi alla lettura che creano confusione.

L‟espressione in sè è confusa e utilizza espressioni non facilmente verificabili e comunque poco appropriate: cogliere… parole proprie… l‟idea;

L‟obiettivo non è preciso e chiaro: un alunno può, infatti, riuscire a leggere con precisione un testo pur non essendo in grado di individuarne il significato ed ancora meno saperlo esporre. In questo caso l‟obiettivo è stato raggiunto o meno?

Esempio B: obiettivi di apprendimento corretti Nel caso dell‟espressione precedente è preferibile che gli obiettivi siano formulati in modo specifico, diventando più facile verificare se sono stati conseguiti ed in quale misura.

Una volta fatta questa operazione di suddivisione, utilizzando verbi appropriati, potremmo definirli Obiettivi di apprendimento:

Leggere con precisione un testo poetico (…)

 Comprendere il significato di un testo poetico;

 Esporre in modo chiaro e comprensibile il significato di un testo poetico;

Esempio C: obiettivo formativo corretto L‟obiettivo dell‟esempio A, utilizzando i verbi appropriati, si addice maggiormente a Obiettivi formativi disciplinari, più complessi e che richiedono di essere descritti con l‟indicazione di più conoscenze e abilità. In questo caso è necessario anche precisare un compito e una prestazione, altrimenti si ricade nell‟astrattezza dell‟obiettivo e non si capisco come il leggere, il comprendere e l‟esporre si tengano insieme.

D. APPRENDIMENTO FORMALE, NON FORMALE E INFORMALE

Tratto da:

ISFOL, Esperienze di validazione dell’apprendimento non formale e informale in Italia e in Europa, ISFOL Editore, Roma 2006.

Parallelamente ai concetti di Lifelong e Lifewide Learning, il dibattito comunitario ha introdotto a partire dalla seconda metà degli anni ‟90, la distinzione di tre diverse tipologie di apprendimento: formale, non formale ed informale.

(13)

“Progettare per competenze il curricolo di scuola”

13

Poiché si rilevano diverse accezioni e interpretazioni di questa distinzione, sia a livello europeo che nazionale, un primo passaggio utile può essere quello di richiamare ciò che formalmente è stato enunciato nelle diverse fonti a livello europeo, relativamente a tali tipologie di apprendimento. Una necessaria annotazione, opportuna per una migliore comprensione del quadro concettuale presentato, è quella relativa alle dimensioni connotative dell‟apprendimento che compaiono con diversa enfasi, nei diversi documenti europei. La natura dell‟apprendimento viene infatti definita in base a quattro essenziali dimensioni1:

• in quale contesto avviene l‟apprendimento;

• esiste o no intenzionalità dell‟apprendimento;

• esiste o no una pianificazione e strutturazione del processo in quanto apprendimento;

• l‟apprendimento è normalmente certificato o no.

In misura diversa, più o meno articolata o accennata, tutti i documenti europei che ufficialmente e formalmente citano la tripartizione delle tipologie di apprendimento, fanno riferimento alle dimensioni sopra citate. Il primo documento in cui viene presentato in modo ufficiale la tripartizione dell‟apprendimento è il Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente del 20002. Nel documento di lavoro elaborato dalla Commissione Europea, viene enunciata la seguente definizione:

 apprendimento formale: è quello che “…si svolge negli istituti di istruzione e di formazione e porta all‟ottenimento di diplomi e di qualifiche riconosciute…”;

 apprendimento non formale: è quello che “…si svolge al di fuori delle principali strutture d‟istruzione e di formazione e, di solito, non porta a certificati ufficiali. L‟apprendimento non formale è dispensato sul luogo di lavoro o nel quadro di attività di organizzazioni o gruppi della società civile (associazioni giovanili, sindacati o partiti politici). Può essere fornito anche da organizzazioni o servizi istituiti a completamento dei sistemi formali (quali corsi di istruzione artistica, musicale e sportiva o corsi privati per la preparazione degli esami)…”;

 apprendimento informale: è “…il corollario naturale della vita quotidiana.

Contrariamente all‟apprendimento formale e non formale esso non è necessariamente intenzionale e può pertanto non essere riconosciuto, a volte dallo stesso interessato, come apporto alle sue conoscenze e competenze…”.

1 Colardin D., Bjornavold J., Validation of Formal, Non formal and Informal Learning: policy and practices in EU Member States, European Journal of Education, Vol. 39, n°.1, 2004.

2 Commissione delle Comunità Europee, Memorandum sull‟istruzione e la formazione permanente, Documento di lavoro dei servizi della Commissione SEC (2000) 1832, Bruxelles, ottobre 2000.

(14)

Riprendendo le dimensioni sopra indicate, la definizione presentata nel Memorandum, individua prevalentemente il contesto in cui si realizza l‟apprendimento (istituti scolastici e agenzie formative per l‟apprendimento formale, strutture istituzionali di istruzione e formazione quali imprese, associazioni civili, agenzie a supporto dei sistemi formali per quello non formale e vita quotidiana per l‟apprendimento informale) e la presenza o assenza di certificazione ufficiale rilasciata (nell‟apprendimento formale vengono rilasciati diplomi e qualifiche riconosciute mentre in quello non formale non vengono consegnati certificati ufficiali mentre l‟apprendimento informale, non essendo intenzionale, non rilascia alcunché).

In questa prima definizione l‟intenzionalità dell‟apprendimento viene considerato l‟elemento di differenziazione tra apprendimento formale e non formale e apprendimento informale. Nei primi due casi si ritiene che il processo di apprendimento sia intenzionale e che vi sia consapevolezza da parte del soggetto mentre nell‟apprendimento informale, il processo cognitivo è del tutto incontrollato e inconsapevole. Non si fa riferimento al livello di strutturazione e articolazione dell‟apprendimento essendo il contesto il primo e più importante elemento di differenziazione e distinzione tra le tre tipologie di apprendimento.

Un ulteriore contributo al processo definitorio è stato fornito dal Glossario Cedefop del 20033 in cui viene fornita un‟ulteriore denominazione delle tre tipologie di apprendimento che aggiunge ulteriori elementi di riflessione al dibattito.

In particolare gli apprendimenti vengono così definiti:

• apprendimento formale: è “…l‟apprendimento che si realizza nei contesti strutturati e organizzati (scuola, formazione professionale o formazione sul lavoro) ed è esplicitamente progettato e strutturato come apprendimento (in termini di obiettivi di apprendimento, tempi e risorse). L‟apprendimento formale è intenzionale dal punto di vista del discente e sfocia di norma in una certificazione…” 4;

• apprendimento non formale: è “…l‟apprendimento che si realizza in attività pianificate ma non esplicitamente progettate e strutturate come apprendimento (in termini di obiettivi, tempi e risorse) pur contenendo importanti elementi di apprendimento. L‟apprendimento non formale è intenzionale dal punto di vista del discente. Di norma non porta a certificazione…”5;

• apprendimento informale: è “…l‟apprendimento risultante dalle attività della vita quotidiana legate al lavoro, alla famiglia e al tempo libero. Esso non è strutturato né organizzato (in termini di obiettivi di apprendimento, tempi e risorse). L‟apprendimento informale nella maggior parte dei casi non è

3 12 P.Tissot (a cura di), Glossario, CEDEFOP, 2003.

4 Nostra traduzione.

5 Ibidem come sopra.

(15)

“Progettare per competenze il curricolo di scuola”

15

intenzionale dal punto di vista del discente e di norma non porta a certificazione”.

Nelle definizioni riportate dal Cedefop vengono riprese le definizioni precedentemente enunciate anche se viene presentata una sensibile distinzione relativa alla definizione di apprendimento formale e non formale.

Nella definizione del Cedefop, infatti, l‟apprendimento formale è un apprendimento intenzionale - strutturato per obiettivi, tempi e risorse - che porta a certificazione e che si svolge presso istituzioni scolastiche, agenzie formative o in processi di formazione sul luogo del lavoro.

La definizione di apprendimento non formale appare quella che, alla luce dei documenti fin‟ora elencati e che rappresentano le espressioni più autorevoli in materia, si presenta maggiormente aperta a molte possibili interpretazioni.

Riprendendo, in sintesi, le diverse enunciazioni dal Memorandum del 2000 ad oggi, possiamo ragionevolmente ipotizzare un‟accezione di sintesi.

L’apprendimento formale è un apprendimento strutturato e organizzato per obiettivi formativi, tempi e risorse dedicate, che si svolge nell’ambito di istituzioni scolastiche e formative, che è intenzionale dal punto di vista del discente e che prevede il rilascio di certificazioni ufficiali.

L’apprendimento formale può prevedere, nell’attuazione del processo formativo, l’utilizzo di momenti di formazione interna (realizzata presso le strutture formative, con obiettivi e regole di apprendimento tradizionalmente formalizzate ed istituzionalizzate all’interno degli enti) e momenti di formazione on the job (realizzata al di fuori delle strutture formative, con obiettivi e regole di apprendimento adattate al contesto e semi-strutturate), momenti che integrati tra loro compongono il percorso formativo istituzionale e rilasciano certificazioni ufficiali.

L’apprendimento non formale può essere definito un apprendimento semi-strutturato che si realizza a partire da attività pianificate in relazione ad un contesto organizzato, che si svolge al di fuori delle istituzioni scolastiche e formative, che è intenzionale dal punto di vista del discente e che solitamente non porta a certificazione.

L’apprendimento informale è invece quello che si realizza nelle attività quotidiane connesse al lavoro, alla famiglia e al tempo libero, che non è intenzionale né strutturato o organizzato per obiettivi formativi, tempi e risorse e che normalmente non rilascia certificazioni.

Il tema dell‟apprendimento formale, non formale ed informale trova la sua diretta esplicazione nel concetto di validazione, ossia nel processo di accertamento e valorizzazione degli apprendimenti finalizzato ad assegnare un valore e a mettere in trasparenza le competenze individuali ovunque e comunque acquisite.

(16)

E. I contenuti essenziali per la formazione di base

Nella primavera del 1997 (in coincidenza con la presentazione di un ambizioso disegno di ristrutturazione complessiva del sistema scolastico italiano, il cosiddetto "riordino dei cicli") il Ministro della Pubblica Istruzione Luigi Berlinguer costituì una Commissione di Studio con il compito di definire il quadro delle conoscenze irrinunciabili che dovranno padroneggiare i ragazzi al termine della formazione scolastica. La Commissione composta da 44 esperti, subito identificati dai mass-media come "Saggi", produsse una vasta mole di contributi e di riflessioni individuali, raccolti ora in un volume oltre che in un floppy-disk, ed un primo documento di sintesi (maggio 1997) curata dal coordinatore del gruppo Roberto Maragliano.

Un secondo documento, denominato "I contenuti fondamentali per la formazione di base" fu successivamente elaborato da un gruppo più ristretto di sei "saggi" e presentato all‟Accademia dei Lincei, a Roma, il 20 marzo 1998. Nei mesi successivi il documento fu sottoposto ad una ampia consultazione tra gli operatori scolastici, sulla base di una scheda per la raccolta delle diverse opinioni espresse da docenti, studenti e genitori. Una sintesi della consultazione fu poi redatta da un apposito gruppo di lavoro e "restituita" alle scuole con una lettera del Ministro (aprile 1999).

Nelle pagine seguenti riportiamo il documento conclusivo I contenuti essenziali per la formazione di base (marzo 1998).

(17)

“Progettare per competenze il curricolo di scuola”

17

I contenuti essenziali per la formazione di base

(marzo 1998)

Presentazione

Ci si confronta, oggi su questioni di struttura, decisive per il disegno di una nuova scuola, e per la valorizzazione di quanto innovativo già presente nella nostra scuola.

Ma accanto all'autonomia e alla riforma dei cicli forse dentro di esse, non va trascurata; quella dei "contenuti", cioè dei saperi in senso lato (valori, conoscenze, competenze) che si vorranno far apprendere e insegnare.

Siamo in presenza di una grossa trasformazione dei regimi dell'esperienza e della conoscenza, dovuta non solo agli effetti della città dei media, ma anche alle rivoluzioni epistemologiche che hanno caratterizzato la scienza, l'arte, la tecnologia e le condotte collettive nel corso del presente secolo. La scuola non può essere investita da questa trasformazione.

Non le basta aggiornarsi. Deve essere messa nelle condizioni di ridefinire il suo tessuto culturale, anche nella prospettiva della globalizzazione.

Non è in gioco soltanto l'esigenza di approntare "nuovi programmi". Si tratta invece di dare alla formazione scolastica un assetto epistemologico che le consenta di entrare in sintonia con tali trasformazioni.

Su questo terreno già si è mosso il Ministero della Pubblica Istruzione, incaricando una commissione, detta dei saggi, di definire i saperi irrinunciabili per il complesso della formazione scolastica del prossimo futuro. La commissione ha lavorato nei primi mesi del 1997 e l'Ipertesto che ne è scaturito, che documenta il lavoro compiuto, è stato prontamente reso di dominio pubblico.

Se ne è molto parlato, nei mesi scorsi, e non solo dentro i confini nazionali, essendo, quello dei saperi, uno dei terreni di frontiera dell'innovazione scolastica, nel contesto europeo, e non solo lì. Procedendo nella direzione di una ulteriore articolazione della proposta, il Ministro Berlinguer ha incaricato un piccolo gruppo di esperti di elaborare un documento sintetico sui saperi di base per una formazione obbligatoria calcolata su un arco di dieci anni.

Ne è venuto il testo che qui riproduciamo, presentato e discusso nell'incontro promosso da Ministero e Accademia dei Lincei il 20 marzo 1998.

Esso vuole essere la base per un confronto collettivo, interno ed esterno alla scuola, che porti, entro il prossimo mese di giugno, ad un documento altrettanto sistematico e conciso, col quale procedere alla stesura di nuovi programmi e alla definizione di standard per le verifiche di qualità.

L'impegno che si chiede a quanti vorranno collaborare a questa "scrittura collettiva" è che adottino lo stesso stile, misurandosi non con le singole parti ma con il complesso del documento, dunque con una visione d'assieme del tessuto culturale proprio di una scuola che funga da base effettiva per la formazione dei giovani.

(18)

I contenuti essenziali per la formazione di base

(marzo 1998)

Questo documento sviluppa la riflessione sulle conoscenze fondamentali operata dalla Commissione dei Saggi (gennaio / maggio 1997), orientandola sulla scuola che fa da base alla formazione dell'individuo, nella prospettiva dei dieci anni dell'obbligo. Su incarico del Ministro esso è stato redatto da un gruppo composto da: Roberto Maragliano, Clotilde Pontecorvo, Giovanni Reale, Luisa Ribolzi, Silvano Tagliagambe e Mario Vegetti

Premessa

Il testo che segue è stato elaborato a partire da due principi condivisi dai membri del gruppo:

1. nella definizione dei fondamentali occorre muovere non da un a-priori ideologico, dall‟immagine di un individuo ideale, ma dall‟esigenza di definire saperi e valori che possano risultare comuni a tutti i cittadini, indipendentemente dalla religione, dall‟etnia, dallo stato sociale, dal sesso, al termine del percorso della scolarità obbligatoria (quale che sia l‟ambito in cui avviene), su una durata probabile di dieci anni;

2. è opportuno ragionare non tanto di materie o di programmi, quanto delle attese delle componenti della società civile (ragazzi, famiglie, mercato del lavoro), e anche delle attese dei professionisti della scuola.

Il gruppo, che ha limitato il suo lavoro all‟elaborazione del quadro dei contenuti essenziali della formazione di base, ritiene comunque di dover riprendere e rinforzare le indicazioni di metodo presenti nelle tre sezioni del documento finale della commissione dei saggi (maggio 1997) dedicate rispettivamente alla forma dei programmi, al ruolo dei docenti, alla sfida posta dalle tecnologie della conoscenza:

"2.3. Si deve sviluppare una nuova modalità di organizzazione e stesura dei programmi, che preveda l'indicazione dei traguardi irrinunciabili e una serie succinta di tematiche portanti.

E' necessario operare un forte alleggerimento dei contenuti disciplinari."

"2.4. Tutto ciò comporta un forte investimento negli insegnanti: nel gusto per l'insegnamento, nel senso morale, nel piacere che viene dal far conoscere, far discutere, far costruire sapere.

La scuola deve diventare un luogo di vita e di apprendimento per docenti e studenti: per far questo ci vogliono spazi e tempi adeguati e vivibili.

Va progettato un grande lavoro collaborativo imperniato sull'interazione nei due sensi fra scuola da un lato e università e centri di ricerca dall'altro. Gli obiettivi di

(19)

“Progettare per competenze il curricolo di scuola”

19

questo sforzo consisteranno nella riqualificazione culturale dei docenti (accompagnata dalla drastica eliminazione dell'attuale cumulo di inutili procedure burocratiche) e nella riapertura delle vie di passaggio tra scuola e università. La professione dell'insegnamento dovrà tornare ad essere culturalmente e socialmente desiderabile, grazie anche a nuovi profili di carriera e adeguati riconoscimenti economici."

"1.7 Le tecnologie possono essere viste come veicoli. Oppure come ambienti di formazione dell‟esperienza e della conoscenza. Nel primo caso il loro apporto alla formazione sarà puramente strumentale: permettono di risparmiare tempo (e talvolta denaro), ma non incidono sulla qualità culturale dell‟insegnamento e dell‟apprendimento. Nel secondo caso il ruolo che svolgeranno tenderà ad essere ben più impegnativo, anche e soprattutto sul piano epistemologico".

Le considerazioni che seguono vanno dunque intese come:

il quadro dei saperi di base che tutti i giovani devono solidamente possedere all‟uscita della formazione scolastica obbligatoria, e sui quali poggiare, con la scolarizzazione successiva ed anche con ogni altra iniziativa di formazione, formale o non formale, quelle capacità di adattamento e di cambiamento che sono sempre più richieste dalle trasformazioni in corso in ogni ambito della vita sociale;

il quadro di riferimento comune entro il quale mettere alla prova una nuova modalità di articolazione dei programmi e approdare alla fissazione di standard formativi che abbiano validità per tutto il territorio nazionale e nello stesso tempo costituiscano un passaporto per la circolazione internazionale delle competenze e delle conoscenze;

lo stimolo a promuovere in tutte le sedi possibili (l‟editoria scolastica tradizionale e multimediale; l‟università e i centri di ricerca; gli insegnanti, nell‟ambito dei poteri loro attribuiti dall‟autonomia scolastica) un confronto iniziale e un impegno continuo di elaborazione, sul piano culturale e su quello didattico.

La costruzione di un curricolo scolastico presuppone sempre il problema della sua giustificazione. Occorre che ciò che si insegna valga la pena di essere insegnato, tenendo presente due diversi livelli: da un lato, è sempre necessario operare una scelta nella pluralità dei saperi, collegandola all‟interpretazione delle esigenze del momento storico, e inevitabilmente si scontenterà qualcuno;

dall‟altro lato, poiché quanto si insegna deve avere un valore formativo agli occhi sia degli insegnanti che degli utenti della scuola, altrettanto inevitabilmente si avranno dei contrasti legati alla concezione del valore attribuitogli.

I contenuti irrinunciabili

Compito fondamentale della scuola è garantire a chi la frequenta:

lo sviluppo di tutte le sue potenzialità e la capacità di orientarsi nel mondo in cui vive (sia esso l‟ambiente di più diretto riferimento, o lo spazio

(20)

sempre più esteso della comunicazione e dell‟interscambio), al fine di raggiungere un equilibrio attivo e dinamico con esso;

l‟assimilazione e lo sviluppo della capacità di comprendere, costruire, criticare argomentazioni e discorsi, per dare significato alle proprie esperienze e anche difendersi da messaggi talvolta truccati in termini di verità e di valore.

Porsi questo obiettivo significa impegnare la scuola ad una duplice finalità:

delineare una mappa delle strutture culturali di base, necessaria per il successivo sviluppo della capacità di capire, fare, prendere decisioni, progettare e scegliere in modo efficace il proprio futuro, innescare processi di integrazione culturale, sociale e lavorativa;

assumere un impianto formativo che riconosca il valore imprescindibile della tradizione storica, e lo ponga in relazione con la contemporaneità e con il contesto culturale e sociale.

1. Una particolare attenzione va dedicata alla comprensione e alla produzione del discorso parlato e scritto, in tutta la pluralità di testi possibili, sollecitando sia l‟efficacia della comunicazione sia il controllo della validità dei ragionamenti. La pratica degli usi funzionali più diversificati della lingua parlata e scritta significa familiarizzare con i diversi generi di discorso: un‟esperienza da iniziare presto nella scuola di base, ma che andrà continuata, ripresa e approfondita ai livelli ulteriori.

Bisogna preparare tutti i giovani alle tecniche della scrittura e della lettura, fornendo loro capacità fondamentali che oggi risultano largamente compromesse. Si impone quindi fin dall‟inizio del percorso scolastico la necessità di valorizzare i metodi idonei a dar la padronanza della lingua italiana ai giovani, e a farne comprendere la struttura. Andranno ridisegnati metodi di analisi del discorso, di sintesi e parafrasi testuale, e di controllo della parola nelle diverse modalità enunciative.

Soprattutto nelle prime fasi scolastiche occorre provvedere alla sostituzione, almeno parziale, di alcuni sistemi legati alla didattica tradizionale: il "tema" come composizione retorica in molti casi non è idoneo agli scopi ora indicati, e può con efficacia essere integrato in forma crescente (fino alla sua eventuale sostituzione) da attività di scrittura breve, funzionale, di rielaborazione e via dicendo. Il giovane deve essere preparato innanzi tutto alla comprensione e alla produzione di messaggi scritti pratici e essenziali, condizione necessaria per la successiva acquisizione delle capacità di assimilare ed elaborare correttamente discorsi più complessi, e di argomentare in modo più approfondito e appropriato.

Naturalmente, ciò comporta anche la messa in atto di tecniche per la lettura di testi, in particolare dei classici, che esigono capacità di concentrazione e riflessione. Ma la lettura va intesa e sollecitata anche come emozione immediata e bisogno-piacere inesauribile, come scoperta di un libro che stimola la ricerca di altri libri. Accanto all‟esperienza tradizionale del lettore catturato dal testo si dovrebbe anche coinvolgere i giovani nell‟esperienza del lettore partecipe- cooperante, del lettore-attore e, al limite, del lettore-autore.

(21)

“Progettare per competenze il curricolo di scuola”

21

La capacità di proiettarsi nello spazio sempre più esteso della comunicazione e dell‟interscambio deve essere assicurata proponendo a tutti, fin dai primi anni di scuola, accanto all‟italiano come lingua madre per i più (ma anche come lingua straniera per gli immigrati), e, nelle aree di bilinguismo del nostro paese, alle lingue del luogo, l‟apprendimento e l‟uso di un inglese essenziale, finalizzato alla partecipazione attiva a situazioni di relazione interpersonale e ad ambienti di studio e di lavoro ormai sempre più frequenti ed ampi, che coinvolgono persone di altre nazionalità. Negli anni successivi, si introdurrà lo studio avanzato e culturalmente articolato di una o più lingue della comunità europea.

2. Grande importanza va attribuita all‟interazione fra i linguaggi della mente e i linguaggi del corpo, che abbatte la tradizionale barriera fra processi cognitivi e emozioni, facendo emergere un‟idea di persona come sistema integrato, alla cui formazione e al cui equilibrio dinamico concorrono la componente percettivo- motoria, quella logico-razionale e quella affettivo-sociale. Ne consegue un‟impostazione della didattica volta a favorire l‟integrazione tra le diverse matrici di cui si compone l‟esperienza quotidiana, riconoscendo pari dignità al segno di scrittura, all‟immagine, al suono, al colore, all‟animazione.

Questo obiettivo di integrazione fra le diverse componenti in cui si articolano l'esperienza e la conoscenza deve guidare verso la costruzione di una scuola che, nel porre su un piano di pari dignità i diversi saperi, in quanto tutti prodotti della mente umana, superi le tradizionali partizioni disciplinari. Il traguardo finale sarà un insegnamento-apprendimento organizzato per temi, alla cui elaborazione concorrano diversi settori culturali, e in cui l'analisi dei contenuti specifici sia accompagnata ed arricchita da aspetti storico-epistemologici e tecnico-applicativi, in modo da dare una chiara percezione di quanto sia oggi essenziale per la risoluzione di problemi complessi un approccio multidisciplinare integrato.

3. Per quanto riguarda lo studio dei fenomeni fisico-chimici, biologici e della natura in generale, un approccio di questo si concretizzerà nella progettazione di percorsi concettuali e didattici nei quali trovino collocazione ed effettiva collaborazione reciproca i due aspetti complementari che caratterizzano la costruzione della conoscenza scientifica: il momento applicativo e d'indagine e quello cognitivo-intellettuale.

Il primo potrà essere veicolato attraverso una pratica di laboratorio (reale e virtuale) intesa in una duplice accezione: come spazio finalizzato all'esecuzione di compiti prefissati e all'acquisizione di specifiche abilità sperimentali e come orizzonte culturale nel quale gli studenti possano gradualmente appropriarsi di modi di guardare, descrivere e interpretare i fenomeni naturali che si avvicinino progressivamente a quelli scientificamente accreditati.

Alla costruzione di questo orizzonte culturale debbono concorrere i sistemi di misurazione ed elaborazione, nonché i sistemi multimediali, il cui ruolo e le cui funzioni andranno chiaramente identificati e promossi, particolarmente in

(22)

rapporto all'esigenza di disporre di modalità di visualizzazione e di rappresentazioni mentali efficaci e operative.

Il momento cognitivo deve assumere come obiettivo prioritario quello di restituire in tutta la loro articolazione e complessità di processi conoscitivi e intellettuali, non riducibili a procedure codificate, le attività di modellizzazione, schematizzazione e formalizzazione, mediante le quali i fenomeni vengono descritti e interpretati. Si potrà così consentire allo studente di appropriarsi dei linguaggi e dei modi di operare della scienza, di acquisire criteri per formulare domande sensate, che abbiano significato rispetto ai contesti presi in considerazione, di elaborare tecniche e strategie per giungere a risposte scientificamente accettabili.

Questa crescente assimilazione dovrebbe consentire allo studente, nelle fasi finali del suo curricolo scolastico, di sperimentare su se stesso un processo di progressiva ristrutturazione delle conoscenze e di evoluzione delle strategie di ragionamento, che ripercorra i modi nei quali si sono costruite la conoscenza e la coscienza collettive.

L'insegnamento delle scienze sperimentali viene così liberato delle modalità, spesso pedanti e soprattutto acritiche, seguite da buona parte dei testi didattici e acquisisce una prospettiva storico-epistemologica che ne consente un positivo dialogo con altri campi della conoscenza.

Questo diverso modo di guardare alla cultura scientifica implica necessariamente un diverso modo di individuare e selezionare i contenuti di insegnamento/apprendimento, che anteponga la qualità alla quantità e privilegi la ricerca di "nuclei concettuali fondanti". A questi ultimi vanno ancorati percorsi didattici culturalmente significativi e riflessioni sul significato culturale delle scienze, che devono emergere come campi, ciascuno dei quali è caratterizzato da una propria struttura interna, da specifici metodi di indagine e dall'uso di particolari linguaggi.

Un'immagine così articolata e complessa delle scienze sperimentali potrà essere costruita soltanto se ci si pone nella prospettiva di una continuità trasversale e longitudinale del processo formativo, che assuma caratteristiche differenziate a seconda delle diverse fasi del percorso scolastico.

Un'attenzione particolare e profondamente innovativa sul piano metodologico va riservata all'insegnamento della matematica, che attualmente registra, soprattutto a partire dall'attuale scuola media, il maggior numero di fallimenti a cui si aggiungono un gran numero di esiti al limite dell'accettabilità. La ricerca sulla matematica non scolastica indica la necessità di insegnare agli studenti ad usare idee e tecniche di tipo matematico nella soluzione di problemi diversi (sia di scienze fisico-naturali, sia di scienze sociali). Sembra essenziale, a questo riguardo, che bambini e ragazzi non perdano il piacere del matematizzare, non siano demotivati da eccessi di formalismo e siano aiutati, dagli insegnanti e dagli stessi compagni, a percorsi alternativi di soluzione, privilegiando il punto di vista del problem solving e comprendendo che la matematica utile nelle applicazioni è spesso quella che conduce a soluzioni approssimate, dal momento che quelle

(23)

“Progettare per competenze il curricolo di scuola”

23

esatte sono difficili, se non impossibili da trovare in problemi complessi. E' comunque fondamentale, ai fini di una formazione efficace, che abbia positive ricadute anche in altri campi e sia di concreto ausilio nella fase di risoluzione di problemi specifici, appropriarsi delle metodologie matematiche che consentono di controllare l'errore e di fare in modo che esso rimanga all'interno di una tolleranza che dipenderà dai problemi medesimi in oggetto.

Un essenziale contributo alla costruzione di un insegnamento basato sull'idea dell'integrazione dei saperi e organizzato per temi può essere fornito dalla geografia, intesa come luogo di transizione fra temporalità naturale e temporalità umana e come essenziale tramite di raccordo tra scienze della natura e mondo sociale. Se, nelle prime fasi dell'apprendimento, tale studio avrà essenzialmente una dimensione descrittiva, storico-politica, successivamente sarà finalizzato alla comprensione del sistema Terra.

4. In ordine al fare storia nella scuola di tutti, è necessario puntare coraggiosamente su un approccio che integri le diverse dimensioni (disciplinari e metodologiche) e innovi le attuali pratiche di memorizzazione, puntando a sviluppare competenze generali di inquadramento e ricostruzione dei fatti storici, ma anche a promuovere capacità di lettura dei segni che variamente caratterizzano il paesaggio rurale e urbano del nostro paese.

L'insegnamento della storia darà il giusto spazio alle culture europee ed extraeuropee, per consentire lo sviluppo di un'identità culturale radicata nella storia del proprio popolo, ma valorizzando adeguatamente i legami tra i popoli e le culture, così come le loro specificità.

Vanno considerate parte integrante della storia, come ambito culturale e metodologico, anche le grandi trasformazioni che riguardano la storia delle idee, delle mentalità, dei saperi, del vivere quotidiano, delle arti nell'accezione più ampia.

Ne scaturisce un profondo ripensamento dell'impianto della formazione storica, che investa le periodizzazioni e tenga conto del fatto che ci sono tanti tempi quante sono le logiche dei fenomeni che si esaminano.

Gli attuali strumenti di studio vanno dunque adeguatamente integrati, ad esempio, con l'impiego di repertori di dati, immagini, ricostruzioni visuali.

Per quanto riguarda la storia recente, va tenuto presente che il Novecento non si caratterizza solo per un insieme notevolmente complesso di avvenimenti ma anche per l'affermarsi di ottiche, teorie, linguaggi assai diversi da quelli tradizionalmente adottati dalla scuola. Il periodo successivo alla seconda guerra mondiale, in particolare, dal momento che ben si presta a far cogliere ai ragazzi le dinamiche del cambiamento culturale, politico ed economico, e le regole della convivenza sociale, potrebbe essere collegato non solo alla storia e all'educazione civica, ma presentato come un approccio multidisciplinare (quindi anche letterario, artistico...) teso a farne cogliere i legami con il passato e con l‟attualità, dunque come un blocco tematico e non come un oggetto specifico dell'analisi storica.

(24)

Nell'ambito dello studio dello sviluppo delle società umane, uno spazio rilevante deve essere dato alle scienze sociali, finalizzate a dare a tutti l'attrezzatura mentale per comprendere i meccanismi di fondo dell'agire individuale e collettivo (a titolo d'esempio, gli indicatori economico-finanziari, le problematiche ambientali, i movimenti migratori, i sistemi politici ed elettorali, le problematiche ambientali, il formarsi della personalità, il funzionamento dei gruppi, eccetera).

Non si tratta di un insegnamento separato di nuove o vecchie discipline, ma di un approccio integrato per blocchi tematici, che può introdurre ad approfondimenti specialistici successivi. Un tale insegnamento si costruirà intorno ad alcuni nessi essenziali: società e ambiente, società e sistemi di produzione, società e forme di governo, cultura e comunicazione, etc.

In questo contesto viene rivitalizzata l'educazione civica, che può essere finalizzata, attraverso l'esercizio della discussione democratica e il dibattito di temi socialmente rilevanti, alla formazione di una cittadinanza critica e responsabile.

5. L'insegnamento della filosofia - positiva specificità della scuola italiana - non può venire esteso indiscriminatamente nella sua forma attuale di ricostruzione storica. La sua destinazione generale consisterà nel dotare tutti i giovani di strumenti concettuali adeguati alla ragionevole costruzione di una soggettività propositiva e critica. Questa prospettiva include due versanti. Da un lato le questioni di senso e di valore (obblighi, scopi, diritti e doveri, valutazione delle condotte, questioni di giustizia): insomma, la costruzione della capacità di sviluppare razionalmente i propri punti di vista, e di comprendere e di discutere quelli altrui, a partire dalle situazioni e dai problemi dell'esperienza concreta (questioni di etica e bioetica, responsabilità, cittadinanza). Dall'altro, le questioni di verità (a partire da nozioni elementari di logica, teoria dell'argomentazione, epistemologia). Il diritto all‟acquisizione di queste capacità non può venir negato, a partire dagli anni conclusivi della scuola dell‟obbligo, secondo modalità connesse, ma distinte, rispetto a quelle operanti nello sviluppo delle capacità di lettura-scrittura e dell‟educazione civica

6. La tradizione classica costituisce un insostituibile patrimonio per il nostro paese. E' pertanto necessario che una conoscenza di base della cultura greca e di quella latina sia acquisita da tutti, sottolineandone il ruolo nella costruzione dell'identità europea indipendentemente dallo studio delle due lingue, anche se andrà opportunamente valorizzato il ruolo del latino per la comprensione della formazione della lingua italiana.

Se in passato si è puntato, nell'avvicinare i classici latini e greci, più sulle lingue che sui contenuti delle civiltà che si sono espresse in queste lingue, oggi bisogna piuttosto concentrare l'attenzione sull'attualità dei messaggi che queste civiltà contengono.

7. L'esigenza generale di favorire il dialogo e l'interazione fra tutte le componenti nelle quali si articola la cultura e di far sì che questa impostazione abbia un'espressione adeguata e concreta nella pratica didattica impone di far uscire

Riferimenti

Documenti correlati

TRAGUARDI PER LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE FISSATI DALLA INDICAZIONI NAZIONALI PER IL CURRICOLO 2012 ITALIA- TECNOLOGIA ALLA FINE DELLA SCUOLA PRIMARIA ALLA FINE DELLA

Utilizza e interpreta in modo impreciso e non sempre corretto rappresentazioni grafiche e strumenti di calcolo dimostrando di saper rilevare e analizzare solo dati significativi

Si fa riferimento ai livelli sopra elencati nella tabella delle abilità (vedi Legenda); si terrà conto inoltre della progressione individuale degli studenti, della

Nelle situazioni di incertezza ( vita quotidiana, giochi…) si orienta con valutazione di probabilità. Legge semplici grafici statistici e ne riconosce le variabili,

Arricchire il patrimonio lessicale attraverso attività comunicative orali, di lettura e di scrittura e attivando la conoscenza delle principali relazioni di

COMPETENZA IN MATERIA DI CITTADINANZA (Fonte: Raccomandazione europea 2018) ALTRE COMPETENZE CHIAVE MOBILITATE:.. (Fonte Raccomandazioni 2018)

DIMENSIONI DI COMPETENZA OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO CONTENUTI/ ATTIVITÀ ORGANIZZAZIONE

Esso fa riferimento alle Competenze chiave europee, alle Competenze chiave di cittadinanza ed alle Indicazioni Nazionali per il cu rricolo della scuola dell’infanzia e del primo