• Non ci sono risultati.

RASSEGNA STAMPA

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "RASSEGNA STAMPA"

Copied!
7
0
0

Testo completo

(1)

19-10-06 RASSEGNA STAMPA

19-10-05 SALE LA PRODUZIONE DI GRANO, OLIO, POMODORI E PESCHE NELLA UE

Ansa

19-10-05 AGRICOLTURA: BELLANOVA, 'NON TIFO PER IL CETA MA POSSIAMO VALUTARE EVENTUALI MODIFICHE

Il Tempo

19-10-05 AGRICOLTURA: ISMEA, IN 2° TRIM +0,5% VALORE AGGIUNTO, IN CALO OCCUPATI E AZIENDE

Labitalia

19-10-06 LA VERITÀ SUI DAZI. GLI AMERICANI VOGLIONO INVADERCI CON IL PARMESAN

Libero

19-10-06 RISO, IL PRESSING SULL’UE. “IL MYANMAR AGGIRA I DAZI. SERVONO REGOLE PIÙ RIGIDE”

La Stampa

19-10-06 QUANDO L’AGRICOLTURA FA MALE ALL’AMBIENTE Il Sole 24 Ore

(2)

19-10-04

Sale la produzione di grano, olio, pomodori e pesche nella Ue

Caduta la produzione di olio di semi e aree coltivate a barbabietola

BRUXELLES - Produzione europea di cereali in ripresa (+8%) nel 2019, ad eccezione del mais, rispetto al raccolto 2018. Balzo in avanti del 20% dell'export di carne suina verso la Cina, la cui domanda continuerà. Recupero della produzione di olio d'oliva in Italia, Grecia e Portogallo, per un raccolto europeo di 2,1 milioni di tonnellate ed un export in salita del 7%, rispetto alla media degli ultimi 5 anni. Ma anche perdita del 5% - "a causa dei prezzi bassi" - dell'area coltivata in Europa a barbabietola da zucchero. Questi sono alcuni dei risultati dell'ultimo rapporto sulle prospettive a breve termine per i mercati agricoli in Europa, pubblicato dalla Commissione Europea.

Un rapporto che presenta più segnali positivi e alcuni negativi. Quest'anno, ad esempio, è in leggera ripresa la produzione di latte e nel complesso, le esportazioni di prodotti lattiero-caseari dovrebbero aumentare del 5%.

In rialzo, sempre secondo il rapporto Ue, la produzione di pesche e nettarine (+ 4%) rispetto allo scorso anno, per

complessive 4,1 milioni di tonnellate. Analogamente, si attende una produzione totale di pomodori di 16,8 milioni di

tonnellate, il 4% in piu' rispetto al 2018. L'aumento è guidato dalla crescita del 6% del prodotto destinato alla

trasformazione, molto richiesto (+33) sui mercati mondiali. Dati positivi anche per la produzione di pollame che

continuerà a crescere, con un aumento del 2,5%. Al contrario, le avverse condizioni meteorologiche hanno contribuito

alla caduta (a 29,7 milioni di tonnellate) della produzione di semi oleosi in Europa, ossia al minimo rispetto agli ultimi

di 7 anni.

(3)

Agricoltura: Bellanova, 'Non tifo per il Ceta ma possiamo valutare eventuali modifiche

Terrasini (Palermo), 5 ott. (AdnKronos) - "Non sono una tifosa del Ceta ma c'è un accordo che va applicato, se andiamo in contrapposizione ci pigliamo l'applauso ma non risolviamo il problema.

Allora io dico una cosa diversa: prendiamo i dati e vediamo dove va bene e dove ci sono criticità. E

andiamo in Europa per vedere se ci sono eventuali modifiche da fare". Lo ha detto la ministra

Teresa Bellanova parlando con alcuni agricoltori e produttori siciliani a margine di Futura la scuola

di formazione di Davide Faraone.

(4)

19-10-05

Agricoltura: Ismea, in 2° trim +0,5% valore aggiunto, in calo occupati e aziende

Perde slancio anche la crescita del numero di aziende agricole condotte da giovani

Roma, 4 ott. (Labitalia) - Aumenta il valore aggiunto in agricoltura mentre calano, seppur lievemente, sia gli occupati che il numero di aziende agricole, in un contesto di riduzione anche del trend di crescita delle imprese a conduzione giovanile. Sono queste alcune delle indicazioni che emergono dal report trimestrale di Ismea 'Agrosserva', relativo al secondo trimestre dell'anno. Più da vicino, sottolinea l'Istituto, il settore primario registra a giugno 2019 un incremento del valore aggiunto dello 0,5% su base annua, segnando tuttavia un lieve arretramento degli occupati, sintesi della flessione di quasi l'1% degli addetti indipendenti e della crescita dello 0,5% di quelli dipendenti.

Coerentemente al calo della componente di lavoro indipendente, si registra una riduzione del numero di aziende

agricole, circa 744 mila a fine giugno 2019, l'1% in meno sull'analogo periodo dell'anno precedente. Perde slancio

anche la crescita del numero di aziende agricole condotte da giovani, +0,2%, dopo il +4,1% del quarto trimestre 2018 e

il +2,7% del primo del 2019, secondo quanto rileva l'Ismea.

(5)

Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.

Data 06/10/2019

Pagina 16

Foglio 1

Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.

ATTILIO BARBIERI

■I dazi imposti dagli Stati Uniti co- me ritorsione per gli aiuti di stato con- cessi da Francia e Germania all’Air- bus ci danneggeranno parecchio. Le mancate vendite di burro, formaggi e salumi - per la lista si veda l’infografi- ca a fianco - potrebbero arrivare fino a mezzo miliardo di euro. Certo resta l’amaro in bocca perché la ritorsione autorizzata dall’Organizzazione mon- diale del commercio, la Wto, e chie- sta da Trump colpisce i campioni del made in Italy senza che le nostre im- prese ci abbiano guadagnato un cen- tesimo, visto che gli stabilimenti da cui escono i jet Airbus si trovano in Germania, Francia e Spagna.

Semmai sarebbe stato più equo che le tariffe doganali si abbattessero sui prodotti tedeschi, francesi e spa- gnoli. Ma non è un caso se nella lista nera stilata dal dipartimento del com- mercio americano che scatteranno dal 18 ottobre, ci sono finiti anche i nostri. Trump ha approfittato del di- sco verde della Wto per soddisfare le richieste pressanti dei formaggiai americani. Da tempo la National Milk Producers Federation, associa- zione che riunisce i produttori di due terzi del latte americano, domanda- va alla Casa Bianca di intervenire sull’Unione europea contro le indica- zioni geografiche, vale a dire le Dop (Denominazione di origine protetta) e le Igp (Indicazione geografica pro- tetta) che secondo gli americani rap- presentano un ostacolo alla libera cir- colazione delle merci. Una visione di- storta e opportunistica, che mira a sdoganare i tarocchi «made in Ameri- ca», dal Parmesan al Romano Chee- se, fino al Wisconsin Provolone.

NOMI COMUNI ALIMENTARI La posizione dei grandi taroccatori a stelle e strisce è nota: quelli che noi consideriamo Dop e Igp, secondo lo- ro sono «nomi comuni alimentari»

che non meritano alcuna protezione.

Ad illustrare questa visione è stato di recente Errico Auricchio, il cugino del nostro Giandomenico (il re del Provolone), che nel corso di un inter- vento ad una fiera agroalimentare a Cremona, ha presentato uno studio in base al quale, nel solo mercato

Usa, le indicazioni geografiche italia- ne provocherebbero ai formaggiai statunitensi un danno pari a 5 miliar- di di dollari sottoforma di vendite mancate dei loro tarocchi.

Di nuovo, rispetto alla campagna che i falsari americani stanno condu- cendo da anni contro le specialità del Belpaese, c’è che vogliono invadere il nostro mercato con i loro tarocchi. Il progetto è svelato da un documento ufficiale della National Milk Produ- cers Federation pubblicato dal sito web di una storica rivista del settore, Hoard’s Dairyman, in cui allevatori e formaggiai d’oltreoceano scoprono le carte. «Le autorità commerciali do- vrebbero affrontare l’abuso da parte della Ue di indicazioni geografiche», si legge nel documento, «volto a limi- tare la concorrenza degli esportatori di formaggi dagli Stati Uniti che usa-

no nomi comuni alimentari. Invece di competere testa a testa con alimen- ti di alta qualità di produzione ameri- cana consentendone la coesistenza a fianco delle indicazioni geografiche, l’Europa blocca le vendite dei prodot- ti alimentari Usa e preme su altri Pae- si perché facciano altrettanto».

UN AVVERTIMENTO

Ma non è finita. «Quale modo mi- gliore per ridurre il deficit commer- ciale degli Stati Uniti con l’Europa», aggiunge il documento, «se non ven- dendo nella Ue i formaggi america- ni?», concludendo che «le tariffe di ritorsione sono un’indicazione che il commercio deve essere un commer- cio bilaterale». Più chiaro di così si muore. I dazi sono un avvertimento all’Unione europea, che deve aprire le proprie frontiere ai tarocchi prodot- ti dai formaggiai americani.

«Il documento della National Milk Producers Federation rende esplicita la volontà del governo americano di fare guerra alle indicazioni geografi- che europee», spiega il presidente del consorzio di tutela del Parmigia- no Reggiano Nicola Bertinelli che ha scoperto il documento americano, «e finalmente è chiaro per quale motivo nell’elenco dei prodotti soggetti a da- zio aggiuntivo del 25% ci siano solo determinate indicazioni geografiche italiane, come il Parmigiano Reggia- no. I dazi non sono altro che una ri- picca perché l’Europa tutela le Dop registrate».

Ora bisognerà vedere fino a che punto Bruxelles è disposta a difende- re i campioni del made in Italy a tavo- la. Contrariamente a quel che pensa- no gli americani, i negoziatori euro- pei non sono così intransigenti come sembrerebbe. Non a caso, con il trat- tato Ue-Canada, il Ceta, hanno rico- nosciuto di fatto i tarocchi canadesi, permettendo la «doppia circolazio- ne»: Dop e doppioni. Significativo in proposito l’appello di Bertinelli: «Noi non permetteremo mai agli america- ni di vendere in Italia il Parmesan, e questo vale per noi, così come per tutti gli altri consorzi di tutela delle indicazioni geografiche italiane. La politica italiana e europea deve esse- re a fianco dei consorzi di tutela».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Libero Economia

LA VERITÀ SUI DAZI

Gli americani vogliono invaderci con il Parmesan

Il consorzio del Parmigiano Reggiano scopre un documento della più potente lobby Usa nel lattiero caseario che plaude alle tariffe di Trump sui campioni del made in Italy: «Così l’Europa capirà che deve aprire il suo mercato ai nostri formaggi»

■Un’iniziativa con- creta per difendere il made in Italy e contra- stare il fenomeno dell’italian sounding.

La Federalimentare as- sieme a Cibus contro questa pratica che fa ri- corso alla evocazione fraudolenta dell’origine italiana di un prodotto attraverso simboli, no- mi, marchi, immagini, ha deciso di istituire un presidio all’Anuga 2019, la più grande fiera al mondo dedicata all’alimentare, in pro- gramma a Colonia e ini- ziata ieri. Quest’anno, in collaborazione con l’Associazione Italian Sounding, Federalimen- tare predispone un de- sk denominato «Au- thentic italian check point» per individuare eventuali tarocchi pre- senti in fiera e segnalarli immediatamente alle autorità tedesche. Chie- dendone il sequestro.

«Oltre al desk, gli opera- tori potranno segnalare casi di sospetto italian sounding riscontrati ne- gli stand espositivi di Anuga scrivendo una e-mail all’indirizzo di posta elettronica madei- nitaly@federalimenta- re.it».

Nelle ultime edizioni dell’Anuga si sono verifi- cati diversi casi di segna- lazioni per prodotti che imitavano chiaramente i campioni del made in Italy a tavola. Incluse le Dop e le Igp.

A.B.

FEDERALIMENTARE Caccia ai falsi alla fiera Anuga aperta a Colonia

DOP E IGP NEGATE

■ Gli americani negano l’unicità dei nostri prodotti a indicazione geografi- ca. Secondo loro si tratta di «nomi comuni alimentari».

L’AURICCHIO AMERICANO

■ A guidare l’opposizione ai nostri prodotti è il Consortium for common food names, che ha tra i fondatori Errico Auricchio, il cugino espatriato di Giandomenico, il re del Provolone.

DOPPIA CIRCOLAZIONE

■ Il trattato Ue-Canada, il Ceta, pre- vede la doppia circolazione sul merca- to canadese di Dop e doppioni.

La scheda

IL 4, 5 e 6 Ottobre la mela di AISM scende in piazza

In 5000 piazze italiane potrai dare il tuo contributo per sostenere la ULFHUFDVFLHQWLĆFDVXOODVFOHURVLPXOWLSODHSRWHQ]LDUHLVHUYL]LGHVWLQDWLDOOH

SHUVRQHFROSLWHODPDJJLRUSDUWHGHOOHTXDOLVRQRJLRYDQLWUDLHDQQL

Scegli la Mela di AISM, vieni in piazza.

7URYDTXHOODSL»YLFLQDVXZZZDLVPLWPHOD DONA AL 45512

HXURFRQ606GDFHOOXODUH:,1'75(7,092'$)21(3267(02%,/(,/,$'&22392&(7,6&$/,

HXURFRQFKLDPDWDGDUHWHĆVVD7:7&219(5*(1=(3267(02%,/(

RHXURFRQFKLDPDWDGDUHWHĆVVD7,092'$)21(:,1'75()$67:(%7,6&$/, www.aism.it/mela

Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica

&RQLOSDWURFLQLRGL

2019

VkVSIyMjVm9sb0Vhc3lSZWFkZXJfTW9ucmlmIyMjZDExZTRkNTYtZjg4Yy00NjMyLTk2ODAtY2UyOGRmY2UzYjM3IyMjMjAxOS0xMC0wNlQxMDo1NTowMSMjI1ZFUg==

(6)

Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.

Data 06/10/2019

Pagina 17

Foglio 1

Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.

.

l’ente di tutela martedì al forum di bruxelles

Riso, il pressing sull’Ue

“Il Myanmar aggira i dazi Servono regole più rigide”

In Italia nel 2019 le terre coltivate aumentano dell’1,8%

E a difesa del made in Italy arriva l’impronta vegetale

IL CASO

Il Consorzio cambia le regole: «Così più export»

Chianti più dolce per volare in Cina

MAURIZIO TROPEANO INVIATO A CASTELLO D’AGOGNA (PV) Per arrivare al caveu bisogna superare due spesse porte d’acciaio protette da codici di sicurezza alfanumerici. In quella grande sala dove la tem- peratura non supera mai i 4 gradi, però, non ci sono lingot- ti d’oro, gioielli o banconote.

Nella banca del germoplasma di Castello d’Agogna, in pro- vincia di Pavia, nel cuore della pianura padana, infatti, sono custodite oltre 1500 sementi, la cultivar più antica, il Berto- ne, risale al 1819. Un patrimo- nio genetico unico che grazie a costanti e continue innova- zioni tecniche cerca di gover- nare il processo di selezione.

Attraverso incroci mirati, in- fatti, si possono ottenere risi sempre più produttivi, resi- stenti agli agenti patogeni, al- la siccità, alla salinità, alti, bas- si, pigmentati, aromatici, non ogm. La risicoltura nazionale ha bisogno soprattutto di va- rietà che producano molto, a dispetto di terreni sempre più

poveri per il succedersi della monocoltura ma anche in gra- do di resistere ad eventuali malattie.

Ma la ricerca serve anche per individuare gli strumenti in grado di rafforzare la difesa delle eccellenze del made in Italy da contraffazioni e dalla pirateria di chi usa, e abusa, dell’italian sounding. I ricerca- tori hanno completato gli stu- di per realizzare l’impronta ve- getale, una sorta di carta d’i- dentità, che permette di identi- ficare e garantire 30 varietà.

Uno strumento che dovrebbe diventare operativo tra il 2020 e il 2021.

Questo è il futuro, però. Il presente è legato ad un’anna- ta che si annuncia positiva, la superficie coltivata è stimata in 221 mila ettari, 3805 in più rispetto al 2018, e all’applica- zione ancora parziale della de- cisione dell’Ue di ripristinare i dazi sulle importazioni di riso indica da Cambogia e Myan- mar. Nel primo caso si è regi- strato un rallentamento men-

tre nel secondo, invece, c’è sta- to un boom dell’import di japo- nica, 80 mila tonnellate, che ha fatto scattare il campanello d’allarme all’ente di tutela. Il motivo? «Il Myanmar - spiega il direttore Roberto Magnaghi - ha cambiato tipologia di riso dopo l’attivazione della clau- sola di salvaguardia sul riso in- dica di fatto aggirando il mec- canismo». Per questo motivo martedì prossimo a Bruxelles, nel corso del terzo forum euro- peo del settore, «chiederemo di rivedere il regolamento Ue 978/2012 per rendere auto- matica la clausola di salva- guardia e di prevederne l’ ap- plicazione anche in caso di danno potenziale, od accerta- to a carico dei produttori agri- coli». Secondo Magnaghi è ne- cessario « contrastare vera- mente le violazioni dei diritti umani accertate dalla Com- missione europea in Cambo- gia e Myanmar». Tra le altre ri- chieste che saranno presenta- te al tavolo europeo c’è anche quella che punta ad ottenere

che il riso sia considerato co- me «prodotto sensibile» nei ne- goziati per la definizione di ac- cordi bilaterali di libero scam- bio tra l’Ue e i paesi terzi. Per Magnaghi, poi, è necessario

«indicare l’origine in etichetta e garantire regole di reciproci- tà nell’utilizzo dei fitofarmaci nell’Ue e nell’ambito della “im- port tolerance” rivedendo le norme concernenti i residui fi- tosanitari ammessi ed i relati- vi tempi di smaltimento del ri- so trattato o importato». —

c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

LARA LORETI FIRENZE

C

hi scommetterebbe

che 4-5 grammi di zucchero, in un litro di vino, possanovale- re fino a 40-50 milioni di euro?

Il gusto dei wine lover cambia e si porta dietro il valore dei

mercati. Il Consorzio del Vino Chianti ha modificatoilsuo di- sciplinare: il residuo zuccheri- no consentito nel rinomato vi- no toscano, finoa ieri presente in 4 grammi per litro, oggi può arrivare a un massimo di 9. Di fatto un raddoppio, non un ob- bligo ma una possibilità che viene data ai viticoltori per an- dare incontro al gusto dei con- sumatori, soprattutto dei Pae-

si esteri, nord Europa, ma an- chee soprattutto nuovi merca- ti, Cina e SudAmerica, facen- do un vino più rotondo. Una scelta che apre un dibattito.

«Questa decisioneci permet-

te di aumentare già dal prossi- mo anno di un 10-15% l’ex- port, che rappresenta il 70%

dei nostri 400 milioni di fattu- rato annui», spiega il presiden- te delConsorzio, Giovanni Bu- si. Un grande business, quello dello storico vino abase diSan- giovese: il consorzio conta 2700 aziende che conferisco- no uve e 700 imbottigliatori, per un totale di 100 milioni di bottiglie all’anno. E una pro- spettiva di crescita legata pro- prio allo zucchero – e quindi al gusto meno spigoloso del vino – che secondo le previsioni dei produttori attiverà un circolo virtuoso. «Grazie all’aumento di vendite, avremo a disposi- zione più soldi che useremo per ristrutturare gli impianti dei vigneti più vecchi che po- tranno rendere fino al 50-60%

in più di produzione (le rese oggisono 110 quintali peretta- ro). Nel giro di 7-8 anni la pro- duzione di bottiglie aumente- rà del30%», dice Busi.

Il nuovo disciplinare coin- volge già la vendemmia 2019.

Ma niente paura per i puristi dei tannini: il Chianti resta nei vini secchi. «Stessa consisten- za, più gentilezza, ciò cheman- cava», commenta Busi. E l’este- roringrazia. «Guardiamo mol- to alla Cina, polmone per l’ex- port, unico posto dove si può crescere – spiega Busi – E al l’A- merica del Sud, in attesa di ve- dere come finirà la trattativa del Mercasur». Ma questa ope- razione serve anche per mante- nere i mercati europei già con- solidati che nel 2018 hannosu- bìto flessioni. «Non possiamo permetterci di perdere quote

in Finlandia per dare spazio ai vini cileni che sono più grade- voli dei nostri. È giusto mante- nere un’alta tannicità quando nei Paesi tradizionali perdia- mo mercato? Nel 2018 in Ger- mania abbiamo perso il 15%, anche a causa della crisi di Ber- lino. In Usa (+ 2%), e in Italia (+ 4%) cresciamo, maingene- rale nel 2018 abbiamo perso il 2-3% nonostante il Chianti sia un brand forte». E il mercato italiano come reagirà? «Non credo che ci saranno flessioni – risponde Busi – Avremo gli stessi valori di zucchero previ- sti ad esempio nel Barolo e in altri vinicome il Sassicaia.Inol- tre chi tra i nostri produttori ha clienti che prediligono un gu- sto più secco potrà continuare a usare meno zucchero». —

cBY NC NDALCUNI DIRITTI RISERVATI

Una nuova agricoltura per cambiare il clima

GIORGIA CANALI

L’

altra settimana si è parlato molto di cri- si climatica in occa- sione del Climate ac- tion Summit delle Nazioni Unite. Slow Food lo ribadisce da tempo, l’agricoltura è una delle attività che maggior- mente contribuiscono all’e- mergenza climatica, ma ne

costituisce anche una possibi- le soluzione. Soprattutto se parliamo di tutela dei territo- ri e del ruolo dei pascoli. Te- mi questi, al centro dei dibat- titi in Italia e in Francia nelle ultime settimane. A Rennes, infatti, si è recentemente con- cluso il Salone internaziona- le dell’allevamento (Space) dedicato proprio al cambia- mento climatico, per stimola- re la presa di coscienza degli allevatori. Non dimentichia- mo infatti che secondo alcu- ne stime il bestiame è respon- sabile di almeno il 50% delle emissioni agricole di gas ser-

ra e del cambiamento di desti- nazione d’uso del terreno (prima di tutto la deforesta- zione). Nonostante la mag- gior parte continui a persegui- re un modello industriale, pur mettendo in pratica alcu- ni adattamenti, c’è già una piccola percentuale che pre- ferisce cambiare sistema inve- ce di cercare accorgimenti a quello convenzionale. E lo fa producendo autonomamen- te mangime per i propri ani- mali e vendendo localmente i prodotti, sostenendo con for- za come sia fondamentale realizzare un’agricoltura so-

stenibile per valorizzare la terra, assorbire le emissioni e ottenere cibo di qualità, tutto ciò prendendosi cura del ter- reno su cui vivono e pascola- no gli animali. Parallelamen- te a Bra in occasione di Chee- se abbiamo messo in luce l’ef- fetto positivo dei pascoli ben curati sull’ambiente da diver- si punti di vista. Innanzitutto trattengono maggiore CO2 ri- spetto ai boschi perché han- no un sistema radicale più svi- luppato; permettono di con- servare il paesaggio, rafforza- no la biodiversità della flora ma anche della fauna; rendo-

no le zone montane fruibili, diversamente dalla boscaglia selvaggia e abbandonata a sé stessa; riducono il rischio idrogeologico dovuto a una montagna mal gestita. Senza contare che i prodotti deri- vanti da animali che si nutro- no di erba e pascoli curati so- no più gustosi e hanno ricadu- te positive sulla nostra salu- te. Insomma, come spesso ac- cade, proteggendo ambiente e pianeta, tuteliamo la nostra salute e il piacere di godere di un cibo buono, pulito, giusto e sano. —

c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

berlucchi academia

Ambiente ed enologia I territori sostenibili in Franciacorta

Nella banca del germoplasma custodite 1500 varietà, la più antica, la cultivar Bertone, è del 1819

aGricoltura

Busi, presidente del Chianti

«I tempi e gli scenari dell’e- nologia - ma più in generale il rapporto con l’ambiente di cui dovremmo essere custo- di - sono cambiati profonda- mente e sopratutto rapida- mente. Per questo, dobbia-

mo adattare velocemente la nostra visione imprendito- riale ad un futuro che non at- tende, aprendoci ad altre esperienze e confronti». Ro- berto Zuliani, presenta così la prima edizione dell’«Aca- demia Berlucchi», che ha af- frontato il tema dei «territori sostenibili», a partire dalla Franciacorta, dal punto di vi- sta dell’arte, delle pratiche agricole, del cibo dell’archi- tettura e del design, passan- do per l’ambiente.

DOMENICA 6 OTTOBRE 2019LASTAMPA

17

aGricoltura

VkVSIyMjVm9sb0Vhc3lSZWFkZXJfTW9ucmlmIyMjZDExZTRkNTYtZjg4Yy00NjMyLTk2ODAtY2UyOGRmY2UzYjM3IyMjMjAxOS0xMC0wNlQxMDo1MDoyNCMjI1ZFUg==

(7)

Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.

Data 06/10/2019

Pagina 31

Foglio 1

Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.

S

enza un adeguato adde-

stramento del cervello, cioè senza l’educazione di genitori istruiti e della scuola, saremmo tutti creduloni e fanatici. Sa- remmo prede di false credenze che og- gi chiamiamo anche pseudoscienza.

Credere cose non vere come miti, su- perstizioni, magie, cure miracolose, false spiegazioni, o non credere cose vere come l’efficacia dei vaccini, il cam- biamento climatico, Xylella come cau- sa della malattia degli ulivi, etc. non è anomalia. E’ la conseguenza del modo normale di funzionare del cervello. Nel mondo preistorico aiutava a sopravvi- vere. Oggi è meglio conoscere come stanno i fatti. Solo un’istruzione strut- turata e l’allenamento mettono sotto controllo schemi decisionali intuitivi che non portano alla verità, ma alla di- sinformazione soddisfacente.

Nelle discussioni sui possibili ri- medi contro superstizioni e pseudo- scienze si dà per scontato che scettici- smo e razionalità sarebbero a portata dei cittadini se questi usassero il «pen- siero critico». Quasi mai si spiega cosa sia il pensiero critico, lasciando inten- dere che sarebbe a disposizione di tut- ti, ma intenzionalmente ignorato.

Qualcuno pensa che serva a corregge- re le distorsioni nella psicologia delle decisioni. Non è proprio così. Serve piuttosto a cambiare l’epistemologia personale, cioè a capire come si pro- duce conoscenza valida e a ricono- scerla. Per questa via consente di di- ventare consapevoli delle trappole rappresentate da euristiche e bias, e si nutre di ragionamento statistico.

L’espressione «pensiero critico» fu usata nel 1910 dal filosofo John Dewey che lo chiamava anche «pensiero ri- flessivo» una “attiva, persistente e at- tenta considerazione per qualunque credenza o supposta forma di cono- scenza, esaminata alla luce dei suoi fondamenti e delle ulteriori conclusio- ni a cui tende”. Per Dewey il modello era l’indagine scientifica e in diverse opere difese la tesi che la cittadinanza democratica implica familiarità con il metodo scientifico. Negli anni Trenta numerose scuole americane adottaro- no il pensiero critico come scopo edu- cativo. Le valutazioni empiriche del suo insegnamento dimostravano, do- po gli anni Sessanta, che migliorava l’alfabetizzazione relativa alla scienza negli studenti delle scuole superiori.

Ma gli effetti non furono massicci. An- zi, negli anni Ottanta gli Stati Uniti era- no una «nazione a rischio» per il ritar- do dell’istruzione. Intanto, la ricerca te- orica faceva coincidere il pensiero criti-

co con il metodo del controllo empirico delle ipotesi, che è tipico non solo della scienza ma di qualunque ricerca cono- scitiva che proceda usando prove.

Agli inizi del nuovo millennio si ca- piva che il pensiero critico non può es- sere insegnato come tale, come se fos- se un’abilità, per esempio andare in bicicletta, che una volta appresa può essere applicata in diverse situazioni.

Se si dice a uno studente di «esamina- re un problema da più punti di vista», imparerà che deve farlo e come in teo- ria si dovrebbe fare, ma se non ne sa abbastanza del problema non può pensarci da diverse prospettive. Si possono insegnare le regole su come si dovrebbe pensare, ma senza cono- scenze di base e una pratica costante, gli studenti non saranno in grado di mettere in atto tali regole. Se questo vale per uno studente, cosa dire della singolare idea di insegnare agli adulti a pensare criticamente?

Il pensiero critico, con le sue carat- teristiche di ragionamento astratto e metacognitivo, non si sviluppa spon- taneamente. Richiede contesti e l’ac-

quisizione di conoscenze biologica- mente secondarie. Gli studi di Jean Piaget e di Deanna Kuhn mostrano che solo dopo l’età di 11-12 anni i ragazzi possono usare il pensiero astratto e capire come stabilire criticamente at- traverso prove quale tra due ipotesi è valida, o se sono sbagliate entrambe.

Una percentuale elevata di individuo

rimarrà comunque ferma a stadi epi- stemologici pre-critici, malgrado ab- bia seguito corsi scolastici. Il fatto risa- puto è che un’epistemologia pluralista e criticamente valutativa può matura- re anche lavorando in ambiti conosci- tivi diversi dalla scienza.

La credenza che i bambini sarebbe- ro pensatori critici innati, ovvero

scienziati in erba è sbagliata. I bambini non sanno pensare contro-intuitiva- mente e possono anche imparare no- zioni complesse, come il concetto di selezione naturale, ma le dimenticano.

Recentemente, a 10mila bambini ugandesi si sono insegnate, usando accorgimenti didattici che veicolano i principi della evidence based medici- ne, importanti nozioni metodologiche per orientarsi nelle conoscenze di sa- nità pubblica. La domanda è: quanto a lungo manterranno questi concetti in assenza di un contesto socioculturale e politico-economico adeguato? Il pensiero scientifico non è naturale e i bambini sono spontaneamente essen- zialisti e finalisti, quindi restii a ricono- scere le cause reali dei fatti. Inoltre, non riescono a non investire emotivamen- te nella teoria (o credenza), che cercano di difendere in modo strenuo, dalle prove contrarie. Spesso nemmeno gli scienziati riescono mantenere un di- stacco dalle loro teorie.

Sono stati condotti studi per valu- tare se e quale tipo di pensiero critico abbia effetti di correzione rispetto al- le credenze nel paranormale, nella pseudoscienza o alla suscettibilità verso le disinformazioni. In generale, insegnare ad analizzare riflessiva- mente i problemi, le fonti e le prove riduce le credenze infondate. L’effet- to si osserva anche esponendo gli stu- denti al solo materiale didattico, e ri- sulta più marcato con gli studenti dei corsi di eccellenza, che hanno già un bagaglio di conoscenze e propensioni critiche verso le disinformazioni, ac- quisto in famiglia.

Non era previsto che la specie uma- na inventasse la scienza, che ha portato a società complesse, razionali e innatu- rali, che sono oasi di relativo benessere circondate da una naturale palude di irrazionalità, sempre pronta a inghiot- tirle. Gli effetti sociali della scienza si sono fatti sentire dagli ultimi decenni dell’Ottocento quando l’insegnamento del metodo sperimentale e delle teorie scientifiche è entrato nelle scuole e si è progressivamente diffuso orizzontal- mente e verticalmente. Il pensiero cri- tico è davvero l’antidoto contro le in- tossicazioni pseudoscientifiche, ma per usarlo appropriatamente si deve capire la composizione, e come e quan- do somministrarlo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Gilberto Corbellini sarà oggi alle 15 a Torino presso l'Oratorio San Filippo Neri per presentare il suo ultimo volume «Nel paese della pseudoscienza.Perché i pregiudizi minacciano la nostra libertà», Feltri- nelli Milano, pagg.276, € 18

Pseudoscienza. Solo un’istruzione strutturata e l’allenamento mettono sotto controllo schemi decisionali intuitivi che non portano alla verità. Il pensiero critico è l’unico antidoto efficace contro le false credenze

Un cervello che riconosce le bufale

Gilberto Corbellini

BergamoScienza

Quando l’agricoltura fa male all’ambiente

Francesco Salamini

I

n un futuro non lontano, l’approvvi- gionamento di cibo può entrare in uno stato di crisi. Esiste, cioè, la pro- babilità che a livello planetario si di- sponga di meno cibo di quanto neces- sario. Per sé, questa è una notizia catti- va, ma è ancora peggiore se si conside- ra l’interazione tra agricoltura e ambiente: sarebbe necessario arare più terre, o usare più acqua per irrigare i coltivi, o abbattere più foreste, o usare più prodotti agrochimici.

Questo però peggiora la salute degli ecosistemi. Il lettore osserverà che da molti anni siamo esposti a questi dubbi e litanie, ma che la realtà e la capacità di intervento umano li ha poi vanificati.

Anch’io ho considerato simili possibi- lità… fino al 2018, quando un articolo di un autorevole gruppo di scienziati (Sprigmann et al., 2018. Nature doi.org/10.1038) dimostrò che tra il 2010 e il 2050 l’impatto dell’agricoltura sull’ambiente può aumentare del 50- 90 % e, soprattutto, che può andare ol- tre i limiti di abitabilità del pianeta. La prima considerazione su quei dati - pubblicati dalla più autorevole rivista scientifica del mondo - mi rese ansioso (Treccani: stato di apprensione, dovu- to a timore, incertezza, attesa di qual-

cosa). Questo, non tanto per il pericolo adombrato, quanto per la possibilità che lo stato dell’arte descritto non fos- se, in generale, recepito nella sua gravi- tà. Non è stato il caso: le cinque più au- torevoli organizzazioni internazionali che si dedicano alle produzioni agrico- le, al cibo e alla salute (i loro acronimi sono FAO, IFAD, UNICEF, WFP, WHO), nel 2019 hanno congiuntamen- te prodotto un corposo documento che conferma le conclusioni di Sprigmann.

Se lo scenario è questo, cosa fare? Il tentativo di risposta deve considerare che quando si discute di modelli agri- colo-sociali, il futuro viene immagina- to con visioni molto diverse, e, soprat- tutto, contrapposte; semplificando, un giornalista anglosassone le ha definite la visione dei profeti e quella dei maghi.

Wiliam Vogt è il più noto rappresen- tante dei profeti dell’Ambientalismo apocalittico: la sua soluzione è il ritor- no a epoche preindustriali, una solu- zione inattuabile a causa dell’impossi- bilità di gestire la forza lavoro: i nipoti di quelli che hanno abbandonato l’agricoltura sono inurbati e non han- no nessun desiderio di ritornare alla terra e alle sue fatiche. Norman Bor- laug, premio Nobel per la pace, è l’ar-

chetipo dei maghi, un Tecno-ottimista:

la tecnologia offre soluzioni; si può ri- durre il numero di agricoltori e mante- nere bassi i prezzi dei prodotti agricoli, producendo di più, cioè innovando.

Chi scrive è un tecno-ottimista, con- vinto però che i sistemi agricoli attuali sono suscettibili di significativi miglio- ramenti nei contenuti di agroecologia.

La necessità futura di produrre ancora più cibo, tuttavia, richiede che l’agri- coltura rimanga altamente intensiva.

Tra i sistemi alternativi all’agricol- tura convenzionale, l’agricoltura bio- logica si distingue per mantenere la di- versità tra varietà e tra specie coltivate, per l’uso di coperture vegetali e per escludere concimi e antiparassitari di sintesi. Rappresenta un approccio da considerare in previsione del 2050. Ha i suoi problemi: un difficile controllo delle infestanti e dei parassiti, una ri- dotta disponibilità di concime organi- co, la produttività del lavoro ridotta del 22-95%. Dovrebbe essere influenzata più dalla scienza che dalla tradizione, cioè si dovrebbe aprire all’innovazione.

Una realistica possibilità di creare nuovi sistemi agricoli richiederebbe un deciso intervento sui genomi delle piante agrarie per renderle immuni

dalle malattie; gli sviluppi in atto per questo settore rendono l’obiettivo del tutto perseguibile. Anche la tra- sformazione dei cereali annuali in piante perenni avrebbe evidenti van- taggi per la fertilità dei suoli e la bio- diversità dei campi coltivati. Metodi e procedure biotecnologiche adatti alle ricerche indicate sono disponibili ed efficaci. Anche la pianificazione politica di come realizzare la nuova agricoltura non è difficile da compor- re: è facile precisare, in termini gene- rici, le linee di intervento.

Complesso è tradurle in azioni di ri- cerca, ipotesi di sviluppo, forme di di- vulgazione e adozione dei trovati. In- fatti, mentre nel passato le transizioni tra sistemi e tra sottosistemi agricoli erano determinate solo dalla tecnolo- gia, oggi coinvolgono componenti so- ciali che richiedono la percezione dei problemi, una visione, la definizione di soluzioni, la considerazione di principi agro-ecologici. Una difficoltà è che l’eventuale accettazione del nuovo o di altre misure dipendono da decisioni plurime, spesso incerte e influenzate a priori da decisioni poco attuabili in specifiche situazioni locali.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

A Torino

Gilberto Corbellni è tra gli ospiti di Portici di Carta, la manifestazione di promozione del libro e della lettura che è si è aperta ieri a Torino con la XIII edizione dedicata ad Andrea Camilleri. Due chilometri di librerie e oltre 150 tra librai, editori piemontesi e bouquinistes, incontri, dibattiti, grandi autori italiani e internazionali, laboratori per

bambini, itinerari alla scoperta della città e passeggiate letterarie. Tra gli ospiti:

Antonio Scurati durante l’anteprima di venerdì 4, Mario Calabresi, Gioele Dix, Federico Faloppa, Fabio Geda, Antonio Manzini, Andrés Neuman, Anna Nogara, Luca Scarlini, Irene Soave e Chiara Valerio, per la chiusura di lunedì 7. Info e programma su

porticidicarta.it PORTICI DI CARTA

Fino al 20 ottobre

Nell’ambito della XVII edizione del festival di divulgazione scientifica BergamoScienza

(www.bergamoscienza.it) domenica 20 ottobre alle ore 11.30 al Centro Congressi Giovanni XXIII in È possibile sfamare il mondo in modo sostenibile?, Francesco Salamini, uno dei massimi esperti italiani nel campo della biotecnologia applicata, insieme alla biologa Paola Bonfante e all’esperto di genetica agraria Carlo Pozzi, rifletterà sulla capacità degli uomini di produrre e ridistribuire il cibo. Inaugurata ieri,per 16 giorni BergamoScienza anima la città con eventi tutti gratuiti – conferenze, laboratori interattivi, spettacoli, mostre – con scienziati di fama internazionale, che tratteranno di scienza in modo interdisciplinare e con un linguaggio accessibile a tutti. La chiusura del festival, domenica 20 ottobre, sarà affidata al Premio Nobel per la Chimica 2001, Barry Sharpless, padre della click-chemistry IL FESTIVAL

A Lodi Massimo Berruti, Epidemic, nell’ambito del Festival della Fotografia Etica (fino al 20 ottobre )

Senza dogmi

Scienza, perchè ha senso fidarsi

Nicla Vassallo

T

ralasciando, al momento, altri pregi, Why Trust Science?, di Naomi Oreskes (professore di storia della scienza e professore affiliato di scienze planetarie), presenta un indiscutibile valore, quello di non sollevare polemiche, cosa che, in- vece, avviene spesso nel nostro pa- ese, ove tale pratica funziona bene, ovvero accalappia e incanta il pub- blico, sia coloro che della scienza si fidano, sia coloro che non si fidano.

Why Trust Science? costituisce un’eccellente carrellata di tesi filo- sofiche, priva di crepe in cui il valo- re – valore della scienza inteso non in senso normativo – viene difeso senza dogmi, anzi in relazione pu- re ai possibili valori religiosi. Al fi- ne di ottenere ciò, Naomi Oreskes impone una preliminare e un’acu- ta analisi dell’approccio scientifi- co: empirismo, induttivismo e fal- libilismo e via dicendo – di matura utilità anche quando tentiamo di far della docenza universitaria, ol- tre che della ricerca, ma non tutti/e i docenti universitari italiani lo sanno. Lo scopo ultimo? Giungere a comprendere che la scienza cor- retta, o “buona”, è una scienza che chiama in campo un tipo di collet- tività, scienza la cui oggettività non consiste nell’ambire a un’oggetti- vità assoluta, bensì nel radicare, senza cadere nel soggettivismo, una qualche oggettività in quelle pratiche sociali che gli scienziati, mai individualisti, portano avanti, palesemente attraverso errori, cri- tiche e correzioni.

Pur accessibile Why Trust in Science?, dà forse troppo sconta- to, e così non costituisce un volu- me né da pivelli, né da neofiti. Da una parte, in quanto solleva temi basilari non solo della filosofia della scienza, bensì pure della te- oria della conoscenza, dall’altra in quanto pone in campo la deci- siva questione del metodo scien- tifico, provocando quasi il dubbio che si dia un unico metodo. Eppu- re il consenso sociale, benché perfettibile costituisce, a parere di Oreskes, il trampolino di lancio per attestare l’oggettività della stessa scienza, nonché la fiducia da riporsi in essa.

Il volume offre una felice oc- chiata sulla scienza, ma anche una storia più che recente della scienza stessa. Ed è scritto, in modo tale da chiarire all’uomo di strada e al do- cente di strada, le basi per nutrire fiducia nella scienza (ma di quali scienze?) a domande «quotidia- ne». Alcuni esempi: i medici sanno davvero ciò di cosa parlano quando affermano che occorre vaccinarsi?

E che dire di quegli altri esperti quando ci segnalano che il nostro clima è viepiù a rischio; o di altri ancora relativamente alla possibi- lità di riporre fiducia nella scienza benché i nostri politici non confi- dino nella scienza stessa.

Naomi Oreskes, in Why Trust Science?, getta un sasso nello sta- gno italiano della «pratica» della sola filosofia generale della scien- za, pratica sempre più nebulosa.

Non si può ormai disconoscere il frazionamento della filosofia della scienza in «sotto-discipline», quali la filosofia della fisica, la filosofia della chimica, la filosofia della bio- logia, la filosofia della medicina, la filosofia della psichiatria e via di- cendo, e ciò non consta in un male anzi, a patto però che ci si specia- lizzi in tali discipline, possedendo una buona conoscenza sia dei car- dini della filosofia generale, sia della scienza specifica a cui appli- chiamo la prima. E, purtroppo ciò accade raramente. Per di più, rima- ne troppo spesso aperto il proble- ma dello status epistemico della scienza, che non si può certo solo ricondurre a quello del metodo e a quello dell’oggettività.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

WHAY TRUST SCIENCE?

Naomi Oreskes Princeton University Press, Princeton, pagg. 336, £ 20 Divulgazione

scientifica La manifestazione è alla XVII edizione

TIRANNICIDIO AL CENTRO DELLA SCENA

POLITICA EUROPEA

Il sovrano Il principe, il despota e il tiranno sono

figure della politica europea

moderna e si possono meglio

comprendere partendo dalle osservazioni

lasciate da pensatori come Jean Bodin (1530-

1596, nella foto) o, nel secolo successivo, Hobbes e Spinoza.

Il tirannicidio fa parte di questa storia e si può affermare che quasi ogni monarca, vissuto tra Rinascimento e Illuminismo, abbia subito degli

attentati. Ora un volume, pubblicato da Honoré Champion a Parigi, raccoglie una serie di saggi in francese e inglese dedicati

alla figura del sovrano nel periodo in cui

l’Europa era il centro del mondo. Sotto la direzione di Myriam-Isabelle Ducrocq e Laïla Ghermani ecco Le Prince, le despote, le tyran: figures du souverain en Europe de la Renaissance aux Lumières (pagg. 334, € 58)

VkVSIyMjVm9sb0Vhc3lSZWFkZXJfTW9ucmlmIyMjZDExZTRkNTYtZjg4Yy00NjMyLTk2ODAtY2UyOGRmY2UzYjM3IyMjMjAxOS0xMC0wNlQxMDo0MzoyNiMjI1ZFUg==

Riferimenti

Documenti correlati

con Marco Appoggi (Ente Vicentini nel Mondo), Giulio Mattiazzi (sociologo), Raffaele Consiglio (segretario generale Cisl Vicenza), William Jourdan (pastore assegnato alla chiesa

dal 18 al 28 maggio 2017 a Vicenza, Verona, Padova, Rovigo, Trento, Vittorio Veneto un modo nuovo.. per incontrare

Il cremasco fa propria un’istanza di fondo del positivismo, quella di limi- tarsi ai “fatti”, ma corregge ed allarga l’accezione e l’estensione di questo ter- mine, per cui anche

In considerazione della visibilità ridotta, per tutti è utile: pulire i vetri, assicurarsi della efficienza dei fari e della loro corretta inclinazione, aumentare la distanza

È responsabile del Centro Studi di Città della Scienza e direttore della Rivista Scienza&Società.. È autore di oltre venti monografie sulla scienza e sulla storia

L'omaggio di Settembre Musica a Salvatore Sciarrino chiama in causa, questa sera alle 21 nella chiesa di San Filippo (ingresso gratuito), l'Orchestra Sinfonica Nazionale della

Eppure, come sa lo storico educato alla lettura di Marc Bloch, ciò che veramente contraddistingue lo scorrere del tempo è il cambiamento, «perciò può essere che la lezione

Eppure la mobilitazione dei cittadini, il loro accesso alla conoscenza ( open science ) e la mobilitazione delle loro energie partecipative ( citizen science ) sono le