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Capitolo 4

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Academic year: 2021

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Capitolo 4  

Verso un sistema di governance nel PR dei Tacchi 

 

 

4.1 Introduzione 

Il cammino che porta alla costituzione di un parco non è mai agevole e indolore sia perché si vanno a toccare molteplici interessi, e sia perché un intervento innovativo è spesso visto con diffidenza dalle collettività locali.

Anche il processo istitutivo del Parco Regionale dei Tacchi (PRT) non fa eccezione, come testimoniano le diverse difficoltà che si sono dovute superare. La principale è stata quella di esorcizzare il fantasma del Parco Nazionale del Gennargentu che, nel suo contorto percorso, ha profondamente segnato l’opinione pubblica creando una spaccatura ideologica nel discorso aree protette, tra il fronte degli ambientalisti e quello degli antiparco. Nei fatti, le resistenze sono state superate tramite un processo che ha reso protagoniste le comunità e che ha condotto all’elaborazione concertata di una visione di sviluppo che mira a valorizzare l’enorme patrimonio naturale ed antropologico di cui la terra d’Ogliastra è custode millenaria.

In questo capitolo analizzeremo i passaggi che hanno condotto alla situazione attuale. In dettaglio, nel paragrafo 2 si esamineranno le motivazioni principali che hanno portato al fallimento del parco del Gennargentu, nel paragrafo 3 verranno descritto le diverse fasi del percorso istitutivo del PRT, nel paragrafo 4 sarà analizzato il Protocollo d’Intesa che guiderà le parti verso l’istituzione definitiva del PRT.

Descritta l’evoluzione storico-istituzionale, proporrò una mia analisi circa le prospettive future. Più in particolare, evidenzierò, nel paragrafo 5, le problematiche e i nodi da sciogliere per una buona riuscita del progetto di sviluppo, nel paragrafo 6, quelle che sono, a mio avviso, alcune possibilità per lo sviluppo dell’area.

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4.2 Nascita e morte di un parco

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Nel territorio tra l’Ogliastra e la Barbagia la parola “parco” suscita ancora oggi profonda diffidenza e ostilità. Questa situazione è figlia di un processo nato male e finito peggio chiamato parco del Gennargentu, che aveva la pretesa di imporre senza il consenso delle popolazioni una modifica all’utilizzo millenario del territorio. In questa zona l’uomo da sempre ha saputo interagire con gli ecosistemi in uno spirito di simbiosi e senza mai mettere a repentaglio la natura, ma anzi facendosi primo tutore della protezione. A testimonianza di questa affermazione, vi è un ambiente naturale pressoché incontaminato nonostante la presenza antropica.

E’ ben comprensibile quindi perché le comunità locali non hanno gradito l’istituzione di una struttura axena (estranea) che si arrogava il diritto di “tutelare” un territorio privandolo di quelle attività e di quei protagonisti che ripetono gli stessi gesti da secoli senza turbare gli equilibri ecosistemici. L’errore più grande è stato quello di non coinvolgere i diretti interessati, cioè gli abitanti di questi luoghi. Non è pensabile alcuna modifica all’utilizzo di un territorio senza il consenso delle popolazioni locali.

Ovviamente il parco del Gennargentu non nasceva per imbalsamare il territorio o far diventare le popolazioni dei “presepi viventi”. Tuttavia l’idea di fare un parco in questa zona era frutto della, tanto arrogante quanto fallimentare, pianificazione razionale14 degli anni ’50-’60 la quale tramite politiche calate dall’alto aveva la pretesa di poter sviluppare un territorio a tavolino con carta e penna. Alcuni esempi di questa stagione sono la petrolchimica in Sardegna e la siderurgia nel sud Italia che, seguendo la l’idea dei poli di sviluppo, pensava di poter inserire qualche “cattedrale nel deserto” per produrre uno sviluppo indotto propulsivo e duraturo.

Il parco trova una prima collocazione nel Piano di rinascita economica e sociale della Sardegna (1962); successivamente nel 1969 il Consiglio Regionale approvò un disegno di legge per la sua istituzione che però non fu preso in esame dal Parlamento; vent’anni dopo la Legge Regionale n.31 del 1989 inserì il Gennargentu nel Piano dei Parchi da istituire, fino a quando venne approvata la “Legge quadro per le aree protette” (L. 394/91)15, che al comma 2 dell’art. 34 lo indicò tra le aree naturali protette, ma trovò istituzione formale, dopo ben 3 intese tra Stato e Regione Sardegna (16-7-1992,

29-12-       13 Alcune informazioni di questo paragrafo sono ricavate da testimonianze dirette ed articoli di giornale,   per cui , non essendo possibile un confronto con altre fonti, non sono in grado di garantirne l’esattezza.   14  Si veda anche Zanon, 2000  15 Appendice normativa L. 394/91 

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1995, 19-2-1998), con il decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 110 del 14 maggio 1998, denominato come “Parco Nazionale del Golfo di Orosei e del Gennargentu”.

La perimetrazione aveva individuato una superficie di 73.935 ettari che interessava 24 Comuni in Provincia di Nuoro, 18 dei quali avevano, a quell’epoca, formalmente aderito alla istituzione del parco, mentre 3 avevano posto delle condizioni, 1 non si erano espresso per le dimissioni del proprio Sindaco (Orgosolo) e solo 2 (Desulo e Talana) avevano opposto un rifiuto formale. Il decreto istitutivo disponeva l’applicazione (dopo 6 mesi dalla data di pubblicazione) delle “misure di salvaguardia” di cui é stata poi ripetutamente prorogata l’entrata in vigore. Contro il decreto, che nei fatti non rispettava appieno gli accordi presi, i Comuni di Baunei, Orgosolo, Arzana, Villagrande Strisaili, Seulo e Gairo, hanno proposto davanti al T.A.R. della Sardegna una serie di ricorsi poi riuniti in un unico procedimento. Le misure di salvaguardia praticamente non sono mai entrate in vigore per le aspre contestazioni. Tra i contestatori erano presenti anche numerosi sindaci che lamentavano il fatto di non essere stati abbastanza coinvolti e consideravano l'imposizione dall'alto del parco come una grande violazione del diritto delle popolazioni locali di decidere i destini del proprio territorio. La popolazione d’altro canto continuava a compiere le attività usuali, anche se vietate. Tra queste, anche l’attività venatoria che è proseguita per protesta anche quando i vincoli sono entrati in vigore. Le guardia forestali sono stati invitati a farli rispettare e per questo motivo ci sono stati diversi momenti dove si sono sfiorati problemi di ordine pubblico.

Oltre ai diversi vincoli imposti dalla normativa nazionale, che impedivano le consuetudini locali, tra gli altri motivi di contestazione c’era l’art.9 della Legge 394/91 che prevedeva la nomina da parte del Ministro dell’Ambiente del Presidente dell’Ente Parco e la partecipazione minoritaria nel Consiglio Direttivo di soli 5 membri su 12 nominati dalle comunità. Ma più di tutte era sentita nelle popolazioni una privazione dell’uso del territorio, che non trovava giustificazione e soprattutto non veniva interpretata come fonte di sviluppo. A tal proposito Bandinu (2006) scrive:

“l’istituzione del Parco del Gennargentu, così contrastato dai pastori e approvato dal Governo, ha mostrato chiaramente il modo diverso di concepire il territorio. Il concetto di parco secondo il modello canonico era inaccettabile per la mentalità dei pastori: il territorio di pascolo e di vita non poteva essere alienato per un servizio ambientalista,

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come polmone verde o luogo di svago. E’ ben più forte la concezione di terra-madre che ha alimentato generazioni e generazioni in una storia millenaria.”

Bisogna segnalare alcuni interventi poco felici di associazioni ambientaliste come il WWF Italia che aveva lanciato una campagna pubblicitaria pro-parco incentrata sullo slogan “Incantati, non rapiti”. Secondo loro il parco avrebbe fornito “una vera

soluzione al problema dei sequestri di persona in Sardegna, delle violenze, dei vandalismi" perché avrebbe favorito "l'habitat per la fauna selvatica, rendendolo invece difficile per i banditi". Queste poche righe, tratte da una lettera inserita nei quotidiani

regionali e nazionali che invitava i lettori a spedire la medesima via fax al Presidente della Regione sarda, mostra quanta ignoranza e superficialità esista rispetto al problema. Non è questa la sede per affrontare la questione del banditismo in Sardegna, ma è noto che l’inibizione dell’uso del territorio, come è accaduto con l’«Editto delle chiudende» del 1820, incentiva nei fatti la criminalità. La protezione dell’ambiente è da sempre un sentimento insito nella cultura agropastorale sarda in quanto il territorio non solo è fonte di sostentamento ma perché costituisce “su connottu” cioè quello che i padri dei padri hanno sempre conosciuto e tramandato da secoli ai loro figli. E’ allora gioco forza che, quando questa funzione/condizione del territorio viene meno, per di più con una privazione coatta dei diritti di utilizzo, si creano i presupposti per considerarlo non solo come terra di nessuno, come cosa da distruggere.

Nella storia del Parco Nazionale del Gennargentu, non aver tenuto in debito conto delle posizioni degli abitanti ha generato la percezione nella comunità locale che il parco nascesse per l’esclusiva protezione delle specie floro-faunistiche privando l’uomo dei sui spazi vitali. E’ questo il motivo della famosa ed emblematica frase “salvate gli uomini prima dei mufloni”.

La “morte” formale del Parco Nazionale del Gennargentu arriva con la Legge 23 dicembre 2005, n. 266, recante: «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)», pubblicata nel supplemento ordinario n. 211/L alla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2005. In particolare al comma 573 (Parco Gennargentu) era stata inserita una via di uscita dalle norme attuative del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1998, che dava facoltà hai Comuni di aderire o meno al parco e che recitava “I comuni ricadenti nell'area individuata

potranno aderire all'intesa e far parte dell'area parco attraverso apposita deliberazione dei propri consigli.”

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4.3 La genesi del Parco Regionale dei Tacchi 

L’esperienza del parco del Gennargentu dimostra quanto poco sia realizzabile una pianificazione territoriale non concertata. Ciò non costituisce una sorpresa. Uno dei cardini dell’idea di sviluppo sostenibile16 è la condivisione degli obiettivi che si raggiungono tramite la partecipazione e la trattativa tra gli attori sociali e i portatori di interesse (stakeholder) che in quel territorio vi abitano e vi operano. Non prevede inoltre una privazione nell’utilizzo delle risorse del territorio, tant’è che l’equità inter e intra generazionale è spesso riferita al fatto che tutti abbiano il diritto all’utilizzo della stessa quantità di risorse. Ovviamente, la partecipazione dei locali impedisce che la protezione assuma forme uguali sia per aree ben conservate sia per aree in cui l’ecosistema è invece compromesso.

Il Parco Regionale dei Tacchi, nascendo sulle ceneri della travagliata vicenda del parco del Gennargentu, possiede quelle caratteristiche di partecipazione individuate nella nozione di sviluppo sostenibile. Una prima idea di parco viene elaborata dal Comune di Gairo nel novembre 2005 che, come progetto di marketing turistico, ipotizzò un parco intercomunale gestito dai comuni ogliastrini dell’area dei Tacchi - accomunati da affinità geologiche, paesaggistiche, antropologiche ed economiche. Il progetto si doveva innestare sull’esperienza dell’oasi faunistica permanente che era stata appena inaugurata nell’altopiano di Ulassai.

Nel frattempo nel gennaio 2006, la Provincia di Nuoro, per superare le diffidenze che la parola “parco” suscitava, pensò ad una suddivisione in 3 distretti del territorio del tanto osteggiato parco del Gennargentu (Gennargentu, Supramonte e Tacchi d’Ogliastra) per la creazione di un progetto di sviluppo basato su certificazioni di qualità che garantissero un incremento di valore aggiunto alle produzioni locali. Nel Distretto dei Tacchi d’Ogliastra venivano inclusi i Comuni di Esterzili, Gairo, Jerzu, Osini, Perdasdefogu, Sadali, Seui, Seulo, Ulassai e Ussassai. Nel periodo febbraio-marzo sono proseguiti diversi incontri tra Regione, Provincia dell’Ogliastra, Provincia di Nuoro e i vari Comuni, nei quali si discuteva delle opportunità di uno sviluppo

       16 Definizione espressa per la prima volta nel 1987 dalla commissione Bruntdland nel rapporto “Our  Common Future”: “Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che garantisce i bisogni delle generazioni  attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri”   Si distingue spesso tra sostenibilità forte e debole.  Quella forte impone di mantenere costante nel  tempo lo stock di capitale naturale, considerato non sostituibile con capitale manufatto; quella debole  ritiene che il capitale manufatto possa eventualmente sostituire il capitale naturale, per cui l'attenzione  viene posta al mantenimento dello stock di capitale complessivo (naturale + manufatto) costante. 

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centrato sulla valorizzazione delle risorse ambientali, culturali, artigianali, ecc. Già in questa fase embrionale si iniziano a sentire le prime diffidenze di alcuni Comuni che volevano avere certezze sulla tipologia di gestione (comunale o regionale) e su quali misure di salvaguardia si era intenzionati ad utilizzare. Era infatti ancora forte il timore di una possibile espropriazione della capacità decisionale delle comunità.

Riprende vigore intanto la possibilità espressa, già dal periodo del parco del Gennargentu, da parte del Governatore della Regione sarda, Renato Soru, di utilizzare i territori gestiti dall’Ente Foreste della Sardegna per la creazione di un parco regionale gestito dai Comuni. Dal lato dell’Ente Foreste si sarebbe ovviato a due problematiche, poter utilizzare enormi risorse ambientali del territorio che per anni sono state recintate e abbandonare il ruolo esclusivo di gestore di cantieri forestali ed ammortizzatore sociale. Dal lato dei Comuni si riceveva un’ulteriore garanzia data dal fatto che il parco sarebbe stato costituito con i terreni già soggetti a vincolo.

A maggio 2006 arrivarono le rassicurazioni dell’Assessore della Difesa dell'Ambiente della RAS, Tonino Dessì, sulle disponibilità finanziarie regionali; inoltre anche la progettazione integrata per accedere ai fondi POR fece importanti passi avanti con l’elaborazione di diversi piani integrati come il programma sul “Trenino Verde” e quello sulla “Valorizzazione dei grandi attrattori ambientali” che accompagneranno lo sviluppo del costituendo parco. In questa fase e ben visibile lo sforzo propositivo della Provincia dell’Ogliastra, guidato dal Presidente Piero Carta e dall’Assessore all’Ambiente Luigi Lai, e la volontà di confronto di tutti i sindaci, impegnati a discutere delle varie problematiche esistenti senza voler affrettare troppo i tempi e scongiurare così la nascita di nuove contestazioni. Occorre comunque notare che alcuni di loro continuano a manifestare perplessità sul percorso che si sta avviando.

Per tutto il 2006 e per metà del 2007 proseguirono i dibattiti. Da segnalare anche il convegno scientifico del 5-6 maggio 2007 promosso dall’Università di Cagliari sul tema “Il paesaggio naturale e umano dei Tacchi d’Ogliastra” che ha visto partecipare circa 30 relatori tra docenti e studiosi.

Il primo passo concreto da un punto di vista istituzionale viene siglato il 15 maggio 2007 con l’approvazione dell’Intesa Programmatica17 preliminare all’istituzione del Parco Naturale Regionale dei Tacchi sottoscritta tra la Regione, rappresentata dal nuovo Assessore della Difesa dell'Ambiente Cicito Morittu, il Presidente della Provincia

      

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dell’Ogliastra, il Presidente dell’Ente Foreste della Sardegna e gli amministratori dei Comuni di Jerzu, Osini18, Perdasdefogu, Seui, Ulassai, Loceri e Tertenia. Occorre notare come solo 5 di questi comuni, i primi dell’elenco precedente, appartengano ai 10 Comuni inizialmente identificati ai fini del citato “Distretto dei Tacchi d’Ogliastra”. A questi si sono aggiunti il Comune di Tertenia contiguo all’area e il Comune di Loceri che intende mettere a disposizione un’isola amministrativa anch’essa contigua all’area dei Tacchi, situata sulla costa nel Salto di Quirra in un’ottica di integrazione mare-montagna. Un ulteriore sviluppo, in discussione, è la creazione di un’area marina protetta che coinvolga anche le isole amministrative confinanti, quelle di Lanusei e Arzana.

Successivamente andarono avanti diversi incontri per discutere delle problematiche e delle prospettive di sviluppo, con occasioni di confronto anche con altre esperienze di parchi come nel convegno “Tre parchi a confronto” al quale parteciparono rappresentanti del Parco Nazionale delle 5 Terre e del Parco Regionale della Corsica - anche nel tentativo (vano per ora) di convincere della bontà del progetto i sindaci, più titubanti, dei Comuni di Gairo e Ussassai.

Il 3 ottobre 2007, il Parco dei Tacchi venne inserito formalmente tra i dieci punti strategici dell’intesa sullo sviluppo territoriale fra Provincia Ogliastra e Giunta Regionale. Una decina di giorni dopo in una assemblea nell’aula consiliare del Comune di Gairo, l’Assessore Regionale Morittu, per superare le diffidenze dei Comuni non firmatari dell’intesa programmatica, ribadì il ruolo da protagonisti delle comunità locali nella gestione del parco e promise l’approvazione di un decreto regionale per superare i problemi dovuti all’applicazione della L. 394/91 e della L.R. 31/89, che risultavano i motivi di più forti di ostilità da parte dei Comuni.

La fase successiva trova applicazione il 14 gennaio 2008 nella sede della Provincia dell’Ogliastra, a Lanusei, dove viene stilata la convenzione ex art. 30 D. Lgs. n.267/2000 che regola i rapporti tra vari enti costituenti il PRT, in attesa della legge regionale che darà forma compiuta e definitiva allo stesso. Erano presenti la Provincia dell’Ogliastra rappresentata dal presidente Piero Carta e l'assessore all'Ambiente Luigi Lai, Salvatore Mele direttore dell'Ente Foreste (Distretto di gestione Barbagia – Ogliastra), sindaci e amministratori dei Comuni firmatari della succitata intesa programmatica. In tale occasione Ulassai è stato designato all'unanimità Comune

      

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 Il Comune di Osini, ha sottoscritto l'intesa qualche tempo dopo, perché a fine maggio si sono tenute le  elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale e ha lasciato la decisione alla nuova assemblea. 

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capofila del Parco, in riconoscimento all’impegno profuso finora e al ruolo di pioniere dell'iniziativa. La convenzione dovrà essere ratificata dalle delibere dei vari Consigli comunali.

Fin qui si può notare una completa asimmetria rispetto ai processi istitutivi degli altri parchi nazionali e regionali; quella del PRT è una storia nata e cresciuta per volontà di Provincia e Comuni, a testimoniarne l’origine dal basso in una logica bottom-up. Merita inoltre di essere sottolineata la linea innovativa adottata dalla Regione per la protezione e gestione dell’ambiente che si basa sul demanio forestale della Sardegna. I caratteri cruciali infatti sono quelli di utilizzare le risorse naturali di eccezionale rilevanza, fino ad ora private alla fruizione pubblica, a favore di un progetto di sviluppo locale incentrato su un’offerta di tesori ambientali ed antropologici, in un momento di forte crescita della domanda turistica ambientale. Insomma il punto forte è la condivisione con le comunità locali di una visione di sviluppo basata sul passaggio dalla forma conservativa della natura vista come santuario, ad una forma di tutela dell’ambiente che si concili con la fruizione antropica.

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4.4 I passaggi istituzionali 

Come si è visto nel precedente paragrafo, il primo passo formale è stato sancito con l’intesa programmatica del 15-05-2007, che “pone le basi per l’istituzione del

Parco Naturale Regionale dei Tacchi, qual strumento per lo sviluppo socio-economico del territorio dell’Ogliastra”. Tra le premesse dell’accordo viene individuata la

necessità di coinvolgere le comunità locali per costituire l’Area di Interesse Ecologico Regionale (AIER), cioè “aree territoriali di particolare pregio ambientale

caratterizzate da marginalità” e da inserire all’interno della Rete Ecologica Regionale

(RER) per poter accedere ad una quota dei fondi strutturali della programmazione 2007/2013, previsti nella politica comunitaria di sviluppo rurale.

Nell’art. 3 viene individuata l’AIER in una superficie di circa 12.000 ettari, messi a disposizione dai Comuni firmatari (Jerzu, Loceri, Osini, Perdasdefogu, Tertenia, Seui, Ulassai), a fronte di una superficie potenziale di circa 20.000 ettari con i territori dei Comuni non firmatari (Esterzili, Gairo, Sadali, Seulo, Ussassai). Al comma 2 viene specificata, all’interno dell’area individuata, l’esistenza di alcune Oasi di protezione faunistica istituita dall’Ass. Reg. della Difesa dell’Ambiente; della Zona di Protezione Speciale (ZPS) ITB021103 – Monti del Gennargentu; e del proposto Sito di Interesse Comunitario (pSIC) ITB021103 – Monti del Gennargentu. I territori delimitati in questa fase sono indicativi; la cartografia e la descrizione dei limiti territoriali saranno definiti in seguito.

La fase successiva all’individuazione dell’AIER, che viene citata nell’art. 4, consiste nell’avviare un progetto pilota finalizzato “alla tutela e alla valorizzazione

delle peculiari risorse naturali e ambientali, all’armonico sviluppo socio-economico dell’intero territorio e a sperimentare l’efficacia della forma di gestione individuata dai sottoscrittori.” Per l’attuazione del progetto è prevista la redazione del Piano di tutela e

valorizzazione, come enunciato nell’art. 5, dove vengono determinati gli interventi compatibili e coerenti con gli obiettivi di tutela e salvaguardia. In particolare il suddetto piano contiene “il quadro degli obiettivi, delle strategie, delle risorse finanziarie, degli

interventi necessari, dei tempi e dei risultati attesi”. Il piano ha valenza biennale e può

essere aggiornato annualmente. L’approvazione finale spetta alla Giunta regionale. L’individuazione e la definizione delle misure di tutela e salvaguardia e degli interventi compatibili sono disciplinate rispettivamente dall’art. 6 e 7.

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All’art. 8 si regola la prima fase di attuazione dell’Intesa Programmatica per la quale la RAS ha stanziato dai propri fondi, già previsti nel Bilancio Regionale, risorse finanziarie pari a 3 MLN €, che sono state successivamente incrementate19 con la stipula del protocollo d’intesa sullo sviluppo territoriale tra Regione e Provincia dell’Ogliastra. Come prevede il comma 3 dell’art. 8: “l’erogazione effettiva delle

risorse [...] è condizionata alla stipula di apposita Convenzione tra l’Ass. Reg. della Difesa dell’Ambiente e l’ente capofila.”

L’iter procedurale dell’Intesa Programmatica sono sancite nell’art. 9, ma per alcuni motivi, che verranno spiegati meglio nel prossimo paragrafo, l’ordine di esecuzione delle diverse approvazioni è mutato. Nello specifico, la fase successiva alla sottoscrizione dell’Intesa è quella dell’approvazione della Convenzione ex art. 30 D.Lgs 267/2000 e non la predisposizione del Piano di tutela e valorizzazione.

Gli impegni dei sottoscrittori ad attenersi ai tempi e alle modalità stabiliti nell’Intesa sono sanciti all’art.10.

All’art. 11 viene regolata la costituzione del Comitato di coordinamento che avrà il compito di vigilare sull’attuazione dell’Intesa, di proporre il Piano di tutela e valorizzazione e il programma degli interventi coerenti, sulla base delle indicazioni del Comitato tecnico-amministrativo. Il Comitato di coordinamento si compone dei rappresentanti dell’Ass. Reg. della Difesa dell’Ambiente, dal Presidente della Provincia dell’Ogliastra dai Comuni aderenti e dal Presidente dell’Ente Foreste, e si riunisce con cadenza bimestrale.

Il Comitato tecnico-amministrativo, come sancisce l’art 12, è un organismo formato dai rappresentanti degli uffici competenti dei diversi sottoscrittori e può essere integrato di volta in volta da specifiche professionalità; nei suoi incarichi c’è il supporto all’espletamento delle funzioni del Comitato di coordinamento.

Con il comma 1 dell’art. 14 viene imposto che le somme erogate dalla Regione siano effettivamente utilizzate almeno per il 25% entro il primo anno dall'erogazione, pena la revoca dei finanziamenti. Nello stesso articolo sono indicate le altre modalità di decadenza e revoca dei benefici.

La disponibilità per un dialogo con i Comuni non firmatari viene sottolineata all’art. 15, che lascia una porta aperta all’ingresso nell’Intesa di nuovi soggetti pubblici sia enti comunali ricadenti nell’area del PRT sia quelli contermini ma anche a soggetti

      

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privati. E’ prevista la possibilità di recesso unilaterale con preavviso di almeno tre mesi e “per motivata impossibilità di far fronte agli impegni assunti ovvero qualora insorga

la necessità di procedere a modifiche di natura sostanziale all’Intesa stessa.”

Al momento della redazione di questo lavoro si è in procinto di ratificare la Convenzione degli enti locali ex Art. 30 D.Lgs n. 267/2000 che oltre a designare Ulassai come Comune capofila, avvierà l’attuazione del già citato Progetto Pilota e regolerà i rapporti e i compiti tra i vari Enti. Nello specifico all’interno dell’accordo è prevista la costituzione della Conferenza degli Enti che sarà composta da esponenti della Provincia dell’Ogliastra e dei Comuni aderenti, e a cui potrà partecipare anche un rappresentante dell’Ente Foreste. I compiti della Conferenza saranno quelli di

“indirizzare e controllare l’attuazione del Progetto Pilota e di tutti gli atti e gli interventi ad esso inerenti.” L’assemblea sarà presieduta della Sindaco del Comune

capofila e convocata dallo stesso “almeno quattro volte all’anno e, comunque, ogni

qualvolta se ne ravvisi la necessità, ovvero su richiesta di almeno due componenti.” Le

determinazioni delle sedute verranno deliberate a maggioranza, con un quorum pari alla metà dei componenti.

Allo stesso tempo si lavora anche sul fronte legislativo, con il disegno di legge istitutivo del PRT, che è stato proposto dalla Regione e che ora è al vaglio dei vari Enti aderenti a cui seguiranno dei commenti ed eventuali modifiche da sottoporre prima della proposta definitiva che dovrà essere votata dall’organo legislativo regionale e che sancirà la nascita ufficiale del Parco Naturale Regionale dei Tacchi.

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4.5 Problemi da affrontare 

Esaminato il percorso che sta conducendo alla nascita del Parco dei Tacchi, tenterò in questo e nel paragrafo successivo di avanzare alcune considerazioni personali circa le concrete prospettive. Il primo punto da affrontare sono le problematiche più scottanti, che riguardano ancora la diffidenza verso le modalità di gestione dell’Ente Parco e l’applicazione dei vincoli. Entrambe le questioni sono agevolmente risolvibili con la costruzione di un processo condiviso con le comunità locali dove la comunicazione deve essere chiara e aperta al confronto, evitando le forzature artificiose e cercando punti di incontro sulla visione di sviluppo desiderata. Fondamentale sarà il coinvolgimento di tutte le parti in causa in un dialogo continuo per una definizione trasparente delle scelte e per evitare che qualcuno si senta “escluso”.

In questo discorso si innesta qualche piccola turbolenza sul ruolo che i vari Enti ricopriranno, in particolare su chi sarà il capofila una volta concluso l’iter istitutivo. In particolare sembrano esserci due posizioni, quella che preferirebbe la Provincia dell’Ogliastra, in quanto Ente sovracomunale con ruolo di garanzia e coordinamento, e quella che preferirebbe un Comune. In queste circostanza, purtroppo, è facile vedere l’azione di meccanismi politici più che la ricerca di una fonte di sviluppo territoriale. Sfortunatamente tale condizione non è nuova quando si parla di aree protette, anche su scala nazionale. Bisogna notare che solo dove la coesione politica ha prevalso su questo fenomeno si è riusciti a creare il concreto sviluppo del territorio, anche se in molti casi i progetti validi dovrebbero essere portati avanti indipendentemente dalle appartenenze politiche; a mio avviso l’unica strada per riuscire a portare a buon fine il PRT sarà sedersi ad un tavolo di concertazione eliminando, per quanto possibile, la casacca politica.

Altre preoccupazioni riguardano la tipologia di vincoli ai quali i territori verranno sottoposti. Uno di quelli più sentiti è il divieto di caccia dato che in questa zona l’attività venatoria è anche uno strumento di coesione sociale; le compagnie di caccia di questo territorio sono particolarmente sensibili alla protezione dell’ambiente tan’è vero che sono diversi i casi in cui si siano astenuti autonomamente dagli abbattimenti in annate “di magra” e addirittura, hanno dato il loro appoggio alle amministrazioni competenti per la creazione dell’Oasi faunistica provinciale di “Taccu”. Ovviamente all’interno di un AIER non si potrà cacciare, ma come prevede la legge, è prevista la possibilità di effettuare prelievi controllati nelle aree contigue. Questo

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discorso può essere tradotto in una sorta di concessione di caccia ai soli residenti per un certo numero di capi all’anno in base ai monitoraggi sulla fauna e ai ritmi ecosistemici. Ad ogni modo va sottolineato che già ora, nella maggior parte dei terreni individuati per la creazione del PRT, è proibita la caccia in quanto terreni in concessione all’Ente Foreste.

Altra questione centrale è la normativa di riferimento che ora è rappresentata dalla Legge Quadro Nazionale n. 394/1991 e la Legge Regionale n.31/1989. All’interno di questo sistema normativo sono previste diverse limitazioni nei poteri di Regione e Comuni. Per superare questa normativa, da alcuni dichiarata “vecchia” già al momento della promulgazione e che costituisce forte motivo di ostilità nelle comunità locali, è al vaglio del Consiglio Regionale una nuova normativa che applichi la norma di attuazione dello statuto speciale della Sardegna e che garantisca nuovi margini di manovra nelle competenze legislative regionali, in materia di parchi. Un intervento in questo senso esiste già nel Parco Nazionale dello Stelvio: applicando lo statuto speciale delle Province autonome di Bolzano e di Trento il Parco rientra nelle competenze provinciali.

Gli interventi prioritari per sedare le diverse perplessità sono quelli che vanno nella direzione di rendere protagonisti i Comuni, nell’ottica di quella sussidiarietà verticale tanto predicata a livello comunitario. Nello specifico si dovrà trovare un buon compromesso nella composizione dell’organo direttivo del PRT, dando un ruolo forte ai Comuni (in proporzione alla quantità di superficie conferita) e un ruolo di riequilibrio alla Regione, Provincia e all’Ente Foreste. Sarebbe bene che alla Provincia spettasse il compito di supervisore e di tramite tra Regione e Comuni; inoltre sarebbe opportuno un coinvolgimento del mondo dell’associazionismo, in particolare con rappresentati dei cacciatori e degli ambientalisti. Uno degli strumenti più efficaci per mediare le conflittualità e per evitare la nascita di fenomeni associabili alla sindrome NIMBY, è l’Agenda 21 Locale. Tale approccio è incentrato sul dialogo e sulla mediazione delle diverse visioni in tutte i contesti dove vanno prese delle scelte a livello locale. Oltre a evitare conflitti questo strumento ha la peculiarità di riuscire a coinvolgere le popolazioni direttamente per migliorare la decisione finale e creare consenso attorno agli interventi che si intendono eseguire.

Sarebbe infine opportuno costituire, come rilevato da alcuni Comuni, un Ufficio Parchi a livello regionale con il quale poter svolgere in maniera più celere ed efficiente le mansioni di natura giuridica e burocratica.

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4.6 Prospettive di sviluppo 

Come già detto la nascita del PRT costituisce uno shock esogeno all’interno di un tessuto economico in declino. L’attuazione di un investimento di tale portata non può che scuotere dal torpore gli investitori privati e incrementare un’offerta basata su produzioni locali di qualità (enogastronomiche e artigianali) e fruizione delle risorse ambientali e culturali. Tutti questi punti di forza ben si conciliano con l’offerta di un sistema di turismo “sostenibile”, di cui il parco vuole costituire il propulsore.

Le altre componenti da sviluppare e valorizzare sono l’ospitalità intesa come impresa dell’accoglienza e il recupero dell’edilizia storica. Questi due interventi sono perfettamente conciliabili cosicché sarà fondamentale puntare su metodi e strutture ricettive che permettano di vivere i luoghi come un visitatore ospite. In questo senso la valorizzazione delle abitazioni non occupate è basilare per creare una rete di alloggi integrata sfruttando come modello l’albergo diffuso e il B&B.

La costituzione di un parco deve essere utilizzata anche come strumento di marketing attraverso l’apposizione di un marchio alle numerose produzioni tipiche. In tale maniera si potranno creare i presupposti per l’incremento di valore aggiunto e l’inserimento in un mercato di nicchia che possa valorizzare al meglio queste produzioni genuine.

E’ importante che il parco non si ponga come unico obiettivo quello della crescita economica, perché il territorio ha bisogno di sviluppo che è cosa ben diversa dal mero incremento del reddito. In un’area di questo tipo c’è bisogno di un incremento della coesione sociale con una valorizzazione del ruolo dell’individuo e della comunità, della presenza dei servizi, intesi come una viabilità decorosa ma anche come scuole di qualità, e della riappropriazione delle campagne e degli antichi mestieri. L’obiettivo deve essere di incrementare il benessere complessivo, riuscire a rendere desiderabile la residenza durante tutto l’anno. In altri termini è necessario che la popolazione locale viva bene nel proprio territorio.

Se l’Ente Parco vorrà incrementare la sua visibilità e porsi come modello di sostenibilità dovrà dotarsi da subito di un sistema di spesa che vada nella direzione del

Green Public Procurement (GPP), inserendo quindi criteri di qualificazione ambientale

in sede di acquisto, facendosi promotore del GPP tra tutti i Comuni della zona. Il sistema della domanda di acquisti “verdi” deve essere sostenuto anche dalle certificazioni ambientali dei vari organismi dell’Ente con la registrazione internazionale

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ISO 14001 o preferibilmente con quella comunitaria EMAS. Inoltre sarebbe auspicabile che gli edifici adibiti ad alloggio turistico, quando compatibile con la salvaguardia delle loro caratteristiche storico-culturali, si dotassero della certificazione europea per le strutture ricettive Ecolabel.

Dal lato del sistema energetico è fondamentale, in associazione al parco eolico di Ulassai, un impiego diffuso di impianti solari, sia fotovoltaici che termici. Per quanto riguarda i primi, l’acquisto và sostenuto anche per gli edifici privati, sfruttando il gruppo di acquisto promosso dal Comune di Loceri e il sistema incentivante “Conto Energia”; per il solare termico si possono utilizzare gli incentivi previsti nella Legge finanziaria 2008 che ha prolungato fino al 2010 la detrazione Irpef del 55% contestuale ad un acquisto orientato all’efficienza energetica. Ovviamente i cantieri forestali dovranno giocare un ruolo cruciale nella produzione di biomasse legnose ad uso energetico che, oltre a garantire un combustibile importante per le comunità, ha il pregio di poter creare uno sbocco imprenditoriale, di riqualificare le risorse forestali e di ridurre le emissioni climalteranti. Inoltre tramite l’applicazione di un sistema di certificazione della Gestione Forestale Sostenibile (GFS) garantirebbe un’immagine particolarmente positiva in accordo con una gestione forestale attenta agli aspetti economici, ambientali e sociali.

Un’esigenza molto sentita è di creare posti di lavori nel settore della ricerca, per incrementare il capitale umano qualificato presente dell’area. In questo senso bisognerà pensare il PRT come un laboratorio di sviluppo sostenibile, realizzando progetti pilota nell’ambito della bioedilizia, dell’energia da fonti rinnovabili e della ricerca in campo officinale. Oltre a creare dei centri studio permanenti sono da incentivare canali di ospitalità temporanea con l’attivazione di scuole estive per studenti e ricercatori delle università nazionali ed estere. In questo senso Giacomini (1980) scriveva che, “i parchi

diventano luoghi di sperimentazione permanente di nuovi rapporti tra uomo e natura in senso scientifico, educativo, formativo e culturale, ed anche economico sociale.” Anche

Gambino (1996) aveva una visione simile: “i modelli di sviluppo attuati all’interno dei

parchi possono esplorare ed anticipare soluzioni allargabili poi anche all’esterno, facendo divenire i parchi una sorta di «punti di eccellenza».”

Tramite la bioedilizia e la produzione di energia da fonte rinnovabile sarebbe interessante creare dei progetti che vadano nella direzione della CO2-free, ovvero

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questo caso, oltre all’indubbia qualità intrinseca dell’attività, un intervento di questo tipo ha un ritorno di immagine molto forte.

Inutile dire che il parco dovrà svolgere il compito di centro di educazione ambientale permanente soprattutto per le scuole, che nel PRT, potranno trovare “aula” ideale per le lezioni scientifiche e per la sensibilizzazione ad un confronto corretto con gli ecosistemi.

Utile ed importante sarà finanziare anche progetti che, pur non essendo economicamente appetibili, sono profondamente identitari e quindi meritevoli di tutela.

Per poter fruire al meglio di tutte le risorse ambientali del territorio è necessario ampliare la già importante rete del “Sentiero Italia” e i vari sentieri tracciati dall’Ente Foreste. In particolare bisognerebbe collegare la fitta rete di percorsi per creare diversi sentieri suddivisi per categoria di itinerario (Es. Geologico, Archeologico, Ovili, ecc.). Importante è anche la creazione di un sentiero principale che permetta di attraversare le attrazioni più importanti di tutta l’area del parco.

Oltre l’hiking, per quanto riguarda le attività sportive compatibili, è obbligatorio puntare sull’arrampicata sportiva, sull’ippoturismo e sulla mountain bike.

Altro strumento fondamentale per godere a pieno del PRT è il Trenino Verde che tramite la progettazione integrata presentata a fine 2006 verrà potenziato e valorizzato a dovere con un investimento totale (privato e pubblico) di oltre 76 MLN € ai quali vanno sommati 121,6 MLN € (somma complessiva per tutte le tratte regionali) di fondi FAS Interregionali. L’idea sarebbe quella di sfruttare questo mezzo per una integrazione mare e montagna, facendo scoprire le zone interne al turismo balneare.

Gli interventi che permetteranno di attivare la domanda dovranno essere indirizzati non solo verso la pubblicità frontale, ma anche verso uno strumento molto più efficace nelle strategie di sviluppo turistico di sistemi locali periferici cioè il passaparola. Questa forma di “contagio” può essere stimolato da un’attività di offerta gratuita di soggiorni ad un certo campione di individui. Tale permanenza dovrà avere forme prestabilite e sarà utile per raccogliere, tramite questionario, informazioni grazie alle quali migliorare l’offerta turistica. Strumenti di questo tipo oltre ad essere più efficaci, sono inaspettatamente meno costosi delle campagne pubblicitarie (Calafati, 2007).

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