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Conoscere e condurre i gruppi di lavoro. Esperienze di supervisione e intervento nei Servizi alla persona, ( a cura di) G. Braidi e G. Cavicchioli, Franco Angeli, Milano, 2006

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Narrare i gruppi. Prospettive cliniche e sociali. Anno II, Vol. I, Marzo 2007

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Conoscere e condurre i gruppi di lavoro. Esperienze di supervisione e intervento nei Servizi alla persona., ( a cura di) G. Braidi e G. Cavicchioli, Franco Angeli, Milano, 2006, pp. 159 € 15,50

Non è frequente rintracciare, tra la bibliografia che si occupa di professioni nel sociale, testi che parlino degli operatori piuttosto che agli operatori.

Pensando alle relazioni d’aiuto e alle reti di cura, quando si sente parlare di

“centralità della persona”, il pensiero corre immediatamente al “paziente”, ovvero a colui che, per diversi motivi, si trova in stato di bisogno o difficoltà.

È quasi incredibile non notare come il legame tra “cura” e “corpo curante”

sia talmente imprescindibile da non poter in alcun modo escludere gli opera- tori-in-quanto-persone da qualsivoglia discorso che riguardi i Servizi alla perso- na. Questo libro – curato da G. Braidi e G. Cavicchioli – trova origine, ap- punto, in questo pensiero.

“Come i loro pazienti/clienti anche gli operatori delle relazioni d’aiuto spesso stanno male.

Ma essendo essi gli strumenti stessi ed irrinunciabili del lavoro sociale , risulta improrogabi- le l’attuazione di strategie ed interventi volti a recuperare questo malessere e soprattutto, nella misura più ampia ed efficace possibile, a prevenirlo” ( p. 10).

“Non è infatti pensabile che un operatore che sta male perché si sente mal-trattato, tras- curato, s-valorizzato, frustrato possa trattare, curare, valorizzare anche un altro soggetto ancor più in difficoltà che dovrebbe proprio da lui ricevere aiuto…” ( p. 10).

Ecco – quindi - che prevedere momenti di supervisione configura spazi di accompagnamento e supporto rivolti proprio agli operatori stessi.

E – naturalmente – non ci si riferisce a programmi o argomenti predetermi- nati, bensì a spazi e progettualità in continua costruzione.

Accostandosi alla lettura di questo testo si rivela pressoché superfluo avere ben chiare definizioni e differenze tra ( interventi di) formazione, consulenza, counselling e tutoraggio.

Ci troviamo di fronte, innanzitutto, ad un libro di esperienze, di situazioni, narrazioni e percorsi, in cui la figura del supervisore oscilla tra quella dell’estraneo e dell’esperto, del “mandato dalla direzione” o di “uno dei no- stri”, di un insegnante, un terapeuta, un formatore…un uomo…una donna…

Ciò che accomuna ogni capitolo è l’essere momento-contenitore di emozioni, affetti, riflessioni, nella convinzione che “lo stare bene insieme ricarica il fare il bene

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assieme e le due dimensioni ( quella affettiva e quella aziendale e produttiva) si ricaricano a vicenda”( p. 31).

Ogni relazione d’aiuto porta con sé, inevitabile, il rischio del logoramento psicofisico, ed il bisogno di un necessario luogo di contenimento e di suppor- to professionale e personale.

Pagina dopo pagina, entriamo così in una Casa di Riposo, in una Scuola d’Infanzia, in Strutture Residenziali per disabili…facciamo la conoscenza di Francesca – malata di sclerosi multipla, che usa la parola per chiedere e criti- care continuamente - … di Chiara – 60 anni, inferma, offensiva ed aggressiva - … di Giorgio – 44 anni, con un ritardo mentale grave, che si trova spaesato per un trasloco e trascorre le ore immobile a letto - …. e di molti altri ancora.

Intorno a loro gli sguardi, l’ascolto ed i pensieri ( buoni e/o “cattivi” : NdR) de- gli operatori…stanchi… arrabbiati… impotenti, o uniti… risoluti… com- prensivi. Comunque, con il continuo e prorompente bisogno di costruire significa- ti condivisi sui singoli pazienti, sul proprio compito, sulla propria identità di gruppo-di-cura.

FABIANA PALÙ

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