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NO ALLE ISOLE FELICI NEL DEGRADO IL COMUNE GOVERNI IL CAMBIAMENTO

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Academic year: 2022

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Dal convegno diocesano organizzato da Caritas Ambrosiana un’esortazione all’Amministrazione comunale a recuperare la regia degli interessi privati

NO ALLE ISOLE FELICI NEL DEGRADO IL COMUNE GOVERNI IL CAMBIAMENTO

L’ex zona 13 è al centro di grandi interventi urbanistici. Dalla città ideale di Santa Giulia nell’ex Montedison al nuovo polo convegni nell’ex Caproni.

Tante risorse economiche ed intellettuali che, paradossalmente, rischiano di non risolvere i problemi del quartiere

Milano - I grossi interventi immobiliari nell’ex zona 13 “prescindono completamente non solo dal quartiere, ma anche dalla città”. La gente comune che vi abita “non conosce i progetti in atto” e “lamenta di non essere stata coinvolta”. L’Amministrazione comunale pare aver abdicato ad un ruolo di regia, preferendo “delegare all’iniziativa degli imprenditori privati”. Il rischio concreto è, dunque, che si riproducano quelle divisioni già avvenute in altre epoche storiche: i nuovi arrivati benché si troveranno, proprio come gli altri, “sul posto” non si sentiranno “di quel posto”. Tra le case popolari sorgeranno residence di lusso e poli convegnistici internazionali: mondi vicini e, al tempo stesso, lontanissimi. Questa è la lettura che emerge dal rapporto sui quartieri Forlanini-Ponte Lambro e le zone limitrofe realizzato da Caritas Ambrosiana e dal Dipartimento di Sociologia dell’Università Cattolica e presentato oggi nell’ambito del convegno diocesano “Forlanini-Ponte Lambro: dalla periferia spunti per una metropoli a misura d’uomo”, come tappa di un viaggio nelle periferie che ha toccato 10 città italiane.

In questo angolo di città, sulle macerie degli stabilimenti chimici della Montedison sorgerà il residence “Santa Giulia”, una “città nella città” da 50 mila abitanti, progettata secondo criteri avveniristici da un architetto di grido come Norman Foster. In un’altra area industriale dismessa, nell’ex Caproni, dove fino alla seconda guerra mondiale si producevano aerei, è già stata costruita la struttura convegnistica East End Studios, alla quale si aggiungeranno un albergo e tre residence, partoriti dal genio creativo di quattro ex allievi di Vittorio Gregotti, gli architetti di Studio+Arch. Eppure tale concentrazione di risorse economiche e intellettuali, paradossalmente, rischia di trasformare il quartiere soltanto in un arcipelago di isole felici non

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comunicanti tra loro. Con la lodevole eccezione del progetto di quartiere di Ponte Lambro, firmato da Renzo Piano, che comunque stenta a partire, il Comune ha preferito, infatti, delegare ai privati l’opera di riqualificazione della zona. Con il pericolo concreto di autorizzare grandi operazioni di lifting urbanistico che lasceranno irrisolti i nodi veri. Che sono tanti e complessi in questa, come in altre aree di Milano.

Prima di tutto quello della disoccupazione che ha un tasso del 10,6% contro il 7,6% della media cittadina, ma che raggiunge una percentuale quasi doppia rispetto al resto della città, se si considera la fascia compresa tra i 56-74 anni. In questo range di età, infatti, i residenti del quartiere senza lavoro arrivano all’11%: la gran parte ex operai che hanno perso il posto prima di arrivare all’età pensionabile.

C’è poi l’alta concentrazione di malati mentali con i 400 e i 420 gli utenti noti ai servizi psichiatriaci del quartiere. E fortissima è anche la disuguaglianza nella distribuzione dei titoli di studio: i laureati nei quartieri Forlanini-Taliedo-Ponte Lambro sono poco più di un terzo delle media degli abitanti milanesi (il 6,3 contro il 15%). Invece, l’immigrazione, nell’intera ex zona 13, è più bassa che a Milano, ma raggiunge a Ponte Lambro il 18%, una concentrazione abbondantemente sopra il doppio della media cittadina.

Infine la droga. Una piaga fortemente sentita negli anni ‘80-’90 quando Ponte Lambro era diventata la principale piazza di spaccio e consumo della città e che oggi ha lasciato una triste coda nei numerosi malati di Aids fra i trentacinque e i quarantacinque anni, vale a dire i vecchi tossicodipendenti ed eroinomani di allora.

La zona può contare, tuttavia, anche su un attivo terzo settore, due centri di aggregazione giovanile, una vivace chiesa locale che svolge un fondamentale ruolo di presidio sociale. Il centro di ascolto, ad esempio, ha aiutato lo scorso anno 172 persone in stato di bisogno. Il centro di prossimità che offre servizi agli anziani ha soddisfatto 603 richieste: dal disbrigo pratiche all’accompagnamento sociale, dalla spesa a domicilio all’assistenza pasti.

Ora si tratta di mettere in rete le risorse già espresse dal quartiere con i grandi investimenti economici e progettuali che investiranno questa zona. Ciò potrà avvenire, se l’Amministrazione pubblica recupererà un ruolo centrale nella regia degli interessi privati.

Altrimenti, le fratture sociali potranno solo aggravarsi.

26 maggio 2007

Per informazioni Francesco Chiavarini Ufficio Stampa Caritas Ambrosiana: 347.4205085

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