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La collocazione della superinvalidità nella vigente legislazione previdenziale

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Academic year: 2022

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La collocazione della superinvalidità nella vigente legislazione previdenziale

L’aumento della lesività ed i progressi intervenuti in campo rianimatorio, neurochirurgico e riabilitativo ha fatto registrare un costante incremento in termini quantitativi e di gravità di invalidi da lesioni traumatiche vertebro-midollari, ponendo in conseguenza peculiari problemi in ordine alla determinazione e valutazione del danno da risarcire.

Nel novero delle grandi e gravi invalidità dobbiamo anche ricordare quelle indotte da danneggiamenti encefalici estesi, sia per traumatismo contusivo lacerativo cerebrale, sia da ipossia cerebrale grave come suole osservarsi nella patologia neonatale.

Infatti, schematizzando al massimo, queste grandi invalidità hanno il loro fondamento nella compresenza di gravissime turbe motorie tali da inficiare la deambulazione e la stazione eretta e talora la prensione, con turbe sfinteriche, e, non raramente, con gravissime turbe cognitive.

Possiamo quindi ritenere che la perdita dell’autonomia deambulatoria e la perdita dell’autonomia somativa, cioè l’impossibilità a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore e/o l’impossibilità a compiere senza aiuto gli atti quotidiani della vita integrino il concetto di superinvalidità.

E la condizione di superinvalidità trova nella vigente legislazione previdenziale assistenziale una sua collocazione.

Ricordo a proposito che la perdita dell’autonomia somatica e/o dell’autonomia deambulatoria è condizione per la concessione, indipendentemente da condizioni di reddito e indipendentemente dalla causazione della patologia, delle indennità di accompagnamento per gli invalidi civili totalmente e permanentemente inabili ai sensi dell’art. 1 della L.11/2/80 N° 18.

Ma ancor prima nel tempo, la pensionistica privilegiata ha introdotto con la legge 648 del 10/8/50 gli assegni di superinvalidità, precisando in modo tabellare quali debbano essere le menomazioni che diano ingresso alla provvidenza, riconducibili alla cecità, o alla paralisi totale degli arti inferiori con cisto rettoplegia, o alle gravi alterazioni psichiche tali da indurre al Trattamento Sanitario Obbligatorio in strutture ospedaliere.

Successivamente il DPR 1124/65 sugli infortuni sul lavoro prevede all’art. 76 un assegno per assistenza personale continuativa nei casi di invalidità permanente assoluta da infortunio sul lavoro o tecnopatia conseguente a menomazioni tabellate, riconducibile o alla cecità o subcecità, o alla perdita della funzione prensile, o alla perdita o gravissima riduzione dell’autonomia deambulatoria, o alla perdita dell’autonomia somatica.

Da ultimo l’art. 5 della legge 12 febbraio 84 N° 222 di revisione della disciplina della invalidità pensionabile prevede che agli invalidi pensionati, impossibilitati a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita necessitando di assistenza continuativa, viene concesso un assegno mensile, invero non cumulabile con alto (cioè indennità di accompagnamento o assegno per assistenza personale continuativa per infortunati sul lavoro).

Da questi cenni si evidenzia come la condizione di superinvalidità trovi una sua collocazione sovventiva nel sistema previdenziale-assistenziale nella considerazione che le menomazioni e infermità che conducono alla perdita dell’autonomia somatica e/o alla perdita dell’autonomia deambulatoria richiedono un impegno assistenziale, inteso proprio nel senso etimologico del termine e cioè ad-sistère, cioè stare accanto, star vicino, e conseguentemente un maggiore impegno economico.

Trasferendoci all’ambito del risarcimento del danno iniuria datum, emergono problematiche di non poco conto, di ordine giuridico, come ad esempio, precisata la natura degli interventi

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assistenziali e/o previdenziali sopracitati, il relativo sovvenimento economico sia bastevole e sufficiente a compensare il danno futuro per necessità di assistenza continuativa ovvero possa concorrere a totale sovvenimento da porsi a carico del terzo responsabile del danno.

Nei casi che trattiamo, caratterizzati appunto dal gravissimo turbamento della funzione stato dinamica e/o dalla necessità di un aiuto a compiere gli atti quotidiani della vita, accanto al danno biologico permanente in diretta dipendenza delle menomazioni e quindi delle lesioni, accanto al danno patrimoniale da riduzione o annullamento della capacità lavorativa specifica o attitudinale, sussiste un danno assistenziale, e a questo proposito non trovo altro termine più idoneo, futuro in quanto certo e prolungato nel tempo. Siffatto tipo di danno traducibile in termini economici riguarda sinteticamente:

• le spese per prestazioni diagnostiche e terapeutiche talora in regime degenziale;

• le spese per acquisto di farmaci e parafarmaci e presidi medico-chirurgici;

• le spese per l’acquisto di protesi, ortesi e ausili;

• le spese per il miglioramento della qualità della vita;

• le spese per l’assistenza ad personam.

Poiché la maggior parte di queste superinvalidità derivano da lesioni riportate in incidenti stradali automobilistici, conviene sottolineare come parte delle spese assistenziali future sopraelencate facciano direttamente carico al S.S.N. Ricordo infatti che in ordine dall’art. 8 Legge 526 del 7 agosto 1992 le imprese assicurative per la Responsabilità Civile Auto sono tenute a versare all’erario un contributo annuale commisurato percentualmente sui premi incassati, contributo sostitutivo dell’azione di rivalsa degli enti del S.S.N. nei confronti dell’assicuratore dei responsabili per prestazioni erogate ai danneggiati dalla circolazione degli autoveicoli.

A questo punto occorre anche precisare come il diritto a prestazioni erogate dal S.S.N. sia regolamentato e limitato da disposizioni di legge e come, a mio avviso, il diritto all’assistenza sanitaria garantito dal S.S.N. sia, sì un diritto soggettivo perfetto, ma che si vede limitato sostanzialmente alla prevenzione, alla diagnosi e alla cura, e alla riabilitazione di stati di malattia, e non già alla mera assistenza continuativa ad personam, cioè al rapporto per lo più vicariante di una terza persona per l’esecuzione degli atti quotidiani della vita e per il sovvenimento delle necessità biologiche elementari.

Detto brutalmente, l’assistenza continuativa di superinvalidi non costituisce un obbligo giuridico per le strutture del S.S.N. e, riguardato dal punto di vista del superinvalido, siffatta assistenza può costituire un interesse legittimo, posto che i Comuni, che sono i titolari delle funzioni amministrative in tema di assistenza, possono, se e in quanto sussistono specifici fondi, erogare direttamente o tramite appositi servizi dell’USL le prestazioni assistenziali domiciliari o in regime di ricovero.

Le necessità di cure e assistenza future apre il problema della determinazione della speranza di vita del superinvalido: questa determinazione appare necessaria per calibrare nel tempo l’entità delle spese assistenziali future. A mio avviso la riduzione della speranza di vita rispetto ai coetanei non ha una incidenza significativa nella determinazione del danno biologico permanente e del danno patrimoniale da invalidità lavorativa, mentre sicuramente influisce sul determinismo del quantum economico delle spese di assistenza. E quand’anche, come auspicabile, questo tipo di danno fosse indennizzato non già in capitale, quanto mediante rendita vitalizia, non è chi non veda la maggior necessità di questa determinazione ai fini della costituzione delle riserve matematiche.

La determinazione della speranza di vita non pare facile come potrebbe sembrare, applicando, come abbiamo finora fatto, alcuni criteri epidemiologici desunti da indagini esperite per lo più negli Stati Uniti.

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In alcuni lavori recenti i dati epidemiologici relativi alla speranza di vita di coloro che sono in stato vegetativo persistente (coma apallico) sono espresse non già come vita media, bensì nella indicazione della mediana, cioè nel punto di mezzo della serie statistica ordinata progressivamente.

Il valore della mediana è indicativo ma non può essere di per se stessa assunta quale dato di durata di vita.

Occorre mettere in campo e valutare altre componenti prettamente cliniche individuali che influiscono sulla durata di vita. Ma appare anche influente sulla speranza di vita la qualità dell’assistenza che viene riservata a questi superinvalidi, posto che sembrerebbe valere un rapporto diretto positivo tra qualità di assistenza e durata di vita.

Quindi la determinazione della speranza di vita coinvolge un giudizio clinico assistenziale peculiare ed estremamente personalizzato comprendendo anche i riflessi e condizionamenti sociali.

Sia per la pesantezza degli esborsi economici sia per le intrinseche difficoltà proprie dei giudizi pognostici sia clinici che medico legali, la valutazione del danno dei superinvalidi in ambito di R.C.

non è procedura improntabile a forfettizzazioni.

Dr. G. Oberto

Medico Legale, Torino

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