• Non ci sono risultati.

La pronuncia della Cassazione in materia di TIA - Judicium

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "La pronuncia della Cassazione in materia di TIA - Judicium"

Copied!
10
0
0

Testo completo

(1)

INA DHIMGJINI

La pronuncia della Cassazione in materia di TIA

Sommario: 1. Premessa-2. La natura della Tariffa di Igiene Ambientale-3. La competenza del Giudice Ordinario-4. Conclusione

1. La Tariffa di Igiene Ambientale non sembra aver ancora trovato una sua definitiva collocazione, nonostante in questi anni sia stata oggetto di una lunga evoluzione normativa.

E a rendere incerta tale collocazione ha contribuito, in parte, anche la giurisprudenza che, assumendo posizioni diverse nel succedersi delle pronucie, ha sollevato importanti dibattiti circa la natura stessa della tariffa in questione e sulla questione processuale di competenza del Giudice Ordinario o delle Commissioni Tributarie.

Questo nuovo anno sembra, però, costituire il punto di partenza di una nuova prospettiva.

Una prospettiva, appunto, che si focalizza sui profili critici di cui sopra e che si indirizza nel senso di una loro soluzione.

Sulla Tariffa di Igiene Ambientale, c.d. TIA (ex Tarsu1), è intervenuta, infatti, la Cassazione Civile, Sezioni Unite con la sentenza 2064 del 28 gennaio 2011 che, recependo quanto

1 L’art. 49 del D.lgs. 22 del 1997 (decreto Ronchi) costituisce il quadro normativo di riferimento della Tia.

In merito al passaggio dalla Tarsu (introdotta con D.lgs. 507 del 1993) alla Tia occorre, infatti, osservare come l’art. 49, I comma del D.lgs 22 del 1997 ha disposto la soppressione della Tarsu e la conseguente istituzione di una tariffa con cui i Comuni devono provvedere alla «integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani e di qualunque altra natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico».

L’effettiva entrata in vigore della tariffa di Igiene Ambientale, fissata inizialmente nel termine del 1º gennaio 1999, è stata continuamente soggetta a variazioni e rinvii operati dalle disposizioni legislative successive. Un primo rinvio, infatti, è stato disposto dalla L. 426 del 1998 che, all’art. 1, comma 28, ha previsto il 1 gennaio 2000 come termine per l’applicazione obbligatoria del nuovo prelievo.

Successivamente, l’art. 33, comma I, della L. 488 del 1999, modificando il I comma dell’art. 49 D.lgs 22/1997, ha stabilito la soppressione della Tarsu a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio, disciplinato dal regolamento di cui al comma 5 (D.P.R. 158 del 1999).

Infine, oltre alle proroghe operate dalle Leggi Finanziarie del 2000, del 2003, del 2004 e del 2005, il passaggio dalla Tarsu alla Tia è stato sottoposto all’ulteriore rinvio di un anno ad opera della L. 266 del 2005.

Quest’ultima modifica ha previsto tre fasce di termini entro le quali la tariffa deve essere disposta:

la prima prevede il termine del 1 gennaio 2007 per i Comuni che hanno raggiunto un grado di copertura dei costi superiore all’85% oppure compreso tra il 55% e l’85% nel 1999; la seconda fissa detto termine al 1 gennaio 2008 per i Comuni che nel 1999, hanno raggiunto un grado di copertura dei costi inferiori al 55% e per i Comuni che, indipendentemente dal grado di copertura conseguito nel 1999, detengono fino a cinque mila abitanti.

L’art. 238 del Codice dell’Ambiente (D.lgs. 152 del 2006) abroga l’art. 49 del D.lgs. 22/1997 istituendo la Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, ovvero «il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani»

(2)

precedentemente affermato dalla Corte Costituzionale con sentenza 238 del 2009, ha statuito che la controversia relativa al rimborso della maggior imposta versata riguarda un rapporto di natura privatistica tra soggetti privati.

Nella fattispecie in esame, la Corte Suprema di Cassazione, è stata chiamata a pronunciarsi sul ricorso presentato da B.G. contro la V.E.R.I.T.A.S S.P.A. – Venezia Energie Risorse Idriche Territorio Ambiente Servizi avente ad oggetto la restituzione, in favore del ricorrente, della somma indebitamente corrisposta a titolo di IVA in occasione del pagamento della Tariffa di Igiene Ambientale.

È importante osservare come, in questa circostanza, viene risolta l’ormai celeberrima questione processuale inerente la competenza del Giudice Ordinario o delle Commissioni Tributarie ad esprimersi sulla Tia.

Ma prima di procedere nell’analisi della suestesa fattispecie, occorre ricordare come in dottrina, in merito alla Tariffa di Igiene Ambientale, nel corso degli anni e ben potremmo dire sin dall’emanazione della normativa che la regolamenta, si sono affiancate due teorie: l’una tributaria2, volta ad avallare la natura tributaria della tariffa; l’altra privatistica3, fondata sulla natura di entrata privatistica di quest’ultima.

La presenza nella tariffa di numerose analogie con la tassa, la fonte legale di entrambe le entrate e, soprattutto, la totale assenza di rapporti contrattuali rappresentano gli elementi posti a sostegno della teoria tributaria.

Secondo quest’ultima, la Tia costituisce una prestazione patrimoniale imposta: è la legge che impone al cittadino il pagamento della tariffa ed è sempre la legge che impone l’obbligo al comune di prestare il servizio.

Con la sentenza n. 4895/20064 la Cassazione, a Sezioni Unite, afferma la competenza giurisdizionale delle Commissioni tributarie in materia di Tia; ed analogamente si pronuncia anche nella sentenza n. 17526/2007.

2 Sulla natura tributaria della Tia si veda: M. CICALA, La giurisdizione tributaria, in Il Fisco, 2005, 14, p. 2051; F.

FICHERA, L’oggetto della giurisdizione tributaria, in Rass. Trib., 2007, p. 1094; G. MARONGIU, La rinnovata giurisdizione delle commissioni tributarie, in Rass. Trib., 2003, p. 122; F. PODDIGHE, La giurisdizione tributaria e l’evoluzione della Tarsu, in Riv. Dir. Trib., 2003, p. 519.

3 A favore della natura privatistica si annoverano: Commissione Tributaria Provinciale Venezia, Sezione II, sentenza n.

13 del 2004; Commissione Tributaria Provinciale Caserta, sentenza n. 53 del 2004; TAR Sicilia – Catania, sentenza n.

52 del 2008 e TAR Puglia – Lecce, Sezione II, sentenza n. 492 del 2007. Per un maggiore approfondimento v. P.

RUSSO, Manuale di diritto tributario, Milano, 1999, p. 26.

4 Nella sentenza de qua la Corte afferma: «il legislatore, superando le incertezze già insorte in materia in dottrina e nella giurisprudenza di merito […] ha ricondotto infatti le controversie in materia di Tia […] nell’ambito della giurisdizione tributaria».

(3)

È evidente che chi sostiene la natura tributaria della tariffa afferma la presenza di un ente impositore in posizione di supremazia verso il contribuente e ne ravvisa tale predominanza nella potestà di accertamento, nell’emanazione di atti o provvedimenti amministrativi ed, infine, la capacità sanzionatoria.

La teoria privatistica, invece, attribuisce natura patrimoniale alla tariffa di igiene ambientale;

quest’ultima, infatti, è composta da una quota fissa5 e da una quota variabile6 e tende a garantire la totale copertura del costo del servizio configurando, dunque, un rapporto privatistico tra il privato e la Pubblica Amministrazione.

Dunque, il presupposto privatistico comporterebbe l’instaurazione di un rapporto tra Ente impositore e contribuente del tutto paritario, con la conseguenza che quella potestà di accertamento e di emanazione di atti e provvedimenti ravvisabile nella teoria tributaria qui verrebbe assolutamente meno.

Con R.M. 25/E del 5 febbraio 2003 ed R.M. 250/E del 17 giugno 2008, l’Agenzia delle Entrate afferma che la Tariffa di Igiene Ambientale presenta natura civilistica, poiché si configura come corrispettivo per il servizio di raccolta di rifiuti urbani.

Nonostante la natura civilistica, però, l’Agenzia delle Entrate ha giustificato l’assoggettabilità ad Iva della tariffa in oggetto ribadendone la natura di «servizio».

Prassi che è stata osservata, difatti, da tutti quei Comuni che non hanno proceduto al soddisfacimento delle istanze di rimborso presentate dai cittadini.

Con l’ ordinanza n. 13894 del 15 giugno 2009 la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, si è pronunciata a favore della natura di corrispettivo della TIA, sollevando questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 bis del D.L. 203/2005, convertito con L. 248/2005 per violazione dell’art.

102, II comma, Costitzione nella parte in cui «devolve alla giurisdizione del giudice tributario le controversie relative alla debenza del canone (tariffa) per lo smaltimento dei rifiuti urbani».

In merito alla natura patrimoniale della tariffa di igiene ambientale occorre menzionare la sentenza n. 33/09 del Giudice di Pace di Mascalucia nella quale il decidente si esprime in tal modo:

«[…] si ritiene che l’avvenuta devoluzione delle liti in materia di Tia al giudice tributario non possa valere, di per sé, come presupposto idoneo a definire la natura della stessa come prelievo di diritto pubblico e ad escluderne la natura di corrispettivo del servizio di gestione dei rifiuti, con

5 Il IV c. dell’art. 49 del Decreto Ronchi stabilisce che la quota fissa è «determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti»,

6 La quota variabile, invece, viene rapportata dal Decreto Ronchi, alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all’entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio».

Ai fini del calcolo della tariffa per le utenze domestiche, il V c. dell’art. 2 del D.lgs. 22/1997 stabilisce che: «la parte variabile della tariffa è rapportata alla quantità di rifiuti indifferenziati e differenziati […] prodotta da ciascuna utenza».

(4)

conseguente inapplicabilità dell’Iva. […] Appare evidente che all’attribuzione della natura privatistica conduce anche la stessa struttura della tariffa. Il fatto che essa […] tenda ad assicurare la copertura totale del costo del servizio ne conferma la natura di corrispettivo e rappresenta una differenza sostanziale di essa […]. Pertanto è esclusa la giurisdizione della Commissione tributaria in favore del giudice ordinario e nella fattispecie di questo giudice ratione materiae valorisque».

Analogamente, con l’ordinanza n. 3274 del 15 febbraio 20067, le Sezioni Unite Civili della Suprema Corte di Cassazione si erano espresse affermando la competenza del giudice ordinario nelle controversie riguardanti la nuova tariffa rifiuti.

Anche il Sig. B.G., infatti, sostenendo che la natura di obbligazione tributaria della Tia esclude che il pagamento di tale tributo possa essere gravato da altro tributo, ricorre dinanzi alle SS.UU. ai sensi dell’art. 41 c.p.c., chiedendo la risoluzione della preventiva questione di giurisdizione a favore del giudice ordinario.

Ciascuna parte può chiedere, infatti, ai sensi dell’art. 41 c.p.c., alle sezioni unite della Corte di Cassazione la risoluzione delle questioni di giurisdizione di cui all’art. 37 c.p.c. finché la causa non sia decisa nel merito in primo grado.

Il regolamento di giurisdizione deve essere proposto con ricorso a norma degli articoli 364 e seguenti cpc e rappresenta, come affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione Civile con la sentenza n. 1129 del 20 ottobre 2000, «uno strumento per risolvere in via preventiva ogni contrasto, reale o potenziale, sulla potestas iudicandi del giudice adito».

2. In relazione alla natura8 della Tariffa di Igiene Ambientale, introdotta con D.lgs n. 22 del 1997, si riscontrano due diversi orientamenti che muovono da uno stesso interrogativo: si tratta di un tributo o di un corrispettivo?.

7 Nell’ordinanza de qua la Corte afferma: «è […] pacifico che la prestazione pecuniaria […] non abbia natura tributaria» e «non vi è dubbio che l’obbligo di pagamento del corrispettivo sorge da presupposti interamente preregolati dalla legge e da atti amministrativi generali, senza che siano riservati alla pubblica amministrazione spazi di discrezionalità circa la concreta individuazione dei soggetti obbligati, i presupposti oggettivi o il quantum del corrispettivo dovuto». In conclusione, sostiene che: «non essendo la controversia riconducibile ad alcuna delle ipotesi di giurisdizione esclusiva previste dall’articolo 7 della L. n. 205 del 2000, deve essere affermata la giurisdizione del giudice ordinario»

8 La Commissione Gallo sulla Finanza Locale afferma che ai fini della qualificazione della tariffa non conta il «nomen juris» dato dal legislatore ma ciò a cui si deve guardare è la sostanza; infatti: «la tariffa nella tradizione legislativa non è che lo strumento normativo di determinazione della misura di un tributo e, ad avviso della Commissione, è l’obbligatorietà del servizio di raccolta dei rifiuti che va fermamente ribadita tanto per il Comune, che di regola deve istituirlo in regime di privativa, tanto per i cittadini che, salvo eccezioni, devono domandarlo. Il prelievo imposto per il finanziamento del servizio, comunque lo si chiami, partecipa dunque a dei caratteri che la dottrina ha sempre attribuito alla stessa e ciò non impedisce di dargli un altro nome, ma si tratta di stabilire in qual modo si ritiene di regolare il servizio».

(5)

Da un lato, il legislatore, con il D. L. 203 del 2005, convertito nella Legge 248 del 2005, ne ha affermato la natura tributaria9; dall’altro lato quest’ultimo aspetto è stato posto in discussione proprio dalla Corte Costituzionale.

Con due sentenze del 2008, la n. 6410 e la n. 335, infatti, quest’ultima ha rispettivamente dichiarato:

- l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, secondo periodo del D. lgs n. 546/1992, come modificato dall’art. 3 bis, comma 1, lett. b del D. L. 203 del 2005, nella parte in cui stabilisce che «Appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie relative alla debenza del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche»;

- la natura di corrispettivo di prestazioni contrattuali della tariffa di depurazione, di cui all’art.

14, comma I della Legge Galli ( L. n. 36/1994 ).

Mentre la Corte di Cassazione ha osservato come la Tia ha molto in comune con la disciplina inerente le prestazioni giudicate non tributarie dalla Corte Costituzionale. Tra i fattori che, infatti, contribuiscono ad escluderne la natura tributaria si annoverano: l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto; la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio; la regolamentazione del contenzioso e la deficienza di una normativa ai fini dell’accertamento per l’eventuale e successiva applicazione di sanzioni.

La presenza di molti aspetti di omogeneità e continuità tra la Tia e la Tarsu è l’elemento assunto a fondamento dalla Corte Costituzionale che, con sentenza n. 238 del 24 luglio 200911, afferma che la Tariffa di Igiene Ambientale, nonostante la denominazione di «tariffa», è sostanzialmente una

9 Di tale avviso risultano: la Commissione Tributaria Provinciale di Treviso che, con sentenza della Sezione II n. 87 del 6 dicembre 2004, indica la legge come fonte dell’obbligazione della Tia e afferma che la tariffa in esame ha natura di imposizione fiscale, pertanto è appartenente alla categoria dei “tributi”; la Commissione Tributaria Provinciale di Venezia, Sezione V, che con sentenza n. 5 del 2004 afferma che: «la TIA ha natura di tassa in quanto non esiste un rapporto sinallagmatico tra la prestazione del gestore e la controprestazione del contribuente, né un rapporto qualsiasi di tipo contrattuale»; Commissione Tributaria Provinciale di Firenze sentenza n. 47 del 2006; Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, Sezione IX, sentenza n. 528 del 2007; TAR Toscana, Sezione I, sentenza n. 800 del 2007; TAR Veneto, Sezione III, sentenza n. 2010 del 2005.

10 In questa sentenza la Corte Costituzionale afferma che non è «sufficiente, al fine di negare lo “snaturamento” della materia attribuita alla giurisdizione tributaria, affermare che le controversie relative ad alcuni particolari canoni, pur non avendo natura tributaria, sono legittimamente attribuite alla cognizione delle commissioni tributarie per la sola ragione che il fatto generatore delle suddette prestazioni patrimoniali è simile al presupposto che, in passato, avevano avuto alcuni tributi». Prosegue poi la Corte: «[…] il difetto della natura tributaria della controversia fa necessariamente venir meno il fondamento costituzionale della giurisdizione del giudice tributario, con la conseguenza che l’attribuzione a tale giudice della cognizione della suddetta controversia si risolve inevitabilmente nella creazione, costituzionalmente vietata, di un “nuovo” giudice speciale».

11 La sentenza de qua è una sentenza interpretativa di rigetto, ovvero non suscettibile di determinare un vincolo generale per chi deve applicarla né per i giudici comuni.

(6)

tassa; rendendo in tal modo certo il diritto al rimborso dell’Iva12 indebitamente versata da parte dei soggetti privati.

La Corte Costituzionale viene chiamata, nella sentenza de qua, a pronunciarsi sul giudizio di opposizione all’esecuzione promossa ai sensi dell’art. 615 c.p.c. dal Giudice di Pace di Catania che, in riferimento agli articoli 25, I comma, 102, secondo comma disposizione transitoria della Costituzione, solleva questione di legittimità dell’art. 2, II comma, II periodo del D.lgs. 546/1992 – come modificato dall’art. 3 bis, I comma, lettera b) del D.L. 203/2005, nella parte in cui stabilisce che «appartengono alla giurisdizione tributaria […] le controversie relative alla debenza del canone […] per lo smaltimento dei rifiuti urbani».

Il Giudice rimettente osserva in punto di diritto come la Tarsu, con l’emanazione del Decreto Ronchi, è stata sostituita con un prelievo di natura non più tributaria, ma privatistica, e cioè con la Tariffa di igiene ambientale.

Aggiunge, altresì, che la natura non tributaria della TIA è desumibile non solo dalla sua denominazione di «tariffa», ma anche dalla sua determinazione quantitativa in ragione della copertura del costo del servizio.

A solo due mesi di distanza dall’intervenuta sentenza, difatti, sono stati numerosi i cittadini che si sono azionati al fine di ottenere detto rimborso.

Un primo esempio è rappresentato dal Giudice di Pace di Mestre che, accogliendo il primo ricorso per il rimborso dell’Iva sulla tassa dei rifiuti, ha condannato la Veritas a pagare anche le spese di procedura.

Alla sentenza della Corte Costituzionale si è uniformata anche la Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia che, con sentenza n. 27 del 2010, depositata in segreteria il 15 febbraio 2010, ha condannato al rimborso l’ente che gestisce il servizio rifiuti.

Questa sentenza si dimostra fedele al ragionamento effettuato dai giudici della Corte Costituzionale, abbandonando decisamente le conclusioni dei giudici tributari toscani.

Così è avvenuto anche a Messina dove, nel mese di luglio 2010, la Commissione Tributaria Provinciale, in una ventina di sentenze circa, ha riconosciuto il diritto alla restituzione dell’Iva pagata sulla Tia negli ultimi anni ai contribuenti azionatisi. Sulla base di quanto stabilito nella

12 Nella sentenza si legge: «TIA e TARSU sono estranei all’applicazione dell’IVA […]. Non esiste una norma legislativa che espressamente assoggetti ad IVA le prestazioni del servizio del servizio di smaltimento rifiuti […]

entrambe le entrate devono essere ricondotte nel novero di diritti canoni e contributi che la normativa comunitaria esclude in via generale dall’assoggettamento ad Iva perché percepite da enti pubblici per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità sempre che il mancato assoggettamento all’imposta non comporti una distorsione della concorrenza». La Corte Costituzionale, dunque, è giunta alla conclusione che «sia la TARSU sia la TIA non entrano nell’ambito di applicazione dell’Iva», non solo per il periodo anteriore al 1998 ma anche per quello ad esso successivo.

(7)

sentenza 238 del 2009, infatti, la tariffa di igiene ambientale è un tributo sul quale, in virtù del divieto di doppia tassazione, non può applicarsi anche l’Iva.

Lasciano perplessi, invece, quei casi che ancora manifestano la non adesione a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale.

A tal proposito, si veda come la Commissione Tributaria Regionale della Toscana riammette l’Iva sulla Tia. I giudici tributari di Firenze, facendo leva sulla natura commerciale dell’ente gestore, con sentenza n. 27/13/2010 hanno stabilito che l’Iva sulla Tia va pagata. Si legge nella sentenza che:

«l’imposta è dovuta quando un servizio destinato al soddisfacimento di un interesse pubblico sia effettuato in regime di impresa».

Vani appiano, altresì, i movimenti che a Trento hanno portato il Partito Pensionati del Trentino e l’Associazione «Lo Scudo» ad esporre denuncia per truffa e abuso di ufficio nei confronti di Trenta Spa che, non riconoscendo alcun diritto al rimborso, continua ad applicare l’Iva sulla Tia.

Ed anche la Confcommercio di Catania, in data 27.10.2010, sottolineando come il problema economico della tassa rifiuti si sia trasformato in un disagio sociale, ha deciso di presentare un esposto presso la Procura della Repubblica contro la Simeto Ambiente S.p.a., che continua a ritenere la propria competenza nel determinare la Tia e che, nonostante il passaggio dalla TARSU alla TIA ( e, quindi, il passaggio dal regime pubblicistico a quello privato ), emette atti di contestazione nei confronti dei contribuenti.

Della questione «Tia» è stato recentemente investito anche l’Ufficio del Giudice di Pace di Livorno, dinanzi al quale, in data 27.10.2010, il Sig. M.M. conveniva in giudizio la Società REA Rosignano Energetica Ambiente S.p.a. ed il Comune di Collesalvetti al fine di vedersi restituire l’imposta sul valore aggiunto illegittimamente calcolata, addebitata ed assolta sulla tariffa igiene ambientale.

Anche in questo caso il ricorrente lamentava il mancato rimborso dell’Iva pagata dagli anni 2000 – 2009 operando un rinvio a quanto statuito nella sentenza 238/2009 della Corte Costituzionale ad agiva, ai sensi dell’art. 2033 c.c., per la ripetizione di quanto indebitamente versato.

Con sentenza n. 1431/2010 del 10 novembre 2010 il Giudice di Pace di Livorno, dichiarando il proprio difetto di giurisdizione, respingeva la domanda attorea e condannava, altresì, il Signor M.M.

al pagamento delle spese di lite.

Nella sentenza di cui sopra, il Giudice di Pace di Livorno ritiene fondata l’eccezione di carenza di giurisdizione sollevata dai convenuti ed afferma che quest’ultima non può neppure essere superata facendo riferimento all’istituto dell’indebito oggettivo di cui all’art. 2033 c.c.

(8)

3. A far luce sulla questione processuale di cui sopra è recentemente intervenuta la sentenza 2064 del 2011 che, una volta per tutte, ha posto fine alle costanti oscillazioni giurisprudenziali. Ha, infatti, statuito che la controversia in tema di Iva spetta al Giudice Ordinario: «In tema di Iva, spetta al giudice ordinario la giurisdizione in ordine alla domanda proposta dal consumatore finale nei confronti del professionista o dell’imprenditore che abbia effettuato la cessione del bene o la prestazione del servizio per ottenere la restituzione delle maggiori somme addebitategli […]».

La Corte, discostandosi da quanti ritengono la natura tributaria della controversia, ne sottolinea ampiamente la natura privatistica: «[…] la controversia in questione non ha ad oggetto un rapporto tributario tra contribuente ed Amministrazione finanziaria, ma un rapporto di natura privatistica tra soggetti privati, che comporta un mero accertamento incidentale in ordine all’ammontare dell’imposta applicata in misura contestata».

Prosegue la Corte: «Si tratta, in ogni caso, di una controversia tra privati, alla quale “resta estraneo l’esercizio del potere impositivo sussumibile nello schema potestà – soggezione, proprio del rapporto tributario” (Cass. SS.UU. 15031/2009). Né rileva la circostanza che il giudizio sulla richiesta di rimborso dell’iva implichi la necessità di accertare se l’imposta fosse dovuta e quale sia la natura dell’obbligo di pagare la TIA. Infatti, nelle controversie tra privati, che abbiano ad oggetto la richiesta di rimborso di una imposta che si assume essere stata indebitamente pretesa dalla controparte (non identificabile in uno dei soggetti di cui al D. Lgs. n. 546 del 1992, art. 10), il giudice ordinario competente ha sempre il potere “di sindacare in via incidentale la legittimità dell’atto impositivo ove sia presupposto e di disapplicarlo, ovvero di disporre la sospensione del giudizio, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., in caso di contemporanea pendenza del giudizio tributario”

(Cass. SS.UU. 15032/2009)».

Il problema della giurisdizione viene affrontato anche dal Giudice di Pace di Castellamare di Stabia che, con sentenza n. 1087 del 2005, afferma l’estraneità del consumatore finale al rapporto tributario concernente l’Iva e la conseguente appartenenza al Giudice Ordinario della giurisdizione sulle controversie tra cessionario e cedente concernente il diritto di rivalsa.

Da ricordare, a tal proposito, anche la sentenza della Cass. SS.UU. Civ. n. 16158 del 15.11.2002, nella quale si legge che: «appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, e non a quella delle commissioni tributarie, la controversia promossa, al fine di ottenere il rimborso di quanto versato a titolo di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, promossa da un soggetto privato nei confronti di un altro soggetto privato, ritenuto il vero debitore, atteso che nei rapporti tra privati non può porsi mai una questione di giurisdizione e che le questioni concernenti l’effettiva titolarità passiva dell’obbligazione tributaria e l’esattezza della somma pretesa ben possono essere decise in

(9)

via incidentale nell’ambito del rapporto tra le parti private, senza che la relativa statuizione possa far stato nei confronti dell’ente locale impositore».

Ai casi precedenti deve aggiungersi anche quello del Giudice di Pace di Paternò, il quale, pronunciandosi in tema di accertamenti Tia inviati dalla Engineering, non manca di riprendere il decreto legge del 31 maggio 2010, convertito in legge il 30 luglio dello stesso anno, che afferma la competenza del Giudice di Pace ad esprimersi in caso di giudizi pendenti in tema di Iva.

Il primo ricorso promosso sulla base della sentenza 2064 del 2011 è quello presentato dal Signor R.D. in data 9 aprile 2011 dinanzi al Giudice di Pace di Treviso per ottenere la restituzione dell’Iva versata indebitamente sulla Tia negli anni 2004 – 2010.

Stante la diffida ad adempiere alla richiesta di rimborso inviata nel 2009 alla Trevisoservizi e le mancate risposte da parte di quest’ultima, il Signor R.D., a fronte della nuova sentenza, ha depositato il ricorso nella speranza che, una volta per tutte, il principio della trasparenza torni ad operare nel rapporto contribuente – istituzioni.

4. In conclusione, e per ricondurmi a quanto annunciato in premessa, secondo l’orientamento della Corte di Cassazione la giurisdizione appartiene al Giudice Ordinario poiché si tratta di un rapporto di natura privatistica, ravvisandosi semmai la fattispecie dell’indebito arricchimento di cui all’art. 2041 c.c. in tutte quelle ipotesi in cui il soggetto irrogante la Tia non procede alla restituzione dell’Iva indebitamente versata. Infatti, la norma de qua, annovera, accanto all’incremento patrimoniale, anche il mancato detrimento patrimoniale quale vantaggio che un soggetto può trarre nei confronti di un altro in assenza di una valida causa giustificativa.

Infine, stante le profonde incertezze e le oscillazioni giurisprudenziali di cui sopra e non essendo la compensazione puro esercizio di discrezione del giudice (SS.UU. Cass. Civ. sent. 20598 del 30 luglio 2008), la Cassazione conclude compensando altresì le spese di giudizio tra B.G. e V.E.R.I.T.A.S. S.P.A.

Il tema della Tariffa di Igiene Ambientale è un tema di cruciale importanza non solo perché pone rilevanti questioni giuridiche ma soprattutto perché solleva l’interesse di tutti i cittadini che, essendo centri giuridici di imputazione di diritti ed obblighi, sono sempre coinvolti, in maniera diretta o indiretta, in tutte le vicende sociali.

In questa vicenda ricoprono il ruolo di «contribuenti», di soggetti che, ai fini fiscali, sono tenuti a pagare un’imposta; ovvero sono soggetti passivi a cui fanno capo le disposizioni giuridiche soggettive sia positive che negative nei confronti del Fisco, in relazione ad un’obbligazione di imposta.

(10)

Ma prima ancora di essere contribuenti sono cittadini e, come tali, sono tenuti al rispetto di quanto imposto dall’art. 53 della nostra Carta Costituzionale: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva».

Laddove, però, importanti pronunce affermano che somme costituenti parte delle spese pubbliche devono essere rimborsate i cittadini – contribuenti meritano ascolto nell’esercizio del proprio diritto.

Una vicenda che coinvolge una sola persona non è mai da considerarsi isolata; è una vicenda che, invece, diventa di «tutti».

Così come una pronuncia del giudice non è mai isolata e confinata al singolo caso, bensì rappresenta una statuizione applicabile ai casi analoghi a quelli per cui essa è nata.

Con la pronuncia del 2011 sembra essersi finalmente risolto il problema concernente la giurisdizione del Giudice Ordinario.

E sembra, finalmente, essersi posto fine alle lunghe attese dei cittadini che si sono azionati al fine di ottenere soddisfazione dei propri diritti.

L’attesa ora si renderà inevitabile unicamente per osservare se effettivamente le controversie in tale materia troveranno rapida soluzione e se le future e prospettate decisioni in tema di Tariffa di Igiene Ambientale si uniformeranno o meno alla recentissima sentenza.

Riferimenti

Documenti correlati

Per converso, resta ferma la responsabilità solidale, la quale non viene automaticamente meno per effetto dell’adesione di uno dei coobbligati, essendo necessario che

602 del 1973, la cartella, quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli, deve essere predisposta secondo l’apposito modello, che non prevede la

opposizioni recuperatorie (ovvero le contestazioni che il debitore non ha potuto dedurre prima del pignoramento a causa della omessa conoscenza degli atti prodromici), ed

Non si può fare a meno di osservare allibiti che la sentenza enuncia che l’onere della parte di dar corso alla mediazione obbligatoria “possa ritenersi adempiuto con l’avvio

effetto prenotativo della domanda nell’ambito, soprattutto, dei diritti reali, materia questa rientrante tra quelle destinate al tentativo obbligatorio di mediazione...

Inoltre, le Sezioni Unite - al fine di collocare nel tempo l’illiceità della capitalizzazione trimestrale - evidenziarono come l'evoluzione del quadro normativo –

Possono emergere, infatti, consapevoli e volute omissioni o ritardi del genitore non allocatario nel riportare il minore presso il suo domicilio, al termine degli incontri previsti

perché, altrimenti, si dovrebbe giungere alla inaccettabile conclusione che è inammissibile un ricorso, che tali elementi non contenga, e che tuttavia invochi un error