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L’ordinanza di assegnazione del credito ex art. 553 cpc è suscettibile di ottemperanza: l’Adunanza plenaria risolve il contrasto di giurisprudenza ma non dimostra l’equiparabilità dell’assegnazione alla sentenza passata in giudicato. - Judicium

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CLARICE DELLE DONNE

L’ordinanza di assegnazione del credito ex art. 553 cpc è suscettibile di ottemperanza:

l’Adunanza plenaria risolve il contrasto di giurisprudenza ma non dimostra l’equiparabilità dell’assegnazione alla sentenza passata in giudicato.

1.- La questione interpretativa posta dal remittente e la soluzione dell’Adunanza Plenaria.

E’ ammissibile il giudizio di ottemperanza per ottenere l’adempimento dell’obbligo dell’amministrazione di conformarsi ad una ordinanza di assegnazione del credito resa ai sensi dell’art.

553 cpc?

Al quesito fornisce oggi risposta positiva l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato1 sull’assunto del carattere decisorio e definitivo del provvedimento, e dunque della sua piena equiparabilità, quantomeno ai fini dell’art. 112, c. 2, lett. c) del Codice del processo amministrativo, alla sentenza passata in giudicato resa dal giudice ordinario nei confronti di una PA (o di soggetto equiparato).

Della soluzione, e prima ancora dell’impostazione del problema, è tuttavia lecito dubitare: di “portata decisoria e attitudine al giudicato” non può infatti discorrersi per il capo dell’ordinanza che dispone l’assegnazione del credito, l’unico rilevante ai fini dell’ottemperanza ma, al più, per il (diverso e pregiudiziale) capo relativo all’esistenza ed ammontare del credito assegnato, che però è cosa ben diversa.

Ma procediamo con ordine.

E’ il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana a chiedere l’intervento risolutore dell’Adunanza Plenaria per dirimere il contrasto progressivamente emerso nella stessa giurisprudenza amministrativa, divisa tra l’opzione oggi prescelta2 e quella opposta propugnata dal Consiglio stesso3 nei termini scanditi dall’ordinanza di rimessione n. 22/2012.

1 I primi commenti alla pronuncia si devono a Storto, E’ ottemperatile innanzi al G.A. l’ordinanza di assegnazione di crediti ex art.

553 c.p.c., in Corr. merito, 2012, 629 ss; ed a Tiscini, L’ordinanza di assegnazione del credito nella procedura espropriativa presso terzi. Il Consiglio di Stato ne riconosce la stabilità che nega la Corte di cassazione, in www.judicium.it, ed in corso di pubblicazione in Riv. dir.

proc., 2012.

2 Per la quale v. C. Stato, sez. IV, 1° aprile 1992, n. 352; C. Stato, sez. IV, 15 novembre 2004, n. 7401; C. Stato, sez. IV, 6 novembre 2008, n. 5485; C. Stato, sez. V, 12 ottobre 2009, n. 6241; C. Stato, sez. V, 13 ottobre 2010, n. 7463; Tar Campania – Napoli, sez. V, 20 gennaio 2005 n. 247.

3 Anche sulla scorta di altra giurisprudenza amministrativa: Tar Campania – Napoli, sez. V, 10 ottobre 2008 n. 14692; Tar Campania – Napoli, sez. V, 13 novembre 2009 n. 7373; Tar Lazio – Roma, sez. II, 8 luglio 2009, n. 6667; Tar Sicilia – Palermo, sez. I, 5 luglio 2006, n. 1575, in Riv. es. forz., 2006, con Nota di Francavilla, E’ ammissibile il giudizio di ottemperanza per

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A sostegno dell’inammissibilità del giudizio di ottemperanza per ottenere l’adempimento di una ordinanza di assegnazione del credito resa in favore del ricorrente nei confronti di un Comune, affermata dal Tar Sicilia-Catania adito in prime cure, militano infatti argomenti che il Consiglio di giustizia amministrativa, adito quale giudice d’appello, non solo ritiene condivisibili, ma anche in grado di fondare, per la loro forza, la prevalenza di questa tesi su quella opposta che ad essa contende il campo.

Sulla scorta di un suo precedente del 19994, sostiene il Consiglio che l’ordinanza, chiudendo il procedimento di espropriazione presso terzi con il trasferimento della titolarità del credito pignorato dal debitore esecutato al creditore pignorante, è priva di ogni carattere decisorio, anche implicito.

Essa non reca infatti alcun accertamento “dell’entità dell’obbligo del terzo”, limitandosi piuttosto a dare atto della dichiarazione da lui resa “sulle modalità, termini e condizioni di adempimento dell’obbligo”.

Tale assenza di carattere decisorio importa che, anche ove assuma il carattere della definitività, essa non sia idonea a “(…) far stato ad ogni effetto tra le parti; essa inoltre e soprattutto (rientrando nell’ambito dei provvedimenti diretti ad assicurare l’ordinato svolgimento del processo di esecuzione e non destinati a risolvere in modo irretrattabile una controversia tra le parti non avrebbe carattere tecnicamente decisorio, nel senso che, appartenendo appunto al processo di esecuzione, non risolve una controversia a seguito dell’instaurazione di un giudizio di cognizione;

(…)”.

Ne è allora preclusa la idoneità a legittimare il giudizio di ottemperanza, oggi deputato per scelta inequivocabile dell’art. 112, comma 2, lett. c), cod. proc. amm., ad assistere le sole sentenze passate in giudicato ed i provvedimenti alle stesse equiparati. In particolare “il riferimento ai provvedimenti “equiparati”

alle sentenze recepisce solo alcune delle aperture giurisprudenziali intervenute nel vigore delle vecchie normative sull’ottemperanza: per effetto di tale operazione selettiva, a livello normativo resta chiarito che il giudizio di ottemperanza è esperibile (non contro qualunque provvedimento giudiziario definitivo) bensì soltanto per ottenere l’attuazione di provvedimenti diversi dalle sentenze ma ad esse equiparati e cioè come detto sopra caratterizzati dal carattere decisorio e per l’attitudine a passare in giudicato”.

L’Adunanza Plenaria utilizza, per smontare la ricostruzione del remittente, la rassegna dei possibili esiti della chiamata del terzo in dipendenza del comportamento processuale da questi concretamente assunto.

L’alternativa è tra la dichiarazione positiva su esistenza ed ammontare del debito (art. 547cpc), cui (con)segue l’emissione dell’ordinanza di assegnazione del credito al creditore pignorante (art. 553 cpc); e

l’esecuzione dell’ordinanza di assegnazione di crediti emessa dal giudice civile nei confronti di un ente pubblico?; Tar Sicilia – Catania, sez. II, 30 giugno 2009, n. 1202 e, naturalmente, Tar Sicilia-Catania, sez. II, 9 dicembre 2009, n. 2071, impugnata davanti al Consiglio di giustizia amministrativa che ha rimesso la questione all’A.p.

4 Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana 14 giugno 1999 n. 262.

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la mancata o contestata dichiarazione, che può aprire un giudizio di cognizione “(…) a conclusione del quale, se il credito è accertato, il processo esecutivo prosegue e viene emessa l’ordinanza di assegnazione del credito (artt.

549, 549,553 cod. proc. civ.).

Pertanto l’ordinanza di assegnazione del credito postula sempre e comunque l’accertamento dell’esistenza e dell’ammontare del credito, vuoi sulla base della dichiarazione, non contestata, del terzo debitore, vuoi sulla base di un giudizio di cognizione incidente nel processo di esecuzione presso terzi. E infatti, l’art. 553 cod. proc. civ. dispone che il giudice ordina l’assegnazione del credito “se il terzo si dichiara o è dichiarato debitore”.

Alla decisorietà così caratterizzata si affianca poi l’ulteriore requisito della stabilità dell’ordinanza per effetto della mancata-preclusa impugnazione, dato che “(…) la stessa non è revocabile né modificabile da parte del giudice dell’esecuzione, e deve essere impugnata con il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi quando si tratta di far valere vizi che si riferiscono ai singoli atti esecutivi o ad essa stessa, mentre può essere impugnata con l’appello, quando la sua pronuncia abbia assunto natura decisoria, per aver inciso sulle posizioni sostanziali del creditore o del debitore”.

Queste acquisizioni, saldate al rilievo che l’ordinanza di assegnazione chiude la procedura di pignoramento trasferendo il credito dall’esecutato al creditore pignorante (il che toglie vigore all’assunto che il giudizio di ottemperanza, ove esperito, verrebbe ad inserirsi in una esecuzione civile ancora in corso) conducono alla conclusione, piana ed univoca, che l’ordinanza è equiparabile alla sentenza passata in giudicato ai fini dell’ammissibilità del giudizio di ottemperanza.

Ed è in tal senso che decide, rimettendo gli atti al Consiglio di giustizia amministrativa della regione siciliana in sede di ottemperanza, l’Adunanza plenaria.

2.- Considerazioni di metodo: la necessità di scindere il rapporto esecutato-terzo dal rapporto pignorante-terzo…

I rapporti tra ordinanza di assegnazione del credito e giudizio di ottemperanza vanno oggi ricostruiti alla luce dell’art. 112, comma 2, lett. c) del Codice del processo amministrativo che riserva il rimedio, in caso di pronunce del giudice ordinario, alle sole sentenze passate in giudicato ed ai provvedimenti equiparati, e sempre che sussista in capo all’amministrazione l’obbligo di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato.

La scelta inequivocabile della disposizione impone dunque all’interprete che voglia corredare del rimedio un decisum del giudice ordinario di rintracciarvi il duplice carattere della decisione su diritti

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(decisorietà) e della stabilità5 derivante dalla mancata/preclusa impugnazione-opposizione secondo la sua disciplina processuale (definitività).

Ma è proprio calando in queste coordinate l’ordinanza di assegnazione di somme ex art. 553 cpc che si apprezza subito l’abisso che separa questo provvedimento dagli altri che si suole equiparare alla sentenza passata in giudicato e la conseguente impossibilità di utilizzare puramente e semplicemente i criteri che, normalmente, tale equiparazione sorreggono.

Ciò emerge dalla peculiarità assoluta dell’oggetto, il trasferimento del credito, che dà ragione del coinvolgimento di tre soggetti, le cui vicende si incrociano nell’espropriazione per poi tornare a dipanarsi in due ben distinti rapporti, quello originario tra esecutato e debitor debitoris, e quello, costruito ex novo proprio dall’ordinanza di assegnazione e cui l’intera procedura mira, tra creditore procedente e terzo.

Già questo dà la misura della distanza che separa, solo per dare gli esempi più immediati, l’ordinanza ex art. 553 cpc da una sentenza di condanna o un decreto ingiuntivo definitivi, ove la partita si gioca esclusivamente tra creditore e debitore, parti del rapporto sostanziale oggetto di accertamento che in sede esecutiva (civilistica come di ottemperanza) divengono creditore procedente ed esecutato.

Due essendo i rapporti in varia guisa coinvolti dall’ordinanza di assegnazione, occorre allora in primo luogo discernere quale di essi rilevi ai fini dell’ottemperanza, e poi solo in tale prospettiva valutare natura ed effetti del provvedimento.

Ora, a rilevare è senz’altro il rapporto tra creditore assegnatario e terzo assegnato ed esclusivamente rispetto a queste parti occorre perciò ricostruire il contenuto precettivo da ascrivere all’ordinanza di assegnazione e la sua (eventuale) stabilità ai fini dell’esercizio del giudizio di ottemperanza ove terzo debitor debitoris sia una PA.

Ma ciò non è quanto emerge dalla giurisprudenza amministrativa che nega l’ottemperabilità dell’ordinanza, né dalla stessa ricostruzione dell’Adunanza plenaria che oggi invece l’ammette.

In entrambe il discorso è infatti caratterizzato da una certa opacità di fondo indotta dalla (più o meno consapevole) sovrapposizione tra i due rapporti appena evocati.

L’ottica è quella esclusiva delle parti originarie del rapporto sostanziale (esecutato e debitor debitoris) sicché l’alternativa secca tra “accertamento” del credito (da assegnare) con efficacia di giudicato anziché no si ripercuote sul capo recante l’assegnazione del credito, cui automaticamente si estende il riconoscimento o la negazione di quella stessa decisorietà/definitività, come se invece che due oggetti (l’uno pregiudiziale all’altro) l’ordinanza ne avesse in realtà soltanto uno.

5 Sia pure non assoluta ma al netto di possibili appendici impugnatorie straordinarie, possibili per le sentenze passate in giudicato e dunque anche per i provvedimenti “equiparati”.

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Il salto logico compiuto dall’A.p. è tutto qui: l’accertamento del rapporto di credito tra esecutato e terzo debitor debitoris, l’unico oggetto di esame6, è, nella logica della pronuncia, l’accertamento del rapporto (diverso e dipendente) tra assegnatario e terzo!

Il che, a sua volta, è presumibilmente effetto del parziale fraintendimento degli schemi che la giurisprudenza di legittimità storicamente ha utilizzato ed utilizza per costruire il profilo di una ordinanza di assegnazione cui invece il legislatore ha dedicato scarsa attenzione7.

Con buona approssimazione può affermarsi che tutto ruoti, nel contesto del pignoramento ex artt. 543 ss cpc, intorno ad un’ unico dato: l’ “accertamento” del credito ed il suo trasferimento dall’esecutato al creditore procedente rivestono un preciso (e limitato) scopo. Si tratta, rispettivamente, di individuare l’oggetto stesso del pignoramento, senza il quale l’espropriazione non si perfeziona, ed assegnarlo al creditore procedente sempre ai fini dell’esecuzione, a soddisfazione cioè del credito vantato verso l’esecutato.

Ma proprio per questo l’obbligo del terzo verso il creditore pignorante, ed a monte il suo (pregiudiziale)

“accertamento”, solo in parte coincidono con quello del terzo stesso verso l’esecutato. Fatto costitutivo di quest’obbligo, in aggiunta al debito originario, è infatti anche il pignoramento, che rende il credito insensibile a fatti estintivi/modificativi successivi e lo attrae, quale bene del patrimonio del debitore, alla pretesa giuridicamente prevalente del creditore pignorante.

Ed è solo per questo che l’ordinanza ha la virtù di imporre al terzo il pagamento nei confronti del creditore assegnatario privandolo delle eccezioni che potrebbero paralizzare la pretesa del suo creditore originario (debitore esecutato) cioè, in definitiva, impedendogli di sostenere che il credito verso quest’ultimo non è mai esistito o che, in epoca successiva alla notifica del pignoramento, si è estinto per qualsiasi ragione8.

6 “Pertanto l’ordinanza di assegnazione del credito postula sempre e comunque l’accertamento dell’esistenza e dell’ammontare del credito, vuoi sulla base della dichiarazione, non contestata, del terzo debitore, vuoi sulla base di un giudizio di cognizione incidente nel processo di esecuzione presso terzi. E infatti, l’art. 553 cod. proc. civ. dispone che il giudice ordina l’assegnazione del credito “se il terzo si dichiara o è dichiarato debitore”

afferma l’A.p.

7 V., per una efficace illustrazione dei molteplici profili di scollamento tra l’immagine ideale dell’ordinanza costruita dal Codice e quella forgiata invece dalla realtà applicativa Tiscini, Considerazioni intorno a natura, effetti e regime dell’ordinanza di assegnazione del credito ex art. 553 cpc, in www.judicium.it. ed in corso di pubblicazione in Riv. es. forz., 2012; per uno sguardo d’insieme sui principali nodi interpretativi sorti in tema di pignoramento presso terzi, v. Della Pietra, Le vicende del

pignoramento e dell’assegnazione di crediti, in Le espropriazioni presso terzi, a cura di Auletta, Bologna, 2011, e Id., Il frastagliato profilo dell’espropriazione presso terzi, in www.judicium.it. e in corso di pubblicazione su Riv. es. forz., 2012.

8 La dottrina più risalente attribuisce questo fenomeno allo stato di quiescenza in cui il rapporto tra esecutato e terzo viene a trovarsi per effetto dell’assegnazione, che crea un canale preferenziale per la soddisfazione del creditore pignorante: v., ad esempio, Bonsignori, Assegnazione forzata, in EG, III, Roma, 1988; Id., Assegnazione forzata e distribuzione del ricavato, Milano, 1962, 269 ss.; v., più di recente, anche Dini, L'espropriazione presso terzi, Milano, 1983. Ma lo stesso concetto si trova espresso, nella più recente manualistica, in termini di “arresto del credito” (Capponi, Manuale di diritto dell’esecuzione forzata, Torino, 2010, 142) o di autonomizzazione del credito al momento in cui è effettuato il pignoramento: Luiso, Diritto processuale civile, Milano, 2011, 83.

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Un effetto, questo, tipico e naturale dell’ordinanza in quanto tale e giammai ascrivibile, quale riflesso, all’eventuale accertamento pieno e definitivo del rapporto pregiudiziale esecutato-terzo! 9

Così si spiega l’equiparazione, quoad effecta, tra dichiarazione positiva e non contestata del terzo ed accertamento ai sensi dell’art. 548, entrambi funzionalizzati ad individuare l’oggetto del pignoramento o, se si preferisce, a sancire che correttamente il creditore procedente ha sottoposto al vincolo un diritto dell’esecutato10.

Ma così si spiega anche perché la vexata quaestio della decisorietà/definitività, intesa quale idoneità a decidere con efficacia di giudicato, sul rapporto tra esecutato e terzo è irrilevante ai fini della (diversa) questione della decisorietà/definitività dell’assegnazione in quanto tale ed anzi della stessa configurabilità dell’assegnazione, intesa nel significato tipico di trasferimento del credito, in termini di provvedimento tecnicamente decisorio.

Può cioè anche essere che la sentenza resa ex art. 548 rechi, come di recente la Cassazione è arrivata ad ammettere, un duplice capo ospitando, accanto all’individuazione dell’oggetto del pignoramento (contenuto processuale tipico e dunque “minimo”), anche un vero e proprio accertamento del

9 Ordinanza che, sul presupposto dell’individuazione del credito quale oggetto di pignoramento lo destina, attraverso l’assegnazione, alla soddisfazione del procedente. Ed è proprio in tale destinazione, che è poi l’essenza stessa del

pignoramento, che trova origine e spiegazione l’impossibilità di eccepire al creditore assegnatario non solo l’inesistenza del credito oramai assegnato, ma anche tutti i fatti estintivi successivi al pignoramento. Il quesito se l'accertamento contenuto nella sentenza eventualmente resa in assenza dichiarazione positiva e non contestata del terzo travalichi i limiti del processo esecutivo ed esplichi efficacia diretta tra le parti del rapporto obbligatorio o se invece i suoi effetti restino circoscritti alla procedura espropriativa della quale è solo fase eventuale, va allora letto alla luce della circostanza che “se può avvenire che le posizioni del creditore e del debitore collimino perfettamente, può anche accadere che il creditore ottenga un giudizio positivo solo in quanto si presenta come terzo, per l'inopponibilità a lui di determinati fatti”: così già Satta, Commentario al codice di procedura civile, III, Milano, 1965, 328. Il punto è proprio questo, cioè la differenza tra il credito rilevante ai fini dell’espropriazione, che è quello

individuato alla luce della disciplina dell’opponibilità/inopponibilità al procedente dei fatti estintivi successivi al perfezionarsi del vincolo, e quello oggetto del rapporto tra esecutato e terzo. Sicchè l’obbligo del terzo verso l’assegnatario sussiste prima ed a prescindere dall’accertamento anche con efficacia di giudicato del rapporto assegnato, perché ai fini dell’esecuzione sufficit il requisito minimo della specificazione dell’oggetto, filtrato attraverso la disciplina degli effetti del pignoramento (2914 c.c.).

10 Il perfezionarsi del pignoramento è cioè effetto solo della specificazione del suo oggetto, il credito, che avviene o in virtù della dichiarazione del terzo o dell’accertamento di cui all’art. 548 cpc. Si tratta di nozioni pacifiche, per una efficace illustrazione delle quali si rinvia, ad ogni buon conto, e per tutti, ai classici scritti di Colesanti, Il terzo debitore nel pignoramento di crediti, II, Milano, 1967; De Stefano, Assegnazione nell'esecuzione forzata, in ED, III, Milano, 1958; Dini, L'espropriazione presso terzi, Milano, 1983; Vaccarella, Espropriazione presso terzi, in Digesto civ., VIII, Torino, 1992. Si tratta di una “esigenza preliminare di accertamento della effettiva relazione di fatto e giuridica esistente tra esecutato e terzo” (così Capponi, Manuale, cit., 141) connaturata alla procedura stessa, che coinvolge un soggetto estraneo allo spettro di operatività del titolo esecutivo e perciò non soggetto all’esecuzione. L’esigenza di accertamento è dunque soddisfatta o dalla dichiarazione del terzo o dal giudizio ex art. 548 che determinano progressivamente il passaggio dallo stato di asserito allo stato di certo in capo all’oggetto del pignoramento: v. il fondamentale contributo di Tarzia, L’oggetto del processo di espropriazione, Milano, 1961. L’impostazione è consolidata anche nella giurisprudenza: v., solo a titolo di esempio e da ultimo, Cass. n. 5529/2011, per la quale il pignoramento presso terzi costituisce una fattispecie complessa che si perfeziona non con la sola notificazione dell'atto di intimazione di cui all' art. 543, ma con la dichiarazione positiva del terzo o con l'accertamento giudiziale del credito. Nel senso che la dichiarazione positiva del terzo o l'accertamento compiuto giudizialmente completano l'oggetto dell'espropriazione presso terzi v. anche Cass. n.

15549/2002; T. Roma 22 aprile 2010; T. Salerno 12 marzo 2010.

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rapporto debito- credito tra le parti (contenuto sostanziale eventuale), e che sia quindi suscettibile di un giudicato sostanziale che sopravvive al processo esecutivo11.

E può altresì ammettersi che all’ordinanza, per il concreto contenuto che sempre più spesso assume nella realtà applicativa12, sia ascrivibile la medesima efficacia di accertamento pieno (con corredo di giudicato) del rapporto esecutato- terzo.

Ma ciò non basterebbe ancora a dedurre che anche l’assegnazione (sia quale provvedimento distinto e dipendente dalla sentenza ex art. 548, sia quale capo distinto ma del pari dipendente dall’accertamento raggiunto nella stessa ordinanza) sia coperta dalla stessa efficacia di giudicato.

Altrimenti detto: può ben sostenersi che la pronuncia (sentenza o anche solo ordinanza) accerti l’obbligazione del terzo verso l’esecutato con efficacia di giudicato (non solo formale ma anche) sostanziale, ma non è detto che, sol per questo, il terzo stesso sia poi tenuto incondizionatamente a pagare al creditore assegnatario piuttosto che al suo creditore originario trattandosi, all’evidenza, di due profili diversi13.

11 V. in tal senso, ad esempio, Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile. Le tutele di merito, sommarie ed esecutive, I, Verona, 2008, 395 in base all’assunto che una serie di fatti estintivi o modificativi del credito pignorato risultano, da parte del terzo, opponibili al debitore esecutato ma non anche al creditore procedente, se il suo pignoramento era antecedente; quando ciò accade l'accertamento (negativo) del diritto di credito del debitore esecutato nei confronti del terzo non potrebbe esplicare alcuna efficacia nel processo esecutivo in vista del suo proseguimento sul credito pignorato. Tuttavia, in considerazione del fatto che solo all'esito del giudizio e dei suoi vari gradi sarà possibile sapere se l'accertamento dell'esistenza del credito rilevante nel processo esecutivo darà esito conforme a quello condotto con riferimento ai rapporti tra debitore e terzo sul piano sostanziale, è ragionevole ritenere che ad un accertamento duplice il giudice dovrà rivolgersi sempre per evitare

"altalene oggettuali" della materia contesa. Si tratta di una lettura non nuova, ma presente già nella dottrina più risalente: v., ad esempio, Allorio, Legame tra esecuzione e accertamento nell’esecuzione mobiliare presso terzi, in Giur. It., 1948, I, 2, 116 ss. E’ così che pare in via di superamento l’impostazione, propugnata anche dalla Cassazione (e per la quale v., ex multis, Cass. 30 maggio 2000 n. 7192, in Foro It., 2002, I, 541, con Nota di Elefante, Sulla natura dell’azione di accertamento dell’obbligo del terzo pignorato; Cass. S.U. 18 ottobre 2002, n. 14831, in Foro It., 2003, I, 858, con Nota di Rossi) che vede il giudizio stesso limitato alla sola individuazione dell’oggetto del pignoramento. Occorre infatti rilevare che Cass. S.U. 13 ottobre 2008, n. 25037, in Riv. es. forz., 2008, 789 ha statuito che la sentenza de qua esibisce un duplice contenuto di accertamento, l’uno più ampio idoneo al giudicato inter partes, l’altro invece di consistenza solo processuale perché individua, appunto, l’oggetto del pignoramento.

12 E’ un dato di fatto che il contenuto concreto dell’ordinanza sia, o possa essere, ben più ampio di quanto si ricavi dall’immagine astratta che ne dà il codice di rito. La realtà applicativa vede sempre più spesso il giudice dispiegare ampi poteri “cognitivi” d’ufficio sia in ordine alla verifica dell’idoneità del titolo esecutivo in possesso del creditore pignorante che alla corretta quantificazione del credito operata dal creditore nel precetto (Cass. 8 aprile 2003, n. 5510; Cass. 16 febbraio 2000, n. 1728, in Riv. es. forz., 2000, 353), fino alla possibile riduzione delle somme da assegnare rispetto a quelle precettate, oltre che, naturalmente, all’accertamento se la dichiarazione sia positiva o negativa (Cass. 16 maggio 2005, n. 10180; T.

Benevento 20 marzo 2012). Si comprende così quella dottrina che, nel criticare l’atteggiamento di chiusura della

giurisprudenza di legittimità verso la stabilizzazione dell’ordinanza sull’assunto del suo carattere di atto esecutivo afferma che “verso l’attitudine alla stabilizzazione degli effetti militerebbero proprio gli ampi poteri di cui oggi gode il giudice dell’esecuzione nell’assegnare il credito”. Sicché, in definitiva, “non sarebbe astrattamente impossibile riconoscere carattere cognitivo e di accertamento al giudizio che si conclude con l’assegnazione, nella sua versione attuale, alla prova della giurisprudenza”: così, in particolare, Tiscini, Considerazioni, cit.

13 Ed è questa la ragione per la quale non intendo soffermarmi sull’alternativa, topos di ogni trattazione sul pignoramento presso terzi, tra efficacia solo endoprocessuale o di giudicato sostanziale dell’ “accertamento” del credito da assegnare, che Altri prima e meglio di me (Storto, Op. loco ult. cit; Tiscini, L’ordinanza di assegnazione, cit.) ha scandagliato nella pronuncia in commento e che a me pare invece, come meglio risulterà anche in prosieguo di questo scritto, irrilevante ai fini della questione che l’A.p. era chiamata a sciogliere.

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L’assegnazione crea infatti un nuovo e diverso rapporto, dipendente da quello tra debitore esecutato e terzo, nel quale, in virtù dell’esistenza di un provvedimento di trasferimento e del parziale mutamento soggettivo, assumono rilevanza profili altri ed indipendenti dalla (pregiudiziale) esistenza ed ammontare del credito assegnato.

Non basterebbe perciò, per affermare che tale nuovo rapporto è deciso con efficacia di giudicato (che cioè il capo dell’ordinanza che reca l’assegnazione ha carattere decisorio) ed è dunque suscettibile di ottemperanza, basarsi sulla (asserita) idoneità al giudicato del diverso e pregiudiziale accertamento intervenuto sul credito assegnato, occorrendo tener conto di due ulteriori variabili.

La prima è che il terzo assegnato ben può paralizzare la pretesa del creditore assegnatario attraverso le cd. “eccezioni personali” a quest’ultimo, che restano liberamente opponibili.

La seconda è la persistenza dell’altro elemento della fattispecie costitutiva dell’obbligo del terzo (non verso il debitore esecutato ma) verso l’assegnatario stesso, e cioè l’attuale esistenza e validità del pignoramento, che a sua volta dipende (anche) dalla attuale esistenza e validità del titolo esecutivo fino all’effettivo pagamento.

Ed è in questi due profili che si compendia il carattere squisitamente esecutivo, nella matrice non meno che nello scopo, dell’ordinanza di assegnazione, che la giurisprudenza di legittimità costantemente propugna negandone l’idoneità a fare stato tra le parti al di fuori del processo esecutivo.

Ma di ciò non si avvede né quel filone della giurisprudenza amministrativa che, proprio su tale presupposto, esclude l’ottemperanza, né l’A.p. che invece il rimedio ammette solo a prezzo di trasformare l’ordinanza in un provvedimento produttivo del giudicato sostanziale sul rapporto assegnatario-terzo.

2.1 Segue: …e l’assenza di tale distinguo nella giurisprudenza amministrativa e nella pronuncia dell’Adunanza plenaria

La suggestione di un “accertamento” che, per germinare nel contesto dell’espropriazione non mostra idoneità a “fare stato tra le parti” attecchisce infatti in un filone della giurisprudenza dei Tar, ma è recepita in modo avulso dal contesto di cui naturalmente, e perciò spesso anche implicitamente, si nutre nella visione della Cassazione (non meno che della dottrina processualistica).

La matrice esecutiva dell’ordinanza, che nella giurisprudenza e nella dottrina civilistica ne colorano funzione ed oggetto in termini di diritto del creditore procedente alla soddisfazione su una porzione del patrimonio dell’esecutato (che assume la consistenza di un credito), si tramuta nella giurisprudenza

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amministrativa nel dato astratto e formalistico di non essere emessa all’esito di un giudizio di cognizione ma solo di esecuzione.

Ed è poi il medesimo scollamento dal contesto ad indurre il dubbio se il provvedimento “che funge da presupposto del giudizio di esecuzione deve essere quello conclusivo di un giudizio di cognizione, ovvero il giudizio di ottemperanza può essere instaurato anche in relazione a provvedimenti del giudice ordinario che definiscono un giudizio di esecuzione (quale è l’ordinanza di assegnazione somme)”14, poi sciolto in senso negativo perchè solo la sentenza resa all’esito di un giudizio di cognizione è idonea a creare un obbligo di conformazione dell’amministrazione.

Ciò in quanto “il giudice amministrativo è giudice dell’ottemperanza, cioè dell’adempimento dell’obbligo di conformazione, nei confronti dell’amministrazione, laddove sia quest’ultima ad avere leso un diritto civile o politico ovvero laddove essa sia (a tutto concedere) debitore inadempiente, diretto destinatario dell’actio judicati”. Nel caso dell’ordinanza ex art. 553 cpc invece “l’amministrazione non costituisce parte del giudizio di cognizione, ed è solo terzo pignorato nel giudizio di esecuzione”. La giurisprudenza amministrativa esclude altresì che si possa“richiedere al giudice amministrativo di ordinare all’amministrazione, non già l’ottemperanza alla sentenza che chiude il giudizio di cognizione, bensì l’ottemperanza al provvedimento (nella specie, ordinanza di assegnazione somme) emesso dal giudice ordinario nell’ambito del processo di esecuzione).”15 Se così fosse si avrebbe infatti un “giudizio di esecuzione in sede giurisdizionale amministrativa della decisione resa nel giudizio di esecuzione civile, laddove la norma chiaramente costruisce il giudizio di ottemperanza come volto ad ottenere l’adeguamento dell’amministrazione ad una sentenza che “riconosce la lesione di un diritto civile o politico”, e quindi che chiude il processo di cognizione”.16

Si tratta, all’evidenza, della stessa impostazione prediletta dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana che ha investito l’Adunanza plenaria.

E’ così che la forma di ordinanza e la sua matrice esecutiva ne fondano persino l’inidoneità ad indurre un obbligo di conformazione dell’amministrazione: la distinzione tra giudizio di cognizione e di esecuzione e tra sentenza idonea a fare stato ed ordinanza quale atto solo esecutivo priva quest’ultima della sua intima ragion d’essere, quella di creare il rapporto diretto tra creditore pignorante e terzo, cui si impone la soggezione al primo!

L’Adunanza plenaria, per parte sua, si lascia intrappolare in questa logica e confuta la tesi avversa sostenendo, al contrario, che “l’ordinanza di assegnazione del credito postula sempre e comunque l’accertamento dell’esistenza e dell’ammontare del credito, vuoi sulla base della dichiarazione, non contestata, del terzo debitore, vuoi sulla base di un giudizio di cognizione incidente nel processo di esecuzione presso terzi. E infatti, l’art. 553 cod. proc. civ.

dispone che il giudice ordina l’assegnazione del credito “se il terzo si dichiara o è dichiarato debitore”.

14 Tar Campania – Napoli, sez. V, 10 ottobre 2008 n. 14692, cit.

15 TAR Campania, cit.

16 Ancora TAR Campania cit.

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Il sovvertimento della soluzione dei giudici di merito, e dello stesso remittente, si consuma tutto, peraltro in modo solo apodittico17, nell’ottica della capacità del provvedimento, ordinanza o sentenza, di produrre giudicato sostanziale su esistenza ed ammontare del credito, cioè sul rapporto sostanziale tra esecutato e debitor debitoris18. E’ solo questa consistenza decisoria a dotare, per estensione, di uguale consistenza anche l’assegnazione, che diviene perciò, di riflesso, provvedimento equiparabile alla sentenza passata in giudicato ai fini dell’eseguibilità con il giudizio di ottemperanza.

Opposte le soluzioni, unico il metodo ed anche, al di là delle apparenze, il risultato.

La sottovalutazione, o il fraintendimento, della natura schiettamente esecutiva (del capo di trasferimento del credito) dell’ordinanza lascia infatti nell’ombra proprio le ragioni per le quali se ne deve escludere l’equiparabilità ad una sentenza passata in giudicato, ai fini dell’ottemperanza.

Il provvedimento, infatti, da un lato crea ma non accerta il rapporto tra assegnatario e assegnato (che resta esposto alle eccezioni personali al cessionario) e dall’altro può venir meno anche per ragioni diverse dalla controvertibilità della questione pregiudiziale di esistenza ed ammontare del credito assegnato, e dunque a prescindere sia dal giudicato su tale questione che dalla consumazione/preclusione delle impugnazioni ad hoc, perchè esposto al venir meno del titolo in base al quale l’esecuzione che l’ha generato fu intrapresa.19

3.- Il rapporto pignorante-terzo: natura esecutiva dell’assegnazione versus (pretesa) portata decisoria “ sulla spettanza del credito al creditore esecutante”…

Quanto al primo degli evocati profili che la pronuncia in commento lascia negletti, occorre considerare che il creditore pignorante diviene nuovo titolare del credito in luogo dell’esecutato per effetto di un atto che ha un senso esclusivamente nel contesto dell’espropriazione che l’ha prodotto per la semplice

17 Fa notare il carattere meramente affermato e non argomentato della conclusione anche Tiscini, L’ordinanza di assegnazione, cit.

18 E che anche qui la prospettiva sia quella del rapporto sostanziale tra esecutato e debitor debitoris è testimoniato dal riferimento all’alternativa offerta al terzo tra la dichiarazione circostanziata di essere debitore; e l’omissione o il rifiuto di renderla, che sposta sul creditore procedente l’onere, se intende comunque sottoporre ad espropriazione il credito, di promuoverne l’accertamento in apposita sede dichiarativa, sulla quale si fonda l’asserita equivalenza tra ordinanza di

assegnazione e sentenza ex art. 548 sotto il profilo dell’idoneità a costruire un obbligo del terzo verso il creditore pignorante.

19 O all’accoglimento di una eventuale opposizione ex art. 619 che sancisca l’estraneità del credito al patrimonio dell’esecutato. V., in tal senso, Cass. civ. Sez. III, 09/08/1997, n. 7413 che ha ritenuto ammissibile la proposizione, per l’appunto, di una opposizione di terzo nel corso dell'esecuzione che si svolga con le forme del pignoramento presso terzi, persino in epoca successiva alla emanazione di un'ordinanza di assegnazione da parte del giudice dell'esecuzione.

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ragione che la creazione ex novo del rapporto tra l’assegnatario e il terzo ha il solo scopo di consentire la soddisfazione del primo su quella porzione di patrimonio dell’esecutato che ha la consistenza, appunto, di un credito.

Contenuto tipico dell’ordinanza, coerente con il suo scopo, è allora il solo trasferimento del credito in capo all’assegnatario e non l’accertamento del nuovo rapporto tra assegnatario e debitore assegnato, persino se invece il credito assegnato (che è solo una parte della fattispecie costitutiva del credito dell’assegnatario) sia stato oggetto, come l’A.p. oggi sostiene, di accertamento con efficacia di giudicato!

E’ perciò evidente il salto logico compiuto dalla pronuncia in commento, cui basta affermare che esiste l’accertamento sul rapporto pregiudiziale (esecutato-debitor debitoris) per concludere a favore dell’esistenza di un accertamento anche su quello dipendente (assegnatario- debitor debitoris)!

E ciò è tanto vero che nella letteratura processualistica civile e nella stessa giurisprudenza di legittimità la discussione si incentra sulla idoneità dell’ordinanza di assegnazione (solo in quanto tale o resa sulla base della sentenza ex art. 548) a produrre giudicato sul rapporto debitore esecutato- debitor debitoris (contenuto di diritto sostanziale) piuttosto che la semplice identificazione dell’oggetto del pignoramento (contenuto solo processuale), e non si dubita invece che le eccezioni relative ai rapporti diretti tra cessionario e debitore ceduto restino liberamente rilevabili da quest’ultimo per paralizzare le avverse pretese.

Un abisso separa perciò questa ipotesi da quella di una sentenza o decreto ingiuntivo definitivi che, in ipotesi, dovessero accertare l’esistenza di un rapporto tra creditore e debitore, ove proprio il giudicato osterebbe all’allegazione, per contrastare l’avversa pretesa al pagamento, di ogni ulteriore profilo che, come le eccezioni suddette, sia ascrivibile all’area del “deducibile” (restando impregiudicate le sole sopravvenienze).

Questi rilievi danno il senso della evanescenza della conclusione, cui arriva l’A.p., che l’ordinanza di assegnazione abbia portata decisoria, oltre che dell’esistenza e ammontare del credito, anche della sua

“spettanza al creditore esecutante”.

A voler intendere il concetto di “spettanza” quale accertamento del nuovo rapporto, la conclusione dell’A.p. non ha alcun fondamento perché, come lo stesso supremo consesso riconosce, l’assegnazione si limita a trasferire il diritto di credito (anche ove si postuli) accertato. Sotto tale profilo essa non

“accerta” il rapporto dipendente più di quanto lo farebbe una cessione volontaria del credito.

Se invece la “spettanza” evoca il puro e semplice trasferimento coatto del diritto di credito, la conclusione è esatta, ma nulla ha a che spartire con l’accertamento con efficacia di giudicato del rapporto assegnatario- assegnato, che per le ragioni già viste resta impregiudicato (sia pure solo) sul versante delle eccezioni cd. “personali” che il secondo può opporre al primo per paralizzarne la pretesa.

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Concludendo. E’ indubitabile che il credito “spetti” all’assegnatario che, in virtù del provvedimento di assegnazione, ha titolo (anche esecutivo) per riscuotere dal terzo. Questi, a sua volta, non può opporre, per sottrarsi al pagamento, alcuna eccezione relativa al credito assegnato perché preclusa proprio dal peculiare effetto dell’ordinanza di assegnazione, né far valere vizi di forma/contenuto di quest’ultima, perché preclusi dalla consumazione del potere di impugnazione/opposizione ad hoc, ma resta libero di opporre ogni altra eccezione personale al suo nuovo creditore (tipico il caso della compensazione).

E solo all’esito dell’accertamento pieno sulla fondatezza di queste eventuali eccezioni vi sarà un vero giudicato sul rapporto assegnatario-assegnato.

3.1.- Segue: natura esecutiva dell’assegnazione e conseguenze in caso di acclarato difetto del diritto di procedere ad esecuzione forzata

Anche il secondo profilo di merito evocato, e non affrontato dall’A.p., parte dal dato che l’assegnazione è provvedimento tipico ed esclusivo dell’espropriazione e, proprio per questo, condizionato alla validità attuale di quest’ultima.

Se infatti l’espropriazione viene meno per qualsiasi causa successiva all’emissione dell’ordinanza, ad esempio perché è medio tempore accolta una opposizione al precetto o l’impugnazione del provvedimento di condanna che ha giustificato il pignoramento presso terzi20, viene meno il titolo esecutivo e, di conseguenza, lo status di creditore procedente sicché, anche ad ammettere la sopravvivenza del giudicato tra debitore e terzo, quest’ultimo sarà tenuto a pagare al primo e non più al creditore (di cui è venuto meno lo status di) pignorante!

La domanda cui l’A.p. avrebbe dovuto rispondere è allora: può escludersi che l’ordinanza di assegnazione, pur divenuta inoppugnabile per mancato/precluso utilizzo dei mezzi reattivi ad hoc, venga meno con effetti retroattivi non per ragioni legate al (pregiudiziale) accertamento del credito, ma per sopravvenuta caducazione del titolo (esecutivo) che ne aveva giustificato l’emissione?

E qui si disvela un altro profilo di peculiarità di questo provvedimento che, per avere carattere solo pro solvendo, non è in grado, da sé solo, di assicurare la soddisfazione del procedente, che consegue solo all’effettiva riscossione del credito assegnato (così l’art. 2928 c.c.).

Su questo dato normativo si innesta la convinzione, radicata nella stessa giurisprudenza di legittimità, che l’effettiva soddisfazione resti questione confinata al diritto sostanziale e non in grado di spostare in

20 Si intende che alla proposizione dell’impugnazione ordinaria o dell’opposizione al precetto non è seguita la inibitoria dell’efficacia esecutiva del provvedimento o del titolo esecutivo.

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avanti il termine finale dell’espropriazione presso terzi, che deve attestarsi proprio all’emissione dell’ordinanza (ed esaurite le parentesi impugnatorie previste).

Con la conseguenza che non potrebbe ipotizzarsi alcuna sopravvenuta carenza del titolo esecutivo e, in conseguenza, del pignoramento e degli atti conseguenti, ivi compresa l’ordinanza, ed il terzo resterebbe obbligato sempre e comunque21 nei confronti del creditore assegnato (salva la ripetizione dell’indebito in separata sede)22.

Che la conclusione risulti inappagante è tuttavia testimoniato dal progressivo scollamento tra l’immagine ideale che il codice di rito offre dell’ordinanza di assegnazione e quella che essa assume nella realtà applicativa. Uno degli emblemi di questo scollamento è il comune riconoscimento, in capo al provvedimento, dell’efficacia esecutiva nei confronti del terzo debitore pur nel silenzio della legge.. Se l’ordinanza è il ponte tra il creditore procedente (divenuto) assegnatario del credito ed il terzo debitore perchè costruisce la trama del loro rapporto, l’efficacia esecutiva ne rappresenta cioè, nella giurisprudenza e dottrina civilistiche, il corredo necessario perché consente al primo l’accesso all’esecuzione forzata contro l’eventuale inadempimento volontario di quest’ultimo.

21 Tatangelo, L'efficacia di titolo esecutivo dell'ordinanza di assegnazione di crediti nell'espropriazione presso terzi e gli effetti delle vicende successive alla sua emissione (caducazione o sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo, ecc.), in Riv. es. forz., 2005, fa rilevare tutta l’assurdità insita nel ritenere che, ad esempio, assegnata una quota di retribuzione a soddisfazione di un credito di rilevante importo, ove all’assegnazione sopravvenga la definitiva caducazione del titolo sulla base del quale fu intrapreso il

pignoramento presso il terzo, o il definitivo accoglimento di una opposizione che dichiari inefficace l’intera procedura esecutiva, “ovvero ancora il pagamento del credito fatto valere in giudizio da parte del debitore esecutato, le trattenute sulla retribuzione del debitore ed i conseguenti versamenti, da parte del terzo, in favore del creditore assegnatario, debbano continuare per anni, e il debitore

(ingiustamente) esecutato debba poi periodicamente provvedere alla ripetizione delle somme pagate dal terzo al creditore (che in realtà non è tale)”.

22 Si tratta tuttavia di affermazioni astratte e generalizzanti che spesso trovano smentite nella realtà applicativa.E’ infatti la stessa giurisprudenza civile sia di legittimità (Cass. n. 1544/2006; Cass. n. 463/2006; Cass. n. 6737/2005; Cass. n. 1611/2000;

Cass. n. 6968/1999) che di merito (T. Catania 30.3.2006; T. Milano 22.1.2004; T. Roma 16.4.2003) a valorizzare la circostanza che, ai sensi dell’art. 2928 c.c., le somme dovute dal terzo sono assegnate in pagamento ai creditori solo pro solvendo. Emerge infatti da tale giurisprudenza che, poichè il debito dell’insolvente sopravvive all’assegnazione dato che l'effetto satisfattivo per il creditore procedente è rimesso alla successiva esazione, ove l'assegnato/terzo debitor debitoris abbia eseguito il pagamento dopo la dichiarazione di fallimento dell'assegnante/debitore esecutato, sebbene in forza di

un'ordinanza anteriore all'apertura della procedura, tale pagamento, essendo indirettamente riferibile al fallito e valendo ad estinguere il suo persistente debito, è inefficace, ai sensi dell'art. 44 l. fall., nei confronti della massa (in termini analoghi, con riferimento all'ipotesi di amministrazione straordinaria, T. Bari 6.2.1995; T. Bari 30.1.1995). Di conseguenza, rimane precluso al creditore, cui sia stato assegnato il credito prima del fallimento del debitore, successivamente alla dichiarazione di fallimento, pretenderne il pagamento e soddisfare così il proprio credito al di fuori del concorso dei creditori (Cass. n.

7093/2005). Ancora: si è deciso che non è opponibile al fallimento l'ordinanza di assegnazione ai sensi dell'art. 553

sottoscritta dal giudice dell'esecuzione nemmeno il medesimo giorno del deposito della sentenza dichiarativa di fallimento: la prevalenza di quest'ultima, in una prospettiva funzionale, discende dalla priorità attribuita dal legislatore ai suoi effetti su quelli, eventualmente concorrenti, dell'esecuzione individuale, posto che «salvo diversa disposizione della legge, dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento» (App. Torino 21.3.2011).

Va infine rilevato come si affermi, in giurisprudenza, la soggezione a revocatoria del pagamento del credito assegnato da parte del terzo, inteso quale ultimo atto dell’esecuzione: in tal senso Cass. 6 luglio 1999, n. 6968 afferma che il processo esecutivo non può considerarsi chiuso finchè non si sia esaurita la distribuzione ai creditori, sicché non è l’assegnazione a segnarne il momento finale ma l’effettivo pagamento del terzo.

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La logica che ispira la scelta si riassume in buona sostanza nell’impossibilità di ammettere che una procedura espropriativa si concluda, per il creditore, con un…nulla di fatto, senza cioè quella soddisfazione del credito cui era funzionalizzata23.

Ma ciò vuol dire anche, o almeno così a me pare, che non avendo l’ordinanza di assegnazione esaurito i suoi effetti fino alla soddisfazione del creditore, e venga anzi corredata di un quid pluris (la vis executiva) debba poi considerarsi anche esposta alla eventuale caducazione del titolo esecutivo (per accoglimento di una impugnazione ordinaria o di una opposizione ex art. 615) che ne aveva giustificato l’emissione.

Si tratta infatti di applicare la stessa logica: il creditore assegnatario agisce in executivis contro il terzo, in base al titolo-ordinanza di assegnazione, sempre allo scopo di soddisfarsi sul patrimonio del primo debitore esecutato24, di cui il credito è parte. Sicché, se poi si scopre che egli non aveva titolo per aggredire quel patrimonio, neppure può più imporsi al terzo di adempiere in suo favore, piuttosto che in favore del suo creditore sostanziale!

Detto in altri termini, venuto meno il titolo esecutivo su cui si era fondato il pignoramento presso il terzo, viene meno, per derivazione, anche l’ordinanza di assegnazione25 (in base a cui si pretende il pagamento) e dunque, il titolo esecutivo in base al quale fu intrapresa l’esecuzione verso il terzo assegnato26.

E se anche questi pagasse, non sarebbe liberato verso il creditore/debitore esecutato perché il credito è tornato nel patrimonio di quest’ultimo, unico legittimato anche a riscuotere.

23 E’, quella della ratio che giustifica l’attribuzione all’ordinanza di assegnazione dell’efficacia esecutiva contro il terzo debitor debitoris, uno dei temi più intricati dell’intero panorama, pure complesso, offerto dal pignoramento presso terzi.

Poiché qui si dà per scontata questa acquisizione, ci si limita a rinviare, per tutti, agli scritti di Vaccarella, Espropriazione presso terzi, cit., 106 ss e di Tiscini, Considerazioni, cit., anche per le essenziali indicazioni bibliografiche.

24 Il che è ben testimoniato, mi pare, proprio dal fatto che, sopravvenuto il fallimento del debitore esecutato stesso, al creditore assegnatario è inibita la riscossione dal terzo assegnato, perché il credito, ancorché assegnato, è raffigurato dalla giurisprudenza (v. nota 22) ancora in termini di debito del fallito che, in quanto tale, non può sottrarsi alla procedura concorsuale.

25 La riforma del provvedimento che funge da titolo esecutivo dovrebbe comportare, per l’operare dell’effetto espansivo esterno di cui all’art. 336 cpc, la caducazione di tutti gli atti dell’esecuzione in quanto dipendenti, e dunque anche

dell’ordinanza di assegnazione (v. in tal senso, ad esempio, Capponi, Manuale, cit., 343; contra invece Luiso, Diritto processuale civile, II, Milano 2011, 369 ss, il quale fa derivare il medesimo effetto caducatorio sull’esecuzione non dall’effetto espansivo esterno, ma dell’effetto sostitutivo del provvedimento di riforma, che fa venir meno il provvedimento -titolo ). Che la sopravvenuta caducazione del titolo determini l’illegittimità dell’esecuzione in base ad esso intrapresa con efficacia retroattiva è conclusione consolidata anche nella giurisprudenza di legittimità: v., ad esempio, Cass. 29 novembre 2004, n.

22430. Né potrebbe in contrario obiettarsi l’applicabilità dell’art. 2929 c.c. che fa salvi gli effetti sia della vendita che dell’assegnazione in caso di nullità degli atti esecutivi che le abbiano precedute. La giurisprudenza prevalente ritiene infatti che la disposizione riguardi le cause di nullità degli atti esecutivi in sé (esclusi peraltro quelli afferenti al procedimento di vendita-assegnazione) e non la caducazione, esterna e pregiudiziale, del titolo esecutivo: così, ad esempio, Cass. 4 aprile 1997, n. 2926, in Foro It, 1999, I, 1616; Cass.11 gennaio 2001, n. 328, in Giust. civ., 2001, I, 2434; Cass. 22 dicembre 2003, n.

903, G.Dir, 2003, 42, 88 (conf. a Cass., 328/2001); Cass. 11 novembre 2004, n. 21439.

26 V. amplius sul punto l’efficacia illustrazione di Tatangelo, L'efficacia di titolo esecutivo dell'ordinanza di assegnazione di crediti nell'espropriazione presso terzi, cit.

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Mi pare perciò che se il carattere pro solvendo dell’ordinanza è ritenuto idoneo a fondarne l’efficacia esecutiva (quid pluris a favore del creditore), debba anche fondarne un avvicinamento funzionale, più che all’assegnazione “satisfattiva” che ha ad oggetto beni, alla vendita, ove la chiusura della procedura consegue solo alla distribuzione e non è dubbio che, caducato il titolo esecutivo dopo la vendita, il ricavato vada al debitore27 (quid minus a favore del terzo e dell’esecutato).

Tornando dunque alla domanda iniziale, è ben possibile che l’ordinanza di assegnazione, pur consolidatasi per mancato/precluso utilizzo delle impugnazioni ad hoc, venga meno per motivi esterni e del tutto indipendenti dall’esistenza di un accertamento con efficacia di giudicato sul rapporto debitore esecutato-terzo.

Il che, oltre a rendere irrilevante tale ultima questione, fa dell’ordinanza stessa un provvedimento ancora intrinsecamente instabile proprio nel capo e tra le parti tra le quali dovrebbe esperirsi il giudizio di ottemperanza, se penda una impugnazione del titolo giudiziale che ha fondato il pignoramento presso terzi o una opposizione al precetto cui non sia seguita una sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo.28

4.- Conclusioni: il giudicato (eventuale) sul rapporto esecutato-terzo è irrilevante, quello sul rapporto assegnatario - terzo è inesistente

Le peculiarità dell’ordinanza di assegnazione nel suo contenuto tipico (quello recante cioè il trasferimento del credito dall’esecutato al pignorante) ne rendono dunque impossibile, nei termini già riferiti, la configurabilità in termini di giudicato sostanziale, equiparabile a quello della sentenza, sul rapporto tra assegnatario ed assegnato, l’unico a rilevare ai fini del giudizio di ottemperanza.

L’esperibilità del rimedio pare perciò da escludersi nei termini che emergono dal principio di diritto adottato dalla pronuncia in commento.

Anzitutto, ai fini della verifica della stabilità dell’ordinanza di assegnazione di certo non basterebbe la sola constatazione, ritenuta invece sufficiente dall’Adunanza plenaria (“l’ordinanza inoppugnata non può

27 Sostiene Luiso, Diritto processuale, cit., III, 260 che l’accoglimento dell’opposizione all’esecuzione determina un effetto impeditivo della prosecuzione dell’esecuzione e il venir meno degli effetti degli atti già compiuti equivalendo, in sostanza, ad una rinuncia agli atti. Di qui la conclusione che debba applicarsi l’art. 632 cpc per il quale, appunto, se il processo esecutivo di estingue dopo la vendita, quest’ultima resta efficace ma il ricavato è consegnato al debitore.

28Ciò chiarito, non occorre dilungarsi più di tanto sull’altro profilo accennato, quello cioè dell’eventuale opposizione ex art.

619 volta a dimostrare che il credito era uscito dal patrimonio dell’esecutato in modo opponibile al creditore pignorante.

Anche in tal caso infatti l’accoglimento dopo l’ordinanza di assegnazione (evidentemente resa in seguito al rigetto dell’istanza di sospensione della procedura) ma prima dell’effettivo pagamento, travolgendo il pignoramento, travolgerebbe per

derivazione anche l’ordinanza, nei modi già descritti.

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essere ulteriormente contestata”) dell’inoppugnabilità con i rimedi ad hoc. Occorrerebbe infatti pur sempre accertarsi che non pendano altresì l’impugnazione del titolo giudiziale che ha legittimato il pignoramento presso terzi o l’opposizione al precetto, in tal caso non potendosi escludere che il venir meno del titolo esecutivo prima dell’effettivo pagamento travolga l’ordinanza stessa e paralizzi l’eventuale ottemperanza29.

Ma anche a voler superare queste difficoltà subordinando il rimedio alla verifica dell’esaurimento delle parentesi impugnatorie-oppositorie eventualmente in corso, resterebbe pur sempre l’altro nodo: quello dell’opponibilità di eccezioni di merito (tipico il caso della compensazione) attinenti ai rapporti tra assegnatario e debitore assegnato, ed in grado, ancora una volta, di paralizzare la pretesa del primo almeno fino all’accertamento, nelle ordinarie sedi dichiarative ad hoc, della loro infondatezza.

E qui pare davvero ardua la via dell’ottemperanza perchè, anche a tacere del fatto che la giurisprudenza esclude l’eccepibilità in questa sede di motivi ascrivibili al merito delle situazioni sostanziali anche ove decise da una sentenza amministrativa, 30 ci si troverebbe al cospetto di profili dell’esistenza di un rapporto, quello tra creditore assegnatario e terzo assegnato, attratto da una diversa giurisdizione e che ad essa solo devono tornare per essere decisi31.

A dare invece per scontato che sempre e comunque l’ordinanza di assegnazione, purché non impugnata/impugnabile,32 passi in giudicato secondo il principio di diritto e la ratio decidendi dell’Adunanza plenaria, il risultato sarebbe quello, ad esempio, di costringere la PA, terzo assegnato, al pagamento nei confronti del creditore assegnatario anche se, in virtù dell’accoglimento dell’impugnazione/opposizione nei termini già riferiti, risulti ormai acclarato che egli non aveva il diritto di procedere ad esecuzione forzata sul patrimonio del debitore e dunque di vedersi assegnato il credito (quale porzione di quel patrimonio).

29Ed occorrerebbe, ancora, la verifica che non sia stata esperita una opposizione ex art. 619 che, se accolta prima del pagamento, travolgerebbe il pignoramento.

30 V., ad esempio, Tar Puglia, Sez. Bari, 17 novembre 1998, n. 861, in TAR, 1999, I, p. 1108, per il quale la parte che non abbia proposto l’eccezione di prescrizione nel giudizio di merito non può proporla per la prima volta nel giudizio di

ottemperanza, atteso che il giudicato amministrativo copre il dedotto e il deducibile; o Cons. Stato 25 luglio 2000, n. 4093, in Foro amm., 2000, p. 2723, che nega nel giudizio di ottemperanza l’allegabilità di motivi che involgono la contestazione del giudicato formatosi a seguito della mancata impugnazione della sentenza da eseguire, ancorché dedotti quali censure attinenti alle modalità di esecuzione.

31Le sentenze del giudice ordinario, se è scelta la via dell’ottemperanza, non possono essere soggette ad integrazione da parte del giudice amministrativo, fermi invece restando gli altri contenuti tipici dell’ottemperanza stessa (verifica del binomio pretesa-soggezione sub specie di verifica della eventuale (in)ottemperanza o elusione dell’amministrazione, dell’adozione di provvedimenti conseguenti, ivi compresa la nomina del commissario ad acta; di verifica degli altri aspetti dell’avvenuta esecuzione, etc.). La conclusione, consolidata nella giurisprudenza amministrativa, si basa sul fatto che esiste uno sbarramento ordinamentale all’interpretazione-integrazione del dictum reso da un altro comparto giurisdizionale perché ciò comporterebbe l’intromissione in una sfera esterna di giurisdizione, preclusa come tale al giudice amministrativo persino in sede di ottemperanza.

32 O per la quale le impugnazioni, opposizione ex art. 617 ed appello, siano state rigettate.

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La diseconomia ed iniquità del risultato sarebbe fin troppo evidente: la PA resterebbe esposta ad una nuova richiesta di pagamento da parte del suo creditore sostanziale verso il quale il pagamento effettuato non è liberatorio, e costretta a recuperare quanto pagato, senza che fosse dovuto, al creditore assegnatario!

Che se poi, verificato che l’ordinanza di assegnazione non è più impugnabile con l’opposizione agli atti esecutivi o con l’appello, e che non pendono impugnazioni del titolo33 o opposizioni all’esecuzione ex artt. 615, si ammettesse comunque l’ottemperanza, nessuno sforzo argomentativo potrebbe evitarne la chiusura ex post ove fossero, nel suo corso, allegate eccezioni personali all’assegnatario per paralizzarne la pretesa (e che devono essere accertate in un ordinario giudizio dichiarativo).

Mi pare perciò che l’intento (in sé condivisibile ed opportuno) di fornire al cittadino, in aggiunta all’esecuzione civilistica, un (ben più) potente strumento per ovviare all’inerzia della PA, così allineando l’ordinanza di assegnazione agli altri provvedimenti di condanna pecuniaria resi dal giudice ordinario, non possa essere raggiunto alla luce dell’art. 112, , comma 2, lett. c) del Codice del processo amministrativo. La scelta di riservare il rimedio ai soli provvedimenti passati in giudicato, giusta o sbagliata che sia, è infatti ispirata all’intento di evitare l’intromissione in sfere riservate ad altre giurisdizioni dotate di pari dignità costituzionale ed al contempo di mettere in moto la complessa macchina dell’esecuzione coatta della PA solo per provvedimenti che hanno raggiunto il massimo grado di stabilità34.

Meglio avrebbe fatto perciò l’A.p. ad individuare apertamente le ragioni di opportunità35 a favore dell’ammissibilità e propugnarne la prevalenza su quelle che hanno ispirato il legislatore, sostenendo cioè che l’ottemperanza sia ammissibile avverso l’ordinanza inoppugnata, restando esposta a

33 Come nel caso che ha originato la rimessione all’A.p., ove il titolo esecutivo all’origine del pignoramento presso il terzo (il Comune di Messina) era un decreto ingiuntivo divenuto esecutivo per mancata opposizione.

34 V. amplius, sul punto, Lopilato, Commento all’art. 112, in Il processo amministrativo. Commentario al d. lgs. n. 104/2010, Milano, 2011, 880 e, si vis, Delle Donne, L’esecuzione forzata nei confronti della Pubblica amministrazione alla luce del Codice del processo amministrativo e del primo decreto correttivo, in Riv. es. forz., 2011, 550 ss.

35 E solo, beninteso, di opportunità. Che la scelta in favore dell’ottemperabilità delle sole sentenze passate in giudicato rese dal g.o. non crei alcun conflitto con norme costituzionali risulta dalla giurisprudenza della Consulta. Adita, all’indomani del regime introdotto dall’art. 10 della l. n. 205/2000, per stabilire la costituzionalità di questa scelta, la Corte, con ord. del 25 marzo 2005, n. 122, in www.giurcost.it, ha infatti chiarito che il giudizio di ottemperanza concerne, di norma, sentenze passate in giudicato e che questa scelta del legislatore non appare irragionevole, in quanto la procedura di ottemperanza nei confronti della pubblica amministrazione comporta l’esercizio di una giurisdizione estesa al merito; che la previsione di cui all’art. 33 della legge n. 1034 del 1971, secondo la quale il giudizio di ottemperanza può esercitarsi nei confronti delle sentenze del TAR non sospese dal Consiglio di Stato, rientra nella discrezionalità del legislatore, il quale ha voluto dare concretezza al principio di esecutività delle sentenze di primo grado, evitando che l’amministrazione possa arbitrariamente sottrarsi alle pronunce giurisdizionali; che sono differenti e quindi non comparabili le azioni esecutive esperibili davanti al giudice ordinario secondo le norme di procedura civile, trattandosi di sentenze o di provvedimenti esecutivi che non richiedono l’esame di merito proprio del giudizio di ottemperanza. V. altresì, nello stesso sensi, Corte cost., ord. 8 febbraio 2006, n. 44, in www.giurcost.it.

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sospensione o chiusura ex post ove sopravvenga alcuno degli eventi che si sono già descritti (secondo una logica molto simile a quella dell’ottemperanza dei provvedimenti del giudice amministrativo).

Una presa di posizione creativa e propulsiva coerente con la storia della giustizia amministrativa italiana36, ma di certo oggi molto ardua non trattandosi più di colmare lacune di una normativa troppo laconica ma di sovvertire una scelta precisa ed inequivocabile della recente codificazione37.

Nessuna alchimia, neppure il sano pragmatismo della giurisprudenza amministrativa, potrebbe invece trasformare il capo dell’ordinanza ex art. 553 cpc che dispone il trasferimento del credito in un provvedimento equiparabile alla sentenza passata in giudicato sul rapporto assegnatario -terzo.

Anzi. Quel sano pragmatismo, demiurgo della più parte delle soluzioni oggi recepite dal legislatore, è rimasto stavolta prigioniero di una disputa su profili irrilevanti lasciando sul tappeto il cuore del problema.

36 E talmente connaturata al ruolo creativo della giurisprudenza amministrativa che la Delega al Governo per il varo del Codice del processo amministrativo, contenuta nell’art. 44 della l. n. 69/2009, impone il recepimento, ex ceteris, dell’elaborazione giurisprudenziale.

37Si tratta di opzione non necessitata. Prima del Codice era infatti dubbio se dovesse optarsi per il massimo di stabilità della sentenza resa dal g.o. o per l’opposta soluzione, che contava anzi sulla considerazione che sarebbe stato illogico imporre un passaggio in giudicato non richiesto invece per le sentenze rese dal g.a., considerato il regime di esecutività ex lege comunque tanto alle sentenze amministrative quanto a quelle civili di primo grado (Sassani, Considerazioni attuali in tema di esecuzione civile e giudizio di ottemperanza, in Riv. es. forz., 2000, 167 ss).

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