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Considerazioni intorno a natura, effetti e regime dell’ordinanza di assegnazione del credito ex art. 553 c.p.c. - Judicium

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1 ROBERTA TISCINI

Considerazioni intorno a natura, effetti e regime dell’ordinanza di assegnazione del credito ex art. 553 c.p.c.*

Sommario: 1.La nuova immagine dell’ordinanza di assegnazione del credito.- 2. L’efficacia di titolo esecutivo e l’inattitudine al giudicato secondo dottrina e giurisprudenza. - 3. Un titolo esecutivo “opportuno”.

- 4. Il contenuto di “accertamento” o meramente esecutivo dell’ordinanza di assegnazione. - 5. Segue: le recenti conferme del Consiglio di Stato in punto di “attitudine al giudicato” dell’ordinanza di assegnazione dell’art. 553 c.p.c. - 6. Provvedimento “decisorio senza accertamento”? - 7. I rimedi avverso l’ordinanza di assegnazione. - 8. Segue: opposizione agli atti esecutivi o appello? - 9. Segue: opposizione all’esecuzione? - 10. Margini di contestabilità dell’ordinanza quale titolo per la successiva esecuzione diretta contro il terzo assegnato. - 11. In sintesi.

1.La nuova immagine dell’ordinanza di assegnazione del credito.

Il dato testuale dell’art. 553 c.p.c. offre una immagine del regime che dovrebbe governare l’ordinanza di assegnazione del credito nell’espropriazione presso terzi molto diversa da come essa si propone nella realtà concreta. La norma si limita a stabilire che “se il terzo si dichiara o è

dichiarato debitore di somme esigibili immediatamente o in termini non maggiori di novanta giorni, il giudice dell'esecuzione le assegna in pagamento, salvo esazione, ai creditori concorrenti” (comma 1). In misura parzialmente simile, il comma 2 per i crediti esigibili in un termine maggiore di

novanta giorni, nel qual caso la strada dell’assegnazione è percorribile ove i creditori ne facciano richiesta su accordo (in mancanza di accordo per l'assegnazione, valgono le regole richiamate dall’art. 552 c.p.c. per la vendita di cose mobili).

Nulla dice la legge sul procedimento, né essa impone una particolare efficacia all’atto che ne è conclusione, dovendo il giudice – sempre stando al testo dell’art. 553 c.p.c. – limitarsi ad

assegnare le somme in pagamento “salvo esazione”, senza che l’assegnazione sia preceduta da indagini più o meno sommarie sulla sussistenza e quantificazione del credito, o sui presupposti della procedura esecutiva.

Tuttavia, tenuto conto degli effetti che l’ordinanza produce tra le parti e nei confronti del terzo, si è venuto creando uno scollamento tra ciò che la legge dice e ciò che dovrebbe dire per rispondere alle esigenze del caso concreto; sicché, giurisprudenza e dottrina ne hanno elaborato letture e ricostruzioni a dir poco creative.

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2 L’ordinanza di assegnazione ha funzione satisfattiva1 e determina una cessione “forzata” del credito2 (in linea generale riconducibile alla disciplina dell’art. 1264 c.c.) con carattere pro

solvendo3, operando un trasferimento coattivo del credito stesso a favore del creditore pignorante la cui soddisfazione è subordinata all’effettivo pagamento della somma dovuta (“salvo esazione”)4; l’effetto satisfattivo, in altri termini, non si realizza nel momento in cui è emessa l’ordinanza, bensì

*Questo scritto—testo della Relazione al Convegno dal tema «L’espropriazione presso terzi: esperienze applicative alla luce della riforma», tenutosi presso l’Universita` del Molise, il 13-4-2012 — e` dedicato al prof. Romano Vaccarella in occasione della sua ultima lezione in ruolo.

1 Così senz’altro l’ordinanza di assegnazione di crediti scaduti o a scadere nei successivi novanta giorni, la quale – oltre che satisfattiva – è anche “necessitata”, costituendo l’assegnazione l’unica modalità liquidatoria contemplata.

Diversamente, per i crediti con scadenza oltre novanta giorni, per i quali l’assegnazione (che perciò è “facoltativa”) costituisce una delle possibili modalità di liquidazione (con scelta rimessa all’accordo delle parti), da collocare in alternativa alla vendita. Sul tema, vd. ampiamente Vaccarella, voce Espropriazione presso terzi, in Digesto, disc. priv.

sez. civ., 2001, vol. VIII, 94 ss., spec. 122; Capponi, i, Manuale di diritto dell’esecuzione civile, Torino, 2010, 260;

Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata, Padova, 2012, 656.

2 Vaccarella, voce Espropriazione presso terzi, cit., 104.

3 Questa lettura è certa per i crediti scaduti o con scadenza entro novanta giorni dalla dichiarazione del terzo (art. 553 comma 1 c.p.c.), mentre dubbi si pongono per quelli con scadenza dopo i novanta giorni (art. 553 comma 2 c.p.c.), per i quali si prospetta anche l’alternativa secondo cui la cessione avverrebbe pro soluto (Satta, Commentario al codice di procedura civile, Milano, 1966 (rist.), vol. III, 337 ss.). Anche per questi ultimi prevale comunque la tesi della cessione pro solvendo, argomentando dal principio generale sugli effetti dell’assegnazione dell’art. 2928 c.c. (Andrioli,

Commento al codice di procedura civile, Napoli, 1957, vol. III, 211; Vaccarella, voce Espropriazione presso terzi, cit., 123; Bove, Dell’espropriazione presso terzi, in Bove, Capponi, Martinetto, Sassani, L’espropriazione forzata, Torino, 1988, 321, ss., spec. 376). Vd. sul tema Capponi, Manuale di diritto dell’esecuzione civile, cit., 260; Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata, cit., 656; Majorano, L’espropriazione presso terzi, in L’esecuzione forzata riformata, a cura di Miccolis e Perago, Torino, 2009, 183 ss. (dell’A. vd. anche Id, Sull’applicabilità del termine di cui all’art. 14, 1°

comma, del d.l. 669/1996 alla banca d’Italia terza pignorata, in FI, in corso di pubblicazione.

4 E’ stabile la giurisprudenza nel ritenere che “In tema di espropriazione presso terzi, l'ordinanza di assegnazione al creditore del credito spettante verso il terzo al debitore esecutato, non impugnata con l'opposizione agli atti esecutivi nei termini di cui all'art. 617 c.p.c., opera il trasferimento coattivo ed attuale del credito al creditore pignorante, producendo una modificazione soggettiva del rapporto creditorio e la conclusione dell'espropriazione. Peraltro l'assegnazione del credito, in quanto disposta in pagamento salvo esazione ai sensi dell'art. 553 c.p.c., cioè pro solvendo , non opera anche l'immediata liberazione del debitore esecutato verso il creditore pignorante, la quale si verifica soltanto con il pagamento che il debitore assegnato esegua al creditore assegnatario (art. 2928 c.c.), momento nel quale questi realizza il pieno effetto satisfattivo dell'assegnazione che, quindi, integra una "datio in solutum"

condizionata al pagamento integrale” (Cass. 11-12-2007, n. 25946; Cass. 26-1-2006, n. 1544; Cass. 28-3-2001, n.

4494, GC 2002, I,3265, nt. Cavallo). Cass. 21-11-1988, n. 6262 attribuisce all’ordinanza di assegnazione carattere di

“accertamento costitutivo” in quanto – sul semplice presupposto della dichiarazione positiva del terzo e della mancata contestazione da parte del debitore-creditore – accerta e trasferisce in diritto non in via provvisoria o cautelare.

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3 è rimesso alla successiva riscossione dell'importo assegnato5. Essa, dunque, pur realizzando la cessione del credito, non assicura all’assegnatario il pagamento, restando egli creditore – nei confronti del terzo ceduto – dell’importo che quest’ultimo avrebbe dovuto versare al debitore- creditore. Può perciò accadere che, una volta assegnato, il credito resti insoddisfatto e necessiti di altro strumento coattivo per il concreto adempimento.

D’altra parte, l’evoluzione della società e dei traffici commerciali hanno dimostrato negli anni come non basti il carattere puramente ricognitivo dell’ordinanza di assegnazione che vorrebbe leggersi nell’art. 553 c.p.c. e come la realtà concreta imponga di corredarla di un quid pluris.

Non manca di osservare la dottrina come, nonostante l’idea originaria del codice fosse quella di negare al giudice alcun potere di valutazione circa l’opportunità dell’emissione

dell’ordinanza (una volta ottenuta la dichiarazione positiva del terzo, ovvero la sentenza che accerta il debito ex art. 548 c.p.c.), essendo piuttosto vincolato all’assegnazione per gli importi

corrispondenti a quelli precettati, siffatta immagine della procedura era “incentrata, da un lato sulla rappresentazione di un terzo lealmente collaborativo e, da un altro, sulla figura di un debitore consapevole dei propri debiti e vigile sulle relative procedure”6. Tuttavia, “l’evoluzione della società ha inciso non poco su questo scenario. La moltiplicazione dei debitori pubblici e seriali (ASL, enti territoriali ecc.) ha di molto attenuato l’idea di un soggetto passivo che sorveglia di fatto la procedura e sol per questo suscita la fiducia del giudice (e del codice) che gli importi assegnati siano effettivamente dovuti”7. Si è allora abbandonata la visione del giudice mero spettatore della dichiarazione del terzo e dell’inerzia del debitore8, in favore di quella del giudice che – lungi dall’essere chiamato solo a pronunciare vincolativamente l’ordinanza di assegnazione – dispone di un potere valutativo nel verificarne i presupposti.

Lo schema originario del codice è stato rimodellato e innovato per “evidenti esigenze di giustizia”9 , non potendo più il giudice dell’esecuzione confidare nella certezza somministrata dal

5 Cass. 26-1-2006, n. 1544.

6 “Riposava perciò sulla saldatura fra dichiarazione imparziale del terzo e silenzio eloquente del debitore l’affidamento del giudice cui, nell’impianto ideale del III libro, non era commesso alcun sindacato officioso sull’entità del credito azionato”(Della Pietra, Le vicende del pignoramento e dell’assegnazione di crediti, in Le espropriazioni presso terzi, a cura di Auletta, Bologna, 2011, 37 ss., spec., 46-47).

7 Della Pietra, Le vicende, cit., 47.

8 “la notoria incapacità di controllo degli enti non privati sul proprio debito, in uno alla consapevolezza che il danaro erogato proviene da (o sarebbe destinato a) fondi pubblici, ha indotto la giurisprudenza ad abbandonare la visione di un giudice mero spettatore della dichiarazione del terzo e dell’inerzia – in questo quadro tutt’altro che operosa – del debitore” (Della Pietra, Le vicende, cit., 47).

9 Così ancora Della Pietra, op. cit., 47.

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4 titolo esecutivo, bensì essendo tenuto a sindacare sia l’an che il quantum della pretesa esecutiva seppure nel silenzio del debitore.

Questo mutato contesto ha imposto di rivedere sul piano applicativo la disciplina

dell’ordinanza di assegnazione, non solo sotto il profilo del presupposti per la sua concessione (oggi subordinata ad un potere valutativo che la legge non riconosce al giudice dell’esecuzione)10, ma anche sotto il profilo della sua efficacia, costituendo essa – secondo l’opinione del tutto prevalente – titolo esecutivo11.

Queste brevi considerazioni puntano ad offrire un quadro di sintesi dell’attuale regime, non senza rilevarne i profili di criticità e qualche persistente lacuna.

2. L’efficacia di titolo esecutivo e l’inattitudine al giudicato secondo dottrina e giurisprudenza.

E’ opinione diffusa in giurisprudenza che nell’espropriazione presso terzi, preliminarmente alla emissione dell'ordinanza di assegnazione del credito, il giudice dell'esecuzione dispone del potere-dovere di verificare l'idoneità del titolo esecutivo del creditore pignorante, la correttezza della quantificazione del credito operata dal creditore nel precetto12, potendo finanche ridurre l’importo delle somme da assegnare rispetto a quelle precettate, nonché ancora di accertare se, per come è stata resa, la dichiarazione del terzo sia positiva o negativa13; potere-dovere, questo, che il giudice esercita anche d’ufficio14. È opinione altrettanto diffusa che tale ordinanza contiene un accertamento che non “fa stato”, bensì esaurisce la sua efficacia nell'ambito del processo esecutivo, in quanto è funzionale all'emissione di un atto esecutivo e non alla risoluzione di una controversia in un ordinario giudizio di cognizione15; con l’ulteriore conseguenza che – in quanto atto

10 Infra § 4.

11 Infra § 3.

12 Cass. 8-4-2003, n. 5510; Cass. 16-2-2000, n. 1728, in questa Rivista, 2000, 353; Cass. 10-9-1996, n. 8215.

13 Cass. 16-5-2005, n. 10180; Trib. Benevento 20-3-2012, in questa Rivista, con nota di Majorano.

14 “In sede di assegnazione ex art. 553 c.p.c. di crediti pignorati, il giudice dell'esecuzione deve controllare, anche d'ufficio e al di fuori di una specifica contestazione insorta tra le parti, se il credito preteso dal creditore pignorante corrisponda alle indicazioni del titolo esecutivo, ferma restando la possibilità per il creditore di proporre opposizione agli atti esecutivi avverso il provvedimento che riconosca l'eccedenza quantitativa del credito azionato rispetto a quello effettivamente spettante” (Cass. 16-2-2000, n. 1728, cit.; conf. Cass. 10-9-1996, n. 8215, cit.).

15 Così ancora Cass. 8-4-2003, n. 5510, cit.; Cass. 20-4-2004, n. 7575, in questa Rivista, 2004, 614; Cass. 18-5-2009, n.

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5 dell’esecuzione – essa è unicamente impugnabile con l’opposizione agli atti esecutivi16 (strumento idoneo ad accogliere anche contestazioni che attengono all’assegnazione del credito per un importo inferiore a quello richiesto17).

Ancora, costituisce orientamento condiviso da prevalenti giurisprudenza18 e dottrina19 quello secondo cui l’ordinanza di assegnazione dell’art. 553 c.p.c. costituisce titolo esecutivo nei confronti del terzo pignorato.

16 Su quest’ultimo profilo, vd. amplius infra § 7 ss.

17 Cass. 8-4-2003, n. 5510, cit.

18 Ex pluribus, Cass. 5-2-1968, n. 394, in RDComm., 1969, II, 91, nt. Monteleone; in GI, I, 1, 126, nt. Colesanti; Cass.

10-2-1966, n. 453; Cass. 30-5-1963, n. 1426. Nel senso contrario appare condurre Cass. 30-12-2001, n. 30457, così massimata: “in tema di espropriazione presso terzi, l'ordinanza di assegnazione del credito, emessa ai sensi dell'art.

553 c.p.c., con contestuale liquidazione delle spese del processo di esecuzione, non costituisce titolo esecutivo nei confronti del debitore, né può contenere una condanna nel caso di incapienza del residuo credito soddisfatto”. Dalla lettura della motivazione, si evince tuttavia che la sentenza nulla dice sull’attitudine dell’ordinanza di assegnazione a costituire titolo esecutivo: essa si sofferma piuttosto sul (diverso) profilo dell’efficacia di titolo esecutivo del capo sulle spese ex art. 95 c.p.c., norma da leggere nel senso che “nel procedimento di espropriazione forzata - come nella specie - l'onere delle spese non segue il principio della soccombenza, come nel giudizio di cognizione, ma quello della

soggezione del debitore all'esecuzione con il proprio patrimonio (artt. 2740 e 2910 c.c.), per cui il provvedimento di liquidazione delle spese, ancorchè autonomamente emesso dal giudice dell'esecuzione, ha solo funzione di verifica del relativo credito, del tutto analoga a quella che il giudice dell'esecuzione compie per il credito per cui si procede (ed i relativi interessi) ai fini del progetto di distribuzione e dell'assegnazione della somma ricavata dalla vendita dei beni pignorati”. Sicché, è ritenuta esente da vizi “la sentenza in questa sede impugnata, la quale ha ritenuto che l'ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c., non costituisse titolo esecutivo nei confronti del debitore, né potesse contenere una condanna, nel caso - verificatosi nella specie - di incapienza del residuo credito soddisfatto”. In senso contrario, Cass.

7-10-2005, n. 19652, ma in obiter dictum, dal momento che oggetto dell’impugnazione era nel caso di specie una ordinanza resa ex art. 593 c.p.c. con la quale illegittimamente il giudice dell’esecuzione – anziché limitarsi ad esaminare gli atti compiuti dal custode, aveva assunto un provvedimento che avrebbe potuto adottare solo a seguito di un ordinario giudizio di cognizione in ordine all’accertamento del credito dell’esecutante; provvedimento ritenuto perciò ricorribile in cassazione ex art. 111 comma 7 cost.

19 Favorevoli all’attribuzione di efficacia di titolo esecutivo all’ordinanza di assegnazione, Andrioli, Commento, cit., 214; Vaccarella, voce Espropriazione presso terzi, cit., 107; Bonsignori, Assegnazione forzata e distribuzione del ricavato, Milano, 1962, 127; Id, L’esecuzione forzata, Torino, 1990, 206 ss.; Sparano, L’espropriazione forzata e i diritti di credito, Napoli, 1958, 216; Id, Efficacia esecutiva del provvedimento di assegnazione nell’espropriazione presso terzi, in DGiur., 1955, 422; De Rosa, Sull’ordinanza che ha disposto l’assegnazione dei beni nell’espropriazione forzata, in GC, 1953, 2, 1980; Tesoriere, A proposito di debitore e di espropriazione di crediti, ivi, 1969, I, 957. In senso contrario D’Onofrio, Commento al codice di procedura civile, Torino, II, 1957, 133; Colesanti, Il terzo debitore nel pignoramento di crediti, Milano, 1967, II, 386; Id, In tema di efficacia esecutiva dell’ordinanza di assegnazione del credito pignorato, in GI, 1969, I, 1, 126; Cordopatri, Posizione e tutela del debitor debitoris nel processo di

espropriazione, in RDP, 1976, 834.

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6 Diverse le ragioni20: a) secondo alcuni, tale efficacia, sarebbe da ricondurre alla sola

ordinanza emessa a seguito della sentenza di accertamento dell’obbligo del terzo ex art. 548 c.p.c.

(non anche quando il terzo ha reso la dichiarazione positiva, senza alcun accertamento giudiziale in sede contenziosa), essendo quest’ultima una sentenza di condanna, perciò esecutiva; b) altri

ricostruiscono l’efficacia esecutiva dell’ordinanza di assegnazione invocando analogicamente gli artt. 590 e 586 c.p.c. che attribuiscono la medesima efficacia al decreto di trasferimento o di assegnazione di beni mobili o immobili; c) altri ancora ricollegano l’attitudine del provvedimento ex art. 553 c.p.c. a valere quale atto vincolante per il terzo nel fatto che esso contiene un ordine al terzo-debitore in ragione della sua previa nomina a custode ex art. 546 c.p.c.21 ; d) vi è chi invoca più generiche ragioni logico-sistematiche, non essendo né possibile né coerente che un

procedimento espropriativo si concluda con un provvedimento a contenuto dichiarativo22; e) non manca, infine, chi individua gli effetti esecutivi dell’ordinanza di assegnazione in un complesso di elementi dati dall’atteggiamento confessorio (volontario) del terzo ovvero dall’accertamento giudiziale, dall’ordine rivolto al terzo di non disporre del debito, dalla sua qualificazione di custode23.

20 Per una completa ricostruzione delle varie posizioni, vd. Soldi, Manuale, cit., 662.

21 Andrioli, Commento, cit., III, 214, il quale supera il problema della qualificazione dell’ordinanza come titolo esecutivo, riconoscendo come “per escutere il terzo non è affatto necessario qualificare il provvedimento di

assegnazione titolo esecutivo, ma è sufficiente ricordare che il terzo, per essere custode, deve rispetto agli ordini del giudice dell’esecuzione”. Nello stesso senso sostanzialmente Satta, Commentario, cit., 338; Bonsignori, Assegnazione forzata e distribuzione del ricavato, cit., 127; Id, L’esecuzione forzata, cit., 206; Contra Colesanti, In tema di efficacia esecutiva, cit., 126; Id, Il terzo debitore nel pignoramento di crediti, cit., 386.

22 Vaccarella, voce Espropriazione presso terzi, cit., 106, insistendo sull’”esigenza pratica” di evitare che il creditore procedente sia costretto a procurarsi un (nuovo) titolo esecutivo (contro il terzo) percorrendo la strada della cognizione.

Il che a sua volta trova ragione, sia nel comportamento del terzo, qualora questi, rendendo spontaneamente la dichiarazione, accetta che la sua situazione debitoria venga utilizzata come mezzo per la soddisfazione del creditore procedente e quindi venga coinvolto nell’esecuzione, sia nell’accertamento giudiziale dell’obbligo del terzo (in caso di sua contestazione) reso in un giudizio pienamente cognitivo, seppure pregiudiziale rispetto al processo esecutivo. Conf.

Sparano, L’espropriazione forzata e i diritti di credito, cit., 216; Rigosi, Spunti critici sulla natura e sul regime dell’ordinanza di assegnazione del credito, in RTDPC, 1984, 306.

23 Bonsignori, L’esecuzione forzata, cit., 221. Ad un “insieme di elementi” riconduce l’esecutività dell’ordinanza anche Satta, Commentario, 338-339, argomentando, sia dal fatto che nell’assegnazione sarebbe ravvisabile un ordine di disporre a favore dell’assegnatario (ordine emanato “nel processo ed ai fini del processo, quindi intrinsecamente esecutivo anch’esso”), sia dalla qualificazione di custode del terzo, sia dal fatto che il terzo è parte del procedimento di assegnazione, sia ancora – con valore dirimente – dal fatto che se si negasse il carattere di titolo all’ordinanza si verrebbe ad ammettere una contestazione che potrebbe essere mossa soltanto in sede incidentale esecutiva (richiama l’A. per quest’ultima motivazione, Cass. 21-3-1953, in FI, 1954, 1615).

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7 3. Un titolo esecutivo “opportuno”.

Ferma ed unanimemente condivisa è l’esigenza di “arricchire” la disciplina dell’art. 553 c.p.c., sia quanto agli effetti dell’ordinanza di assegnazione, sia quanto (a ritroso) al procedimento di cui essa è conclusione. Tuttavia, seppure nella condivisione del risultato a cui si giunge – nel senso di riconoscere all’ordinanza di assegnazione efficacia di titolo esecutivo – non sempre coerenti sono le motivazioni su cui quest’ultimo poggia, né le dinamiche del procedimento (come

“arricchite” per via interpretativa)24.

Cominciando dagli argomenti utilizzati per attribuire efficacia di titolo esecutivo

all’ordinanza di assegnazione dell’art. 553 c.p.c.25, ci sembra che nessuno di essi – eccetto uno – sia a tenuta stagna.

Quanto al primo (sub a), § precedente) si può obiettare che la sentenza di accertamento dell’obbligo del terzo può esserci come può non esserci, quando il terzo rende la dichiarazione conforme senza necessità dell’accertamento giudiziale ex art. 548 c.p.c. Si tratta quindi di un argomento che - anziché confermare – contraddice l’attitudine dell’ordinanza a valere quale titolo esecutivo, attitudine che essa ha in sé e non quale precipitato dell’accertamento giudiziale compiuto a seguito delle contestazioni del terzo26. L’argomento in esame crea una ingiustificabile confusione tra la sentenza resa sul giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo e la successiva e conseguente ordinanza: il volo pindarico offerto dalla lettura “evoluta” dell’art. 553 c.p.c. sta nell’attribuire al provvedimento ivi disciplinato efficacia di titolo esecutivo in sé e non quale derivazione di un precedente provvedimento giudiziale. D’altra parte, tale lettura sarebbe idonea a dimostrare la valenza di titolo esecutivo nel solo caso di accertamento giudiziale ex art. 548 c.p.c., mentre ben più ampia è la posizione della giurisprudenza nel ritenere l’ordinanza esecutiva quale che fosse il presupposto comportamento del terzo (anche in caso di sua dichiarazione positiva). Da ultimo, siffatto argomento non è in grado di dimostrare per quale motivo ed entro quali limiti l’ordinanza può costituire titolo esecutivo pure per un importo diverso da quello precettato nonché diverso da

24 Non si manca di notare come la giurisprudenza sul tema dell’ordinanza di assegnazione (efficacia e regime) si mostri spesso ondivaga, qualificando diversamente il provvedimento a seconda dei singoli problemi che di volta in volta si trova a dover risolvere (Bove, Dell’espropriazione, cit., 385).

25 Su cui vd. supra § precedente.

26 Opportuna l’equiparazione sotto il profilo in esame delle due ipotesi – che il terzo abbia reso la dichiarazione positiva, ovvero che all’accertamento del credito si sia giunti a seguito del giudizio cognitivo dell’art. 548 c.p.c. – posta in rilievo da Vaccarella, voce, Espropriazione, cit., 107, il quale osserva come in entrambi i casi è centrale la volontà del terzo (la cui posizione non viene quindi alterata né aggravata per il solo fatto che è pendente la procedura esecutiva contro il debitore): rilievo decisivo assume infatti il comportamento del terzo che, rendendo la dichiarazione positiva, rinuncia all’accertamento pieno e formale della sua situazione soggettiva (accertamento pieno al quale si giunge solo in mancanza di dichiarazione positiva).

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8 quello riconosciuto in sentenza; di contro – come si è visto e meglio si vedrà – non mancano casi in cui l’efficacia di titolo esecutivo è attribuita dal giudice dell’esecuzione all’ordinanza di

assegnazione per un importo diverso da quello pignorato, o da quello per il quale è stata resa la dichiarazione del terzo o l’accertamento giudiziale.

Il secondo argomento (sub b § precedente) è discutibile, non essendovi ostacoli a sostenere la tesi contraria invocando proprio gli artt. 586 e 590 c.p.c. Dal momento che l’art. 586 c.p.c.

(nonché l’art. 590 c.p.c. che a quest’ultimo rinvia) attribuiscono espressamente efficacia esecutiva (e di titolo per la trascrizione) al decreto di trasferimento, si potrebbe dire – a contrario - che il silenzio sul punto dell’art. 553 c.p.c. va letto nel senso di escludere la medesima efficacia all’ordinanza di assegnazione. In altri termini, ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit, con la

conseguenza che, essendo esplicito l’art. 586 c.p.c. ed essendo silente sul punto l’art. 553 c.p.c., si sia voluto consapevolmente riconoscere efficacia di titolo esecutivo al decreto di trasferimento del bene espropriato e negare la stessa efficacia all’ordinanza di assegnazione del credito. D’altra parte, questa lettura insinua un primo contrasto con il principio di tassatività dei titoli esecutivi 27, in quanto tali non ricostruibili per via analogica.

Poco convincente è poi il terzo argomento (sub c), dal momento che l’ordine rivolto al terzo in quanto custode resta atto diverso da quello con cui il giudice dispone l’assegnazione, sicché andrebbe spiegato (cosa che non fa l’art. 546 c.p.c. né l’art. 553 c.p.c.) come un ordine di custodia delle somme si trasformi in ordine di pagamento non al debitore ma al creditore procedente28.

La ragione più forte (probabilmente l’unica capace di sorreggere la tesi che vede un titolo esecutivo nell’ordinanza di assegnazione dei crediti dell’art. 553 c.p.c.), è quella logico sistematica (sub d), in linea con la quale si pone la giurisprudenza che poggia la medesima conclusione su ragioni di “opportunità”29.E’ senz’altro più coerente con il sistema, e quindi opportuno, contemplare

27 Vd. infra nel testo.

28 Vd. sul punto, Colesanti, In tema di efficacia esecutiva, cit., 126.

29 Cass. 5-2-1968, n. 394, cit. Osserva la Corte Suprema che l’ordinanza di assegnazione “incidendo sulla proprietà del credito coattivamente ceduto, produce, per volontà dell’organo giurisdizionale che lo emette, una modificazione giuridica soggettiva del rapporto creditorio, in virtù del quale il terzo, debitor debitoris, è tenuto – e può esservi astretto – ad eseguire la prestazione di cui si è dichiarato debitore, non più al proprio creditore, ma al creditore di costui: il che postula che il provvedimento, quale che sia la forma che la legge ad esso impone, debba avere in sé efficacia tale da assicurare la soddisfazione del diritto attribuito all’assegnatario nei confronti dell’assegnato, senza che il primo, ottenuto l’ordine di assegnazione, sia costretto, ove l’assegnato rifiuti di darvi esecuzione, ad

intraprendere contro il secondo un separato giudizio di cognizione per ottenere, nei confronti di lui, un titolo esecutivo di condanna”. Più di recente Cass. 18-3-2003, n. 3976 (“in tema di esecuzione mobiliare presso terzi, l'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'art. 553, c.p.c., assegna in pagamento al creditore procedente la somma di cui il terzo pignorato si è dichiarato debitore nei confronti del debitore espropriato costituisce titolo esecutivo nei confronti del terzo ed a favore dell'assegnatario ed ha tale efficacia anche per le spese conseguenti e necessarie per la

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9 la conclusione della procedura esecutiva con un provvedimento che, pur non avendo effetto

immediatamente satisfattivo del diritto (il credito è solo ceduto, ma resta in vita l’obbligo di

pagamento seppure nei confronti dell’assegnatario30), attribuisca al creditore uno strumento con cui vincere l’eventuale persistente inerzia del terzo-debitore-assegnato31. In altri termini, è certamente soluzione “coerente” e “logica” (e perciò “opportuna”) quella che assicura al creditore un titolo per intraprendere ulteriori iniziative esecutive direttamente nei confronti del terzo assegnato, qualora questi non paghi spontaneamente. Conclusione, tuttavia, per giungere alla quale occorre ancora una volta vincere l’ostacolo del testo dell’art. 553 c.p.c. da cui in alcun modo si evince che l’ordinanza di assegnazione “costituisca titolo esecutivo”32; il che si scontra ulteriormente con il principio di tassatività dei titoli esecutivi.

Nessuna delle ragioni esposte (neppure l’ultima) collima con la regola “nulla executio sine titulo”, se al “titolo” idoneo a sorreggere l’esecuzione si guarda quale atto a cui solo la legge è in grado di riconoscere efficacia esecutiva. Al contrario, l’esperienza attuale dimostra come la lettura più rigida di tale regola si espone a talune criticità33 che ne rendono opportuna una rilettura.

L’esigenza che vi sia un “titolo” a sorreggere l’esecuzione è innegabile34; il fatto è che tale titolo può fondarsi sulla legge come anche su ragioni di opportunità pratica, se sono tali ragioni a

sua concreta attuazione”), la cui motivazione indugia approfonditamente sulle ragioni che giustificano l’attribuzione della efficacia di titolo esecutivo all’ordinanza di assegnazione, pure in mancanza di alcuna espressa previsione nel medesimo senso nell’art. 474 c.p.c.; Cass. 14-2-1996, n. 453; Cass. 24-11-1980, n. 6245.

30 Vd. supra § 1.

31 In alternativa, il creditore assegnatario sarebbe obbligato a cercare in un nuovo e diverso giudizio di cognizione il titolo esecutivo da spendere direttamente nei confronti del terzo.

32 Vaccarella, voce, Espropriazione, cit., 108, ritiene sufficienti le ragioni logico sistematiche e di opportunità per superare il dato letterale della espressa attribuzione di efficacia esecutiva imposto dall’art. 474 c.p.c. Contra Micheli, Dell’esecuzione forzata, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1964, 153; De Stefano, voce Assegnazione (dir. proc. civ.), in ED, III, Milano, 1958, 290; D’Onofrio, Commento, cit., 133.

33 Altrove abbiamo posto in evidenza la necessità di ammettere che una esecuzione forzata possa restare in vita anche in assenza – seppure provvisoriamente – di un titolo esecutivo per mere ragioni di “opportunità”. Sia consentito rinviare in proposito a Tiscini, Dei contrasti tra giurisprudenza di merito e giurisprudenza di legittimità circa il venir meno dell’esecuzione a seguito del difetto sopravvenuto del titolo del creditore procedente, pure in presenza di intervenuti titolati, in nota a Trib. Cuneo 30 novembre 2010, in questa Rivista, 2010, 509, con riferimento al venir meno del titolo esecutivo del creditore procedente ed alla possibilità che l’esecuzione sia proseguita da altri creditori titolati intervenuti nel corso dell’espropriazione.

34 Il che è confermato dall’attuale regime dell’intervento dei creditori, il quale impone la disponibilità – in capo all’interveniente – di un titolo esecutivo, non senza ammettere eccezioni (art. 499 c.p.c.).

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10 giustificare - pure nel silenzio della legge – l’attribuzione all’avente diritto di un potere spendibile in sede esecutiva35.

In estrema sintesi. La conclusione a cui giungono giurisprudenza e dottrina nel senso di corredare l’ordinanza di assegnazione dell’efficacia di titolo esecutivo – seppure attraverso percorsi non sempre condivisibili - è apprezzabile in quanto opportuna, essendo opportuno che il creditore assegnatario, non soddisfatto dal pagamento spontaneo del terzo assegnato, disponga di un mezzo che la stessa procedura espropriativa gli garantisce per ottenere aliunde l’adempimento36.

4. Il contenuto di “accertamento” o meramente esecutivo dell’ordinanza di assegnazione.

Detto questo, occorre però chiedersi se le dinamiche procedimentali ricostruite intorno all’art. 553 c.p.c.37 siano apprezzabili ed autosufficienti in punto di procedimento, regime

dell’ordinanza, efficacia, rimedi. La creatività di giurisprudenza e dottrina opera qui, non solo “a valle” nel riconoscimento di un titolo esecutivo non previsto per legge, ma anche “a monte”

nell’attribuzione al giudice di poteri cognitivi su cui l’art. 553 c.p.c. tace. Sicché, una volta

condiviso il risultato (a valle) occorre verificare se esso sia coerente con la ricostruzione (a monte) dei presupposti che lo giustificano.

Come si è visto38, domina l’idea che l’ordinanza di assegnazione, pur costituendo titolo esecutivo, ed essendo resa all’esito di un procedimento lato sensu cognitivo (in cui il giudice valuta discrezionalmente, anche in via ufficiosa, i presupposti dell’assegnazione, nonché quelli

dell’esecuzione in sé, la validità del titolo esecutivo e la quantificazione39 delle somme40), non

35 Il che trova conferma nel carattere convenzionale del titolo esecutivo quale atto capace di dare certezza del diritto sottostante. Vd. sul tema Vaccarella, Titolo esecutivo, precetto opposizioni, Torino, 1983, 131 ss.; Luiso, Diritto processuale civile, Milano, 2011, III, 20 ss.; nonché Fanelli, ….

36 Il tutto si fonda sull’ulteriore convinzione piuttosto diffusa che la cessione del credito del debitore al creditore avvenga pro solvendo e che non abbia carattere satisfattivo immediato (supra § 1).

37 Dinamiche a cui si è già brevemente accennato supra § 1.

38 Supra §2.

39 Un problema non irrilevante che può riversarsi su questa fase è la quantificazione delle spese successive alla chiusura della procedura, gravanti su taluni terzi. Si pone il problema delle cd. “spese successive” all’ordinanza di assegnazione che maturano dopo la liquidazione giudiziale delle spese della procedura esecutiva, le quali sono soggette al principio di autoliquidazione da parte del legale del creditore al momento di intimazione dell’atto di precetto. Osserva in proposito, Frusillo, Il terzo, in Le espropriazioni presso terzi, a cura di Auletta, cit., 93 ss., spec. 121, che agli inconvenienti che ne derivano potrebbe porre rimedio una dettagliata e tassativa elencazione, nell’ordinanza di assegnazione, delle voci del tariffario legale corrispondenti alle attività successive necessarie alla riscossione del credito, al fine di dissuadere i

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11 contiene alcun accertamento. In altri termini, il potere valutativo del giudice dell’esecuzione

consiste solo in una delibazione sommaria di fondatezza delle pretese creditorie41, il quale conduce verso una ordinanza inidonea a “fare stato” (a formare la cosa giudicata), non essendo essa resa nel corso di un processo di cognizione bensì solo funzionale all’emissione dell’atto esecutivo42. Con la conseguenza che l’atto di assegnazione, in quanto atto dell’esecuzione e più precisamente ultimo atto della procedura espropriativa presso terzi, sarebbe contestabile esclusivamente43 con

l’opposizione agli atti esecutivi44 (rimedio utilizzabile, sempre secondo la giurisprudenza, anche per contestare la quantificazione delle somme assegnate in ordinanza45)46.

creditori da pretese che non trovano titolo nell’ordinanza stessa ed indurre l’ufficiale giudiziario ad astenersi

dall’esecuzione del pignoramento in danno del terzo per mancanza del titolo esecutivo.

40 Eventualmente anche riducendo gli importi assegnati rispetto a quelli pignorati.

41 Cass. 8-4-2003, n. 5510, cit.; Cass. 16-2-2000, n. 1728, cit.; Cass. 10-3-1996, n. 8215, cit.

42 In altri termini l’ordinanza di assegnazione non sarebbe idonea a acquisire valore di cosa giudicata in quanto il giudice non risolve una controversia nei modi del giudizio ordinario di cognizione bensì il suo accertamento si esaurisce nell’ambito esecutivo (Cass. 18-5-2009, n. 11404, cit.).

43 L’inattitudine dell’ordinanza a formare cosa giudicata non ben si addice alla linea giurisprudenziale che ne nega revocabilità e modificabilità (Cass. 20-2-2007, n. 3958; Cass. 13-6-1992, n. 7248; contra Cass. 24-11-1980, n. 6245, cit.). Delle due l’una: o il provvedimento è privo di alcun carattere di “accertamento”, e allora esso deve potersi ritenere anche modificabile o revocabile ad opera dello stesso giudice; ovvero esso è impugnabile solo con il rimedio

appositamente predisposto (rimedio tendenzialmente ricondotto all’opposizione dell’art. 617 c.p.c.), il che costituisce a questo punto un evidente sintomo della sua attitudine alla “stabilizzazione”. Sul potere di revoca/modifica

dell’ordinanza di assegnazione, cfr. Bove, Dell’espropriazione, cit., 387, osservando opportunamente come “il S.C.

arriva, attraverso l’affermata irrevocabilità del provvedimento di assegnazione, a dare stabilità all’accertamento del diritto , bloccando ogni altra eventuale difesa del terzo”. Nel senso della irrevocabilità/immodificabilità dell’ordinanza di assegnazione, vd. anche Cons. Stato Ad. Plen. 10-4-2012, n. 2, su cui vd. infra § 5.

44 Cass. 22-2-2008, n. 4578; Cass. 8-4-2003, n. 5510, cit. Per ulteriori riferimenti, vd. infra § 8.

45 Cass. 8-4-2003, n. 5510, cit.

46 Ricorrente è la massima secondo cui “Nell'ambito del pignoramento presso terzi, preliminarmente alla emissione dell'ordinanza di assegnazione del credito il giudice dell'esecuzione ha il potere - dovere di verificare l'idoneità del titolo e la correttezza della quantificazione del credito operata dal creditore nel precetto, con un accertamento che non fa stato ma esaurisce la sua efficacia nell'ambito del processo esecutivo, in quanto è funzionale all'emissione di un atto esecutivo e non alla risoluzione di una controversia nell'ambito di un ordinario giudizio di cognizione; ne consegue che il creditore che contesti l'ordinanza di assegnazione, emessa per un importo inferiore a quello indicato nel precetto, la può impugnare nei modi e nei termini della opposizione agli atti esecutivi, al fine di ottenere un diverso accertamento della misura del credito ed il - parziale - annullamento dell'ordinanza stessa” (Cass. 8-4-2003, n. 5510, cit.).

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12 Iniziando dal primo problema (del quale il secondo è una conseguenza), va detto che le ragioni su cui si vuole fondare l’incapacità dell’ordinanza a “fare stato” non sono convincenti laddove si riconducono al fatto che essa non sia resa all’esito di un giudizio “pienamente

cognitivo”. In quanto ordinanza emessa dal giudice nel corso di un procedimento – giurisdizionale – e resa all’esito di una indagine, seppure sommaria, di fondatezza dei presupposti (in punto di sussistenza e quantificazione del credito), non vi sono ostacoli a che essa venga ricostruita quale atto conclusivo di un procedimento contenzioso e perciò dotata della forza dell’accertamento. Né è dirimente in senso contrario il fatto che si tratti di provvedimento reso non all’esito di un giudizio ordinario a cognizione piena, bensì sommario. L’esperienza legislativa conosce plurimi esempi di titoli esecutivi giudiziali, resi all’esito di una cognizione sommaria, ma al contempo idonei a passare in giudicato (dotati della “forza dell’accertamento” ). Non ultima l’ordinanza dell’art. 702 quater c.p.c. resa in procedimento sommario di cognizione, la quale ove non appellata, “produce gli effetti di cui all’art. 2909 c.c.”47.

Verso l’attitudine alla stabilizzazione degli effetti militerebbero proprio gli ampi poteri di cui oggi gode il giudice dell’esecuzione nell’assegnare il credito. Seppure l’indagine sommaria sui presupposti dell’assegnazione si rivela talora superflua (ad esempio, quando l’accertamento dell’obbligo del terzo è reso nel giudizio contenzioso dell’art. 548 c.p.c. e l’ordinanza di assegnazione si limita a recepire i contenuti della sentenza), non mancano casi in cui nella sede sommaria dell’art. 553 c.p.c. il giudice è chiamato, non solo a verificare che il creditore

assegnatario disponga di un valido titolo esecutivo – problema che in effetti dovrebbe essere risolto in altra sede cognitiva, ma che per ragioni varie può riversarsi sull’assegnazione48 - ma pure a fornire nuove quantificazioni del credito da assegnare49. In altri termini, la fase conclusiva dell’espropriazione presso terzi accoglie di fatto contestazioni astrattamente destinate a trovare collocazione in altre parentesi contenziose interne all’esecuzione, ma che per diverse ragioni non sono state attivate al momento e nella sede dovute. E’ quasi a dire che l’ultima fase della procedura costituisce il redde rationem, sicché, se per un qualsiasi mal funzionamento di quelle precedenti, restano aperte questioni controverse sull’an o il quantum del credito (per cui si procede, oltre che da

47 Ugualmente le ordinanze anticipatorie di condanna, la cui attitudine al giudicato – seppure con qualche incertezza – sembra oggi prevalere.

48 La sede tipica di tali contestazioni sarebbe il giudizio di opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., ma può accadere che di una cognizione analoga sia investito il giudice dell’esecuzione al momento dell’assegnazione del credito (sull’ipotesi di sovrapposizione tra forma e sostanza dell’atto di assegnazione con quello conclusivo dell’opposizione ex art. 615 c.p.c., si tornerà infra § 8).

49 Si pensi all’ipotesi in cui in fase di assegnazione si quantifichi una somma del credito inferiore a quella pignorata a seguito dell’intervenuta compensazione di un credito vantato dal terzo nei confronti del debitore (vd. sul punto Cass. 9- 3-2011, n. 5529).

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13 assegnare), tali questioni non possono che essere risolte dal giudice dell’esecuzione prima di

chiudere la procedura (al momento e nella prospettiva dell’assegnazione).

Rebus sic stantibus, non sarebbe astrattamente impossibile riconoscere carattere cognitivo e di accertamento al giudizio che si conclude con l’assegnazione, nella sua versione attuale, alla prova della giurisprudenza. Pur non offrendo l’art. 553 c.p.c. elementi testuali per ritenere che

l’assegnazione costituisca l’ennesima “parentesi cognitiva” interna all’esecuzione, in svariati casi le necessità concrete della procedura possono imporre al giudice dell’esecuzione di “accertare”- pure nel contraddittorio delle parti50 - la sussistenza del “diritto all’assegnazione” (diritto i cui eventuali vizi possono consistere in nullità “derivate” da atti e situazioni interne all’esecuzione).

5. Segue: le recenti conferme del Consiglio di Stato in punto di “attitudine al giudicato”

dell’ordinanza di assegnazione dell’art. 553 c.p.c.

La tesi argomentata nel § precedente trova l’avallo del Consiglio di Stato, chiamato a pronunciarsi sulla eseguibilità mediante giudizio di ottemperanza dell’ordinanza di assegnazione dell’art. 553 c.p.c. E’ recentissima (10 aprile 2012, n. 2) una sentenza dell’Adunanza Plenaria che – a scioglimento di un precedente contrasto51 - enuncia il seguente principio di diritto: “l’ordinanza di

50 La necessità che le parti debbano essere sentite quando il giudice “conosce” (per decidere) di questioni contenziose non è scritta nella legge, ma può imporsi per implicito a garanzia del contraddittorio. Alla medesima conclusione non si può giungere invece invocando il precedente art. 552 c.p.c. che prescrive l’”audizione delle parti” (nel provvedere per l’assegnazione o vendita dei beni mobili, il giudice dell’esecuzione provvede “sentite le parti”): in quest’ultima norma, l’esigenza di sentire le parti deriva dalla necessità di procedere alternativamente o all’assegnazione ovvero alla vendita delle cose mobili, alternativa che manca quando si procede senz’altro all’assegnazione (per lo meno quando si tratta di crediti scaduti o in scadenza in un termine non maggiore di 90 giorni). In effetti, l’alternativa tra la vendita e

l’assegnazione torna in vita per i crediti esigibili in un termine maggiore di novanta giorni, in cui si applica la disciplina per la vendita di cose mobili, salvo che non vi sia l’accordo delle parti (art. 553 comma 2 c.p.c.). Qui però il problema della audizione delle parti è superato dal fatto che la scelta tra assegnazione o vendita dipende dall’accordo tra le parti stesse (il che presuppone ovviamente un loro incontro di volontà).

51 Nella giurisprudenza anteriore, entrambe le tesi si contendevano il campo. Nel Consiglio di Stato prevaleva la tesi della ammissibilità dell’ottemperanza per ottenere l’esecuzione di una ordinanza di assegnazione del credito emessa a carico della pubblica amministrazione (Cons. Stato, sez. IV, 1°-4-1992, n. 352, GC, 1992, I,1950; Cons. Stato, sez. IV, 6-11-2008, n. 5485, FA CDS 2008, 11, 2986 ; Cons. Stato, sez. V, 12 -10-2009, n. 6241, ivi, 2009, 10, 2326; Cons.

Stato, sez. V, 13-10-2010, n. 7463, ivi, 2010, 10, 2129; nello stesso senso Tar Campania – Napoli, sez. V, 20-1-2005, n.

247, FA TAR, 2005, 1, 203). L’orientamento era però contrastato dalla giurisprudenza dei Tar (Tar Campania – Napoli, sez. V, 10-10-2008, n. 14692, ivi, 2008, 10, 2827; Tar Campania – Napoli, sez. V, 13-11-2009, n. 7373; Tar Lazio – Roma, sez. II, 8-7-2009, n. 6667; Tar Sicilia – Palermo, sez. I, 5-7-2006, n. 1575, ivi, 2006, 7-8, 2695; Tar Sicilia – Catania, sez. II, 30-6-2009, n. 1202, ivi, 2009, 6, 1910; a cui adde Cons. Giust. amm. Reg. Sicilia, 14-6-1999, n. 262, CS, 1999, I,1037).

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14 assegnazione del credito resa ai sensi dell’art. 553 cod. proc. civ. nell’ambito di un processo di espropriazione presso terzi, emessa nei confronti di una pubblica amministrazione o soggetto ad essa equiparato ai sensi del cod. proc. amm., avendo portata decisoria (dell’esistenza e ammontare del credito e della sua spettanza al creditore esecutante) e attitudine al giudicato, una volta

divenuta definitiva, per decorso dei termini di impugnazione, è suscettibile di esecuzione mediante giudizio di ottemperanza (art. 112, comma 3, lett. c), art. 7, comma 2, cod. proc. amm.)” 52. La sentenza, non solo riconosce carattere “decisorio” all’ordinanza di assegnazione, ma anche la qualifica come “idonea al giudicato” così corredandola del requisito necessario – ancorché non sufficiente53 – per giovarsi dell’ottemperanza in attuazione delle sentenze del giudice ordinario o dei “provvedimento ad esse equiparati” (art. 112 comma 2 lett. c) cod. proc. amm.)54. Afferma infatti l’Adunanza Plenaria, in motivazione, che - avendo una” portata di accertamento e pertanto decisoria, in quanto da un lato dà atto dell’esistenza e della misura del credito (vuoi sulla base della dichiarazione del terzo, vuoi sulla base dell’esito di un giudizio di cognizione incidente nel processo di esecuzione) e dall’altro lato trasferisce tale credito dal debitore pignorato al creditore esecutante” – l’ordinanza di assegnazione “è suscettibile di divenire definitiva se non impugnata con i rimedi per essa previsti, e tale definitività è equiparabile al giudicato, atteso che l’ordinanza inoppugnata non può essere ulteriormente contestata”55. Con la conseguenza che “in quanto titolo esecutivo, e trattandosi di un giudicato con portata decisoria, i possibili rimedi sono sia un nuovo giudizio esecutivo civile sia il giudizio di ottemperanza”.

A noi sembra che – seppure nella settoriale prospettiva dell’accesso al giudizio di ottemperanza – il principio di diritto e gli argomenti posti a suo sostegno nella pronuncia citata confermano con poco margine di contestabilità che il provvedimento dell’art. 553 c.p.c. (per come opera in concreto, più che per come immaginato astrattamente nel contesto esecutivo) abbia

52 Cons. Stato Ad Plen. 10-4-2012, n.2 cit., in questa Rivista, in corso di pubblicazione.

53 Quanto agli altri requisiti, Cons. St. Ad Plen. 10-4-2012, n. 2 cit. ritiene che l’ordinanza di assegnazione sia eseguibile mediante ottemperanza anche per la sussistenza dell’ulteriore presupposto stante nel dovere di

conformazione della pubblica amministrazione ad un ordine del giudice civile che riconosce l’esistenza di un debito della stessa.

54 Stabilisce infatti l’art. 112 comma 2 cod. proc. amm. che l’azione di ottemperanza può essere proposta per conseguire l’attuazione “delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati per i quali non sia previsto il rimedio dell’ottemperanza, al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica

amministrazione di conformarsi alla decisione”. In commento alla norma, vd. delle Donne, L’esecuzione forzata nei confronti della Pubblica amministrazione alla luce del Codice del processo amministrativo e del primo decreto correttivo, in questa Rivista, 2011, …

55 Né essa è revocabile o modificabile (vd. supra nt. 43).

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15 attitudine alla stabilizzazione degli effetti alla stregua di qualsiasi sentenza (o altro provvedimento decisorio) reso in sede cognitiva (seppure in forma incidentale all’interno dell’esecuzione).

Tutto sta a vedere se la linea di oggi del giudice amministrativo troverà conferma domani nella giurisprudenza del giudice ordinario, il quale – come si è visto56 - sembra non voler rinunciare alla instabilità del provvedimento in esame, pure riconoscendone – con una qualche contraddizione – capacità decisorie ed esecutive.

6. Provvedimento “decisorio senza accertamento”?

Volendo tuttavia restare fedeli alla lettura attualmente dominante dell’ordinanza di assegnazione quale provvedimento (giudiziale) esecutivo, ma inidoneo al giudicato57, occorre ricostruirne il regime alla luce di tali condizioni.

L’idea che un provvedimento emesso dal giudice, ancorché esecutivo, in ogni caso con qualche profilo di decisorietà, non sia idoneo a stabilizzarsi (a formare giudicato) non è nuova nel nostro ordinamento, ma neppure è in fase di espansione. In altra sede ci siamo occupati della casistica e della disciplina dei cd. “provvedimento decisori senza accertamento”, provvedimenti giudiziali, in cui alla attitudine a decidere su diritti – proprio nella prospettiva di precostituire un titolo esecutivo – non si accompagna la stabilizzazione degli effetti58. Fenomeno, questo che – se ha avuto la sua massima espressione nell’ordinanza sommaria per le controversie societarie dell’art. 19 d.lgs. n. 5/2003, oggi abrogato – è stato presto rinnegato con l’attribuzione della forza del giudicato alla (gemella seppure nelle profonde differenze) ordinanza sommaria dell’art. 702 quater c.p.c.59 Non che non sia un fenomeno ancora vitale (si pensi al regime dei provvedimenti cautelari

anticipatori60); il fatto è che ad esso la legge ha sempre faticato ad adattarsi ed al suo cospetto anche l’esperienza pratica dimostra una certa ostilità, tenuto conto della dominante tendenza ad assimilare

56 Supra §§ precedenti.

57 Su cui supra § 4.

58 Tiscini, I provvedimenti decisori senza accertamento, Torino, 2009, passim.

59 Come noto, la l. n. 69/2009 ha al contempo abrogato il rito societario del d.lgs. n. 5/2003 (e con esso il procedimento sommario di cognizione dell’art. 19 cit.) ed introdotto ex novo il procedimento sommario di cognizione degli artt. 702 bis ss c.p.c. per tutte le controversie civili rientranti nella competenza del tribunale in composizione monocratica.

Procedimenti che dietro l’identità di nomen nascondono profonde differenze in punto di regime (non ultima l’attitudine al giudicato, carente nel modello sommario societario ed imposta in quello codicistico).

60 Sugli istituti attualmente vigenti – ad eccezione dell’art. 19 cit. – che evocano la scissione tra decisorietà ed accertamento, sia consentito rinviare a Tiscini, I provvedimenti, cit., 72 ss.

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16 la funzione giurisdizionale decisoria al giudicato61 (nel senso che la prima non può non

accompagnarsi al secondo62).

Il modello ricostruito per via pretoria intorno all’art. 553 c.p.c. sembra riconoscere quella

“decisorietà senza accertamento” che a stento affiora talvolta nelle scelte legislative. Un riconoscimento forse inconsapevole ed involontario, ma pur sempre tale63.

In altri termini, appurato che il giudice dell’esecuzione per assegnare il credito svolge (o può svolgere) una cognizione sommaria sui presupposti del diritto, e ritenuta l’ordinanza che egli

pronuncia all’esito di tale indagine inidonea al giudicato, è breve il passo per qualificarla come provvedimento al contempo tanto decisorio, quanto privo di accertamento64.

7. I rimedi avverso l’ordinanza di assegnazione.

Veniamo ora al diverso problema dei rimedi contemplati avverso l’ordinanza sommaria.

La giurisprudenza è piuttosto stabile nel ritenere che “l’ordinanza di assegnazione di crediti, costituendo l’atto conclusivo dell’esecuzione forzata per espropriazione di crediti e configurandosi, quindi, essa stessa come atto esecutivo, deve essere impugnata con il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi quando si tratta di far valere vizi che si riferiscono ai singoli atti esecutivi o ad essa stessa, mentre può essere impugnata con l’appello, quando la sua pronuncia abbia assunto natura decisoria, per aver inciso sulle posizioni sostanziali del creditore o del debitore. Il suddetto

61 Si pensi a quanto accaduto intorno alla procedura monitoria. Si era posto in principio il dubbio se il decreto ingiuntivo non opposto potesse ritenersi inidoneo al giudicato; dubbio presto risolto nel senso di riconoscere da esso attitudine alla cosa giudicata proprio in ragione della insistente complementarietà tra funzione giurisdizionale decisoria e giudicato.

62 Vd. in questo senso Luiso, Diritto processuale civile, cit., IV, 180.

63 Che un provvedimento a contenuto decisorio possa svincolarsi dalla forza dell’accertamento è effetto che senz’altro può contemplare la legge (non avendo la stabilità del giudicato alcuna copertura costituzionale). Più complesso è capire se – in un ordinamento come il nostro in cui la forza del giudicato vive da sempre come protagonista – al medesimo risultato si possa giungere per via di interpretazione giurisprudenziale (vd. ancora Tiscini, I provvedimento decisori, cit., 72 ss.).

64 Si faccia l’esempio dell’ordinanza di assegnazione che quantifica una somma inferiore a quella del credito precettato deducendo in tale sede in controcredito in compensazione (Cass. 9-3-2011, n. 5529, cit.). E’ evidente come compensare il debito del terzo con un suo controcredito nei confronti dell’assegnatario sia attività cognitiva a cui è difficile negare capacità decisoria. Se mai, si può negare ad essa attitudine a stabilizzarsi (a formare giudicato), quando ad essa si vogliono ricondurre i soli effetti esecutivi senza il quid pluris dell’accertamento.

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17 provvedimento non è invece mai soggetto al ricorso per cassazione ex art. 111 cost., che, se

proposto, deve essere dichiarato inammissibile”65.

Pertanto, rimedio naturale avverso l’ordinanza di assegnazione – nella sua versione

“fisiologica” – è l’opposizione agli atti esecutivi; eccezionalmente, quando l’ordinanza – in deroga alla sua funzione – assume un contenuto decisorio su situazioni soggettive che dovrebbero essere conosciute in altri incidenti cognitivi, in applicazione del noto principio della cd. prevalenza della sostanza sulla forma, ha carattere sostanziale di sentenza ed è perciò appellabile.

Va innanzi tutto chiarito che la distinzione offerta dalla giurisprudenza in punto di rimedi esperibili avverso l’ordinanza – a seconda che si contestino vizi attinenti al provvedimento nei suoi profili esecutivi, ovvero che si deducano questioni che apparterrebbero ad un diverso giudizio cognitivo – non coincide con la distinzione tra provvedimento idoneo o meno al giudicato, né corrisponde alla differenza di contenuto dell’ordinanza a seconda che essa si limiti a “certificare”

sul piano formale la quantificazione delle somme da assegnare, sia cioè atto formale (il che

corrisponde al modo in cui essa è descritta nel testo dell’art. 553 c.p.c.), ovvero abbia un contenuto più latamente decisorio (in base al potere che la prassi attribuisce al giudice dell’esecuzione di svolgere in tale sede una indagine sommaria sui presupposti dell’esecuzione)66. Seppure con qualche incertezza (dovuta alla scarsa linearità argomentativa delle sentenze edite sul punto) ci sembra che gli orientamenti prevalenti siano, da un lato, nel senso di negare sempre attitudine al giudicato all’ordinanza di assegnazione (a prescindere dal fatto che essa consista in un mero atto esecutivo di conferma delle somme precettate e recepisca la dichiarazione del terzo o la sentenza di accertamento, ovvero che svolga un accertamento sommario sui presupposti del diritto azionato); da un altro, nel senso di segnare la linea di confine tra l’opposizione agli atti e l’appello non in base al contenuto dell’indagine sommaria svolta in sede di assegnazione, bensì in base alla sua capacità di sostituirsi ad un diverso giudizio cognitivo; il che implica che si possono avere ordinanze di assegnazione a contenuto “dichiarativo” e “decisorio” (seppure inidonee al giudicato), ma al

65 Cass. 22-6-2007, n. 14574, in D & G, 2007. Nello stesso senso, tra le altre Cass. 17-1-2012, n. 615; Cass. 9-3- 2011, n. 5529, secondo cui “L'ordinanza di assegnazione di un credito, costituendo l'atto conclusivo del procedimento di esecuzione forzata per espropriazione di crediti, ha natura di atto esecutivo. Pertanto, essa va impugnata con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi tutte le volte in cui si facciano valere vizi, ancorché sostanziali, attinenti

all'ordinanza di assegnazione oppure ai singoli atti esecutivi che l'hanno preceduta, mentre va impugnata con l'appello qualora il contenuto di tale ordinanza, esulando da quello ad essa proprio, decida questioni che integrano l'oggetto tipico di un procedimento di cognizione”; Cass. 29-10-2003, n. 16232; Cass. 8-8- 2002 n. 12030; Cass. 4-1-2000, n. 14, in questa Rivista, 2001, 630, nt. Vitale; Cass. 29-1-1999, n. 796. Sull’inammissibilità del ricorso straordinario per cassazione, vd. Cass. 16-10-2001, n. 12596; Cass. 28-6-2000, n. 8813; Cass. 29-1-1999, n. 796, cit.

66 Sull’attuale regime dell’ordinanza e sui poteri del giudice vd. supra § 1 e 4.

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18 contempo contestabili con l’opposizione agli atti (piuttosto residuale essendo l’ambito di

applicazione dell’appello)67.

Si legge infatti ripetutamente nelle massime che l’ordinanza “va impugnata con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi tutte le volte in cui si facciano valere vizi, ancorché sostanziali, attinenti all'ordinanza di assegnazione oppure ai singoli atti esecutivi”68; sicché, l’opposizione è aperta anche a contestazioni di “sostanza” (di merito, si direbbe), quando il giudice ha svolto quella cognitio sommaria (che non si vuole vincolata dal giudicato per le ragioni di cui si è detto69), ma che al contempo non si estingue nel compimento di meri atti esecutivi.

67 Questa precisazione sembra trovare conferma nella motivazione di Cass. 23-4-2003, n. 6432, ove si legge: “Il fatto che il provvedimento di assegnazione non abbia il contenuto richiesto dal creditore procedente (in ordine all'entità della somma oggetto dell'assegnazione ed alla sua decorrenza) concretizza un (eventuale) vizio afferente a detto provvedimento, deducibile con l'opposizione agli atti esecutivi, la quale non può essere limitata, come si sostiene nel ricorso, ai vizi formali dell'ordinanza emessa dal giudice dell'esecuzione. L'impugnabilità con lo strumento

dell'appello, a cui si riferisce l'orientamento giurisprudenziale invocato dal ricorrente, concerne l'ipotesi in cui l'ordinanza di assegnazione abbia un contenuto che fuoriesca da quello ad essa proprio ed assuma il carattere sostanziale di una sentenza, in quanto decida su questioni che integrano l'oggetto tipico di procedimento di cognizione (come, per esempio, quello di opposizione all'esecuzione). Ma siffatta ipotesi non ricorre nel caso di specie, in cui il provvedimento oggetto dell'opposizione agli atti esecutivi ha il contenuto proprio dell'ordinanza di assegnazione e le questioni poste dagli opponenti concernono l'entità della somma assegnata e la decorrenza dell'assegnazione”.

Ugualmente chiarificatrice è la motivazione di Cass. 9-3-2011, n. 5529, cit. ove si legge: “L'impugnabilità con lo strumento dell'appello, a cui si riferisce l'orientamento giurisprudenziale invocato dal ricorrente, concerne i casi in cui il contenuto dell'ordinanza di assegnazione fuoriesca da quello ad essa proprio e decida su questioni che integrano l'oggetto tipico di un procedimento di cognizione: cioè sul diritto del creditore di procedere all'esecuzione (Cass. civ.

Sez. 3^, 23 aprile 2003 n. 6432 e precedenti ivi cit.), o sull'esistenza ed entità del credito pignorato (Cass. civ. Sez. 3^, 16 maggio 2005 n. 10180). Quando invece si facciano valere vizi o violazioni di legge, ancorché sostanziali, attinenti all'ordinanza di assegnazione od agli atti esecutivi che l'hanno preceduta, il rimedio proponibile è l'opposizione agli atti esecutivi. Nella specie il provvedimento di assegnazione ha risolto una controversia attinente all'applicabilità o meno dell'art. 2917 cod. civ.. A prescindere dalla fondatezza nel merito della soluzione adottata, è indubbio che il GE - nel ritenere inopponibile al creditore pignorante la compensazione eccepita dal terzo pignorato - ha richiamato ed applicato una regola tipica del processo esecutivo, pur se ciò ha richiesto la soluzione, in via pregiudiziale, di una questione di diritto, che può presentare problemi delicati e complessi. Ma si è trattato, per l'appunto, della mera individuazione della norma di diritto applicabile al processo esecutivo; non della soluzione di una controversia avente ad oggetto la definizione, in fatto e in diritto, di questioni quali il diritto del creditore di procedere all'esecuzione, l'esistenza del credito azionato, l'esistenza ed entità del credito pignorato, ecc.: questioni tutte già definite in separata sede, con doppio grado di giurisdizione. Correttamente quindi l'ordinanza di assegnazione è stata impugnata tramite opposizione agli atti esecutivi”

68 Cass. 22-7-2007, n. 14574, cit.

69 Supra § precedente.

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