P ROCESSING DEI DATI DI SCATTERING BISTATICO
In questo capitolo verranno descritti alcuni algoritmi utilizzati per l’analisi dei dati di
scattering bistatico acquisiti durante la fase sperimentale. I risultati ottenuti saranno
brevemente accennati e commentati. Sarà inoltre proposto un possibile algoritmo per la
classificazione di bersagli appoggiati e/o interrati sul fondale marino ed i relativi risul-
tati, discussi e commentati.
5.1 I NTRODUZIONE
L’idea che ha guidato la ricerca di un algoritmo per la classificazione di un bersaglio è basata sulla constatazione che il segnale di scattering acquisito relativamente alla pre- senza del bersaglio sul fondale deve, in qualche modo, differire dal segnale che viene rilevato una volta che il bersaglio è rimosso dalla sua posizione. Per valutare le diversità tra due segnali è possibile usare il concetto di distanza. Ciò implica la definizione di un insieme di regole che consentano di misurare quanto distanti siano due segnali e, possi- bilmente, in maniera univoca. Questo obiettivo può essere raggiunto in diversi modi. Ad esempio nei problemi di decisione statistica si è soliti ricorrere ad una rappresentazione discreta dei segnali, utilizzando un opportuno insieme di funzioni note. In questo modo ad ogni segnale viene fatto corrispondere un punto nello spazio euclideo e le relazioni tra segnali (correlazione, distanza, etc) sono tradotte in termini geometrici facilmente visualizzabili [1]. In questa tesi di laurea, parte del signal processing operato sui dati acquisiti durante la fase sperimentale, è basato sull’applicazione di alcuni algoritmi che restituiscono la misura della distanza tra due segnali nel dominio della frequenza. Tali algoritmi sono tipici dello speech processing o dei i controlli automatici, dove molte volte è necessario determinare la bontà di un modello parametrico costruito per simula- re un sistema fisico reale, e per far ciò, si va a valutare quanto distanti siano il segnale prodotto dal modello stesso ed il segnale generato dal sistema sotto esame.
Inizialmente saranno richiamati alcuni concetti dell’analisi dei segnali, quali energia,
potenza e funzione di correlazione, dopodichè saranno introdotte le nozioni base delle
misura di distanza tra segnali nel dominio della frequenza. Saranno quindi descritti tre
diversi algoritmi per realizzare tali misure, Log Spectral Deviation, la distanza di Itaku-
ra-Saïto e la norma L della differenza della densità spettrale di potenza di due segnali.
5.2 D ENSITÀ SPETTRALE DI POTENZA E FUNZIONE DI CORRELAZIONE
Si definisce funzione di correlazione tra i segnali x t ( ) ed , continui ad energia fini- ta,
( ) y t
(5.2.1)
( ) ( ) ( )d
C
xyx t y t
∞ ∗
−∞
τ = ∫ − τ t
Tale grandezza è di fondamentale importanza nello studio dei segnali. Ad esempio, nel caso di segnali determinati, viene utilizzata per confrontare tra loro due forme d’onda (esempio tipico di applicazione della funzione di correlazione si ha nella tecnica radar, quando si cerca di stabilire nel segnale ricevuto immerso nel rumore, la presenza o me- no di un eco, e quindi di un bersaglio). Si osservi che la funzione di correlazione gode della seguente proprietà
(5.2.2)
( ) ( )
xy yx
C τ = C
∗−τ
Inoltre se x t ( ) e sono due segnali reali la proprietà espressa dalla relazione (5.2.2) diviene
( ) y t
(5.2.3)
( ) ( )
xy yx
C τ = C −τ
In particolare, ponendo y t ( ) = x t ( ) , si ottienela funzione di autocorrelazione, ovvero
(5.2.4) ( ) ( ) ( )d
C
xxx t x t
∞ ∗
−∞
τ = ∫ − τ t
Tale funzione permette il confronto di un segnale con se stesso. Inoltre valutando la funzione di autocorrelazione nell’origine ( τ = ) si ottiene l’energia del segnale 0 x t ( )
(0) ( ) ( )d ( ) d
2C
xxx t x t t x t t
∞ ∞
∗
−∞ −∞
= ∫ = ∫ = E
x(5.2.5)
Sia ora X f ( ) la trasformata continua di Fourier (TCF) del segnale x t ( ) , definita come ( ) ( )
j2 ftd
X f x t e
∞ − π
= ∫ t (5.2.6)
Il teorema di Parseval per segnali continui afferma che ( ) dt
2( ) d
E
xx t X f
∞ ∞
−∞ −∞
= ∫ = ∫
2f (5.2.7)
La funzione X f ( )
2può quindi essere interpretata come una densità spettrale di ener- gia. Applicando la proprietà della TCF
( ) ( )d ( ) ( )
TCF
x t y t t X f Y f
∞ ∗
−∞
− τ ⇔
∫
∗(5.2.8)
si ricava il teorema di Wiener per segnali continui ad energia finita, il quale afferma che la densità spettrale di energia è la TCF della funzione di autocorrrelazione
{
. . . ( )
2 xx( )
d s e = X f = TCF C τ (5.2.9) }
Nel caso di segnali a potenza finita, l’integrale nella relazione (5.2.1) non converge. In questo caso la funzione di autocorrelazione del segnale x t ( ) è definita come
2
2
( ) lim 1 ( ) ( - )d
T
xx
T T
R x t x t t
T
∗
→∞ −
τ = ∫ τ (5.2.10)
E’ immediato verificare che tutte le proprietà valide per la funzione di correlazione di segnali ad energia finita sono valide anche per segnali a potenza finita [2]. Inoltre, il te- orema di Wiener per segnali a potenza finita afferma che la densità spettrale di potenza (d.s.p.) per un segnale a potenza finita vale
2
{
. . . lim
T( )
xx( )
T
X f
d s p TCF R
→∞
T
= = τ } (5.2.11)
dove
( ) ( )
T
x t x t rect t T
= ⎛ ⎞ ⎜ ⎟ ⎝ ⎠ (5.2.13)
Si osservi a questo punto che un buon modello teorico per un segnale fisico (segnale ad energia finita e potenza finita su intervalli di tempo finiti) è costituito da un segnale ad energia infinita e potenza finita su intervalli di tempo infiniti [3]. Nel seguito faremo quindi riferimento alla funzione di autocorrelazione ed alla densità spettrale di potenza di un segnale x t ( ) , definite per semplicità di notazione come
( ) ( ) ( - )d
R
xxτ = ∫ x t x t
∗τ t (5.2.14)
{ }
( ) ( )
S
xf = TCF R
xxτ (5.2.15)
Infine si osservi che, sempre adottando la notazione semplificata appena introdotta, il legame tra la potenza di un segnale e la relativa funzione di autocorrelazione è espresso da
(0) ( ) dt
2( ) d
x xx
P = R = ∫ x t = ∫ X f
2f (5.2.16)
5.3 D ISTANZA TRA SEGNALI
5.3.1 Concetti preliminari
Il concetto di distanza tra segnali è largamente diffuso nell’elaborazione dei segnali e viene comunemente impiegato per la risoluzione di problemi di decisione, codifica, pattern recognition, etc. [4]. Siano x t ( ) e due segnali, che per semplicità indiche- remo con e
( ) y t
x y , omettendo la ovvia dipendenza dal tempo. La distanza tra i segnali e
x y può essere indicata con la seguente notazione
(5.3.1) ( , )
d x y
E’ importante che, qualunque sia l’algoritmo scelto per valutarla, la distanza goda delle seguenti proprietà
( , ) d x y
1. simmetria d x y ( , ) = d y x ( , ) (5.3.2) 2. definita positiva ( , ) 0 se
( , ) 0 se
d x y x y
d x y x y
> ≠
⎧ ⎨ = =
⎩ (5.3.3)
La proprietà di simmetria è richiesta in modo tale che l’operazione di misura delle di- stanza tra due segnali non faccia distinzione tra il segnale sotto esame e quello preso come riferimento. Di contro, si deve enfatizzare che il concetto di distanza tra due se- gnali consiste nel dare una misura di quanto questi differiscono tra loro e non è usata con lo stesso significato che assume relativamente agli spazi metrici. Non è quindi ne- cessario che le misure ottenute soddisfino il criterio di disuguaglianza triangolare
(5.3.4) ( , ) ( , ) ( , )
d x y ≤ d x z + d y z
Nel prossimo paragrafo saranno introdotti i principi base per la misura della distanza tra
due segnali nel dominio della frequenza.
5.3.2 Distanze tra segnali nel dominio della frequenza
Una serie abbastanza esaustiva di strumenti per la misura della distanza tra segnali nel dominio della frequenza, sia relativamente a due modelli statistici (ovvero tra densità di probabilità) o a un modello parametrico ed un segnale, sono presentati in [4]. In partico- lare, sia la densità spettrale di potenza (d.s.p.) che caratterizza un certo processo, aleatorio o deterministico. E’ possibile definire una classe di misure nel dominio della frequenza in termini della norma
( ) S f
L
q, espressa con la seguente notazione
1
( ) d
q qd
q= ⎣ ⎡ ∫ S f f ⎤ ⎦ (5.3.5)
Si osservi che una distanza così definita è caratterizzata dalle seguenti proprietà 1.
1 2
per 0
1 2q q
d ≤ d < q ≤ q
2. le misure L
qsono lineari, nel senso che la moltiplicazione di per una co- stante scalare, restituisce una misura moltiplicata per la stessa quantità scalare
( ) S f
3. le misure L
qcostituiscono una metrica, in quanto non sono solo simmetriche e definite positive, ma soddisfano anche la proprietà di disuguaglianza triangolare 4. se S f ( ) è continua, d
∞esiste e restituisce il valor massimo della misura La distanza tra 2 segnali nel dominio della frequenza può essere quindi misurata in ter- mini della norma L
qdella differenza delle rispettive densità spettrali di potenza, che sono riferite con X e Y omettendo per semplicità la dipendenza dalla frequenza,
( , )
q q
d X Y = X − Y (5.3.6)
Al crescere dell’esponente q , gli effetti delle differenze più grandi tra i due spettri, ven- gono pesate maggiormente rispetto alle differenze più piccole. Al limite, quando
, solo il massimo errore è incluso nella valutazione di
q → ∞ d
∞[5].
Per l’analisi dei dati di scattering sono stati utilizzati tre diversi algoritmi: Log Spectral Deviation (LSD), la distanza di Itakura-Saïto e la norma della differenza tra le d.s.p.
del segnale sotto esame e di quello preso come riferimento. Tali algoritmi saranno de- scritti nei seguenti paragrafi.
L
25.4 D ISTANZA SPETTRALE L OG S PECTRAL D EVIATION
La Log Spectral Deviation è in assoluto una delle prime misure utilizzate in ambito di speech processing ed è definita come la norma L
qdella differenza dei logaritmi degli spettri
( , ) log log log
q q
q
d X Y X Y X
= − = Y (5.4.1)
Le più comuni scelte per sono 1, 2 ed q ∞ , e conseguentemente si determina la distan- za media assoluta, il valor quadratico medio della distanza e la massima deviazione.
L’algoritmo è stato implementato con MatLab™ e provvede a rappresentare la funzione integranda espressa nella relazione (5.4.1) al variare della frequenza e dell’angolo di scattering. Il valore dell’esponente è stato scelto pari a q q = 2 . Dopo alcuni test si è infatti verificato che tale valore consente la miglior qualità di rappresentazione. Dopo aver opportunamente eliminato l’eco diretto (come già evidenziato nelle figure 4.7.2 e 4.7.3, pag. 103), non utile a fini di analisi, si provvede al calcolo della funzione di auto- correlazione del segnale sotto misura, x t ( ) (segnale di scattering in presenza di oggetto sul fondale), e di quella del segnale preso come riferimento, (segnale di scattering in assenza di bersaglio sul fondo). Il programma disegna le due funzioni calcolate, per avere un riscontro visivo delle relative proprietà. Si calcola quindi, tramite Fast Fourier Transform (FFT), la trasformata di Fourier delle due funzioni di autocorrelazione, de- terminando le funzioni di densità spettrale di potenza dei due segnali. Infine, la funzione integranda dell’algoritmo (5.4.1) viene tracciata su un grafico in funzione della frequen- za e dell’angolo di scattering utilizzando una funzione di tipo “contour” (curve di livel- lo), dopo aver normalizzato le ampiezze del risultato rispetto al valor massimo. Il listato completo del programma, lsd, è riportato in Appendice A.6 (e comprende anche il dise- gno della funzione integranda relativa alla distanza di Itakura-Saïto, che opera con ana- loghe quantità rispetto la Log Spectral Deviation).
( )
y t
Le figure 5.4.1 e 5.4.2 e 5.4.3 riportano il plot del risultato dell’elaborazione completa del programma, rispettivamente ai bersaglio T
1, asse longitudinale parallelo all’asse X (vedi figura 4.5.5, pag 84), su limo, angolo di incidenza θ =
i45 ° , sul piano bistatico (proiettore, bersaglio ed idrofono allineati). Le figure 5.4.1 e 5.4.2 rappresentano rispet- tivamente le funzioni densità spettrale di potenza relative al segnale di riferimento ed al segnale sotto misura. Come possiamo osservare, le d.s.p. dei due segnali risultano con- centrate nelle due bande di frequenza intorno ai 238 e 250 kHz, corrispondenti ai picchi presenti nello spettro di ampiezza del segnale emesso dal proiettore (vedi figura 4.4.7, pag. 77). Inoltre un’attenta analisi dei due grafici permette di rilevare alcune differenze tra le due funzioni di densità spettrale di potenza. In particolare la funzione relativa al segnale sotto misura, presenta di un picco di ampiezza in presenza di un angolo di scattering pari a , picco che è invece assente nella d.s.p. relativa al segnale ac- quisito relativamente al solo sedimento.
S
50 θ ≅ °
Figura 5.4.1 – Densità spettrale di potenza del segnale di riferimento
(solo sedimento)
Figura 5.4.2 – Densità spettrale del segnale sotto misura (sedimento + bersaglio)
La figura 5.4.3 rappresenta infine il risultato dell’applicazione dell’algoritmo espresso dalla relazione (5.4.1). Si osservi come tale grafico sia di non facile interpretazione.
Figura 5.4.3 – T1AXX su limo, angolo di incidenza θ =
i45 ° , angolo bistatico φ =
S180 °
Una certa casistica dei risultati ottenuti, ed i relativi commenti, è riportata in appendice
A.4.
5.5 D ISTANZA SPETTRALE DI I TAKURA -S AÏTO
In questo caso l’algoritmo che permette di valutare la distanza tra i segnali x t ( ) e attraverso le rispettive densità spettrali di potenza
( ) y t ( )
X f e Y f ( ) , è definito da
1
( , ) log 1
IS
X X
d X Y
Y Y
= − − (5.5.1)
L’implementazione dell’algoritmo è stata realizzata con MatLab™, e prevede di rappre- sentare la funzione integranda espressa nella relazione (5.5.1) al variare della frequenza e dell’angolo di scattering. La realizzazione di tele algoritmo è stata integrata insieme a quella della Log Spectral Deviation, per cui si faccia riferimento al paragrafo 5.5 per la descrizione dettagliata del processo di elaborazione. La figura 5.5.1 riporta il plot del risultato dell’applicazione del programma, rispettivamente al bersaglio T
1, asse longitu- dinale parallelo all’asse X, su limo, angolo di incidenza θ =
i45 ° , sul piano bistatico (proiettore, bersaglio ed idrofono allineati). Confrontando l’immagine ora ottenuta con l’immagine in figura 5.4.3, prodotta utilizzando l’algoritmo LSD, si deduce che i due algoritmi portano allo stesso risultato. Per questo motivo si tralascia di presentare nuo- vamente la vasta casistica riportata in appendice A.4. Si osservi inoltre che la distanza di Itakura-Saïto non soddisfa la proprietà di simmetria, ovvero
(5.5.2) ( , ) ( , )
IS IS
d X Y ≠ d Y X
A prova di ciò basta confrontare la figura 5.5.1 con la figura 5.5.2, quest’ultima ottenuta invertendo la posizione del segnale di riferimento e del segnale sotto misura nell’algoritmo.
Figura 5.5.1 – T1AXX su limo, angolo di incidenza θ =
i45 ° , angolo bistatico φ =
S180 °
Figura 5.5.2 – T1AXX su limo, angolo di incidenza θ =
i45 ° , angolo bistatico φ =
S180 ° ,
segnale di riferimento e segnale sotto misura in posizioni invertite
5.6 D ISTANZA SPETTRALE NORMA L
2L’algoritmo per la misura della distanza tra i segnali x t ( ) e , attraverso le rispettive densità spettrali di potenza
( ) y t ( )
X f e Y f ( ) , è definito in questo caso da
2 2
( , ) ( ) ( ) d
d X Y = ∫ X f − Y f f (5.6.1)
Ricordando la notazione semplificata introdotta nel paragrafo 5.3.2, possiamo scrivere la relazione (5.6.1) come
2
( , )
2d X Y = X − Y (5.6.2)
L’algoritmo è stato implementato con MatLab™ e permette di rappresentare la funzione integranda espressa nella relazione (5.6.1) al variare della frequenza e dell’angolo di scattering. Il valore dell’esponente è stato scelto pari a q q = 2 . Il procedimento dell’elaborazione è del tutto simile a quello descritto per la Log Spectral Deviation e la distanza di Itakura-Saïto. Dopo aver eliminato l’eco diretto (figure 4.7.2 e 4.7.3, pag.
107), si calcola la funzione di autocorrelazione del segnale sotto misura e di quella del
segnale preso come riferimento. Le due funzioni calcolate vengono disegnate in modo
da consentire un’ispezione visiva delle relative proprietà. Si calcola quindi, tramite Fast
Fourier Transform (FFT), la trasformata di Fourier delle due funzioni di autocorrelazio-
ne, determinando le funzioni di densità spettrale di potenza dei due segnali. Infine, la
funzione integranda dell’algoritmo (5.6.1) viene tracciata su un grafico in funzione della
frequenza e dell’angolo di scattering utilizzando una funzione di tipo “contour” (curve
di livello), dopo aver normalizzato le ampiezze rispetto al valor massimo. Il listato
completo del programma,distL2, è riportato in Appendice A.6. Le figure 5.6.1 e 5.6.2 e
5.6.3 riportano il plot del risultato dell’elaborazione completa del programma, rispetti-
Le figure 5.6.1, 5.6.2 mostrano alcune differenze marginali rispetto le figure 5.4.1, 5.4.2, imputabili all’operazione di normalizzazione delle ampiezze rispetto il valor mas- simo. Si faccia quindi riferimento al paragrafo 5.5 per il commento su tali immagini, che nel seguito non verranno più riportate per non appesantire troppo la trattazione.
Figura 5.6.1 – Densità spettrale di potenza del segnale di riferimento (solo sedimento)
Figura 5.6.2 – Densità spettrale del segnale sotto misura
(sedimento + bersaglio)
Confrontando l’immagine 5.6.3 con le elaborazioni ottenute nei paragrafi precedenti, figure 5.4.3 e 5.5.3, appare subito evidente che le quella prodotta con l’utilizzo della norma è caratterizzata da una migliore interpretabilità. In particolare osserviamo come la misura relativa al bersaglio T
L
21
è caratterizzata principalmente con una serie di picchi intorno alla zona di riflessione speculare. In appendice A.5 è riportato il risultato, ed i relativi commenti, dell’applicazione dell’algoritmo per una vasta casistica di bersa- gli e configurazione.
Figura 5.6.3 – T1AXX su limo, angolo di incidenza θ =
i45 ° ,
angolo bistatico φ =
S180 °
5.7 U N POSSIBILE ALGORITMO PER LA CLASSIFICAZIONE
Nei paragrafi precedenti abbiamo visto come l’analisi dello spettro di potenza del se- gnale di scattering permetta di mettere in evidenza, in modo particolare per alcune con- figurazioni del sistema proiettore-bersaglio-ricevitore, le caratteristiche del comporta- mento acustico dei diversi bersagli. Risulta quindi logico cercare di realizzare un algo- ritmo di classificazione dei bersagli che sfrutti le informazioni contenute nello spettro di potenza del segnale di scattering.
L’algoritmo proposto è di semplice attuazione e si basa sulla proprietà, già introdotta nel paragrafo 5.2, che la potenza di un segnale coincide con il valore della funzione di autocorrelazione del segnale stesso valutata nell’origine, ovvero
(5.7.1)
x xx
(0) P = R
Nota la funzione di autocorrelazione è quindi semplice valutare la potenza del segnale.
L’algoritmo di classificazione realizzato consiste nel tracciare al variare dell’angolo di scattering la differenza tra la potenza del segnale ricevuto quando il bersaglio è presente sul fondo della vasca e la potenza del segnale ricevuto una volta che il bersaglio è stato rimosso. Adottando la medesima notazione utilizzata nei paragrafi precedenti, l’algoritmo, per un certo valore dell’angolo di scattering θ , è quindi espresso da
S(5.7.2)
( )
S x( )
S y(
SP P P
∆ θ = θ − θ )
che possiamo esprimere in forma normalizzata come
( ) ( ) ( )
( ) ( )
max
x S y S
N S
x S y S
P P
P P P
θ − θ
∆ θ =
⎡ θ − θ ⎤
⎣ ⎦
(5.7.3)
Il procedimento di elaborazione è stato implementato in MatLab™ e ricalca le realizza-
zioni viste per i precedenti algoritmi. Il programma carica, al variare dell’angolo di
scattering, la forma d’onda del segnale di riferimento (solo sedimento), ne calcola la
funzione di autocorrelazione, dopo aver eliminato l’eco diretto, ed infine memorizza il-
La medesima sequenza di operazioni viene ripetuta sul segnale di scattering relativo alla presenza del bersaglio. A questo punto applica l’algoritmo espresso dalla relazione (5.7.3) e traccia i risultati, normalizzati al valor massimo del differenziale di potenza, al variare dell’angolo di scattering.
La figura 5.7.1 mostra il grafico della funzione di autocorrelazione calcolata per il se- gnale di scattering relativo al bersaglio T
1disposto lungo l’asse X, angolo di incidenza
, angolo di scattering (forma d’onda riferibile con TA76), sul piano bistatico, ovvero . Si osservi che la quotatura dell’asse dei tempi è stata volu- tamente scelta in modo da ottenere il campione centrale della funzione di autocorrela- zione sull’origine degli assi coordinati.
i
45
θ = ° θ =
S45 °
S
180
φ = °
Figura 5.7.1 – Funzione di autocorrelazione per T1AXX, forma d’onda numero TA76 (vedi testo per dettagli)
La figura 5.7.2 mostra il risultato dell’applicazione dell’algoritmo relativamente al ber-
saglio T1 disposto con asse longitudinale parallelo all’asse X, su sedimento limo, per un
angolo di incidenza dell’onda acustica pari a θ =
i45 ° ed angolo bistatico φ =
S180 ° .
Figura 5.7.2 – Risultati dell’applicazione dell’algoritmo per T1AXX su limo , angolo bistatico
i
45
θ = ° φ =
S180 ° , scala lineare delle potenze
Nelle applicazioni ingegneristiche si preferisce però utilizzare scale quotate in decibel, soprattutto quando si deve lavorare con potenze. Il programma prevede quindi anche il calcolo del differenziale di potenza, e relativa rappresentazione, su scala in dB.
L’algoritmo utilizzato è in questo caso espresso da
( ) ( )
( )
10
10 x S Sy S
P Log P
P
∆ θ = θ
θ (5.7.4)
La figura 5.7.3 riporta il risultato dell’elaborazione per il bersaglio T1 nella medesima configurazione utilizzata per la precedente elaborazione. Si osservi che la quantità di in- formazione fornita dalle due rappresentazioni è praticamente la stessa, ma la seconda fornisce direttamente in dB il rapporto tra la potenza del segnale di scattering quando il bersaglio è presente sul fondale e la potenza del segnale di riferimento, ovvero il segna- le di scattering relativo al solo sedimento.
Il listato completo del programma, pow, è riportato in Appendice A.6
L’algoritmo espresso dalla relazione (5.7.4), fornendo una rappresentazione delle am- piezze in scala logaritmica, è quindi preferito nei confronti dell’analogo in scala lineare.
Figura 5.7.3 – Risultati dell’applicazione dell’algoritmo per T1AXX su limo , angolo bistatico
i
45
θ = ° φ =
S180 ° , scala delle potenze in dB
Nel seguito vengono mostrate alcuni risultati dell’implementazione del programma. Si è scelto di rappresentare insieme su uno stesso diagramma una coppia di realizzazioni, ri- spettivamente relativamente alle coppie di bersagli T
1– T
2e T
3– T
4, in modo da mette- re in evidenza le similitudini e le differenze nel comportamento degli oggetti caratteriz- zati da analoga struttura.
Le figure 5.7.3 e 5.7.4 mostrano rispettivamente i risultati per le coppie T
1– T
2e T
3– T
4disposti con asse longitudinale parallelo all’asse X, per un angolo di incidenza
, sul piano bistatico. In questo caso sembra prevalere il fenomeno di scattering speculare e, a parte qualche marginale differenza nell’ampiezza della potenza, le rispo- ste dei diversi bersagli sono del tutto comparabili tra loro.
i
45
θ = °
Figura 5.7.3 – T1-T2AXX su limo, angolo di incidenza θ =
i45 ° , angolo bistatico φ =
S180 °
Figura 5.7.4 – T3-T4AXX su limo, angolo di incidenza θ =
i45 ° ,
angolo bistatico φ =
S180 °
La situazione risulta sostanzialmente modificata analizzando i dati di scattering relativi ad un angolo bistatico pari a , come mostrano le figure 5.7.5 e 5.7.6. Il diffe- renziale di potenza relativo alla coppia T
S
200
φ = °
3
– T
4è sostanzialmente identico, ma diverso
da quello relativo alla coppia T
1– T
2. Inoltre sia T
1che T
2risponde con un picco
d’ampiezza in corrispondenza della zona speculare (piccole differenze nell’angolo di
scattering possono essere imputate ad incertezze nel posizionamento del bersaglio) ma
il comportamento nella zona adiacente ( θ ≅
S47 ° ) è decisamente diverso.
Figura 5.7.5 – T1-T2AXX su limo, angolo di incidenza θ =
i45 ° , angolo bistatico φ =
S200 °
Figura 5.7.6 – T3-T4AXX su limo, angolo di incidenza θ =
i45 ° ,
angolo bistatico φ =
S200 °
Le figure 5.7.7÷5.7.10 mostrano i risultati per le coppie T
1– T
2e T
3– T
4disposti con asse longitudinale parallelo all’asse Y, per un angolo di incidenza θ =
i45 ° , rispettiva- mente per e per . Possiamo osservare che, relativamente al piano bistatico, i bersagli risultano indistinguibili, mentre per
S
180
φ = ° φ =
S200 °
S
200
φ = ° sono rilevabili solo
alcune piccole differenze nel comportamento acustico dei bersagli stessi.
Figura 5.7.7 – T1-T2AXY su limo, angolo di incidenza θ =
i45 ° , angolo bistatico φ =
S180 °
Figura 5.7.8 – T3-T4AXY su limo, angolo di incidenza θ =
i45 ° ,
angolo bistatico φ =
S180 °
Figura 5.7.9 – T1-T2AXY su limo, angolo di incidenza θ =
i45 ° , angolo bistatico φ =
S200 °
Figura 5.7.10 – T3-T4AXY su limo, angolo di incidenza θ =
i45 ° ,
angolo bistatico φ =
S200 °
Le figure 5.7.11 e 5.7.12 mostrano i risultati per le coppie T
1– T
2e T
3– T
4disposti con asse longitudinale parallelo all’asse Z, per un angolo di incidenza θ =
i45 ° , ed angolo bistatico . Si osservi che anche in questo caso è possibile, in una certa misura, un’operazione di classificazione ed, in particolare, il peculiare comportamento della coppia T
S
180
φ = °
3
– T
4.
Figura 5.7.11 – T1-T2AXZ su limo, angolo di incidenza θ =
i45 ° , angolo bistatico φ =
S180 °
Figura 5.7.12 – T3-T4AXY su limo, angolo di incidenza θ =
i45 ° , angolo bi-
φ = °
L’algoritmo permette la classificazione dei bersagli anche quando questi sono parzial- mente interrati su limo, con asse longitudinale parallelo all’asse X ed angolo di inciden- za . Facendo riferimento ai soli dati di scattering relativi al piano bistatico, fi- gura 5.7.13, i due bersagli sono praticamente indistinguibili, ma sono classificabili ana- lizzando i dati relativi all’angolo bistatico
i
45 θ = °
S
200
φ = ° , come mostrato in figura 5.7.14.
Figura 5.7.13 – T1-T2AXX HI su limo, angolo di incidenza θ =
i45 ° ,
angolo bistatico φ =
S180 °
Le figure 5.7.15÷5.7.19 si riferiscono all’applicazione dell’algoritmo su bersagli dispo- sti sul sedimento ghiaia. Le figure 5.7.15 e 5.7.16 riportano i risultati dell’elaborazione dei dati di scattering per le coppie T
1– T
2e T
3– T
4disposte con asse longitudinale pa- rallelo all’asse X, per un angolo di incidenza θ =
i45 ° , ed angolo bistatico . In questo caso non è possibile nessuna operazione di classificazione.
S
180
φ = °
Figura 5.7.15 – T1-T2AXX su ghiaia, angolo di incidenza θ =
i45 ° , angolo bistatico φ =
S180 °
Figura 5.7.16 – T3-T4AXX su ghiaia, angolo di incidenza θ =
i45 ° ,
angolo bistatico φ = 180 °
Elaborando i dati relativi ad un angolo bistatico pari a φ =
S200 ° (disponibili solo per i bersagli T
1e T
2), vedi figura 5.7.16, i risultati sono però incoraggianti. Il bersaglio T
1risponde infatti con un picco di ampiezza per θ ≅
S43 ° , mentre T
2ha un picco negativo per θ ≅
S47 °
Figura 5.7.17 – T1-T2AXX su ghiaia, angolo di incidenza θ =
i45 ° , angolo bistatico φ =
S200 °
Infine le figure 5.7.18 e 5.7.19 riportano i risultati nel caso di bersagli parzialmente in- terrati, disposti lungo l’asse X, angolo di incidenza θ =
i45 ° , rispettivamente nel caso
e . In questo caso risulta più complicato compiere una classifica- zione dei bersagli, anche se è possibile osservare alcune differenze peculiari nelle rispo- ste dei due bersagli.
S