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Academic year: 2021

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CAPITOLO 1

Il latte: definizione e

caratteristiche generali

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Capitolo 1 Il latte: definizione e caratteristiche generali Il latte è il prodotto di secrezione delle ghiandole mammarie delle femmine dei Mammiferi, è un liquido bianco, opaco, contenente, in soluzione, sospensione, o emulsione proteine, grassi, carboidrati, sali minerali, fra cui il fosfato di calcio, vitamine e ormoni; è un alimento completo e indispensabile per la prole nel primo periodo della vita.

Si ottiene dalla mungitura regolare, ininterrotta e completa della mammella di animali in buono stato di salute e nutrizione; con il termine “latte” si deve intendere solo il latte vaccino, mentre per quello degli altri Mammiferi si deve specificare la specie da cui è prodotto.

Dal punto di vista biologico, è un’emulsione di grasso in fase acquosa, dove troviamo una sospensione colloidale di proteine e una soluzione di zuccheri, sali minerali e vitamine. I principali costituenti del latte sono:

Acqua: 87,5%, è il maggior componente;

Proteine: 3,2%, di cui l’80% circa sono caseine e il restante 20% circa sieroproteine;

Lipidi: 3,5% in particolare trigliceridi raccolti in globuli lipidici;

Glucidi: 4,7% in particolare lattosio;

Ceneri: <1%;

Vitamine;

Minerali.

Il pH è pari a 6,5-6,7, mentre il peso specifico a 15°C oscilla tra 1,028 e 1,033 g/ml.

Nei primi giorni della lattazione il secreto della ghiandola mammaria si distingue dal latte normale per una maggiore presenza di grassi e proteine ma più di tutto per le immunoglobuline e vitamine, fondamentali per la sopravvivenza del vitello, ed è chiamato colostro (Salvadori del Prato, 2001).

Acqua

Nel latte vaccino l’acqua è presente in percentuale dell’87-88%, mentre il restante 12-13% è costituito dal residuo secco. L’acqua proviene direttamente dal sangue grazie alla rilevante irrorazione di cui gode l’apparato mammario, e la sua penetrazione verso il lume alveolare è regolata dalla quantità di lattosio sintetizzato dalle cellule alveolari, a causa della forte pressione osmotica che produce.

Essa determina il valore dell’indice crioscopico o punto di congelamento; valori di indice crioscopico superiori a -0,520°C indicano annacquamento del latte stesso e costituiscono una frode alimentare; fermo restando che leggere fluttuazioni dell’indice crioscopico possono essere fisiologiche, ad esempio in base al periodo di lattazione (nell’ultimo periodo il latte è più concentrato e quindi si abbassa il punto crioscopico), o a difetti strumentali (acqua residua nel circuito di mungitura o di stoccaggio, che si mescola alla munta successiva) (Salvadori del Prato, 2001).

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Proteine

Le sostanze azotate nel latte si dividono in azoto proteico e azoto non proteico, la somma di queste forma le sostanze azotate totali (SAT).

L’azoto proteico è dato da

Caseine (77-80% delle SAT) che vengono prodotte dalla mammella e si distinguono in base alla diversa mobilità elettroforetica e presentano diversa sensibilità agli ioni calcio;

Proteine del siero o sieroproteine (17-18% delle SAT) che vengono prodotte dalla mammella nel caso di lattoalbumine e lattoglobuline o derivano dal flusso sanguigno nel caso di sieroalbumine o immunoglobuline.

L’azoto non proteico è dato da

Urea: la sua concentrazione si aggira normalmente intorno ai 25-30 mg/dl di latte, valori anomali sono spesso imputabili ad errori di razionamento, in particolare a eccesso di proteine degradabili e/o a carenza di energia fermentescibile nella razione;

Amminoacidi liberi;

Creatina;

Creatinina;

Ammoniaca;

Acido urico.

Come accennato prima, le proteine che si riscontrano nel latte sono caseine e proteine del siero.

Le caseine sono formate da circa 200 amminoacidi, hanno un elevato valore nutrizionale poiché sono ricche di amminoacidi essenziali (non sintetizzabili dall’organismo) e sono sensibili all’azione del caglio; le proteine del siero o sieroproteine invece non sono sensibili all’azione del caglio, ma del calore.

Ci sono cinque gruppi principali di caseine che possono essere distinte in base alla distribuzione delle cariche e alla sensibilità di precipitazione in seguito all'addizione di caglio:

α(s1)-caseina: costituita da due zone altamente idrofobiche separate da una regione polare (idrofilica) contenente 7 degli 8 gruppi fosfati; può precipitare anche con bassi livelli di calcio. L’ αs1 conferisce al latte un gusto più amaro e un coagulo più duro (il latte di capra essendone povero, presenta un coagulo di consistenza minore). È praticamente assente nel latte umano;

α(s2)-caseina: tutti gli amminoacidi sono concentrati alle estremità della proteina, in grado di precipitare anch'essa con basse quantità di calcio, è il principale allergene del latte;

β-caseina: possiede l'estremità amino-terminale fortemente polare, mentre il resto è apolare (idrofobico): in questo senso assomiglia ad un detergente. Richiede livelli medi di calcio per precipitare (Salvadori del Prato, 2001).

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Capitolo 1 Il latte: definizione e caratteristiche generali

κ-caseina: l'unica delle caseine ad essere idrofila (e per questo richiede un'elevata quantità di calcio per precipitare). Stabilizza le altre caseine; una sua idrolisi rimuove questa abilità e porta alla coagulazione (precipitazione) della caseina, è ricca di zuccheri perché ha gruppi glucidici;

γ-caseina: non deriva dalla mammella ma dall’azione proteolitica della plasmina su α e β caseina, questo succede in particolare quando le cellule secretrici della mammella perdono di integrità a causa dello stato di salute dell’animale (ad esempio se c’è mastite), per età avanzata e stadio di lattazione (fine lattazione), è indice di un latte con scarsa qualità, e con attitudine alla caseificazione minore.

Le caseine, tranne la k-caseina, sono proteine idrofobiche, per cui in una soluzione acquosa (come è, ad esempio, da questo punto di vista, il latte), tendono ad unirsi formando micelle, costituite all'interno dalle varie caseine idrofobiche e circondate da uno strato di κ-caseina (idrofila). Al loro interno le micelle vengono tenute assieme da diversi meccanismi tra cui ponti di calcio, interazioni idrofobiche e legami idrogeno (Salvadori del Prato, 2001).

Nel latte dei ruminanti è contenuto dal 15 al 21% di sieroproteine, esse si dividono in:

β-lattoglobuline: (65%), rappresentano la maggior parte del contenuto totale delle proteine del siero del latte bovino. Sono responsabili di alcune delle proprietà funzionali del siero di latte, come la ritenzione di acqua;

α-lattoalbumine: (25%), compongono 1/4 delle proteine del siero. Contengono nella loro sequenza peptidi a basso peso molecolare, come bipeptidi o tripeptidi, facilmente assimilabili. Sono composte da una grande quantità di amminoacidi essenziali e condizionatamente essenziali;

Siero-albumine: (8%), sono rintracciabili in piccole quantità, hanno un alto contenuto di precursori del glutatione, un importante antiossidante;

Frazioni minori: (2%), comprendono lattoferrina (è una proteina del siero con la capacità di legarsi al ferro e può aumentarne il trasporto e l'assorbimento, ha un'azione favorevole nel migliorare il sistema immunitario), immunoglobuline (il siero contiene alcune immunoglobuline, che derivano direttamente dal plasma sanguigno dell'animale, chiamate IgG1, IgG2, IgA e IgM, queste sono coinvolte nel sistema immunitario, hanno proprietà anti-microbiche, e sono in grado di neutralizzare tossine e virus), glicomacropeptide (è un peptide biologicamente attivo derivato dalla k-caseina, ha proprietà anti-microbiche e anti-virali, esprime proprietà benefiche sul sistema digerente, migliora l'assorbimento del calcio e la funzione immunitaria), lattoperossidasi (questo enzima possiede attività antimicrobica e antiossidante). e lisozima (enzima con attività antibattericida) (Chessa, 2014, http://docplayer.it/12321331-Qualita-del-latte-peptidi- bioattivi-ed-altri-aspetti-nutrizionali-e-nutraceutici.html).

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Le caseine hanno la caratteristica di presentare, soprattutto nelle specie bovina e caprina, uno spiccato polimorfismo (Figura 1) che determina differenze della struttura molecolare delle proteine che a loro volta si traducono in differenze delle proprietà fisico-chimiche e biologiche delle proteine in questione e delle caratteristiche tecnologiche del latte.

Figura 1 - “Polimorfismo delle frazioni caseiniche bovine” (fonte: Chessa 2014.

http://docplayer.it/12321331-Qualita-del-latte-peptidi-bioattivi-ed-altri-aspetti-nutrizionali-e- nutraceutici.html, elaborazione personale).

Ad esempio i soggetti che presentano la variante della αs1 A producono un latte con parametri lattodinamografici (LDG) peggiori, cioè un latte che coagula peggio e le rese saranno minori.

La variante αs1 B è molto frequente e i soggetti che la presentano hanno produzioni maggiori di latte in termini quantitativi (Frisona).

La β presenta 14 varianti, tra cui la B che è correlata a parametri LDG migliori (migliore coagulazione), mentre le varianti D ed E sono rare.

La k caseina presenta 12 varianti, la più frequente delle quali è la variante B che è collegata ad un latte con più proteine, soprattutto caseine, con un diametro minore delle micelle caseiniche e quindi è un latte che si adatta bene alla trasformazione perché dà cagliate con un coagulo più forte. Si ritrova nella razza Bruna e Reggiana. Oggi l’importanza della k-caseina B è ampiamente riconosciuta nel settore caseario per le sue molteplici qualità, tra cui le rese maggiori nella produzione di Parmigiano Reggiano, di +6 kg di formaggio per caldaia se si lavora latte contenente esclusivamente k-caseina B rispetto a latte con sola k-caseina A. Il coagulo k-caseina B risulta inoltre più elastico, dotato di un reticolo caseoso maggiormente idoneo per la sineresi, mentre il latte k-caseina A dà comunque origine a coaguli meno consistenti. La dinamica della gelificazione indica che il coagulo k-caseina B raggiunge una maggiore compattezza e manifesta una maggiore forza di retrazione, per cui appare in grado di rilasciare più facilmente e più rapidamente il siero (Mariani, 1999).

A, B, C, D, E, F, G, H

αs1

A, B, C, D,

αs2

A, B, C, + 9 VARIANTI

B, D, E + 11 VARIANTI

β κ Caseine

Calcio non sensibili Calcio sensibili

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Capitolo 1 Il latte: definizione e caratteristiche generali Per quanto riguarda il polimorfismo delle siero-proteine:

la β-lattoglogulina ha 12 varianti, tra cui A, B, C, D, E, F, G. Le varianti A e B sono le più frequenti. La variante A è associata ad un latte migliore per il consumo diretto. La variante B è associata ad un latte con più caseine, soprattutto k-caseine, e più grasso, quindi migliore per la trasformazione.

La α-lattoalbumina presenta le varianti A, B, C. La variante B è presente solo nelle razze europee. (Salvadori del Prato, 2001).

Lipidi

I lipidi presenti nel latte sono:

Trigliceridi: 98-99%;

Fosfolipidi: 0,74%;

Digliceridi: 0,45%;

Monogliceridi: 0,0015%;

Colesterolo;

Acidi grassi liberi.

I lipidi nel latte si trovano sottoforma di “globuli di grasso”. I globuli sono di forma sferica, senza nucleo e affiorano in base alla dimensione, possono essere piccoli, medi o grandi, essi si inseriscono in maniera differente nella cagliata. Gli acidi grassi presenti nel latte bovino sono oltre 400, distinti in relazione alla lunghezza della catena carboniosa in:

A catena lunga: oltre i 18 atomi di carbonio;

A catena media: da 14 a 16 atomi di carbonio;

A catena corta: da 4 a 12 atomi di carbonio.

Gli acidi grassi possiedono generalmente un numero pari di atomi di carbonio e possono presentare anche uno o più doppi legami nella catena alifatica. La presenza o meno di doppi legami, che fa variare anche la temperatura di fusione degli acidi grassi stessi, permette di dividerli in:

Acidi grassi saturi (SFA): quando la catena non contiene doppi legami;

Acidi grassi insaturi: si dividono ulteriormente in monoinsaturi (MUFA), quando è presente un solo doppio legame e polinsaturi (PUFA), quando sono presenti due o più doppi legami, tra questi sono compresi gli acidi grassi essenziali;

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Acidi grassi essenziali: si dividono in ω-3 che presentano un doppio legame sul terzo atomo di carbonio (acido alfalinolenico), e ω-6, che presentano il doppio legame sul sesto atomo di carbonio (acido linoleico).

Sono sintetizzati attraverso due principali vie: la sintesi de novo nella ghiandola mammaria (che produce acidi grassi a corta catena e parte di quelli a media catena) e il trasporto nel circolo ematico di acidi grassi preformati che originano dai grassi presenti nella razione, dalla bioidrogenazione e degradazione batterica ruminale o dalla mobilizzazione del tessuto adiposo, che produce acidi grassi a lunga catena e la quota rimanente di acidi grassi a media catena.

La composizione in acidi grassi del latte (Figura 2) è influenzata dal tipo di dieta somministrata alle bovine. Numerosi studi hanno dimostrato che diete basate sul pascolo o sull’impiego di erba fresca inducono ad esempio maggiore contenuto di acido linoleico coniugato (CLA) nel grasso del latterispetto a diete a base di fieno e/o insilati. A influenzare il profilo acidico dellattesono anche la quantità dei concentrati e la composizione di lipidi presenti nella razione (Shingfield et al., 2008).

Il tenore in grasso nel latte bovino è influenzato da diversi fattori tra cui l’alimentazione (può incidere fino al 3% dei grassi contenuti nel latte sia in quantità, importante per la resa casearia sia per qualità, ovvero per il profilo acidico, importante per la salute umana e per le qualità organolettiche del prodotto), lo stadio di lattazione (il quantitativo di grasso ha un rapporto inverso con la produzione di latte, il numero delle lattazioni (la quota di grasso nel latte tende a ridursi con l’età), la razza e il pascolo (negli animali alimentati al pascolo si trova la massima quantità di grasso, perché vi è foraggio di migliore qualità; secondo alcuni studi, il pascolo aumenta il contenuto di CLA e diminuisce il contenuto di acidi grassi saturi. Gli acidi grassi principali contenuti nel foraggio fresco sono l’acido linoleico e linolenico, precursori del CLA e dell’acido vaccenico a livello ruminale).

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Capitolo 1 Il latte: definizione e caratteristiche generali

Figura 2 - “Composizione degli acidi grassi nel latte vaccino” (fonte: “Chimica e tecnologia del latte” Corradini 1995, rielaborazione personale

Glucidi

I glucidi del latte sono rappresentati in massima parte dal lattosio che è lo zucchero specifico del latte. Il latte rappresenta quasi l’unica fonte naturale di lattosio. Gli altri glucidi che si ritrovano nel latte sono principalmente glucosio, galattosio e alcuni oligosaccaridi che, nel latte bovino, sono presenti in piccolissime quantità (0,1% sul tal quale).

Il tenore di glucidi del latte è piuttosto costante nell’ambito di ogni specie; tra specie diverse invece si riconoscono importanti differenze. In generale sembra esserci una relazione inversa tra tenore proteico del latte e tenore in glucidi. Mentre, il tenore proteico del latte tende ad essere più elevato in quelle specie che sono caratterizzate da rapida crescita dei giovani soggetti dopo la nascita, il tenore glucidico, al contrario, è più alto nel latte di specie a crescita lenta (come l’uomo, ad esempio). Inoltre le specie che hanno un elevato tenore in lattosio nel latte tendono a produrre un latte povero di altri glucidi (in particolare oligosaccaridi) mentre le specie che hanno basso tenore in lattosio sintetizzano molti oligosaccaridi; fa eccezione la donna il cui latte è ricco sia di lattosio che di oligosaccaridi.

Il lattosio è un disaccaride formato da una molecola di glucosio e una di galattosio legate tramite un legame beta 1-4; esso viene sintetizzato nelle cellule secernenti a partire da glucosio ematico.

Capitolo 1 Il latte: definizione e caratteristiche generali

Figura 2 - “Composizione degli acidi grassi nel latte vaccino” (fonte: “Chimica e tecnologia del latte” Corradini 1995, rielaborazione personale

Glucidi

I glucidi del latte sono rappresentati in massima parte dal lattosio che è lo zucchero specifico del latte. Il latte rappresenta quasi l’unica fonte naturale di lattosio. Gli altri glucidi che si ritrovano nel latte sono principalmente glucosio, galattosio e alcuni oligosaccaridi che, nel latte bovino, sono presenti in piccolissime quantità (0,1% sul tal quale).

Il tenore di glucidi del latte è piuttosto costante nell’ambito di ogni specie; tra specie diverse invece si riconoscono importanti differenze. In generale sembra esserci una relazione inversa tra tenore proteico del latte e tenore in glucidi. Mentre, il tenore proteico del latte tende ad essere più elevato in quelle specie che sono caratterizzate da rapida crescita dei giovani soggetti dopo la nascita, il tenore glucidico, al contrario, è più alto nel latte di specie a crescita lenta (come l’uomo, ad esempio). Inoltre le specie che hanno un elevato tenore in lattosio nel latte tendono a produrre un latte povero di altri glucidi (in particolare oligosaccaridi) mentre le specie che hanno basso tenore in lattosio sintetizzano molti oligosaccaridi; fa eccezione la donna il cui latte è ricco sia di lattosio che di oligosaccaridi.

Il lattosio è un disaccaride formato da una molecola di glucosio e una di galattosio legate tramite un legame beta 1-4; esso viene sintetizzato nelle cellule secernenti a partire da glucosio ematico.

Capitolo 1 Il latte: definizione e caratteristiche generali

Figura 2 - “Composizione degli acidi grassi nel latte vaccino” (fonte: “Chimica e tecnologia del latte” Corradini 1995, rielaborazione personale

Glucidi

I glucidi del latte sono rappresentati in massima parte dal lattosio che è lo zucchero specifico del latte. Il latte rappresenta quasi l’unica fonte naturale di lattosio. Gli altri glucidi che si ritrovano nel latte sono principalmente glucosio, galattosio e alcuni oligosaccaridi che, nel latte bovino, sono presenti in piccolissime quantità (0,1% sul tal quale).

Il tenore di glucidi del latte è piuttosto costante nell’ambito di ogni specie; tra specie diverse invece si riconoscono importanti differenze. In generale sembra esserci una relazione inversa tra tenore proteico del latte e tenore in glucidi. Mentre, il tenore proteico del latte tende ad essere più elevato in quelle specie che sono caratterizzate da rapida crescita dei giovani soggetti dopo la nascita, il tenore glucidico, al contrario, è più alto nel latte di specie a crescita lenta (come l’uomo, ad esempio). Inoltre le specie che hanno un elevato tenore in lattosio nel latte tendono a produrre un latte povero di altri glucidi (in particolare oligosaccaridi) mentre le specie che hanno basso tenore in lattosio sintetizzano molti oligosaccaridi; fa eccezione la donna il cui latte è ricco sia di lattosio che di oligosaccaridi.

Il lattosio è un disaccaride formato da una molecola di glucosio e una di galattosio legate tramite un legame beta 1-4; esso viene sintetizzato nelle cellule secernenti a partire da glucosio ematico.

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Nei ruminanti il principale precursore del glucosio ematico è l’acido propionico, uno degli acidi grassi volatili che si formano in sede ruminale. Il lattosio viene sintetizzato grazie a due proteine, la galattosiltransferasi e l’alfa-lattoalbumina.

Il tenore in lattosio del latte di ciascuna specie è un dato piuttosto costante; nel latte di vacca la percentuale di lattosio è del 5% circa. Solo la fase colostrale si distingue per un basso tenore in lattosio del secreto. La costanza del tenore in lattosio dipende dal fatto che esso è il più importante componente osmoticamente attivo presente nel latte. Poiché la secrezione di latte è isotonica rispetto al sangue, in caso di variazione della quantità di lattosio sintetizzata nella mammella, si ha una variazione della capacità di richiamo di acqua dal sangue alla mammella, ma la percentuale di lattosio sul totale dell’acqua richiamata (e quindi del latte prodotto) non cambia. La quantità di lattosio sintetizzata è quindi direttamente proporzionale alla quantità di latte prodotta. A parte il periodo colostrale, l’unico caso in cui si possono verificare sensibili variazioni della percentuale di lattosio del latte è quello della presenza di una mastite, ossia di un’infiammazione del tessuto mammario. In questo caso infatti cala vistosamente la presenza nel latte di tutti i componenti che vengono sintetizzati nella mammella (lattosio compreso) in conseguenza dell’alterata funzionalità delle cellule secernenti e, contemporaneamente, aumenta la presenza nel latte dei componenti di origine ematica (acqua compresa) in conseguenza dell’alterata permeabilità delle membrane.

Gli oligosaccaridi sono glucidi di dimensione superiore a quella del lattosio. Essi sono formati da cinque molecole di base (glucosio, galattosio, N-acetilglucosamina, fucosio, acido sialico) in varia combinazione. Nel latte della maggior parte dei Mammiferi domestici gli oligosaccaridi sono presenti in piccolissime quantità mentre, in altre specie, la loro concentrazione è addirittura superiore a quella del lattosio (come avviene nel caso degli orsi, dei marsupiali e nei pinnipedi).

Nel latte umano sono ben rappresentati raggiungendo i 12 g/l.

Il significato funzionale degli oligosaccaridi non è ancora ben chiarito. Gran parte degli oligosaccaridi sfugge alla digestione e si ritrova nell’intestino crasso dove sembra avere un ruolo di modulazione dell’ecosistema batterico, favorendo lo sviluppo di flora bifida (Bifidobacterium bifidum) che, a sua volta, contribuisce ad acidificare il contenuto intestinale e ad ostacolare la proliferazione di eventuali patogeni. La ricchezza degli oligosaccaridi in acido sialico suggerisce poi un loro possibile ruolo nello sviluppo cerebrale del neonato come precursori dei gangliosidi e delle glicoproteine sialiche (Salvadori del Prato, 2001).

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Capitolo 1 Il latte: definizione e caratteristiche generali Vitamine

Tra i componenti minori del latte, le vitamine svolgono un ruolo fondamentale nel nostro organismo sia sotto il profilo biologico sia nutrizionale. Sono composti essenziali che, in piccole quantità, devono essere introdotti con la dieta poiché l’organismo è incapace di sintetizzarli tutti.

Il contenuto di vitamine nel latte (Figura 3) è molto variabile ed è in funzione della razza, dello stadio di lattazione, della stagione e soprattutto del tipo di alimentazione. Nel latte le vitamine presenti in maggiore quantità sono la vitamina A, E, e K tra le vitamine liposolubili, e la vitamina C, l'acido folico e la riboflavina tra le idrosolubili.

Nel latte vaccino le vitamine idrosolubili non risentono del tipo di alimentazione degli animali, mentre le liposolubili sono influenzate sia dal tipo di alimentazione sia dalla stagionalità.

La vitamina D, tra le liposolubili, detta anche “antirachitica”, ad esempio, è presente solo in quantità modeste nel latte vaccino e la sua sintesi richiede l’effetto delle radiazioni ultraviolette a cui sono sottoposte le vacche; quindi è presente in maggiore quantità nel latte raccolto nel periodo di maggiore insolazione. Questa vitamina favorisce il riassorbimento di calcio a livello renale, l'assorbimento intestinale di fosforo e calcio ed i processi di mineralizzazione dell’osso.

Nel latte è presente una discreta quantità di retinolo (vitamina A) e di caroteni. Il contenuto di questa vitamina è influenzato da vari fattori come l’alimentazione, il periodo di lattazione, le condizioni climatiche e di allevamento del bestiame. Infatti la vitamina A è presente in quantità variabile nel latte a seconda dell’apporto di caroteni (precursori della vitamina A) nella dieta; i foraggi assunti nel periodo estivo risultano infatti più ricchi in caroteni rispetto a quelli secchi, invernali.

La vitamina A è una vitamina liposolubile, la sua concentrazione è influenzata quindi dal contenuto di grassi nel latte. Il latte fresco, soprattutto se intero, contiene mediamente circa 0,4 mg/l di vitamina A. Le funzioni di questa vitamina sono diverse: previene le infezioni della pelle, delle mucose e degli apparati digestivo e urinario, interviene nei fenomeni della visione notturna, previene l’anemia.

Nel latte la forma di vitamina E maggiormente presente è l’alfa-tocoferolo. Come tutte le vitamine liposolubili, anche la vitamina E è influenzata dalla quantità di grassi presenti. La principale funzione di questa vitamina è il mantenimento dell’integrità della membrana cellulare attraverso la sua capacità di agire da anti-ossidante nei confronti degli acidi grassi insaturi in essa contenuti. La vitamina E agisce anche sul metabolismo del colesterolo e promuove la regolare formazione dei globuli rossi.

La vitamina K è presente in tracce ed è indipendente dalla quantità di grassi presenti, ma subisce variazioni stagionali legate al tipo di alimentazione ed allo stadio di lattazione. La vitamina K è

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sensibile alla luce e relativamente stabile all’ossigeno e al calore ed è inoltre coinvolta nel processo di coagulazione del sangue svolgendo la funzione antiemorragica.

Il contenuto di vitamina C (acido ascorbico) nel latte vaccino è di circa 10mg/l. La concentrazione di questa vitamina nel latte dipende da vari fattori, come il pH, l’ossigeno, la luce ed il trattamento industriale. Quindi una corretta gestione del ciclo produttivo e di lavorazione del latte riduce l’incidenza negativa che questi fattori hanno sulla sua concentrazione nel latte.

Questa vitamina è molto importante perché favorisce l’assorbimento del ferro, interviene nella formazione del collagene (la sostanza a sostegno dei tessuti connettivi) e nel metabolismo dell’acido folico, aumenta la risposta immunitaria ed è coinvolta nella sintesi di alcuni neurotrasmettitori.

Figura 3 “Contenuto in vitamine nel latte vaccino” (fonte: Assolatte, 2006)

Tra le altre vitamine del gruppo B, la B9, detta anche acido folico, contribuisce alla formazione delle ossa e all’assorbimento del calcio, facilitato rispetto a quanto avviene con altri alimenti grazie alla presenza di sostanze come caseina e lattosio, che lo rendono velocemente assimilabile dall’organismo. La quantità di questa vitamina nel latte può presentare ampie variazioni in relazione a diversi fattori quali l’alimentazione dei bovini, la presenza di vitamine antiossidanti e la presenza di ossigeno.

La B2, detta anche riboflavina, è contenuta in quantità apprezzabili nel latte fresco intero pastorizzato (circa 1,8 mg/l), in quanto stabile alle temperature di trattamento del latte. Questa vitamina è precursore di importanti coenzimi che catalizzano numerose reazioni di ossidoriduzione, interviene nel processo rigenerativo cellulare, oltre che nel metabolismo dei grassi, carboidrati e amminoacidi (Assolatte, 2006).

sensibile alla luce e relativamente stabile all’ossigeno e al calore ed è inoltre coinvolta nel processo di coagulazione del sangue svolgendo la funzione antiemorragica.

Il contenuto di vitamina C (acido ascorbico) nel latte vaccino è di circa 10mg/l. La concentrazione di questa vitamina nel latte dipende da vari fattori, come il pH, l’ossigeno, la luce ed il trattamento industriale. Quindi una corretta gestione del ciclo produttivo e di lavorazione del latte riduce l’incidenza negativa che questi fattori hanno sulla sua concentrazione nel latte.

Questa vitamina è molto importante perché favorisce l’assorbimento del ferro, interviene nella formazione del collagene (la sostanza a sostegno dei tessuti connettivi) e nel metabolismo dell’acido folico, aumenta la risposta immunitaria ed è coinvolta nella sintesi di alcuni neurotrasmettitori.

Figura 3 “Contenuto in vitamine nel latte vaccino” (fonte: Assolatte, 2006)

Tra le altre vitamine del gruppo B, la B9, detta anche acido folico, contribuisce alla formazione delle ossa e all’assorbimento del calcio, facilitato rispetto a quanto avviene con altri alimenti grazie alla presenza di sostanze come caseina e lattosio, che lo rendono velocemente assimilabile dall’organismo. La quantità di questa vitamina nel latte può presentare ampie variazioni in relazione a diversi fattori quali l’alimentazione dei bovini, la presenza di vitamine antiossidanti e la presenza di ossigeno.

La B2, detta anche riboflavina, è contenuta in quantità apprezzabili nel latte fresco intero pastorizzato (circa 1,8 mg/l), in quanto stabile alle temperature di trattamento del latte. Questa vitamina è precursore di importanti coenzimi che catalizzano numerose reazioni di ossidoriduzione, interviene nel processo rigenerativo cellulare, oltre che nel metabolismo dei grassi, carboidrati e amminoacidi (Assolatte, 2006).

sensibile alla luce e relativamente stabile all’ossigeno e al calore ed è inoltre coinvolta nel processo di coagulazione del sangue svolgendo la funzione antiemorragica.

Il contenuto di vitamina C (acido ascorbico) nel latte vaccino è di circa 10mg/l. La concentrazione di questa vitamina nel latte dipende da vari fattori, come il pH, l’ossigeno, la luce ed il trattamento industriale. Quindi una corretta gestione del ciclo produttivo e di lavorazione del latte riduce l’incidenza negativa che questi fattori hanno sulla sua concentrazione nel latte.

Questa vitamina è molto importante perché favorisce l’assorbimento del ferro, interviene nella formazione del collagene (la sostanza a sostegno dei tessuti connettivi) e nel metabolismo dell’acido folico, aumenta la risposta immunitaria ed è coinvolta nella sintesi di alcuni neurotrasmettitori.

Figura 3 “Contenuto in vitamine nel latte vaccino” (fonte: Assolatte, 2006)

Tra le altre vitamine del gruppo B, la B9, detta anche acido folico, contribuisce alla formazione delle ossa e all’assorbimento del calcio, facilitato rispetto a quanto avviene con altri alimenti grazie alla presenza di sostanze come caseina e lattosio, che lo rendono velocemente assimilabile dall’organismo. La quantità di questa vitamina nel latte può presentare ampie variazioni in relazione a diversi fattori quali l’alimentazione dei bovini, la presenza di vitamine antiossidanti e la presenza di ossigeno.

La B2, detta anche riboflavina, è contenuta in quantità apprezzabili nel latte fresco intero pastorizzato (circa 1,8 mg/l), in quanto stabile alle temperature di trattamento del latte. Questa vitamina è precursore di importanti coenzimi che catalizzano numerose reazioni di ossidoriduzione, interviene nel processo rigenerativo cellulare, oltre che nel metabolismo dei grassi, carboidrati e amminoacidi (Assolatte, 2006).

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Capitolo 1 Il latte: definizione e caratteristiche generali Minerali

Oltre all’apporto proteico, lipidico e glucidico, il latte è importante per il contenuto di minerali (0,8%-1% del totale), soprattutto di calcio e fosforo.

Nella Figura 4 è possibile osservare in quale misura questi elementi sono contenuti nel latte vaccino intero. Tra i minerali disciolti nel latte il calcio è quello presente in misura maggiore. Il calcio del latte è importante non solo per la sua alta concentrazione ma anche perché assimilabile molto facilmente.

Figura 4 “Contenuto in minerali nel latte vaccino” (fonte: Assolatte, 2006)

Infatti, grazie al fatto che è prevalentemente legato a peptidi bioattivi (caseino-fosfopeptidi) risulta assimilabile più agevolmente rispetto a quello fornito da vegetali e da altri alimenti. In altri alimenti sebbene vi siano livelli di concentrazione significativi, il calcio è legato a ossalati, fitati, fosfati e acidi uronici (fibra alimentare) che ne possono inibire l’assorbimento.

È elemento fondamentale per la vita perché deputato alla formazione ed al mantenimento delle ossa e dei denti. Bere latte, quindi, significa: per i giovani costruire una grande riserva di calcio per tutta la vita e per gli anziani prevenire l’osteoporosi e contrastare l’ipertensione arteriosa.

È inoltre utile ricordare che il calcio non serve solo alla formazione delle ossa e dei denti, ma prende parte anche alla coagulazione del sangue ed è un costituente importante per la conduzione degli impulsi nervosi. Il secondo minerale presente nel latte in concentrazione rilevante è il fosforo.

Nel latte, il rapporto tra calcio e fosforo risulta ottimale per una corretta regolazione dei processi di riparazione e formazione delle ossa. Infatti, il quantitativo di fosforo è inferiore a quello del calcio e proprio questo squilibrio è necessario perché se il fosforo prevalesse impedirebbe l’assorbimento del calcio, squilibrando la dieta e portando alla demineralizzazione delle ossa.

L’altro minerale più rappresentato nel latte è il magnesio. Risulta importante nei processi di attivazione di enzimi e nella sintesi delle proteine.

Per quanto riguarda altri elementi come sodio e potassio, essi si ritrovano sotto forma di cloruri e come tali concorrono insieme al lattosio a determinare il sapore salato e dolce del latte. Tra gli Capitolo 1 Il latte: definizione e caratteristiche generali Minerali

Oltre all’apporto proteico, lipidico e glucidico, il latte è importante per il contenuto di minerali (0,8%-1% del totale), soprattutto di calcio e fosforo.

Nella Figura 4 è possibile osservare in quale misura questi elementi sono contenuti nel latte vaccino intero. Tra i minerali disciolti nel latte il calcio è quello presente in misura maggiore. Il calcio del latte è importante non solo per la sua alta concentrazione ma anche perché assimilabile molto facilmente.

Figura 4 “Contenuto in minerali nel latte vaccino” (fonte: Assolatte, 2006)

Infatti, grazie al fatto che è prevalentemente legato a peptidi bioattivi (caseino-fosfopeptidi) risulta assimilabile più agevolmente rispetto a quello fornito da vegetali e da altri alimenti. In altri alimenti sebbene vi siano livelli di concentrazione significativi, il calcio è legato a ossalati, fitati, fosfati e acidi uronici (fibra alimentare) che ne possono inibire l’assorbimento.

È elemento fondamentale per la vita perché deputato alla formazione ed al mantenimento delle ossa e dei denti. Bere latte, quindi, significa: per i giovani costruire una grande riserva di calcio per tutta la vita e per gli anziani prevenire l’osteoporosi e contrastare l’ipertensione arteriosa.

È inoltre utile ricordare che il calcio non serve solo alla formazione delle ossa e dei denti, ma prende parte anche alla coagulazione del sangue ed è un costituente importante per la conduzione degli impulsi nervosi. Il secondo minerale presente nel latte in concentrazione rilevante è il fosforo.

Nel latte, il rapporto tra calcio e fosforo risulta ottimale per una corretta regolazione dei processi di riparazione e formazione delle ossa. Infatti, il quantitativo di fosforo è inferiore a quello del calcio e proprio questo squilibrio è necessario perché se il fosforo prevalesse impedirebbe l’assorbimento del calcio, squilibrando la dieta e portando alla demineralizzazione delle ossa.

L’altro minerale più rappresentato nel latte è il magnesio. Risulta importante nei processi di attivazione di enzimi e nella sintesi delle proteine.

Per quanto riguarda altri elementi come sodio e potassio, essi si ritrovano sotto forma di cloruri e come tali concorrono insieme al lattosio a determinare il sapore salato e dolce del latte. Tra gli Capitolo 1 Il latte: definizione e caratteristiche generali Minerali

Oltre all’apporto proteico, lipidico e glucidico, il latte è importante per il contenuto di minerali (0,8%-1% del totale), soprattutto di calcio e fosforo.

Nella Figura 4 è possibile osservare in quale misura questi elementi sono contenuti nel latte vaccino intero. Tra i minerali disciolti nel latte il calcio è quello presente in misura maggiore. Il calcio del latte è importante non solo per la sua alta concentrazione ma anche perché assimilabile molto facilmente.

Figura 4 “Contenuto in minerali nel latte vaccino” (fonte: Assolatte, 2006)

Infatti, grazie al fatto che è prevalentemente legato a peptidi bioattivi (caseino-fosfopeptidi) risulta assimilabile più agevolmente rispetto a quello fornito da vegetali e da altri alimenti. In altri alimenti sebbene vi siano livelli di concentrazione significativi, il calcio è legato a ossalati, fitati, fosfati e acidi uronici (fibra alimentare) che ne possono inibire l’assorbimento.

È elemento fondamentale per la vita perché deputato alla formazione ed al mantenimento delle ossa e dei denti. Bere latte, quindi, significa: per i giovani costruire una grande riserva di calcio per tutta la vita e per gli anziani prevenire l’osteoporosi e contrastare l’ipertensione arteriosa.

È inoltre utile ricordare che il calcio non serve solo alla formazione delle ossa e dei denti, ma prende parte anche alla coagulazione del sangue ed è un costituente importante per la conduzione degli impulsi nervosi. Il secondo minerale presente nel latte in concentrazione rilevante è il fosforo.

Nel latte, il rapporto tra calcio e fosforo risulta ottimale per una corretta regolazione dei processi di riparazione e formazione delle ossa. Infatti, il quantitativo di fosforo è inferiore a quello del calcio e proprio questo squilibrio è necessario perché se il fosforo prevalesse impedirebbe l’assorbimento del calcio, squilibrando la dieta e portando alla demineralizzazione delle ossa.

L’altro minerale più rappresentato nel latte è il magnesio. Risulta importante nei processi di attivazione di enzimi e nella sintesi delle proteine.

Per quanto riguarda altri elementi come sodio e potassio, essi si ritrovano sotto forma di cloruri e come tali concorrono insieme al lattosio a determinare il sapore salato e dolce del latte. Tra gli

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essendo legato a un supporto proteico, la lattoferrina, viene facilmente assimilato (Assolatte, 2006).

Caratteristiche igienico-sanitarie

Il latte deve rispettare parametri fissati a norma di legge per garantire al consumatore l’assenza di rischi per la salute, ma anche il valore commerciale di ciò che si acquista; per il latte sia destinato alla produzione di latte alimentare che di prodotti lattiero-casearia si andrà a valutare nel latte crudo alla stalla (Reg. CE 853/2004) il tenore in cellule somatiche, la carica batterica totale e la presenza di inibenti; altre valutazioni potranno poi essere effettuate in base alla specifica destinazione del latte: ad esempio per il latte destinato alla trasformazione in formaggi a lunga maturazione, potrà essere importante valutare il numero di spore dei clostridi butirrici.

Essendo il latte appena munto pressoché sterile con valori di Carica Batterica Totale (CBT) al di sotto di 1.000 ufc/ml è facile intuire che il livello di contaminazione microbica del latte cresce nei passaggi successivi alla mungitura. Le fonti di contaminazione del latte sono da attribuire ai batteri presenti:

all’interno della mammella;

sulla superficie dei capezzoli e della mammella;

sulla superficie delle attrezzature per la mungitura, il trasporto e lo stoccaggio del latte.

La carica microbica del latte refrigerato non risulta significativamente influenzata dai batteri presenti all’interno delle mammelle di vacche sane; in rari casi gli streptococchi, in particolare Streptococcus agalactiae e S. uberis, possono essere causa di un moderato rialzo della conta batterica in base al numero di bovine infette ed allo stadio d’infezione. Anche lo Staphylococcus aureus raramente influisce in maniera sostanziale sulla CBT del latte di massa. I microrganismi responsabili di mastiti ambientali concorrono al rialzo temporaneo della CBT ma il loro contributo è influenzato dalle altre fonti di contaminazione presenti in stalla come pure dalla stagionalità.

Nel caso dei batteri presenti sulla cute della mammella, quelli di origine naturale hanno una bassa influenza sulla CBT del latte, mentre quelli provenienti dall’ambiente di stabulazione e presenti su bovine con capezzoli e mammelle molto sporche influiranno significativamente sulla conta batterica del latte, soprattutto se si pratica una tecnica di mungitura inadeguata (ad esempio mancata asciugatura, uso eccessivo di acqua, uso di tovagliette non disinfettate) o se c’è un utilizzo non corretto dei filtri del latte.

Rispetto alle suddette cause di contaminazione i batteri presenti sulla superficie dell’impianto di mungitura e sulle attrezzature di stoccaggio del latte hanno una forte influenza sulla CBT del latte refrigerato. I residui di latte che rimangono sui materiali (gomma, plastica, vetro e acciaio)

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Capitolo 1 Il latte: definizione e caratteristiche generali svariati tipi di batteri, in special modo quelli di natura ambientale. Pure la pietra del latte risulta essere un substrato, seppur lento, di crescita microbica e perfino l’acqua utilizzata per il lavaggio è causa di una contaminazione del latte quando non presenta le caratteristiche di potabilità richieste dalla normativa vigente (Militello, 2015).

Le cellule somatiche sono presenti nel latte in un numero e proporzioni variabili in funzione dello stato sanitario della mammella. In condizioni di sanità (<20.000 cellule/ml) i linfociti predominano (30-75%), mentre indipendentemente dallo stadio di lattazione e di sanità le cellule epiteliali sono comprese tra lo 0 e il 7% (Sarikaya et al., 2004). Se la mammella è invasa da un patogeno si innesca una risposta immunitaria più o meno imponente. Questa risposta è, infatti, variabile in intensità e durata in funzione del patogeno e della capacità difensiva della mammella, ma è comunque sempre caratterizzata da un richiamo di cellule leucocitarie e di altre componenti dell’immunità presenti a livello di tessuti e di sangue.

Il latte con contenuto cellulare elevato determina un abbassamento delle caratteristiche di

“lavorabilità” del latte stesso attraverso un’alterazione delle caratteristiche tecnologiche, la riduzione dell’efficienza della trasformazione casearia e la potenziale riduzione della qualità dei prodotti finiti.

Le sostanze inibenti sono un parametro sanitario per eccellenza, la loro rilevazione costituisce da sempre il sistema di controllo della presenza di residui di farmaci ad azione antibatterica nel latte (antibiotici e sulfamidici); tale presenza è rilevante anche per le interferenze che può determinare in fase di caseificazione sulla vitalità dei microrganismi componenti la flora lattica filocasearia. L'obiettivo principale di questo controllo è quindi quello di individuare (meglio sarebbe dire monitorare e quindi ottenere indicazioni sulla frequenza del fenomeno) quei casi, per fortuna piuttosto rari, in cui il sistema di autocontrollo presenta delle falle (per errori gestionali, errori di utilizzo del farmaco, o comportamenti volontariamente irregolari) (http://www.izsler.it/pls/izs_bs/v3_s2ew_consultazione.mostra_pagina?id_pagina=530).

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