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connotata dal superamento della concezione liquidatoria […] in favore di quella diretta alla conservazione del valore dell’azienda, per fini di utilità sociale»

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CONCLUSIONI

La crisi di impresa è un tema ricco di complicazioni ma sicuramente di estremo interesse ed attualità.

L’importanza assunta dalle riforme dell’ultimo decennio è confermata da una pronuncia della Corte Costituzionale secondo la quale il nostro ordinamento è ormai caratterizzato da «una nuova modalità di approccio alla crisi dell’impresa […]

connotata dal superamento della concezione liquidatoria […] in favore di quella diretta alla conservazione del valore dell’azienda, per fini di utilità sociale»

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Mutano, dunque, in modo significativo gli obiettivi di fondo dell’impianto originario. Come analizzato nel corso del Capitolo 1, la Legge Fallimentare del 1942 aveva una concezione essenzialmente liquidatoria, dal momento che considerava il fallito come un soggetto moralmente deprecabile e meritevole di trattamento sanzionatorio.

Il contesto di crisi del sistema economico ha imposto un ripensamento dei caratteri afflittivi della disciplina fallimentare. Di fronte a situazioni di crisi economica generalizzata, il legislatore ha reagito considerando l’impresa come un bene sociale, cercando di prevedere misure che potessero aiutarla ad uscire da una situazione di crisi generalizzata.

Tuttavia, la riforma del 2005, per quanto significativa, si limitò a modifiche che, a posteriori, potrebbero essere definite superficiali: non distinse in modo netto il concordato preventivo con finalità conservative da quello con finalità liquidatorie, rimanendo nella pratica un istituto essenzialmente liquidatorio; gli istituti dei piani di risanamento e degli accordi di ristrutturazione, sebbene orientati ad incentivare una soluzione negoziata fra debitori e creditori e diretti a risolvere la crisi in modo più rapido, avevano una disciplina troppo scarna per poter essere efficacemente utilizzati (basti notare che il debitore restava esposto al rischio di azioni esecutive e cautelari da parte dei creditori durante il periodo delle negoziazioni).

Con le riforme del triennio 2010 – 2013, il legislatore ha dichiarato apertamente

1Così Corte Cost., 22.07.2010, n. 270, in M. FERRO, La legge fallimentare. Commentario teorico – pratico, Padova, 2014, p. 2701.

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le proprie intenzioni, nell’ottica di favorire soluzioni che consentissero l’emersione anticipata della crisi e la salvaguardia dei valori produttivi, in particolare, modificando l’istituto del concordato preventivo, introducendo il concordato con continuità aziendale ed il concordato in bianco (o con riserva).

Nel nostro sistema concorsuale, caratterizzato per oltre 70 anni da un impianto rigorosamente punitivo del debitore in crisi, la concezione secondo cui debba essere garantita una seconda opportunità all’imprenditore sfortunato sembra difficile da affermarsi.

Abbiamo un sistema normativo farraginoso, composto da sovrapposizioni e stratificazioni che nel tempo hanno reso tutto più frammentario e complicato.

L'obiettivo della Legge Delega 19 ottobre 2017, n. 155, è dunque quello di intervenire in modo organico su una disciplina che risale, nei suoi capisaldi, alla legge del 1942, che certamente è stata modificata, anche in modo significativo, nel corso di questi anni e che, tuttavia, ha scontato con tali modifiche la compromissione della sua omogeneità e della sua organicità.

Siamo in un'epoca in cui la rapidità, la velocità e la dinamicità dei fenomeni

economici sono tali che spesso il legislatore è incapace di tenerne il passo. Si deve allora

giungere - ed è questo l'obiettivo della c. d. Riforma Rodorf - a discipline organiche, entro

le quali sia possibile individuare principi chiari, che possano offrire agli interpreti, anche di

fronte a fenomeni nuovi, la possibilità di ricavare la norma da applicare al caso concreto.

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