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Quanto più una costruzione può adattarsi alla complessità dei sovrasistemi a essa esterni e alle esigenze dell’utenza che fruisce il suo interno, tanto più la sua vita sarà sostenibile

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Academic year: 2021

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La rigida logica binaria, quella del bit, dello 0 o 1, del positivo – negativo, del bianco - nero, del sì o no, dell’uomo-donna, oggi lascia spazio alla logica fuzzy, che evolve come pensiero lanuginoso, incerto, imper- fetto, ibrido. Si entra in un territorio più ampio, di infinite sfumature, di potenzialità.

Il concetto di pensiero debole, introdotto per la prima volta dal filosofo Gianni Vattimo, in opposizione al

“pensiero forte” e totalitario del moderno, viene oggi il termine viene usato in riferimento alle tecnologie informatiche, alimentate dalle basse energie dell’elettronica. Il termine debole non sottintende dunque nessun valore negativo di incapacità, ma fa riferimento a processi di conoscenza e di trasformazione che seguono le logiche naturali, processi diffusi, non concentrati, strategie reversibili e auto-equilibranti.

Con questa logica, qualsiasi paradigma o modello organizzato è sempre da considerarsi transitorio, in atte- sa di un livello migliore. L’imperfezione, il fatto di non sentirsi mai pienamente e definitivamente omoge- nei con l’ambiente fisico e storico, funziona positivamente, come motore stesso della progettazione perché spinge il sistema alla sperimentazione.

Così, nelle imperfezioni delle nostre città, troviamo il motore per poter sperimentare nuove soluzioni.

Quanto più una costruzione può adattarsi alla complessità dei sovrasistemi a essa esterni e alle esigenze dell’utenza che fruisce il suo interno, tanto più la sua vita sarà sostenibile. In questo senso la flessibilità può essere sperimentata anche come requisito sociale, come strategia per frenare fenomeni di abbandono o di stress sociale, conseguenti a un soddisfacimento insufficiente delle esigenze abitative, lavorative e di socia- lizzazione. Ad esempio un sistema edilizio adattabile a svariate esigenze consente di insediare attività volte ad attivare fenomeni di aggregazione tra gli abitanti.

La tesi ha cercato in primo luogo di dare un senso al contesto in cui oggi viviamo, indagando i concetti di modernità liquida, progettazione debole e diffusa, e flessibilità. Sulla base di questi concetti è stato impo- statao il progetto.

La città di Milano offre la possibilità di indagare questi temi: è una città che cerca di mettersi in discussio- ne, di non stagnare nella sua storia, di rinnovarsi, di connettersi assorbendo le innovazioni, presenta però terreni in contraddizione, o come direbbe l’architetto Stefano Boeri, paesaggi di anticittà. Oggi infatti la città liquida fatta di rete, di relazioni, scambi, vita comunitaria, può mostrare il suo lato opposto: l’anticittà, ovvero la forma postmoderna di ogni spazio abitato, dove prevale l’individualismo e la frammentazione.

Le case popolari di via Gola, oggetto di studio, sono un frammento di anticittà perché:

- sono state definite caso di “periferia” al centro, in quanto inserite nel tessuto centrale urbano, trovandosi a soli due chilometri dal Duomo, ma con gravi forme di degrado, tipiche delle zone marginali delle nostre città: degrado fisico ambientale e sociale (occupazione abusiva e spaccio);

- si inseriscono in un tessuto frammentato: una macchia nera che si giustappone alla zona di lusso e all’a- rea dei Navigli, meta di famiglie durante il giorno, di hipsters o modaioli durante la sera;

- l’insediamento si specializza, essendo presenti individui simili nei costumi e nella posizione sociale;

- mancano relazioni e scambi con il contesto;

- la ricerca identitaria è interiorizzata, cioè interna al gruppo di appartenenza (appartenenza religiosa e al gruppo sociale);

-sono un caso di desertificazione immobiliare, a causa dell’incuria da parte delle amministrazioni che fa sì che molti locali siano inagibili (fattore che alimenta il meccanismo dell’occupazione abusiva);

- essendo state costruite tra gli anni 1929-‘33 (al termine della prima stagione di edilizia economica e popolare iniziata sotto la guida del comune nei primi anni del Novecento) sono progettate con un sistema rigido, in muratura, secondo la tipologia che prevedeva alloggi minimi e spazi collettivi come il ricreatorio, lavanderie, vasche comuni. Questi ultimi sono spazi ormai obsoleti, metafora del mancato aggiornamento di queste case, con problemi di areazione e illuminazione. Oggi sono inutilizzati e chiusi.

Queste case risentono inoltre del problema della gentrificazione, che risuona come campanello d’allarme nelle interviste. Questa zona, che pochi decenni fa era considerata popolare, subisce una trasformazione che si sta estendendo anche al Naviglio Pavese, sempre considerato di minor importanza, e finirà per coinvolgere anche via Gola; la movida, correlata a questa dinamica, alimenta lo stesso meccanismo dello spaccio.

In questo senso l’incuria del Comune, e in particolare di Aler, la società che gestisce queste case, nel mancato controllo di queste situazione di degrado, così come la tolleranza nei confronti della pesante situazione di spaccio, rispondano in realtà a logiche di mercato più complesse. Si vuole lasciare questi spazi all’abbandono, in modo da raggiungere situazioni parossistiche, per poi, con i mezzi dell’informazione, far luce tempestivamente per giustificare poi situazioni di sgomberi, e anche la privatizzazione delle palazzine.

Questo fenomeno di ‘sostituzione sociale’ e di espulsione dei residenti storici è il possibile scenario futuro, che impedirebbe un’importante occasione di socialità, di scambi, di laboratorio sociale, che via Gola offre alla città di Milano.

Così l’immagine che nel tempo si è imposta di questi edifici è quella di una fortezza, chiusa, un blocco omogeneo, non aggiornato, imposto su un paesaggio milanese dinamico.

L’idea progettuale è quella di una società fluida e dinamica che riscopre lo spazio. Quest’ultimo non cam- bia qualitativamente, ma rinasce con nuovi accenti.

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10 11 Per rispondere quindi alle problematiche emerse durante l’analisi del luogo, si è scelto di agire non massi-

vamente su tutta l’area (lavori consistenti avrebbero portato al decentramento degli abitanti in altre zone marginali, come già successo a Milano in altri casi analoghi), ma puntualmente, su diversi livelli.

L’agopuntura da una parte agisce con un’erosione diffusa, attraverso cavedi e camini di luce, per riscoprire gli spazi delle cantine e degli ex spazi comuni, che occupano tutto in piano seminterrato. Il progetto pre- vede infatti di utilizzare questi spazi ibridandoli, in parte come magazzini per gli orti, in parte utilizzando- li per le nuove attività.

La seconda parte del progetto riguarda gli alloggi. Questi sono prevalentemente di taglio piccolo, e varia- no intorno ai 30, 32 mq, grandezza appena sufficiente a garantire un monolocale, secondo il Regolamento Edilizio, che stabilisce la soglia dell’abitabilità a 28 mq. La cellula base, attraverso la quale si sviluppa il quartiere, sia in altezza che in orizzontale, è composta da 3 appartamenti distribuiti dal vano scala.

Attraverso lo studio di questo modulo, la distribuzione interna è stata variata, in modo da permettere un aggiornamento tecnologico (con l’inserimento ad esempio di ascensori). Inoltre la flessibilità è stata porta- ta su un livello più trasversale, inserendo tagli differenti di alloggi, dai 30 ai 60 mq, e spazi per uffici o altre attività.

Per ottenere una completa riassegnazione a tutte le famiglie di alloggi con dimensioni consoni al numero di abitanti, sono state pensati dei corpi aggiuntivi.

Ecco che accanto all’erosione sul basamento, si ha una densificazione puntuale con elementi a torre.

La costruzione di nuovi spazi e la bonifica delle cantine permetterà:

- la non espulsione degli abitanti, ma piuttosto l’inserimento di nuovi.

-di mantenere la destinazione a casa popolare, con canoni comparati in modo da evitare fenomeni quali la gentrificazione

-l’inserimento di nuove attività.

Le nuove attività (uffici, start up da massimo 100 mq, sharing studio, digital space, hacker space, cowor- king, hacklab, orti comuni) non solo potranno riattivare culturalmente il complesso, anche ma anche creare occasioni di mix sociale. L’alternanza sarà prevalentemente tra abitazioni (da controllare) e attività lavora- tive (agenti di controllo). Le funzioni saranno composte secondo uno schema compositivo stratigrafico:

un basamento di attività su cui si vanno a sovrapporre attività, alternate a residenze.

Infine si è lavorato sulla fattibilità del progetto, ipotizzando una linea temporale dei lavori. Il primo step vedrà infatti la costruzione di una delle due torri di completamento. I lavori potranno essere eseguiti senza lo spostamento degli abitanti. Una volta ultimati ci sarà una prima riassegnazione di alloggi, con conse- guente liberazione di una parte di una palazzina. Sarà questo il successivo oggetto dei lavori di riqualifica- zione. Così si potrà attivare un processo a catena riqualifica-riassegniazione- spostamento- riqualifica, che potrà coinvolgere tutto il quartiere, concentrando l’attenzione sui punti di maggior degrado.

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