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CAPITOLO 4 Il barbitos nelle Antesterie

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 4

Il barbitos nelle Antesterie

E’ ormai noto come Dioniso sia un dio collegato al “selvaggiο”, e quindi all’ eccesso. A caratterizzarlo è l’associazione al vino, il cui consumo, porta a diverse forme di trasgressione sociale.

Tal esperienza “trasgressiva” è prevista anche attraverso le celebrazioni sacre eseguite in suo onore. In particolare esistono delle festività che condensano, nel loro rituale, un insieme di trasgressioni sociali “ritualizzate”, per consentire la partecipazione alle donne, schiavi, bambini e persino ai morti.

Queste festività sono le Antesterie, comuni a tutti gli Ioni. Molto note quelle celebrate ad Atene, precisamente dall’ 11 al 13 del mese di Antesterione, corrispondente pressappoco ai nostri febbraio/marzo, considerato il primo mese di primavera e quindi connesso in qualche modo con la fioritura. Secondo H. W. Parke, infatti, vi è una curiosa miscela di cerimonie adatte ad un festival di vegetazione1.

C’è anche da dire che Dioniso, legato al mondo vegetale e più specificamente a quello della vite, si inserisce legittimamente in un contesto festivo dominato dalla ripresa vegetativa in genere, anche se

1

Parke 1977, p.119.

Si veda anche M.P. Nilsson, Greek popular religion, New York 1940, p.35 (Dioniso è collegato con la vegetazione e la fecondità in genere: nelle Antesterie figurerebbe come “dio della primavera”).

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non specificamente dalla comparsa dei fiori della vite. Queste festività sono quindi considerate la più antica festa in onore di Dioniso; il mito che a essa si lega è quello di un eterno ritorno che periodicamente inaugura un nuovo ciclo naturale e ne è protagonista “colui che dispensa la gioia a profusione”2

. E’ proprio in questo contesto che ritroviamo ancora una volta, l’oggetto della presente ricerca: il barbitos. La festa durava tre giorni, denominati Pithogia, Choes e Chytroi.

Nel primo giorno della festa, che si svolgeva nel santuario di Dioniso nelle Paludi (έν Λίμναις), aveva luogo l’apertura dei pithoi che contenevano il vino prodotto con l’uva raccolta durante l’ultimo autunno; con il vino spillato dalle botti venivano fatte libagioni a Dioniso e, successivamente, veniva offerto agli intervenuti. Anche gli schiavi erano ammessi a partecipare alla festa e a dividere con gli uomini liberi le bevande e le baldorie3.

Il secondo giorno, detto Choes, era caratterizzato da una gara consistente nel bere il più rapidamente possibile, il vino portato da casa e contenuto in una brocca, chous appunto, contenente ca. ¾ di litro. La gara era inaugurata dal suono di una tromba ed era presieduta, nel Thesmotetheion, dall’Arconte re4

. Il vincitore riceveva in premio un otre di vino ed era proclamato “Re del banchetto”5.

2 Guazzelli 1992, p.11 3 Pickard-Cambridge 1968, p.9 4 Crf. p.10 5 Plebe 1956, p. 55

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Anche i bambini di tre anni disponevano di piccole choes, dalle quali potevano bere del vino. Oltre a quella ufficiale, si svolgevano gare private, in cui ai vincitori venivano date in premio torte e ghirlande che poi venivano portate alla sacerdotessa del santuario di Dioniso nelle Paludi e ivi compivano libagioni con il vino6.

La sera tra il secondo e il terzo giorno si svolgeva la ierogamia tra Dioniso e la Basilinna, la moglie dell’arconte re, che si consumava nel Boukoleion (recinto del bue e sede appunto dell’arconte re)7.

Nel terzo giorno, detto Chytroi (“festa delle marmitte”) venivano messe a disposizione di Ermes Ctonio e delle anime dei defunti delle pentole in cui era stata cotta una zuppa di legumi e cereali, detta panspermia. Era questo un giorno di tristezza e di grande inquietudine psicologica, perchè la città sentiva gravare su di sé la minaccia di un’impurità, in quanto le anime di morti e i fantasmi (keres) vagavano liberamente tra i vivi, fino alla sera quando venivano invitati a tornare nell’aldilà8

.

L'iconografia dei vasi attici testimonia l'uso di diversi strumenti musicali durante la celebrazione delle Antesterie. Tra questi strumenti, stupisce trovare il barbitos nelle mani di ragazzi invece che di individui adulti, come era solito avvenire durante il simposio e il komos.

6 Pickard-Cambridge 1968, p.3 7 Elide 1979, p.389 8 Pickard-Cambridge 1968, p.7

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Lo dimostrano ad esempio il cratere a campana a f.r. del pittore della Phiale, su cui è raffigurato un giovane satiro che trasporta sulla spalla sinistra un klismos e nella mano destra un barbitos, accompagnato da una menade con tirso e kantharos (cfr. scheda n.26).

I due personaggi hanno gli attributi dionisiaci; la scena però, riporta al secondo giorno delle Antesterie in occasione del quale si portano da casa le sedie per il banchetto che si svolge all’aperto. Il fatto che il pittore abbia raffigurato un ragazzo satiro, conferma la presenza alla festa dei bambini e di come essi occupassero un ruolo importante. Gli stessi bambini, nei loro giochi, imitano il komos degli adulti; ed è per questo che portare il barbitos segna simbolicamente il passaggio al mondo degli adulti, motivo per il quale, il nostro piccolo satiro, è presentato come un “barbitistes”9

. Nella seguente immagine vascolare,

(Oinochoe a f.r. senza attribuzione, Atene, Museo Nazionale, CC 1282, cfr. Cerqueira 2011 p.159 fig.4)

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è rappresentato Dioniso ubriaco e barcollante che si appoggia ad un satiro che trasporta un barbitos, dinanzi a loro un ragazzino che guida questa “passeggiata” con una fiaccola verso il basso, quasi a denunciare la loro fatica. Anche in questo caso emerge lo scambio tra il mitico e l’umano. Dioniso, signore delle Anthesterie, appare come il prototipo del bevitore e il signore del komos.

Qui il pittore ha scelto di proposito il barbitos perché, a differenza della lyra, è questo lo strumento a corde per eccellenza del komos10.

Il barbitos, assieme alla lyra, all’aulos e al tympanon, risulta utilizzato dai più giovani, specialmente quelli che desiderano diventare efebi e poter partecipare quindi alle feste degli adulti. Su di una oinochoe a f.r. del pittore di Berlino del 490-480 (cfr. Comotti 1991, p.60 fig.5), sono rappresentati un giovane che suona il barbitos e un ragazzo con il petto in tensione e la bocca aperta nell’atto di cantare.

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Sembra una vera e propria rappresentazione di divertimento giovanile in cui vengono imitati gli adulti, soprattutto nel momento del komos che segue i festeggiamenti11.

Nelle maggior parte delle altre testimonianze vascolari notiamo invece come la lyra sia rappresentata comunemente nelle mani di ragazzini, mentre il barbitos è sempre presente nelle mani di efebi o adulti. Ciò testimonia come la lyra e l’aulos, siano strumenti legati alla paideia, e il barbitos, al mondo degli adulti. Di conseguenza il fatto di trovarlo nelle mani di individui molto giovani conferisce allo strumento un significato simbolico, allusivo del passaggio desiderato dalla sfera adolescenziale a quella adulta.

Poiché il barbitos non faceva parte dell’educazione musicale, è possibile che i giovani siano stati in grado di imparare a suonarlo in maniera autodidatta12. Una oinochoe (cfr. scheda n.27) a f.r. del pittore di Tarquinia, del gruppo di Pistòxenos, testimonia invece il momento della vittoria nella gara delle choes.

A reggere il barbitos è un giovane che, vinto il concorso e quindi ubriaco, avanza barcollante, accompagnato dal suo cane. In atteggiamento festoso strimpella il barbitos con la mano sinistra mentre nella destra regge una kylix. Di fronte a lui una Nike, simbolo della vittoria, vola volgendo la testa all’indietro e reggendo una oinochoe.

11

Comotti 1961, p.60

12

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In questo caso, il barbitos non è indicativo di una gara musicale, ma di un komos a cui, in via del tutto eccezionale, simbolica, partecipa il giovane bevitore, imitando così il mondo degli adulti13.

Nell’iconografia delle Anthesterie, quindi, viene espressa l’esperienza di trasgressione che va ad interferire con le regole sociali; anche la possibilità di assaggiare il vino nuovo concessa ai bambini di tre anni, è indicativa di un rituale iniziatico, finalizzato a integrarli progressivamente nella comunità dei polites.

Il barbitos, quindi nelle mani dei ragazzi, da strumento di accompagnamento al canto simposiale e da attributo dionisiaco, diventa segno di trasgressione, indicativo però del desiderio di passaggio alla classe d’età degli adulti.

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