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CAPITOLO 2

2.1 PEMFIGO FOLIACEO

Fin dalla prima diagnosi di pemfigo foliaceo nel 1977, numerose pubblicazioni successive hanno documentato un gran numero di casi, ed infatti esso viene definito come la forma più frequente di pemfigo ad insorgenza spontanea nel cane e nel gatto, e probabilmente la più comune delle malattie autoimmuni cutanee in entrambe queste specie. Nel cane, il pemfigo rappresenta circa l’1% di tutti i casi dermatologici (Scott et al., 2001; Noli et al., 2006).

Non ci sono predilezioni di sesso nello sviluppo del pemfigo foliaceo del cane e del gatto, mentre sembra esserci predisposizione di razza nel cane (Akita Inu, Chow Chow, Dobermann, Terranova, Collie, Bassotto, Shar-pei e Pastore

australiano) (Gonsalves-Hubers, 2005); nel gatto invece non si riconosce alcuna predisposizione di razza (Scott et al., 2001; Olivry, 2006). Nel cane la patologia può insorgere ad ogni età, ma la media è di 4 anni, ed il 65% dei soggetti

sviluppa la malattia entro il quinto anno d’età. Non ci sono invece dati certi per quanto riguarda il gatto (Scott et al., 2001).

Le lesioni in entrambe le specie sono simili. La lesione primaria può esordire come una macula che progredisce molto rapidamente alla fase pustolare (pustola del diametro da 1 a 10 mm), seguita dall’essiccamento della stessa e dalla formazione di estese aree di erosione con croste giallastre. Le croste a volte possono assumere una disposizione circolare e formare grandi collaretti, e sotto di esse la superficie è essudativa ed umida.

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Le pustole tipiche sono di grandi dimensioni, abbracciano più unità follicolari, con sviluppo di un’alopecia post infiammatoria.

Presenza di croste sul dorso di un cane con pemfigo foliaceo.

Croste giallastre sul dorso del naso di un gatto con pemfigo foliaceo.

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25 L'insorgenza di segni clinici può essere abbastanza rapida, con diffusione della patologia nel giro di 1 o 2 settimane, o insidiosa, nel giro di un mese. L'entità del prurito è variabile, ma è stato definito come moderato-grave in un numero importante di casi. Soprattutto quando l'esordio è acuto, l'animale può essere depresso, anoressico, ed ipertermico, a volte con linfadenomegalia associata, zoppia ed edemi (August et al., 1985), a seconda della localizzazione delle lesioni.

In entrambe le specie, testa, faccia e orecchie sono i siti prevalentemente

colpiti, in più dell'80% dei casi, con lesioni a localizzazione bilaterale simmetrica; in particolar modo sul dorso del naso, nelle aree perioculari e sulla faccia interna del padiglione auricolare (Scott et al., 2001; Ihrke et al., 1985).

Altre localizzazioni frequenti sono i cuscinetti plantari, con croste, ipercheratosi e possibili pustole, ed i genitali (scroto) (Scott et al., 2001; Ihrke et al., 1985).

Lesioni a localizzazione simmetrica sulla testa in un cane.

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26 A volte si osservano una forma generalizzata esfoliativa o una forma localizzata esclusivamente ai cuscinetti plantari (Ihrke et al., 1985).

Nel gatto generalmente non sono evidenti lesioni pustolari, più comunemente sono croste sierose o emorragiche a localizzazione focale. Si osservano spesso lesioni anche attorno ai capezzoli e nelle pliche ungueali, in cui si raccoglie un essudato caseoso di colore chiaro, citologicamente costituito da neutrofili e

Lesioni sui cuscinetti plantari in un gatto.

Pemfigo foliaceo localizzato ai cuscinetti plantari in un cane.

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27 cheratinociti acantolitici (Manning et al., 2006; Scott et al., 2001; Olivry et al., 2006), che spesso si comporta come una paronichia refrattaria. In corso di pemfigo foliaceo nel gatto, è riportata anche la presenza di un numero significativo di mastociti (Peterson et al., 2010).

Il prurito nel gatto può andare da debole a importante (circa nell’80% dei casi) e spesso gli animali appaiono deboli, letargici ed anoressici. Molti gatti hanno

Lesioni essudative peri-ungueali e sui cuscinetti plantari in un gatto con pemfigo foliaceo.

Lesioni crostose sui cuscinetti plantari di un gatto con pemfigo foliaceo.

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28 anche una piodermite concomitante, e la specie batterica isolata più

comunemente è Staphylococcus intermedius (Peterson et al., 2010). Le lesioni mucosali sono estremamente rare in entrambe le specie e la localizzazione mucocutanea non è caratteristica (Olivry, 2006). L'andamento della malattia è imprevedibile: in uno studio è stato osservato che nel cane il 60% delle lesioni localizzate generalizzavano entro 6 mesi, mentre nel restante 30% si mantenevano localizzate per un periodo di 1-3 anni (Ihrke et al., 1985).

2.2 PEMFIGO ERITEMATOSO

Il pemfigo eritematoso è ora considerata una variante localizzata e lieve del pemfigo foliaceo, riportata sia nel cane che nel gatto (Scott et al., 2001; Olivry, 2006; Bennet et al., 1985). Si distingue da quest’ultimo per la sua localizzazione in genere limitata alla faccia, al planum e alla canna nasale, e più raramente in poche altre zone del corpo. Per l’aspetto clinico e per la presenza, all’esame di immunofluorescenza diretta, di depositi di immunoglobuline sia in sede

intercellulare fra i cheratinociti (tipicamente associati al pemfigo foliaceo) che a banda, in corrispondenza della membrana basale, questa forma era considerata come una transizione tra il pemfigo foliaceo e il lupus eritematoso discoide, con caratteristiche comuni ad entrambi. Recentemente, si è messa molto in

discussione questa ipotesi, considerandolo un’entità separata piuttosto che una variante del pemfigo foliaceo (Olivry, 2006). Nell’insorgenza di questa malattia non sono state riportate predilezioni di sesso o di età. È possibile che le razze Pastore Scozzese e Pastore Tedesco siano predisposte (Scott et al., 2001). Le lesioni sono simili a quelle del pemfigo foliaceo, ma tendono ad essere

localizzate solo sul muso (Scott et al., 2001; Olivry 2006; Bennet et al., 1985). Oltre ad una dermatite pustolosa-crostosa localizzata alla canna nasale, in corso

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29 di pemfigo eritematoso si possono avere lesioni del planum nasale simili a

quelle osservate nel lupus eritematoso discoide, quali depigmentazione,

tumefazione, perdita della regolarità della superficie cutanea, erosioni e croste. Queste lesioni del planum nasale non sono presenti normalmente in corso di pemfigo foliaceo e ne permettono la differenziazione. Raramente possono essere coinvolte anche altre parti del corpo, quali ad esempio i genitali e i cuscinetti plantari (Scott et al., 2001). In genere non si tratta di una malattia aggressiva e con segni sistemici, né coinvolgimento mucosale, e si riesce a controllarla con le terapie immunosoppressive. Inoltre si ritiene che sia

esacerbata dall’esposizione alla luce solare, quindi la restrizione di questa e l’uso di creme solari può essere d’aiuto (Iwasaki et al., 1997; Rosenkrantz W., 2004).

Pemfigo eritematoso, sul dorso del naso in un cane. Negli strati basali dell’epidermide si

evidenziano cellule apoptotiche (frecce).

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30 2.3 DIAGNOSI DIFFERENZIALI ED ESAMI COLLATERALI PER IL PEMFIGO

FOLIACEO ED ERITEMATOSO NEL CANE E NEL GATTO

Quando i segni clinici tipici sono evidenti, è possibile emettere un sospetto di pemfigo foliaceo. Gli aspetti chiave sono quelli di una patologia pustolare che non si comporta come una piodermite stafilococcica, che è la principale diagnosi differenziale. Le piodermiti batteriche non iniziano a livello facciale e non

coinvolgono le orecchie, né causano lesioni crostose a livello dei cuscinetti. A parte la localizzazione clinica, per differenziare una piodermite da un pemfigo foliaceo si possono eseguire un esame citologico o istologico del contenuto della pustola: l’osservazione di numerosi cheratinociti acantolitici in un essudato neutrofilico in assenza di elementi batterici è diagnostico di pemfigo foliaceo, mentrel’osservazione di batteri intracellulari in granulociti neutrofili è

diagnostico di piodermite. Altre importanti diagnosi differenziali nel cane sono le malattie vescicolo-bollose che colpiscono la giunzione dermo-epidermica, il lupus eritematoso cutaneo nasale (per il pemfigo eritematoso), la dermatosi responsiva allo zinco, la dermatomiosite, il linfoma epiteliotropo, la necrosi metabolica dell’epidermide (eritema necrolitico migratorio o sindrome epatocutanea), la necrolisi tossica dell’epidermide, la (pio)demodicosi, la

leishmaniosi pustolosa e le malattie pustolose sterili. In tutte queste malattie si Pemfigo eritematoso sul tartufo di un cane.

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31 osservano pustole, collaretti epidermici, erosioni, esfoliazione e croste simili a quelle del pemfigo foliaceo. Per differenziare il pemfigo da queste patologie è necessario eseguire raschiati superficiali e profondi (per escludere le malattie parassitarie), un esame citologico (per la piodermite, il linfoma, la leishmaniosi) ed un esame istologico (utile in tutte le malattie precedentemente citate), esami emato-biochimici ed ecografici (per la necrolisi metabolica dell’epidermide) o esami sierologici (per la leishmaniosi). Anche la dermatofitosi può rappresentare una importante diagnosi differenziale nel cane, soprattutto se l'agente causale è

Tricophyton mentagrophytes, con lesioni esfoliative e crostose localizzate sul

muso e che possono mimare un pemfigo foliaceo clinicamente, citologicamente e anche istologicamente, con presenza di cheratinociti acantolitici nell’essudato e nelle croste (Parker et al., 1997; Kuhl et al., 1994). È consigliabile eseguire sempre un esame colturale per dermatofiti e richiedere colorazioni speciali delle sezioni istologiche per evidenziare eventuali elementi fungini.

Alcune forme di pemfigo foliaceo generalizzato nel cane, molto pruriginose e con pustole ricche di eosinofili, possono essere confuse con la rogna sarcoptica (Scott et al., 2001). In questi casi si consiglia di eseguire numerosi raschiati e, se negativi, di valutare la risposta alla terapia parassiticida. Le principali diagnosi

Alopecia, eritema e croste in un cane con T. mentagrophytes che mima il pemfigo foliaceo.

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32 differenziali nel gatto sono le malattie con coinvolgimento facciale, quali le

malattie allergiche, la rogna notoedrica, la malattia “della faccia sporca” (dirty

face disease) del gatto persiano, le malattie cutanee virali e le dermatofitosi. Le

modalità diagnostiche per differenziare queste forme sono le stesse già citate per il cane.

Per quanto riguarda gli esami collaterali, uno dei primi da eseguire è l’esame citologico, grazie al quale si possono osservare i cheratinociti acantolitici. Il prelievo va preferibilmente eseguito da pustole intatte, dopo averle aperte con un ago. In assenza di pustole intatte, si può eseguire l’apposizione di un vetrino sull’essudato presente sotto le croste, anche se questo potrebbe contenere batteri originati da un’infezione secondaria (se questi si localizzano all’interno dei neutrofili) o per semplice contaminazione (se a localizzazione extracellulare). Citologicamente, è possibile riconoscere alcuni elementi caratteristici, ovvero i cheratinociti acantolitici, che si presentano come cellule rotonde, piccole e spesso basofile, singole o a gruppi. Oltre a questi, nelle pustole sono presenti numerosi granulociti neutrofili ben segmentati e non degenerati e

occasionalmente granulociti eosinofili, più o meno numerosi a seconda dei casi.

Cheratinociti acantolitici (frecce) e neutrofili non degenerati in corso di pemfigo foliaceo.

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33 Nell’essudato di una piodermite, al contrario, si osservano neutrofili poco

segmentati, degenerati, con nuclei rigonfi, alcuni dei quali contenenti batteri. Poiché i neutrofili possono produrre enzimi proteolitici che causano il distacco dei cheratinociti, a volte si osservano cheratinociti acantolitici anche nel

materiale prelevato da una piodermite (Olivry et al., 2009; Kuhl et al., 1994). In questo caso però i cheratinociti liberi sono spesso singoli e non sempre rotondi e piccoli come quelli che si osservano nel pemfigo. L’esame istologico è

indispensabile per la conferma della diagnosi, che deve essere certa, data la terapia di natura immunosoppressiva, che spesso è necessaria per tutta la vita dell’animale. Le lesioni preferibili per il prelievo sono le pustole; in loro assenza si possono ottenere campioni utili anche dalle croste, avendo l’accortezza di raccogliere le più recenti e di includere grandi quantitativi di croste. In queste ultime, infatti, rimangono intrappolati moltissimi cheratinociti acantolitici.

All’esame istologico la presenza di pustole neutrofiliche contenenti cheratinociti acantolitici nell’epidermide o nell’infundibolo del follicolo pilifero è fortemente indicativa di pemfigo foliaceo (Kuhl et al., 1994; Werner et al., 1983).

Aspetto istologico di una pustola in corso di pemfigo foliaceo: presenza di

cheratinociti acantolitici all’interno della pustola nello strato granuloso

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34 In corso di pemfigo eritematoso, insieme alla presenza di pustole, con

cheratinociti acantolitici e neutrofili (a volte anche eosinofili) nello strato granuloso o in sede sub corneale, si può osservare un infiltrato dermico

superficiale a banda linfocellulare simile a quello del lupus eritematoso cutaneo (Scott et al., 2001; Olivry, 2006; Bennet et al., 1985).

I test di immunofluorescenza diretta ed indiretta, eseguiti comunemente per la diagnosi di pemfigo nell’uomo non vengono utilizzati di routine in medicina veterinaria. Come nell’uomo anche nel cane, l’immunofluorescenza diretta rivela la presenza di IgG che si legano alle membrane dei cheratinociti (Olivry et al., 2009; Werner et al., 1983) e con quella indiretta si evidenzia la presenza di IgG circolanti anti-cheratinociti (Honda et al.,2004), soprattutto della classe IgG4

(Olivry et al., 2009). L’immunofluorescenza è soggetta purtroppo a numerosi falsi negativi (spesso a causa della somministrazione di glucocorticoidi

precedente alla diagnosi) e di falsi positivi, poiché in molte altre malattie cutanee si possono osservare depositi di immunoglobuline fra le cellule epidermiche. Recentemente, si è osservato che i risultati variano molto a seconda del substrato utilizzato (Iwasaki et al., 1996). Mentre solo una parte di sieri danno risultati positivi utilizzando l’esofago di bovino, la maggior parte danno risultati positivi su tessuti canini, quali ad esempio il cuscinetto plantare (Olivry, 2006). Oggi sono a disposizione anche tecniche di immunoistochimica per l’identificazione sia degli antigeni del pemfigo, sia degli anticorpi

antidesmosomiali presenti negli spazi intercellulari dell’epidermide, che offrono il vantaggio di funzionare ottimamente anche su pezzi conservati in formalina e inclusi in paraffina (Miragliotta et al., 2005). Recentemente sono stati prodotti gli antigeni ricombinanti della Dsg 1 e della Dsg 3 del cane (Nishifuji et al.,2003; Nishifuji et al., 2009). Con questi sono stati allestiti alcuni test, tra cui un test ELISA per la diagnosi di pemfigo volgare e di pemfigo paraneoplastico, che

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35 permette di identificare anticorpi circolanti anti-Dsg 3 nel siero di cani (Nishifuji et al., 2009). È auspicabile che a seguito del recente riconoscimento della Dsc 1 come principale antigene del pemfigo foliaceo del cane, vengano prodotti dei test ELISA anche per la diagnosi di questa malattia. Non vi sono a tutt’oggi studi che abbiano determinato la natura degli antigeni nel gatto, né vi sono articoli che riportino un uso proficuo delle tecniche di immunofluorescenza diretta o indiretta per questa malattia in questa specie.

2.4 PEMFIGO VOLGARE

Il pemfigo volgare è considerata una patologia più grave del pemfigo foliaceo, ma più rara (Scott D., 1987). Non è riportata alcuna prevalenza di razza o sesso, e la malattia può iniziare ad ogni età, con sviluppo di segni clinici soprattutto in età adulta. L’insorgenza può essere graduale o improvvisa, e le lesioni sono inizialmente vescicolo-bollose, rapidamente progressive ad erosioni ed ulcere. Tipicamente la malattia si sviluppa a livello della cavità orale e delle giunzioni mucocutanee con lesioni orali che, nella maggioranza degli animali, sono già evidenti al momento della diagnosi.

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36 In alcuni casi, le lesioni possono successivamente espandersi per coinvolgere altre aree del rivestimento cutaneo, quali inguine, ascelle, fianco, giunzioni mucocutanee (labbra, narici, palpebre, genitali ed ano). I cuscinetti plantari possono essere coinvolti, così come il letto ungueale, con conseguente

onicomadesi (perdita dell’unghia), e questo a volte può essere l’unico sintomo d’esordio (Muller G.,2013). Sono stati riportati anche 2 casi di grave dermatite nasale, i quali hanno soddisfatto i criteri immunologici ed istopatologici tali per essere classificati come pemfigo volgare (Scott D., 1982). Il primo dei casi descritti presentava lesioni anche a livello di mucosa orale, scroto e piedi, mentre nel secondo le lesioni erano circoscritte alla regione nasale.

Le principali diagnosi differenziali del pemfigo volgare sono le malattie vescicolari sub-epidermiche, il pemfigoide bolloso e l’epidermolisi bollosa acquisita, nonché altre cause di formazione di ulcere orali (ad esempio malattie metaboliche quali insufficienza renale cronica).

Lesioni orali in un gatto con pemfigo volgare.

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37 È fondamentale approfondire l’anamnesi, ricercando eventuali condizioni

neoplastiche sottostanti che possano suggerire una diagnosi differenziale con il pemfigo paraneoplastico, ed indagare l’eventuale somministrazione di farmaci che possano aver indotto o scatenato la malattia. A causa della maggiore

profondità delle lesioni all’interno dell’epidermide, rispetto a quelle del pemfigo foliaceo, l’esame citologico è spesso non conclusivo, e si osservano raramente cellule acantolitiche. La diagnosi è confermata sulla base dell’ esame istologico, da cui emerge una spaccatura intraepidermica soprabasale.

L’immunofluorescenza diretta ed indiretta o l’immunoistochimica danno positività con maggiore probabilità (Muller G., 2013). Si può identificare la presenza di autoanticorpi contro Dsg3 e/o Dsg1 e di anticorpi antiplachina. Solitamente, il pemfigo volgare si manifesta come una malattia acuta e grave, e rende tassativa una terapia aggressiva con una combinazione di corticosteroidi e azatioprina, o clorambucile, così come una concomitante terapia antibiotica.

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38 2.5 PEMFIGO PARANEOPLASTICO

Il pemfigo paraneoplastico è una forma estremamente rara di pemfigo che è stata associata in un numero limitato di cani a timoma, linfoma timico e sarcoma splenico. In tutti i casi erano presenti ulcere estese nella cavità orale, a livello di giunzioni mucocutanee e cute, il cui interessamento si presentava negli ultimi 2 casi citati (Stannard et al., 1975; Lemmens et al., 1998; Elmore et al., 2005). Istologicamente, le lesioni cutanee sembrano essere una mescolanza di pemfigo volgare ed eritema multiforme (Rosenkrantz W., 2004).

Nell’uomo, sono stati riportati autoanticorpi sierici diretti contro numerosi antigeni cutanei (Dsg 3, antigeni del pemfigoide bolloso, desmoplachine,

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39 periplachine, envoplachine, placofillina-3) (Sklavounou et al.,1998; Hashimoto, 2001; Borradori et al., 1998; Bouloc et al., 2000; de Bruin et al., 1999; Huang et al., 2009; Lambert et al., 2010). Analogamente, anche nel pemfigo

paraneoplastico del cane, sono stati segnalati autoanticorpi contro

desmoplachine, envoplachine, periplachine e Dsg 3 (Nishifuji et al., 2009).

E’ stato descritto un unico caso nel gatto in un lavoro del 2013, nel quale però gli aspetti clinici della malattia erano differenti rispetto a quelli dell’uomo e del cane e gli antigeni coinvolti erano principalmente plachine. Nel gatto preso in esame, portato per massa mediastinica rivelatasi un timoma linfocitico

all’esame istologico, le lesioni cutanee erosive avevano una distribuzione non comune, localizzate soprattutto a livello della regione perineale e dell’addome ventrale. L’esame istologico delle lesioni cutanee era indicativo di pemfigo volgare con alcuni aspetti di eritema multiforme, ma la distribuzione delle lesioni e i rilievi ottenuti mediante l’immunofluorescenza indiretta indicavano una patogenesi molecolare diversa dal pemfigo volgare (Hill et al., 2013). Il pemfigo paraneoplastico ha una prognosi estremamente infausta, con l’eccezione di quello associato ai timomi, che invece ha prognosi migliore.

2.6 PEMFIGO VEGETANS

Il pemfigo vegetans è riportato nel cane, ma è considerato estremamente raro (Scott D., 1977; Scott D., 1983). Nel 1998, si credeva che i primi casi

rappresentassero in realtà una nuova forma, detta “pemfigo panepidermico pustolare”, anche se alcuni aspetti clinici differivano (Suter M., 1998). Non si rilevano predilezioni di età, razza o sesso. Il pemfigo vegetans è un disordine vescicolo-pustolare che evolve in proliferazioni verrucose e papillomatose, che

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40 trasudano liquido e sono ricoperte di pustole, solitamente senza coinvolgere la regione orale. Il segno di Nikolsky può essere presente (ovvero la facile

desquamazione dello strato più superficiale della pelle con comparsa di una bolla cutanea nel punto in cui viene esercitata digitopressione), mentre prurito e dolore sono variabili e i cani godono solitamente di un buon stato di salute generale. Si ritiene che il pemfigo vegetans rappresenti una forma

benigna o abortiva del pemfigo volgare in animali che presentano una maggiore resistenza alla malattia. Le diagnosi differenziali del pemfigo vegetans

includono: granulomi batterici e fungini e neoplasie cutanee (soprattutto

mastocitoma). La diagnosi definitiva si ottiene mediante anamnesi, esame fisico, citologia, biopsia, immunofluorescenza o immunoistochimica. Il pemfigo

vegetans si caratterizza istologicamente per un’iperplasia epidermica papillare, papillomatosi e microascessi intraepidermici che contengono prevalentemente eosinofili e cheratinociti acantolitici (Yager J.,1993; Scott D., 1977; Scott D., 1981)

2.7 PEMFIGO PANEPIDERMICO PUSTOLARE

In un report del 1991, sono stati descritti 16 casi di sospetto pemfigo vegetans (Mattise A., 1991), che successivamente, in realtà, avevano un pemfigo

eritematoso “profondo” oppure un pemfigo foliaceo. La diagnosi di pemfigo vegetans era basata sull’istopatologia a causa della presenza di pustole

nell’epidermide e negli infundiboli follicolari. Dunstan R. (1992) ha proposto il nome di pemfigo panepidermico pustolare. Clinicamente, predominano lesioni facciali, anche se la malattia può generalizzare, rappresentate da pustole la cui

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41 rottura lascia sotto una sottile crosta aderente. Uno dei casi del precedente

report, valutato immunopatologicamente, aveva anticorpi anti-Dsg 1,

analogamente al pemfigo foliaceo (Suter M., 1990). In base ai rilievi clinici ed ai limitati studi immunopatologici, non è possibile riuscire a distinguere in maniera caratterizzante questa entità.

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