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III. L'ANALISI STRATEGICA APPLICATA AGLI ENTI LOCALI

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III. L'ANALISI STRATEGICA APPLICATA AGLI ENTI LOCALI

Sommario: 3.1 Applicazione del concetto di strategia al management; 3.2 Analisi del pensiero

strategico; 3.3 Analisi esterna; 3.3.1 Analisi PEST; 3.3.2 Analisi delle 5 forze competitive di Porter; 3.4 Analisi interna; 3.4.1 Analisi delle risorse e delle competenze interne; 3.4.2 La catena del Valore; 3.4.3 Controlli interni; 3.5 Analisi Matriciale; 3.5.1 Analisi SWOT (Strengths, Weaknesses, Opportunities, Treaths); 3.5.2 Matrice Boston Consulting Group (BCG); 3.6 Analisi della strategia attualmente implementata; 3.7 Analisi della situazione competitiva; 3.8 Proposta di una nuova strategia.

III.1 La strategia e il management

Il concetto di “strategìa”, come evidenziato in molti libri letterari, ha origini militari derivando dal greco στρατηγία (lat. strategĭa) che sta a significare proprio «comando dell'esercito»27.

Uno dei primi autori che affrontò il tema della strategia fu il generale e filosofo cinese Sun Tzu (544 a.C. - 496 a.C.) nel suo trattato L'arte della Guerra, uno dei più importanti trattati militari di tutti i tempi. In tale opera, il generale afferma che:

«la strategia è il compito principale delle organizzazioni. In situazioni di

vita o di morte è il tao della sopravvivenza o dell'estinzione. Il suo studio non può essere accantonato»28.

Sun Tzu, secondo quanto riporta Simone Piperno, all'interno della rivista Caos Management29: «non descrive soltanto quello che riteneva il modo più

efficace di gestire le operazioni militari, ma esplora l'influenza della natura

27 http://www.treccani.it/vocabolario/strategia/

28 Robert M. Grant, L'analisi strategica per le decisioni aziendali. Il mulino, 2011.

29 Simone Piperno, Sun Tzu e l'arte della guerra, una metafora della competizione tra le aziende, Rivista Caos management; link: http://www.caosmanagement.it/n1/mana_art6.html

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umana nel modo di condurre e di organizzare le attività, cosi come il valore della conoscenza di sé stessi e del rivale».

Nella seconda metà del XX secolo, nasce il concetto di corporate strategy trattato per la prima volta da Kenneth Andrews, professore presso la Harvard Business School dal 1946. Nella sua opera The concept of corporate strategy del 1971, l'autore definisce la strategia aziendale come il modello attraverso il quale definire quelle politiche e azioni da intraprendere per il raggiungimento degli obiettivi preposti, quindi, lo strumento che permette all'azienda di definire i confini del proprio settore di appartenenza:

«Corporate strategy is the pattern of major objectives, purposes, or goals

and essential policies and plans for achieving those goals, stated in such a way as to define what business the company is in or is to be in and the

kind of company»30.

Sempre nel XX secolo, nel 1963 viene fondata a Boston una delle più grandi e rinomate società di consulenza strategica ad opera di Bruce Henderson, ossia, la Boston Consulting Group (di seguito BCG). Tale società è considerata tuttora, leader mondiale nella consulenza strategica di business, operando in tutto il mondo attraverso i suoi 81 uffici in 45 paesi.31 Secondo Henderson:

«La strategia è la ricerca costante e deliberata di un piano d'azione che porterà a sviluppare un vantaggio competitivo e quindi a rafforzarlo. Per alcune aziende questo è un processo interattivo, che prende inizio da un'attenta analisi della situazione di partenza (dove siamo, cosa abbiamo

in mano), e la presa di coscienza che i concorrenti più pericolosi sono quelli più simili a noi.

Le differenze tra noi e i nostri concorrenti sono le basi del nostro vantaggio, e ciò significa che se siamo un'azienda che si sostiene da sola

e se esistiamo ancora, dobbiamo avere da qualche parte un certo

30 Kenneth R. Andrews, The concept of corporate strategy, Down Jones-Irwin, Inc., 1971, p.28. 31 http://www.bcg.it

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vantaggio competitivo (magari anche limitato o vulnerabile)32.

Un concetto, quest'ultimo, che viene ripreso anche in un'altra opera, a cura di C.W. Stern e M.S. Deimler, all'interno della quale gli autori sottolineano che tale vantaggio competitivo si basa fondamentalmente su un elemento chiave, ossia, un'idonea ed efficace strategia di differenziazione nei confronti di tutte quelle organizzazioni attive nel medesimo settore.

«All competitors who persist over time must maintain a unique advantage by differentiation over all others. Managing that differentiation is the

essence of long-term business strategy.»33

Negli anni '90 Michael Porter, stimato autore e professore statunitense presso l'Harvard Business School e direttore dell'Institute for Strategy and

Competitiveness, trattò in modo approfondito il concetto di strategia

competitiva, definendola:

«il modo in cui un'azienda può effettivamente creare e sostenere un vantaggio competitivo nel proprio settore»34.

Il concetto di strategia, di differenziazione e di vantaggio competitivo si riallacciano nuovamente in quanto nessuna azienda può emergere ed ottenere dei risultati migliori, rispetto alle concorrenti, se non offre ai propri clienti una qualità del prodotto/servizio migliore o comunque qualcosa di diverso che attragga un numero maggiore di clienti, distogliendoli dall'acquisto del prodotto/servizio presso un'altra azienda.

In sintesi, è possibile considerare la strategia come l'insieme di azioni, analizzate e pianificate che permettono non solo di difendersi dalla concorrenza, ma, soprattutto, di ottenere una posizione migliore all'interno del proprio settore,

32 Bruce D. Henderson, The Origin of Strategy,, in «Harward Business Review», novembre-dicembre,1989; trad. it. Le Origini della Strategia, in «Harward Espansione», 47, giugno, 1990, p.68. 33 The Boston Consulting Group on Strategy: Classic Concepts and New Perspective, 2012, edited by

Carl W. Stern and Michael S. Deimler.

34 Eugenio Caruso, Gestire l'impresa del 2000. Gli strumenti per la strategia competitiva, pag:123. Franco Angeli, 1999.

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ossia una più ampia quota di mercato, un miglioramento continuo dei risultati finali conseguiti, ed una migliore soddisfazione della propria clientela.

Il professore Bianchi Martini, docente ordinario presso il dipartimento di Economia dell'Università di Pisa, descrive l'analisi strategica come quello strumento, adoperabile in qualsiasi azienda, che permette un'attenta disamina non solo di tutti gli elementi interni della stessa, quali risorse tangibili (finanziarie, fisiche, tecnologiche), risorse intangibili (know how, capacità specifiche), obiettivi, valori e mission, ma anche degli elementi esterni come l'ambiente in cui essa opera e i soggetti con cui si relaziona.

«L'analisi strategica deve necessariamente guardare a ciò che l'azienda è: le risorse di cui si compone, le operazioni e i processi che danno

contenuto alla gestione, le relazioni con gli interlocutori.»35

Quelli appena elencati sono tutti concetti che, non solo sono applicabili a tutte le aziende ed organizzazioni private, ma si adattano perfettamente anche al settore della Pubblica Amministrazione e quindi all'amministrazione degli Enti Locali. Con riferimento a quest'ultimo caso, infatti, è possibile considerare la strategia come: «una serie di scelte destinate ad influenzare in via sistematica,

secondo una logica di lungo periodo, l'orientamento di una determinata area urbana, in termini di percorsi di sviluppo dell'amministrazione, in coerenza con il variegato sistema di vincoli e di opportunità che il tessuto locale potrà sostenere in un percorso prospettico.»36

Questo è il principio che sta alla base del provvedimento normativo previsto dall'allegato 4.1 del D.Lgs n.118/2011, secondo il quale, come visto nel precedente capitolo, per elaborare la SeS del DUP è necessario sviluppare un'analisi strategica il cui obiettivo è quello di analizzare le condizioni esterne ed interne dell'ente locale.

Sempre Mazzara, all'interno del proprio libro, considera la strategia di

35 Bianchi Martini, Introduzione all'analisi strategica dell'azienda, Giappichelli Editore, 2009, p.2. 36 Luca Mazzara, Il paino srategico nell'ente locale, II edizione, – IPSOA – Anno 2009, p5.

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un'amministrazione pubblica in una dimensione di tipo multivariabile, inserendo il cosiddetto triangolo strategico da cui emergono tre elementi fondamentali:

La mission, la legittimazione sociale e consenso politico, e la sostenibilità

operativa e finanziaria sono le tre variabili chiave che devono essere considerate

simultaneamente per definire la linea di azione e quindi la strategia da implementare.

La mission di un'amministrazione pubblica definisce quali sono gli

obiettivi a medio-lungo periodo, tenendo in considerazione le esigenze mutevoli della propria cittadinanza, offrendo quindi loro beni e servizi di alta qualità ad un costo accessibile;

la legittimazione sociale e consenso politico sono fondamentali affinché

si abbia l'effettiva approvazione degli obiettivi stabiliti da parte sia della cittadinanza sia delle varie forze politiche; con ciò è possibile ottenere la certezza che la direzione intrapresa dall'ente locale è quella giusta;

• la sostenibilità operativa e finanziaria, necessaria affinché

l'amministrazione pubblica possa disporre, per l'intero mandato elettorale, di risorse umane, finanziarie e strumentali che permetteranno il reale raggiungimento degli obiettivi prefissati.

III.2 L'analisi strategica secondo il D.Lgs n.118/2011

Come specificato nel paragrafo II.3.2 del capitolo precedente, con il nuovo art. 17037 del TUEL viene imposto agli Enti Locali l'elaborazione, a partire dall'esercizio finanziario 2016, del Documento Unico di Programmazione. Un documento che ha carattere generale e che costituisce, attraverso le due apposite sezioni, la SeS e la SeO, la guida strategica ed operativa dell'ente.

Il Principio contabile applicato concernente la programmazione di Bilancio, contenuto nell'allegato n.4/1 al D.Lgs n.118/2011, al punto 8.1 dispone

37 Articolo introdotto dall'articolo 74 del D.Lgs. n.118/2011, ad opera del comma 1, lettera aa) del D.Lgs. n.126/2014

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il contenuto e la struttura di tale sezione.

La Sezione Strategica (SeS) individua, in coerenza con il quadro normativo di riferimento e con gli obiettivi generali di finanza pubblica, le principali scelte che caratterizzano il programma dell'amministrazione da realizzare nel corso del mandato amministrativo e che possono avere un impatto di medio e lungo periodo, le politiche di mandato che l'ente vuole sviluppare nel raggiungimento delle proprie finalità istituzionali e nel governo delle proprie funzioni fondamentali e gli indirizzi generali di programmazione riferiti al periodo di mandato. Sono, inoltre, indicati gli strumenti attraverso i quali l'ente locale intende rendicontare il proprio operato nel corso del mandato in maniera sistematica e trasparente, per informare i cittadini del livello di realizzazione dei programmi, di raggiungimento degli obiettivi e delle collegate aree di responsabilità politica o amministrativa.

Nel primo anno di mandato amministrativo, individuati gli indirizzi strategici, sono definiti, per ogni missione di bilancio, gli obiettivi strategici da perseguire entro la fine del mandato. Per ognuno di tali obiettivi strategici è individuato anche il contributo che il gruppo amministrazione pubblica può e deve fornire per il suo conseguimento. L'individuazione degli obiettivi strategici consegue a un processo conoscitivo di analisi strategica delle condizioni esterne dell'ente e di quelle interne, sia in termini attuali che prospettici e alla definizione di indirizzi generali di natura strategica.

III.2.1 Analisi esterna

Per quanto riguarda le condizioni esterne, è previsto l'approfondimento almeno dei seguenti profili:

1. Gli obiettivi individuati dal Governo per il periodo considerato, anche alla luce degli indirizzi e delle scelte contenute nei documenti di programmazione comunitari e nazionali;

2. La valutazione corrente e prospettiva della situazione socio-economica del territorio di riferimento e della domanda di servizi pubblici locali anche in

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considerazione dei risultati e delle prospettive future di sviluppo socio-economico;

3. I parametri economici essenziali utilizzati per identificare, a legislazione vigente, l'evoluzione dei flussi finanziari ed economici dell'ente e dei propri enti strumentali, segnalando le differenze rispetto ai parametri considerati nella Decisione di Economia e Finanza (DEF).

III.2.2 Analisi interna

Con riferimento, invece, alle condizioni interne dell'ente, sarà oggetto di analisi, almeno, l'approfondimento dei seguenti aspetti e la definizione dei principali contenuti della programmazione strategica dei relativi indirizzi generali con riferimento al periodo di mandato:

1. Organizzazione e modalità di gestione dei servizi pubblici locali, tenuto conto dei fabbisogni e dei costi standard. Saranno definiti gli indirizzi generali sul ruolo degli organismi ed enti strumentali e società controllate e partecipate con riferimento anche alla loro situazione economica e finanziaria, agli obiettivi di servizio e gestionali che devono perseguire e alle procedure di controllo di competenza dell'ente.

2. Indirizzi generali di natura strategica relativi alle risorse e agli impieghi e sostenibilità economico finanziaria attuale e prospettica. A tal fine, devono essere oggetto di specifico approfondimento almeno i seguenti aspetti, relativamente ai quali saranno definiti gli indirizzi generali con riferimento al periodo di mandato:

• gli investimenti e la realizzazione delle opere pubbliche con

identificazione del fabbisogno in termini di spesa di investimento e dei riflessi per quanto riguarda la spesa corrente per ciascuno degli anni dell'arco temporale di riferimento della SeS;

• i programmi ed i progetti di investimento in corso di esecuzione e non

ancora conclusi;

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• la spesa corrente con specifico riferimento alla gestione delle funzioni

fondamentali, anche con riferimento alla qualità dei servizi resi e agli obiettivi di servizio;

• l'analisi delle necessità finanziarie e strutturali per l'espletamento dei

programmi compresi nelle varie missioni;

• la gestione del patrimonio;

• il reperimento e l'impiego di risorse straordinarie e in conto capitale; • l'indebitamento, con analisi della relativa sostenibilità e andamento

tendenziale nel periodo di mandato;

• gli equilibri della situazione corrente e generali del bilancio ed i

relativi equilibri in termini di cassa.

3. Disponibilità e gestione delle risorse umane, con riferimento alla struttura organizzativa dell'ente in tutte le sue articolazioni e alla sua evoluzione nel tempo anche in termini di spesa.

4. Coerenza e compatibilità, presente e futura, con le disposizioni del patto di stabilità interno e con i vincoli di finanza pubblica.

III.3 Ulteriori strumenti di analisi strategica non previsti dall'ordinamento

Quella delineata nel precedente paragrafo è sicuramente un'analisi strategica che riesce ad approfondire moltissimi degli elementi che entrano in gioco nella scelta dei principali obiettivi strategici.

Ciò che ci si propone con il presente elaborato è valutare la compatibilità e la possibile utilità di particolari tecniche e strumenti di analisi strategica, provenienti dal mondo aziendalistico e applicarli, se ed ove possibile, al Comune. Prima di esaminare ciò è necessaria una premessa, che poi nel corso del paragrafo verrà sviluppata e approfondita, ossia, quella di provare a pensare al Comune non solo come Ente Locale Territoriale, ma come una particolare azienda, con i propri clienti (es: l'intera popolazione che risiede, lavora, vive,

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studia nel territorio di sua competenza), la propria concorrenza (es: i comuni limitrofi o quelli verso cui il tasso migratorio è in crescita) etc.

Nella letteratura degli ultimi anni, diversi sono i riferimenti che menzionano il cosiddetto processo di aziendalizzazione degli enti pubblici, il quale "prende avvio dalla considerazione che questi utlimi possono considerarsi, pur nelle loro innegabili peculiarità legate alla natura pubblica del soggetto economico, quali aziende composte che svolgono, in quanto tali, processi economici di produzione e consumo"38. Ciò, ovviamente, senza mai paragonare il modello di gestione nel suo complesso, quindi le norme che ne regolano il funzionamento, la natura degli obiettivi che possono essere definiti, e tante altre condizioni a quelle di una vera e propra azienda privata.

Riprendendo l'idea di Bruce Henderson, secondo cui il processo che porta alla definizione di una determinata strategia per un'azienda è "un percorso

interattivo che prende inizio da un'attenta analisi della situazione di partenza",

ossia, chi siamo, dove siamo, cosa abbiamo in mano, può risultare opportuno considerare come elementi principali da esaminare all'avvio di un'analisi strategica i seguenti punti, che costituiscono il cosiddetto pensiero strategico:

la visione: chi o cosa vogliamo diventare e per quale motivo?la missione: chi, cosa stiamo facendo e per quale motivo?

la strategia base: come ci stiamo muovendo per raggiungere gli obiettivi

stabiliti?

Se nel momento in cui si avvia il processo di analisi tali elementi non risultano specificati in nessun documento ufficiale, può risultare utile definirli attraverso un percorso ciclico e ben strutturato costituito da tre fasi logico sequenziali, (fig.3.1):

38 Imperiale Francesca, Processi di valorizzazione del patrimonio e sviluppo aziendale, Cacucci Editore, S.a.S., 2007, p. 61.

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Figura 3.1 Fasi per la definizione degli elementi base di un'analisi strategica.

III.3.1 Analisi esterna

Una volta definiti tali elementi, anche secondo quanto prevede la letteratura aziendale, in tema di analisi strategica, il passo successivo consiste nell'esaminare l'ambiente esterno. Nel caso specifico, si farà riferimento allo scenario ed i soggetti che dall'esterno influenzano in modi diversi l'agire dell'Ente Una volta terminato il processo di analisi del pensiero strategico, quindi della visione, della missione e della strategia di base, molti riferimenti in letteratura suggeriscono, come fase successiva, l'analisi dell'ambiente esterno, prevista del resto anche dal Decreto n.118/2011. Si tratta di un'analisi di fondamentale importanza in quanto da lì provengono molte delle risorse finanziarie, tecnologiche e umane potenzialmente disponibili, le principali problematiche sociali da risolvere, ed tanti altri elementi che verranno presi in considerazione nei prossimi capitoli.

A tal proposito, molteplici sono gli strumenti e le tecniche utilizzabili, ma in questa sede ne verranno proposte due in particolare:

III.3.1.1 L'Analisi PEST

L'analisi PEST, chiamata così per le quattro variabili che vengono prese in considerazione, ossia quelle Politiche, Economiche, Sociali e Tecnologiche, è una della tecniche più utilizzate per monitorare l'ambiente esterno di

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un'organizzazione. Le variabili Economiche e Sociali sono previste anche dal Decreto n.118/2011, quindi ci si sofferma, in questo caso, ad approfondire e suggerire come integrazione, le due variabili, quella Politica e quella Tecnologica. In questo modo è possibile individuare, tutti quegli elementi ulteriori del macro-scenario, che possono, positivamente o negativamente, influenzare l'attività amministrativa del comune, quindi fornire un supporto al management pubblico nel processo decisionale e nella formazione e valutazione delle decisioni strategiche ed operative.

• Variabili politico-istituzionali e legali: influenzano fortemente il settore

e l'ambiente di appartenenza, regolandone principalmente il funzionamento. Si tratta di variabili quali la politica economica, il diritto tributario, il diritto del lavoro, il diritto societario, il consenso politico, la stabilità del governo, etc.

• Variabili tecnologiche: come le attività di ricerca e sviluppo, il livello

di automazione delle imprese e della pubblica amministrazione, il tasso di cambiamento tecnologico, la diffusione dell'innovazione e delle nuove tecnologie.39

Si riporta, nella figura 2.2, uno schema riassuntivo all'interno del quale vengono riportate alcune di tali variabili raggruppate per ognuna delle categorie sopracitate40:

Figura 3.2 Variabili interne all'analisi PEST

39 Massimiliano Bresciano, Paola Paniccia, Modelli e tecniche di management applicati all'impresa

turistica, G. Giappichelli Editore – Torino, 2014.

40 Massimiliano Basciano e Paola Paniccia, Modelli e tecniche di management applicati all'impresa

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III.3.1.2 L'analisi delle cinque forze competitive

Tale analisi, conosciuta anche come modello della concorrenza allargata è stata sviluppata da Porter41 nel 1982. Prima di tutto, per riuscire a comprendere

la reale utilità che un'analisi del genere possa avere per un Ente locale come il Comune, occorre, come premesso al principio del paragrafo, provare a considerare, sotto certi aspetti, il Comune come un'azienda. Tale analisi, applicata, infatti, intensamente nel contesto aziendale, individua cinque fattori che influenzano fortemente la redditività e la concorrenza del settore sotto esame:

Figura 3.3 Le 5 forze di Porter

a) Gli entranti potenziali, in un contesto come quello degli enti locali territoriali, potrebbero consistere in nuovi comuni, nati ad esempio dall'unione di piccoli paesini limitrofi che, vista l'elevata redditività dell'economia locale e/o la scarsa qualità dei servizi offerti dall'Ente oggetto di analisi, vedano la luce con la volontà di offrire i medesimi servizi con una qualità maggiore e usufruire di quella redditività proveniente dall'economia locale.

41 Michael Porter: professore statunitense presso l'Harvard Business School e direttore dell'Institute for

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b) I concorrenti diretti, potrebbero essere ad esempio i comuni limitrofi già esistenti che riescono, basandosi sui risultati di specifiche analisi, ad offrire servizi migliori, una qualità di vita/lavoro più elevata, etc.

c) I prodotti/servizi sostitutivi agiscono in un'ottica aziendale, da un lato, sulla elasticità della domanda di un prodotto o servizio, dall'altro, sulla sensibilità dei consumatori al relativo prezzo. Maggiore è la presenza di prodotti sostitutivi (domanda elastica), maggiore sarà la possibilità di scelta (guidata verosimilmente dal prezzo più basso) incrementando così la concorrenza tra gli enti operanti nel settore. Viceversa, una minore presenza o assenza di prodotti sostitutivi (domanda anelastica) genererà un'indifferenza al prezzo da parte dei consumatori pressoché totale, quindi una concorrenza limitata o nulla. Un esempio: il costo d'acquisto di una casa o di un appezzamento di terreno, più elevato in una città piuttosto che in quella limitrofa.

d) I clienti, considerandoli nel numero e nelle loro caratteristiche e qualità, possono rappresentare, in parte, l'immagine dell'ente. Nel caso in esame possono coincidere con l'intera popolazione residente nel territorio di competenza del Comune, o coloro che non sono residenti ma che in esso vivano e/o lavorino che, attraverso il pagamento delle varie imposte locali, il pagamento delle tariffe per la fruizione dei servizi pubblici erogati dal Comune stesso, costituiscono fonte diretta di risorse finanziarie.

e) I fornitori sono la quinta forza competitiva secondo il modello di Porter. Esercitano anche loro una forte pressione competitiva sull'Ente, essendo i produttori di tutte quelle risorse (di input) che entrano nel processo produttivo dei servizi.

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III.3.2 Analisi interna

Una volta analizzato l'ambiente esterno in cui opera l'Ente, si propone un ulteriore processo di analisi interna, andando ad integrare i contenuti del D.Lgs. n.118/2011. Ci si propone, infatti, di approfondire, in un primo momento, l'analisi delle competenze interne, continuando con l'analisi della catena del valore e dei controlli interni.

III.3.2.1 Analisi delle competenze interne

Le risorse e le competenze interne, sin dagli anni '80 e '90, con il crescente sviluppo tecnologico, col rapido mutamento dello scenario competitivo ed a causa di altri fattori macroeconomici sono considerate due elementi fondamentali per elaborare non solo l'identità di un'impresa, di un organizzazione o di un ente, ma anche la sua strategia.

Qualsiasi Comune, infatti, sotto certi aspetti, potrebbe essere considerato come un insieme eterogeneo di risorse e di competenze che rappresentano la base per la realizzazione di un vantaggio competitivo e per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti. Tanto più rapido è il mutamento dell’ambiente esterno, tanto più le risorse e le competenze interne devono essere in grado di sostenere una strategia di lungo periodo (Grant, 1994).

«La strategia ha il compito di allineare le risorse e le competenze dell'impresa con le opportunità che si sviluppano nell'ambiente esterno»42

Anche secondo la cosiddetta Resource Based Theory (Wernefelt, 1984), la disponibilità di risorse interne, considerate sia in ottica quantitativa che qualitativa, insieme alle competenze distintive, quindi la struttura organizzativa e la struttura dei costi, vengono considerati fondamentali per l'acquisizione e il mantenimento di un vantaggio competitivo sostenibile43.

42 Robert M. Grant, L'analisi strategica per le decisioni aziendali, Il Mulino, 2006, pag 155.

43 Salvatore Ferri in Governo strategico dell'azienda, M. Galeotti e S. Garzella (a cura di), G.Giappichelli Editore, 2013, p.171.

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Nel 1957, Selznick44 propone, per la prima volta, il concetto di

“competenze distintive”, non considerandole esclusivamente in relazione al risultato di un'organizzazione in funzione del proprio scopo o programma, ma più che altro nella capacità in cui l'organizzazione si adatta e si muove per il raggiungimento dei propri obiettivi. Successivamente, Andrews45, nel 1971, le definisce come qualcosa che un'impresa riesce a fare particolarmente bene, mentre negli anni '90 Prahalad e Hamel46 (1990) le considerano come quelle capacità interne all'azienda, difficilmente imitabili e valutabili, che risultano essenziali per il raggiungimento delle performance, aggiungendo anche che le organizzazioni dovrebbero essere viste più come un portafoglio di competenze piuttosto che un portafoglio di attività.

In una pubblicazione del 1993, Prahalad definì, inoltre, la competenza come il prodotto fra tre elementi fondamentali e di eguale importanza:

Competencies = (Techonoly * Governance * Collective Learning)47.

In tal modo, le “core competencies” consistono in quell'apprendimento collettivo, presente all'interno dell'organizzazione, attraverso cui coordinare le diverse abilità produttive ed utilizzare tutta la tecnologia disponibile.

Nella recente letteratura, si trova anche un'altra classificazione delle capacità distintive, effettuata in base alla rilevanza strategica e che mette in evidenza tre tipi di competenze48:

‐ Capacità funzionali: attraverso le quali vengono portate avanti tutte le attività funzionali dell'impresa;

‐ Capacità organizzative: si esplicitano nelle capacità di coordinamento e di

44 P. Selznick, Leadership in Administration: A Sociological Interpretation, New York,Harper& Row, 1957, pagine 42-55.

45 Andrews K.R., The concept of corporate strategy, Richard D. Irwin Homewood, 1971, p. 46.

46 C. K. Prahalad & G.Hamel, The core competence of the Corporation, 1990: «Organizations should be

seen as a portfolio of competencies instead of a portfolio of businesses and core competencies are defined as complex bundles of resources and capabilities which add value to the customer and are difficult to emulate and evaluate»

47 Anders Drejer, Strategic Management and Core Comptetencies: Theory and Application, Greenwood Publishing Group, 2002, pag 77.

48 F. Schiavone, Conoscenza, Imprenditorialità, Reti. Valore e innovazione nei distretti industriali, CEDAM, 2008, Padova.

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integrazione;

Capacità di apprendimento: tale tipo di capacità è scindibile in due

sotto-categorie:

capacità di apprendimento individuale: fa riferimento alla capacità di

assimilazione di conoscenze già esistenti da parte dei singoli individui;

capacità di apprendimento dell'impresa: presuppone la presenza di

capacità individuali e dell'organizzazione, quindi non si tratta della semplice sommatoria delle capacità individuali in quanto influenzata anche dai legami tra le stesse;

‐ Capacità di riconfigurazione: consentono di affrontare con successo l'esigenza di cambiamento.

Tali categorie assumono determinata rilevanza a seconda dell'ambiente competitivo: se l'ambiente esterno risulta statico, allora è sufficiente l'utilizzo delle capacità funzionali ed organizzative, se, invece, l'ambiente esterno è particolarmente dinamico allora è indispensabile l'utilizzo delle quattro categorie di capacità appena descritte.

III.3.2.2 La catena del valore

Si tratta di un modello proposto da Porter nel 1985 nella sua opera “Competitive advantage: creating and sustaining superior performance”, la quale classifica le attività dell'impresa secondo un determinato percorso sequenziale. In questo tipo di analisi, le attività d'impresa vengono raggruppate, come mostrato nella seguente figura, in due macro-categorie, ossia:

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le attività primarie: comprendono tutte quelle attività e processi di

trasformazione degli input in output (prodotti e servizi), da cui nasce anche una relazione diretta con il cliente. Cinque sono le attività primarie individuate da Porter, ognuna delle quali potrebbe essere ulteriormente scissa in altre attività più semplici:

le attività di supporto: raggruppano le attività che prese singolarmente

non contribuiscono direttamente alla creazione del prodotto o servizio dell'azienda, ma sono necessarie perchè questi ultimi siano realizzati.

III.3.2.3 Controlli interni

Accedendo al sito internet della Camera dei deputati, si legge, all'interno della parte relativa ai “documenti”, quindi ai “Temi dell'attività Parlamentare”49, che: “Il sistema dei controlli degli enti locali si fonda sul principio

dell'equiordinazione costituzionale di tali enti con gli altri livelli di governo. Tale principio fa sì che l'ente abbia capacità di verifica e giudizio interno della propria attività”. Scorrendo tra le righe di tale pagina web si legge, inoltre, che al

riconoscimento costituzionale dell'autonomia degli enti locali fa seguito una diminuzione dei controlli esterni attraverso l'eliminazione dei controlli preventivi di legittimità50 e con il ridimensionamento dei compiti della Corte dei conti, la

49 http://www.camera.it/leg17/465?

area=19&tema=799&Controlli+interni+ed+esterni+sulle+regioni+e+sugli+enti+locali

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quale conserva determinate funzioni di controllore esterno attraverso un rapporto collaborativo.

I controlli interni agli enti locali, come accennato nel primo capitolo di questo elaborato, vengono regolati da due testi normativi principali:

• il D.lgs. 286/1999, art.1;

• il TUEL, artt. 147, 147 bis, 147 ter, 147 quater e 147 quinquies.

Si riporta, di seguito, una tabella che comprende i principali controlli interni contenuti in tali disposizioni.

Tabella 3.1 I principali controlli interni in una pubblica amministrazione

AMBITODI OSSERVAZIONE

METODI

APPLICATI FINALITÀ OUTPUT

ORGANIE AZIONI PRESUPPO STI CONTROLLO DI REGOLARITÀ AE CONTABILE Le determinazioni di impegno di spesa, i contratti e gli altri atti amministrativi Selezione casuale effettuata con motivate tecniche di campionament o Legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amm.va Pareri di responsabili tà tecnica e contabile; verifica atti amministrat ivi Fase preventiva: (ogni responsabile) parere di responsabilità tecnica attestante la regolarità e la correttezza dell'azione amm.va. (resp.le finanziario) parere di regolarità contabile e visto attestante la copertura finanziaria. Fase successiva: (segretario) verifica degli atti amm.vi con tecniche di campionamento Definizio ne di un sistema a campione per il controllo successiv o

CONTROLLO Piani, Piano Ottimizzare Migliore La struttura Sistema

è stata eliminata dall'art.9 della Legge Costituzionale 18 Ottobre 2001, n. 3 – Modifiche al titoloV della parte seconda della Costituzione. Tale articolo prevede, infatti, l'abrogazione degli artt. 115 e 124, il primo comma dell'art. 125 e gli artt. 128, 129 e 130. Dall'eliminazione dell'art. 130 ne derviva, quindi, che il controllo preventivo di legittimità, necessario od eventuale, disciplinato dal D. Lgd. 267/2000, non può più essere esercitato.

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DIGESTIONE programmi e strumenti di attuazione dell'indirizzo politico dettagliato di obiettivi; rilevazione dei dati relativi ai costi ed ai proventi, rilevazione dei risultati raggiunti; valutazione dei dati predetti in rapporto al piano degli obiettivi al fine di verificare il loro stati di attuazione e di misurare l'efficacia, l'efficienza ed il grado di economicità dell'azione intrapresa il rapporto tra obiettivi e azioni realizzate, nonché tra risorse impiegate e risultati efficacia, efficienza, economicit à dell'azione amm.va operativa alla quale è assegnata la funzione del controllo di gestione fornisce la conclusione del predetto controllo, oltre che agli amministratori ed ai responsabili dei servizi ai sensi di quanto previsto dall'articolo 198, anche alla Corte dei conti. (Art. 198-bis) informativ o sul ciclo di gestione della performan ce VALUTAZION EDEI DIRIGENTI Prestazioni e comportam enti organizzati vi VALUTAZION EE CONTROLLO STRATEGICO Scelte compiute nell'attuazione dei piani, dei programmi e degli indirizzi Modalità da definire con il regolamento di contabilità dell'ente in base a quanto stabilito dallo statuto. Verifica lo stato di attuazione dei programmi secondo le linee approvate dal Consiglio Rapporti periodici da sottoporre all'organo esecutivo e al Consiglio per la successiva predisposizi one di deliberazio ni consiliari di ricognizion e dei programmi Organo individuato dall'ente, posto sotto la direzione del direttore generale, laddove previsto, o dal segretario comunale negli enti in cui non è prevista la figura del direttore generale Sistema informativ o sulla performan ce organizzat iva e il ciclo di gestione CONTROLLO DEGLI EQUILIBRI FINANZIARI Gestione di competenza, gestione dei residui e gestione di cassa Metodologie disciplinate nel regolamento di contabilità dell'ente ed è svolto nel rispetto delle disposizioni dell'ordinament Garantire il rispetto degli equilibri finanziari Report periodici e relazioni ad uso sia interno che esterno Organo scelto dall'ente operante sotto la direzione e il coord.to del responsabile del servizio finanziario, mediante la Tracciabil ità dei flussi finanziari

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o finanziario e contabile degli enti locali e delle norme che regolano il concorso degli enti locali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica e delle norme di attuazione dell'art. 81 della Costituzione vigilanza dell'organo di revisione e il coinvolgimento attivo dell'organo di governo, del direttore generale, ove previsto, del segretario e dei responsabili dei servizi, secondo le rispettive responsabilità CONTROLLO SULLE SOCIETÀ PARTECIPATE NONQUOTATE Osservazione e valutazione dell'efficacia, dell'efficienza e dell'economici tà degli organismi gestionali esterni Monitoraggio periodico sull'andamento delle società in questione, analisi degli scostamenti rispetto agli obiettivi assegnati ed individuazione delle azioni correttive Garantire il rispetto degli equilibri finanziari ed il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica e valutazione degli effetti che si determinan o per il bilancio dell'ente in relazione all'andamen to eco-fin delle società in questione Bilancio consolidato Strutture proprie dell'ente locale Sistema informativ o sui rapporti finanziari tra l'ente proprietari o e la società, sulla situazione contabile, getionale e organizzat iva della società, i contratti di servizio, la qualità dei servizi ed il rispetto delle norme di legge sui vincoli di finanza pubblica CONTROLLO DIQUALITÀ (PREVISTA SOLOPERI COMUNI SUPERIORIA 10000 ABITANTI) Gli standard dei servizi erogati direttamente e tramite organismi gestionali esterni Metodologie di customer satisfaction Misurare la soddisfazio ne degli utenti esterni e interni dell'ente. Report periodici Organi interni o esterni Definizio ne preventiva degli standard di qualità

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È fondamentale quindi che, durante il processo di analisi strategica, venga esaminata la completa e corretta esecuzione di tali controlli interni previsti dal legislatore. Se ciò non avvenisse o questi controlli venissero eseguiti in modo incorretto o superficiale, ci si troverebbe di fronte una notevole lacuna che andrebbe corretta nel più breve tempo possibile, con l'approvazione ed il supporto di tutto il reparto dirigenziale a cui tali controlli erano stati affidati.

Portare avanti un'analisi strategica in un'organizzazione all'interno della quale non viene data importanza all'autocontrollo interno perderebbe prima di tutto di importanza ed efficacia, ma sopratutto verrebbe meno quella motivazione di base che lega l'esecuzione della stessa, la volontà di migliorare la performance dell'organizzazione sottoposta ad analisi e l'utilizzo di notevoli risorse, umane, finanziarie e materiali necessarie per portare avanti il processo di analisi.

III.3.3 Analisi Matriciale

Dopo aver eseguito correttamente la varie tipologie di analisi esposte nelle precedenti pagine, un ulteriore strumento che potrebbe apportare una certa utilità al management, per lo sviluppo delle linee strategiche, consiste nella cosiddetta analisi matriciale. Attraverso una serie di matrici, infatti, è possibile semplificare la situazione reale da analizzare e gestire, in modo da ottenere un quadro chiaro in merito alle diverse strategie possibili. Ciò che viene messo in relazione nei due assi cartesiani sono delle variabili fondamentali per la presa di decisioni in modo da poter analizzare gli effetti di una loro interazione e le relative conseguenze. È possibile, quindi, misurare ed analizzare il grado di attrattività del settore e la posizione competitiva non solo dell'Ente nel suo complesso, ma soprattutto delle sue singole unità operative di rilevanza strategica.

L'utilizzo di tale strumento risale agli anni '70, quando autorevoli professori universitari e alcune tra le più importanti società di consulenza strategica hanno iniziato ad elaborarle e proporle come strumento di analisi

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strategica. Da quel momento in poi, l'utilizzo di tali matrici, sottoposte a continui perfezionamenti, si è diffuso in modo tale da considerarle al giorno d'oggi indispensabili per l'esecuzione di una corretta ed efficiente analisi strategica.

Ovviamente, anche tali matrici presentano diverse criticità di cui occorre tener conto come, per esempio, il limite delle variabili da poter utilizzare: due per le bidimensionali, tre per le tridimensionali e così via. Più aumenta il numero di variabili, quindi di dimensioni di analisi che si vuole inserire in una matrice, maggiore sarà la complessità di osservazione e di estrapolazione di informazioni utili per la presa di decisioni. Le matrici tridimensionali o a più dimensioni, per esempio, eccetto il caso di pochi modelli, come la matrice SWOT, che osserveremo di seguito insieme alla matrice BCG, o il modello ASA di Abell51, non hanno avuto grande diffusione, avendo mostrato criticità sia nella loro realizzazione che nella efficacia rappresentativa e comunicativa52.

1) Analisi SWOT (Strengths, Weaknesses, Opportunities, Treaths)

Uno degli strumenti complementari ai precedenti e ritenuti indispensabili per l'analisi strategica di un'organizzazione è certamente l'analisi SWOT, acronimo di: Strengths (punti di forza), Weaknesses (punti di debolezza),

Opportunities (opportunità), Treaths (minacce), attraverso l'utilizzo della

matrice che prende il medesimo nome.

Tale analisi consiste nella «identificazione e descrizione dei punti di forza

e di debolezza che caratterizzano una determinata organizzazione anche in relazione a quelli delle organizzazioni con essa concorrenti, nonché delle minacce e delle opportunità poste all'organizzazione delle dinamiche dell'ambiente di cui essa è parte. I fattori identificati da questo tipo di analisi sono di tipo essenzialmente qualitativo, ma possono

51 Il modello di Derek F. Abell – professore emerito e fondatore della European School of Management adn Technology a Berlino e dal 2012 rettore internazionale della HSM Educação a San Paolo, Brasile – venne ideato nel 1980 e prende il nome anche di modello tridimensionale della Aree Strategice di Affari. Tale modello si basa solamente su tre variabili dalla cui intersezione nasce la cosiddetta ASA, e sono: le funzioni d'uso del prodotto, il segmento di mercato a cui è destinato e la tecnologia utilizzata. 52 Michele Galeotti e Stefano Garzella (a cura di), Governo Strategico dell'Azienda, G. Giappichelli

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comunque essere descritti anche attraverso grandezze quantitative».53

I punti di forza (Strengths): rappresentano i fattori di successo, le leve

competitive, che l'ente deve valorizzare e che appaiono meritevoli di tutela ed eventualmente di destinazione di investimenti. Tali elementi devono, inoltre, essere confrontati in termini relativi, con quelli dei concorrenti, per comprendere il grado di competitività che l'impresa può vantare rispetto alla concorrenza.

I punti di debolezza (Weaknesses): consistono nelle carenze dell'ente,

in termine non solo di risorse, ma di competenze, o di altri fattori di rilevanza strategica: anche in questo caso i giudizi devono essere svolti, oltre che sull'organizzazione, in termini comparativi rispetto ai concorrenti. Questa analisi è fondamentale, per tarare in maniera realistica le potenzialità competitive e di performance dell'impresa, vincolandola ai limiti delle proprie evidenti debolezze che, se strutturali, necessitano di interventi per essere riadeguate. L'analisi dei punti di debolezza potrebbe anche costituire un'occasione per cogliere eventuali sintomi di pre-crisi ed approntare idonee misure di crysis

management, attraverso le quali si affrontano tutti i grandi eventi che

danneggerebbero non solo l'ente in quanto tale, ma tutti quei soggetti che con esso hanno delle relazioni ed interessi come gli stakeholders o il pubblico in generale, un processo, quindi mediante il quale si vogliono ripristinare condizioni di migliore solidità dell'ente.

Le opportunità (Opportunities): ambientali identificano i potenziali

vantaggi percepibili dall'ambiente circostante ed in gran parte evidenziati durante l'analisi del macro e micro-scenario. L'importanza di tale processo di analisi consiste nel fatto che, esaminando tutte le opportunità, è possibile individuare i vantaggi economici perseguibili da circostanze ed eventi prevedibili, al fine di generare ipotesi

53 Matteo G. Caroli, Il marketing territoriale, Strategie per la competitività sostenibile del territorio, Franco Angeli, 2006, pag. 153.

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strategiche idonee a catturare o potenziali vantaggi individuati.

Le minacce (Treaths): ambientali rivestono una particolare

importanza, perché permettono di definire un perimetro di rischi non controllabili da parte dell'ente, in quanto derivanti dall'ambiente esterno. Attraverso, quindi, l'esecuzione della cosiddetta mappatura

dei rischi è possibile elaborare delle strategie bilanciate in termini di

rapporto rendimento/rischio, al fine di prevenire iniziative azzardate e di fornire idonei supporti di fronteggiamento dei rischi per le strategie consapevolmente varate, (Galeotti – Garzella, 2013).

Di seguito si riporta un esempio di matrice SWOT all'interno della quale vengono inseriti i dati potenziali per un generico Comune, avendo opportunamente compiuto le precedenti analisi esterne ed interne.

Tabella 3.2 Matrice SWOT Strengths

.

➢ piena maggioranza politica in

sede di Consiglio;

➢ ottime capacità riscontrate e

certificate dei dirigenti

➢ crescente sostegno politico da

parte della cittadinanza

➢ stipulati importanti contratti

commerciali

Weaknesses

➢ costosa azione di risanamento

dei conti

➢ passata gestione caratterizzata

da infiltrazioni mafiose

➢ accertata lentezza burocratica ➢ alto tasso di disoccupazione

Opportunities

➢ voglia di cambiamento

manifestato dalle nuove generazioni

➢ aumento di giovani laureati

all'interno della cittadinanza

➢ possibilità di cooperazione con

le comunità limitrofe per lo sviluppo del territorio

Threats

➢ possibilità di nuove infiltrazioni

mafiose

➢ lentezza legislativa da parte del

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2) Matrice Boston Consulting Group (BCG)

La matrice BCG è una delle cosiddette matrici di portafoglio, ideata nel 1968 dalla omonima società di consulenza Boston Consulting Group, mediante la quale è possibile analizzare e valutare le singole ASA di un'organizzazione. Si tratta di una matrice che utilizza due particolari variabili, fondamentali per un'analisi strategica, ossia: il tasso di crescita del mercato (Market Growth), posizionato sull'asse y e che misura l'attrattività del business, e la quota di mercato relativa (Market Share), posizionata sull'asse x, che rappresenta la posizione competitiva.

Anche in questo caso, è importante sottolineare la necessità di considerare tali variabili in un'ottica diversa da un qualsiasi caso aziendale. La matrice, infatti può essere applicata, da un lato, osservando il Comune nel suo complesso, dall'altro andando più affondo con l'analisi, estraendo da quest'ultimo tutte le varie attività gestite e/o controllate da cui è prevista, a titolo di imposta locale o di tariffa per un determinato servizio, un entrata finanziaria. È possibile immaginare il mercato di un comune come l'intera popolazione che per vari motivi risiede nella zona geografica di competenza. In tal modo, con la variabile y si considererà la crescita numerica di tale popolazione, mentre con la variabile x la percentuale che di tale popolazione risiede nel Comune o che usufruisce dei servizi pubblici in e da esso erogati.

Il tasso di crescita del mercato (TCM), esprime il grado di attrattività

di un settore. Quanto maggiore è il tasso di crescita, meno intensa risulta la concorrenza e più possibilità ci sono di ottenere una significativa quota di mercato.

La quota di mercato relativa (QMR): riflette la posizione competitiva

della singola ASA, quindi la sua capacità di generare liquidità. Tale capacità è generalmente influenzata dalla cosiddetta curva di

esperienza capace di creare economie di scala che generano costi

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In questo caso, quando si fa riferimento alla produzione di liquidità, è possibile intendere la capacità di recuperare risorse finanziarie attraverso la riscossione delle imposte locali e delle tariffe per la fruizione dei servizi pubblici. Maggiore è la quantità di persone residenti, o attive nel territorio di competenza, maggiore sarà l'ammontare di tali entrate finanziarie. Il tutto, tenendo sempre in considerazione che si tratta solo di una delle categorie di entrata, esposte a bilancio.

Figura 3.5 Matrice BCG

I principi base che regolano tale matrice sono:

– le ASA di successo detengono un'alta quota di mercato relativa;

– le ASA gestite correttamente generano flussi di cassa a seconda che il

settore corrispondente sia o meno in crescita;

– un portafoglio strategico equilibrato si contraddistingue per la presenza

contemporanea di ASA che producono cassa e di ASA che assorbono liquidità ma producono crescita (Galeotti – Garzella).

Come si nota nella precedente figura, dall'intersezione delle due variabili si formano quattro quadranti all'interno dei quali viene raffigurata

(27)

rispettivamente una stella, una vacca, un cane e un punto interrogativo. Ognuno di questi quadranti rappresenta una diversa condizione nella quale potrebbe vigere una determinata ASA e, partendo proprio da tale posizionamento, è possibile ottenere delle informazioni utili per l'elaborazione della strategia non solo della singola ASA ma dell'intera organizzazione.

Le ASA Stars rappresentano quel tipo di attività caratterizzate da

un'elevata quota di mercato relativa e da un elevato tasso di crescita. Pertanto, da un lato offrono all'organizzazione importanti possibilità di crescita e redditività, essendo forti generatori di cassa, dall'altro, proprio per finanziare tale crescita, necessitano di un ammontare notevole di risorse. Ne deriva, quindi, che la strategia che andrebbe applicata, in casi del genere, consista in difendere e mantenere, per più tempo possibile, il vantaggio competitivo acquisito. Generalmente, con il passare del tempo e con i cambiamenti a cui va incontro il mercato, tali attività migrano verso il quadrante rappresentato dalla Cash Cow.

Il quadrante raffigurato dalla Cash Cow rappresenta, invece, quelle

attività con un'elevata quota di mercato relativa, quindi, fonte elevata di flusso di cassa, posizionata in un mercato già maturo che non necessita di significativi investimenti o esborsi di risorse finanziare per mantenere tale posizione. Quindi, si tratta di attività che giocano un ruolo altamente strategico all'interno dell'organizzazione, essendo in grado di poter finanziare quelle attività che sono ancora in via di sviluppo e che necessitano di risorse finanziarie, ossia le attività Question Mark e le Dog.

Le attività Question Mark presentano una limitata quota di mercato

relativo, operanti in un settore con un elevato tasso di crescita ed espansione. Tali condizioni fanno sì che le strategie applicabili sono due, a seconda delle capacità dell'azienda e delle reali possibilità che offre il mercato. Se, infatti, le possibilità di incrementare la propria

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quota di mercato sono reali e raggiungibili con i mezzi e le capacità a disposizione, allora la migliore strategia applicabile risulta quella di rafforzamento, facendo confluire ingenti risorse finanziare all'interno di tale attività, in modo da attuare una serie di investimenti che permetterebbero il raggiungimento di una posizione di leadership e quindi il passaggio dal quadrante delle Question Mark a quello Star. Se, invece, le possibilità di crescita sono limitate, a causa della mancanza di risorse, di capacità o di saturazione imminente del mercato, allora risulterebbe opportuno abbandonare l'attività e utilizzare le risorse possedute per lo sviluppo di altri business.

La restante categoria di ASA è quella rappresentata dal quadrante Dog,

ossia, da quelle attività caratterizzate da una modesta quota di mercato relativa, attive in un mercato saturo e con prospettive di crescita pari a zero. Ciò significa che si tratta di business che generano scarsi profitti (o addirittura perdite) e che assorbono risorse da altre attività più redditizie, di attività, quindi, che non recano all'organizzazione alcun vantaggio competitivo, motivo per cui l'unica strategia applicabile è disinvestire e abbandonare l'attività.

Si evince, da tutto ciò, che la matrice BCG focalizza l'attenzione soprattutto sulla gestione finanziaria delle attività, minimizzando gli aspetti operativi e organizzativi. Ne deriva, quindi, che la reale utilità di tale metodologia di analisi la si può ottenere solamente se utilizzata con altri sistemi di analisi attraverso i quali è possibile avere un quadro chiaro e completo di tutti gli aspetti caratterizzanti la gestione e lo sviluppo di qualsiasi organizzazione.

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III.4 Definizione della strategia finale

Una volta terminata l'analisi dei punti precedenti risulta idoneo stilare un mini report all'interno del quale viene menzionata la strategia precedentemente elaborata ed attuata dall'organizzazione, quindi, i diversi obiettivi sia a breve che a medio-lungo periodo. Occorre prendere coscienza non solo di ciò che si è realizzato ma anche di ciò che, invece, è rimasto inattuato. Punto fondamentale di tale step è quello di comprendere ed elaborare se quanto è stato attuato sia stato sufficientemente adeguato alle aspettative e i motivi per cui, determinati obiettivi non sono stati raggiunti, quali sono stati gli impedimenti o gli ostacoli che hanno determinato tale risultato.

Completato questo controllo a "consuntivo" è possibile comparare il tutto con i risultati emergenti dalle precedenti fasi di analisi, cercando di ottenere un quadro ancora più completo della situazione reale, al fine di elaborare nuovi obiettivi e modificare, se possibile, quelli elaborati precedentemente che non sono stati raggiunti.

Fine ultimo dell'analisi strategica è, come specificato all'interno del paragrafo introduttivo, quello elaborare una o più linee strategiche utilizzando i vari strumenti presentati all'interno del presente elaborato, sia quelli previsti dal D.Lgs. n. 118/2011 sia quelli provenienti dalla letteratura aziendale.

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