CAPITOLO 2
EPILESSIA: FISIOPATOLOGIA E CLASSIFICAZIONI
2.1 Fisiopatologia della crisi epilettica
Comprendere la fisiopatologia sottostante l’attacco epilettico è fondamentale per iniziare un percorso diagnostico, selezionare il miglior farmaco per ogni
singolo paziente e prevedere la possibilità di farmacoresistenza ai farmaci
antiepilettici (Penderis, 2014).
L’epilettogenesi è il processo mediante il quale un focolaio epilettogeno si sviluppa o incrementa le sue dimensioni, con associato un aumento di
frequenza o gravità delle crisi (Penderis, 2014).
Il principio di base nel meccanismo dell’epilessia è la presenza di uno squilibrio nella neurotrasmissione eccitatoria e inibitoria. L’epilessia si sviluppa quando l’equilibrio si sposta verso un’eccessiva eccitazione (Podell, 2004; Jaggy, 2008).
I meccanismi fisiopatologici che portano al verificarsi di crisi epilettiche sono
essenzialmente 3.
2.1.1 Aumento della neurotrasmissione eccitatoria
Il principale neurotrasmettitore eccitatorio del sistema nervoso è il glutammato. Un potenziamento del glutammato o l’uso di un agonista dei suoi recettori promuove l’attività epilettica (Penderis, 2014).
2.1.2 Diminuzione della neurotrasmissione inibitoria
Il principale neurotrasmettitore inibitorio è l’acido gamma-amminobutirrico (GABA). L’inibizione può essere presinaptica o postsinaptica (Berendt, 2004), nei neuroni ci sono due tipi di recettori del GABA, GABA A che si trovano a
livello post-sinaptico e GABA B che si trovano a livello pre-sinaptico.
La stimolazione del recettore GABA A rende la cellula permeabile all’afflusso
di ioni Cl- che penetrano nella cellula, la iperpolarizzano, e rendendola più
stabile diminuiscono la probabilità di raggiungere la soglia per la
depolarizzazione richiesta per generare un potenziale d’azione ( Penderis,
2004).
La stimolazione dei recettori GABA B invece non porta al rilascio di ioni Cl-
ma, essendo in posizione pre-sinaptica, limita il rilascio dei neurotrasmettitori,
per cui può indurre uno stato ipereccitabile e attività epilettogena (Penderis,
2004).
2.1.3 Disfunzione dei canali ionici ligando o voltaggio-dipendenti
In alcune rare epilessie idiopatiche è stato dimostrato che alcuni geni mutati
sono la causa di disfunzioni nei canali ionici di sodio, calcio, cloruro e potassio e nei recettori del GABA e dell’acetilcolina (Canalopatie) e quindi causa di epilessie genetiche (Ekenstedt, 2011). Nell’uomo queste sono solo l’1%, nel cane sono ancora in corso studi genetici per dimostrare l’esistenza di mutazioni genetiche alla base di epilessie. Fino ad oggi un solo studio, sul
cane Lagotto Romagnolo, ha dimostrato un difetto sul gene LG12 responsabile di un’epilessia focale, giovanile e refrattaria (Patterson, 2013).
2.1.4 Le fasi dell’epilettogenesi
Recentemente alcuni studi su roditori hanno ipotizzato che il processo di
epilettogenesi sia suddiviso in 3 fasi. La prima è la fase latente, cioè il periodo
che va dall’insorgenza di una lesione acuta o da un altro fattore predisponente
(es. fattori genetici) fino allo sviluppo di crisi ricorrenti. Durante questo periodo, la ricerca ha dimostrato che si sviluppano delle “micro crisi” che non sfociano in attacchi rilevabili o in cambiamenti dell’elettroencefalogramma.
Nelle zone intorno a queste micro crisi si accendono dei circuiti eccitatori che
portano a una forte attivazione dei circuiti eccitatori ricorrenti, si ha un calo
della forza sinaptica e gli interneuroni inibitori vengono sostituiti con
interneuroni eccitatori. La combinazione di questi 3 processi porta a un
aumento dell’eccitabilità nella zona e allo sviluppo di un’attività epilettica
evidente (Patterson, 2013; Baroni, 2015).
Nella seconda fase si ha un aumento dei recettori del glutammato e perdita di
recettori GABA per cui vengono meno i meccanismi di feedback inibitori GABAergici e ciò porta all’espressione di crisi epilettiche focali e generalizzate. Si sa che nei neuroni esistono recettori GABA situati anche al di
fuori delle sinapsi, il cui ruolo consiste in un controllo dell’eccitabilità
neuronale insieme ai recettori GABA sinaptici. I recettori per il GABA, e in
particolare GABA A sono delle molecole pentameriche costituite da due
subunità , due e una o Generalmente nei recettori sinaptici è presente la subunità a cui si legano le benzodiazepine potenziando l’effetto inibitorio, mentre nei recettori GABA extrasinaptici è presente la subunità .
La terza fase, si sviluppa in alcuni gruppi di pazienti e consiste in una
refrattarietà alle terapie farmacologiche. Infatti a seconda che vengano a
mancare recettori inibitori GABA sinaptici o extrasinaptici si avrà una
differente affinità ai vari farmaci antiepilettici ed il paziente potrà mostrare
refrattarietà verso determinate terapie.
Inoltre il persistente ed eccessivo rilascio di glutammato nel cervello epilettico porta ad una “eccitotossicità” nel cervello con incremento di: neurodegenerazione, neurogenesi, germinazione assonale, attivazione delle
cellule gliali, invasione di cellule infiammatorie, angiogenesi e alterazione dei
recettori dei canali ionici, già iniziate nella fase latente, che contribuiscono
alla plasticità sinaptica. Tutto ciò porta alla mancanza di recettori GABA, in
particolare GABA A sinaptici, per cui essendoci meno subunità disponibili al legame con le benzodiazepine si avrà la terza fase dell’epilettogenesi, in cui il paziente sarà refrattario alle benzodiazepine (Baroni, 2015).
Come si è già accennato all’inizio, comprendere i meccanismi e le fasi dell’epilettogenesi è fondamentale per scegliere la terapia farmacologica più appropriata per ciascun paziente e per, eventualmente in futuro, prevenire i
meccanismi che portano allo sviluppo di un focus epilettogeno (Patterson,
2.2 Classificazione epilessia
Esistono numerose somiglianze tra l’epilessia canina e quella umana, dalla
quale derivano molte delle conoscenze che si hanno in medicina veterinaria
(Uriarte, 2016). L’ “International Veterinary Epilepsy Task Force” (IVETF)
ha realizzato un consenso per definire terminologia, classificazioni, diagnosi e
trattamento riguardanti l’epilessia (De Risio, 2015), prendendo spunto dalla
letteratura medica umana, e si basa sulle linee guida dell’ILAE “International
League Against Epilepsy” (Berendt et al, 2015).
Le classificazioni sono essenzialmente due e si basano, una sull’eziologia sottostante e l’altra sulle manifestazioni cliniche.
2.2.1 Classificazione eziologica
Inizialmente, dal punto di vista eziologico, l’epilessia è stata divisa in due
grandi categorie:
Epilessia primaria o idiopatica
Epilessia secondaria o sintomatica
All’interno di questa seconda categoria le patologie erano suddivise in “intracraniche” ed “extracraniche” (in cui erano menzionate anche le malattie metaboliche e le intossicazioni (Nelson-Couto, 1995).
In medicina veterinaria esiste ancora molta confusione riguardo la
Oggi, seguendo le linee guida dell’ILAE, molti autori preferiscono classificare l’epilessia in:
Epilessia idiopatica (o genetica): in cui non è presente alcuna lesione strutturale cerebrale sottostante e la cui origine rimane sconosciuta, anche se recentemente si ipotizza un’origine genetica (De Risio et al, 2015)
Epilessia sintomatica: in cui è presente una lesione strutturale identificabile nel cervello
Epilessia criptogenica (o probabile sintomatica): in cui si ritiene vi sia una lesione strutturale dell’encefalo che non risulta identificabile
Epilessia reattiva (o provocata): dovuta a malattie metaboliche o tossiche (Podell, 2004, Penderis, 2014)
Altri autori, invece, sempre prendendo spunto dalle linee guida dell’ILAE, preferiscono classificare l’epilessia in:
Epilessia genetica: che comprende le forme definite idiopatiche o primarie;
Epilessia strutturale/metabolica: che comprende le epilessie sintomatiche e le reattive;
Epilessia di origine sconosciuta: che comprende l’epilessia criptogenica o probabile sintomatica.
Tuttavia, sono ancora in corso dibattiti, fra i vari autori, riguardo la correttezza dell’uso di una classificazione piuttosto che un’altra e non si è ancora giunti ad un consenso unanime (Mariani, 2013; Gandini, 2015).
2.2.2 Classificazione clinica
Le crisi epilettiche vengono classificate in base alle manifestazioni cliniche in:
Crisi parziali (o focali)
Crisi generalizzate (Podell, 2004) Ed in base alla frequenza in:
Crisi singole
Crisi a grappolo (cluster di crisi)
Stato epilettico (Gandini, 2015)
Le crisi epilettiche parziali sono autolimitanti o isolate (Immagine n° 2.1).
Originano da un gruppo di neuroni localizzati in una specifica area della
corteccia cerebrale, chiamata focus epilettogeno, ed i segni clinici riflettono le funzioni dell’area coinvolta (Berendt, 2004).
In medicina umana vengono definite semplici se non c’è perdita di coscienza o, al contrario, se vi è perdita di coscienza, sono definite complesse.
Le crisi focali possono avere una generalizzazione secondaria (Immagine n°
2.2), per cui l’attività convulsiva non rimane circoscritta a un’area specifica
del cervello ma si espande rapidamente alle strutture sub-corticali (soprattutto
i nuclei talamici) e coinvolge altre aree del cervello o il cervello intero
(Berendt, 2004).
Negli animali può essere difficile riconoscere se c’è o meno perdita di coscienza. Possono essere interpretati in tal senso alcuni segnali come
confusione o difficoltà nel riconoscere il proprietario ma risulta molto
difficile, senza una registrazione EEG, discriminare una crisi semplice da una
In medicina umana le crisi focali vengono ulteriormente suddivise in focali
motorie e focali sensoriali.
La crisi focale motoria consiste in automatismi, come un movimento anormale
di una parte del corpo, girare le testa da un lato, contrazione ritmica di un arto
o di muscoli facciali, o movimenti di masticazione.
Le crisi focali sensoriali, così come le crisi semplici, sono difficili da riconoscere negli animali. Nell’uomo tipici segni sono formicolio, dolore o allucinazioni visive. Negli animali la “caccia alle mosche” potrebbe essere un segno di allucinazione visiva durante una crisi sensoriale (Thomas, 2010).
L’aura, che in medicina umana è considerata un evento pre ictale, è definita come una manifestazione avente sintomi sensoriali e psicosensoriali che può
precedere la crisi e alcuni neurologi veterinari suggeriscono che quando questa
si verifica da sola può essere considerata un semplice attacco focale sensoriale,
sebbene sia di difficile determinazione nel cane (Chandler, 2005).
Le crisi epilettiche generalizzate coinvolgono entrambi gli emisferi cerebrali
(Immagine n° 2.3) e possono iniziare come tali oppure progredire
Un tempo definite col nome di “Grande male epilettico” (Buonaccorsi, 1995), possono avvenire con compromissione della coscienza (Penderis, 2014) e vengono suddivise in base al fatto che l’animale abbia una o più delle seguenti fasi: Tonica Mioclonica Clonica Atonica Tonico-clonica (Berendt, 2004)
La fase tonica consiste in una maggiore rigidità muscolare generalizzata; la mioclonica è un’improvvisa, breve, involontaria, singola o multipla contrazione di muscoli o gruppi muscolari.
La fase clonica consiste in un movimento muscolare ripetitivo regolarmente, mentre la fase atonica è un’improvvisa perdita del tono muscolare che solitamente dura 1-2 secondi.
Le crisi epilettiche generalizzate più comuni sono di tipo tonico-clonico e cioè
una sequenza in cui si susseguono ripetutamente fase tonica e fase clonica,
quindi fasi di rigidità e contrazione muscolare, e in cui si ha generalmente
perdita di coscienza (Chandler, 2006).
Queste possono durare alcuni minuti o prolungarsi e possono esserci segni
involontari come aumento della salivazione, urinazione e defecazione
(Thomas, 2010).
Infine ci sono le assenze, precedentemente conosciute come “piccolo male”, in
cui si hanno dei brevi indebolimenti di coscienza senza perdita del tono muscolare. Queste sono una forma comune di attacchi generalizzati nell’uomo (in particolare nei bambini) e sembrano essere rari nel cane, sebbene è
possibile che si verifichino ma sono difficili da rilevare clinicamente
(Chandler, 2006).
Si parla di crisi a grappolo (o cluster seizures) quando si presentano 2 o più
attacchi epilettici durante un periodo che può andare da alcuni minuti a poche
ore, in cui il cane riprende coscienza negli intervalli tra gli attacchi (Berendt,
2004).
Lo stato epilettico, invece, è definito come “un attacco epilettico continuo che
dura più di 30 minuti” o “due o più crisi sequenziali tra le quali, però, non si ha completo recupero della coscienza”. Non dev’essere confuso con le crisi a
grappolo e rappresenta un’emergenza clinica che richiede trattamento immediato (Berendt, 2004; Gianni, 2015). Può manifestarsi in animali affetti
da epilessia primaria, sintomatica o reattiva e se non trattato efficacemente può
causare gravi lesioni cerebrali (Baroni, 2015).
In medicina umana, un numero crescente di studi ha identificato comorbidità
neuro-comportamentali o psichiatriche associate a disturbi epilettici ricorrenti.
Alcuni studi recenti hanno suggerito non solo che la presenza di epilessia
aumenta il rischio di questi disturbi, ma anche che esiste una relazione
bidirezionale, per cui una storia di depressione o ansia aumenta il rischio di
crisi epilettiche non provocate ed epilessia. In un recente studio, i cambiamenti
neuro-comportamentali sono risultati essere correlati non solo con l’epilessia,
ma anche con la risposta farmacologica. Sono stati visti cambiamenti
comportamentali legati allo sviluppo di crisi epilettiche anche nei cani, ma non
è stata notata una correlazione tra lo sviluppo di disturbi comportamentali e il tipo di crisi, come invece avviene nell’uomo (Shihab, 2011). Tra i disturbi evidenziati, uno studio ha ipotizzato una relazione tra l’epilessia e lo sviluppo
di un disordine da deficit di attenzione/iperattività (ADHD), che necessita
però, ulteriori studi su un più ampio campione di cani, utilizzando le