DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE E INTERNAZIONALI
Corso di Laurea Magistrale in:
Informazione ed editoria
IL FUMETTO GIAPPONESE
L’editoria del manga in Giappone e in Italia
Editoria dell’età contemporanea
Relatore
Chiar.mo Prof. Andrea Sisti
Candidata
Chiara Cantaluppi
ANNO ACCADEMICO 2021-2022
Haikyuu. Stagione 3, episodio 4, minuto 19:41
Indice
Introduzione ... 6
Capitolo 1 ... 9
1.1 Dagli emakimono agli ukyo-e... 9
1.1.1 Focus: La grande onda di Kanagawa ... 12
1.2 Le strisce sui giornali dall’Ottocento al manga commerciale del dopoguerra ... 14
1.3 Osamu Tezuka e Tetsuwan Atom ... 17
1.4 Gli anni 60-90 e l’industria del manga ... 21
1.5 Studi di animazione cinematografici ... 25
1.5.1 Caso studio: Evangelion di Hideaki Anno ... 29
1.6 Conclusione ... 32
Capitolo 2 ... 35
2.1 Industria dell’intrattenimento giapponese ... 35
2.2 Shūeisha ... 37
2.3 Kōdansha ... 41
2.3.1 Caso studio: Akira di Katsuhiro Ōtomo. ... 45
2.4 Shōgakukan ... 47
2.5 Ono Toshihiro e Hidenori Kusaka dal digitale al cartaceo ... 50
2.6 Focus: Golden week e mercato del fumetto... 54
2.7 Classifica vendite dal 2020 ad oggi ... 55
2.8 Questionario: lettori giapponesi di manga ... 58
2.9 Conclusione ... 62
Capitolo 3 ... 63
Case editrici italiane ... 63
3.1 J-pop ... 69
3.2 Edizioni Star Comics ... 71
3.3 Planet Manga ... 75
3.4. Focus: Fiere Manga e Anime ... 77
3.5 Intervista a Fabiano Bertello e Simona Stanzani: il mestiere del traduttore di fumetti ... 78
3.6 Questionario: lettori italiani di manga ... 84
Conclusione ... 90
Bibliografia di riferimento ... 91
Sitografia articoli sulla storia del manga ... 92
Sitografia capitolo 1 ... 92 Sitografia capitolo 2 ... 93 Sitografia capitolo 3 ... 94
Introduzione
Il lavoro svolto per la realizzazione di questa tesi si è concretizzato in un'intensa analisi del mondo editoriale, nello specifico quello nipponico, riguardante il fumetto.
Si porrà l’attenzione soprattutto sul manga, prodotto editoriale nato in Giappone, che, negli ultimi anni, sta spopolando anche nelle librerie italiane, attraverso le diverse categorie che lo compongono e i temi che tratta.
Sarà presente una bibliografia incentrata soprattutto sulla storia del prodotto e delle case editrici presenti sul mercato, mentre in sitografia, parlando di un tema così attuale e volubile quale il mondo del fumetto, dovendo rimanere sempre aggiornati sugli ultimi avvenimenti, saranno presenti molti articoli di giornale e interviste alle diverse case editrici e ai suoi rappresentanti, ma anche dichiarazioni sui mangaka stessi.
Nel primo capitolo ci si concentrerà principalmente sulle radici del fumetto nipponico:
dagli emakimono agli ukiyo-e; lo sviluppo dello stesso in epoca moderna in Giappone, dal cartaceo ai diversi media e dispositivi di massa che contraddistinguono il nostro secolo; le strisce sui giornali, le produzioni televisive degli anni Sessanta e gli studi d’animazione cinematografici più influenti; osservando infine come sia potuto diventare così famoso sia nel proprio paese sia all’estero.
Nel secondo capitolo si prenderanno in esame esclusivamente le maggiori case editrici giapponesi e il mercato odierno dove esse si posizionano. Una panoramica sui nuovi prodotti e quello che il mercato vuole ora, guardando anche il ruolo sociale e culturale in cui esse vengono collocate, come la loro partecipazione a fiere ed eventi. Le case editrici prese in considerazione sono: Shūeisha, Kōdansha e Shōgakukan, si potranno così notare le loro caratteristiche peculiari per storia e prodotto, avendo anche una panoramica dello sfondo culturale che caratterizza il Sol Levante.
Il terzo capitolo volgerà lo sguardo invece verso il panorama italiano odierno, e su come si approccia a questo prodotto, dando uno sguardo alle tre grandi case editrici in questo campo che vendono manga e come si posizionano nel mercato interno, si prenderanno in esame le case editrici: J-POP, Manga Planet e Star comics.
Saranno presenti all’interno dei capitoli dei focus, diversificati, riguardanti curiosità legate al mondo del manga, come, per esempio: La grande onda di Kanagawa o la cosiddetta Golden week; verranno poi presentati diversi casi editoriali importanti come Evangelion di Hideaki
Anno o Akira di Go Nagai, che hanno influenzato con queste opere l’andamento del fumetto stesso; saranno presenti anche interviste a coloro che lavorano nel mondo del manga, soprattutto nel panorama italiano come i traduttori Fabiano Bertello e Simona Stanzani.
In conclusione, saranno presenti testimonianze di lettori e lettrici di manga dei due diversi paesi: sottoponendoli a un questionario creato su Google form, hanno dato il loro parere anche sulla percezione di questo prodotto nel loro paese.
Capitolo 1
Le origini del manga
Fumetto Storia composta da immagini in sequenza, cioè accostate l’una all’altra in modo da suggerire l’idea del movimento, i cui protagonisti parlano spesso per mezzo di ‘nuvole di fumo’ che provengono dalle loro bocche (i fumetti).1
Il fumetto è una forma artistica narrativa, nata dall’incontro tra immagine e parola, quando si parla di narrazione per immagini si può risalire sin all'antichità, già in epoca preistorica i disegni nelle caverne rappresentavano delle storie; se guardiamo invece la storia del fumetto, come la definizione dell’enciclopedia Treccani sopracitata intende, allora dobbiamo fare un salto in epoche più recenti. Il prodotto editoriale che si andrà ad analizzare, sia attraverso un excursus storico sia nella sua posizione nel panorama editoriale odierno, sarà il fumetto giapponese conosciuto con il nome di manga.
Il termine manga si può far risalire all’epoca Tokugawa (1600-1800) ed è composto da due kanji: man (漫), che significa in ozio, e ga (画),2 che vuol dire pittura: letteralmente la parola significa “un disegno senza uno scopo”; ad oggi questo termine viene frequentemente utilizzato ma travalica abbondantemente ciò che si intende in italiano con fumetto perché all’interno di esso si includono: lo schizzo, la caricatura e la vignetta singola.3
1.1 Dagli emakimono agli ukyo-e
Le radici storiche del manga si ritrovano percorrendo il VI-VII secolo, partendo dalla storia dell’emakimono
絵巻物
: spesso chiamato semplicemente emaki, era un rotolo di carta la cui tradizione arriva dall’India fino in Giappone attraverso la Cina insieme al Buddismo; ma è soltanto durante il periodo Heian, VIII-XII secolo, che si accresce l’interesse verso questa forma d'arte e narrazione.Questo rotolo poteva essere di carta o seta, sul lato sinistro si trovavano delle bacchette di legno utili sia per la lettura sia per ri-arrotolare l’emaki; infatti, quando si concludeva la lettura, bisognava arrotolare e legare con una cordicella di seta intrecciata la carta, e
1 https://www.treccani.it/enciclopedia/fumetto/
2 https://jisho.org/search/%22manga%22
3 Orsi, M.T., Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (ISIAO) in Il Giappone, Vol. 18 (1978), Il fumetto in Giappone: 1) L’evoluzione del manga dall’era Meiji alla guerra del Pacifico, p. 133.
successivamente, si ricopriva il rotolo con seta differente per poter essere trasportato, riposto su scaffali oppure conservato in raffinati involucri dipinti.
La lettura iniziava srotolando l’emakimono da destra a sinistra per seguire la narrazione.
Questa è una caratteristica anche del manga moderno pubblicato sul cartaceo; si poteva trovare anche, all'inizio del racconto, come incipit, una breve sintesi della storia per aiutare il lettore;
all’interno delle narrazioni venivano raffigurate, tramite immagini e testi: battaglie, romanticismo, religione, racconti popolari e storie del mondo soprannaturale. Una caratteristica molto comune era la ripetizione nelle raffigurazioni: per esempio, un personaggio poteva essere mostrato più e più volte con solo lo sfondo che cambiava.
Riguardo invece alla dimensione dei formati gli emaki erano variabili, sia per altezza che per lunghezza e potevano essere composti da uno o più rotoli.4 Uno dei più importanti emaki, a oggi meglio conservati, è il Genji monogatari (figura 1): prima versione pittorica esistente di questo romanzo viene datata alla prima metà del XII secolo,5 il Monogatari ha avuto una così grande influenza sul mondo nipponico da aver ispirato nei secoli successivi anche manga, anime e film.
Figura 1 - Genji monogatari
Gli emakimono furono fondamentali per la creazione della stampa ukiyo-e giapponese:
questa nuova tipologia di stampa inizia la sua diffusione nel periodo Edo, tra il XVII e il XX secolo, di pari passo con i cambiamenti della società dell'epoca, che sotto la nuova autorità
4 https://artslife.com/2020/08/31/larte-degli-emaki-giapponesi/
5 https://www.tokugawa-art-museum.jp/en/about/treasures/painting/post-01/
dello shogunato Tokugawa, stava vivendo un'era di pace e vedeva positivamente l'arrivo di una borghesia urbana e mercantile a scapito dell'influenza dell'aristocrazia militare.6
Il termine ukiyo-e si può tradurre come “immagine del mondo fluttuante"; questo termine si rifà alla cultura giovanile che fiorì anticamente nelle città di Edo (oggi l’attuale capitale Tokyo), Osaka e Kyoto; si sviluppò successivamente anche un mercato di questa forma d’arte che arrivò alla sua massima diffusione durante il periodo Meiji, nel quale si aprirono le porte alle influenze straniere grazie alla fine del bakumatsu, cioè del governo militare.
Il processo di stampa che veniva utilizzato per la creazione degli ukiyo-e era quello xilografico, un insieme di procedimenti complessi che coinvolgevano non solo l’artista ma prevedevano l’intervento di quattro persone: pittore, incisore, stampatore, editore.
Partiva tutto da un editore che commissionava a un artista il lavoro, il disegno arrivava poi all’incisore che lo poneva a faccia in giù su una tavola di legno di ciliegio selvatico e raschiava la carta attorno ai contorni creando il disegno in rilievo. Lo stampatore a quel punto tagliava la carta assorbente a mano nel formato desiderato, con un apposito disco piatto faceva aderire la carta contro la matrice inchiostrata imprimendo il disegno.
Fino alla metà del XVII secolo le stampe ukiyo-e furono monocrome quindi bisognava imprimere la matrice ricoperta d’inchiostro solo una volta. Dopo la metà del XVIII secolo la tecnica della stampa si evolse arrivando a creare delle stampe a più colori chiamate nishiki-e.7
Gli ukiyo-e essendo stampe poco costose venivano acquistate soprattutto dagli abitanti della città che non potevano permettersi dei veri dipinti, si può quindi parlare di un primo prodotto di massa per l’epoca; ebbero così una grande diffusione anche per ciò che si raffigurava: il soggetto principale era la vita quotidiana della città, soprattutto le scene dei quartieri dei divertimenti: cortigiane, lottatori di sumo e attori famosi che svolgevano le loro mansioni; successivamente anche i paesaggi ebbero molto rilievo. Un’altra tematica raffigurata creò, come in tempi moderni, agli artisti e agli editori diversi problemi: il sesso raffigurato negli shunga,8 che portò anche a sanzioni veramente alte agli stampatori.
Con l’apertura dei porti e l'aumento del commercio si creò il bisogno di rappresentare e far conoscere il mondo esterno ai giapponesi, la classe dei commercianti e artigiani cominciò a scrivere e a dipingere ciò che vedeva negli ehon, libri d’immagini cioè storie illustrate; erano
6 https://www.barnebys.it/blog/ukiyo-e-le-straordinarie-immagini-del-mondo-fluttuante
7 http://www.cultor.org/Orient/Ukiyo/Ukiyo-e.pdf, pp 9-10.
8 «Il termine Shunga tradotto, vuol dire “pittura della primavera”, un modo delicato e poetico per definire l’atto sessuale».
https://artevitae.it/shunga-la-stampa-erotica-giapponese-tra-il-1600-e-il-1800/
ispirati inizialmente a opere e racconti cinesi: molti narravano della vita, della cultura e delle tradizioni, alcune erano vere e proprie guide. Molto interessante era trovare spesso all’interno diversi ukiyo-e come illustrazioni, arrivando poi in seguito a essere indipendenti, cioè stampando le immagini su fogli singoli come cartoline o poster.
In seguito a questa apertura, il Giappone si schiuse alle importazioni dall'Occidente, tra cui la fotografia e nuove tecniche di stampa; anche i colori naturali vegetali usati vennero sostituiti da tinture chimiche importate dall’Europa. Questo portò gli ukiyo-e a essere in gran parte rimpiazzati dalla fotografia e passarono di moda in Giappone, divennero però fonte d’ispirazione in Europa con l'Art Nouveau per gli impressionisti, questa influenza è chiamata giapponismo. Gli ukiyo-e vengono prodotti ancora oggi e hanno avuto una forte influenza su diversi campi artistici, come quello di nostro interesse cioè il manga.
Ci furono autori di ukiyo-e che arrivarono a farsi conoscere anche all’estero, sono sei grandi maestri di quest’arte: Suzuki Harunobu (1725-1770), Torii Kiyonaga (1752-1815), Kitagawa Utamaro, Tōshūsai Sharaku (attivo nel 1794), Utagawa Hiroshige e Katsushika Hokusai. Le opere di questi artisti risultano molto apprezzate anche per estranei alla cultura giapponese, in quanto i loro temi sono universali come: bellezze femminili e paesaggi suggestivi.9
1.1.1 Focus: La grande onda di Kanagawa
Con La grande onda di Kanagawa, di Katsushika Hokusai ci riferiamo a un’opera leggendaria, a oggi icona dell’arte nipponica, può essere la più conosciuta opera d’arte della storia del Sol Levante, popolarissima in tutto il pianeta. Questo artista vissuto tra la fine del ‘700 e inizio
‘800, fu allievo della scuola di Katsukawa Shunsho dove si specializzò nelle stampe di cortigiane e attori Kabuki,10 considerato il padre dei manga poiché adottò il termine “manga”
per intitolare diversi suoi lavori, tra cui schizzi, dipinti e anche illustrazioni.
Infatti, nel 1793 Hokusai approfondì lo studio di nuovi stili, cambiando i soggetti delle sue stampe e concentrandosi sui paesaggi e sulle scene di vita quotidiana del popolo giapponese a tutti i livelli sociali; creò anche manuali di disegno e gli Hokusai Manga: raccolta di quindici
9 Capriati, M., Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (ISIAO), in Il Giappone, 2001, Vol. 41 (2001), L'ukiyo-e come arte «di uso e consumo» p. 43.
10 Teatro tradizionale giapponese. https://www.watabi.it/blog/cultura-giapponese/teatro-kabuki/
volumi d’illustrazioni di figure umane, fiori, paesaggi e altri soggetti, senza una precisa continuità.11
Dopo la scomparsa della moglie, l’artista ebbe gravi ristrettezze economiche che si aggravarono a causa dei problemi di gioco di un nipote di cui si occupava; anche se già piuttosto affermato come artista, fu comunque costretto ad affrontare un periodo di latitanza a causa dei creditori. Proprio in questo difficile contesto Hokusai decise di dar vita a un progetto che aveva in mente da molto tempo; infatti, tra il 1815 e il 1878 egli pubblicò la raccolta delle Trentasei vedute del Fuji, anche se il nome può trarre in inganno in realtà si compone di 46 stampe paesaggistiche di coste, mari, laghi, torrenti e cascate tenendo sempre presente sullo sfondo la sagoma del Fujiyama; le vedute raffiguranti diversi luoghi del Giappone, da Tokyo ad Hakone, danno anche il nome alle xilografie ma sono presenti alcune a cui è stato attribuito un titolo particolare e specifico.
La grande onda di Kanagawa 神奈川沖浪裏 (figura 2), è la prima delle trentasei vedute ed è certamente la più iconica; nell’immagine sono presenti tre barche alla deriva in un mare in burrasca che stanno per essere travolte da una grande onda, il monte Fuji si staglia sullo sfondo della composizione. Sebbene si pensi che possa essere la rappresentazione di uno tsunami, è molto probabile che sia, invece, semplicemente una grande onda formata dal mare.12
Si pensa che da metà dell‘800 le stampe di quest’opera furono largamente utilizzate come imballaggio per oggetti giapponesi da mandare
all’estero, dando
probabilmente la spinta originale alla sua diffusione.
La rappresentazione di Hokusai forse grazie anche a questo modo diverso di pubblicità divenne immediatamente famosa in Europa, si sviluppò in seguito una tendenza nel mondo di guardare il Giappone con uno sguardo molto interessato. Le sue opere infine divennero presto una fonte d’ispirazione per molti impressionisti europei come Claude Monet
11 Pellitteri, M. 2021. I manga, introduzione al fumetto giapponese. Roma, Carocci, p. 18.
12 https://www.lifegate.it/passengers_newsletter_14_18-2 Figura -2- Katsushika Hokusai, La grande onda di Kanagawa, 1815
e anche post-impressionisti come Paul Gauguin e Vincent Van Gogh, influenzando esponenti anche dell'Art Nouveau e dell'Art Déco.13 Nel mondo contemporaneo come già accennato in precedenza questa immagine è diventata così famosa da essere riconosciuta da tutti e utilizzata a fini commerciali.14
La stessa è anche stata usata in diversi settori come, per esempio: nel 1905, il compositore francese Claude Debussy la mise in copertina del suo poema sinfonico La Mer;
mentre la nota società produttrice di jeans Levi’s l’ha utilizzata in una campagna pubblicitaria, fino ad arrivare a Google che l’ha celebrata il 31 ottobre del 2010 con un doodle in occasione dell’anniversario della nascita di Hokusai. Sono presenti, ai giorni nostri, due esemplari al mondo, in buono stato di conservazione, della Grande onda e possiamo trovarli al Metropolitan Museum of Art di New York e al British Museum di Londra.15
1.2 Le strisce sui giornali dall’Ottocento al manga commerciale del dopoguerra
A metà dell’Ottocento inizia l’avvento dei giornali, come noi li conosciamo ora, che hanno contribuito al processo di modernizzazione del Giappone, i giornali che possiamo chiamare moderni sostituiranno i kawaraban illustrati: pubblicazioni fiorite durante il periodo Edo, riportavano disastri naturali, pettegolezzi, eventi importanti e festival, contenuti degni di nota;
venivano stampati subito dopo l'evento e pubblicati illegalmente, in forma anonima senza l'autorizzazione del governo. Queste stampe apparivano in vari formati e dimensioni, venivano stampate in grandi quantità su carta economica per contenere i costi; la maggior parte di queste stampe, infatti, furono realizzate attraverso la xilografia.
Il kawaraban aveva uno scopo più d’intrattenimento che di educazione16 e questa funzione verrà ripresa anche dai primi giornali; uno dei primi fu: The Japan punch, fondato nel 1862 a Yokohama dall’inglese Charles Wirgam come corrispondente estero della testata dell’Illustrated London News.
Grazie alla circolazione di questo giornale sia tra i giapponesi sia tra gli americani che stanziavano in Giappone, il termine punch, in lettura giapponese punchi, si insediò nella cultura giapponese in riferimento le vignette comiche che rappresentano in chiave ironica gli usi e i
13 Pellitteri, M. 2021. I manga, introduzione al fumetto giapponese. Roma, Carocci, p.22.
14 https://www.analisidellopera.it/la-grande-onda-di-kanagawa-hokusai/
15 https://www.ilpost.it/2015/03/27/grande-onda-hokusai/
16 https://library.brown.edu/cds/perry/kawaraban.html
costumi contemporanei agli anni di apertura,17 divenne il modello per future altre riviste e da questa testata nacque in seguito l’Eshinbun Nipponchi, nel 1874 da Kanagaki Robun, non è appunto casuale la presenza della parola ponchi nel titolo cioè la pronuncia di punch in giapponese.
L’influenza dei disegnatori d’oltremare contribuì a un avanzamento della vignetta giapponese, ben più vicina al moderno fumetto; in questo clima d’innovazione non si può non nominare Kitazawa Rakuten e la rivista Jiji Shinpo di cui ne divenne direttore.
Kitazawa Yasuji conosciuto come Kitazawa Rakuten, fu un mangaka vissuto tra la fine dell’800 e inizio
‘900, viene tutt'oggi designato come uno dei primi di epoca moderna; nel 1899 venne assunto dalla rivista principale giapponese Jiji shinpo come vignettista dove inizialmente fu molto abile nel trasformare individui comuni e grandi politici a livello internazionale in personaggi con storie da raccontare, personaggi da deridere o più spesso da biasimare, queste vignette avevano intenti satirici e d’inclusione al commento politico e sociale; nel 1902 gli fu affidato il supplemento della domenica del Jiji Manga dove gli fu chiesto di creare fumetti in stile narrativo americani, in quattro-otto pannelli, che sarebbe continuata fino alla metà del 1905.18
17 Orsi, M.T., Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (ISIAO, in Il Giappone, Vol. 18 (1978), Il fumetto in Giappone: 1) L’evoluzione del manga dall’era Meji alla guerra del Pacifico, p. 135.
18 Pellitteri, M. 2021. I manga, introduzione al fumetto giapponese. Roma, Carocci, pp. 22-25.
Figura 3 - Kitazawa Rakuten, Tagosaku to mokube no Tokyo Kenbutsu, ottobre 1902. Jiji Manga.
All'artista venne riconosciuto anche il merito di aver rinnovato le linee e alleggerito il disegno,19 le sue serie rappresentavano anche personaggi che ritornano regolarmente, riprese di personaggi simili a quelli dei primi comics, protagonisti semplici ed emozionanti, alla scoperta di novità e della grande modernità delle città come Tokyo. In Giappone viene indicata come prima striscia fumettistica moderna quella nata nel 1902 sul Jiji manga, il supplemento a colori del quotidiano Jiji shinpo, dal nome: Tagosaku to Mokube no Tokyo Kenbutsu (La gita a Tokyo di Tagosaku e Mokube), del mangaka Rakuten (figura 3), che subisce influssi del modello dei comics euroamericani.
In questi anni esistevano già riviste e libri dedicati al manga ma ovviamente la dimensione del fenomeno era di gran lunga inferiore a quella a cui stiamo assistendo noi oggi; se invece si parla di strisce per i quotidiani, in Giappone si continua ad avere un enorme successo: sui giornali e periodici oltre che nelle riviste femminili ci saranno al proprio interno, in maniera sempre più frequente, strisce di fumetti.
Kitazawa stesso diede il suo più grande contributo al mondo del fumetto attraverso i cartoons sulla rivista satirica settimanale Tokyo Pakku, fondata nel 1905 dallo stesso mangaka:
la rivista aveva la novità di avere il formato in folio ed erano presenti molte vignette stampate in litografia con commento in diverse lingue. Il successo della rivista fu duraturo e venne distribuita anche al di fuori del Giappone. Dal 1912 abbandona la rivista e ne fonda altre:
Rakuten Pakku e Katei Pakku (Puck per la famiglia), Kodomo no tomo (L’amico dei bambini) che però non arriveranno mai al successo della prima.20
Iniziarono a circolare anche riviste interamente dedicate all’arte del disegno e prendeva sempre più piede il termine manga per caratterizzare un fumetto che cercava di superare le barriere della comicità e satira classica.21 In Giappone, bisogna tenere a mente, i fumetti non sono mai stati considerati solo un genere infantile, come invece avveniva in Italia, almeno fino a qualche anno fa: soprattutto sotto questo aspetto la mentalità giapponese è sempre stata molto più simile a quella francese che ritiene il fumetto un vero e proprio genere letterario adatto a tutte le età.
Bisogna spostarsi a fine del conflitto mondiale per vedere la crescita del mercato del fumetto in Giappone, si deve ricordare che soprattutto tra il 1944-1945 tutte le associazioni che
19 Orsi, M.T., Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (ISIAO) in Il Giappone, Vol. 18 (1978), Il fumetto in Giappone: 1) L’evoluzione del manga dall’era Meiji alla guerra del Pacifico, p. 149.
20 Pellitteri, M. 2021. I manga, introduzione al fumetto giapponese. Roma, Carocci, pp. 26-27.
21 Orsi, M.T., Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (ISIAO) in Il Giappone, Vol. 18 (1978), Il fumetto in Giappone: 1) L’evoluzione del manga dall’era Meiji alla guerra del Pacifico, pp. 150-160.
trattavano il fumetto furono obbligate a sciogliersi o soppresse con la forza, a seguito dell’armistizio si ricreò quello che prima veniva chiamato Shin Manga Shūndan, a Tokyo sotto il nome di Manga Shūndan (gruppo del manga). Ci fu un coro di voci nuove nel panorama di riviste e giornali, come “Van”, “Manga Nihon” e “Manga times”, all’interno erano presenti vignette soprattutto di satira politica e il target era per un pubblico di soli adulti; questo portò a una trasformazione del manga portando contenuti più maturi sulle proprie pagine.
Uno delle più importanti pubblicazioni nella quale vengono pubblicati autori che diventeranno i pilastri del manga degli anni successivi fu Manga shonen nel 1947, impostato prettamente per i bambini con altre riviste come Shōnen Club e Shōjo Club che avranno intenti pedagogici.
Dalla fine degli anni Trenta fino alla fine degli anni Cinquanta furono presenti tre fenomeni molto importanti: i primi furono gli Akon manga, produzioni a basso costo che raccontavano storie di avventura o storie di tipo umoristico, tutte in un unico volume, per un pubblico di bambini; il secondo fenomeno furono gli e-monogatari, veri e propri fumetti che si rifacevano ai comics statunitensi, promuovevano spesso valori autoritari e militaristi ma visto che il Giappone voleva dimenticare ciò che era accaduto nel passato finirono per scomparire;
in ultimo ma non per importanza la presenza di un nuovo stile di disegno, che si riaffaccerà successivamente e anche in altri media adottato dai manga, il kawaii, aggettivo che significa carino con connotazione di dolce ed indifeso, caso più conosciuto è quello del tenero micetto, che apparirà sul mercato intorno agli anni Settanta, Hello Kitty; l’origine è attribuibile a Osamu Tezuka, di cui parleremo nel capitolo successivo.
Un altro avvento che aiuterà l’espandersi del manga anche sotto altre forme è di certo la televisione che nel 1953 entra negli spazi pubblici e privati del Giappone.22
1.3 Osamu Tezuka e Tetsuwan Atom
Il mercato dei fumetti in Giappone dalla seconda metà del Novecento, come abbiamo già accennato, divenne il più vasto del mondo per quantità, varietà e consumo, il manga come noi oggi lo conosciamo è riconducibile a una figura molto importante: Osamu Tezuka, soprannominato il “Dio dei manga”, ha realizzato circa 170.000 tavole a fumetti per 500 storie diverse, l'insieme delle sue opere sono racchiuse nel Complete Manga Works of Tezuka Osamu, edito dalla casa editrice Kōdansha. Osamu Tezuka (1928-1989) ha dato importanti contributi alla struttura narrativa del manga che si andò a creare nel dopoguerra, come: l'organizzazione
22 Pellitteri, M. 2021. I manga, introduzione al fumetto giapponese. Roma, Carocci, pp. 43-47.
del simbolismo visivo sistematico (ad esempio, la forma delle sopracciglia o degli occhi per indicare emozioni specifiche, gocce di sudore...) e la disposizione dei pannelli per indicare il senso del tempo, della velocità, emozione; grazie a queste tecniche, il manga ha raggiunto un modo di espressione unico che è diventato intraducibile nel linguaggio, tutto questo si può chiamare effetto Tezuka e quando si parla della storia del manga si può definire un “prima” e un “dopo” Tezuka.23
Iniziò il suo percorso nel 1946 debuttando con la striscia Ma-chan no nikko (Il ritorno del piccolo Man) sul giornale per i bambini Mainichi Shokokumin shinbun, successivamente nel 1953 pubblicò Ribbon no kishi (in Italia La principessa Zaffiro), dove utilizza un nuovo stile di disegno già nominato in precedenza, il kawaii. Già rivoluzionaria per quanto riguarda le tecniche di realizzazione e le tematiche trattate, il manga di Tezuka Osamu diventò ancora più importante e avveniristico quando si fuse con l’invenzione tecnologica dell’epoca: la televisione, realizzando film d'animazione e serie televisive, sia adattamenti dei suoi stessi manga in animazioni originali.
Il mito che avvolge la figura del mangaka è anche legato all'impulso generale a insistere su una rottura definitiva tra il Giappone bellicoso e il nuovo ordine del dopoguerra, tra il militarismo e democrazia;24 i manga stessi di Tezuka hanno avuto anche un forte impatto sulla formazione della gioventù giapponese, nel dopoguerra il Giappone era alla ricerca di nuove forme di intrattenimento a basso costo che portò al mercato del consumo, in questo periodo nacquero anche nuovi generi narrativi come per esempio il gekiga:25 etimologicamente si può tradurre come «disegno-dramma» o «disegno-rappresentazione», si impose sul finire degli anni ‘50, lo stesso Tezuka nelle sue produzioni segui questa corrente, è destinato agli adulti dove gli autori sono liberi di affrontare diversi temi attraverso situazioni forti con un accentuato carattere realistico, con una struttura narrativa ben definita.
Il suo impatto sul cinema d'animazione è stato pari a quello che ha avuto sul mondo dei manga; grazie al suo lavoro, il concetto del cartone animato giapponese viene trasformato in una forma d'arte di grande impatto e incorporando una varietà di nuovi stili; cambiando il volto della letteratura e del cinema, il suo lavoro ha influenzato anche una serie di altri generi, il tema e punto cruciale delle sue opere che più lo ha caratterizzato è quello della preziosità della vita.26 Il lavoro di Osamu Tezuka è stato esportato in tutto il mondo, diventando parte dell'infanzia di
23 Hikari, H., University of Minnesota Press, in Mechademia: Second Arc, Vol. 8, Tezuka's Manga Life (2013), Tezuka, Shōjo Manga, and Hagio Moto, p. 308.
24 ivi.p. XI.
25 Barbieri, D., 2009, Breve storia della letteratura a fumetti, Roma, Carocci, pag. 68.
26 https://tezukaosamu.net/en/
molti bambini giapponesi e non,27 ricevendo consensi internazionali per il suo lavoro nell'animazione sperimentale nei suoi ultimi anni. Il mangaka però finirà anche nel mirino della critica dei comitati per la protezione dell’infanzia degli anni Settanta, soprattutto a causa della presenza di immagini esplicite sia di sesso sia di violenza, in Giappone come nel resto del mondo sono tematiche che hanno sempre suscitato diverse polemiche.28
Il 1º gennaio 1963 è il giorno della messa in onda del primo episodio della serie televisiva in bianco e nero Tetsuwan Atom di Osamu Tezuka, in occidente conosciuto come Astro Boy (figura 4), la serie animata è tratta dall’omonimo manga dello stesso Tezuka; nato successivamente al suo prototipo Atom Taishi (1951) è composto da 23 volumi, pubblicati dal 1952 al 1968 sulla rivista Shonen di Kobunsha, sussidiaria della Kōdansha.
Primo anime televisivo seriale con puntate di trenta minuti, Tetsuwan Atom è anche il primo anime robotico chiamato generalmente mecha, filone tra i più rappresentativi dell'animazione giapponese, che conoscerà il suo apice negli anni Settanta con le saghe dei Super robot di Gō Nagai; contiene anche tematiche e modelli culturali strettamente legati alla società dell’epoca in cui era facile immedesimarsi.
La trama tratta di uno scienziato, il dottor Tenma, che, scosso dalla morte del figlio di appena otto anni, crea un sostituto robot, dopo aver capito che questo surrogato non può fare le veci del figlio lo dà via. Atom a questo punto sarà mosso da due obiettivi: salvare l’umanità e riuscire a creare una società in cui robot e umani possano convivere.
27 https://www.hisour.com/it/the-osamu-tezuka-manga-museum-tokyo-japan-5311/
28 Di Fratta, G., Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (ISIAO), in Il Giappone, Vol. 40 (2000), Il fumetto in Giappone: 1) l’evoluzione del manga dagli anni Settanta agli anni Ottanta, p. 128.
Figura 4 - Osamu Tezuka, Tetsuwan Atom, 1963, Kobunsha
Una figura che da questo anime in poi viene resa importante è, oltre al robot, quella dello scienziato, come si può anche vedere in manga arrivati in seguito come il famoso Dr. Slump, scritto e disegnato da Akira Toriyama.
Il successo riscosso da Astro boy fu così grande, tanto che i diritti furono acquistati in numerosi paesi esteri, tra cui gli Stati Uniti, arrivando a 193 episodi, fino al 1966 quando la serie si concluse in Giappone a causa dell’avvento della televisione a colori e delle moderne tecniche di creazione dei cartoni animati. Sembrerebbe che negli ultimi anni Novanta le produzioni animate abbiano avuto così successo sui consumatori da aver raggiunto uno stadio di potenziale indipendenza dal manga; si può verificare infatti spesso un processo inverso che parte dalla versione animata arrivando a spinge alla realizzazione del fumetto cartaceo.29 Ricordando anche che grazie alla sua grande notorietà proprio Tetsuwan Atom è stato tra le mascotte scelte per le Olimpiadi di Tokyo 2021, per riprendere anche ciò che rappresentava per lo stesso Tezuka come simbolo di fratellanza tra popoli superando le barriere nazionali.
Un esempio di manga plasmato da una serie di scelte legate alla sua versione televisiva, non viceversa, è Devilman di Go Nagai; iniziò a sviluppare questo manga quando la Toei Animation, casa di animazione di cui parleremo più avanti, colpita dal precedente lavoro dell'autore Mao Dante, narrazione introduttiva alle figure dei demoni secondo la concezione del mangaka, propose una collaborazione per un nuovo anime in cui inserire un personaggio più simile a un supereroe.
La storia di un supereroe per il piccolo schermo diventò su carta una violentissima metafora della guerra, presentò un nuovo rapporto tra il bene e male trasportandolo dal mondo occidentale, soprattutto dal cristianesimo al mondo nipponico, traendo molte ispirazioni anche dalla Divina Commedia, soprattutto per quanto riguarda le ambientazioni dell'Inferno e nella rappresentazione grafica del protagonista Devilman; la storia si basa sulla premessa che i demoni abbiano abitato la Terra dalla preistoria, quando erano stati sconfitti e imprigionati dagli angeli e l’eroe stesso è costretto a trasformarsi nella mostruosità che intendono combattere. Il manga è stato pubblicato sulla rivista Shōnen Magazine di Kodansha dall'11 giugno 1972 al 24 giugno 1973, i capitoli pubblicati su rivista sono poi riuniti in 5 tankōbon usciti tra l’ottobre 1972 e il settembre 1973.
29 Di Fratta, G., Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (ISIAO), in Il Giappone, Vol. 40 (2000), Il fumetto in Giappone: 1) l’evoluzione del manga dagli anni Settanta agli anni Ottanta, p. 175.
A causa dei temi cruenti che il manga stava sviluppando, la creazione del manga e dell'anime si scissero e si svilupparono in maniera completamente diversa, con quest'ultimo che preferì favorire un anime più adatto anche ad un pubblico di minori. Si può leggere delle singole scelte narrative, spesso dettate da richieste esterne, con anche ripensamenti in corso d’opera nel manga autobiografico Gekiman! diviso in tre volumi dello stesso autore. Quello che colpisce maggiormente del prodotto anime è stata ed è tutt’oggi la capacità di configurarsi come un fenomeno globale in grado di superare le barriere geografiche e culturali del proprio paese di provenienza e di imporsi come prodotto di successo anche in paesi differenti lontani da quello nipponico.
1.4 Gli anni 60-90 e l’industria del manga
Tornando al manga bisogna fare delle considerazioni: il fumetto nipponico ha caratteristiche specifiche sia nel disegno, sia nello sviluppo temporale; ciò che destabilizza il lettore alle prime armi è di sicuro il verso di lettura del fascicolo: infatti, il manga si legge dall’ultima pagina alla prima e di conseguenza da destra a sinistra.
Il consumo di un numero di un manga è assolutamente veloce, coincide con gli spostamenti del lettore; soffermandosi solo sulla lunghezza, sul materiale utilizzato e non sulle tematiche dei manga non è nulla di diverso dai libri da treno nati in Inghilterra nell'Ottocento, verso e di ritorno dal lavoro. In questo caso gli episodi sono calibrati per il tempo medio di viaggio da una fermata della metropolitana alla successiva. Grazie alla diversificazione e categorizzazione dei generi si ha avuto una ramificazione di target e pubblico specifico;
possiamo citare i manga shōnen e shōjo nati per un pubblico maschile o femminile di adolescenti, oppure il manga seinen che affronta tematiche più adulte rispetto ai primi due, gli josei cioè manga per donne adulte, ecc; queste macrocategorie si ramificano a loro volta in diversi sottogeneri. É interessante notare anche il numero di pagine complessive per una serie30 manga, se prendiamo come esempio una delle saghe più conosciute al mondo:31 One Piece, con il millesimo capitolo si è arrivati ad un totale di 20.000 pagine complessive.
L’editoria giapponese è un ambiente molto competitivo, pochissimi sono gli autori che vedono la propria opera pubblicata e ancora meno quelli che restano a lungo in cima alle classifiche.
30 Utilizzo del termine con significato «L’insieme dei fascicoli di una rivista, contraddistinti da numeri progressivi», da Vocabolario Treccani https://www.treccani.it/vocabolario/serie/
31 Bindi, V., Raffaelli, L., 2021, Che cos'è un fumetto, Roma, Carocci, pag. 78.
Bisogna sottolineare che i mangaka giapponesi partivano già con il concepire queste opere tenendo in considerazione principalmente la serialità. Gli autori si proponevano e si propongono ancora oggi, a varie case editrici con un capitolo pilot, in seguito gli editori lo analizzavano e decidevano se proporlo al pubblico. Visto che le riviste ancora oggi contengono un capitolo nuovo ogni settimana, in molti casi le scadenze costringono gli artisti a ritmi di lavoro massacranti, per questo motivo i mangaka sono spesso affiancati da assistenti che si occupano principalmente di disegnare sfondi o qualche elemento di contorno.
Le sorti delle diverse opere sono decise quasi interamente dai lettori stessi: ogni settimana viene lanciato un sondaggio, sulla stessa rivista dove compare il manga, per decretare quali siano i più apprezzati dal pubblico: se l’opera ricopre le ultime posizioni per settimane viene cancellata per dare posto ad un’altra. Le riviste però non si fermano solo a sondaggi sull'interezza dell’opera ma pubblicano anche dei sondaggi di popolarità dei personaggi all’interno della storia, sempre per scoprire le preferenze dei lettori; in questo caso se un personaggio secondario è molto apprezzato dal pubblico si cercherà di includere maggiormente nelle storie, se invece non è di gradimento lo si allontanerà. Questi sondaggi da parte dei fruitori sono punti di riferimento dell’editoria giapponese, spesso a discapito delle idee originarie del mangaka.
Si è parlato di mangaka e di assistenti ma una figura di rilievo nel mondo editoriale del manga è l’editor: ricopre un ruolo più attivo all’interno di una casa editrice, ha il compito di supervisionare le opere prima che queste vengano pubblicate e può lui stesso costringere il mangaka a modificare personaggi o eventi in base ai gusti dei lettori. Ci sono casi in cui un editor lavorando per molti anni con lo stesso mangaka, ha iniziato ad influenzarne in modo consistente il lavoro, come nel caso di Akira Toriyama (mangaka di Dragon Ball) con il suo editor Kazuhiko Torishima.
Servono ora alcune precisazioni sul formato, perché, durante il processo di pubblicazione, queste strisce di storie conoscono diverse fasi. In Giappone i manga vengono diffusi dapprima sulle manga zasshi, riviste che fanno da contenitore raccogliendo capitoli singoli di storie di autori diversi; il prodotto è stampato su carta riciclata e venduto a basso prezzo, circa 4€, con periodicità settimanale o mensile. Come abbiamo detto prima grazie ai continui sondaggi sull’opinione dei lettori delle diverse storie sui diversi magazine, negli anni 60 le storie con più successo vengono raccolte in volumi monografici chiamati bunko e
tankōbon,32 si distinguono in tre formati di pagina: il più classico è il B6 (circa 12,5×18 cm), ma per edizioni più pregiate sono utilizzati l’A5 (15×21 cm) e il B5 (18×25 cm), tutto ciò porta a pensare che il manga stesse diventando una forma di editoria generalista, non più solo passatempo usa e getta ma genere narrativo destinato ad una raccolta o collezione. Nel 1975 si calcolavano almeno circa 75 riviste settimanali specializzate nel fumetto,33 si può così parlare di nascita dell’industria del manga, il potere degli autori diventa quello di editori che controllano il mondo dei fumetti.
Grazie ai dati raccolti dall’Istituto di ricerca delle scienze editoriali di Tokyo, si è fatta una stima che nel biennio 1989-1992 ci sia stato un incremento delle vendite delle riviste specialistiche tale da arrivare a superare il 33% delle quote di mercato editoriale.34 Possiamo già vedere una concorrenza, in questi anni, tra le due maggiori case editrici che approfondiremo in seguito: Shūeisha e Kōdansha, in sfida con le loro due riviste settimanali di punta: la Shōnen Jump, edita da Shūeisha e la Shōnen Magazine di Kōdansha; con delle vendite totali, sia per la prima che per la seconda, che si aggiravano intorno ai 5-6 milioni di copie.35
La diffusione in Occidente
Se da un lato era già iniziata una commercializzazione e serializzazione dei manga editi dalle case editrici di maggiore successo, dall’altro per chi voleva sperimentare nuove forme di narrazione ed avvicinarsi a nuovi stili nacquero delle piccole case editrici che consentirono a tutti questi artisti di pubblicare le loro opere a basse tirature; questi manga amatoriali vennero chiamati doujinshi con destinatari clienti di nicchia; anche questo ramo dell’editoria giapponese, quello amatoriale durante gli anni Ottanta si accresce sempre di più.36
Negli stessi anni il fumetto giapponese arriva nel mercato occidentale, nascono delle case editrici specializzate che aiutano i lettori di oltreoceano a conoscere la grande quantità di produzioni interessanti, ci sono però diversi problemi di adattamento dovuti sia al formato diverso di scrittura sia al diverso senso di lettura.37 Il primo manga ad attraversare l'oceano per sbarcare negli Stati Uniti e poi in Italia è Akira di Katsuhiro Ōtomo.
32 Pellitteri, M., 2021. I manga, introduzione al fumetto giapponese. Roma, Carocci, p. 83.
33 Orsi, M.T., Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (ISIAO) in Il Giappone, Vol. 18 (1978), Il fumetto in Giappone: 1) L’evoluzione del manga dall’era Meiji alla guerra del Pacifico, p. 1.
34 Di Fratta, G., Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (ISIAO), in Il Giappone, Vol. 40 (2000), Il fumetto in Giappone: 1) l’evoluzione del manga dagli anni Settanta agli anni Ottanta, p. 128.
35ibidem.
36 Di Fratta, G., Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (ISIAO), in Il Giappone, Vol. 40 (2000), Il fumetto in Giappone: 1) l’evoluzione del manga dagli anni Settanta agli anni Ottanta, p. 208.
37 Barbieri, D., 2009, Breve storia della letteratura a fumetti, Roma, Carocci, p. 74.
Il fumetto viene pubblicato a partire dal 1982 sulle pagine del Young Magazine della casa editrice Kōdansha, la stessa rivista bisettimanale aveva inizio proprio in quell’anno; è un manga che rappresenta la società dell’epoca e che sottolinea il sempre più crescente legame tra uomo e macchina; si può collocare nel genere cyberpunk dove ad oggi mantiene un ruolo di rilevante importanza, divenne così famoso tra i giovani giapponesi in primis che decretò una diversa uscita nelle edicole del bisettimanale Young Magazine facendolo diventare a cadenza settimanale.38
I quattro autori che arrivarono al successo oltreoceano dopo lo sbarco di Akira furono:
Fujimoto e Abiko (noti ai più per la loro collaborazione e unione nel nome in Fujio-fujiko), creatori del famoso manga Doraemon iniziato nel 1969 e concluso nel 1996 pubblicato sul mensile CoroCoro Comic di Shōgakukan, con un totale di 1345 storie raccolte in 45 volumi tankōbon sotto l'etichetta Tentōmushi Comics; Romiku Takahashi nel 1978 fu il creatore del personaggio di Lamù.39 Infine il già citato Gō Nagai, ricordato per il manga Devilman ma soprattutto nel 1972 divenne il creatore di Mazinger Z, primo di una serie famosa in occidente, viene pubblicato sulle pagine della Shonen Jump, costituisce il patriarca di una nuova produzione di genere fantascientifico nel quale in mangaka rinnova la figura di un robot da combattimento.
In Italia, nello specifico, il manga si è inserito nel panorama editoriale in maniera graduale a partire dagli anni Novanta; iniziando a pubblicare riviste contenitore che ora, per preferenza degli editori, si sono trasformate in opere monografiche.40
Bisogna tener conto che in Giappone, la diffusione della tecnologia negli studi di graphic design inizia a introdursi alla fine degli anni Ottanta, con l’arrivo dei sistemi Macintosh. il manga, per quanto formalmente dipendente dalla creatività umana e dalla prevalente manualità della tecnica pittorica, non è rimasto immune a questo processo di automazione.41
Mark Mcwilliams nel libro Japanese visual culture parla dei manga e anime come parte integrante di un "media mix" di intrattenimento che costituisce un'importante nicchia di marketing nell'industria culturale sempre più globalizzata del Giappone; si riferisce ad un
38 Di Fratta, G., Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (ISIAO), in Il Giappone, Vol. 42 (2002), Il fumetto in Giappone: 3) Dal cyberpunk al manga degli anni Novanta. pp. 120-123.
39 Barbieri, D., 2009, Breve storia della letteratura a fumetti, Roma, Carocci, p. 74.
40 Di Fratta, G., Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (ISIAO), in Il Giappone, Vol. 40 (2000), Il fumetto in Giappone: 1) l’evoluzione del manga dagli anni Settanta agli anni Ottanta, p. 128.
41 Di Fratta, G., Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (ISIAO), in Il Giappone, Vol. 43 (2003), Il fumetto in Giappone: 4) Il manga di fine millennio, p. 177.
fenomeno dei mercati contemporanei in cui un unico conglomerato aziendale domina producendo e distribuendo a un'ampia varietà di prodotti multimediali ai suoi consumatori, di cui parleremo in seguito nel secondo capitolo.42 Anche se si parla di prodotti di massa però, manga e anime lo sono tutt'altro che omogenei, basti guardare lo stile, il contenuto, la caratterizzazione dei personaggi, nei temi o nei significati. Come in precedenza già accennato sono rivolti a sottoculture, livelli di età e generi diversi e sono prodotti all'interno di contesti storico-sociali in continuo mutamento.
Come l'antropologa Mizuko Ito descrive in modo appropriato, manga e anime, insieme al loro "media mix" di serie TV, video i giochi e i beni dei personaggi creano: «un immaginario altamente distribuito e pervasivo che abbraccia molteplici forme materiali, un immaginario che è massiccio, ma non massa».43
1.5 Studi di animazione cinematografici
Gli studi d’animazione giapponesi hanno prodotto film che hanno affascinato per moltissimi anni ed ancora oggi tutto il mondo, nel panorama italiano furono proiettati nelle sale cinematografiche oppure come film-evento o, direttamente, in home-video.
Nella storia del mondo dell’animazione il Giappone è certamente un caso unico: dal 1917 (quando si potevano vedere i primi cortometraggi nazionali) fino alla metà degli anni cinquanta, l’animazione era artigianale, dedita soprattutto a film didattici e di propaganda ma in pochissimo tempo divenne un’industria massiccia e aggressiva, capace di esportare perfino negli altri paesi.44 Iniziò quindi l’avvento dell'industria moderna dell'animazione giapponese, nacquero le case di produzione tra cui, per esempio, la Toei Animation e la Mushi Production.
La prima, fu fondata nel 1948 ed è attiva ancora oggi, ha prodotto numerose serie famose, tra cui: Mazinga Z, Dragon Ball (che inizia nel febbraio del 1986), I Cavalieri dello zodiaco, Sailor Moon, Digimon, One Piece;45 al suo esordio, sotto la guida del presidente Hiroshi Okawa, la produzione di lungometraggi animati era in grado di eguagliare la popolarità e la qualità di quella disneyana, grande sogno del fondatore di Toei, ebbero velocemente un notevole successo di pubblico e popolarità che aumentò quando un numero maggiore di film fu dedicato all’audience infantile.46
42 Macwilliams, M., 2008, Japanese Visual Culture: Explorations in the World of Manga and Anime, Armonk, N.Y., Sharpe, p. 6.
43 ivi.p.9.
44 Novielli, M., 2014, Animerama Storia del cinema d’animazione giapponese, Marsilio, Venezia, p. 8.
45 https://corp.toei-anim.co.jp/en/company/history.html
46 ivi. p. 100.
Non si può non ricordare il capostipite della serie di film della Toei: nel 1958, il primo lungometraggio La leggenda del serpente bianco (distribuito internazionalmente con il titolo Panda and the Magic Serpent) che ripropone la leggenda cinese del serpente bianco; si vuole con questo prodotto conquistare le famiglie del Giappone e di tutto il mondo con l'utilizzo di animali parlanti, un mix tra: commedia, avventura, sentimento ed una forte componente musicale, elementi che ci riportano a quelli che si è soliti chiamare “classici Disney”.
La seconda casa di produzione, la Mushi Production, è stata fondata nel 1961 da Tezuka stesso ed è la stessa che produrrà l’anime di Astro Boy, decidendo di dedicarsi al mondo dell’animazione in modo indipendente. Tezuka con la casa di produzione nel 1965 realizzò la prima serie televisiva animata a colori di successo: Jungle taitei (Kimba il leone bianco), basata su un altro suo manga; successivamente, due anni dopo, il mangaka trasse il lungometraggio omonimo che arrivò in Italia con il titolo Leo il re della giungla.
Nel 1977 dopo una crisi tra lo stesso Tezuka e la compagnia, che finì con l’abbandono da parte del fondatore, la società venne rilevata e il marchio riscattato ma non ritroverà mai l'aura degli anni d'oro. Realizzerà poi nel corso degli anni quasi esclusivamente lungometraggi animati di genere storico e educativo.
Ad oggi, il regista e mangaka più noto al grande pubblico contemporaneo è Hayao Miyazaki (1941-); la sua esperienza nel mondo del manga e anime si può far risalire al 1982, quando pubblicò con straordinario successo per il mensile Animage della Tokuma Shoten il manga Kaze no tani no Nausicaä (Nausicaä della valle del Vento), trasposto poi solo nei suoi primi sedici episodi in un film d'animazione è considerata tutt'oggi una delle migliori opere di anime.
Il nome del mangaka è molto spesso citato insieme a uno degli studi più famosi e a cui si associano subito i film d’animazione giapponesi: lo Studio Ghibli. Lo studio fu fondato nel 1985 a Tokyo da Hayao Miyazaki insieme a Isao Takahata regista, sceneggiatore e produttore cinematografico e i due produttori cinematografici Toshio Suzuki e Yasuyoshi Tokuma; grazie al loro lavoro da Kaze no tani no Naushika fino a Āya to Majo, conosciuto come Earwig e la strega del 2020, ha fatto emozionare intere generazioni.
Il primo film prodotto dallo Studio Ghibli, disegnato e anche diretto da Miyazaki è Laputa, il castello nel cielo (1986),47 successivamente nel 1988 due titoli dello Studio Ghibli furono distribuiti nelle sale cinematografiche: Il mio vicino Totoro di Miyazaki e Una tomba delle lucciole di Takahata. Quando lo studio fu pronto per una produzione su ampia scala, aprì
47 ivi. pp. 197-198.
le porte a nuovi autori, inaugurando nel 1993 una serie di titoli per la prima volta non firmati dal duo Takahata-Miyazaki, ma da giovani registi.48
Ancora oggi i film realizzati sono tra i più visti nella storia del Giappone e sono stati acclamati anche dalla critica occidentale; Hayao Miyazaki ricevette un premio al Golden Film Festival di Berlino Bear Award nel 2002 e l'Oscar per il miglior film d'animazione nel 2003 con Sen to Chihiro no kamikakushi, (figura 5), in Italia conosciuto con il titoloLa città incantata. I motivi del suo grande successo di questa pellicola potrebbero essere, come espone Anne Allison in Millennial monsters japanese toys and the global imagination, riconducibili a diversi fattori: uno dei quali è il fatto che il film sia stato in grado di attrarre non solo bambini ma anche adulti, ammaliati dalla mescolanza tra un mondo di spiriti, quindi di pura fantasia, e il mondo moderno, contemporaneo e assolutamente concreto, attraversato per tutto il film da una grande nostalgia per le tradizioni perdute ma allo stesso tempo, un grande fascino per la modernità.49Il successo all'estero del film ha veicolato aspetti della cultura visiva giapponese a un pubblico ancora più ampio e ha portato alcuni a prevedere una nuova “età dell'oro” per il cinema giapponese, Miyazaki fu il primo e fino ad oggi unico regista di anime a vincere un Oscar per l’animazione.50 Nel 2004, infatti, diversi anime si sono qualificati per la candidatura per la categoria Miglior film d'animazione, tra cui Sennen joyu (Attrice del millennio, 2001) e Tokyo Godfathers, entrambi di Satoshi Kon, non sono stati
48 https://www.ciakclub.it/2021/08/29/dieci-film-danimazione-giapponesi-non-studio-ghibli-da-vedere/
49 Allison, A., 2006, Millennial monsters japanese toys and the global imagination, Berkeley e Los Angeles: University of California Press, p. 9.
50https://www.studioghibli.it/
Figura 5 - Hayao Miyazaki, Sen to Chihiro no kamikakushi, locandina film, Studio Ghibli, 2001
approvati dalla commissione per l'inclusione nel ballottaggio.51 Il più recente film in ordine temporale prodotto dallo Studio Ghibli, il lungometraggio Il ricordo di Marnie (Omoide no Mānii, 2014) di Yonebayashi Hiromasa, ad oggi c’è il rischio che questo sia destinato a essere l’ultimo prodotto creato dalla nota casa per molto tempo.
A causa del momentaneo ritiro di Hayao Miyazaki e alla morte di Isao Takahata, ad agosto del 2014 Suzuki Toshio ha annunciato una pausa a tempo indeterminato del dipartimento di animazione dello Studio Ghibli; con il rallentamento delle attività dello studio, si è lasciato spazio a diversi registi che, anche se famosi in Giappone, non avevano mai ricevuto particolari attenzioni in Occidente, per esempio Makoto Shinkai: inizialmente graphic designer per la ditta di videogiochi Falcom, ha rielaborato comuni software come After Effect per utilizzarli nei suoi film; ha scritto e diretto nel 2016 Kimi no na wa, conosciuto in Italia con il titolo Your Name. che lo porta al successo internazionale (figura 6).
Il superamento delle barriere, grazie alle piattaforme streaming come Netflix e Prime Video, è stato d’aiuto a far conoscere a un vasto pubblico capolavori dell’animazione giapponese che, prima di oggi, erano conosciuti soltanto da chi già era appassionato del mondo nipponico. Se si guarda per esempio il catalogo Netflix, sono presenti nella sezione “anime”
molti titoli attuali ma anche di un decennio fa, con differenziazione per temi e fascia di età. Nei film di animazione, invece, sono presenti sia i film dello studio Ghibli, come La città incantata, Il mio vicino Totoro e Il castello errante di Howl, sia film prodotti dalla Kyoto Animation, tra cui La forma della voce e film di CoMix Wave Inc. come il già nominato Kimi no na wa. Dal 27 marzo 2022 al 30 marzo 2022 si tiene l'evento sul palco di Anime Japan,
51 Macwilliams, M., 2008, Japanese Visual Culture: Explorations in the World of Manga and Anime, Armonk, N.Y., Sharpe.p.
59.
Figura 6 - Makoto Shinkai, Kimi no na wa, locandina film, CoMix Wave Inc, 2017
precedentemente noto come International Anime Fair, è la più grande convention di anime in Giappone e la più importante al mondo.
A questo evento partecipano ogni anno grandi aziende come la Toei Animation, Aniplex, Tatsunoko, Sunrise e molte altre. In un intervento il regista Kohei Obara, responsabile della sezione anime di Netflix, ha affermato: «Gli anime sono uno degli elementi cardine del nostro investimento in Giappone, paese in cui lo scorso anno sono stati visti dal 90% dei nostri abbonati. Allo stesso tempo, l’interesse per gli anime è cresciuto in tutto il mondo e più della metà dei nostri abbonati internazionali ha guardato questi contenuti nel 2021» [...] «Con i prossimi titoli che arriveranno su Netflix, diversificando la nostra proposta e ripresentando i classici più amati, vogliamo continuare ad alimentare l’amore dei nostri abbonati per gli anime, sia in Giappone che in tutto il mondo».52
1.5.1 Caso studio: Evangelion di Hideaki Anno
Il manga di Neon Genesis Evangelion, scritto e disegnato da Yoshiyuki Sadamoto, già character designer della serie animata, ha debuttato nel 1994 sulla rivista giapponese Shōnen Ace, edita dalla casa editrice Kadokawa Shoten, con periodicità irregolare; venne poi spostato a partire dal 78º capitolo su una nuova rivista Seinen Young Ace della stessa casa.
L'opera è arrivata alla sua conclusione al novantaseiesimo capitolo con la pubblicazione nel giugno del 2013, i singoli capitoli sono stati poi raccolti in quattordici tankōbon con l'uscita dell’ultimo nel 2014 Neon Genesis Evangelion (Shin seiki Evangerion, lett. Il Vangelo del nuovo secolo), invece, serie animata fu creata e diretta dal 1995 da Anno Hideaki (figura 7), è una serie della casa di produzione Gaianax, di cui lo stesso regista era fondatore, con aiuto nella produzione da parte di TV Tokyo, la Nihon Ad Systems, la Production I.G e anche il già nominato Studio Ghibli; cominciò a pianificare la serie nel luglio del 1993. NGE53 è stato forse l'anime più acclamato dalla critica come serie TV del decennio, che dà energia all'intero settore con il suo vasto seguito di adulti.
Neon Genesis Evangelion era uno spettacolo di robot giganti diverso da qualsiasi altro mai realizzato, la sua storia complessa, ambientata quindici anni dopo un cataclisma che aveva spazzato via metà dell'umanità, nota come Second Impact, si incentra sulle vicende di Shinji
52 https://fumettologica.it/2022/04/netflix-anime-2022/
53 Acronimo di Neon Genesis Evangelion.
Ikari, un ragazzo che viene reclutato dall'agenzia speciale Nerv per pilotare un mecha gigante di nome di Eva e combattendo assieme ad altri piloti, contro dei misteriosi esseri chiamati angeli. La trama distopica di questa serie si svolge in uno spazio vago rispetto a quanto avvenuto prima della distruzione e quindi non svela i meccanismi con cui si rafforza il potere, l’esperienza dei giovani si crea nel divenire delle situazioni.
Facendo un quadro della situazione, il Giappone nel 1995 fu segnato da due grandi eventi drammatici: il terremoto di Kōbe e l'attentato con il gas alla metropolitana di Tōkyō per mano della setta Aum Shinrikyō; questi due eventi hanno scosso la popolazione nipponica sia dal lato della caducità della vita sia sulla sicurezza di un paese ritenuto sicuro da dopo la Seconda guerra mondiale e al riparo sia da attacchi esterni sia interni. Il culto del potere, rappresentato dalle competizioni tra gang, scontri paranormali, dagli esperimenti governativi, all’interno della trama è il riflesso della società; il proliferare di sette religiose, rappresentate dal gruppo che segue il messia Akira, in Giappone le “Nuove Religioni”, come descritto in Animerama Storia del cinema d’animazione giapponese di Maria Roberta Novielli sono già attestate sul finire del XIX secolo come risultanti sincretiche delle influenze occidentali rispetto alle forme di culto del paese.54
Possiamo pertanto riconoscere facilmente molti dei fattori in mutamento della società contemporanea, decretando un successo incredibile, ogni episodio aggiungeva infatti nuove informazioni riguardanti il passato dei personaggi e nuovi avversari da sconfiggere.
Ma ricevette anche tante critiche, come per esempio dal lato strutturale: la grande assente è proprio la storia, come sottolinea Susan Napier, docente statunitense del Japanese Program alla Tufts University: «la maggior parte dei giovani protagonisti sono orfani, letteralmente (Kaneda e Tetsuo) e metaforicamente (i bambini mutanti abbandonati al governo per gli esperimenti scientifici)».
54 Novielli, M., 2014, Animerama Storia del cinema d’animazione giapponese, Venezia, Marsilio, pp. 208-209.
Figura 7 - Anno Hideaki, Neon Genesis Evangelion, locandina film, Gaianax, 2014
Elemento con cui si rafforza l’idea che nella loro genetica culturale non abbiano fatto in tempo a sedimentare elementi determinanti del passato; lo spettacolo ha anche portato a una maggiore autocensura televisiva perché includeva alcune scene audaci che le reti non consentivano più.
Ben prima del ventunesimo e ultimo episodio andato in onda, Neon Genesis Evangelion era diventato un fenomeno importante in Giappone e un enorme successo commerciale e le vendite di laserdisc stabilirono dei record. Ad oggi, la casa di produzione Gainax continua a farlo rilasciare e concedere in licenza i prodotti Evangelion a un ritmo sorprendente per uno spettacolo che è finito nel 1996. 55 Il risultato in termini commerciali fu così alto che convinse la casa produttrice Gainax a creare due lungometraggi destinati al grande schermo, entrambi presentati nel 1997: Neon Genesis Evangelion-Morte e rinascita (Shin seiki Evangerion gekijōban-Shi to shinsei) e Evangelion-La fine di Evangelion (Evangerion gekijōban:
Magokoro o kimi ni).56
Nel 2007 il creatore stesso di NGE ha rilasciato una dichiarazione sotto forma di poster cinematografico apparso nei cinema di tutto il Giappone, pubblicata anche nel nuovo film Evangelion: 1.0 You Are (Not) Alone e sui siti del portale Yahoo! Japan per il film.
Molti desideri diversi ci stanno motivando a creare il nuovo film "Evangelion".
Il desiderio di ritrarre i miei sentimenti sinceri su pellicola.
Il desiderio di condividere, con un pubblico, l'incarnazione dell'immagine, la diversità delle espressioni e la rappresentazione dettagliata delle emozioni che l'animazione offre.
Il desiderio di collegare l'esausta animazione giapponese di oggi al futuro.
Il desiderio di combattere la continua tendenza alla stagnazione negli anime.
Il desiderio di sostenere la forza del cuore che esiste nel mondo.
Infine, il desiderio di realizzare questi desideri.57
Verso la fine degli anni Novanta lo studio della subcultura giapponese ha concepito il concetto di sekaikei (tipi di mondo): un neologismo indicato in molti casi come “sindrome post- Evangelion”. Questo termine è rivolto alle produzioni di animazione, manga, videogiochi e light novel; si riferisce soprattutto a quelle storie d’amore rigorosamente eterosessuali tra due
55 Macwilliams, M., 2008, Japanese Visual Culture: Explorations in the World of Manga and Anime, Armonk, N.Y., Sharpe.pp. 56-57.
56 Novielli, M., 2014, Animerama Storia del cinema d’animazione giapponese, Venezia, Marsilio, pp. 209-210.
57 https://www.animenewsnetwork.com/news/2007-02-20/hideaki-anno-releases-statement-about-new-evangelion-movie