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5.2 VALUTAZIONE DELL’IMPATTO SU SPECIE ANIMALI

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Academic year: 2021

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5. CONCLUSIONI

Il dettato dell’articolo 6 della Direttiva “Habitat” indica chiaramente che qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso alla gestione di un sito Natura 2000, che possa avere un’incidenza significativa sul sito medesimo, deve essere oggetto di una Valutazione di Incidenza.

Se questa risultasse negativa, il medesimo articolo prevede una fase di indicazione delle misure di mitigazione e/o compensazione necessarie a limitare le interferenze del piano o progetto.

Nel caso specifico da noi selezionato le interferenze sono, senza alcun dubbio, di natura diretta e indiretta. Diretta, perché l’attraversamento dell’opera in progetto comporta a carico del sito una sottrazione di habitat; indiretta, in quanto l’occupazione di parti dell’alveo può verosimilmente interferire con la biologia di differenti specie animali.

La sottrazione diretta di habitat comporta non solo la perdita di superfici vegetate, ma anche habitat di nidificazione a carico delle specie animali, che possono veder compromesse anche parti del loro home range e quindi indurre una completa rilocalizzazione di attività, quali il foraggiamento.

Tenuto conto che l’opera in progetto può interferire con il sito in modalità plurime e differenti (idrogeologia, regime delle acque superficiali, sedimentologia, emissioni sonore e/o di inquinanti…), verranno qui prese in considerazione quelle più direttamente connesse agli habitat e alle specie vegetali e animali.

Per gli altri comparti menzionati, l’entità di una loro interferenza con il sito andrà valutata da altre figure professionali e affrontata, in particolare, in momenti quali lo Studio di Impatto Ambientale (SIA) ed opportunamente rappresentati nella Valutazione di Impatto Ambientale (VIA).

Il progetto del ponte, oggetto di questa analisi, aveva già in sé recepito indicazioni di carattere ingegneristico circa lo stile e le modalità di costruzione, così da minimizzare la sagoma trasversale, i tempi di permanenza del cantiere e l’impatto diretto col substrato. Le pile di sostegno sono infatti poste a passo di 50 m e l’impalcato è del tipo a conci monolitici precompressi che hanno consentito di minimizzare lo spessore complessivo delle strutture orizzontali. Il grande passo delle pile e la loro modesta larghezza (3 m) consentono di ridurre al minimo le interferenze con il deflusso idrico superficiale sia nella fase di costruzione, che in quella di esercizio dell’opera. Tutte le fasi di lavoro successivo alla costruzione delle pile, si svolgeranno senza interessare cantieri in alveo poiché la realizzazione di tutte le strutture orizzontali avverrà dall’alto mediante carri di varo.

Nonostante questi accorgimenti, derivati da un attento studio di valutazione dell’impatto ambientale, permangono le interferenze su menzionate la cui possibile entità verrà qui di seguito analizzata.

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5.1 VALUTAZIONE DELL’IMPATTO SU HABITAT E VEGETAZIONE

Degli habitat indicati per il sito, l’area di interesse ne comprende essenzialmente tre e precisamente:

 3170* Stagni temporanei mediterranei;

 6110* Terreni erbosi calcarei carsici;

 91E0* Foreste alluvionali residue di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior.

Tutti e tre sono prioritari.

Il 3170 trova la sua localizzazione negli ambienti di greto, in regime di magra estiva specialmente in meandri isolati o con debole ricambio idrico.

Il 6110, largamente presente sui numerosi terrazzamenti fluviali, è interessato dal manufatto nel suo sviluppo in riva sinistra. Nell’area di interesse forma estesi mosaici con formazioni a gariga attribuite all’associazione Astragalo-Artemisietum.

Il 91E0 è rappresentato dalla estesa fascia di bosco ripariale che si estende in riva destra nell’area di intervento. La situazione è stata descritta da Biondi, in un recente studio di approfondimento, come notevolmente degradata.

Dai dati di progetto e dall’apertura del cantiere, avvenuta durante i rilievi di campagna, si evince chiaramente quale sia la fascia di vegetazione boscata ed erbacea-arbustiva soggetta ad esportazione e su cui insisteranno le opere di arroccamento del ponte medesimo. Essa corrisponde all’area fisicamente riportabile allo sviluppo in pianta del manufatto ed alle aree di cantierizzazione strettamente adiacenti. La fascia di vegetazione soggetta a taglio si colloca in riva destra del greto e comprende la boscaglia ripariale riportabile all’habitat prioritario 91E0, interposta tra il greto fluviale attivo e le circostanti aree coltivate.

In riva sinistra ci sarà lo scoticamento del terrazzamento fluviale e della corrispondente vegetazione erbaceo-arbustiva (habitat prioritario 6110). Lo stesso avverrà per la vegetazione del greto (habitat 6110 e 3170 prioritari).

Tra le specie vegetali non sono state riscontrate specie prioritarie.

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5.2 VALUTAZIONE DELL’IMPATTO SU SPECIE ANIMALI

Al contrario di quanto sopra descritto per gli habitat, la cui percentuale di perdita è ben quantificabile anche nelle superfici interessate, la valutazione per quanto riguarda le interferenze sulle specie animali non ha criteri di parametrizzazione così oggettivi. Tutto ciò in generale, anche se si possono individuare periodi del ciclo biologico di specie animali, come quello di nidificazione, in cui può essere individuata un’interferenza altrettanto oggettiva.

Il greto del fiume Taro, anche per le sue funzioni di connettività ecologica prima individuate, rappresenta un’importante corridoio migratorio, come sottolineato dal numero di specie ritrovabili ai passi o durante lo svernamento. La presenza di un ostacolo trasversale a questa via migratoria può essere, di conseguenza, un elemento degno di valutazione nei riguardi dei migratori. Riteniamo, tuttavia, che le altezze a cui si svolgono i flussi migratori e la visibilità del manufatto medesimo rendano questa possibile interferenza poco probabile e tale da non dover essere ulteriormente commentata in questa sede. D'altronde, la valutazione di impatto ambientale operata sulla struttura prevede la minimizzazione delle interferenze con il traffico stradale attraverso paratie fonoassorbenti e protettive. La somma di tali accorgimenti dovrebbe essere in grado di minimizzare la mortalità aggiuntiva che l’opera in progetto può direttamente determinare sull’avifauna. Se, infatti, l’impatto del traffico sugli uccelli può essere in molti casi elevato, nel presente caso la sua effettiva estensione nella ZPS, ma soprattutto la presenza di paratie laterali è in grado di rendere tale eventualità del tutto episodica.

Più problematica potrebbe essere una valutazione degli effetti del disturbo luminoso che il manufatto può determinare sul flusso migratorio; anche in questo caso è necessario fare alcune premesse di ordine generale: se il manufatto è da realizzare, l’interferenza luminosa che può determinare è tra gli elementi ineludibili, visto che ragioni di sicurezza per la salute umana (sempre sovrimposte a norma della Direttiva) non ne permettono l’eliminazione, salvo particolari accorgimenti tecnici da mettere senz’altro in atto (vedi oltre). Di conseguenza soffermarci su questo argomento appare nel complesso della problematica del tutto pleonastico.

Appare di maggiore interesse ed efficacia spostare l’attenzione verso i periodi di nidificazione, in cui le specie animali sviluppano un rapporto duraturo nel tempo con i siti prescelti ed in cui le specie attuano particolari scelte di habitat spesso estremamente precise.

Nell’ambito di quanto espresso nei risultati, l’opera in progetto appare interferire con l’habitat di nidificazione in particolare di occhione e succiacapre che assumono, di conseguenza, il ruolo di specie target per una VI sulle specie animali.

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 Occhione (Burhinus oedicnemus)

Dai risultati si evince chiaramente che l’area di intervento rappresenta una delle zone del greto che maggiormente soddisfano le esigenze di habitat di nidificazione dell’occhione, non a caso la densità di nidi qui riscontrata in diverse stagioni riproduttive è stabilmente alta (vedi fig.20) e ciò è valido per l’intera superficie di greto nella sezione interessata dall’opera e dalle connesse attività di cantiere. Appare corretto valutare differentemente la fase di cantiere e di esercizio, tenuto conto che il periodo di cantierizzazione sarà quello responsabile della produzione delle interferenze maggiori, in quanto che ci sarà una effettiva occupazione del greto non solo sulla superficie netta di attraversamento, ma anche nelle adiacenze per le opere di movimentazione di materiali e per la presenza continua di macchine operatrici.

Fase di cantiere

In questa fase, a monte della posizione futura del manufatto, il greto sarà interessato direttamente da un guado provvisorio (stagionalmente realizzato e rimosso), dagli argini di deviazione delle acque (stagionalmente realizzati e rimossi), dall’attraversamento di automezzi di trasporto materiali di scavo del guado in località Maraffa, dal loro transito ulteriore dal guado fino a raggiungere i luoghi individuati per lo stoccaggio dei materiali.

In tale situazione, la zona di disturbo sul greto (buffer) si giudica, secondo quanto riportato nella figura 20, estesa per 2000 metri a monte del ponte.

Analogamente, a valle del manufatto, il greto sarà interessato da un guado provvisorio (stagionalmente realizzato e rimosso) e dal transito di automezzi di trasporto di materiali di scavo in riva sinistra. In tale situazione la zona di buffer si giudica estesa per 1500 metri (fig.20).

Su questa base, la tabella 13 riporta le superfici di buffer relative e, rispetto a quello che nel sito è la superficie utile di greto per gli occhioni, le relative stime di perdita di habitat di nidificazione durante il perdurare dei lavori di costruzione dell’opera e di successivo ripristino dei luoghi. Tale durata è ipotizzabile in almeno un anno di intervento diretto in greto per la posa delle pile ed in due ulteriori anni di posa dell’impalcato.

Di conseguenza, per il periodo di un anno, si stima il disturbo come esteso all’intera superficie di buffer a monte ed a valle dell’opera (meno 16,4% di habitat riproduttivo). Nei due anni successivi l’interferenza sarà minore e si stima come rappresentabile dalla somma 1+3 in tabella 13, pari al 12,4% di perdita dell’habitat riproduttivo per l’intero sito.

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Tab. 13 Computo delle percentuali di greto comprese entro le zone di disturbo a monte ed a valle dell’opera in rapporto

alla superficie totale di greto all’interno dei confini del Parco.Calcoli condotti tramite software GIS sulle foto aeree del 2003.

Area (ha) Habitat riproduttivo perso (%)

Profilo ripa 627 -

(1) Buffer 2000 m (monte) 66 10,5%

(2) Buffer 1500 m (valle) 37 5,9%

(3) Buffer 500 m (valle) 12 1,9%

(1) + (2) 103 16,4%

(1) + (3) 78 12,4%

Per il medesimo periodo, parallelamente alla perdita di habitat di nidificazione, si avrà anche una corrispondente perdita di quello di alimentazione; tuttavia questa non sarà limitata alle superfici in greto, ma si estenderà anche alle aree che verranno occupate dai luoghi di stoccaggio di materiali di scavo in riva sinistra, oltre il tracciato della A-15. Le aree di foraggiamento dell’occhione, stabilite attraverso radiotracking (figg.13 e 14), hanno infatti evidenziato anche l’uso di tali terreni. Le aree di foraggiamento esterne al greto sono localizzate in zone fortemente antropizzate. In alcuni casi si tratta di cave di ghiaia attive, ma l'ambiente in assoluto più sfruttato è la cornice agricola periferica, soprattutto nel lato orientale del fiume. Probabilmente, la notevole diffusione degli allevamenti bovini rappresenta la causa principale della scelta degli animali, sia per la presenza di letamaie a cielo aperto, sia per i numerosi coltivi a foraggio (Medicago sativa). Questi sono oggetto di tagli ripetuti durante la primavera e l'estate, che rendono disponibili in tali periodi una serie di aree con vegetazione bassa in cui gli occhioni possono alimentarsi. Il legame tra questi uccelli e l’agricoltura sembra testimoniare l'importanza di promuovere pratiche agricole di ridotto impatto ambientale, specialmente nelle aree di preparco.

Tuttavia le aree di foraggimento sono fuori sito e non dovrebbero rientrare dunque nella VI.

Fase di esercizio

Un’ipotesi sull’impatto del ponte sulla popolazione di occhione durante la fase di esercizio può essere effettuata prendendo in considerazione la presenza di opere analoghe nel sito.

Sono stati considerati, procedendo da monte verso valle, il ponte stradale di Fornovo, quello della linea ferroviaria, il guado esistente in località Maraffa e il ponte in località Pontetaro.

Per ogni ponte è stata misurata la distanza minima in cui si incontra per la prima volta un nido, considerando i nidi del 2000-2001 (unici dati disponibili in letteratura) per il ponte stradale di

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Fornovo e quelli del 2000-2005 per gli altri ponti. Per il ponte della ferrovia e per il guado sono stati misurati i nidi a monte e a valle di questi; mentre, per il ponte di Fornovo (confine del Parco) solo i nidi a valle e per il ponte di Pontetaro (confine del Parco) solo quelli a monte.

I dati ricavati sono stati visualizzati nella tabella 14 ed è stata calcolata la distanza media sia a monte che e a valle, escludendo da quest’ultima analisi il guado in quanto non è un vero e proprio ponte. La distanza media a monte è di 255 m, quella a valle di 268 m.

Si nota che le distanze minime sono molto simili nei tre ponti, mentre sono minori per il guado;

quest’ultimo, infatti, è un’opera di dimensioni inferiori e non presenta tutte le opere di regimazione annesse ai ponti.

Fig. 36 Posizione dei ponti e del guado presenti nel Parco del Taro.

Ponte in loc.

Pontetaro

Guado

Ponte ferroviario

Ponte stradale di Fornovo

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Tab. 14 Distanza minima e anno dei nidi a monte e a valle, rispetto ai ponti presenti nel Parco del Taro e rispetto al guado.

Distanza minima (valle) Distanza minima (monte)

Ponte stradale di Fornovo 317 m (2000) -

Ponte ferroviario 219 m (2000) 205 m (2000)

Ponte in località Pontetaro - 306 m (2004)

Media 268 m 256 m

Guado in località Maraffa 124 m (2000) 75 (2004)

In fase di esercizio, quindi, l’impatto dell’opera si ipotizza circoscritto ad un’area più limitata (300 m a monte e a valle) rispetto a quella dei buffer relativi alla fase di cantierizzazione.

Un’azione di monitoraggio dovrà invece valutare se la presenza delle pile di ponte determini una differente fluitazione dei materiali e se questi possano effettivamente rappresentare una modifica al greto tale da renderlo non appetibile come sito di nidificazione per gli occhioni medesimi.

In sintesi, tutta l’area di influenza dell’opera entro e fuori il sito, ma ad esso funzionalmente correlato in quanto sfruttato troficamente, potrebbe perdere per la specie ogni attrattiva e potenzialità di sfruttamento. Non si avanzano stime in termini di riduzione della popolazione nidificante nel sito ma, considerata la estrema stenotopicità che la specie ha in fatto di localizzazione del nido e che l’area di interesse viene a cadere in zone particolarmente vocate per la nidificazione, è di conseguenza prevedibile una interferenza oggettiva con la popolazione di occhione

Tale interferenza potrebbe avere come elemento generante un fenomeno di frammentazione dell’habitat di nidificazione; innegabilmente, infatti, la presenza fisica dell’asse viario che si pone circa a metà dell’estensione della ZPS, può essere visto come un elemento di discontinuità fisica lungo lo svolgersi del greto fluviale. Rendere oggettiva una tale possibile interferenza appare arduo e non direttamente derivabile dal tipo di dato qui raccolto, tuttavia le mappe di distribuzione dei nidi realizzate a livello pluriannuale mostrano come l’habitat fluviale non sia omogeneamente sfruttato, ma esistano luoghi di particolare aggregazione delle coppie (vedi fig.20), alternati ad altri dove queste si rarefanno o sono assenti. Nonostante questa distribuzione non omogenea, non riteniamo possibile l’esistenza di reali subpopolazioni all’interno dell’area di studio, che sarebbe invece occupata da una unica entità metapopolazionistica genericamente in interscambio con altre popolazioni esistenti nei territori vicini.

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Alla luce di quanto sopra discusso, l’ipotesi di una frammentazione dell’habitat tale da comportare la creazione di subpopolazioni distinte, appare non praticabile. Questa affermazione discende, in particolare, dalla natura non stanziale ma migratoria della popolazione a cui carico si può genericamente ammettere una filopatria per l’area, testimoniata empiricamente da una elevata fedeltà al sito di nidificazione da parte di coppie adulte; queste tendono a scegliere le localizzazioni migliori in termini di microhabitat, andando a saturare quello complessivamente disponibile.

Habitat marginali o subottimali vengono verosimilmente occupati da coppie che non hanno mai nidificato nell’area, con un elevato turnover annuale ed un riassorbimento popolazionistico frutto del movimento migratorio stesso.

 Succiacapre (Caprimulgus europaeus)

L’area di interesse viene direttamente a sovrimporsi su una delle zone dove le indagini di censimento al canto della specie in periodo riproduttivo hanno dato risultati di presenza particolarmente elevata (vedi figg. 25 e 27).

Perdendosi la sezione relativa all’area di intervento, è lecito attendersi per la fase di ordinaria gestione una parallela perdita di habitat riproduttivo, limitata all’area di attraversamento del ponte ed immediate adiacenze. Per la fase di cantiere e di ripristino si ritengono anche in questo caso valide le previsioni di buffer di disturbo prima descritte per l’occhione.

Considerando che la presenza di individui in canto è risultata omogenea, sebbene si possano individuare aree di maggior interesse per la specie lungo lo sviluppo del sito (figg. 30 e 31), appare congruo valutare la perdita di habitat riproduttivo della specie nel sito, per il periodo di cantiere/ripristino, in base al numero di individui in canto presenti nell’area di intervento e quelli complessivamente segnalati per il sito. Dalla figura 32 si individuano, per l’area di buffer, 11 individui in canto; la perdita di area riproduttiva sarebbe dunque di 11/51 (22%).

Tale misura si riconosce come approssimativa, in quanto si dovrebbe desumere attraverso una valutazione dell’habitat di nidificazione effettivamente presente e quello che viene sempre effettivamente sottratto, cosa del tutto impossibile nelle attuali situazioni di conoscenza.

Le aree di riproduzione sono anche da considerare come di foraggiamento, almeno in certi limiti; è noto infatti che il territorio di nidificazione ha nel succiacapre anche un valore trofico, specialmente durante la fase di incubazione/allevamento. Dati sull’home-range dimostrano, tuttavia, che l’area sfruttata troficamente si estende in un raggio di 4-5 km dal nido. Le stime espresse per l’habitat riproduttivo possono dunque prudenzialmente valere anche come misura della perdita di habitat di foraggiamento.

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Gli habitat di riproduzione della specie nel sito sono ben rappresentati; di conseguenza la sottrazione di habitat nella fase di esercizio potrà essere compensata dalle potenzialità del sistema, non inducendo perdita di popolazione. Più difficilmente ciò potrà verificarsi nel periodo di cantiere/ripristino, in cui la densità della specie nel sito potrebbe ridursi parallelamente alla temporanea sottrazione di una parte non trascurabile dell’habitat di nidificazione.

Per una eventuale frammentazione dell’habitat anche a carico di questa specie, si rimanda a quanto discusso per l’occhione pur tenendo conto della differenze di biologia delle due specie.

5.3 INDICAZIONE DI EVENTUALI MISURE DI MITIGAZIONE E DI COMPENSAZIONE

Sulla base delle analisi esposte precedentemente, sono state individuate una serie di azioni di mitigazione e di compensazione a vantaggio di habitat e specie di interesse comunitario ospitate nel pSIC – ZPS IT4020021 Medio e Basso Taro.

Infatti, la realizzazione dell’opera in progetto, è destinata ad avere un’incidenza negativa sul sito e in particolare su habitat e specie animali “di interesse comunitario”.

Ai sensi della vigente normativa è quindi obbligatorio prevedere la realizzazione di opportune azioni di mitigazione e di compensazione.

5.3.1 MISURE DI MITIGAZIONE

Le misure di mitigazione possono riguardare modificazioni sia delle caratteristiche dell’opera in progetto che delle sue modalità di realizzazione e successiva gestione, tali da ridurre o addirittura, se possibile, annullare gli impatti negativi sul sito e le sue componenti biotiche (vedi par.2.3). È quindi possibile scindere gli effetti della realizzazione dell’intervento e del suo esercizio sulle componenti ambientali in due momenti distinti:

1.Fase di cantiere 2.Fase di esercizio

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Come già descritto, durante la fase costruttiva i maggiori disagi deriveranno dalla inevitabile interferenza del cantiere con le componenti del sito; per limitare tali disagi le scelte progettuali adottate hanno già minimizzato molti impatti.

Nonostante ciò, è possibile ancora intervenire con opportune misure per minimizzare ulteriormente gli impatti generati dalle opere: Gli interventi suggeriti derivano dalle analisi volte a qualificare gli habitat e le specie di “interesse comunitario” interessate dagli impatti, in considerazione anche del carattere di temporaneità/reversibilità o irreversibilità degli stessi.

1. Fase di cantiere:

 Svolgimento dei lavori prevalentemente nel periodo fine estate-autunno, in quanto questo comporta diversi vantaggi: l’accesso delle macchine pesanti, effettuato con terreni asciutti, limita al minimo gli effetti di costipamento e di alterazione del suolo; le piste di cantiere necessiteranno in maniera minore di pavimentazione in materiale ghiaioso e quindi, a lavori ultimati, sarà più rapido il ripristino della copertura vegetale (si consiglia di utilizzare geostuoie per separare il materiale ghiaioso dal diretto posizionamento sul terreno al fine di favorire il ripristino); riduzione della possibilità di smottamenti, in quanto gli scavi eseguiti in questo periodo saranno molto più stabili e sicuri; l’impatto sulla fauna è ridotto al minimo, in quanto questi mesi sono al di fuori dei periodi riproduttivi di pesci, anfibi, rettili e avifauna.

 Ripiantumazione, ripristino della vegetazione e nuove piantumazioni; considerate le ragioni tecniche di accurati interventi manutentori e le difficoltà intrinseche di attecchimento si suggerisce di adottare come ulteriore elemento mitigatorio la possibilità di ricostituzione delle superfici erbacee con disseminazione di specie adatte, attuando interventi per contrastare l’ingresso di specie alloctone.

2. Fase di esercizio:

 L’impatto permanente causato dal traffico veicolare è stato minimizzato con una serie di accorgimenti (paratie fonoassorbenti e protettive).

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 Compatibilmente con le esigenze di sicurezza stradale, l’illuminazione del ponte dovrebbe preferenzialmente utilizzare lampade al sodio a bassa pressione, al fine di interferire il meno possibile con le specie più sensibili durante le ore notturne e crepuscolari, in quanto l’asse viario attraversa trasversalmente il sito.

5.3.2 MISURE DI COMPENSAZIONE

Considerato che l’esecuzione delle opere comporterà probabili perdite di habitat anche prioritari, di cui all’allegato I della Direttiva 92/43/CEE e interferenza e perdita di habitat di nidificazione per specie di cui all’allegato I della Direttiva 79/409/CEE, si conferma la necessità di individuare, misure di compensazione necessarie a garantire la tutela della coerenza globale della Rete Natura 2000, così come previsto dall’art. 6.4 della Direttiva 92/43/CEE (vedi par.2.3).

Misure compensative idonee debbono soprattutto ritenersi quelle specificatamente mirate alla riqualificazione ambientale di aree capaci di assicurare la salvaguardia di habitat e specie presenti negli allegati di Direttive comunitarie ed in particolare di quelli di cui si perdono porzioni, ovvero al reperimento di nuove zone con caratteri idonei, determinando incrementi di superficie del sito in oggetto.

Si potrebbero allora:

1. Attivare azioni di ripristino sulle superfici di stretto ambito fluviale oggi privatizzate su cui sono in atto o lo sono state attività produttive di alto impatto (frantoi, cave di inerti, costruzione di prefabbricati). Tali attività sono spesso in stato di abbandono o di non attuato recupero ambientale ed occupano terrazzamenti fluviali maturi con vegetazione erbaceo-arbustiva xerica ricadenti in tipi di habitat prioritari.

2. Attuare ulteriori interventi di recupero di superfici umide in ambienti laterali di greto così da restituire spazio ad habitat attualmente in stato di forte deperimento. Si favorirebbero in tal modo i processi di ricostituzione di fasce di ambienti perifluviali necessarie al buon funzionamento ecosistemico del sito.

3. Riconsiderare i confini del sito.

In questa ottica di intervento compensatorio, si suggeriscono le seguenti azioni:

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 Acquisizione da privati di terreni in attualità di coltivazione da cedere successivamente all’Ente gestore (Parco F.R. del Taro).

 Individuare con l’Ente gestore superfici di greto da sottoporre a riqualificazione attraverso la riapertura di canali per il ripristino di isole, consentendo il recupero di habitat vitali per l’avifauna nidificante e migratoria. Questa tipologia di intervento è gia stata messa in opera dall’Ente gestore durante il Progetto LIFE 98 NAT/IT/5138 e potrebbe continuare nelle medesime localizzazioni od in aree situate altrove ed in cui il fiume presenta caratteri di monocorsualità (perdita del pattern a canali intrecciati).

 Prevedere fondi per una opportuna azione di monitoraggio delle popolazioni di occhione e di succiacapre per poterne seguire il divenire durante tutto il periodo di intervento e negli anni a seguire. Il monitoraggio dovrebbe avere durata almeno quinquennale, capace cioè di descrivere la dinamica di popolazione e le localizzazioni delle due specie in relazione all’opera in progetto.

I risultati potranno costituire un utile esempio sulla portata di determinate opere su specie di interesse comunitario.

 Considerando che il sito è stato oggetto di un intervento LIFE NATURA e che questo era finalizzato alla “Riqualificazione di habitat fluviali del Taro vitali per l’avifauna” LIFE 98 NAT/IT/5138, si pone la eventualità di valutare se esiste una perdita dei benefici indotti al sito da tale intervento. Delle differenti azioni che hanno caratterizzato tale progetto LIFE, facilmente desumibili dalle documentazioni ufficiali a resoconto dello stesso, non si evincono opere o interventi che ricadano direttamente nella sezione di sito interessata dal progetto di costruzione del ponte.

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6. LA SITUAZIONE NEL 2006

Per quanto riguarda la fase di esercizio, al di la dell’occupazione fisica da parte delle pile di porzioni del greto, indicazioni sull’incidenza dell’opera, rispetto alla popolazione nidificante, possono essere tratte confrontando i risultati della nidificazione negli anni 2000-2005 rispetto al 2006 (tab.7 e fig.24), anno in cui sul greto era stato già realizzato un guado corrispondente alla pianta dell’opera in progetto (figg.37 e 38).

Dal grafico 24, che mette in relazione la media del numero di nidi del periodo 2000-2005 confrontati con quelli del 2006, si nota che negli anni 2000-2005 il numero medio dei nidi era maggiormente concentrato nelle fasce distanti 200 e 400 m dal ponte; nel 2006 si riscontra un aumento dei nidi con una disposizione più omogenea lungo tutte le fasce del buffer e nessun nido nella fascia dei 50 m (a causa della costruzione del tracciato del ponte).

In questo caso, non si sono avute nidificazioni dirette nella porzione di greto modificato con la realizzazione del guado di attraversamento ma, come si vede dalla figura 24, c’è stata una ridislocazione dei nidi nelle diverse fasce considerate.

Sulla base di questa evidenza, paragonando questo primo guado a quello esistente in località Maraffa, potrebbe essere posta l’ipotesi che l’influenza del manufatto nel periodo di esercizio sia direttamente limitata alle sue strette adiacenze senza interferenze significative al di la di un buffer ristretto di 200 m (vedi tab.14)

Dai dati di progetto, considerate le imponenti dimensioni dei lavori di costruzione del ponte, facendo riferimento soprattutto alle opere annesse (opere di regimazione, strade, guadi), l’impatto quasi nullo osservato dalla distribuzione dei nidi nel primo anno di costruzione (2006) appare inspiegabile.

In realtà, l’impatto sulla popolazione di occhione è stato inferiore, rispetto alle previsioni, a causa del ridimensionamento dell’opera e della non costruzione delle strade accessorie.

Questo fatto, negli anni futuri, arrecherà sicuramente un danno minore alla popolazione di occhione e di succiacapre presenti nel sito, rispetto a quanto previsto dalla Valutazione di Incidenza che si basa sul progetto originario.

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Fig. 37 Veduta longitudinale del tracciato del ponte (23/06/06).

Fig. 38 Veduta laterale del tracciato del ponte (11/07/06).

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7. CONSIDERAZIONI FINALI

L’art 6 della Direttiva Habitat è evidentemente funzionale al mantenimento della coerenza del funzionamento della rete Natura 2000 e, dunque, la necessità di mettere in campo misure di mitigazione e di compensazione, quando un qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso con la gestione dei siti venga ad interessare un nodo della Rete, appare cruciale.

Le opere di compensazione e di mitigazione, ma in particolare le prime, dovrebbero essere applicate in senso estensivo andando possibilmente oltre gli impatti direttamente quantificabili ed introducendo, invece, considerazioni di funzionalità ecosistemica. Intendendo con questo che una compensazione non deve semplicemente ridare una superficie sottratta, ma tale superficie più gli effetti indotti dalla sottrazione originaria. La richiesta di compensazioni e mitigazioni, opportunamente inserita nel processo di progettazione e pianificazione delle opere che vengono ad interessare nodi della Rete, dovrebbero portare ad un processo progettuale di forte riconsiderazione delle modalità di costruzione dei materiali da usare, degli stili di cantierizzazione e soprattutto dei tempi e dei calendari di intervento. È indubbio che una forte interazione tra tecnici nelle fasi di SIA e VI debbano avere come effetto finale una minimizzazione delle interferenze, attraverso la cristallizzazione del concetto che si sta operando in un area di interesse comunitario e che,dunque, gli approcci progettuali debbano essere del tutto particolari, laddove ovviamente non si possa recedere dal progetto spostandone la sede al di fuori della Rete.

Da un punto di vista naturalistico esiste poi la problematica di affrontare in maniera effettivamente scientifica la valutazione degli impatti. I tempi imposti dalla progettazione o dalla prassi burocratica comunitaria, che concede tempi strettissimi per la realizzazione delle valutazioni, vanno contro questa necessità. L’opinione pubblica, ed in particolare la sua componente ecologista, spinge sulle istituzioni tendendo spesso a radicalizzare situazioni e problematiche al di la della bontà dell’azione logistica di base che le associazioni svolgono. Tutto questo finisce spesso per far si che le valutazioni di incidenza siano largamente surrettizie e tali da non rispondere in modo efficace e tecnicamente proprio alle necessità dettate dall’art 6 su menzionato.

Da un punto di vista generale, dobbiamo sottolineare spesso la mancanza di informazioni specifiche soprattutto per quanto interessa la componente animale; se le schede Bioitaly, relative ai singoli SIC, possono costituire un’opportuna partenza, molto spesso non costituiscono alcun valido aiuto alla soluzione di specifici problemi non riportando, ad esempio, le localizzazioni anche generiche riguardo la distribuzione delle specie di interesse. Il problema di una quantificazione, nonché quello di una georeferenziazione della distribuzione delle specie della fauna italiana, è ancora in fase del

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tutto iniziale (“Ckmap”; Ruffo & Stoch, 2005). Si richiama, dunque, la necessità di interventi specialistici per la costituzione di un effettivo background conoscitivo funzionale a rendere quanto più concreta possibile la VI medesima. Ciò comporta, anche nei casi dove le informazioni faunistiche appaiono più numerose, la necessità di potere operare su tempi lunghi e in ogni caso congrui coi cicli vitali delle specie presenti.

A margine di tutto questo, vorrei qui riflettere su quanto un’opportuna opera di monitoraggio possa essere esemplificativa e soprattutto chiarificatrice nell’ipotizzare i reali effetti di un intervento.

Per quanto riguarda il ponte sul Taro, la VI effettuata ha messo in luce un’incidenza significativa sul sito e ha dettato le opportune misure di compensazione e di mitigazione da intraprendere.

Tuttavia, la valutazione delle misure compensative non termina con la fine della VI; è necessario garantire che siano salvaguardati a lungo termine gli interessi di conservazione della rete natura 2000. A tal fine bisogna garantire che siano previsti come punto specifico delle integrazioni meccanismi di monitoraggio a lungo termine. Infatti, grazie ad una successiva azione di monitoraggio della popolazione di occhione, condotta in parallelo al primo anno di costruzione dell’opera (2006), è stato possibile valutare, e non più solamente stimare, i primi effetti di questa sulla suddetta popolazione.

Nel primo anno di cantierizzazione è stato costruito un guado, primo tracciato del ponte, ed è stato possibile misurarne l’estensione mediante GPS. Ci si è accorti che l’opera in costruzione si discostava dal progetto, in quanto appariva di estensione minore e non sono state tracciate né a monte della posizione futura del manufatto, né a valle, le previste opere ausiliarie: il guado provvisorio, gli argini di deviazione delle acque, le strade di transito dal guado fino a raggiungere i luoghi individuati per lo stoccaggio dei materiali. Questi cambiamenti sono stati integrati nel progetto proprio grazie alle indicazioni della VI per diminuire ulteriormente gli impatti sul SIC.

Ciò è avvenuto per un cambiamento del progetto originario che, invece, prevedeva un impatto sul sito di importanza maggiore.

Grazie a un monitoraggio continuo dell’area in esame sarà, allora, possibile ricercare i reali impatti della nuova opera sul sito e, in particolare, sulle popolazioni di occhione e succiacapre.

Appare, quindi, di vitale importanza, dopo aver condotto una VI, verificare le previsioni effettuate, poiché i risultati delle verifiche possono essere collegati direttamente al programma di monitoraggio.

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