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Adichie pubblica le sue opere in giovane età

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Academic year: 2021

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2. LE OPERE

Dopo aver presentato un rapido profilo biografico della scrittrice, affrontiamo adesso più da vicino le opere che hanno reso Chimamanda N.

Adichie figura di spicco della scena letteraria internazionale contemporanea e personaggio dalla notevole influenza pubblica

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.

Adichie pubblica le sue opere in giovane età

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, ottenendo a conferma del suo vivace talento narrativo importanti riconoscimenti letterari prima dei trent’anni. La sua produzione è tradotta ad oggi in più di 30 lingue straniere

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e le sue storie esercitano il proprio fascino anche sul mondo del cinema, che coglie la sfida di adattare gli universi narrativi creati da Adichie al mezzo comunicativo della pellicola

35

.

32 Nel 2015 Time Magazine inserirà infatti il profilo di Adichie nell’elenco “The World’s 100 Most Influential People”. La sua presenza nella prestigiosa lista convalida su scala internazionale la forza comunicativa della scrittrice. Cfr. JONES, R., Chimamanda Ngozi Adichie: The World’s 100 Most Influential People, Time, 2015. URL:

http://time.com/3823296/chimamanda-ngozi-adichie-2015-time-100 (ultimo accesso, 28 agosto 2017).

33 Altro punto di contatto con l’esperienza di Chinua Achebe, che raggiunge fama letteraria internazionale a soli 28 anni con la pubblicazione nel 1958 del suo capolavoro Things Fall Apart.

Singolare ironia della sorte vuole che anche Adichie pubblichi il suo romanzo più premiato, Half of a Yellow Sun, esattamente all’età di 28 anni. I due scrittori risultano curiosamente legati a doppio filo dagli imperscrutabili giochi del destino.

34 In Italia l’opera completa di Adichie è accessibile grazie alle traduzioni di Susanna Basso, Maria Giuseppina Cavallo, Andrea Sirotti e Francesca Spinelli pubblicate da Einaudi a partire dal 2008.

35 Half of a Yellow Sun è già diventato, a sette anni dalla sua pubblicazione, opera cinematografica di pregio impreziosita dalla presenza nel cast di talentuosi attori della scena internazionale. Half of a Yellow Sun. Adattamento cinematografico diretto da Biyi Bandele - Thomas, con Thandie Newton, Chiwetel Ejiofor, John Boyega e Anika Noni Rose, Metro International Entertainment, 2013. Anche il romanzo Americanah ha destato le attenzioni

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Adichie si cimenta con successo non soltanto nella scrittura di romanzi, ma anche nella produzione di narrativa breve. A riprova del suo versatile talento narrativo, i suoi racconti trovano difatti spazio tra le pagine delle più prestigiose riviste statunitensi.

Le sue opere danno voce a spaccati di vita che vedono protagonisti uomini e donne qualunque, genitori e figli, anziani e bambini che Adichie racconta nella quotidianità delle loro relazioni, nella loro continua ricerca di identità e stabilità.

Fa da sfondo ai suoi attori e al dipanarsi delle loro storie la vita della media borghesia nigeriana, classe di appartenenza di Adichie e dunque scenario sociale a lei più familiare del quale scrivere. Questa scelta narrativa della scrittrice non ha mancato di sollevare qualche perplessità nel pubblico, che le imputa la discutibile colpa di scrivere storie non autenticamente africane. Come Adichie stessa ricorda, un professore universitario durante il suo percorso di studi negli USA le segnala la presunta poca autenticità delle sue storie, individuando la causa del problema nella presenza di elementi che rendono i suoi personaggi troppo simili all’esperienza di vita che lui conduceva quotidianamente in qualità di membro della classe media borghese di un paese occidentale:

After my first novel, Purple Hibiscus, was published, a professor at Johns Hopkins informed me that it was not authentically African. My characters were educated and middle class. They drove cars. They were not starving. Therefore, they were not authentically African. […] I do not accept the idea of monolithic authenticity. To insist that there is one thing that is authentically African is to diminish the African experience. That kind professor wanted to see in my work what he had come to expect from

dell’industria del cinema e a breve vedrà la sua realizzazione per il grande schermo grazie alla produzione di Brad Pitt. L’attrice premio Oscar Lupita Nyong’o ha opzionato i diritti per la parte della protagonista Ifemelu, circostanza per la quale Adichie ha espresso in più di un’occasione il suo entusiasmo. Cfr. HOBSON, J., Chimamanda Ngozi Adichie: Storyteller, Ms. Magazine Blog, 2015. URL: http://msmagazine.com/blog/2015/03/06/chimamanda-ngozi-adichie- storyteller/ (ultimo accesso, 28 agosto 2017).

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Africa, having consumed the long literary tradition of the Africa of Joseph Conrad and Karen Blixen.

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Incontrare tra le pagine scritte da Adichie personaggi così simili a lui, che guidano auto e non muoiono di fame in situazioni di povertà assoluta, ha indotto il docente universitario a bollare la produzione della sua allieva come non autentica, non genuina nel suo ritrarre la vita che scorre in un paese del continente africano. Adichie identifica in modo puntuale la problematica soggiacente alla superficiale osservazione ricevuta anni prima dal suo professore: anni di esposizione letteraria e mediatica alla singola, monolitica immagine dell’Africa, l’unica alla quale il mondo occidentale ha fino ad allora avuto accesso, creano inevitabilmente nel professore una rappresentazione univoca del continente africano, che non ammette appunto l’esistenza dei personaggi descritti tra le pagine di Adichie. La tradizione narrativa occidentale, e in prima linea senz’altro la produzione di Conrad, restituiscono al lettore un’immagine distorta, stereotipata del continente africano, una riproduzione che manca di qualsiasi sfumatura e che sminuisce inevitabilmente l’esperienza africana. I personaggi della media borghesia che Adichie presenta al pubblico occidentale negano dunque l’immaginario che le letture e l’esposizione mediatica del lettore hanno contribuito a formare nel tempo: come segnala la scrittrice, la stessa lettura di Achebe, ormai entrato di diritto nel canone letterario sottoposto agli studenti statunitensi, potrebbe risultare fuorviante se non si sottolinea il fatto che tra le pagine di Things Fall Apart il lettore incontrerà personaggi e circostanze relative a cento anni di storia fa

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36 ADICHIE, C. N., Authenticity, cit., p. 48.

37 Parlando del suo primo incontro con i compagni di college conosciuti al suo arrivo negli Stati Uniti e della loro perplessità circa l’aspetto esteriore della scrittrice, vestita in modo così incredibilmente simile a loro, Adichie scrive: «These students, like many Americans, had read Achebe's novel in high school, but I suspect that their teacher forgot to explain to them that it was a book set in the Nigeria of a hundred years ago. Later, one of my new roommates told me

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Le storie di Adichie presentano quindi al mondo, e in particolare alla sua porzione occidentale, personaggi e situazioni autentiche, rappresentazioni genuine che contrastano in modo sempre elegante e vivace lo stereotipo ingiustamente connesso all’esperienza africana, restituendo a quest’ultima tutte le sfumature di vita che per troppo tempo la voce letteraria euroamericana le ha negato.

Vediamo dunque più da vicino come Adichie realizza concretamente la sua visione all’interno delle sue pubblicazioni.

that I just didn't seem African. Clearly, they had expected that I would step out of the pages of Things Fall Apart. ». Ivi, p. 43.

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2.1. Decisions (1997) e For Love of Biafra (1998)

Il talento narrativo di Adichie è decisamente precoce: alla giovanissima età di vent’anni la scrittrice nigeriana può difatti vantare al suo attivo la pubblicazione di Decisions (1997), raccolta di poesie dal gusto probabilmente ancora acerbo all’interno delle quali Adichie intreccia già quelle che saranno le tematiche chiave della sua produzione letteraria più matura. Religione, storia, politica e amore sono le principali aree di esperienza umana esplorate da Adichie tramite l’utilizzo del complesso canale narrativo della poesia, e in esse è possibile rintracciare in modo evidente tutte le preoccupazioni di natura socio- politica e non solo che interesseranno gli sforzi letterari futuri della scrittrice.

Risale invece all’anno successivo un’altra interessante pubblicazione di Adichie, che decide di sfruttare stavolta le potenzialità espressive del mezzo teatrale, altro canale comunicativo, insieme a quello della poesia, che la scrittrice abbandonerà durante gli anni della sua maturità artistica in favore invece della forma letteraria del romanzo: pubblica all’età di soli ventuno anni il dramma For Love of Biafra (1998), scritto quando Adichie di anni ne aveva solo sedici. Il testo teatrale mette in scena gli orrori del conflitto civile e la drammatica parabola storica del neonato stato del Biafra, raccontati attraverso le vicende che vedono protagonista Adaobi, giovane donna Igbo, e la sua famiglia. L’opera, che l’autrice definirà impietosamente a distanza di qualche anno awfully melodramatic

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, propone invece con forza molti degli spunti tematici ai quali Adichie riuscirà a dare rinnovato vigore espressivo nel suo riuscitissimo Half of a Yellow Sun, opera dalla raggiunta maturità stilistica che l’autrice dedicherà nel 2006 alla straziante pagina storica della Guerra del Biafra.

38 The Story Behind the Book – Q&A with the Author, Half of a Yellow Sun, Halfofayellowsun.

com, 2006. URL: http://www.halfofayellowsun.com/content.php?page=tsbtb&n=5&f=2 (ultimo accesso, 25 luglio 2017).

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Fin dagli esordi avvenuti in età davvero precoce Adichie dimostra quindi una particolare predilezione per quelli che saranno i temi portanti della sua produzione più recente, e una specifica attenzione per la controversa e dolorosa storia socio-politica che ha straziato in un passato ancora troppo recente la sua nazione e più in particolare la sua etnia di riferimento e la sua famiglia. Questa precoce sensibilità storico-sociale prenderà forma compiutamente nel suo testo più acclamato dalla critica internazionale, come avremo modo di analizzare più nel dettaglio procedendo tra le sezioni del presente lavoro di ricerca di tesi

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39 Rimandiamo il lettore al capitolo 3 del presente intervento, p. 50.

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2.2. Purple Hibiscus (2003)

Dopo i primi sforzi letterari che la scrittrice incanala nei modi narrativi della drammaturgia e della poesia, il primo concreto successo di pubblico arriva con la pubblicazione nell’ottobre 2003 del suo primo romanzo, Purple Hibiscus.

Adichie affronta il lavoro di composizione dell’opera durante il suo senior year presso la Eastern Connecticut State University, e la sua pubblicazione riceve fin da subito l’attenzione favorevole della critica: nel 2004 Purple Hibiscus entra nella rosa dei candidati alla vittoria del prestigioso Man Booker Prize for Fiction e viene selezionato come finalista dell’Orange Prize for Fiction

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, mentre l’anno successivo vince il Commonwealth Writers’ Prize for Best First Book.

Il romanzo di esordio di Adichie presenta al lettore la storia del terribile destino della famiglia Achike, divorata dal suo interno dalla violenza del capofamiglia Eugene, uomo dalle enormi ricchezze materiali, punto di riferimento della sua comunità e persona dall’incrollabile fede cattolica. È proprio questa fede religiosa e la visione manichea del mondo che Eugene ne deriva a causare la distruzione del suo nucleo familiare: la moglie e i due figli, Jaja e Kambili, sono infatti vittime inermi della violenza dell’intransigenza religiosa del loro capofamiglia. La vicenda si svolge sullo sfondo della Nigeria post-indipendenza, in un clima di instabilità politica segnata dall’ascesa al potere di un non identificato dittatore in seguito ad un colpo di Stato, personalità pubblica alla quale fa da controaltare nella sfera privata la figura tirannica di

40 L’Orange Prize for Fiction (adesso Bailey’s Women’s Prize for Fiction) è un prestigioso premio letterario britannico assegnato su base annuale a una scrittrice di qualsiasi nazionalità che abbia scritto un romanzo in lingua inglese pubblicato l’anno precedente nel Regno Unito.

Tale premio mira a dare visibilità al lavoro di scrittura femminile e negli anni ha portato alla fama internazionale molti giovani talenti della letteratura postcoloniale, tra i quali citiamo Zadie Smith (premiata nel 2006 per On Beauty) e appunto Adichie, che vincerà il premio nel 2007 per il suo Half of a Yellow Sun.

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Eugene appunto.

Come abbiamo avuto modo di segnalare in precedenza, i temi affrontati da Adichie tra le pagine di Purple Hibiscus richiamano inevitabilmente alla mente del lettore il contenuto tematico del Things Fall Apart di Achebe. Entrambe le opere tracciano difatti il crollo di una famiglia e della comunità circostante ad opera dell’atteggiamento violento perpetrato dal dispotismo della figura paterna.

Come Eugene, il comportamento autoritario di Okonkwo, riferimento imprescindibile per la sua comunità, conduce quest’ultima e la sua famiglia alla rovina sotto le spinte demolitrici del colonialismo e della religione. Adichie riscrive la parabola discendente tracciata da Achebe e la inserisce su uno sfondo storico più recente, dove la forza distruttiva del colonialismo è sostituita dai suoi diretti discendenti, l’instabilità politica, la corruzione, il fanatismo religioso

41

.

Il personaggio di Eugene è a sua volta vittima del suo abusare del ruolo patriarcale, che nasce inevitabilmente dalla deriva dei principi del colonialismo e della cristianità. La sua figura è caratterizzata in modo complesso dall’autrice, che lo descrive in tutte le sue sfumature, senza appiattirlo banalmente nel singolo ruolo di patriarca violento e fanatico: Adichie opera così nel tentativo di evidenziare appunto come il suo personaggio sia l’ineludibile frutto di un violento passato di politiche coloniali e delle sovrastrutture sociali definite dai valori del patriarcato e del dogmatismo religioso. Eugene punisce corporalmente i figli in seguito a infrazioni morali di discutibile entità, ma lo fa perché genuinamente convinto che sia davvero il modo corretto di prendersi cura di loro come individui ed evitargli le pene dell’inferno descritte dalla fede cattolica

42

.

41 Cfr. HEWETT, op. cit.

42 Eugene, dopo aver bruciato con acqua bollente i piedi della figlia Kambili come punizione per aver dormito sotto lo stesso tetto del nonno paterno, Papa-Nnukwu, disprezzato dal figlio che lo definisce con sdegno heathen (pagano, idolatra, e perciò figura in netto contrasto con il castello di valori cattolici sul quale Eugene ha costruito la sua intera identità), le spiega, con una dolcezza percepita dal lettore come terribilmente incongrua al contesto di violenza nella quale emerge, che lui stesso aveva subito anni prima un analogo trattamento ad opera del prete che lo aveva

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Adichie inoltre gioca ulteriormente con la complessità del personaggio di Eugene, lasciando al lettore la scomoda incombenza di conciliare la sua figura privata con quella pubblica, incombenza che condivide con la giovane figlia Kambili: l’immagine di uomo onesto, generoso, punto di riferimento per un’intera comunità ed editore impavido che combatte per affermare la democrazia denunciando senza timore gli scandali politici che affliggono la sua nazione si scontra inesorabilmente con la figura di padre e marito violento tra le mura domestiche.

L’intera vicenda è registrata dalla voce di Kambili, figlia quindicenne di Eugene che racconta in prima persona la sua storia di abusi fisici e mentali, alla ricerca di un’identità stabile e nuova, che la separi definitivamente dall’amaro ricordo dei giorni dell’oppressione paterna. Scrivere la propria storia e acquisire perciò dignità autoriale diventa per Kambili il mezzo necessario tramite cui appropriarsi in modo definitivo del proprio passato, ritrovando quella voce e dunque quell’identità che l’ingombrante presenza del padre le avevano a lungo negato. Tutto il romanzo insiste difatti, in modo talvolta forse eccessivamente didascalico, sull’impossibilità della bambina di parlare, di articolare il mondo di pensieri e sensazioni che affollano la sua mente e che non riescono a farsi strada fino ad uscire in modo chiaro e ordinato dalla sua bocca

43

. Il lettore si trova

cresciuto. «”Everything I do, I do for your own good,” Papa said, “You know that?” […] “I committed my sin against my own body once,” he said. “And the good father, the one I lived with while I went to St. Gregory’s, came in and saw me. He asked me to boil water for tea. He poured the water in a bowl and soaked my hands in it. […] “I never sinned against my own body again. The good father did that for my own good.” he said.», ADICHIE, C. N., Purple Hibiscus, London, 4th Estate – HarperCollins Publishers, 2004, p.196.

43 Moltissimi i passaggi del romanzo in cui l’autrice insiste sul silenzio di Kambili e la sua inabilità di esprimersi in qualsiasi contesto sociale: le compagne di classe ad esempio le assegnano l’appellativo di backyard snob, convinte che la scarsa disponibilità all’interazione della compagna derivi dall’intrinseco senso di superiorità di chi proviene da una famiglia particolarmente agiata. Lo stesso rapporto con la cugina Amaka, figura emancipata e dunque modello femminile e filiale rivoluzionario per Kambili, è interamente giocato dalla scrittrice

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quindi a fruire dello sforzo diretto di Kambili di far sentire la propria voce e di definire un’identità autenticamente propria e non più circoscritta dal terrore nei confronti della tirannia esercitata dalla figura paterna.

La svolta per Kambili e suo fratello Jaja arriva in seguito al prepotente ingresso nella loro vita della zia Ifeoma, sorella del padre Eugene e personaggio quanto più possibile distante da quest’ultimo: donna indipendente, docente universitaria presso il polo di Nsukka, vive con i suoi tre figli orfani di padre in condizione di relativa povertà, ma in un clima di spontaneità di parola e di opinione che i figli di Eugene non hanno invece mai conosciuto. La sua casa di Nsukka, rifugio dove Kambili e Jaja conosceranno la possibilità di un’esistenza diversa, non soffocata dal dogmatismo religioso del padre, è caratterizzata dalla presenza di una colorazione particolare del fiore di ibisco, l’ibisco viola sottolineato dal titolo appunto, che pone la casa di Ifeoma in netta contrapposizione con la dimora di Eugene, circondata invece da fiori di ibisco rossi

44

. Questa dicotomia cromatica offre al lettore una chiara rappresentazione visiva dei contrasti duali sui quali poggia la struttura narrativa del romanzo:

repressione e spontaneità, silenzio e dialogo si propongono come poli opposti sui quali l’intera narrazione si costruisce.

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Poli tra i quali inizia ad oscillare

sulla dicotomia silenzio/espressione: la cugina infatti parla con i membri della propria famiglia e con chiunque si trovi a interagire in modo libero, senza timore di esprimere qualsivoglia opinione come invece succede a Kambili. Per concludere, è utile segnalare inoltre il metodo comunicativo impiegato da Kambili e da suo fratello Jaja. I due infatti, come sottolinea fin dalle prime pagine la voce della bambina stessa, non hanno necessità di far ricorso alle parole per comunicare: li unisce infatti quello che l’autrice chiama «asusu anya, a language of the eyes», una dimensione comunicativa affidata quindi allo sguardo, che risparmia ai due fratelli lo straziante ricorso al canale espressivo della parola. Ivi, pp. 51 e 305.

44 La forza rivoluzionaria esercitata sui due fratelli dall’esempio fornito dal nucleo familiare facente capo a zia Ifeoma e simbolicamente trasposto nell’immagine dell’ibisco viola è ribadito nel testo dalla volontà espressa e realizzata da Jaja di piantare questo particolare fiore nel giardino antistante casa di Eugene.

45 Cfr. BRYCE, J., “Half and Half Children”: Third-Generation Women Writers and the New Nigerian Novel, in «Research in African Literatures», 39:2 (2008), pp. 49-67.

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l’esistenza di Kambili e Jaja, inevitabilmente sempre più attratti dalla libertà di espressione e dall’atmosfera di affetto che trovano all’interno delle quattro mura della piccola casa della zia e dei cugini.

Il lettore affronta l’intera narrazione, come già segnalato, attraverso lo sguardo diretto di Kambili, e ne segue perciò in posizione di spettatore privilegiato il suo travagliato percorso di crescita personale. Il pubblico di Adichie è chiamato a testimoniare il processo di ricerca di un’identità propria, autentica che Kambili mette in atto come tentativo definitivo di liberarsi della scomoda presenza paterna. Possiamo quindi inserire il testo di esordio della scrittrice all’interno della lunga tradizione letteraria del Bildungsroman, genere narrativo che segue appunto le esperienze formative del suo protagonista, disegnandone la parabola esperienziale che lo porterà al termine della narrazione a raggiungere una completa maturazione personale. Adichie tratteggia per il suo pubblico la medesima traiettoria, descrivendo tra le sue pagine il percorso di ricerca identitaria che porterà alla maturità emotiva e personale la sua Kambili.

La parabola di violenza e oppressione messa in atto dall’intolleranza religiosa del capofamiglia Eugene non può che concludersi fatalmente con un gesto altrettanto violento, il disperato tentativo della madre di Kambili e Jaja di mettere fine alla spirale di angherie e abusi alla quale lei e i suoi figli sono da troppo tempo sottomessi. Il romanzo si conclude con l’immagine di Jaja in prigione per il crimine commesso in realtà dalla madre: con questa immagine Adichie sottolinea in modo davvero potente l’idea che le colpe delle generazioni precedenti ricadano inesorabilmente su quelle successive, a livello privato esattamente come in quello storico-politico

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. Il messaggio che la scrittrice lancia con chiarezza al suo pubblico è che l’instabilità socio-politica che fa da sfondo al doloroso e controverso percorso di crescita personale di Kambili è diretta erede delle scellerate politiche coloniali che hanno per troppo tempo afflitto il territorio nigeriano e quello africano più in generale. Entrambi, Kambili

46Cfr. HEWETT, op. cit.

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(così come suo fratello) e la nazione nigeriana, pagano le colpe delle generazioni precedenti e delle loro storie di violenza; entrambi devono affrontare un travagliato percorso di ricerca identitaria per rinascere finalmente a nuova vita.

Il successo di Kambili nel dare voce alla propria storia e superare in modo definitivo l’alienazione di sé provocata dal dogmatismo religioso paterno è senz’altro inteso dalla scrittrice come buon auspicio per il parallelo processo di rigenerazione socio-politica che Adichie si augura per la sua amata Nigeria.

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2.3. Half of a Yellow Sun (2006)

Ci limiteremo in questa circostanza a citare i principali riconoscimenti letterari ottenuti dal secondo romanzo pubblicato da Adichie, oggetto principale del presente lavoro di tesi, rimandando ai successivi capitoli l’analisi approfondita dei contenuti tematici e della struttura narrativa dell’opera.

Pubblicata nell’agosto 2006 nel Regno Unito e a seguire nel settembre 2006 negli Stati Uniti, Half of a Yellow Sun è ad oggi l’opera di Adichie che ha ricevuto i riconoscimenti critici più prestigiosi, consegnando di diritto la sua scrittrice alla fama letteraria internazionale. Nel 2007 la sua narrazione frutto della dolorosa eredità storica della Guerra del Biafra (1967-1970) ottiene gli ambiti Orange Broadband Prize for Fiction e Anisfield-Wolf Book Award

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, riconoscimenti che convalidano a livello internazionale il talento della giovanissima scrittrice nigeriana.

Segnaliamo, prima di passare oltre, il già accennato adattamento realizzato per il grande schermo della seconda opera di Adichie, titolo distribuito nel 2013, a sette anni dalla pubblicazione del romanzo, per la regia di Biyi Bandele, scrittore e drammaturgo nigeriano al suo debutto nel ruolo di regista cinematografico

48

. Il film è stato interamente girato in Nigeria per esplicita

47 Importante premio letterario statunitense istituito nel 1935 e conferito su base annuale alle opere letterarie che contribuiscono in modo significativo alla comprensione dei fenomeni di razzismo e alla celebrazione dell’immensa ricchezza della diversità culturale. Negli anni hanno ricevuto il citato premio importanti personalità della scena letteraria mondiale, quali Zora Neale Hurston (1943), Wole Soyinka (1983), Nadine Gordimer (1988), Toni Morrison (1988), Derek Walcott (2004) e Zadie Smith (2006).

48 Adichie descrive così, in occasione dell’uscita nelle sale nigeriane della pellicola, l’esperienza di Bandele alla regia della produzione ispirata alla sua opera: «Director Biyi Bandele’s eye is awash with magic, but also with a kind of nostalgia, a muted love, a looking back at a country to which this film is both a love letter and a rebuke.» Cfr. ADICHIE, C. N., Hiding From Our

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richiesta della scrittrice, e unisce un cast di notevoli talenti della scena cinematografica internazionale: in particolare i due protagonisti, Odenigbo e Olanna, sono interpretati rispettivamente da Chiwetel Ejiofor, vincitore del premio BAFTA e candidato al premio Oscar, e Thandie Newton, vincitrice del premio BAFTA, per le performances dei quali Adichie ha in più occasioni espresso la propria più completa soddisfazione

49

.

Il film, opera cinematografica senz’altro ben realizzata e decisamente godibile, trasferisce sullo schermo le pagine di Adichie in modo potente e sufficientemente fedele, tralasciando però alcuni elementi chiave sui quali l’intero romanzo insiste nella costruzione della sua rete di significati: la complicata relazione tra le due gemelle Olanna e Kainene è resa dall’opera di Bandele in modo decisamente troppo debole, e neanche l’aspetto fisico delle due protagoniste aiuta a definire il loro antagonismo nel modo cristallino presentato invece tra le pagine di Half of a Yellow Sun. Il progressivo allontanamento emotivo delle due sorelle, relazione che funge da ossatura principale dell’intera vicenda narrativa, è sottolineato invece in modo estremamente evidente dalla scrittrice, che descrive la natura conflittuale del loro rapporto giocando appunto con l’incredibile diversità fisica che le caratterizza, diversità resa ancora più straziante dal loro essere gemelle oltre che semplicemente sorelle. Le scelte di cast dell’adattamento cinematografico di Bandele eliminano invece queste contraddizioni estetiche, appiattendo di conseguenza la travagliata relazione tra le due

50

.

Past, The New Yorker, 2014. URL: http://www.newyorker.com/culture/culture-desk/hiding- from-our-past (ultimo accesso, 25 luglio 2017).

49 Ibidem.

50 Per un’analisi dell’opera cinematografica e della sua relazione con il testo letterario di riferimento, il lettore veda LECZNAR, M., (Re)Fashioning Biafra: Identity, Authorship, and the Politics of Dress in Half of a Yellow Sun and Other Narratives of the Nigeria-Biafra War, in

«Research in African Literatures», 47:4 (2017), pp. 112-132. L’articolo propone inoltre un interessante focus specifico sulle scelte fatte in merito ai costumi di scena e le implicazioni socio-

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Il film ispirato al secondo romanzo pubblicato da Adichie è stato distribuito anche in territorio nigeriano, dove la pellicola ha però incontrato qualche difficoltà con la censura del governo, preoccupato quest’ultimo dal potenziale carattere di minaccia per la stabilità sociale del paese costituito da alcune scene di violenza etnica contenute nel film

51

.

Per concludere, segnaliamo inoltre la pubblicazione di un’opera di narrativa breve antecedente al romanzo Half of a Yellow Sun con il quale condivide il titolo ispirato all’iconografia della bandiera dello Stato del Biafra.

Adichie pubblica infatti nel 2002, all’interno della rivista Literary Potpourri, l’omonimo racconto che affronta, nel limitato spazio di qualche pagina, le medesime tematiche alla quale la scrittrice dedicherà negli anni seguenti la forma estesa del romanzo: la protagonista di questa short fiction permette al lettore tramite la sua voce di partecipare dello straziante ricordo degli anni di esistenza dello Stato del Biafra e delle sofferenze che la condizione di conflitto civile ha causato a lei e alle persone a lei più care. Adichie condensa con abilità in poco più di una decina di pagine l’iniziale euforia per la dichiarazione di indipendenza del Biafra, l’ingenuo entusiasmo per un futuro che si prospetta radioso all’orizzonte e la progressiva disillusione nel progetto di indipendenza e cambiamento che culmina drammaticamente nella morte del fratello e nel ritorno

politiche ad esse correlate.

51 L’autrice commenta così il ritardo nella distribuzione della pellicola ad opera della censura governativa nigeriana: «This week, Nigerian government censors delayed the release of the film adaptation of “Half of a Yellow Sun” because, according to them, it might incite violence in the country; at issue in particular is a scene based on a historically documented massacre at a northern Nigerian airport. […] I find this absurd—security operatives, uniformed and alert, gathered in a room watching a romantic film—but the censors’ action is more disappointing than surprising, because it is part of a larger Nigerian political culture that is steeped in denial, in looking away.» Adichie imputa dunque al diffuso atteggiamento di negazione delle istituzioni e della società più in generale e al silenzio che avvolge tutt’oggi la Guerra del Biafra e le sue violente premesse di natura etnica le cause dell’azione di censura rivolta nei confronti del film.

ADICHIE, C. N., Hiding From Our Past, cit.

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a casa del promesso sposo, privo di un arto sacrificato sul fronte in nome di una battaglia sentita come giusta e necessaria.

La spiccata capacità espressiva di Adichie può dirsi dunque senz’altro confermata anche dal suo talento nella spinosa forma della narrativa breve, come avremo modo di analizzare più da vicino nella sezione seguente del presente capitolo.

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2.4. The Thing Around Your Neck (2009)

Dopo l’incredibile successo di pubblico e di critica riscosso in seguito alla pubblicazione del suo secondo romanzo Half of a Yellow Sun, Adichie torna sulla scena letteraria internazionale in una veste insolita al grande pubblico sebbene non completamente inedita, che scopre stavolta l’autrice alle prese con la narrativa breve piuttosto che con il più consueto canale narrativo del romanzo.

È infatti edito nel 2009 il volume The Thing Around Your Neck, raccolta di dodici racconti, undici delle quali avevano già visto in passato la loro autonoma pubblicazione all’interno di prestigiose riviste americane quali The Iowa Review, Zoetrope All-Story e The New Yorker. Il talento di Adichie per la narrativa breve aveva dunque già ricevuto la dovuta attenzione ancora prima della pubblicazione di questa raccolta: la presenza dei suoi racconti tra le pagine di alcune tra le più autorevoli testate giornalistiche americane garantiscono al lavoro della scrittrice la visibilità necessaria a ottenere importanti riconoscimenti critici, tra i quali citiamo nel 2003 la vittoria del prestigioso O. Henry Award per il racconto The American Embassy, opera successivamente inserita proprio all’interno della raccolta edita nel 2009.

The Thing Around Your Neck si presenta al lettore come una vivace

selezione di opere di narrativa breve coerentemente interconnesse l’un l’altra e

solidamente inserite nel continuum tematico già tracciato dai precedenti sforzi

creativi di Adichie. Il composito tessuto concettuale che la scrittrice intreccia

nell’autonomia di ciascun racconto e nella totalità della raccolta come riuscita

unione di più tasselli narrativi propone ancora una volta al lettore temi e

situazioni chiave dell’intera produzione di Adichie, che fungono qui in modo

decisamente riuscito da filo conduttore che accompagna saldamente il lettore nel

salto dalla fine di un racconto all’inizio del successivo. Figure fondamentali di

queste dodici narrazioni brevi sono senza dubbio le donne: donne forti e

indipendenti, donne fragili vittime di un sistema patriarcale che non riescono a

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combattere, donne che in ogni caso trovano la forza di far sentire la loro voce e di proporsi come degne narratrici della loro storia personale. Di dodici racconti è infatti interessante sottolineare come soltanto uno sia narrato tramite la prospettiva di un soggetto maschile (Ghosts): gli altri undici privilegiano invece la voce femminile, assecondando una predilezione stilistica e sociale di Adichie che il suo pubblico ha già avuto modo di rintracciare all’interno della sua produzione precedente.

Le donne che affollano le pagine di questa raccolta sono donne nigeriane in Nigeria o figure femminili protagoniste della diaspora nigeriana, che si trovano a vivere le loro vite lontane da casa in territori sentiti come stranieri e nemici, riassunti da Adichie nell’immagine collettiva degli Stati Uniti, metafora di un Occidente che inevitabilmente attira e inesorabilmente respinge. Le storie che l’elegante penna di Adichie offre alla sensibilità del proprio lettore vedono muoversi sulla scena narrativa personaggi alle prese con tutte le contraddizioni dell’odierna società nigeriana, ancora vittima inerme di una controversa e straziante storia socio-politica, le cui dolorose conseguenze sono registrate dalla scrittrice con matura lucidità e amara compassione in tutta la loro complessità.

L’acuto sguardo di Adichie presenta senza reticenze le problematiche sociali che

tengono da troppo tempo in ginocchio il suo paese: corruzione, instabilità

politica e ombre di un passato ancora troppo recente e doloroso (Ghosts),

brutalità e abusi di potere all’interno delle carceri (Cell One), tensioni etnico-

religiose mai sopite (A Private Experience), struttura patriarcale e maschilista

della società che frustra ogni manifestazione autonoma dell’elemento femminile

all’interno di alcune relazioni professionali e di coppia (Jumping Monkey Hill,

Imitation). Ma nonostante il desolante scenario che l’autrice traccia senza ricorso

a facili pietismi, neanche l’emigrazione si configura come risposta efficace

all’inquieta ricerca di stabilità che agita i suoi personaggi. Adichie descrive con

cruda schiettezza l’esperienza di chi invece decide di partire, lasciando dietro di

sé una patria ferita e ridotta all’immobilità dalla sua incapacità di rialzarsi e

rinascere, alla volta di un mondo diverso e lontano che sussurra allettanti

(19)

promesse di una vita nuova e migliore. Promesse puntualmente disilluse nei racconti di Adichie dall’incontro impattante con quella realtà così distante dalla propria e allo stesso tempo così distante dalle aspettative di riscatto in essa riposte. Le difficoltà per chi sceglie di partire cominciano ancora prima di lasciare il proprio paese per mettere piede in quello di destinazione, al momento di affrontare l’umiliante procedura di richiesta volta a ottenere un visto valido per la partenza (The American Embassy), e si moltiplicano inevitabilmente una volta raggiunta l’agognata meta oltreoceano. Il titolo del racconto che dà significativamente il nome all’intera raccolta, The Thing Around Your Neck, presenta al lettore la vivida immagine dell’asfissiante sensazione di solitudine e del senso di non appartenenza che soffocano la figura del soggetto diasporico, lontano dalla propria casa e stremato nel quotidiano tentativo di non affogare sotto le spinte distruttive di una realtà straniera e ostile.

In un continuo movimento geografico tra i due poli di Nigeria e USA che permette all’autrice e al suo pubblico di esplorare problematiche e contraddizioni di due società così distanti e complesse ciascuna nella propria specificità, le dodici storie raccolte da Adichie in questa collezione sono soprattutto storie di rapporti umani. L’autrice è profondamente attratta dalle dinamiche relazionali che si instaurano tra individui, in particolare all’interno di relazioni formali quali il matrimonio (Imitation, The Arrangers of Marriage), istituto che le dà modo di indagare da una posizione privilegiata le dinamiche di genere che troppo spesso penalizzano l’elemento femminile, vittima di un sistema ancora rigidamente patriarcale e iniquo le cui fondamenta Adichie cerca di minare con il suo costante impegno per la causa femminista, che avremo modo di analizzare più dettagliatamente nelle prossime sezioni del presente capitolo

52

. Oltre ai rapporti di coppia interni al matrimonio, i racconti di Adichie esplorano le delicate dinamiche legate alla consumazione di relazioni romantiche meno convenzionali e che oltrepassano in qualche modo determinati limiti di liceità, come accade ad

52 Il lettore consulti la sezione 2.6 del presente contributo, p. 44.

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esempio in On Monday of Last Week, dove la protagonista viene divorata dall’ossessione scatenata dall’improvvisa attrazione che prova nei confronti della madre di Josh, bambino per il quale svolge le mansioni di babysitter. I tipi umani e le situazioni relazionali di tipo emotivo e professionale che questi si trovano ad affrontare tra le pagine di Adichie sono molto vari, e fanno della raccolta della scrittrice un campionario di esperienze e personaggi decisamente variegato e composito, che esplora la natura umana, le relazioni tra individui e in particolare indaga l’esperienza del soggetto diasporico e la prospettiva femminile.

L’elegante prosa di Adichie, la sua precisione ed economia di scrittura e il suo lucido e puntuale sguardo sul mondo sono senz’altro confermati anche dalla sua produzione nel campo della narrativa breve, e anzi configurano quest’ultima quale mezzo espressivo particolarmente congeniale allo stile narrativo della talentuosa scrittrice nigeriana.

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2.5. Americanah (2013)

Dopo la parentesi costituita dalla pubblicazione di The Thing Around Your Neck, Adichie abbandona il canale espressivo della short fiction e torna sulla scena letteraria internazionale nel 2013 con la pubblicazione del suo terzo romanzo, Americanah, opera che l’autrice ha modo di completare e dare alle stampe grazie al sostegno ricevuto dalla borsa di studio ottenuta dal Radcliffe Institute for Advanced Study presso la Harvard University per il biennio 2011/2012. Il romanzo riceve fin dalla sua pubblicazione entusiastiche reazioni di critica e di pubblico, e ottiene nell’anno 2014 un posto tra le opere finaliste del prestigioso riconoscimento letterario Bailey’s Women’s Prize for Fiction.

Le più che positive critiche di pubblico che hanno accolto la pubblicazione del terzo romanzo di Adichie hanno inevitabilmente suscitato l’attenzione dell’industria cinematografica statunitense: Americanah vedrà infatti in un futuro decisamente prossimo la propria traduzione per il grande schermo grazie alla produzione di un nome prestigioso quale quello di Brad Pitt e alla presenza all’interno del cast della talentuosa Lupita Nyong’o, attrice premio Oscar che ha già opzionato i diritti per interpretare la parte della protagonista Ifemelu

53

.

Americanah è l’epiteto dispregiativo utilizzato in Nigeria per etichettare coloro che rientrano nel paese dopo un lungo periodo di soggiorno in territorio statunitense, a sottolineare la profonda diversità di prospettiva e di approccio al quotidiano che tali emigrati hanno necessariamente maturato nel corso della loro esperienza oltreoceano, a contatto con la realtà occidentale, così terribilmente distante da quella nigeriana. La sillaba finale trascinata più a lungo del dovuto, pronunciata così da coloro che rientrano in Nigeria, è letta dal pregiudizio di chi è rimasto come rivelatrice di un certo sentimento di sufficienza e superiorità.

Ifemelu, la giovane protagonista del terzo romanzo di Adichie, donna forte,

53 Il lettore veda nota 35.

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acuta, indipendente e ironica, che buona parte della critica ha interpretato concordemente quale alter ego letterario dell’autrice

54

, è pronta a tornare nella sua amata Nigeria, lasciata in giovanissima età per inseguire la speranza di una vita migliore negli USA, dove conclude con successo il suo percorso di studi universitari. Non la spaventa l’epiteto con la quale la sua terra la marchierà senza possibilità di appello una volta rientrata: Ifemelu ha deciso, si prepara ad un nuovo salto nel vuoto, questa volta invertendo la direzione di marcia per tornare finalmente a casa. Prima di partire, abbandona dietro di sé tutto ciò che la lega alla sua precedente vita in territorio americano: chiude la sua relazione con Blaine, docente afroamericano di Yale con il quale condivide inizialmente l’appassionata analisi dei fenomeni sociali prodotti dalle differenze razziali in America ma all’interno della particolare cerchia di amicizie del quale si sente fin da subito un’estranea, e interrompe definitivamente la pubblicazione di articoli sul suo Raceteenth, Or Various Observations About American Blacks (Those Formerly Known as Negroes) by a Non-American Black, fortunatissimo blog di sua creazione all’interno del quale la protagonista denuncia con acuta ironia e pungente sarcasmo le contraddizioni socio-culturali delle quali gli Stati Uniti sono ancora oggi tristemente vittime. L’intero romanzo è costellato di interventi tratti dal blog di Ifemelu, a conferma del gusto metanarrativo che come vedremo

54 L’autrice stessa non nega mai in modo categorico l’associazione con il suo personaggio, lasciando così spazio interpretativo alla critica: «I’ve had to spend a lot of time convincing people that she’s not me, but in some ways she is». Ifemelu è un personaggio realistico in tutte le sue contraddizioni e con tutti i suoi spigoli, e in questa sua verità somiglia quindi a molte donne, Adichie compresa. La scrittrice non ha paura di inserire tra le sue pagine una protagonista forte e per questo spesso scomoda e poco gradevole, asserendo che la letteratura ha bisogno di dare vita a più personaggi femminili come Ifemelu: «Ifemelu is bright, outspoken and restless. “I liked her. I didn’t always like her. She can be soft or prickly. I wanted her to be all of those things, because I just think that we need more women to be all of those things — and for it to be OK.” Too often, strong female characters are judged, she says […] “Before the book came out, some people in publishing said ‘maybe we could make her more likeable’. And I thought, ‘Lord no’.” ». PILLING, D., Lunch with the FT, cit.

(23)

Adichie dimostra anche nel suo antecedente Half of a Yellow Sun

55

, e la questione della razza fa da contrappunto all’intera vicenda narrata dalla scrittrice nigeriana. Ifemelu afferma argutamente di aver scoperto di essere nera soltanto una volta raggiunti gli Stati Uniti, dove le questioni di razza sono tutt’altro che sepolte e la stratificazione sociale del paese è ancora definita in modo sorprendente proprio dalle differenze razziali. Lo spazio virtuale che Ifemelu crea nasce proprio dalla sua esasperazione nei confronti della realtà sociale che trova ad accoglierla in America, e diventa prezioso luogo di confronto e dialogo dove un sempre più largo numero di utenti può configurarsi come comunità. I suoi contributi, articoli sempre molto brevi e calzanti, danno modo a Ifemelu di affrontare con ironia qualsiasi aspetto della sua quotidiana presenza in territorio statunitense, dal dibattito politico e il conseguente entusiasmo sollevato dalla candidatura alla presidenza di Barack Obama alla battaglia contro i prodotti liscianti chimici alla schiavitù dei quali la maggior parte delle donne nere si sottopone ogni giorno inseguendo la chimera di una chioma liscia e ordinata, l’unica considerata professionale e dignitosa dalla società occidentale. Ed è proprio quella dei capelli la metafora principale attraverso la quale Adichie affronta la questione della razza: il romanzo stesso si apre con vari capitoli dedicati all’ultima esperienza di Ifemelu presso un salone americano di acconciatori per donne nere, dove la protagonista decide di sistemare in ordinate treccine i suoi indomabili ricci alla vigilia del suo rientro in Nigeria.

L’importanza culturale e sociale della questione capelli è sottolineata da Adichie anche fuori dal suo romanzo. Parlando con il The Guardian in merito alla recente pubblicazione di Americanah l’autrice descrive così la sua opera e l’urgenza in essa espressa di affrontare il tema dei capelli afro e della loro manutenzione:

I wanted to write an unapologetically old-fashioned love story. But it is also about race and how we reinvent ourselves. It is about how, when we leave home, we become another version of ourselves. And it is also about hair […] I am a bit of a fundamentalist when it comes to black

55 Rimandiamo il lettore alla sezione 3.5.3 del presente intervento, p. 97.

(24)

women's hair. Hair is hair – yet also about larger questions: self- acceptance, insecurity and what the world tells you is beautiful. For many black women, the idea of wearing their hair naturally is unbearable.

56

La formazione di Ifemelu e la ricerca della propria identità la cui parabola abbraccia l’interno romanzo configurandolo a pieno titolo come Bildungsroman passano anche dal suo complicato rapporto con i propri capelli, manifestazione evidente della sua appartenenza razziale e caratteristica fisica che gli standard di bellezza occidentale condannano come sciatta e non adeguata, senza nessun riguardo per l’autostima e il senso di appartenenza di chi quel particolare tipo di capello lo possiede come elemento imprescindibile del proprio corredo genetico.

La partenza di Ifemelu è l’inevitabile movimento di ritorno di chi non si è mai sentito veramente a casa in terra straniera, ed è un ritorno vissuto come indispensabile dalla protagonista, che sente la necessità di concludere in modo definitivo una questione sentimentale rimasta irrisolta troppo a lungo negli anni.

Il rientro di Ifemelu e i giorni che anticipano il concreto realizzarsi di questa prospettiva sono infatti scanditi dal continuo riaffiorare nei pensieri della protagonista della figura di Obinze, primo amore adolescenziale della ragazza, rimasto in Nigeria al momento della sua partenza per gli Stati Uniti. Il tenero ricordo del suo caro Ceiling, intimo soprannome legato ai primi timidi approcci di natura fisica dei due ragazzi, tormenta adesso Ifemelu e rivendica a piena voce un confronto tra i due, quel confronto che non hanno mai avuto modo di concedersi dopo l’improvviso e inaspettato allontanamento di lei, causato dalla vergogna di aver ceduto alle richieste sessuali di un uomo privo di scrupoli, unica concreta possibilità di Ifemelu per mettersi in pari con gli arretrati del proprio affitto in un periodo di disperata necessità economica.

56 KELLAWAY, K., Chimamanda Ngozi Adichie: ‘My new novel is about love, race… and hair’, The Guardian, 2013. URL: https://www.theguardian.com/theobserver/

2013/apr/07/chimamanda-ngozi-adichie-americanah-interview (ultimo accesso, 28 agosto 2017).

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Il romanzo di Adichie alterna immagini del passato e del presente di Ifemelu a quelle della straziante storia di Obinze, in un movimento continuo attraverso diversi livelli di tempo e di spazio. Anche Obinze condivide con la protagonista le difficoltà della vita da immigrato, ma la sua breve esperienza fuori dai confini nigeriani è se possibile ancora più dolorosa di quella di Ifemelu:

lasciato il proprio paese e la sua desolante immobilità e mancanza di stimoli, il personaggio maschile di Adichie raggiunge il Regno Unito mosso dall’irresistibile fascino delle sfavillanti promesse di benessere che il mondo occidentale esercita sull’immaginario collettivo internazionale. Il romanzo svela gradualmente al proprio lettore lungo tutto l’arco della narrazione i numerosi e disperati tentativi messi in atto da Obinze nella speranza di rimanere a galla in una dimensione socio-culturale altra e nemica, che lo respingerà in modo definitivo grazie allo strumento del rimpatrio forzato, trattamento che associa brutalmente la figura di persona onesta di Obinze a quella di un qualunque criminale. Al momento del rientro di Ifemelu in Nigeria il suo amore dei tempi della scuola si è realizzato nelle vesti di facoltoso imprenditore, sposato con una donna particolarmente avvenente dalla quale ha avuto una figlia. Ma le ferite del suo passato non si sono ancora cicatrizzate del tutto, e l’irrisolta relazione con Ifemelu e l’imminente ritorno di lei, annunciato dalla ricezione di un’inaspettata e-mail, primo contatto dopo quindici anni di silenzio, riaprono queste ferite e reclamano stavolta un adeguato rimedio che possa archiviarle in modo definitivo.

La storia di Ifemelu e Obinze è la storia di due anime affini separate da un

amaro destino e prima ancora dalla distanza geografica e culturale; è la storia di

due ragazzi e del loro entusiasmo nei confronti della vita che hanno davanti e

che devono costruire con le proprie forze; è la storia di due adulti messi a dura

prova dagli ostacoli che la società odierna propone in modo particolarmente

accanito a chi è straniero e diverso. Americanah è il tenero e allo stesso tempo

spietato racconto di due paesi, Nigeria e Stati Uniti (questi ultimi come metafora

per estensione dell’intera parte occidentale del mondo moderno) e di tutte le loro

(26)

contraddizioni frutto di tormentate storie socio-politiche non ancora completamente risolte e superate; è il racconto di una storia d’amore che oltrepassa i confini di spazio e tempo e trova casa tra le pagine dell’elegante scrittura di Adichie, che presenta al lettore i suoi personaggi, la loro forte personalità e il loro travagliato trascorso di vita in modo sempre raffinatamente acuto e ironicamente tagliente.

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2.6. We Should All Be Feminist (2014) e Dear Ijeawele, or a Feminist Manifesto in Fifteen Suggestions (2017)

Sarebbe impossibile proporsi come obiettivo la stesura di una panoramica sufficientemente esaustiva sulla figura creativa di Adichie senza fare menzione alcuna del suo impegno sul fronte della causa femminista, impegno che porta l’autrice a definirsi orgogliosamente « A Happy African Feminist »

57

. Possiamo affermare con tranquillità che la sua notorietà al grande pubblico sia anzi direttamente riconducibile agli interventi in materia di femminismo e stereotipi di genere piuttosto che alle sue pubblicazioni in campo narrativo: moltissimi infatti i contributi fruibili gratuitamente in rete nei quali l’autrice condivide con l’utenza le sue posizioni in merito ai temi oggi più che mai attuali e scomodi delle presunte differenze di genere e della necessità del femminismo. Adichie viene spesso interpellata dai media, in particolare statunitensi ma non solo, ad esprimersi pubblicamente circa l’urgenza di ridefinire i doppi standard culturali con la quale la nostra società etichetta inesorabilmente ciascuno di noi al momento della sua nascita sulla base esclusiva del genere di appartenenza. Le opinioni di Adichie, sempre estremamente puntuali e mai ambigue nella loro esposizione, vengono traghettate dall’autrice al fruitore in modo decisamente sentito e personale, sempre accompagnato dalla condivisione di esperienze di vita vissuta che donano al suo messaggio di rivoluzione sociale la forza comunicativa necessaria ad abbattere le barriere culturali del proprio interlocutore. Associare le proprie convinzioni in merito all’urgenza di invertire la tendenza culturale di stampo patriarcale alla condivisione di episodi personali che spieghino in modo evidente tale necessità crea un legame di intimità con

57 Riferendosi all’urgenza del nostro tempo di ridefinire ed equilibrare i doppi standard culturali legati alle presunte differenze di genere, la scrittrice si definisce appunto così all’interno del suo celebre intervento ADICHIE, C. N., We Should All Be Feminists, London, 4th Estate – HarperCollins Publishers, 2014, p. 10.

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l’utente, che non si sentirà aggredito dalla portata destabilizzante delle tesi socialmente rivoluzionarie proposte da Adichie, ma sarà bensì più predisposto a vagliarne la validità e testarne i vantaggi nel proprio quotidiano. Agli interventi in materia femminista di Adichie va dunque il merito di avere le qualità espressive necessarie a parlare, e speriamo persuadere, vasti numeri di pubblico.

Le spiccate capacità comunicative che abbiamo associato alla figura di Adichie lungo la nostra veloce analisi delle sue pubblicazioni di genere narrativo sono dunque messe a frutto anche in campo saggistico dall’autrice, e in particolare a servizio della più che mai attuale causa femminista.

Due sono le pubblicazioni saggistiche in materia femminista attualmente all’attivo dell’autrice nigeriana, entrambe decisamente recenti: We Should All Be Feminist (2014) e Dear Ijeawele, or a Feminist Manifesto in Fifteen Suggestions (2017).

La prima, We Should All Be Feminist, breve pamphlet che denuncia fin dal titolo l’urgenza sentita dall’autrice nei confronti di una riconsiderazione degli stereotipi che la nostra società collega alle differenze biologiche di genere, è una pubblicazione che nasce dall’intenzione di fermare su carta le posizioni espresse da Adichie in occasione del suo omonimo intervento per l’associazione TED – Ideas Worth Spreading, tenutosi nell’anno 2012 e tutt’oggi contributo molto apprezzato dall’utenza della piattaforma www.ted.com

58

. La forza comunicativa dell’ormai celebre contributo di Adichie viene convalidata l’anno successivo dalla scelta creativa di Beyoncé, artista nell’olimpo della scena pop statunitense e internazionale, che decide di campionare alcune parti della conferenza tenuta da Adichie all’interno del suo brano ***Flawless, inno femminista fortemente

58 L’intervento conta ad oggi 1.296.072 visualizzazioni sulla sola piattaforma www.ted.com.

ADICHIE, C. N., We Should All Be Feminists, registrato presso TEDxEuston, 2012. URL:

https://www.ted.com/talks/chimamanda_ngozi_adichie_we_should_all_be_feminists (ultimo accesso, 19 luglio 2017).

(29)

voluto dalla cantante

59

:

We teach girls to shrink themselves, to make themselves smaller. We say to girls: "You can have ambition, but not too much. You should aim to be successful, but not too successful. Otherwise, you will threaten the man". Because I am female, I am expected to aspire to marriage I am expected to make my life choices always keeping in mind that marriage is the most important. Now, marriage can be a source of joy and love and mutual support, but why do we teach girls to aspire to marriage and we don't teach boys the same? We raise girls to see each other as competitors, not for jobs or for accomplishments, which I think can be a good thing, but for the attention of men. We teach girls that they cannot be sexual beings in the way that boys are. Feminist: a person who believes in the social, political and economic equality of the sexes.

60

Il testo di We Should All Be Feminists invita con passione il lettore a immaginare una realtà socio-culturale nuova, realmente più equa nei confronti degli uomini e delle donne che si trovano ad abitarla, esortandolo a comprendere l’urgenza di questo cambiamento e porsi il proposito di tentare di regalare finalmente ai nostri figli, maschi o femmine che siano, l’utopia di un mondo più

59 Pur lodando l’impegno sociale dimostrato da Beyoncé all’interno dei suoi testi, Adichie prenderà in seguito le distanze dal femminismo propugnato dall’artista pop americana, corrotto a suo parere da un eccessivo ricorso alla necessità della figura maschile: «Her style is not my style, but I do find it interesting that she takes a stand in political and social issues, since a few years. She portrays a woman who is in charge of her own destiny, who does her own thing, and she has girl power. I am very taken with that. Still, her type of feminism is not mine, as it is the kind that, at the same time, gives quite a lot of space to the necessity of men. I think men are lovely, but I don't think that women should relate everything they do to men: did he hurt me, do I forgive him, did he put a ring on my finger? We women are so conditioned to relate everything to men. Put a group of women together and the conversation will eventually be about men.».

KIENE, A., Ngozi Adichie: Beyoncé’s Feminism isn’t my Feminism, De Volkskrant, 2016. URL:

https://www.volkskrant.nl/boeken/ngozi-adichie-beyonce-s-feminism-isn-t-my-feminism~

a4390684/ (ultimo accesso, 10 agosto 2017).

60 BEYONCÉ, ***Flawless, Beyoncé, Parkwood Entertainment e Columbia Records, 2013.

(30)

giusto. Un mondo dove anche una bambina possa diventare controllore della propria classe se ha ottenuto voti scolastici più alti dei suoi compagni

61

e dove un uomo abbia la libertà di sfogare le proprie fragilità in pianto senza essere per questo privato dell’attributo della virilità. We Should All Be Feminist affronta con estrema lucidità e chiarezza espositiva il problema culturale dei doppi standard di genere e illustra con forza la necessità etica di sognare un mondo diverso, dove uomini e donne possano davvero dirsi uguali:

I would like today to ask that we should begin to dream about and plan for a different world. A fairer world. A world of happier men and happier women who are truer to themselves. And this is how to start: we must raise our daughters differently. We must also raise our sons differently.

62

Questo accorato appello di Adichie circa la necessità di educare alla parità i nostri figli sin dall’infanzia perché essi possano costituire le solide fondamenta di una società che sia davvero diversa e più equa ci conduce in modo diretto alla sua successiva produzione saggistica. La seconda pubblicazione precedentemente citata, Dear Ijeawele, or a Feminist Manifesto in Fifteen Suggestions, nasce infatti da una personalissima circostanza di vita dell’autrice, che viene interpellata dalla sua cara amica Ijeawele, in procinto di dare alla luce il suo primo figlio, in merito agli accorgimenti educativi necessari a crescere la bambina in arrivo secondo solidi valori femministi. Il testo arrivato alle stampe è il necessario riadattamento editoriale della lettera che realmente Adichie

61 Uno degli esempi tratti dalla propria personale esperienza che Adichie utilizza per fornire al suo pubblico un esempio chiaro ed evidente dell’ingiustizia perpetrata fin dagli anni dell’infanzia dai doppi standard culturali della nostra società: «my teacher said at the beginning of term that she would give the class a test and whoever got the highest score would be the class monitor.

Class monitor was a big deal. […] I very much wanted to be class monitor. And I got the highest score on the test. Then, to my surprise, the teacher said the monitor had to be a boy. She had forgotten to make that clear earlier; she assumed it was obvious.». ADICHIE, C. N., We Should All Be Feminists, cit., pp. 11-12.

62 Ivi, p. 25.

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indirizza all’amica e alle sue preoccupazioni di madre, e si articola schematicamente in quindici punti essenziali, ciascuno dei quali affronta con la giusta serietà e tutta l’ironia che contraddistingue la scrittura di Adichie una sfumatura della questione. Crescere una figlia e fare di lei negli anni una donna sicura, forte e indipendente è un processo che attraversa secondo l’autrice nigeriana varie tappe fondamentali: dalla possibilità di scegliere un elicottero anziché una bambola come giocattolo preferito alla decostruzione dell’immaginario collettivo secondo il quale la donna avrebbe una peculiare predisposizione biologica che la relega per sua intrinseca natura agli spazi della casa e in particolare della cucina. Le pagine appassionate di Adichie, che lasciano trasparire in più passaggi una profonda dolcezza nei confronti dell’amica alla quale sono destinate e della bambina che sta per arrivare, lanciano un messaggio sociale forte nella sua trasparenza, messaggio che contribuisce ad alimentare una conversazione culturale quanto mai sentita come necessaria ai giorni nostri.

L’urgenza della causa femminista è associata da Adichie alle lotte contro i fenomeni di razzismo, altro scottante campo di battaglia decisamente vicino all’esperienza personale della scrittrice:

Do you remember how we laughed and laughed at an atrociously written piece about me some years ago? The writer had accused me of being “angry”, as though “being angry” were something to be ashamed of. Of course I am angry. I am angry about racism. I am angry about sexism. But I recently came to the realization that I am angrier about sexism than I am about racism. Because in my anger about sexism, I often feel lonely. Because I love, and live among, many people who easily acknowledge race injustice but not gender injustice.

63

63 ADICHIE, C. N., Dear Ijeawele, or a Feminist Manifesto in Fifteen Suggestions, New York - Toronto, Knopf, 2017, pp. 22-23.

(32)

Combattere le ingiustizie culturali di stampo sessista è per Adichie una responsabilità sociale che deriva la sua urgenza anche dal fatto che tali iniquità sembrano non essere evidenti a tutti i livelli della società odierna.

L’impegno di Adichie per la causa femminista è vissuto dall’autrice come imperativo etico al quale è impossibile sottrarsi, e il lettore ne può trovare facilmente traccia anche all’interno delle sue pubblicazioni di genere narrativo, a partire dalla cospicua presenza di voci femminili e di immagini di donne forti e indipendenti che popolano le pagine dei suoi libri.

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