• Non ci sono risultati.

Capitolo V Le misure cautelari

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Capitolo V Le misure cautelari"

Copied!
84
0
0

Testo completo

(1)

Capitolo V

Le misure cautelari

Sommario:5.1-I Criteri di scelta delle misure (rinvio) e la determinazione della pena.5.2.-Le prescrizioni ed il loro contenuto.5.2.1-I soggetti coinvolti.5.2.2- La durata delle prescrizioni e la loro rinnovazione.5.2.3-L' inosservanza delle prescrizioni.5.3- La permanenza in casa. Le differenze rispetto al collocamento in comunità: l' importanza della situazione familiare.5.3.1 L'oggetto della permanenza in casa. 5.3.2- La permanenza in casa e le similarità rispetto alla custodia cautelare e alla detenzione domiciliare.5.3.3-La violazione degli obblighi della permanenza in casa e l' allontanamento ingiustificato.5.4- Il collocamento in comunità: oggetto, differenze e analogie rispetto alla permanenza in casa.5.4.1- Le comunità e gli obblighi a carico del responsabile.5.4.2- Violazione degli obblighi e allontanamento ingiustificato.5.5.1 L' esecuzione della misura in un luogo di cura.5.6- La custodia cautelare, le ipotesi delittuose che consentono la sua applicazione.5.6.1-Le esigenze cautelari che permettono la applicazione della custodia cautelare.5.6.2- I termini di durata massima della custodia cautelare.5.6.3- I provvedimenti successivi alla scarcerazione per decorrenza dei termini.5.7- Il procedimento applicativo.5.7.1 Le vicende modificative ed estintive.5.8. Le impugnazioni, i principi generali.5.8.1 Le singole tipologie.

5.1-I Criteri di scelta delle misura(rinvio) e la determinazione della pena.

(2)

Le misure cautelari previste per il rito minorile si caratterizzano per la loro tassatività enunciata inderogabilmente all' art. 19 c.p.p.m. secondo il quale non possono essere applicate ai minori misure diverse da quelle indicate nel c.p.p.m..

La applicazione delle misure deve anche seguire i già citati principi di adeguatezza, di proporzionalità (propri anche del processo ordinario) e di minima offensività, facoltatività e di non interruzione dei processi educativi in atto (regolatori del processo de quo).

È richiesta inoltre, al fine di poter applicare le varie misure, la sussistenza delle esigenze cautelari individuate all' art. 274 c.p.p. oltre che delle generali condizioni di applicabilità indicate all' art. 273 c.p.p..1

Il giudice nella scelta della misura dovrà decidere in ordine di afflittività tra : le prescrizioni ( art. 20 c.p.p.m.) la permanenza in casa (art. 21 c.p.p.m.) il collocamento in comunità (art. 22 c.p.p.m.) ed infine la misura della custodia cautelare (art. 23 c.p.p.m.) .

è necessario considerare come in ambito minorile siano individuati tetti edittali differenziati per le diverse misure, ciò significa che in base alla gravità del fatto compiuto potranno trovare o non trovare applicazione le varie misure, infatti per i reati puniti con una pena che non supera nel massimo i cinque anni non è possibile la applicazione delle misure cautelari, nel caso invece di delitti puniti con l ' 1 Per una disamina più attenta sulla questione si rinvia al capitolo III.

(3)

ergastolo o con la pena della reclusione non inferiore nel massimo di cinque anni sarà possibile l' applicazione delle misure diverse dalla custodia cautelare la quale trova giustificazione solo per i reati più gravi quindi nel caso di pena prevista non inferiore nel massimo di nove anni.2

La determinazione della pena quindi rappresenta una operazione preliminare per la applicazione di una misura cautelare in quanto la riduzione anche di un solo giorno può effettivamente precludere l' adozione delle misure.3

In questo senso è necessario considerare il comma 5 dell' art. 19 c.p.p.m. il quale prevede un innalzamento indiretto dei limiti edittali stabilendo come nella determinazione della pena debba essere considerata, oltre ai criteri ex art. 278 c.p.p., anche la diminuente della minore età. Tale indicazione comporta quindi una riduzione della pena detentiva in misura non eccedente un terzo secondo quanto disposto dall' art. 65 c.p..

Sia la dottrina che la giurisprudenza sono divise però sulla possibilità per il giudice delle libertà di compiere o meno un giudizio di prevalenza o equivalenza durante la fase delle indagini preliminari.

2 Vale la pena di ricordare come grazie all' art. 42 dlg.s 12/1991 è stato introdotto per la custodia cautelare anche un criterio qualitativo che consente la applicazione di tale misura per particolari fattispecie criminose prescindendo dal limite edittale dei nove anni.

3 La determinazione della pena non è considerata nel caso della applicazione della custodia cautelare motivata dai titoli di reato, tale impostazione è sostenuta oltre che da Palomba F., Il sistema del processo penale minorile, Giuffrè

Editore,Milano, 2002, pg. 295 ss. anche dalla Corte di Cassazione penale nella sent. 4 Febbraio ,1999 n.598 secondo la quale : “l' indicazione di specifiche

fattispecie criminose esclude ovviamente che si debba far luogo al calcolo degli effetti della concorrenza tra circostanze attenuanti e aggravanti “.

(4)

Parte maggioritaria della dottrina ritiene, con il sostegno della Corte di Cassazione4, che sia necessario effettuare un giudizio di comparazione seguendo la disciplina dettata dall' art. 69 c.p. quindi anche quando si sia ancora nelle fase delle indagini preliminari, senza aspettare il merito5 questo in quanto si ritiene che il solo modo tecnicamente possibile per considerare la diminuente sia quello di effettuare un giudizio di prevalenza o di equivalenza delle circostanze seppur effettuato in maniera meno approfondito considerando anche le speciali competenze del giudice minorile il quale anche nella fase preliminare ha la possibilità di concedere il perdono giudiziale o la sospensione condizionale della pena. Parte minoritaria della dottrina6 ritiene invece che sia precluso tale giudizio di comparazione questo in quanto sarebbe necessaria una valutazione completa effettuabile solo in sede di merito quindi la diminuente della minore età potrebbe essere considerata solo nella fase del giudizio comportando così al limite la cessazione della misura applicata.

Tale impostazione è stata sostenuta anche dalla Corte di Cassazione la quale ha affermato : il giudizio di

comparazione delle circostanze è previsto ai fini della determinazione della pena ed è, in linea di principio

4 Cass. Pen., sez. V, 25.5. 1993, num. 3081.

5 A sostegno di tale tesi si esprimono Giannino P., Il processo penale minorile, Cedam,Padova, 1997, pg 129; Ricciotti R.,La giustizia penale minorile, Cedam,Padova,2001,pg 268; Presutti A. in Palermo Fabris E., Presutti A.,

Trattato di diritto di famiglia,Giuffrè Editore, Milano,2009, pg. 369.

6 Seguono tale impostazione Di nuovo S. , Grasso G.,Diritto e procedura penale

(5)

riservato al giudice del dibattimento (..) non può farsi luogo al giudizio di comparazione e la pena astrattamente prevista dalla legge deve essere determinata tenendo conto dell' aumento massimo stabilito per le circostanze aggravanti e della diminuzione minima per le circostanze attenuanti.7

5.2.1-Le prescrizioni ed il loro contenuto.

Le prescrizioni sono la prima misura cautelare personale disciplinata nel c.p.p.m. , è una misura cautelare non detentiva, collocata al primo livello di afflittività e per questo può sembrare una misura leggera ma nella attuazione pratica si esprime come fattispecie fortemente personalizzata e impegnativa per il minore. 8

Essendo tale misura la meno invasiva tra quelle previste nel rito minorile deve essere preferita dal giudice in nome del principio di minima offensività regolatore del processo de quo e si è osservato come si sia voluto attribuire a tale misura una preferenza e non un carattere di residualità9 come potrebbe essere desunto dalla lettera dell' art. 20 c.p.p.m. il quale dispone “ se, in relazione a quanto disposto dall'

articolo 19 comma 2, non risulta necessario fare ricorso ad altre misure cautelari (..)”.

Le prescrizioni si esplicano nella possibilità per il giudice , 7 Cass.Pen., sez. I, 3/6/1995.

8 Segue tale impostazione Giannino P., Il processo penale minorile,Cedam, Padova, 1997,pg. 133.

9 Concorde con tale impostazione Palomba F., Il sistema del processo penale

(6)

sentiti gli esercenti la potestà, di impartire al minore specifiche regole di condotta inerenti alle attività di studio o di lavoro o utili per la sua educazione.

Il requisito della specificità caratterizza le prescrizioni in quanto il giudice deve precisare in modo chiaro cosa il minore debba fare al fine della funzionalità della misura. La specificità acquista un carattere essenziale anche, in primo luogo per i servizi i quali potranno così garantire un adeguato sostegno al minore, ed in secondo luogo anche per il giudice il quale tramite la specificità delle prescrizioni avrà la possibilità di valutare le possibili violazioni compiute.10

L' art. 20 c.p.p.m. non prevede però alcuna sanzione nel caso in cui non venga rispettato il requisito della specificità delle prescrizioni quindi nel caso di genericità delle disposizioni diviene compito dei servizi dare contenuto alle indicazioni generali fornite dal giudice.

L' oggetto delle prescrizioni quindi è sicuramente un obbligo di fare e non un mero obbligo di stare, sono imposte delle attività congeniali alla personalità e alla crescita personale, culturale e professionale del minore come per esempio la partecipazione alle attività di formazione come laboratori, centri di aggregazione, apprendistati ma anche al fine di migliorare la sensibilità sociale del ragazzo è possibile disporre nelle prescrizioni la partecipazione al volontariato, a programmi di assistenza e sostegno per i più bisognosi 10 Indica tale importanza ripartita del requisiti della specificità Giannino P.,Il

(7)

oppure a programmi di protezione civile e di salvaguardia dell' ambiente. Non è stabilito un elenco tassativo delle prescrizioni11 quindi è lasciata al giudice la scelta delle attività più consone al recupero del minore, inoltre la norma non esclude la possibilità per il giudice di applicare oltre alle c.d. prescrizioni positive quelle c.d. negative come per esempio il non uscire di casa dopo cena, non frequentare certi luoghi come pub e locali notturni, non frequentare alcune persone, non partecipare a certi spettacoli. È stato infatti autorevolmente chiarito come le “prescrizioni inerenti

alle attività siano in realtà comprensive sia di azioni che di omissioni”. 1213

Chiaramente l' ampio margine di discrezionalità del giudice possiede un limite che potremmo considerare implicito nella ratio della misura la quale non può avere ad oggetto azioni che contrastino con i processi educativi già in atto e funzionanti. Per esempio nel caso in cui il minore stia compiendo positivamente un percorso di studio non sarebbe possibile imporre l' inizio di un percorso diverso che comprometta l' impegno scolastico in svolgimento.

In relazione al carattere preminentemente educativo delle 11 Contrariamente si esprime Giambruno S. , Il processo penale minorile, Cedam,

Padova,2001, pg. 65, secondo la quale “Il contenuto delle prescrizioni è tassativo

è può riguardare soltanto obblighi inerenti ad attività di studio , di lavoro o altre attività utili per l' educazione del minore.”

12 Assante G., Giannino P., Mazziotti F. , Manuale di diritto minorile,Laterza, Roma,2000,pg. 287.

13 Palomba F.,Il sistema del processo penale minorile, Giuffrè Editore, Milano, 2002, pg. 320, contrariamente sostiene come “difficile è ipotizzare che possa

costituire oggetto di prescrizione un obbligo di non fare o tollerare. La difficoltà non riguarda tanto l ' individuazione di concreti comportamenti , è piuttosto la struttura della norma che non pare consentire divieti.”

(8)

prescrizioni e stante il generale principio di tassatività delle misure cautelari sancito all' art. 19 comma 1 c.p.p.m. si tende ad escludere l' utilizzo nelle prescrizioni di misure previste nel rito degli adulti.

Tale divieto non pare essere assoluto in quanto si ritengono ammissibili comandi analoghi a quelli stabiliti nel rito dei maggiorenni (ex art. 281, 282 , 283 c.p.p.14) nel caso in cui siano tesi a finalità educative e non meramente di controllo, in tal caso però parte della dottrina richiede una

motivazione specifica nel provvedimento applicativo non

essendo sufficiente l ' indicazione di sole clausole di stile.15

Si esclude inoltre la possibilità di prescrizioni che abbiano ad oggetto solo un obbligo di stare in quanto in tal caso dovrebbero essere applicate le misure della permanenza in casa o del collocamento in comunità ma il divieto non è tassativo potendo imporre tale obbligo nel caso in cui esso sia connesso alle attività di studio o di lavoro.

Quindi è possibile affermare come le prescrizioni abbiano un carattere puramente penale e non amministrativo infatti la possibilità di porre in essere divieti già sarebbe sufficiente a sostenere la loro natura penale inoltre l' incipit iniziale dell' art. 20 comma 1 c.p.p.m. che richiama “ le altre misure

cautelari” e la successiva previsione di un prolungamento

per esigenze probatorie fugano definitivamente ogni dubbio. Si applicano quindi le previsioni attinenti alle garanzie 14 Si tratta delle ipotesi di : divieto di espatrio, obbligo di presentazione alla polizia

giudiziaria,divieto e obbligo di dimora.

15 Tale motivazione è richiesta espressamente da Giambruno S. , Il processo penale

(9)

processuali, al fumus commicti delicti, al periculum libertatis, alla sussistenza delle esigenze cautelari ed ai limiti di durata.

Una distinzione necessaria deve essere compiuta nei confronti di quelle prescrizioni che vengono adottate al fine della riparazione delle conseguenze di un reato e atte a promuovere la conciliazione del minore con la persona offesa dal reato disciplinate all' art. 28 comma 2 c.p.p.m. in tal caso infatti le prescrizioni che vengono ordinate dal giudice hanno una funzione riparatrice e conciliatoria e non cautelare e sono utilizzate come elemento di valutazione per la messa alla prova.16

In conclusione è possibile affermare come il contenuto delle prescrizioni sia indubbiamente peculiare infatti l ' art. 20 c.p.p.m. descrive pur sempre una misura cautelare che deve essere funzionale alla tutela delle esigenze descritte dal rito ordinario, tale finalità è compiuta non limitandosi ad una mera limitazione della libertà personale ma favorendo l' evoluzione e la crescita del minore .

Si tratta dunque di un istituto ambizioso e proprio per tal motivo poco utilizzato in concreto a causa della effettiva difficoltà di creare un percorso educativo efficace e nel contempo di riuscire a sopperire ai bisogni meramente processuali.17

16 Tratta in modo approfondito tale necessaria distinzione Palomba F., Il sistema

del processo penale minorile,Giuffrè Editore, Milano, 2002, pg. 322.

17 Per uno studio approfondito sulle difficoltà applicative delle prescrizioni si veda Cesari C. , Le prescrizioni : Tra rieducazione e cautela, le ambiguità irrisolte di

una scommessa persa,in C.Cesari , Le limitazioni alla libertà personale del minore imputato,Giuffrè Editore,Milano, 2012, pg. 73 ss.

(10)

5.2.1- I soggetti coinvolti.

Il comma 1 dell' art. 20 c.p.p.m. afferma come sia necessaria da parte del giudice la audizione degli esercenti la potestà genitoriale al fine di disporre le prescrizioni, tale obbligo ha suscitato diversi interrogativi in dottrina circa la sua ratio in quanto esso è definito solo in relazione a tale misura cautelare mancando un richiamo espresso per esempio nella disciplina della permanenza in casa, misura sicuramente più gravosa ed incisiva che per questo avrebbe necessitato maggiormente di tale forma di garanzia. Si potrebbe, sotto questo punto di vista, vagliare la possibilità di un intervento di legittimità costituzionale per disparità di trattamento evitando tale possibilità solo nel caso di una interpretazione che consenta di ravvisare l' obbligo di audizione degli esercenti anche nel caso della applicazione della misura della permanenza in casa e del collocamento in comunità.18 Secondo parte della dottrina la ratio di tale audizione si rinviene nel carattere peculiare della misura de quo infatti le prescrizioni devono attenersi e basarsi in modo preminente sulle esigenze educative visto il loro specifico contenuto. L' audizione degli esercenti la potestà genitoriale quindi assolve il compito di fornire al giudice gli elementi di conoscenza necessari affinché possano essere disposte quelle attività essenziali per il miglioramento e lo sviluppo del

18 Osservazione compiuta da Caraceni L. , sub. Art. 20 in Giostra G., Il processo

(11)

minore19. Non secondariamente inoltre l ' audizione è utilizzata al fine di integrare gli accertamenti sulla personalità disciplinati all' art. 9 c.p.p.m.20

Il coinvolgimento dell' esercente la potestà rappresenta senza dubbio una opportunità per il giudice di meglio conoscere le concrete esigenze del minore in quanto soggetto che indubbiamente possiede una incidenza diretta sui percorsi del giovane imputato inoltre è possibile ravvisare nell' audizione una occasione per porre in essere una contraddittorio anticipato su una misura che pur essendo la meno afflittiva si caratterizza però per la sua grande valenza e ingerenza nella vita concreta del minore.21

Proprio a causa delle varie motivazioni sottese alla audizione , parte maggioritaria della dottrina la ritiene obbligatoria e per tanto la sua mancanza potrebbe configurare una nullità di carattere generale, a regime intermedio riconducibile alla lett. c) dell' art. 178 c.p.p..22

Riveste inoltre ampia importanza nella disciplina delle 19 Sostengono tale motivazione Lanza E. Le indagini preliminari e le misure

cautelari, in La Giustizia penale minorile:formazione , devianza, diritto e processo a cura di Pennisi A.., Giuffrè Editore, Milano,2004, pg. 284; Palomba

F., Il sistema del processo penale minorile, Giuffrè Editore, Milano, 2002, pg. 322.

20 Concorda con l ' uso dell' audizione anche ai fini della integrazione dell 'esame sulla personalità del minore Scivoletto C., Sistema penale e minori,Carrocci, Roma, 2001, pg. 58.

21 Sottolinea il carattere di autodifesa dell' audizione dell' esercente la potestà Pepino L., Art.20,Misura cautelari per i minorenni. Commento in Chiavario

Commento al codice di procedura penale ,Leggi collegate.I. Il processo minorile,

Utet, 1994, pg. 231.

22 Sostengono la configurabilità della nullità a regime intermedio Presutti A: in Palermo Fabris E. , Presutti A., Trattato di diritto di famiglia, Giuffrè

Editore,Milano, 2002, pg. 393; Ruggieri F. in Musacchio V.,Manuale di diritto

(12)

prescrizioni la figura dei servizi minorili, è operato infatti dal comma 1 dell' art. 20 c.p.p.m. un rinvio nei confronti dell' art. 19 comma 3 c.p.p.m. il quale ha ad oggetto l' affidamento del minore ai servizi minorili dell' amministrazione della giustizia i quali svolgono una attività di sostegno e controllo in collaborazione con i servizi di assistenza istituiti dagli enti locali. L' espresso richiamo compiuto risulta essere superfluo considerando il tenore generale dell' art. 19 comma 3 c.p.p.m. il quale impone quindi una sua generica applicazione per le varie misure cautelari ma in realtà si potrebbe ravvisare il particolare coinvolgimento dei servizi nella applicazione delle prescrizioni.23 Tale coinvolgimento è motivato dal fatto che il giudice ha bisogno di conoscere la realtà locale nel quale vive il minore ( per esempio l' esistenza dei servizi scolastici, la presenza di associazioni di volontariato, l' opportunità di svolgere apprendistati ) quindi i servizi devono attivarsi immediatamente per poter fornire valide informazioni e per prospettare al giudice le varie attività che il minore ha la possibilità di svolgere.

Successivamente i servizi minorili svolgono attività di sostegno inteso sia come aiuto psicologico nei confronti del minore, il quale essendo sottoposto ad una misura restrittiva della libertà personale vive sicuramente un periodo di disagio, sia come aiuto a seguire i programmi che la misura 23 Come nota Pepino L., Art.20 ,Misura cautelari per i minorenni., Commento in

Chiavario M. ,Commento al codice di procedura penale, Leggi collegate. I. Il

(13)

cautelare implica.

L' attività di controllo invece si sostanzia nella verifica dell' adeguatezza dei programmi predisposti per il minore e non ha ad oggetto quindi un mera attività di polizia.

5.2.3- La durata delle prescrizioni e la loro rinnovazione.

Il comma 2 dell' art. 20 c.p.p.m. ha ad oggetto la questione relativa ai termini di durata e alla possibile rinnovazione delle prescrizioni.

È fissato il ridotto termine massimo di due mesi applicabile indipendentemente dalla natura del reato per cui si procede. È interessante notare come tale termine confermi nuovamente la natura cautelare delle prescrizioni in quanto gli interventi di sostegno civili o amministrativi non hanno mai una così breve durata.24

La decorrenza del termine è stabilita dalla data di emissione del “provvedimento” con il quale sono impartite le prescrizioni, è una indicazione generica in quanto è generalmente riconosciuto come si faccia riferimento specifico all' ordinanza applicativa della misura.

Il giudice indica nell' ordinanza la durata delle prescrizioni e nel caso in cui manchi tale indicazione si considera utilizzabile il termine massimo di due mesi. Nel caso però in cui la misura sia applicabile per le esigenze cautelari di cui all' art. 274 comma 1, lett. a) c.p.p. il giudice, secondo parte maggioritaria delle dottrina, è tenuto a fissare il termine di 24 Osservazione di Giannino P. , Il processo penale minorile, Cedam, Padova,1997,

(14)

durata nell' ordinanza, pena nullità della misura.25

Il decorso del termine massimo o di quello minore eventualmente stabilito, comporta la cessazione della misura. In dottrina vi è chi ritiene necessaria l ' emanazione di un ordinanza da parte del giudice al fine di disporre la cessazione delle prescrizioni.26 Tale impostazione trova fondamento nell' art. 306 comma 2 c.p.p. il quale stabilisce : “Nei casi di perdita di efficacia di altre misure cautelari27,

il giudice adotta con ordinanza i provvedimenti necessari per l'immediata cessazione delle misure medesime “.

In realtà parte maggioritaria della dottrina ritiene che in tal caso un provvedimento del giudice rappresenti un formalismo ingiustificato in quanto alla scadenza del termine indicato il minore non è più tenuto ad osservare le prescrizioni tranne nel caso di rinnovo.28

Le prescrizioni perdono efficacia inoltre nei casi previsti al comma 1 e 3 dell' art. 300 c.p.p. :

1) Nel caso di archiviazione, sentenza di non luogo a procedere, proscioglimento pronunciate nei confronti del fatto o della persone nei cui confronti si procede.

2)Nel caso di sentenza di condanna, dichiarazione di 25 Come nota Battistacci G. in Fumo G:,Il processo minorile, Cedam,Padova, 1991,

pg. 28.

26 Sostiene la necessità di un apposito provvedimento del giudice Palomba F., Il

sistema del processo penale minorile, Giuffrè Editore, Milano, 2002, pg. 324..

27 Il comma 1 ha ad oggetto la cessazione della custodia cautelare.

28 Sostengono la non necessarietà di un provvedimento del giudice Pepino L.,

Art.20 ,Misura cautelari per i minorenni., Commento in Chiavario M. Commento al codice di procedura penale ,Leggi collegate. I. Il processo minorile,

Utet,Torino,1994,pg.233;

Vaccaro A., sub art. 20 in Codice di procedura penale minorile

(15)

estinzione o di sospensione condizionale della pena .

Il giudice può altresì decidere di rinnovare la misura ma tale rinnovazione è ammessa per una sola volta nel caso in cui siano sussistenti le esigenze probatorie di cui all' art. 274 comma 1 lett. a) c.p.p. . Il richiamo a tale disposizione rimarca la natura cautelare delle prescrizioni quindi si è ritenuto che la loro durata29 si colleghi direttamente al permanere delle esigenze cautelari e quindi proprio in relazione ad esse possa essere mutato anche il loro oggetto.30

5.2.4- L' inosservanza delle prescrizioni.

Il comma 3 dell' art. 20 c.p.p.m. dispone come il giudice nel caso di gravi e ripetute violazioni delle prescrizioni possa applicare la misura della permanenza in casa la quale si pone quindi al secondo posto in ordine di afflittività tra le misure cautelari.

Tale norma rappresenta la applicazione del principio di gradualità enunciato all' art. 275 comma 3 c.p.p. secondo il quale la misura della custodia cautelare debba essere emanata solo qualora ogni altra misura risulti inadeguata. È creata così una gerarchia tra le misure in base alla loro afflittività quindi qualora il giudice applichi una misura e 29 Contrariamente Giannino G. ritiene che l' utilizzo del termine rinnovazione

invece della più comune proroga dovrebbe far ritenere che le prescrizioni rinnovate debbano avere la durata inizialmente prevista.

30 Come affermato da Pepino L. , Art.20, Misure cautelari per i minorenni.,

Commento in Chiavario M. Commento al codice di procedura penale ,Leggi collegate. I. Il processo minorile, Utet, Torino,1994, pg. 233.

(16)

questa venga violata potrà essere conseguentemente applicata la misura più restrittiva.

La dizione dell' art. 20 comma 3 indica chiaramente una possibilità per il giudice di applicare l ' aggravamento il quale quindi non può mai essere considerato obbligatorio infatti è necessario un accertamento delle violazioni che devono essere gravi e ripetute anche in relazione ai criteri che hanno portato alla scelta della misura. Successivamente si rende necessaria una valutazione dei motivi e delle circostanze che hanno causato le violazioni anche sulla base una relazione aggiornata dei servizi minorili.

Nel caso in cui il giudice ritenga non più sufficienti le prescrizioni ai fini delle esigenze cautelari, disporrà l' aggravamento applicando la misura più afflittiva della permanenza in casa tramite il procedimento indicato all' art. 292 c.p.p..

Tale meccanismo crea il problema però della computabilità dei termini delle prescrizioni nel periodo di durata della permanenza in casa infatti manca ogni tipo di riferimento normativo quindi è necessaria una opera di interpretazione per colmare tale lacuna.

A favore del non computo dei termini, secondo parte maggioritaria della dottrina31 ,vi sarebbero tre elementi :

1) La autonomia delle prescrizioni le quali sono misure cautelari peculiari anche per quanto attiene alla loro breve durata.

31 Palomba F., Il sistema del processo penale minorile , Giuffrè Editore, Milano, 2002,pg. 324 ss.

(17)

2) L' oggetto delle prescrizioni il quale rappresenta un obbligo di fare e non di stare come per quanto attiene la permanenza in casa e il collocamento in comunità le quali sono misure per le quali esplicitamente è prevista l ' assimilazione alla custodia cautelare ai fini dei termini di durata massima (si veda l ' art. 20 e 21 c.p.p.m.).

3) La sussistenza di una diversa e ulteriore esigenza cautelare da soddisfare con la nuova misura applicata in quanto la prescrizione non risulta essere più idonea a causa delle gravi e ripetute violazioni.

Resta ferma però l ' opinione di parte minoritaria della dottrina che ritiene fermamente che nel caso in cui sia disposto l ' aggravamento sia necessario calcolare il termine di durata delle prescrizioni nel termine di durata massima della misura di grado superiore.32

Una ulteriore questione relativa all ' aggravamento è quella che riguarda la possibilità o meno di applicare il c.d. cumulo delle misure disciplinato all ' art. 276 c.p.p., non espressamente previsto dal rito minorile e quindi ricorrendo così al principio di sussidiarietà.

In realtà tale possibilità è fortemente criticata dalla dottrina in quanto dalle disposizioni del c.p.p.m. si deduce l ' utilizzazione del solo meccanismo dell ' aggravamento per scalarità il quale trova sostegno nel principio di gradualità. In secondo luogo l ' oggetto delle prescrizioni impedirebbe la 32 Giannino P. , IL processo penale minorile, Cedam, Padova,1997, pg. 139.

(18)

cumulabilità con le misure successive per le quali le attività previste nelle prescrizioni devono essere oggetto di una autorizzazione del giudice. La misura de quo perderebbe così la propria autonomia necessitando di appositi interventi del giudice i quali sarebbero tesi a delineare la fattispecie delle altre misure cautelari alla luce del principio di continuità dei processi educativi in atto.33

Infine è opportuno ricordare come in attuazione dell ' art. 299 comma 2 c.p.p. sia possibile utilizzare le prescrizioni in sostituzione di misure di grado superiore nel caso in cui le esigenze cautelari risultino attenuate o nel caso in cui la misura applicata non risulti essere più proporzionata all' entità del fatto. È questa l' ipotesi contraria all' aggravamento e come per questa non potrebbe quindi essere utilizzata la computabilità dei termini delle misure di grado superiore.

5.3.1- La permanenza in casa. Le differenze rispetto al collocamento in comunità: l' importanza della situazione familiare.

La disciplina della permanenza in casa, seconda misura cautelare in ordine di afflittività, è disposta dall' art. 21 c.p.p.m..

Essa rappresenta la prima misura con oggetto un obbligo di stare essendo previsto infatti nel processo minorile uno sdoppiamento che prevede, differentemente da quanto stabilito per il processo ordinario, una seconda misura 33 Palomba F., Il sistema del processo penale minorile, Giuffrè Editore,Milano,

(19)

similare , quella del collocamento in comunità la quale si differenzia dalla permanenza in casa solo per il luogo in cui il minore è tenuto a rimanere, in tal caso una struttura pubblica autorizzata invece che un luogo di privata dimora. Proprio a causa della tenue diversità tra tali due misure per la dottrina appare artificiosa l' esistenza tra di esse di una scalarità per grado di durezza anche sotto il punto di vista delle esigenze educative.34 Effettivamente non è ravvisabile una vera diversità ontologica tra le due misure tale da rendere possibile nel caso di violazione della permanenza in casa la applicazione della successiva misura del collocamento in comunità la quale si esprime per la stessa limitazione a livello di libertà e per la stessa necessità cautelare. Appare quindi inopportuna la differenza di sanzioni nel caso di violazione delle due misure in quanto nel caso del collocamento in comunità il giudice potrà applicare addirittura la misura più restrittiva tra quelle previste nel rito minorile, la custodia cautelare in carcere.

Di qui la proposta, per ora inascoltata, di unificare le due misure per applicare il collocamento in comunità solo al minorenne che , eventualmente, già vi si trovi ad altro titolo (non penale).Occorre, purtroppo, registrare che gli orientamenti dell' Ufficio centrale per la giustizia minorile ( presso il Ministro di grazia e giustizia) tendono, invece, ad una ulteriore divaricazione delle due misure.35

34 Come sottolineano Palomba F., Il sistema del processo penale minorile, Giuffrè Editore, Milano,2002,pg 328. Concorda con tale opinione anche Giannino P., Il

processo penale minorile, Cedam, Padova, 1997, pg. 141.

(20)

L' unica differenza degna di nota sul grado della affilittività potrebbe essere rappresentata, come autorevolmente affermato, dal fatto che il minore sottoposto al collocamento in comunità sarebbe privato dei rapporti con i propri coetanei 36oltre che del sostegno diretto dei familiari o di altri parenti, amici affidatari.

La permanenza in casa si esegue infatti :

a) Nella abitazione familiare, quindi dove il minore solitamente vive con la famiglia naturale. In tale caso i genitori hanno il dovere di consentire la permanenza del figlio nella abitazione familiare che si lega al generale obbligo di mantenere, istruire, ed educare la prole come stabilito agli art. 147 e 260 c.c. e all' art. 30 Cost..

Nel caso in cui il genitore affidatario conviva con un altra persona adulta che non sia il genitore del minore, si ritiene che siano a carico dell' unico genitore i vari obblighi imposti dalla permanenza in casa.

b)Luogo di privata dimora il quale rappresenta una alternativa alla abitazione familiare. Esso può essere sia la casa di altri parenti sia la abitazione di amici stretti del minore, in tali casi però si rende necessaria la presenza di un adulto considerato più indicato per assolvere il ruolo di custode rispetto ai genitori del ragazzo.37

è richiesto inoltre che in tal caso la persona adulta esprima il pg. 155.

36 Bastinacci G. , Il nuovo processo penale a carico di imputati minorenni, Cedam,Padova, 1989, pg. 146.

37 Tale valutazione è necessaria per il rispetto dell' art. 1 e ss della l.184/1983 relativa alla adozione e all' affidamento dei minori.

(21)

suo consenso circa l' assunzione dei vari obblighi della permanenza in casa precedentemente la applicazione della misura.

La permanenza in casa è caratterizzata quindi dal coinvolgimento dei familiari o ad ogni modo di persone vicine al minore, come si desume direttamente dal comma 3 dell' art. 21 c.p.p.m. il quale prevede come i genitori o le persone nella cui abitazione è disposta la misura debbano vigilare sul comportamento del minore consentendo inoltre gli interventi di sostegno e di controllo dei servizi ex art. 6 c.p.p.m. oltre che gli ulteriori controlli disposti dal giudice. Il dovere di vigilanza si risolve in una attività di controllo sul rispetto del dictat del giudice quindi è finalizzato a rendere quanto più efficace la permanenza in casa. Nel caso di inosservanza di tale dovere parte della dottrina sostiene la configurabilità della responsabilità penale ai sensi dell ' art. 650 c.p. in quanto obblighi connessi a ragioni di giustizia38.

È generalmente riconosciuto invece come la vigilanza non implichi alcun dovere di custodia penalistica sussistente invece nelle misure precautelari per le quali è prescritto un formale avvertimento circa gli obblighi del consegnatario finalizzato a creare un dovere di custodia.

Oltre al dovere di vigilanza l ' art. 21 c.p.p.m. prescrive anche l' obbligo di consentire gli interventi di sostegno e controllo dei servizi sociali e di eventuali controlli ulteriori 38 Palomba F., Il sistema del processo penale minorile,Giuffrè Editore,

(22)

del giudice. Per quanto attiene ai primi l' indicazione è stata ritenuta necessaria in quanto altrimenti non sarebbero potuti essere compiuti liberamente poiché non imponibili. I secondi controlli invece sono voluti direttamente dal giudice al fine di assicurare il rispetto delle condizioni indicate nei suoi provvedimenti.

È chiaro come tale misura debba essere emanata solo nel caso in cui la situazione familiare sia considerata rassicurante ed idonea a compiere i propri doveri di educazione e responsabilizzazione nei confronti del giovane imputato, spesso infatti l' indole delinquenziale del minore è proprio causata o dalla natura della famiglia che potrebbe incitarlo a comportamenti criminali o non curarsene minimamente oppure da una ribellione nei confronti delle figure parentali e quindi costringere il ragazzo in casa potrebbe comportare un suo notevole peggioramento comportamentale.

Il giudice quindi non solo precedentemente alla applicazione della permanenza in casa dovrà svolgere una attenta analisi della situazione familiare ma anche successivamente per valutare l ' andamento della misura valutando se siano opportune delle modifiche alle sue modalità esecutive in rapporto all' evolversi della situazione concreta39.

(23)

5.3.2 L'oggetto della permanenza in casa

La permanenza in casa (cosi come il collocamento in comunità) si lega al genus degli arresti domiciliari previsti nel rito degli adulti, la ratio in comune è rappresentata infatti dalla stessa limitazione della libertà di movimento; il giudice prescrive al minore di rimanere presso l ' abitazione familiare o presso altro luogo di privata dimora. Si parla propriamente di un obbligo di stare il quale rappresenta il contenuto principale della misura non essendo smentito nemmeno dalle possibili eccezioni previste per finalità di studio, lavoro, educazione in quanto come stabilito dal comma 2 in tali casi sono necessari provvedimenti di autorizzazione ad hoc del giudice. Tali provvedimenti devono essere specifici e contenere l' indicazione degli orari di uscita e di ritorno oltre che di destinazione.

Il minore può quindi ottenere dal giudice, stante le precedenti esigenze, l' autorizzazione ad allontanarsi dalla propria abitazione. Tali ipotesi rappresentano però delle eccezioni alla permanenza in casa contrariamente al caso delle prescrizioni per le quali i vari obblighi di fare rappresentano il concreto oggetto della misura.

Inoltre è interessante notare come il comma 2 dell' articolo 21 c.p.p.m. consenta al giudice di emanare tali provvedimenti a contenuto eccezionale non solo tramite l' ordinanza di applicazione della permanenza in casa ma anche mediante provvedimenti successivi, è permessa così al giudice la possibilità di adeguare la misura alla realtà

(24)

concreta vissuta dal minore in base anche alle sue maturate esigenze.

A tal proposito è necessario indicare come l ' obbligo di stare può essere accompagnato da altre disposizioni accessorie necessarie sia per esigenze istruttorie (per esempio nel caso di pericolo relativo all' inquinamento delle prove) sia per esigenze educative del minore ( è il caso della necessità di interrompere amicizie dannose per il ragazzo).

Tali ulteriori limitazioni sono emanate dal giudice secondo il suo potere discrezionale e sono del tutto facoltative stante la dizione del comma 1 dell' art. 21 c.p.p.m. il quale dispone “

il giudice può imporre limiti o divieti alla facoltà del minorenne di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono”.

Nel caso in cui la permanenza in casa sia eseguita in un luogo diverso dall' abitazione familiare, il divieto di comunicazione può riguardare anche i genitori o il genitore non affidatario nel caso di separazione.40

5.3.3- La permanenza in casa le similarità rispetto alla custodia cautelare e alla detenzione domiciliare.

Il comma 4 dell' art. 21 c.p.p.m. afferma come il minorenne al quale è imposta la permanenza in casa sia considerato in stato di custodia cautelare ai soli fini del computo della durata massima della pena dal momento in cui la misura è stata eseguita o dal momento della applicazione di una 40 Come ricorda Caraceni L. sub art. 21, in Giostra G., Il processo penale minorile,

(25)

misura precautelare. Inoltre il periodo della permanenza in casa è computato, come accade anche per la custodia cautelare, nella pena da eseguire secondo i parametri indicati nell' art. 657 c.p.p..

La precedente versione dell'art. 21 c.p.p.m. prevedeva che il minore fosse considerato in stato di custodia cautelare ai soli fini della durata massima della custodia cautelare quindi in tal caso si delineava una situazione più sfavorevole per il minore rispetto al rito degli adulti nel quale la detenzione domiciliare è equiparata alla custodia cautelare anche ai fini della detrazione del periodo trascorso sotto tale misura alla durata totale della pena. Tale questione è stato sottoposta ad una eccezione di incostituzionalità41 in quanto il trattamento differenziato delineato era ritenuto incomprensibile e

ingiustificato in quanto in contrasto con l' art. 3 Cost. a

causa della disparità di disciplina legislativa per identiche

situazioni giuridico-processuali e per la violazione dell' art.

13 Cost. in quanto l' inutilizzabilità del periodo di tempo

della permanenza in casa trasformerebbe siffatta misura aggiuntiva in detenzione stessa. La Corte Costituzionale non

ha potuto pronunciarsi sulla questione in quanto è intervenuto il D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12 , art. 41 il quale ha modificato il comma 4 dell' art. 21 c.p.p.m. eliminando tale disparità di trattamento.

Tale intervento legislativo ha chiarito anche il dies a quo relativo alla decorrenza del periodo di permanenza in casa 41 Tribunale dei minori Napoli, in foro Italiano, 1991.

(26)

infatti attualmente se l' applicazione della misura è successiva all' arresto, al fermo o all' accompagnamento il termine di durata decorre dalla data della applicazione di tali misure precautelari altrimenti il termine decorre dal momento della esecuzione della misura.

È inoltre necessario compiere una distinzione tra la misura della permanenza in casa e quella degli arresti domiciliari previsti per il rito degli adulti infatti entrambe le ipotesi si caratterizzano per una similare limitazione della libertà personale ma possiedono delle differenze relative alla peculiarità del processo minorile. A livello di computo dei termini è infatti possibile compiere una piena equiparazione in quanto materia che attiene ad attribuzioni favorevoli e positive ma in altri ambiti tale equiparazione viene meno al fine di delineare un sistema più benevolo per il minore. Il giudice possiede nel processo de quo una maggiore discrezionalità nella applicazione delle permanenza in casa potendo stabilire tramite propri provvedimenti delle eccezioni alla misura in relazione alle esigenze di studio, lavoro o per attività utili alla educazione del minore.

Inoltre il potere di vigilanza non è compiuto dalle forze di polizia ma dal genitore o dalle persone nella cui abitazione è disposta la misura.

Una ulteriore differenza essenziale tra le due fattispecie è quella relativa alla equiparazione nei confronti della custodia cautelare infatti per la detenzione domiciliare è stabilito generalmente come il soggetto sottoposto agli arresti

(27)

domiciliari sia considerato in stato di custodia cautelare secondo quanto stabilito all' art. 284 comma 5 c.p.p. , tale equiparazione comporta quindi che nel caso di allontanamento sia possibile configurare il reato di evasione, fattispecie che non si delinea invece le caso di allontanamento ingiustificato durante la permanenza in casa in quanto l' accostamento tra tale misura e la custodia cautelare si risolve solamente sul piano del computo della durata massima della misura secondo quanto disposto dal comma 4 dell' art. 21 c.p.p.m..

5.3.4- La violazione degli obblighi della permanenza in casa e l' allontanamento ingiustificato.

È il comma 5 dell' art. 21 c.p.p.m. ad occuparsi della disciplina inerente alla violazione degli obblighi imposti dalla permanenza in casa e nel caso dell' allontanamento ingiustificato del minore.

È stabilito come in tali due ipotesi il giudice possa disporre la misura del collocamento in comunità. L' aggravamento è sempre facoltativo e non obbligatorio e si lega ad una analisi del giudice circa la gravità e la ricorrenza delle inosservanze del minore.

L' allontanamento invece deve essere ritenuto ingiustificato quindi privo di plausibile spiegazione .

È necessario notare anche come l' allontanamento ingiustificato non integri l' ipotesi di evasione in quanto in primo luogo non vi è una equiparazione totale con la misura

(28)

della custodia cautelare e in secondo luogo è delineata la specifica ed autonoma sanzione dell' aggravamento della misura.

5.4.1- Il collocamento in comunità: oggetto, differenze e analogie rispetto alla permanenza in casa.

L' art. 22 c.p.p.m. delinea la disciplina del collocamento in comunità , terza misura cautelare in ordine di afflittività applicabile ai minori, essa ha carattere obbligatorio, non è azionabile coattivamente, ciò comporta l' esclusione di un accompagnamento coattivo del minore differentemente da quanto previsto all' art. 285 c.p.p. per la custodia cautelare in carcere quindi occorre la collaborazione del minore il quale deve presentarsi spontaneamente nella comunità.42

Tale misura non rappresenta una novità nel sistema processuale in quanto in precedenza è stata utilizzata come misura socio terapeutica per i tossicodipendenti in trattamento e come misura educativo assistenziale per i minori in tenera età privi di idonea famiglia. 43

Il comma 1 individua il suo oggetto, disponendo :

..”Il giudice ordina che il minorenne sia affidato a una

comunità pubblica o autorizzata, imponendo eventuali specifiche prescrizioni inerenti alle attività di studio o di

42 Sostiene la presentazione spontanea in comunità Ciavola A., Il collocamento in

comunità,in Cesari C. , Le limitazioni alla libertà personale del minore imputato , Giuffrè Editore,Milano, 2012 , pg. 154. Contrariamente si esprime.

Cutrona A., Il fine delle misure cautelari, in Aa. V.v., Il processo penale minorile

: prime esperienze,Giuffrè Editore,Milano, 1991, pg. 99 secondo il quale i minori

sono collocati in comunità con un provvedimento del giudice quindi devono essere accompagnati dalle forze dell' ordine.

(29)

lavoro ovvero ad altre attività utili per la sua educazione.”

è delineato quindi un obbligo di stare nei confronti del minore dal quale è possibile desumere anche il sorgere di obblighi a carico dei responsabili della comunità.

Il precetto della misura è il medesimo di quello della permanenza in casa infatti al minore è imposto il non allontanamento, in tal contesto, dalla comunità tranne il caso in cui il giudice decida di emanare delle specifiche prescrizioni inerenti alle attività utili che il ragazzo deve compiere tramite provvedimenti anche successivi all' ordinanza di esecuzione della misura. Tali ipotesi sono eventuali in quanto il giudice in entrambi i casi ha un potere discrezionale basato su valutazioni tese a capire se effettivamente tali attività possano arricchire e migliorare il comportamento e la situazione del minore.

Il collocamento in comunità e la permanenza in casa appartengono al genus degli arresti domiciliari avendo ad oggetto un obbligo di stare. Entrambe tali misure si distanziano però dalla detenzione domiciliare in quanto non è possibile ravvisare per esse una piena equiparazione nei confronti della custodia cautelare la quale è compiuta per la misura ordinaria ma non per le misure de quo le quali si limitano ad una equiparazione nei confronti della custodia cautelare ai soli fini del computo della durata massima della misura.44

44 Pepino L., Art.22 ,Misura cautelari per i minorenni., Commento in Chiavario M.

Commento al codice di procedura penale ,Leggi collegate.I. Il processo minorile,

(30)

Altre due similitudini esistenti tra la permanenza in casa ed il collocamento in comunità sono desumibili direttamente dal codice di rito ordinario, la prima ipotesi è delineata all' art. 293 c.p.p. il quale stabilisce come le ordinanze che dispongono misure diverse dalla custodia cautelare in carcere siano eseguite con la notificazione del provvedimento e non tramite l' ordine di accompagnamento emesso dal giudice.45

In secondo luogo è previsto all'art. 294 comma 1 bis c.p.p. come l' interrogatorio di garanzia debba essere compiuto entro il termine lungo di 10 giorni dalla data di notificazione del provvedimento di esecuzione delle misure diverse dalla custodia cautelare. Non è infatti utilizzabile il termine breve di 5 giorni operante nel caso di applicazione della misura più afflittiva.

Una differenza sostanziale tra le due misure attiene alla possibilità per il giudice, solo nel caso della permanenza in casa, di disporre nei confronti del ragazzo tramite specifici provvedimenti dei divieti o limiti nelle comunicazioni con terzi, tale diminuzione della libertà personale non è invece prevista nel caso del collocamento in comunità, proprio per tale ragione parte della dottrina evidenzia dei problemi di coordinamento tra le due misure in quanto la permanenza in casa è considerata misura meno afflittiva ma di fatto può essere eseguita con modalità più gravose.46

45 La disciplina in tema di ordine di accompagnamento è contenuta all' art. 285 comma 1 c.p.p..

(31)

Una ulteriore differenza è rappresentata dalla possibilità per il giudice di applicare tra le attività accessorie, le visite periodiche alla famiglia. Tale fattispecie è chiaramente riservata solo al collocamento in comunità al fine di favorire maggiori opportunità risocializzatrici.47

Infine è necessario ricordare come il collocamento in comunità può essere utilizzato non solo come misura cautelare ma anche in altri due casi:

a) Secondo l' art. 18 comma 4 c.p.p.m. il p.m può indicare una comunità pubblica o autorizzata dove condurre il minore nel caso in cui non sia possibile provvedere ad invitare i genitori o gli eventuali affidatari a presentarsi nei propri uffici per prendere in consegna il ragazzo.

b)L' art. 36 comma 2 c.p.p.m. prevede la possibilità di utilizzare le comunità come modalità di esecuzione del riformatorio giudiziario.

5.4.2- Le comunità e gli obblighi a carico del responsabile.

Secondo il disposto dell' art. 22 comma 1 c.p.p.m. il minore è collocato in una comunità la quale può avere sia natura pubblica che natura privata autorizzata. La norma in questione appare generica e scarna è quindi necessario, per conoscere l ' organizzazione delle comunità, far riferimento all' art. 10 disp. att. min. il quale delinea in modo

Giuffrè Editore MIlano, 2002, pg. 397.

47 In questo senso Giannino P., Il processo penale minorile, Cedam, Padova,1997, pg.290.

(32)

approfondito la struttura dei centri che ospitano il minore sottoposto al collocamento.

È disposto come i centri per la giustizia minorile possano stipulare delle convenzioni sia con le comunità pubbliche ( statali o degli enti locali) sia con comunità private( si fa riferimento anche alle cooperative e alle associazioni che operano in campo adolescenziale) le quali devono però essere riconosciute o autorizzate dalla regione di riferimento. La mancanza di autorizzazione preclude la possibilità di compiere l' esecuzione della misura in quanto in tal caso sono considerati luoghi di privata dimora e pertanto suscettibili al limite di essere scelti ai fini della esecuzione della misura della permanenza in casa.48

Il secondo comma dell' art. 10 disp. att. min. ha ad oggetto i criteri gestionali e organizzativi che le comunità devono possedere:

a) Una capienza massima di 10 ragazzi tra i quali vi devono essere anche minori non sottoposti a procedimenti penali al fine di consentire tramite tale utenza mista un clima educativo evitando così che tali luoghi diventino delle vere e proprie scuole criminali a causa di reciproche influenze negative. A tal fine si richiede che le comunità si organizzino secondo un modello di vita familiare in modo da assistere e sopperire alle possibili mancanze affettive dei ragazzi.

48 Come sostiene Lanza E., Le indagini preliminari e le misure cautelari, in La

Giustizia penale minorile:formazione , devianza, diritto e processo a cura di

(33)

b)Le comunità devono inoltre utilizzare degli operatori professionali appartenenti a diverse discipline e devono sostenere delle collaborazioni con le istituzioni interessate facendo uso di tutte le risorse del territorio, è inoltre possibile l ' affiancamento degli operatori dei servizi minorili della amministrazione della giustizia.

La generica indicazione della professionalità degli operatori è stata però criticata in dottrina in quanto è stato notato come sarebbe stata preferibile una dizione più specifica relativa al percorso formativo necessario al fine anche di determinare con più precisione i poteri ed i doveri degli stessi operatori.49 Una ulteriore critica è poi stata compiuta nei confronti della ambiguità della espressione “collaborazione richiesta a tutte

le istituzioni interessate e all' utilizzo delle risorse del territorio”.

Effettivamente non sono previste delle conseguenze nel caso di violazione di tale precetto e nemmeno è indicato il tipo di collaborazione necessario o il tipo di risorse alle quali fare riferimento.

Tale disciplina risulta essere quindi molto lacunosa sopratutto se considerata in relazione alla materia in esame la quale comporta delle importanti limitazione alla libertà personale del minore, parte della dottrina è arrivata anche a sostenere a causa proprio della mancanza di scelte di fondo, la possibile trasformazione del collocamento in comunità in 49 Critica la genericità dell' art.10 Ciavola A.,Il collocamento in comunità , in C.

Cesari, Le limitazioni alla libertà del minore imputato, Giuffrè Editore, Milano,2012, pg. 144.

(34)

una sorta di mini carcere , ambiguo, confuso e senza garanzie.50

Acquista quindi ampia rilevanza la Circolare del Ministro della Giustizia inerente alla “Organizzazione e gestione

tecnica delle Comunità dell ' Amministrazione” la quale

descrive un modello organizzativo, gestionale e operativo comune , le Comunità dell' Amministrazione le quali rappresentano un servizio orientato prevalentemente alla reintegrazione del minore nella società . Sono strutture aperte che consentono ai minori di compiere attività formative, ricreative e scolastiche in ambienti esterni, appare così realizzata la volontà del legislatore di creare una sistema funzionale al miglioramento del minore il quale ha la possibilità anche di interagire con persone specializzate e con ragazzi provenienti da esperienze diverse, le comunità divengono quindi dei luoghi di confronto, di scambio e di arricchimento personale screditando così l' idea della configurazione di un mini carcere.

La scelta della comunità pone un problema interpretativo in quanto non è stabilito né nel c.p.p.m. né nelle disposizioni attuative se il giudice debba provvedere ad individuarla nominativamente oppure se debba limitarsi a prescrivere genericamente la misura.

La dottrina appare divisa sulla questione infatti vi è chi

50 Ciavola A., Il collocamento in comunità, in C. Cesari, Le limitazioni alla libertà

(35)

ritiene51 che il giudice non abbia le sufficienti informazioni circa l ' organizzazione e le caratteristiche delle singole comunità sopratutto in relazione alla presenza o meno di posti disponibili, inoltre si creerebbe anche il rischio di conflitti e contrasti tra giudice e p.m. il quale secondo quanto stabilito all ' art. 92 disp. att. c.p.p. cura l' esecuzione delle misure cautelari. Il compito del giudice sarebbe quindi quello di indicare, quando opportuno, i requisiti essenziali che in base alle esigenze del ragazzo la struttura deve possedere. Tali indicazioni dovrebbero essere rispettate dall' Amministrazione la quale ha quindi il compito di individuare la comunità sulla base delle risorse concretamente disponibili.

Parte maggioritaria della dottrina ritiene contrariamente come “ l' indicazione specifica della comunità in cui la

misura deve essere eseguita costituisce elemento essenziale del provvedimento applicativo”52 ciò a causa del principio di

personalizzazione secondo il quale al momento della adozione del provvedimento cautelare è necessario porre una attenzione particolare circa le caratteristiche del destinatario al fine di individuare la misura più idonea, quindi il delegare ai servizi la scelta della comunità renderebbe troppo indeterminata e vaga la misura53.

51 Sostiene tale impostazione Di nuovo S., Grasso G., Diritto e procedura penale

minorile, Giuffrè Editore,Milano, 2005, pg. 452.

52 Pepino L., Art.22 ,Misura cautelari per i minorenni., Commento in Chiavario M.

Commento al codice di procedura penale ,Leggi collegate.I. Il processo minorile,

Utet,Torino 1994, pg.247.

53 Indeterminatezza che si risolverebbe “nel dove, nel quando, e addirittura nel se” secondo quanto sostenuto da Pepino L., Art.22 ,Misura cautelari per i

(36)

Nel caso in cui il giudice non indichi nominativamente la comunità non sarebbe ravvisabile alcuna ipotesi di nullità né quelle indicate all' art. 292 c.p.p. né quelle di carattere generale previste all' art. 178 c.p.p.

Secondo il comma 2 dell' art. 22 c.p.p.m. il responsabile della comunità possiede l' obbligo di collaborazione con i servizi sociali al fine di migliorare l' esecuzione della misura. Implicitamente parte della dottrina54 lega a tale soggetto anche un obbligo di vigilanza sul comportamento del minore, tale obbligo però non avrebbe natura penale e custudialistica quanto più un carattere di matrice civilistica. Tale interpretazione è sorretta anche della non configurabilità del reato di evasione nel caso di allontanamento del minore.55

Tale disposizione è l ' unica prevista per la regolamentazione della figura del responsabile della comunità, lacunoso sotto questo punto di vista è anche l ' art. 10 disp att. min. il quale si occupa prevalentemente della organizzazione della comunità e non anche dell' esercizio dei vari poteri a carico del soggetto responsabile.

Tale mancanza si lega quindi anche alla incertezza relativa ai diritti di cui gode il minorenne sottoposto al collocamento. La preoccupazione maggiore in tale ambito è quella relativa

,Leggi collegate.I. Il processo minorile, Utet,Torino, 1994, pg. 247.

54 Pepino L., Art.22 ,Misura cautelari per i minorenni., Commento in Chiavario M.,

Commento al codice di procedura penale ,Leggi collegate.I. Il processo minorile,

Utet,Torino, 1994, pg. 247; Palomba F., Il sistema del processo penale minorile, Giuffrè Editore, Milano,2002, pg. 334.

(37)

al fatto che mancando norme a tutela della libertà del ragazzo, oltre che disposizioni regolatrici dei poteri del responsabile, possa delinearsi la creazione di una struttura del tutto discrezionale e quindi deteriore sul piano garantistico rispetto al carcere.56

Le soluzioni prospettate in dottrina sono essenzialmente due, l' una57 impone una interpretazione estensiva delle norme dell' ordinamento penitenziario le quali sarebbero quindi applicabili al soggetto sottoposto al collocamento in comunità; l ' altra soluzione maggiormente condivisibile sostiene come il minore sia sottoposto ai doveri e ai diritti che accompagnano gli altri ospiti della struttura tranne il caso in cui sia necessario provvedere a regimi particolari a causa di concrete finalità cautelari. Tale impostazione si basa sul principio generale dell' ordinamento giuridico secondo il quale il soggetto gode dei diritti e possiede gli obblighi che caratterizzano la situazione concreta in cui è inserito.58

5.4.3- Violazione degli obblighi e allontanamento ingiustificato

Nel caso in cui il minore violi le prescrizioni imposte con il collocamento o nel caso in cui si allontani ingiustificatamente dalla comunità è possibile per il giudice 56 Esprime tale preoccupazione Ceraceni , L., sub art. 22,in Giostra G.,Il processo

penale minorile, Giuffrè Editore, Milano,2009, pg. 246.

57 Sostenuta da Pazè P., Le misure cautelari per i minorenni. Il tramonto del

carcere, in La delinquenza minorile e il nuovo processo penale per i minori, a

cura di E. Lo Giudice, Giuffrè Editore, Milano,1990,pg.150.

58 Seguono tale impostazione Dusi P., Le misure cautelari, in “Quaderni CSM”, 1989,f. 28 ,503 ; Giannino P., Il processo penale minorile, Cedam,Padova, 1997,pg.153.

(38)

compiere l ' aggravamento della misura e disporre così la misura più afflittiva presente nel c.p.p.m., la custodia cautelare.

L' entrata del minore in carcere in questo caso è determinata non dalla gravità del reato compiuto ma è la conseguenza dell' inosservanza delle prescrizioni imposte dal giudice. Tale meccanismo è stato molto criticato in quanto permette di prescindere dalle cautele e dai limiti imposti per la applicazione della custodia cautelare, tali critiche si sono tradotte in una eccezione di incostituzionalità dell' art. 22 comma 4 c.p.p.m. e dell' art. 36 comma 2 c.p.p.m. per violazione dell' art. 77 Cost in quanto sarebbe stata introdotto in assenza di una specifica delega una nuova ipotesi di reato, simile all' evasione che comportava una immediata esecutività senza forme di garanzie della custodia cautelare.

La Corte Costituzionale59 ha ritenuto la questione manifestamente inammissibile ma solo relativamente alla ipotesi dell' art. 36 comma 2 c.p.p.m. relativo alle misure di sicurezza quindi è mancata una specifica statuizione relativa alla legittimità dell' art. 22 comma 4 c.p.p.m. lasciando così irrisolto tale dubbio.

Unico limite imposto per procedere all' aggravamento è quello relativo al delitto per il quale si procede, è stabilito infatti come la custodia cautelare possa essere applicata solo nel caso in cui si abbia a che fare con un delitto per il quale 59 Corte Cost. sent. 360/1990.

(39)

è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni inoltre per salvaguardare il minore è imposto anche un tetto massimo di durata della custodia cautelare in carcere fissato in un mese e non rinnovabile. Tale previsione è tesa a salvaguardare le esigenze del minore in applicazione del principio di minima offensività infatti l' utilizzo della misura carceraria è resa necessaria dal comportamento del minore il quale deve essere punito per le sue inosservanze ma per un periodo di tempo tale da renderlo consapevole dei sui errori.

Una volta decorso il termine massimo stabilito, il giudice può sottoporre nuovamente il minore al collocamento in comunità e nel caso in cui siano compiute ulteriori trasgressioni è possibile disporre nuovamente l ' aggravamento,60 in tal caso però si pone il problema del termine massimo della custodia cautelare nel quale secondo parte della dottrina va computato sia il periodo trascorso in collocamento che quello relativo alla custodia ai sensi dell' art. 22 comma 4 c.p.p.m.61

Contrariamente vi è chi ritiene che in tale ipotesi la custodia cautelare in carcere rappresenti una sanzione processuale quindi l ' aggravamento dovrebbe scontarsi per tutta la sua durata anche nel caso in cui oltrepassi il termine massimo altrimenti il minore godrebbe dell' ingiustificato 60 Pepino L.,sub art.22 ,Misura cautelari per i minorenni., Commento in Chiavario

M. Commento al codice di procedura penale ,Leggi collegate.I. Il processo

minorile, Utet, Torino,1994, pg. 249.

61 Lanza E., Le indagini preliminari e le misure cautelari, in La Giustizia penale

minorile:formazione , devianza, diritto e processo a cura di Pennisi, Giuffrè

(40)

privilegio di assicurarsi una sanzione più ridotta.62

5.5.1- L' esecuzione della misura in un luogo di cura.

Una eccezione particolarmente rilevante per quanto riguarda le misure della permanenza in casa e del collocamento in comunità è rappresentata dall' art. 23 disp. att. min. il quale concede al giudice la possibilità di far eseguire le misura previste all' art. 21 e 22 c.p.p.m. in un luogo di cura pubblico o privato nel caso in cui il minore si trovi in uno stato di infermità.

L' art. 23 disp. att. min. riveste ampia importanza in quanto è intervenuto a sanare una lacuna grave del codice processuale penale minorile il quale non provvede effettivamente alla disciplina della permanenza in casa e del collocamento in comunità nel caso di malattia del ragazzo. Tale lacuna non sarebbe infatti superabile nemmeno in forza del principio di sussidiarietà sancito all' art. 1 c.p.p.m. il quale consente generalmente l' applicabilità delle disposizioni del rito ordinario nel caso di vuoto normativo della disciplina minorile. La non operatività del principio di sussidiarietà è motivata dalla tipicità e dalla autonomia disposta per la permanenza in casa e del collocamento in comunità le quali quindi sono considerate misure ad hoc del processo a carico dei minori.

L' art. 23 disp. att. min. sana quindi tale vistosa lacuna, il giudice ha la possibilità, secondo la propria discrezionalità, 62 Di nuovo S., Grasso G., Diritto e procedura penale minorile, Giuffrè

(41)

di far ricoverare il minore malato in luoghi di cura privati o pubblici evitando così la applicazione della permanenza in casa e del collocamento in comunità.

La lettera della norma è molto generica nei confronti del tipo di malattia di cui il ragazzo è affetto quindi vi si ricomprendono le ipotesi di infermità fisica e psichica.63 Per quanto attiene alla malattia fisica non è disposto un grado minimo di infermità, la norma è tesa alla tutela della salute del ragazzo ed il giudice quindi avrà il compito di valutare quando effettivamente la situazione del ragazzo sia tale da rendere necessario il ricovero.

La malattia psichica impone l' esecuzione della misura in un luogo di cura quando sopravvenga al fatto criminoso e quando pur coesistendo con il reato non è però tale da

determinare un vizio di mente64, inoltre si esclude il ricovero

anche nel caso in cui l' infermità sia tale da impedire all' imputato di partecipare coscientemente al processo infatti in tali casi il giudice dovrà compiere un accertamento, anche d'ufficio, sul grado della malattia del ragazzo disponendo in caso di esito positivo la sospensione del processo e nel caso in cui si renda necessaria, una misura di sicurezza.

Durante il periodo degli accertamenti è prevista a norma dell' art. 305 comma 1 c.p.p. una proroga dei termini della misura applicata.

63 Come sostengono Presutti A. in Palermo Fabris E. ,Presutti A. , Trattato di diritto

di famiglia, Giuffreè Editore, Milano, 2002, pg. 399 ; Caraceni L. ,sub art. 21, in

Giostra G., Il processo penale minorile, Giuffrè Editore, Milano, 2009, pg. 238 ss.

Riferimenti

Documenti correlati

PRESA DI POSSESSO DELL’HAREM O DELLA CONCUBINA QUALE SIMBOLO DI SUBENTRO NEI POTERI... La Troia

(Ireland has never had compulsory military service). It has certainly been a less clear position than those of the four recognised European neutral states,

Per il caso di esito positivo del tentativo di conciliazione con risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, si applicano le disposizioni in materia di Assicurazione sociale

La disposizione in commento ha destato, quindi, serie preoccupazioni con particolare riferimento alle possibilità di esercitare sino in fondo ed a pieno il

Immunoblot analysis with specific antibodies confirmed: (1) a reduction of membrane-associated Prx-2 in both low- and high-density fractions of ChAc RBCs compared with controls; (2)

in diretta, su “piattaforma zoom” del Nostro Ven Rito, e/o con la passibilità di immediata ulteriore visione sulla web TV dell’APRMM su Facebook pagina

Ed è bene che nella celebrazione del Battesimo il popolo di Dio, rappresentato non solo dai genitori, padrini e congiunti, ma possibilmente anche da amici,

A te, o Dio, padre della verità, e al tuo unico figlio, Gesù Cristo, allo Spirito Santo vivo e vivificante, rendiamo gloria, onore,. ringraziamento e adorazione, ora e per i