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Capitolo 6. L’energia geotermica.

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Capitolo 6.

L’energia geotermica.

6.1 Cenni storici.

Il termine geotermia deriva dal greco "gê" e "thermòs" ed il significato letterale è calore della Terra. Il calore terrestre nasce nella crosta e nel mantello a causa del decadimento radioattivo di alcuni elementi che li compongono, e successivamente viene trasferito verso la superficie terrestre mediante convezione del magma o di acque profonde. Da qui nascono la maggior parte dei fenomeni come le eruzioni vulcaniche, le sorgenti termali, i geyser, o le fumarole. Questo calore naturale proveniente dal sottosuolo può essere sfruttato per generare energia geotermica.

E’ opportuno fare una distinzione tra geotermia classica e a bassa entalpia: la geotermia classica, di solito, sfrutta anomalie geologiche e vulcanologiche per produrre energia elettrica tramite il vapore estratto dal sottosuolo, la geotermia a bassa entalpia invece sfrutta il calore dei primi metri sotto la superficie terrestre o delle falde acquifere per la realizzazione di impianti per il riscaldamento ed il raffreddamento degli ambienti.

Tra il sedicesimo ed il diciassettesimo secolo, quando furono scavate le prime miniere profonde qualche centinaio di metri, ci si rese conto, da semplici sensazioni fisiche, che la temperatura del sottosuolo aumenta con la profondità.

Le prime misure con termometri sono state fatte probabilmente nel 1740 da De Gensanne in una miniera vicino Belfort in Francia (Buffon, 1778). Dal 1870 il regime termico della terra è stato studiato con metodi scientifici moderni (Bullard, 1965), ma soltanto nel ventesimo secolo, dopo la scoperta del ruolo svolto dal calore radiogenico, è stato possibile comprendere pienamente fenomeni come il bilancio termico della Terra e ricostruire la storia termica del nostro pianeta. Tutti i moderni modelli termici della Terra, infatti, devono tener conto del calore prodotto in continuazione dal decadimento degli isotopi radioattivi a lunga vita dell’uranio (U238, U235), del torio (Th232) e del potassio (K40), presenti nell’interno del globo terrestre. A quella radiogenica, si aggiungono, in proporzioni non esattamente definite, altre fonti di calore, come il calore primordiale del pianeta. Comunque, teorie e modelli termici realistici non sono stati disponibili sino agli anni ’80, quando è stato dimostrato che non c’è equilibrio tra il calore prodotto dal decadimento degli

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spazio, e che il nostro pianeta si sta lentamente raffreddando. Il raffreddamento del pianeta, comunque, è molto lento. La temperatura del mantello (Figura1) è scesa, al più, di 300°-350°C in tre miliardi di anni e, alla sua base, è di circa 4000°C. E’stato stimato che il calore totale contenuto nella Terra, assumendo una temperatura superficiale media di 15°C, sia dell’ordine di 12,6 x 1024 MJ e che quello contenuto nella crosta sia dell’ordine di 5,4 x 1021 MJ (Armstead, 1983). L’energia termica della Terra è quindi enorme, ma soltanto una parte di essa può essere sfruttata.

Figura 6.1.1-Schema della struttura interna della terra e dettaglio della crosta e della parte superiore del mantello.

I fluidi geotermici erano già utilizzati, per il loro contenuto energetico, nella prima parte del diciannovesimo secolo. In quel periodo, nella zona che poi ha avuto il nome di Larderello (Toscana), era stata costruita una piccola industria chimica per estrarre l’acido borico dalle acque calde boriche, che sgorgavano naturalmente dal suolo o erano estratte da pozzi di piccola

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metallici, usando, come combustibile, il legname ricavato dei boschi vicini. Nel 1827 Francesco Larderel, proprietario di questa industria, ideò un sistema per sfruttare il calore degli stessi fluidi borici nel processo di evaporazione, invece di bruciare il legname dei boschi, che si andavano esaurendo rapidamente. Nello stesso periodo si cominciò anche ad utilizzare l’energia meccanica del vapore naturale. Questo venne usato per sollevare l’acqua in semplici sistemi a “gas lift” e, in seguito, per il funzionamento di pompe ed argani impiegati nelle operazioni di perforazione o nell’industria dell’acido borico.

Il primo tentativo di produrre elettricità dall’energia contenuta nel vapore geotermico è stato fatto a Larderello nel 1904. Il successo di questo esperimento mostrò il valore industriale dell’energia geotermica e segnò l’inizio di una forma di sfruttamento, che è ora diffuso in molti paesi.

La produzione di elettricità a Larderello fu un successo commerciale, oltre che della tecnica, tanto che, nel 1942, la potenza geotermoelettrica installata aveva raggiunto 127.650 kW. L’esempio italiano fu seguito da numerosi altri paesi. Nel 1919 venne perforato il primo pozzo geotermico in Giappone, a Beppu, e, nel 1921, negli Stati Uniti, a The Geysers in California. Nel 1958 un primo impianto geotermoelettrico entrò in esercizio in Nuova Zelanda, nel 1959 in Messico, nel 1960 negli Stati Uniti e negli anni seguenti in molti altri paesi.

6.2 Natura delle risorse geotermiche.

Il gradiente geotermico dà la misura dell’aumento di temperatura con la profondità. Sino alle profondità raggiungibili con le moderne tecniche di perforazione, il gradiente geotermico medio è 2,5°-3°C/100 m. Di conseguenza, se la temperatura nei primi metri sotto la superficie, che corrisponde, con buona approssimazione, alla temperatura media annua dell’aria esterna, è 15°C, si può prevedere che la temperatura sia 65°-75°C a 2000 m di profondità, 90°-105°C a 3000 m e via di seguito per alcune migliaia di metri. Vi sono, comunque, vaste regioni nelle quali il valore del gradiente geotermico si discosta sensibilmente da quello medio. In aree in cui il basamento rigido sprofonda e si forma un bacino che si riempie rapidamente di sedimenti geologicamente “molto giovani”, il gradiente geotermico può essere anche inferiore a 1°C/100 m. Viceversa, in certe “aree geotermiche” il gradiente può raggiungere valori superiori a dieci volte quello normale. A questo proposito possiamo osservare la carta geotermica italiana (figura 6.2.1).

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inviato ad una turbina per generare corrente elettrica. Le altre zone sono invece quelle in cui si può sfruttare il calore della terra solamente ai fini del riscaldamento di acqua per usi vari. In pratica, l’idea è quella di immettere dell’acqua nel terreno, riscaldarla ed estrarla nuovamente.

Figura 6.2.1-Carta geotermica italiana

A livello dell’intero pianeta, la differenza di temperatura tra le zone profonde, più calde, e quelle superficiali, più fredde, dà origine ad un flusso di calore dall’interno verso l’esterno della Terra, tendente a stabilire condizioni di uniformità, condizioni che non saranno mai raggiunte. Il flusso di calore terrestre medio è 65mWm-2 nelle aree continentali e 101 mWm-2 nelle aree oceaniche, con una media ponderale globale di 87 mWm-2, questi fenomeni rientrano nella teoria della tettonica a zolle.

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Figura 6.2.2-Sezione schematica che mostra il meccanismo della tettonica a zolle

Le dorsali, le faglie trasformi e le zone di subduzione formano un enorme reticolato, che divide la Terra in zolle, sei di grandi dimensioni e numerose altre più piccole (Figura 6.2.3).

figura 6.2.3-Zolle crostali, dorsali, fosse oceaniche, zone di subduzione e campi geotermici. Le frecce indicano la direzione del movimento delle zolle. (1) Campi geotermici che producono

elettricità; (2) dorsali interrotte dalle faglie trasformi (fratture trasversali); (3) zone di subduzione, nelle quali la litosfera volge in basso verso l’astenosfera, dove fonde

Come si vede nella Figura 6.2.3, le più importanti aree geotermiche si trovano nei pressi dei margini delle zolle crostali.

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6.3 I sistemi geotermici.

Sistemi geotermici possono formarsi in regioni con gradiente geotermico normale o poco più alto e, soprattutto, nelle regioni prossime ai margini delle zolle crostali, dove il valore del gradiente geotermico può essere anche notevolmente superiore a quello medio. Nel primo caso, questi sistemi hanno temperature basse, di solito non più di 100°C a profondità economicamente utili, mentre nel secondo caso, si può avere una vasta gamma di temperature, da basse sino ad oltre 400°C.

Un sistema geotermico può essere definito schematicamente come un sistema acqueo convettivo, che, in uno spazio confinato della parte superiore della crosta terrestre, trasporta il calore da una sorgente termica al luogo, generalmente la superficie, dove il calore stesso è assorbito (disperso o utilizzato. Un sistema geotermico è formato da tre elementi: la sorgente di calore, il serbatoio ed il fluido, che è il mezzo che trasporta il calore.

La sorgente di calore può essere una intrusione magmatica a temperatura molto alta (>600°C), che si è posizionata a profondità relativamente piccola (5-10 km), oppure, come in certi sistemi a bassa temperatura, il normale calore della Terra.

Il serbatoio è un complesso di rocce calde permeabili nel quale i fluidi possono circolare assorbendo il calore. Il serbatoio generalmente è ricoperto da rocce impermeabili e connesso a zone di ricarica superficiali dalle quali le acque meteoriche possono sostituire, totalmente o parzialmente, i fluidi perduti attraverso vie naturali (per esempio sorgenti) o che sono estratti mediante pozzi. Il fluido geotermico, nella maggioranza dei casi, è acqua meteorica in fase liquida o vapore, in dipendenza dalla sua temperatura e pressione. Questa acqua spesso trascina con sé sostanze chimiche e gas.

La Figura 6.3.1 è la rappresentazione schematica e molto semplificata di un sistema geotermico. Le leggi che regolano la convezione dei fluidi sono alla base del meccanismo dei sistemi geotermici. La convezione si attiva in seguito al riscaldamento ed alla conseguente espansione termica del fluido in un campo gravitazionale;il calore alla base del sistema di circolazione è l’energia che alimenta e muove il sistema. Il fluido caldo e di minor densità tende a salire e ad essere sostituito dal fluido più freddo e di densità maggiore, proveniente dai margini del sistema. La convezione, per sua natura, tende a far aumentare la temperatura delle parti alte del sistema, mentre la temperatura delle parti inferiori diminuisce. La sorgente di calore è l’unico dei tre elementi di un sistema geotermico che deve essere naturale. Gli altri due elementi, se esistono le condizioni adatte, possono essere “artificiali”. Per esempio, i fluidi geotermici estratti dal serbatoio per alimentare la turbina di una centrale elettrica, dopo averne sfruttato l’energia, possono essere immessi di nuovo nel serbatoio attraverso appositi pozzi di reiniezione. In questo modo la ricarica naturale del

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serbatoio è integrata dalla ricarica artificiale. Da diversi anni, inoltre, la reiniezione dei fluidi sfruttati è stata adottata per ridurre drasticamente l’impatto ambientale degli impianti geotermici.

Con riferimento ai fluidi erogati in superficie i sistemi geotermici si dividono in diverse classi. 1. Sistemi a vapore secco "a vapore dominante": costituiti soprattutto da vapore secco che si trova a pressioni e temperature elevate accompagnato da altri gas o sostanze solubili (CO2, H2S, B, NH3). Il

vapore può essere utilizzato direttamente per la produzione di energia elettrica convogliandolo ad una turbina ( come nella centrale a Larderello).

2. Sistemi a vapore umido o "ad acqua dominante": costituito da acqua calda a temperatura superiore al suo punto di ebollizione e ad alta pressione, nel momento in cui viene ridotta la pressione nella colonna del pozzo l'acqua vaporizza ed arriva in superficie sotto forma di una miscela composta di acqua e vapore. Il vapore può essere utilizzato per la produzione di energia elettrica, mentre l'acqua calda può esser usata in impianti di dissalazione per produrre acque dolci. La temperatura in questo tipo di sistema è compresa tra 180 e 370° C. Questi sistemi sono più abbondanti del tipo precedente.

3. Sistemi ad acqua calda: contengono acqua a temperatura inferiore ai 100° C (50-82° C) utilizzabile soprattutto per usi diretti (riscaldamento delle abitazioni, delle serre, impianti industriali).

4. Sistemi in rocce calde secche: sono sistemi formati con la creazione artificiale di un serbatoio geotermico. Nel serbatoio viene iniettata, tramite un pozzo, dell'acqua fredda che, una volta scaldatasi grazie all'elevato calore delle rocce, è fatta risalire in superficie per la sua utilizzazione. Questi sistemi sono in fase di sperimentazione avanzata.

5. Sistemi magmatici: sono sistemi artificiali che mirano a sfruttare il calore diretto di un magma per riscaldare un fluido di lavoro. Sono al primo stadio di sperimentazione.

6. Sistemi geopressurizzati: tale nome deriva dal fatto che l'acqua, a temperatura elevata, si trova imprigionata in serbatoi sottoposti ad una pressione superiore a quella idrostatica. Possono produrre energia geotermica, meccanica, chimica. Ancora non si è provveduto ad uno sfruttamento di tali sistemi.

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6.4 Utilizzo delle risorse geotermiche.

La produzione di elettricità è la forma di utilizzazione più importante delle risorse geotermiche ad alta temperatura (>150°C). Le risorse a temperatura medio – bassa (<150°C) sono adatte a molti tipi di impiego. I fluidi con temperatura inferiore a 20°C sono usati raramente ed in casi particolari oppure per il funzionamento di pompe di calore.

6.4.1 La produzione di energia elettrica.

Una centrale geotermoelettrica differisce da quella tradizionale termoelettrica, i cui costituenti essenziali sono il generatore di vapore (fonte energetica), la turbina, l'alternatore (per la generazione di energia elettrica) ed il condensatore (per la condensazione del vapore esausto), per gli apparati necessari al trattamento del fluido naturale proveniente dal sottosuolo e per l'estrazione dei gas incondensabili (soprattutto CO2) sempre presenti nel vapore.

Il funzionamento di una centrale geotermoelettrica viene di seguito spiegato: dai pozzi il vapore, tramite vapordotti (tubazioni in acciaio coibentato), viene trasportato alla centrale geotermoelettrica per essere immesso nella turbina. È poi compito del generatore di corrente, o alternatore, trasformare l'energia meccanica di rotazione della turbina in energia elettrica. All'uscita della turbina il vapore passa nel condensatore, dove una pioggia di acqua fredda proveniente dalle torri di refrigerazione lo raffredda condensandolo. Una frazione del fluido così ottenuto viene reintrodotta nel sottosuolo mediante appositi pozzi di reiniezione. Il rimanente evapora nelle torri di refrigerazione ed è immesso nell'atmosfera. La reiniezione permette di mantenere in equilibrio l'ecosistema grazie alla restituzione di parte delle sostanze estratte; inoltre, restituendo parte del fluido, si riesce a prolungare l'efficienza del serbatoio. Dalla centrale geotermoelettrica escono quindi gli acquedotti che portano i fluidi al sistema di reiniezione ed i conduttori elettrici che portano l'elettricità alla stazione di trasformazione.

Nel caso in cui la centrale sia installata in un campo "a vapore secco" (come quello di Larderello), il vapore è inviato direttamente alla turbina; all'uscita da questa, il vapore esausto viene condensato e depurato dei gas incondensabili, mentre l'acqua di condensa può venir dispersa in superficie o reiniettata nel sottosuolo.

Quando invece, si tratta di campi "ad acqua dominante", la miscela acqua/vapore che fuoriesce dal pozzo geotermico, è sottoposta ad un processo di separazione dal quale si ottiene il vapore che sarà inviato alla turbina ed un'alta percentuale di acqua (30-80% del totale) che verrà dispersa o reiniettata.

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E' da notare che, contrariamente a quanto si verifica nelle centrali termoelettriche tradizionali, dove la pressione del vapore è portata a più di 150 atm, quella del vapore di un pozzo geotermico raramente supera le 30 atm.

Figura 6.4.1.1-Schema di un impianto a condensazione per la produzione di elettricità. In rosso il circuito del fluido geotermico, in blu il circuito di raffreddamento.

Accanto agli impianti a condensazione, di cui è stato illustrato il funzionamento, abbiamo anche gli impianti del tipo a contropressione, con scarico diretto nell’atmosfera. Il vapore, proveniente direttamente dai pozzi, se questi producono vapore secco, oppure dopo la separazione della parte liquida, se i pozzi sono a d acqua dominante, passa attraverso la turbina ed è poi scaricato nell’atmosfera.

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piccole dimensioni (2,5–5 MWe). Le unità a condensazione, che richiedono più impiantistica ausiliaria, sono più complesse di quelle a contropressione e, anche per le loro maggiori dimensioni, è necessario un tempo almeno doppio per la loro costruzione ed installazione. Il consumo specifico delle unità a condensazione è, tuttavia, circa la metà di quelle a contropressione. Attualmente sono molto diffusi impianti a condensazione della potenza di 55–60 MWe, ma recentemente sono state costruite ed installate anche unità da 110 MWe.

Oltre alle tipologie già illustrate, in geotermia ci sono anche le seguenti:

• Centrale a flash singolo, usata nei campi "ad acqua dominante". Il fluido geotermico erogato da un pozzo, viene inviato ad un separatore che riduce la pressione e separa le due fasi acqua/vapore. Il vapore entra poi nella turbina e dopo la generazione di elettricità è condensato ed inviato ai pozzi di reiniezione o smaltito in altro modo.

• Centrale a doppio flash, usata nei campi "ad acqua dominante". Il fluido, proveniente dal pozzo, entra in un primo separatore dove si genera il primo flash di vapore ad alta pressione (a 160° C). Successivamente è inviato ad un secondo separatore dove si genera un secondo flash di vapore a bassa pressione (a 120° C). I flussi di vapore ottenuti, ad alta e bassa pressione, sono inviati a turbine distinte.

• Centrale a ciclo binario, utilizza un fluido secondario di lavoro, di solito un fluido organico (come n-pentano), che ha un basso punto di ebollizione ed un’elevata pressione di vapore a bassa temperatura rispetto al vapore acqueo. Il fluido geotermico è inviato, in pressione, ad uno scambiatore dove cede il calore ad un fluido di lavoro (freon, cloruro d'etile). Successivamente i reflui geotermici vengono reiniettati nell'acquifero; il vapore del fluido secondario, dopo esser passato alla turbina, viene condensato e ritorna allo scambiatore per vaporizzare nuovamente. Gli impianti binari operano in circuiti chiusi: né i fluidi di lavoro, né i fluidi geotermici vengono a contatto con l’esterno.

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• Centrale a flusso totale, funziona col fluido bifase (miscela acqua/vapore e gas associati) direttamente erogato dal pozzo. Dopo la generazione di energia elettrica il fluido è condensato e reiniettato nell'acquifero.

• Minicentrale a condensazione, centrale a condensazione di potenza limitata che utilizza fluidi a temperatura anche inferiore ai 100°C.

Gli impianti binari sono di solito costruiti in unità modulari di potenza compresa tra poche centinaia di kWe ed alcuni MWe. Queste unità possono essere collegate l’una con l’altra in modo da formare impianti della potenza di qualche diecina di megawatt. Il loro costo dipende da numerosi fattori, ma soprattutto dalla temperatura del fluido geotermico disponibile, che determina le dimensioni della turbina, degli scambiatori di calore e del sistema di raffreddamento. La dimensione totale dell’impianto influisce poco sul costo specifico, dato che più unità modulari standard sono collegate in serie per avere la potenza desiderata. Negli anni ’90 è stato sviluppato un nuovo sistema binario, il “ciclo Kalina”, che utilizza, come fluido di lavoro, una miscela di acqua e ammoniaca. Durante il ciclo, il fluido di lavoro è fatto espandere, in condizioni di surriscaldamento, attraverso una turbina ad alta pressione, e poi riscaldato, prima di essere immesso in una turbina a bassa pressione. Dopo la seconda espansione, il vapore saturo passa attraverso un recuperatore di calore ed infine condensa in un condensatore raffreddato ad acqua.

6.4.1.1 Il progetto HDR (Rocce Calde Secche).

E’ un progetto avviato negli Stati Uniti nei primi anni ’70,in cui sia il fluido che il serbatoio sono artificiali. Attraverso un pozzo appositamente perforato, acqua ad alta pressione viene pompata in una formazione di roccia calda compatta, provocando la sua fatturazione idraulica. L’acqua penetra e circola nelle fratture prodotte artificialmente ed estrae il calore dalle rocce all’intorno, che funzionano come un serbatoio naturale. Questo serbatoio viene poi raggiunto ed intersecato da un secondo pozzo usato per estrarne l’acqua, che ha acquistato calore. Questo sistema, quindi, consiste:

• nel pozzo usato per la fratturazione idraulica, attraverso il quale acqua fredda è iniettata, • nel serbatoio artificiale,

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L’acqua calda una volta estratta, attraverso uno scambiatore trasferisce l’energia ad un turbogeneratore per la produzione di energia elettrica.

L’intero sistema, comprendente anche l’impianto di utilizzazione in superficie, forma un circuito chiuso, evitando ogni contatto tra il fluido e l’ambiente esterno.

Il progetto HDR di Los Alamos ha aperto la strada ad altri progetti basati su concetti simili, che sono stati sviluppati in Australia, Francia, Germania, Giappone e Gran Bretagna. Dopo un periodo di relativo abbandono, questi progetti hanno avuto nuovo impulso a seguito del riconoscimento che le rocce profonde posseggono un certo grado di fratturazione naturale e che le metodologie e le tecnologie che, di volta in volta, vengono applicate sono strettamente dipendenti dalle condizioni geologiche locali.

Ad oggi le ricerche più avanzate sono state svolte in Giappone ed in Alsazia (Francia) nell’ambito di un Progetto Europeo. I vari progetti iniziati in Giappone negli anni ’80 (a Hijiori, Ogachi e Yunomori), largamente finanziati dal governo giapponese e dalle industrie, hanno dato risultati molto interessanti sia dal punto di vista scientifico che industriale. Il progetto HDR europeo è stato sviluppato in diverse fasi comprendenti anche la perforazione di due pozzi, uno dei quali ha raggiunto la profondità di 5060 metri. Dalla prospezione geofisica e dalle prove idrauliche sono stati ottenuti risultati molto incoraggianti, ed il progetto europeo sembra essere quello più promettente.

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6.4.2 Usi diretti dell’energia geotermica (bassa entalpia).

Il riscaldamento è la forma più antica e diffusa tra gli usi diretti dell'energia geotermica; larga utilizzazione è stata fatta in Islanda, dove, per l'abbondanza dei fluidi caldi disponibili, il 97% della popolazione della capitale è servita da riscaldamento geotermico urbano. Analoga situazione si ha anche in Francia, paese poco geotermico, negli Stati Uniti, in Cina ed in Giappone.

In Italia le realizzazioni più importanti sono quelle di Ferrara, Vicenza, Castelnuovo Val di Cecina, Acqui, Bagno di Romagna e Grosseto,e le pompe di calore sono la forma d’uso più diffusa.

Nel quadro volto allo sfruttamento razionale dell'energia geotermica, viene impiegata sempre di più la "pompa di calore", grazie alla quale sono utilizzati anche i fluidi a temperatura molto bassa. La pompa di calore è una macchina termica in grado di trasferire il calore da un corpo più freddo ad uno più caldo, innalzandone la temperatura; essa estrae calore da una sorgente a bassa temperatura, sorgente fredda, con dispendio di energia esterna che può essere di natura elettrica, meccanica, o appunto geotermica. Si può ottenere uno sfruttamento integrale della risorsa geotermica con il riscaldamento invernale ed il raffreddamento estivo, disponendo di fluidi a 80-110° C che alimentino pompe di calore reversibili, ad assorbimento, con fluidi appropriati (ad esempio ammoniaca, bromuro di litio).

Altri usi dei fluidi geotermici sono rappresentati dall'azione antigelo dei suoli, dal riscaldamento delle serre e dall'utilizzo nelle attività industriali per fornire il "calore di processo" utilizzato nel ciclo di produzione.

Un'altra tecnologia molto in uso accanto alle pompe di calore è rappresentata dallo "scambiatore di calore", necessario nei casi in cui non è possibile mettere a contatto i fluidi geotermici direttamente con gli impianti di utilizzazione, quando il contenuto salino del fluido può creare danni quali la corrosione o l'inquinamento.

6.5 Aspetti energetici, economici e ambientali dell’energia geotermica.

La potenza geotermica installata nel mondo è stata, al 2000, di 7.974 MWe, circa lo 0,3% della potenza elettrica complessiva, con una produzione di 50 TWh/a.

Il rendimento globale della produzione di elettricità dal vapore geotermico è del 10-17%, circa tre volte inferiore a quello delle fonti tradizionali, questo, sia a causa della minore temperatura del vapore (250° C), sia per la diversa composizione chimica dello stesso, che determina una perdita di energia.

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Considerando che la produzione in Italia di energia elettrica da fonte geotermica è stata nel 2000 di circa 4.400 GWh e considerando che per ogni kWhe prodotti da un centrale tradizionale vengono emessi 0,55 kg di CO2, si può stimare che le emissioni evitate con l'utilizzo della fonte rinnovabile

in questione sia stata di 2.240.000 ton di CO2.

I principali aspetti dell'impatto ambientale derivante dalle attività geotermiche sono sintetizzate nei seguenti punti.

• Aspetto paesaggistico – naturalistico: è relativo alla possibile modifica del paesaggio in seguito ad interventi operativi. In caso di sondaggio meccanico, l'area che accoglieva l'impianto di perforazione dopo le operazioni viene ripristinata e riportata, per quanto possibile, vicino allo stato originario. Quando invece si tratta di impianti definitivi (centrale elettriche, strutture agricole) è necessario scegliere con oculatezza i siti di costruzione, al fine di introdurre nel paesaggio i nuovi impianti senza contrasti eccessivi. La presenza di centrali geotermiche, inoltre, richiede la realizzazione di vapordotti e di acquedotti di reiniezione che, per motivi di manutenzione, non possono essere interrati come nel caso degli acquedotti; fattore questo che influisce sull'aspetto del paesaggio.

• Inquinamento acustico: questo aspetto si riscontra durante le perforazioni e può essere limitato mediante sistemi di insonorizzazione e sospendendo i lavori nelle ore notturne, quando necessario.

• Microsismicità: può essere causata, talvolta, dalla reiniezione di fluido nel sottosuolo. Si tratta in genere di eventi rilevabili solo dai sismografi. Avere un atteggiamento cautelativo durante lo svolgimento di questa operazione, quale una scelta oculata dell'ubicazione dei pozzi reiniettori e un attento controllo del volume dei fluidi reiniettati, riduce sensibilmente la probabilità dell'evento.

• Subsidenza: consiste nell'abbassamento del livello dei terreni superficiali che può verificarsi in seguito alla sfruttamento di un campo geotermico; è stato risolto il problema con l'adozione di un sistema di pozzi di reiniezione che ripristinano la pressione nella roccia serbatoio.

• Rischi legati alla perforazione: sono di natura diversa, non frequenti ma possibili, i principali sono: violenta fuoriuscita di vapore o gas; eruzione vulcanica indotta: (molto rara, se ne è verificata una in Islanda in seguito ad una perforazione in una zona vulcanicamente molto attiva); eruzione freatica per vaporizzazione.

• Inquinamento chimico: i fluidi (acqua o vapore) relativi ai pozzi geotermici sono caratterizzati dalla presenza di gas in percentuale variabile; si tratta soprattutto di CO2 e H2S

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fluidi geotermici rende necessaria la presenza, nei cantieri di perforazione, di strumenti di rilevazione che segnalano l'eventuale fuoriuscita dei suddetti gas.

• Emissioni degli impianti geotermoelettrici: sono riconducibili alla componente in fase vapore rilasciata in atmosfera dalle torri di raffreddamento, essendo i condensati regolarmente reiniettati in profondità ed i fanghi e le incrostazioni raccolti e smaltiti in idonee discariche. Le emissioni in atmosfera di alcuni tipi di impianti geotermoelettrici sono per lo più: H2S, H3BO3 (acido borico), Hg (mercurio). Le ricerche si sono concentrate

soprattutto per ridurre quanto più possibile l'H2S, costituente principale delle emissioni in

questione, e nel 2002 è entrato in funzione il primo impianto AMIS (Abbattimento Mercurio e Idrogeno Solforato). Nel sistema AMIS l'abbattimento dell'H2S è ottenuto con ossidazione

catalitica dell'acido solfidrico a SO2 che viene poi assorbita dall'acqua del circuito di

raffreddamento ed abbattuta tramite processi che avvengono naturalmente grazie alle caratteristiche chimiche delle acque geotermiche. Il mercurio è, invece, abbattuto mediante adsorbimento su carboni attivi; questo sistema permette di abbattere fino al 95% del Hg presente.

6.6 Panorama geotermico mondiale per gli usi elettrici e diretti.

L'uso del calore endogeno della Terra, dopo le prime applicazioni di Larderello, si è sviluppato in tutto il mondo con progetti che utilizzano fluidi ad alta e bassa entalpia e che mirano alla produzione di energia elettrica ed agli usi termici diretti.

Complessivamente, con riferimento al 2000, la potenza installata nel mondo era di circa 7.974 MWe e 15.145 MWt ed i campi geotermici in esercizio o in via di sviluppo sono in tutto 95 su oltre 250 accertati.

Continente Americano.

Gli Stati Uniti sono uno dei paesi più all'avanguardia nella geotermia con 26 campi in esercizio ad alta entalpia; si tratta soprattutto di campi "ad acqua dominante" distribuiti nell'Imperial Valley in California settentrionale, vi è, inoltre, un campo gigante "a vapore dominante" a The Geysers. The Geysers è il più grande giacimento geotermico scoperto nel mondo, proprio in questo campo fu commissionato, nel 1960, il primo impianto degli Stati Uniti, per lo sfruttamento di energia geotermica, con una capacità di 12,5 MW. Nel campo di The Geysers vi sono 521 pozzi produttivi ma solo il 20% dei fluidi estratti viene reiniettato, questo fatto ha determinato un eccessivo sfruttamento del giacimento che ora è in declino, di conseguenza la potenza record installata nel

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Oltre alla California vi sono prospettive geotermiche negli altri stati della fascia occidentale fino all'Alaska.

Il secondo campo geotermico per potenzialità, dopo The Geysers, ma il primo al mondo "ad acqua dominante", è quello in Messico di Cerro Prieto (620 MWe); in questo stato, vi sono altri 3 campi in esercizio ed altri potenzialmente sfruttabili soprattutto lungo la fascia vulcanica che lo attraversa longitudinalmente.

Per quel che concerne gli altri paesi del continente americano, il Canada ha installato una centrale da 60 MWe, ma si stima la possibilità di portarla ad almeno 120 MWe; nel Centro e Sud America, vengono privilegiati gli usi elettrici, El Salvador ha una potenza installata, al 2000, di 161 MWe, ma vi sono potenziali ancora non sfruttati, analogamente accade nel Nicaragua con 70 MWe al 2000, in molti altri paesi di questo continente vi sono grandi potenzialità accertate, ma molti ostacoli nella realizzazione per le difficoltà finanziarie.

Oceania.

La Nuova Zelanda ha il merito di avere sperimentato, fin dagli anni Cinquanta, la tecnologia di produzione e sfruttamento dei campi a vapore umido che rappresentano la quasi totalità dei campi geotermici mondiali.

Asia.

Per l'arcipelago delle Filippine, l'energia geotermica per produzione di elettricità costituisce una risorsa estremamente importante fin dagli anni Settanta, con 9 campi in esercizio, al 2000 erano installati 1.909 MWe e 1 MWt ed il governo sta mirando a dare un ulteriore incremento, non è molto sviluppato, invece, il settore delle basse temperature.

Anche l'arcipelago dell'Indonesia ha un enorme potenziale geotermico dell'ordine di 16.000 MWe, installati al 2000 sono 598,5 MWe, poco sviluppato è il settore degli usi termici diretti installati 2,3 MWt al 2000.

Il Giappone ha circa 17 campi in esercizio per la produzione di energia elettrica ed installati 546,9 MWe e 1.167 MWt al 2000.

L'utilizzazione dell'energia geotermica in Cina è mirata prevalentemente ai fluidi a bassa temperatura, con 210 operazioni nel settore del riscaldamento, dell'agricoltura, dell'acquacoltura e dell'industria.

Africa.

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nel campo delle medie e basse temperature. Il Kenya è il paese africano dove è stata maggiormente sviluppata la geotermia, al 2000 erano installati 45 MWe con la prospettiva di un incremento. Sono state individuate risorse sfruttabili anche in Etiopia dove al 2000 sono stati installati 8,52 MWe. Europa.

La Francia è il paese leader del riscaldamento geotermico con 74 progetti realizzati nei bacini di Parigi e dell'Aquitania. Questo paese ha sviluppato, fin dal 1969, la tecnologia di produzione attraverso il "doublet" costituito da una coppia di pozzi di cui uno produttore e l'altro reiniettore, che dopo l'estrazione del calore, consente la reiniezione in serbatoio dei fluidi geotermici raffreddati, permettendo così, sia lo smaltimento dei reflui che la ripressurizzazione e rialimentazione dell'acquifero, si risolve quindi il problema dell'inquinamento ed il fenomeno della subsidenza; questa tecnologia ha reso possibile l'utilizzo degli acquiferi profondi, inquinanti e subsidenti del "bacino di Parigi". Infatti, il maggiore complesso di teleriscaldamento del mondo è proprio a Parigi, con 3 operazioni, 4 doublets profondi 1.900 metri con acqua a 79° C che riforniscono 15.000 alloggi. Rilevante è anche lo sfruttamento, con pompe di calore, delle risorse superficiali a bassa temperatura (12-25° C), per il riscaldamento di oltre 35.000 alloggi.

Anche in Germania ed in Svizzera sono molto sviluppate le utilizzazioni a bassissima temperatura con pompe di calore, per una potenza di 160 MWt nel primo paese e 5.000 installazioni nel secondo.

Molto interessante è poi il progetto di riscaldamento urbano della città di Lund in Svezia con 2 maxipompe di calore da 13 MWt che sfruttano due pozzi di 670 e 800 metri di profondità con acque a 23-28° C.

La Grecia presenta discrete risorse ancora non sviluppate sia nella bassa che nell'alta entalpia, questa ultima nelle isole vulcaniche dell'Egeo.

Il paese più caldo dell'Europa centrale è l'Ungheria grazie all'anomalia termica positiva; è sviluppato solo il campo della bassa temperatura sfruttato essenzialmente per il settore agricolo. La maggior parte dei paesi europei ha prospetti solo nel campo delle basse temperature, fa eccezione assieme all'Italia, l'Islanda, questo è il paese geotermico per eccellenza, la risorsa, infatti, soddisfa l'80% della domanda d'energia dell'isola.

Figura

Figura 6.1.1-Schema della struttura interna della terra e dettaglio della crosta e della parte superiore del  mantello
Figura 6.2.1-Carta geotermica italiana
Figura 6.2.2-Sezione schematica che mostra il meccanismo della tettonica a zolle
Figura 6.4.1.1-Schema di un impianto a condensazione per la produzione di elettricità

Riferimenti

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