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Academic year: 2021

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5. 1. Il nichilismo

• Uno dei concetti più utilizzati da Nietzsche, e forse tra i più attuali, per interpretare la storia e i caratteri della civiltà occidentale è quello di nichilismo.

• Il termine deriva dalla parola latina nihil, che significa nulla, e ha quindi un significato di annullamento, annientamento.

• Con questo concetto Nietzsche allude in primo luogo all’annullamento che la nascita e lo sviluppo della metafisica e della morale hanno operato sulla vita.

• Costruire un mondo ideale, metafisico e morale, nel quale collocare il vero senso dell’esistenza significa infatti azzerare, nullificare il valore della vita terrena.

• Questo processo, come ho cercato di spiegare, è avviato da Socrate e Platone, giunge alla sua perfezione nel cristianesimo, ed è riassunto nel concetto del dio cristiano.

• In quanto riassume il mondo ideale metafisico e morale, dio è stato “la più grande obiezione contro l’esistenza”.

• Ora, però, il processo di annientamento della vita comincia, osserva Nietzsche, a rivolgersi contro i suoi stessi promotori.

• Quello stesso mondo vero e ideale di cui ci si è serviti per annientare il mondo reale comincia a sua volta ad annientarsi.

• Metafisica e morale tradizionale iniziano a rivelare il nulla su cui si fondano.

• Il termine nichilismo ha dunque due significati: il primo indica il processo di annientamento dell’esistenza concreta a opera dell’esistenza ideale, e in generale ogni atteggiamento di fuga e di disgusto nei confronti del mondo (che Nietzsche vede incarnato soprattutto nel platonismo e nel cristianesimo);

• il secondo indica la specifica situazione dell’uomo moderno che, non credendo più in un “senso” metafisico delle cose e nei valori supremi, finisce per avvertire, di fronte all’essere, la disperazione del vuoto e del nulla.

• Con il venire meno degli idoli della metafisica, della morale, della religione e della razionalità che per secoli hanno dominato sugli uomini dell’occidente, con lo scomparire dell’ordine trascendente e del sistema di valori a esso collegato – quei valori che per secoli hanno guidato gli uomini d’occidente – si produce un effetto di spaesamento, di vuoto: il nichilismo.

• Il primo processo è accaduto nel passato, a partire dalla nascita della morale e della metafisica di Socrate e di Platone.

• Il secondo è tuttora in atto, si rivela con l’avanzare dell’ateismo, con la perdita di credito della metafisica.

• Al processo, ancora in atto, che ha come risultato finale la scomparsa della

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• L’annuncio della morte di dio è la constatazione che il declino dei valori tradizionali è ormai in atto, anche se gli uomini per lo più non se ne rendono conto e continuano a vivere come se dio ci fosse ancora.

• La morte di dio non è un fatto che accada anzitutto nella coscienza degli uomini, e in ciò si distingue da una pura affermazione di ateismo: essa coincide con la stessa oggettività del venire alla fine della morale e della metafisica; è un evento che è accaduto anche se noi non ne abbiamo ancora piena coscienza.

• Proprio perché la maggioranza dell’umanità ancora non sa nulla di questo evento, chi lo annuncia è un folle e non viene ascoltato.

• A Nietzsche interessa non tanto la dimostrazione del fatto che la morte di dio sia realmente avvenuta, quanto la riflessione sulle conseguenze esistenziali prodotte da questo fatto decisivo della storia dell’uomo.

• Di fronte al fatto sconvolgente della morte di dio si delineano due forme di nichilismo:

 quello passivo che subisce inerte il crollo dei valori tradizionali;

 quello attivo, consapevole che solo vivendo fino in fondo l’esperienza del vuoto, ovvero portandola alle estreme conseguenze, è davvero possibile superarla e andare oltre.

• Dunque: la morte di dio, ossia la fine delle illusioni, può significare per l’uomo o la paralisi della volontà o il riconoscimento che non esistono un ordine e una verità già stabiliti, al di fuori della volontà umana, e che proprio l’avere voluto trovare un ordine e una verità immutabili ha condotto al nichilismo.

• Come i greci dei tempi eroici l’uomo deve tornare a essere capace di vivere senza credere che ci sia un ordine razionale del mondo, che la storia abbia un senso e una fine, che vi sia un progresso, una differenza tra il bene e il male, una verità.

• Nonostante tutto ciò, quest’uomo dovrà essere capace di vivere la vita con gioia.

• Quest’uomo nuovo è dunque il superamento dell’uomo attualmente esistente, è l’oltre-uomo (Üebermensch, spesso, specialmente in passato, tradotto con superuomo).

• In questo quadro si collocano i grandi temi della filosofia nietzscheana: la volontà di potenza, l’oltre-uomo, l’eterno ritorno dell’identico, che occupano la fase più matura del pensiero del filosofo, inaugurata dalla pubblicazione di Così parlò Zarathustra (1883).

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6. Chi è Zarathustra?

• Volontà di potenza, eterno ritorno, oltre-uomo – i temi centrali del pensiero nietzscheano – sono le parole d’ordine di Zarathustra, il protagonista di un’opera stilisticamente unica nella produzione nietzscheana (ma più in generale nella storia della filosofia), metà romanzo filosofico e metà poema in prosa, dove il linguaggio è irto di metafore e dominato dai toni dell’ispirazione e della profezia.

• Zarathustra è una sorta di saggio, solitario, riflessivo, che annuncia l’eterno ritorno dell’uguale, la morte di dio e il superamento dell’uomo comune, l’avvento di un nuovo modello umano, ossia l’oltreuomo.

• Zarathustra è una sorta di contraltare di Cristo, un profeta che annuncia una religione senza dio.

• Zarathustra è lo spirito libero dal peso della tradizione, l’eroe capace di affrontare gli eventi più strani, inquietanti, paurosi, il poeta della saggezza dionisiaca, il preannuncio di un nuovo avvenire.

• Attraverso le esperienze più disparate egli sperimenta il difficile cammino dell’uomo dopo la morte di dio, alla ricerca di una nuova immagine di sé, mentre coloro che la pubblica opinione giudica uomini superiori appaiono smarriti e incapaci di seguirlo fino in fondo in questo cammino.

• Nel deludente rapporto con gli uomini cosiddetti grandi, che lo induce a ritornare alla solitudine in attesa di veri interlocutori, Zarathustra compie fino in fondo la sua esperienza e comprende come non sia facile diventare veramente liberi, accettare senza contropartite la sofferenza, il male, i limiti umani.

• Allora il suo messaggio diventa: imparare ad accettare la vita nella sua complessità, un messaggio che egli affida al riso, al canto, alla poesia, alla danza, ovvero a forme di espressione diverse dalla razionalità: come dire che la sola ragione non è in grado di rappresentare la contraddittoria ricchezza dell’esistenza umana.

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7. Accettare la vita: la volontà di potenza; l’oltre-uomo e l’eterno ritorno

• L’espressione “volontà di potenza” assume ora un ruolo centrale. Che cos’è la volontà di potenza? Innanzitutto va detto che Nietzsche lasciò un gran numero di manoscritti inediti.

• La questione più delicata del materiale inedito di Nietzsche fa capo all’opera La volontà di potenza, l’opera filosofica capitale di Nietzsche, programmata e preparata per anni, che però non realizzò.

• Quella che è stata pubblicata nel 1906 con tale titolo è stata messa insieme e curata dalla sorella Elisabeth, la quale utilizzò gli appunti manoscritti del fratello, spesso manipolandoli in modo tale da avallare le concezioni razziste propugnate dal nazismo.

• Per molti anni, dunque, il pensiero di Nietzsche è stato associato all’ideologia nazista sulla base di alcune idee esposte nella Volontà di potenza.

• In realtà il concetto di volontà di potenza non ha nulla a che fare con l’ideologia aggressiva del nazismo.

• Anzi, in generale Nietzsche è sempre stato molto critico nei confronti della Germania e della cultura tedesca, del nazionalismo e dell’antisemitismo.

• La volontà di potenza è in realtà la vita, o meglio volontà di autoaffermazione:

 dove c’è vita, c’è volontà di potenza, perché la vita vuole conservarsi ed espandersi.

 La volontà di potenza è semplicemente un altro modo di definire la vita.

• Come scrive Heidegger: la volontà di potenza “è la denominazione di ciò che costituisce il carattere fondamentale di tutto ciò che è”.

• E’ il carattere fondamentale dell’essere, l’impulso originario che spinge ogni cosa non solo a conservarsi, ma anche a crescere, a incrementare la propria potenza.

Essa raggiunge la sua espressione più alta nell’uomo, in cui si realizza come volontà di potenza.

• Non bisogna però interpretare in modo banale la volontà di potenza come la tendenza indiscriminata all’autoaffermazione sugli altri, quanto piuttosto come il fondo inesauribile delle potenzialità della vita, che, per quanto riguarda l’uomo, sono state per troppo tempo misconosciute e soffocate a vantaggio di valori puramente negativi.

• Volontà di potenza è dunque il flusso costante della forza tesa a un costante superamento di sé.

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7. 1. L’oltre-uomo

• La volontà di potenza è il modo di essere proprio dell’oltre-uomo. Nietzsche sceglie per l’uomo che va oltre se stesso, che si pone al di sopra di sé, un nome sin troppo facile al malinteso. Anche questo termine, infatti, ha suscitato fraintendimenti ed equivoci che gli hanno conferito connotazioni biologico-razziste.

• Con questo appellativo Nietzsche non intende del resto indicare un ingrandimento della dimensione dell’uomo tradizionale.

• Neppure egli intende un tipo di uomo che rigetta l’umano e fa dell’arbitrio la legge, e di una titanica frenesia la regola.

• Il superuomo, del resto, non è nemmeno un mago che dovrebbe portare l’umanità ad una paradisiaca beatitudine sulla terra.

• Nelle pagine nietzscheane l’oltre-uomo è essenzialmente colui che va oltre l’uomo della tradizione cristiano-occidentale, il quale è schiacciato dal peso del mondo ideale, del trascendente, e sottomesso ai valori della morale e della religione.

• L’oltre-uomo è colui che prende le distanze dall’uomo attuale: è l’uomo del grande amore per la vita e del grande disprezzo per tutto ciò che nega la vita; è colui che dice sì alla vita e alla sua tumultuosa energia, accettandone con coraggio anche le contraddizioni e le sofferenze.

• L’oltre-uomo è colui che capovolge il “tu devi” – che segna la passività dell’uomo della tradizione di fronte agli imperativi della morale – nell’ “io voglio”, cioè nell’affermazione della propria volontà; è colui che si lascia alle spalle il vecchio uomo imprigionato dalla metafisica per preparare la via all’uomo nuovo, libero dai condizionamenti ultraterreni, fedele alla terra, cioè disposto ad accettare la realtà nella sua pienezza.

• In sintesi, l’oltre-uomo è un concetto filosofico che esprime il progetto nietzscheano di un nuovo tipo antropologico, definito da una serie di caratteristiche che emergono dall’insieme della sua opera:

è colui che è in grado di accettare la vita; di rifiutare la morale cristiana o dei perdenti;

di operare una trasvalutazione dei valori;

di reggere la morte di dio guardando in faccia la realtà al di là delle illusioni metafisiche;

di superare il nichilismo;

di porsi come volontà di potenza;

e – infine – di collocarsi nella prospettiva dell’eterno ritorno dell’identico.

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20 7. 2. L’eterno ritorno

• La dottrina dell’eterno ritorno costituisce uno dei temi più ardui del pensiero di Nietzsche.

• Nietzsche presenta la teoria dell’eterno ritorno dell’uguale, ovvero la ripetizione eterna di tutte le vicende del mondo, come il pensiero più profondo e decisivo della sua filosofia: “Io Zarathustra, l’avvocato della vita, l’avvocato del dolore, l’avvocato del circolo, io chiamo te, il più abissale dei miei pensieri”.

• Già nei primi progetti per la quarta parte e per la conclusione dell’opera, nel 1883, Nietzsche dice chiaramente come Zarathustra sia il maestro dell’eterno ritorno delle stesse cose: “Zarathustra annuncia la dottrina del ritorno”; “Zarathustra trae dalla felicità del superuomo questo segreto: che tutto ritorna”.

• Nella teoria dell’eterno ritorno trova la sua definitiva comprensione la concezione dell’oltre-uomo, e dunque per capire il senso profondo dell’eterno ritorno è opportuno tenere presente il suo legame con l’oltre-uomo.

• L’eterno ritorno ha innanzitutto un carattere selettivo, fungente da spartiacque fra l’uomo e il superuomo. Infatti la prima reazione di fronte alla prospettiva dell’eterno ripetersi del tutto – il terrore e il senso di peso – è propria dell’uomo, mentre la gioia entusiastica per il ritorno identico di tutto ciò che è stato si manifesta come tipica dell’oltre-uomo e della sua accettazione totale della vita.

• Nietzsche dirà spesso che l’eterno ritorno è il grande principio selettivo dell’umanità, che distingue tra umanità superiore e inferiore in base alla capacità che gli uomini avranno di sopportarlo.

• Annunciato nell’aforisma 341 della Gaia Scienza, il tema è sviluppato nel terzo libro dello Zarathustra. Che cosa vuol dire Nietzsche con questo annuncio, di tipo assolutamente profetico e allegorico, dell’eterno ritorno?

• Se il tempo di Dio e della metafisica si esprime nel tempo lineare, secondo cui ogni cosa ha un principio e una fine e tutto in qualche modo tende a uno scopo e a una meta, allora il tempo successivo alla morte di Dio e all’avvento dell’oltre-uomo non può più essere concepito in questo modo.

• Porsi nell’ottica dell’eterno ritorno significa credere che il tempo non abbia né inizio né fine, che il divenire non abbia scopo, che il mondo non segue alcun piano provvidenziale rivolto a un fine, né immanente né trascendente.

• Il tempo lineare è il tempo provvidenziale del futuro, di ciò che deve venire. In esso noi diamo senso all’oggi riconducendolo alla sua coerenza con il passato e alla speranza promessa nel domani che deve venire.

• Il presente insomma non esiste: è costruito sulla memoria di ciò che è stato e nello stesso tempo è deformato dalle esigenze del futuro e del suo significato ultimo.

• Credere in una concezione lineare del tempo significa ritenere che il senso dell’essere e la felicità stia sempre oltre, più in là del momento attuale, al limite al di fuori dell’essere, in un oltre irrangiungibile e frustrante, in un al di là che sarebbe il vero scopo del vivere.

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• In quest’ottica i diversi momenti che si susseguono nel divenire appaiono transitori, effimeri, dunque irrilevanti.

• All’immagine del tempo lineare, tipica dell’uomo occidentale, Nietzsche contrappone l’antica concezione classica (Empedocle) del tempo ciclico dove tutto ritorna invariabilmente e si ripete in eterno.

• Il tempo ciclico, al contrario di quello lineare, è il tempo dell’eterno presente dove ogni istante, ogni attimo, anche il più piccolo frammento, vissuto con piacere o con dolore, vale di per sé, e non in funzione di un altro ancora da venire, ed è destinato a essere per sempre.

• Nella visione ciclica del tempo l’individuo è chiamato a valorizzare l’attimo, ad agire nel presente, facendo valere la propria volontà.

• Solo attraverso la decisione di volerlo è possibile vivere il presente in modo intenso, tanto da desiderare di riviverlo all’infinito.

• Per desiderare ciò bisogna che l’attimo sia ricco di un suo intrinseco significato, completo, appagante, e ciò non può avvenire nella concezione rettilinea del tempo, dove ogni istante acquisisce senso solo in funzione di quelli che lo precedono e lo seguono.

• Ovviamente il tipo di uomo capace di assumere su di sé l’idea dell’eterno ritorno, e quindi di vivere come se tutto dovesse ritornare, non può essere l’uomo che conosciamo, cioè l’individuo risentito dell’occidente, il quale concepisce il tempo come una tensione angosciosa verso un compimento sempre al di là da venire, ma solo un oltre-uomo capace di vivere la vita come un gioco creativo e avente in se medesimo il proprio senso appagante.

• Proprio per questo motivo l’eterno ritorno incarna al massimo grado l’accettazione superomistica dell’essere.

Bibliografia essenziale

F. Nietzsche, Opere, Adelphi, Milano.

G. Vattimo, Il soggetto e la maschera. Nietzsche e il problema della liberazione, Bompiani, Milano, 1974.

G. Vattimo, Nietzsche, Laterza, Roma-Bari, 1985.

C. Pozzoli (a cura di), Nietzsche nei ricordi e nelle testimonianze dei contemporanei, Bur, Milano, 1990.

M. Heidegger, Nietzsche, Adelphi, Milano, 2004.

E. R. Dodds, I greci e l’irrazionale, Sansoni, Milano, 2005.

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