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Sanzioni penali tributarie: restyling del delitto di dichiarazione fraudolenta

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26 Giugno 2015

Dichiarazioni

Sanzioni penali tributarie: restyling del delitto di dichiarazione fraudolenta

Uno degli schemi di decreto legislativo previsti in attuazione della legge di delega fiscale (Legge n. 23/2014) introduce importanti novità in materia di sanzioni penali tributarie, modificandone l’attuale disciplina (decreto legislativo n. 74 del 2000). Una delle novità più salienti riguarda la nuova configurazione del reato di dichiarazione fraudolenta.

Il D.Lgs. n. 74/2000 prevede le seguenti fattispecie penalmente rilevanti:

- dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2);

- dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3) - dichiarazione infedele (art. 4);

- omessa dichiarazione (art. 5);

- emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 6);

- occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10);

- omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis);

- omesso versamento di IVA (art. 10-ter);

- indebita compensazione (art. 10-quater);

- sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11);

- manomissione o alterazione di apparecchi misuratori fiscali; stampa o uso di ricevute fiscali e registri falsi (art. 24).

Lo schema di decreto legislativo modifica alcune delle norme citate, confermando comunque le fattispecie ivi previste, seppure con diversa modulazione.

Vengono introdotti, inoltre, i seguenti istituti:

a) la c.d. “confisca” per equivalente (art. 12-bis);

b) il pagamento del debito tributario, quale causa di non punibilità (mediante sostituzione dell’art. 13);

c) una nuova causa di non punibilità “a seguito di accesso al regime di adempimento degli oneri documentali” (art.

13-bis), che si sostanzia nella “indicazione nella dichiarazione relativa alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto” e la

“messa a disposizione dell’Agenzia delle Entrate” della documentazione descrittiva delle operazioni con società dello stesso gruppo.

Il comma 4 del nuovo art. 13-bis introduce, peraltro, nell’ambito di questa procedura, un nuovo reato consistente nella mancata detenzione della documentazione di cui viene indicato il possesso ovvero nell’esibizione di atti o

documenti falsi o, ancora, di dati e notizie non rispondenti al vero.

Dichiarazione fraudolenta mediante fatture per operazioni inesistenti

L’art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000, relativo alla dichiarazione fraudolenta “mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” viene confermato nella sua attuale formulazione, con la sola eliminazione, nel comma 1, della parola “annuali”, cosicché risponde del reato in esame “chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni (annuali) relative a dette imposte elementi passivi fittizi”.

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La modifica apportata, quindi, estende la portata della sanzione penale a tutte le dichiarazioni relative alle imposte sui redditi e all’IVA, comprese quelle che vengono presentate in occasione di operazioni straordinarie o nell’ambito di procedure concorsuali.

Il comma 2 continua a prevedere che “il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per

operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria”.

Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici

L’art. 3 del D.Lgs. n. 74 del 2000, che punisce la dichiarazione fraudolenta con mezzi diversi dalle fatture fittizie, ha subito sostanziali integrazioni.

La nuova disposizione delinea in modo più preciso le modalità attraverso le quali si realizza la “fraudolenza” della condotta, stabilendo che l’evasione fiscale deve realizzarsi:

- compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente;

- ovvero avvalendosi di documenti falsi;

- o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria.

L’art. 2 dello schema di decreto legislativo, integrando l’art. 1 del D.Lgs. n. 74/2000, prevede, peraltro che:

- per “operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente” si intendono le operazioni poste in essere con la volontà di non realizzarle in tutto o in parte ovvero le operazioni riferite a soggetti fittiziamente interposti (lett. h);

- per “mezzi fraudolenti” si intendono condotte attive e artificiose che determinano una falsa rappresentazione della realtà (lett. i).

Peraltro, il comma 3 del nuovo art. 3 chiarisce che “non costituiscono mezzi fraudolenti la mera violazione degli obblighi di fatturazione e di annotazione degli elementi attivi nelle scritture contabili o la sola indicazione nelle fatture o nelle annotazioni di elementi attivi inferiori a quelli reali” (si tratta delle violazioni di omessa o infedele fatturazione e/o registrazione, che restano quindi confinate nell’alveo delle sanzioni amministrative).

Il nuovo comma 2 dell’art. 3 stabilisce che il fatto si considera commesso avvalendosi di documenti falsi quando tali documenti:

- sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie;

- o sono detenuti a fini di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.

La norma in esame estende la condotta punibile in quanto il reato sarà integrato, oltre che nel caso di indicazione in dichiarazione di “elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi”, anche qualora la falsa indicazione abbia ad oggetto “crediti e ritenute fittizi”.

Per quanto concerne le soglie di punibilità, la nuova disposizione conferma che il reato può configurarsi quando siano superate congiuntamente sia la soglia dell’imposta evasa (che, con riferimento a taluna delle singole imposte, deve essere superiore all’importo di euro 30.000) sia quella degli elementi attivi (sottratti all’imposizione) e passivi fittizi, per un importo che viene aumentato da 1.000.000 a 1.500.000.

Qualora la condotta fraudolenta abbia ad oggetto crediti e ritenute fittizie, il reato sarà configurabile ove l’ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizi in diminuzione dell’imposta è superiore al 5% dell’ammontare dell’imposta medesima o comunque a euro 30.000.

Lo schema di decreto legislativo aggiunge al D.Lgs. n. 74/2000 l’art. 4-bis, il quale dispone che “in ogni caso, non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che, singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al dieci per cento da quelle corrette.

Degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità previste”, tra l’altro, ai fini delle soglie di punibilità previste dall’art. 3, comma 1, lettere a) e b).

A cura della Redazione

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Sanzioni tributarie

Solo una specifica istanza può portare alla disapplicazione della sanzione

La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione ha ribadito che la disapplicazione giudiziale della sanzione tributaria non penale, ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. n. 546/1992, è possibile soltanto a seguito di specifica e rituale richiesta della parte privata, dovendosi sempre rammentare che il rito fiscale ha natura essenzialmente impugnatoria.

La Corte di Cassazione, in numerose pronunce, ha asserito la necessità di apposita domanda del contribuente onde giungere alla disapplicazione, in sede giudiziaria e ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. n. 546/1992, delle sanzioni tributarie non penali, per obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni (cfr. Cass. Civ., nn. 5649/2015, 27367/2013, 4031/2012, 27615/2011, 4411/2011, 14987/2009, 7502/2009, 25676/2008, 22890/2006, 24060/2004). E' pur vero che, in altre occasioni, è stata sostenuta l'opposta tesi, ammettendosi la disapplicazione ex officio (cfr. Cass. Civ., n. 4053/2001).

Con la sentenza n. 12768 del 19 giugno 2015, la Suprema Corte ha dato seguito al primo, prevalente indirizzo, affermando l'imprescindibilità della richiesta di parte. I giudici nomofilattici hanno precisato che detta istanza deve possedere i caratteri della specificità, non potendosi innestare la disapplicazione entro un contesto di mera domanda generica di non debenza delle sanzioni, peraltro collegabile, di per sé sola, alla asserita invalidità dell'atto amministrativo.

Invero, un processo, quale quello tributario, di tipo impugnatorio-misto, impone una delineazione precisa delle domande, delle contestazioni e, per corrispondenza, delle soluzioni giudiziali

A cura della Redazione

Copyright © - Riproduzione riservata Corte di Cassazione, sentenza 19/06/2015, n. 12768

Rimborsi Irpef

I controlli preventivi dell’Agenzia delle entrate sui rimborsi Irpef della dichiarazione dei redditi

Con la risposta, in data 18 giugno 2015, all’Interrogazione parlamentare n. 5-05823, il Vice Ministro dell’Economia e delle Finanze Luigi Casero ha ribadito, con riferimento al modello 730 “Precompilato”, la mancanza di controlli preventivi sui relativi rimborsi.

Tale semplificazione consentirà anche di ridurre i tempi per erogare i rimborsi Irpef. Il rappresentante governativo ha fornito i numeri dei controlli preventivi effettuati dall’Agenzia delle entrate e dei rimborsi erogati, precisando che gli stessi sono riferibili alle detrazioni per carichi di famiglia e alle eccedenze provenienti dalla dichiarazione precedente.

di Eleuterio Lancia

L’art. 1, comma 586, della L. 27 dicembre 2013, n. 147, per contrastare l’erogazione di indebiti rimborsi dell’Irpef ai contribuenti che hanno presentato il modello 730, ha previsto l’effettuazione, da parte dell’Agenzia delle entrate, di controlli preventivi, anche documentali, sulla spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia in caso di rimborso complessivamente superiore a 4 mila euro, anche determinato da eccedenze d'imposta derivanti da precedenti dichiarazioni.

In base all’art. 1, comma 726 della L. 23 dicembre 2014, n. 190, il rimborso dovrà essere effettuato non oltre il settimo mese successivo alla scadenza dei termini previsti per la trasmissione della dichiarazione ovvero alla data della trasmissione della dichiarazione, ove questa sia successiva alla scadenza di detti termini.

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Con l’Interrogazione parlamentare è stato chiesto di conoscere quale sia l'esatto numero delle posizioni di contribuenti coinvolte nelle verifiche, se le stesse siano state evase entro i termini prescritti e quali siano le tipologie di detrazione che hanno generato i relativi eccessi di rimborso.

Nella risposta all’Interrogazione il rappresentante del governo, con riferimento al modello 730 “Precompilato” ha ribadito la mancanza di controlli preventivi sui relativi rimborsi, richiamando la vigente normativa (D.Lgs. 21 novembre 2014, n.

175), secondo cui i controlli dell’Agenzia delle entrate sono esclusi nel caso di presentazione della dichiarazione precompilata direttamente dal contribuente o dal sostituto d'imposta senza modifiche o, anche con modifiche, presso CAF e professionisti.

Tale “semplificazione” di natura amministrativa e fiscale avrà riflessi positivi per i contribuenti, in quanto consentirà di ridurre la platea dei contribuenti oggetto di controlli preventivi, con una conseguente accelerazione dei tempi di erogazione dei rimborsi Irpef.

Chiarito quanto sopra, il Viceministro ha fornito le cifre dei rimborsi sottoposti attualmente al controllo preventivo da parte dell'Agenzia delle entrate, in applicazione del citato art. 1, comma 586 della legge n. 147 del 2013, nonché dei rimborsi eseguiti, di quelli denegati e di quelli in corso di lavorazione.

I numeri sono i seguenti:

-

i rimborsi che sono stati sottoposti a controllo ammontano a 76.710;

-

l'Agenzia delle entrate ha erogato 67.501 rimborsi, eseguendo la maggior parte degli ordinativi di pagamento già nei mesi di ottobre e novembre 2014, la restante parte nel mese di febbraio 2015;

-

sono in corso di esecuzione 6.488 pagamenti, il cui accredito, tenuto conto dei tempi tecnici della tesoreria statale, è previsto entro il mese di giugno 2015;

-

i rimborsi interamente denegati sono 2.134;

-

i rimborsi in corso di lavorazione sono pari a 587.

I controlli preventivi, anche documentali, effettuati sono riferibili alle detrazioni per carichi di famiglia e alle eccedenze provenienti dalla dichiarazione precedente.

In sostanza, da quanto emerge nella risposta all’Interrogazione, l’Agenzia delle entrate effettua i controlli su larga scala solo in base alle indicazioni contenute nel menzionato art. 1, comma 586 della legge n. 147 del 2013.

Se ne deduce che i controlli relativi ad altri oneri deducibili o detraibili dovrebbero essere eseguiti “a campione” ovvero riguardare casi di manifesta o sospetta inattendibilità.

Copyright © - Riproduzione riservata Camera dei deputati, Commissione Finanze, interrogazione parlamentare 18/05/2015, n. 5-05823

Riscossione

Per la compensazione oltre soglia scatta la sanzione

(in “il fisco” n. 26/2015, pag. 2588)

In tema di agevolazioni tributarie, il superamento del limite massimo dei crediti d’imposta compensabili equivale al mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste, che è sanzionato dall’art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997, così come accade ogniqualvolta la compensazione stessa sia utilizzata in assenza dei relativi presupposti.

di Marco Denaro

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In tema di agevolazioni tributarie, il superamento del limite massimo dei crediti d’imposta compensabili – stabilito dall’art.

34 della L. n. 388/2000 – equivale al mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste. In tale ipotesi, quindi, trova applicazione la sanzione di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997, così come accade ogniqualvolta sia utilizzata la compensazione in assenza dei relativi presupposti.

In questi termini si è espressa la Corte Suprema nella sentenza n. 11522 del 4 giugno 2015 che, in accoglimento del ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria, ha dato seguito ad un orientamento giurisprudenziale da ritenersi oramai consolidato (sentenza n. 18369 del 2012; n. 8681 del 2011).

La questione trae origine dal ricorso in Cassazione presentato dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di appello che aveva ritenuto non sussistere un danno per l’Erario nelle ipotesi in cui il contribuente avesse effettuato una

compensazione di crediti di imposta oltre ai limiti fissati dalla legge.

Inoltre, sempre per i giudici di appello, la sanzione connessa a tale violazione meramente formale – pari al 30%

dell’omesso versamento – appariva “sproporzionata”, onde per cui veniva ridotta del 50%, ai sensi dell’art. 7, comma 4, del D.Lgs. n. 472/1992 (secondo cui, qualora concorrano eccezionali circostanze che rendono manifesta la sproporzione tra l’entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione, questa può essere ridotta fino alla metà del minimo). Nel giudizio di legittimità, l’Amministrazione ricorrente lamenta la violazione dell’art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997, atteso che i giudici del gravame non avevano considerato che tale “sforamento” non era consentito per ragioni di equilibrio di bilancio per cui il suo superamento aveva determinato il mancato versamento dell’Iva non ammessa in compensazione, con la conseguente applicazione della sanzione del 30% dell’Iva non versata; sanzione, peraltro, non riducibile per la totale assenza di circostanze eccezionali, di cui al citato art. 7, comma 4, del D.Lgs. n. 472/1992.

Per la Cassazione la doglianza merita accoglimento sulla base del principio, già fatto proprio dalla giurisprudenza di legittimità, per cui il superamento del limite massimo dei crediti di imposta compensabili è assimilabile all’omesso versamento di parte del tributo, non potendosi applicare, al caso di specie, neppure la riduzione della sanzione prevista per le circostanze eccezionali, non essendo stata fornita la prova al riguardo.

Resta sempre di grande attualità la questione della punibilità o meno della compensazione mediante modello F24 di crediti tributari e contributivi oltre il limite massimo annuo, attualmente fissato in euro 700.000,00, per anno solare, dall’art. 34 della L. n. 388/2000 (limite così aumentato, dai precedenti 516.456,90 euro, dall’art. 9, comma 2, del D.L. n.

35/2013, a de-correre dal 1° gennaio 2014).

Trattasi, in sostanza, di compensazione di crediti di imposta effettivamente spettanti ma utilizzati secondo tempistiche non coerenti con quelle richieste dalla norma e che, non bisogna dimenticare, possono determinare conseguenza anche di natura penale quando l’omesso versamento connesso allo “splafonamento” supera le soglie previste dalle norme penali-tributarie.

In una fattispecie in cui era stato ritenuto non sanzionabile lo “splafonamento” perché, prima della notifica dell’avviso di contestazione, era stato innalzato il limite della compensazione, la Cassazione ha precisato che si verifica l’abolitio criminis in relazione agli illeciti connessi all’accertamento ed alla riscossione di un’imposta, con la conseguente

applicazione del principio del favor rei – ai sensi dell’art. 3, commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 472/1997, secondo cui “nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile”

(comma 2) “se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo” (comma 3) – solo quando tale imposta venga abrogata, di modo che lo Stato non possa più incassarla neppure in riferimento alle annualità pregresse (sentenza n. 22833 del 2013).

Dal punto di vista della prassi amministrativa, si rileva che l’Agenzia delle Entrate ha più volte ribadito la propria posizione restrittiva, confortata anche dalla giurisprudenza di legittimità. Infatti, nella circolare n. 8/E del 2009 (punto 7.1.), così come anche nella risoluzione n. 452/E del 2008, l’Amministrazione finanziaria ha ribadito che – nelle ipotesi di crediti esistenti ma utilizzati in compensazione orizzontale in misura eccedente l’importo stabilito dall’art. 34 della L. n.

388/2000 – trova applicazione la sanzione prevista dall’art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997.

In una recente risposta ad una interrogazione parlamentare – la n. 5-04600 del 28 gennaio 2015, con la quale si chiedeva al Governo il superamento del limite di 700.000,00 euro relativo ai crediti fiscali e contributivi che possono essere utilizzati in compensazione nel modello F24 – l’Esecutivo, nel precisare che la ratio di tale limite risiede nella

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garanzia di equilibri di finanza pubblica, ha ribadito che lo stesso non può essere modificato, né tantomeno abrogato in via interpretativa dall’Agenzia delle Entrate. Ricordiamo, infine, che, ai sensi dell’art. 27, comma 18, del D.L. n. 185/2008, l’utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute è punito con la sanzione dal 100%

al 200% della misura dei crediti stessi (la sanzione è pari al 200% se il credito inesistente compensato supera i

50.000,00 euro per anno solare). Nel caso di compensazione di un debito con un credito inesistente, il contribuente, per regolarizzare la violazione, deve ripristinare, a posteriori, la capienza iniziale del credito, attraverso il versamento di un importo corrispondente alla somma indebitamente utilizzata in compensazione, maggiorato degli interessi, e con il contestuale versamento della sanzione del 30% prevista per l’omesso versamento, in misura ridotta in rapporto alla data di ravvedimento (circolare n. 101/E del 2000, paragrafo 11.1).

Il credito di imposta così ripristinato potrà essere utilizzato in compensazione, nei limiti previsti, con eventuali debiti tributari e contributi futuri (risoluzione n. 452/E del 2008)

Copyright © - Riproduzione riservata Corte di Cassazione, ordinanza 4/06/2015, n. 11522

Riscossione

Annullamento ruoli sotto i duemila euro: pubblicato il decreto di attuazione

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministero dell'Economia che definisce le modalità tecniche di comunicazione da parte dell'agente della riscossione agli enti creditori dei ruoli di importo fino a 2.000 euro annullati in conformità alla sanatoria introdotta dalla legge di Stabilità per il 2013.

di Francesco Brandi

L’art. 1, comma 527, della L. n. 228 del 2012 stabilisce che “Decorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore della

presente legge, i crediti di importo fino a duemila euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, iscritti in ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999, sono automaticamente annullati. Ai fini del conseguente discarico ed eliminazione delle scritture patrimoniali dell’ente creditore, con decreto del Ministero dell’Economia e delle finanza sono stabilite le modalità di trasmissione agli enti interessati dell’elenco delle quote annullate e di rimborso agli agenti della riscossione delle relative spese per le procedure esecutive poste in essere”.

Secondo tale disposizione, quindi, a decorrere dal 1° luglio 2013 sono automaticamente annullati i crediti di importo fino a duemila euro comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, iscritti in ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999.

Le modalità di trasmissione dell’elenco delle quote annullate agli Enti creditori interessati avrebbero dovuto essere stabilite con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze. I crediti interessati dalla “sanatoria” devono presentare i seguenti requisiti:

-

l’importo del credito non può superare i duemila euro, comprendendo nel computo il capitale, gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo e le sanzioni;

-

il credito deve essere stato iscritto in ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999.

Si evidenzia tuttavia che l’art. 1, comma 527, della L. n. 228 del 2012 non contiene ulteriori indicazioni circa la natura e l’entità dei crediti oggetto di annullamento automatico, demandando l’identificazione puntuale delle quote annullate ad un apposito decreto ministeriale attuativo.

Ne deriva che soltanto a seguito dell’emanazione del suddetto decreto ministeriale, contenente l’elenco delle quote annullate, gli Enti interessati avrebbero potuto individuare con certezza le iscrizioni a ruolo cancellate per legge. A tal fine, il D.M. 15 giugno 2015, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, dispone che l’elenco delle quote riferite ai suddetti crediti annullati è trasmesso dall’agente della riscossione all’ente creditore su supporto magnetico, ovvero in via telematica in conformità alle specifiche tecniche indicate nell’allegato 1 del provvedimento.

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Le quote contenute nell’elenco in oggetto sono automaticamente discaricate senza oneri amministrativi a carico dell'ente creditore e sono eliminate dalle scritture contabili dell'ente creditore stesso. Uguale comunicazione dovrà essere effettuata per i crediti di importo superiore a 2.000 euro (sempre relativi a ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999) che, ad oggi, non sono interessati da procedure esecutive avviate, da contenzioso pendente, da accordi di

ristrutturazione o transazioni fiscali e previdenziali in corso, da insinuazioni in procedure concorsuali ancora aperte, ovvero, da rateazioni in corso.

Rimarranno pertanto nella gestione dell’agente della riscossione soltanto i ruoli ante-1999 interessati da una delle procedure richiamate, sempre che, successivamente, l’agente della riscossione non rilevi l’impossibilità di incassare le suddette somme. In quest’ultimo caso sarà necessario trasmettere, entro due mesi dal termine delle attività di recupero, un apposito elenco all’ente creditore ai fini del successivo discarico.

Si ricorda che il comma 529 della L. n. 228 del 2012 ha previsto che ai crediti annullati secondo tali disposizioni, inferiori o superiori alla soglia di duemila euro, non si applicano gli artt. 19 e 20 del D.Lgs. n. 112 del 1999 sul discarico per inesigibilità e, salvo i casi di dolo, non si procede a giudizio di responsabilità amministrativa e contabile nei confronti di chi ha determinato l’annullamento del credito.

Infine, per quanto concerne il rimborso delle spese per le procedure esecutive poste in essere, è previsto che l’agente della riscossione possa essere rimborsato:

-

in dieci rate annuali, senza interessi, con riferimento a spese relative a ruoli erariali;

-

in venti rate annuali, sempre senza interessi, per quelle relative a ruoli non erariali.

A tal fine, gli agenti della riscossione presentano, entro il 30 settembre 2015, sulla base dei crediti risultanti alla data del 31 dicembre 2014 dai propri bilanci certificati, apposita istanza al Ministero dell'economia e delle finanze per le spese relative a ruoli erariali e ai singoli enti creditori per le spese relative a ruoli non erariali. La prima rata dei rimborsi di cui al comma 1 è erogata entro il 30 giugno 2016

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Imposte sui redditi

Presunzione di corrispondenza tra prezzo incassato e valore già definito ai fini del registro

Spetta al contribuente, che deduca l’inesattezza della correzione o dell’integrazione a seguito di accertamento induttivo della plusvalenza, superare la presunzione, dimostrando di aver venduto al minor prezzo indicato in bilancio. Lo conferma la Corte Cass. nell’ord. n. 11532/2015

In tema di plusvalenze patrimoniali realizzate a seguito di cessione di azienda, la dichiarazione del contribuente, ai fini Irpef, di un valore inferiore a quello già accertato in via definitiva per il medesimo bene, in sede di imposta di registro, legittima l’Amministrazione finanziaria a procedere all’accertamento induttivo della plusvalenza, integrando o

correggendo la relativa imposizione, con possibilità di utilizzare una seconda volta, ricorrendo anche a presunzioni, gli stessi elementi probatori già posti a fondamento del precedente accertamento. Spetta al contribuente, che deduca l’inesattezza della correzione o dell’integrazione, superare la presunzione, dimostrando di aver venduto al minor prezzo indicato in bilancio, fermo restando che il principio di collaborazione tra contribuente ed Amministrazione finanziaria non può mai comportare, ai fini dell’accertamento dell’imposta, il superamento di circostanze accertate in giudizio o

determinare la mancata applicazione del principio dell’onere della prova

A cura della Redazione

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Corte di Cassazione, ordinanza 4/06/2015, n. 11532

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