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SEMPREVERDE LE REALI POTENZIALITA DELLA GREEN ECONOMY.

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Academic year: 2022

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SEMPREVERDE

LE REALI POTENZIALITA’ DELLA GREEN ECONOMY.

COME COMPRENDERE L’URGENZA, SFRUTTARE LE POTENZIALITA’ DELLA

GREEN ECONOMY E PORTARE AL MONDO DELL’IMPRESA ED ALLA SUA VITA

UNA NUOVA “QUALITA’ ECOLOGICA” GRAZIE ALLA FINANZA ALTERNATIVA

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ENER2CROWD S.R.L., Startup Innovativa Sede legale: Corso Indipendenza 1, Milano

C.S. €113.265,00 (i.v.) , C.F./P.I. 03748430984 R.E.A. MI n°559780 www.ener2crowd.com

www.greenvestingforum.it

© 2020 Edizioni GreenVesting

Responsabile elaborazione: Giorgio Mottironi, CSO & Co-Founder

Progetto Grafico: Eleonora Lampis, Designer

(3)

“La rivoluzione energetica ed i suoi valori possono divenire elementi fondanti di una

nuova strategia di crescita per le aziende”

Giorgio Mottironi, CSO & Co-Founder di Ener2Crowd

INDICE

3 Introduzione

5 Green Economy

24 Finanza Green

29 Come funziona il lending crowdfunding?

39 Conclusioni

(4)

3

INTRODUZIONE

C

aro lettore, caro manager, caro imprenditore, questa pubblicazione è il risultato della volontà di condividere e diffondere l’esperienza di aziende che hanno già individuato nella green economy e nella transizione energetica un nuovo filone di risorse da cogliere da oggi fino ad almeno il 2050.

Ener2Crowd è una startup innovativa che ha come missione quella di dare alle persone, a ciascuno di noi, la possibilità di partecipare attivamente ai benefici che scelte sostenibili da parte di aziende o enti possono produrre, sostenendole con i propri capitali, investendo nei loro progetti.

D’altra parte da la possibilità alle aziende di accedere ad una nuova sorgente di capitali, rapidamente intercettabili, e destinabili ad iniziative il cui vantaggio e convenienza sono indubbi e misurabili.

Questa guida vuole ricordare

dunque l’importanza e

l’opportunità rappresentate dalle strategie ispirate alle sostenibilità ambientale ed energetica, in

particolar modo quando

accompagnate dai tre principi su cui si incardina la trasformazione dei modelli economici: accessibilità, autenticità, responsabilità reciproca.

Quelle che nella lingua Inglese sono le tre “A” – Authenticity, Accessibility, Accountability – possono essere ritrovate nella possibilità delle aziende di scegliere un percorso green, e nel scegliere di condividerlo, aprendo alla partecipazione delle persone. Vicine o lontane, di specifiche comunità o di specifici interessi culturali o tecnologici.

Azionando un circolo virtuoso che può essere il vero volano di una crescita a spirale, una successione di

Fibonacci, la perfetta

rappresentazione di una sezione aurea.

La rivoluzione energetica ed i suoi valori possono divenire elementi fondanti di una nuova strategia di crescita per le aziende, che le renda più resilienti, radicate sul territorio e sul suo rispetto, mentre sono proiettate su mercati lontani, in grado di navigare i mari dell’era della turbolenza, come già nel 2008 Philip Kotler e John A. Caslione la avevano definita nel libro “Chaotics”.

Per noi un futuro sostenibile è l’unico che si dovrebbe immaginare.

Ed è l’unico che sappiamo e vogliamo immaginare.

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4 Già nel XV° secolo, Hieronymus

Bosch, in un celeberrimo trittico –

“Trittico del giardino delle delizie” -, aveva raffigurato il presentimento di un’umanità destinata a consumare sé stessa fino a condursi in un futuro distopico.

Un presente in cui le scelte di consumo non tengano in considerazione della fragilità del creato, e di come ogni scelta sia poi determinante per l’ambiente in cui viviamo, è un presente che viene divorato dal “nulla”.

Un presente la cui deriva è un domani fatto di nubi tossiche, nuvole che oscurano i cieli, desertificazioni, alluvioni, fenomeni violenti di una natura che difende sé stessa dall’agire non cosciente dell’uomo.

In questo presente, il ruolo che aziende e persone possono assumere come insieme, guidate delle tre “A”, è fondamentale per la salvezza del pianeta, dell’economia e della società.

A sopravvivere saranno solo coloro i quali sceglieranno il cambiamento che è anche progresso, e che oggi deve essere necessariamente indirizzato verso il raggiungimento degli obiettivi per il 2050 dell’Accordo di Parigi ed integrare la lotta al

“climate change”.

Ogni kWp di energia che un’azienda non impegna per mantenere i propri livelli di produttività, o che sceglie di ottenere da fonti rinnovabili, in Italia, contribuisce in egual misura al piantare venti alberi.

Contribuisce a non dipendere da fattori esogeni di mercato.

E contribuisce a costruire un diverso rapporto con gli “stakeholder”, i clienti ed i consumatori.

Scegliere di abbracciare la green economy significa ammettere che, anche se fino a ieri ho visto solo cigni bianchi, possono esistere cigni neri, ma che non ho paura di incontrarli.

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GREEN ECONOMY

(7)

6

GREEN ECONOMY

Una dimensione articolata e con molti elementi di convenienza.

Di certo avrete sentito parlare di “Green Economy”. Come tutte i concetti, anche questo rischia di rimanere astratto e distante se non definito con i giusti termini.

La “Green Economy” è una crescente porzione dell’economia globale che, in estrema sintesi, afferma come la competitività di un sistema (economico, ma anche sociale), e quindi la sua capacità di crescere ed evolversi, siano profondamente e positivamente influenzate dell’introduzione di soluzioni

“green”, sostenibili da un punto di vista ambientale.

La Green Economy è comunque una dimensione articolata le cui strade si diramano in più direzioni: comportamenti dei singoli, procurement aziendale, circolarità dei processi e dei materiali (sfruttamento delle risorse), efficienza energetica, tecnologie per la generazione da rinnovabili, etc.

È indubbio però che ciascuna di loro possa produrre dei risultati nel breve, nel medio e nel lungo termine. Alcune richiedono un maggior coraggio a sperimentare, altre una maggiore costanza nel ricercare, altre semplicemente il tempo di essere considerate e la giusta delicatezza per essere introdotte creando un nuovo equilibrio, migliore del precedente.

Detta così, sembrerebbe davvero impossibile immaginare di non scegliere di virare la prua della propria azienda verso questa dimensione, o perlomeno verso una parte di essa, in un mix di risultati a breve e medio termine perlomeno. Eppure ancora molte sono le reticenze.

Essere Green o non essere Green?

E’ questo il dilemma.

Perché? I motivi sono tanti, e buona parte di essi sono estremamente personali e soggettivi, quindi cercheremo di enunciare solo quelli che possono offrire una visione oggettiva dei vantaggi della green economy e dei suoi numeri incredibili.

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7 Fino a ieri il primo motivo per cui non essere green era la necessità di un cambiamento generale del “mind set” dell’azienda o dell’imprenditore alla sua guida: preso dagli eventi che di solito caratterizzano una difficilmente programmabile vita professionale, quello di una riflessione che vada oltre il perimetro del vissuto quotidiano è un tempo che può costare caro e che difficilmente si riesce a trovare.

Il secondo motivo era rappresentato molto spesso da un rapporto impegno/benefici economici poco approfondito proprio perché legato a quello stesso perimetro del vissuto quotidiano: la redditività immediata di un’azienda, e dunque le entrate economiche a breve termine. Quanto ci guadagno di più (domani se non oggi)?

Di certo non si può negare che questi siano due aspetti fondamentali così come parametri quali il “flusso di cassa”, anzi direi che a stringere potrebbero essere quasi tutto: tempo e denaro. Che poi il tempo è altro denaro.

Ma a stringere, si perdono di vista tutti gli altri fattori che contribuiscono, e assai, a migliorare i primi due:

• Il “brand”

• Il prodotto

• L’innovazione

• I clienti

• Gli Investitori

• I fornitori

• La regolamentazione

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8 Mentre ci si concentra spesso a cercare soluzioni che riducano i costi e traguardino migliori risultati economici nel breve o brevissimo periodo, ci si dimentica degli effetti che si possono propagare su e attraverso gli altri aspetti che riguardano l’azienda, o un settore intero.

Nancy Pfund, Founder & Managing Partner di BDL Partners, una sostenitrice della necessità di rivedere un sistema economico opaco anche attraverso la green economy, ha ad esempio affermato che:

“Solamente guardare ai profitti nell’immediato o nel brevissimo termine è come tradire il proprio futuro e non cogliere i frutti che l’innovazione è in grado di portare”.

Certo non è facile, non siamo qui per affermare che lo sia o che tutto possa accadere in modo perfetto, ma sicuramente esistono centinaia di prove, di esempi, di grandi o piccole aziende che dimostrano come che il successo di un investimento possa essere misurato contemporaneamente sul piano finanziario e sociale – ambientale -.

Proviamo a vedere, nel prossimo capitolo, come una scelta green possa influire su tutta l’azienda cercando di usare il concetto di produttività come:

• ricerca di una diminuzione dei costi

• minimizzazione degli impatti ambientali

• miglioramento dei parametri di efficienza energetica

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“Solamente guardare ai profitti nell’immediato o nel brevissimo termine è come tradire il proprio futuro e non cogliere i frutti che l’innovazione è in grado di

portare”.

Nancy Pfund - Founder & Managing Partner di BDL Partners

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10 Eccoci dunque agli otto gli aspetti, già citati, che possono essere valutati quando si tratta di fare una scelta di trasformazione verso la sostenibilità, in particolare se questa prevede la volontà di condividerla con altri attori come testimonianza del proprio impegno, senza tralasciare il tempo ed il denaro.

Entrate economiche: migliora la marginalità

Un prodotto o un servizio che ha caratteristiche di sostenibilità ambientale ed energetica riconducibili a qualità intrinseche o estrinseche (vedasi il processo con cui è realizzato o erogato) può andare a posizionarsi su un mercato e su una domanda in forte crescita, alimentando così le vendite di linee a più alta marginalità (green premium).

Brand: migliora reputazione

Il brand è la sintesi dei valori in cui crede l’azienda, rispetto ai quali è condotta, ed in cui si riconosce il sui mercato. La sua reputazione può essere quindi amplificata e migliorata (o eventualmente distrutta in caso di assenza) da considerazioni rispetto alle performance sociali ed ambientali dell’azienda, sei suoi prodotti e servizi.

Innovazione: attiva nuovi processi

Esistono pochi dubbi sul fatto che le nuove soluzioni del mondo dell’energia, o più in generale in grado di ridurre le emissioni aziendali, di combattere indirettamente il climate change, siano un coacervo di innovazione, incrementale o radicale che sia.

Tale innovazione che proviene da una domanda esterna e di mercato, è in grado di spingere l’organizzazione aziendale a cercare di innovare successivamente i propri processi interni, facendo propria tale spinta e usandola per generare nuove iniziative. E’ un’osmosi che sviluppa attraverso un continuo scambio tra la dimensione dell’azione ed il sistema in cui si inserisce, di mercato e sociale.

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Clienti: di più e più ben disposti

Nulla di nuovo nel dire che oramai il numero di consumatori consapevoli o etici, che considerano indici ambientali o energetici quando scelgono, è in aumento. E tale aumento di domanda è addirittura abbinato ad una loro disponibilità a pagare di più per avere e sostenere quel valore di sostenibilità (ritorna il concetto di green premium), perché in realtà sanno che non solo pagano per avere più valore personale, ma anche perché si stanno rendendo responsabili rispetto al giusto costo di un prodotto e servizio sostenibile, acquistando un ruolo sociale.

Investitori: più attenti e consapevoli

Il mondo della finanza (grandi o piccoli capitali, come vedremo anche più avanti) è oramai molto attento a valutare prima di investire la capacità di un’azienda di essersi resa capace di gestire rischi connessi ai cambiamenti climatici.

Rischi in grado di influenzare direttamente le capacità operative nonostante determinati da fenomeni “esogeni” come disastri ambientali o atmosferici:

disponibilità di materie prime, accesso e relazione con i mercati, disponibilità e costo delle risorse energetiche. Rischi riconducibili a scelte strategiche che hanno determinato il posizionamento dell’azienda sul mercato: impatto del business sull’inquinamento o sul progresso della società.

Anche qui è quasi tautologico rimarcare come integrare elementi tecnologici e operativi orientati alla sostenibilità ambientale ed energetica, alla comunicazione trasparente di tali scelte, aiuti ad attrarre capitali e buon giudizio da parte degli operatori finanziari.

Fornitori: allineati ai valori

La catena dei fornitori può essere influenzata dal non averla pensata in modo sostenibile. Dall’energia alle materie prima per la trasformazione, tutto può essere influenzato dal climate change, in termini di disponibilità e di costi, ed è quindi una buona scelta pensarla valutandone le performance sociali ed ambientali:

d’altronde i miei fornitori sono i primi partner del successo del mio business, questo perché matematicamente parlando il risultato finale è una “produttoria” dei vari elementi.

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Regolamentazione: più attente ai virtuosi

Preparare la propria azienda al futuro delle regolamentazioni è cosa buona e giusta. Non a caso nel mondo esistono le “lobby” che cercano di influenzare la politica a tale scopo, per aiutarsi nel “se, nel quando e nel come” dover fare qualcosa.

Ciò che sta diventando oramai irrimandabile è l’introduzione di regolamentazioni che penalizzino economicamente gli inquinatori, attraverso sistemi di tassazione diretta, o che li spingano obbligatoriamente ad aggiornare le proprie tecnologie, attraverso controlli e multe.

Dunque rendere la propria azienda più green è sicuramente una scelta lungimirante che, se fatta a tempo debito, potrà permettere di avere elementi di maggiore competitività rispetto all’evoluzione delle regolamentazioni di mercato, nazionali e sovranazionali.

Infine, la produttività

Il concetto di produttività mira a ridurre il costo interno per unità prodotta, così da aumentare la marginalità. Si riflette quindi nella possibilità, in caso di sufficiente domanda, di aumentare anche i volumi a parità di risorse impegnate.

La produttività è un tema di efficienza, e buona parte dell’efficienza che si può fare in un’azienda è di tipo energetico: l’energia che consuma l’azienda e quella delle persone.

Portare avanti strategie di efficienza energetica, attraverso l’introduzione di tecnologie o buone pratiche orientate alla lotta al climate change, sicuramente produce un vantaggio per l’azienda nella competizione locale e globale, ancor di più in tempi di incertezza e marcata volatilità.

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Cambiare le domande per cambiare le risposte

La domanda, razionalmente e logicamente, non è più quindi “essere Green o non essere Green”, ma semmai quando e come.

Sul quando, la risposta è come capita in molte riunione aziendali “ieri”.

Sul come, un buon angolo d’attacco è rappresentato dall’energia.

L’energia ed il climate change sono strettamente correlati tra loro, anzi direi che sono due concetti, due fenomeni scientifici, complementari.

I primi, ripercorrendo l’elenco al precedente capitolo, a poter impattare su tutto ciò che compone un’azienda.

D’altronde l’energia è la principale causa di produzione delle emissioni climalteranti, e non solo a livello di generazione centralizzata, ma anche a livello di consumi finali industriali.

L’efficienza energetica, le soluzioni di generazione da rinnovabili, le tecnologie per la riduzione delle emissioni, possono fornire all’azienda una nuova visione ed una nuova prospettiva interiore che saprà certamente aumentarne la competitività.

Essendo imprenditori e manager anche noi, come voi, abituati a dialogare con l’affascinante imperfezione e mutevolezza dell’attività umana, non ci aspettiamo che tutto accada in modo perfetto, ma di una cosa siamo certi, che possa essere un processo misurabile, controllabile e sicuramente la via per produrre il maggior numero possibile di benefici per un’azienda.

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Numeri di una dimensione che cresce come sembra crescere come null’altro nel mondo.

Non possiamo nasconderci dietro ad un dito, o meglio dietro ai numeri della green economy. Basterà a ciascuno di voi “googlare” qualche ricerca sui trend della green economy per incappare in articoli e report che spesso annunciano l’uno il contrario dell’altro.

Da crescite strabilianti a ritardi incolmabili. E la verità? Una verità definitiva sul tema non esiste perché nessuna riposta può essere definitiva, e ciascuna risposta dipende dal punto di vista - dalle condizioni e dal loro significato - con cui ed in cui vengono elaborate le premesse e dedotte le conclusioni.

Ciò che esiste sono i numeri, ed i numeri ci raccontano una doppia verità.

La prima è che siamo drammaticamente in ritardo, per l’appunto, l’altra è che non c’è cosa che renda di più e più stabilmente in questo momento.

La colpa del ritardo non è tutta nostra, perché si dibatte dal 1990 sull’urgenza di ridurre le emissioni e solo nel 2018 si è arrivati ad una conclusione che ha messo d’accordo economisti e scienziati, i quali erano comunque all’inizio anche discorsi anche al loro interno: nel 1990 c’erano pochi scienziati che annunciavano entro il 2015 ondate di calore tali da portare un clima desertico fino a Parigi, e contemporaneamente migliaia di altri scienziati di 195 Paese riuniti nel famoso Intergovernamental Panel on Climate Change – IPCC – che affermavano nel primo report ufficiale che il cambiamento climatico era arrivato ad una situazione stazionaria, incluso lo scioglimento dei ghiacci.

Oramai, si stima che rimangano circa dodici o dieci anni (c’è chi dice sette per la verità) per poter risalire una china che ci vede destinati all’estinzione consapevole.

Ma, sicuramente, un po’ di colpa la abbiamo perché, ad esempio, in Italia, le emissioni non diminuiscono significativamente dal 2014: nel 2018 sono state 426 Mt di CO2eq, erano 428 Mt nel 2017 e circa 426 Mt nel 2014.

Secondo Eurostat, nel 2017 l’Unione europea ha ridotto le proprie emissioni di gas serra di oltre il 23% rispetto a quelle del 1990: il Regno Unito le ha ridotte del 40%, la Germania del 28%, l’Italia, che partiva da emissioni pro capite minori, ha realizzato il 17%, simile alla Francia con il 15%.

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“Sono registrate alcune eccellenze italiane nel campo della green economy – ha commentato Edo Ronchi del Consiglio Nazionale della Green Economy – ma emergono anche molte criticità: sostenere le eccellenze e recuperare le difficoltà è la via da perseguire per lanciare un concreto Green New Deal in Italia.

Nulla ha potenzialità di sviluppo comparabili con quelle della Green Economy che se adeguatamente promosse ed estese, potranno trascinare investimenti e nuova occupazione”.

Negli ultimi quattro anni (2014-2017), tuttavia, l’impegno europeo per il clima si è affievolito: in tutti i Paesi, a eccezione del Regno Unito, il processo di riduzione delle emissioni si è fermato e le emissioni europee sono cresciute dello 0,6%. Le proiezioni dei risultati delle attuali misure sono del tutto insoddisfacenti rispetto alle ambizioni dell’Accordo di Parigi sul clima.

Fonte Dati: Relazione sullo Stato della Green Economy 2019 – Fondazione per lo sviluppo sostenibile.

Fonte: Climate Action Tracker - Proiezione dei possibili risultati in termini di emissioni di CO2 rispetto alle politiche di transizione sostenibile dettate nel 2020 dai Paesi dell’Unione Europea.

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“Nulla ha potenzialità di

sviluppo comparabili con quelle della Green Economy che se

adeguatamente promosse ed estese, potranno trascinare investimenti e nuova

occupazione”.

Edo Ronchi - Consiglio Nazionale della Green Economy

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17 Tutto ciò in una situazione che ci vede sicuramente inquinare la metà, in termini pro-capite, rispetto agli Stati Uniti, ma che allo stesso tempo ci vede avere lo stesso livello di inquinamento della Cina.

Esatto, della Cina, una dittatura cha ha approvato solo da pochi giorni un codice civile ma che da anni sta investendo a dismisura sulle rinnovabili, sulle mobilità sostenibile e sull’efficienza dei propri sistemi produttivi (ovviamente sperando che questo non rappresenti di per sé una condizione necessaria, ma piuttosto una sufficiente giustificazione per innescare una corsa al green).

Cina che di recente ha dichiarato di voler divenire carbon neutral entro il 2050.

Share of Global GDP

Share of

Global Energy Demand

Share of Global Population

CHINA

16

%

24

%

18

%

USA

24

%

53

%

4

%

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18 Dal punto di vista del trend invece siamo messi peggio degli Stati Uniti, i quali hanno un gap incredibile da colmare, essendo la società più energivora del pianeta ed al contempo più inefficiente dal punto di vista energetico, ma stanno progredendo, e più rapidamente di noi, potendo così andare a sfruttare un nuovo vantaggio competitivo per la loro economia.

La realtà è comunque contraddittoria: in Cina, ad esempio, gli ambiziosi programmi sulle rinnovabili, che si prevede che debbano arrivare a 200GW di solare per il 2020, si scontrano con una realtà a base di carbone, tanto che nel 2017 le emissioni di carbonio sono aumentate del 3,5% e nel primo trimestre 2018 sono salite del 4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Tutto ciò impatta a livello internazionale in modo negativo: dopo un periodo di contenimento stabile e promettente delle emissioni, ci si deve dotare in modo definitivo di obiettivi climatici ed ambientali e di un patrimonio crescente di investimenti, sviluppo tecnologico ed innovazione.

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Da dove vengono allora le buone notizie sulla green economy e su chi vi partecipa?

Sicuramente da un settore, quello delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, l’ambito dove si concentrano i maggiori investimenti: nonostante le difficoltà, lo scetticismo di taluni governi e la forza frenante degli interessi industriali brown, le energie rinnovabili sono globalmente in aumento.

“È evidente oggigiorno che il rapporto tra imprese e ambiente sta cambiando” – ha sottolineato Davide Crippa, Sottosegretario, ministero dello Sviluppo economico agli Stati generali– “Nei loro modelli di business, le imprese stanno sempre più inserendo la tematica ambientale, non a caso in Italia le aziende green rappresentano il 27% del totale, percentuale che sale al 33,8% nell’ambito dell’industria manifatturiera”.

Le prime grandi opportunità nel finanziamento internazionale si sono create proprio nel campo delle energie rinnovabili: i nuovi flussi di investimento, sia nazionali che internazionali, sono più che quadruplicati dal 2005.

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20 Nel 2015, anno della crescita dell’ultimo decennio, la maggior parte dei fondi sono stati investiti in progetti legati all’eolico (38%) e al solare (56%).

Globalmente, gli investimenti su base annua nella generazione di energia da fonti rinnovabili hanno superato gli investimenti nei combustibili fossili, principalmente grazie al rapido calo dei costi delle tecnologie.

• Nel 2017 il dato globale per i nuovi investimenti era di 270/290 miliardi di dollari, mentre nel 2018 era salito a 280mld.

• Nel 2017 in Italia si realizzavano circa 2,5 mld di euro di investimenti nelle rinnovabili.

• Ma il dato è già stato più che battuto da quanto fatto registrare nel 2018 e poi nel 2019 e pubblicato nei report IREX, i quali ci parlano di circa 5,4mld di investimenti nelle rinnovabili in Italia, con un trend praticamente raddoppiato.

• Sempre nel 2017 nel settore dell’efficienza energetica gli investimenti sono stati altrettanto consistenti: 232 mld di euro a livello globale e circa 6,7mld€

in Italia.

• Nel 2019 vi è stata una timida crescita dell’efficienza energetica sino a 7,1mld in Italia.

La stessa IEA (International Energy Agency) ha rilasciato a luglio un report sviluppato con il IMF (International Monetary Fund) in cui ha stimato investimenti ed impatti di un rilancio green delle economie a livello globale.

L’agenzia, grazie anche all’integrazione di dati macro-economici, ha individuato la necessità di investire un trilione di dollari all’anno per i prossimi 3 anni nei settori della generazione da rinnovabili, efficienza energetica (con un particolare riferimento a quella residenziale), ed infrastrutture di rete (anche per la mobilità sostenibile).

Il tema centrale è supportare una maggiore elettrificazione dei consumi assieme ad una maggiore produzione a zero emissioni.

Secondo le loro stime in soli tre anni, grazie a tali investimenti si potranno aggiungere 27 milioni di posti di lavoro stabili, e si contribuirà ad una crescita dell’economia globale di una quota pari al 3,3%, ovvero quanto l’intero PIL del Giappone.

Sono dati che testimoniano in modo incontrovertibile come la riduzione delle emissioni non sia più una scelta in controtendenza economica quanto piuttosto un’opportunità da non perdere per la prosperità globale.

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22 Tutto ciò in una situazione in cui i consumi di energia, in particolare quella elettrica sono e saranno in continuo aumento.

Per due aspetti. Il primo di tipo economico e demografico, è già stato calcolato da uno studio di McKinsey e rivela come la domanda di energia elettrica arriverà addirittura a raddoppiare entro il 2050, accompagnata però da una necessaria penetrazione delle rinnovabili sino al 73%, tra le quali il “solare” a farla da padrone.

Il secondo viene invece rivelato da uno studio pubblicato su Nature Communications condotto dall’International Institute for Applied Systems Analysis (Austria), dell'Università Ca' Foscari Venezia, del Centro Euro- Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (Italia) e della Boston University (USA) e riguarda alcuni aspetti collegati al climate change.

La conclusione? A dispetto di quanto ci mostra l’andamento del prezzo del petrolio, e la conseguente momentanea caduta dei prezzi dell’energia, il settore energetico è quello che risentirà maggiormente di un picco di domanda supplementare di risorse, il cui prezzo tenderà inevitabilmente a salire.

L’aumento del prezzo sarà collegato agli effetti che la stessa maggiore produzione di energia, se non accompagnata da scelte sostenibili, potrebbe avere a livello climatico: un aumento delle temperature causerà una richiesta maggiore di elettricità, necessaria per i sistemi di raffrescamento, e il surplus aggiuntivo ipotizzato dovrà essere necessariamente reperito attraverso fonti energetiche che non gravino ulteriormente, attraverso emissioni nocive, al surriscaldamento del Pianeta.

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23 Un circolo vizioso molto probabile, secondo il quale per contrastare il caldo sopraggiunto si utilizza una soluzione che non fa altro che alimentarlo.

E, dal momento che le temperature globali sono in rialzo, le domanda di energia tradizionalmente utilizzata per il riscaldamento (come il gas naturale e il petrolio) verrà in parte assorbita dalla domanda di energia necessaria al raffreddamento (e quindi l’elettricità).

Secondo le ipotesi dello studio, entro il 2050 la domanda di elettricità aggiuntiva, potrebbe avere un’impennata che varia dall’11-27% al 25-58%, a seconda della gravità dell’incremento delle temperature.

Le zone geografiche maggiormente interessate saranno le aree tropicali, Cina, Stati Uniti e la zona mediterranea compresa l’Europa meridionale (dove si trova l’Italia) e l’Africa del Nord.

In quest’ottica, le soluzioni ecosostenibili nel settore energetico offrono un assist prezioso e sempre meno rinunciabile ad aziende, famiglie e Stati nazionali: i costi per quanto riguarda le energie green sono in diminuzione grazie allo sviluppo di nuove tecnologie sempre più performanti e a basso costo.

Tra tutte il solare fotovoltaico destinato entro il 2035 ad essere la fonte più utilizzata e più conveniente per produrre energia.

Le aziende devono quindi trovare velocemente e in maniera efficace soluzioni che siano in grado di soddisfare una domanda inevitabilmente destinata a salire per i paradigmi di cui sopra, evitando l’utilizzo di risorse che sono la causa del surriscaldamento globale, stando sempre attenti a contenere i costi grazie a lavori di ricerca e sviluppo continui.

Le energie rinnovabili, in questo, garantiscono una certezza.

L’elettricità potrebbe arrivare a costare come l’oro. E se proprio non si vuole farlo per l’ambiente, lo si faccia per il portafoglio.

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FINANZA GREEN

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COSA È LA FINANZA GREEN?

Come finanziare in modo opportuno e conveniente la propria svolta green.

L'Italia è tra i paesi che, secondo l’Università di Oxford e la Smith School of Enterprise and the Environment, potrebbero “vincere alla grande” nella transizione globale verso un'economia verde nei prossimi decenni.

L'Italia risulta al primo posto anche nella classifica del Green Complexity Potential (GCP), cioè ha il maggior potenziale per diventare competitiva a livello globale in prodotti ancora più green e tecnologicamente sofisticati.

Per poter sbloccare il potenziale green del nostro comparto industriale e manifatturiero, è quindi chiaro che vi sia praticamente solo bisogno di risorse.

E qui ritorna la domanda del “quando essere green”.

Le risorse sono quelle che sono in un’azienda, e la loro strutturazione in un budget annuale è un’operazione delicata che non può ammettere errori.

E nonostante gli innumerevoli benefici che una scelta, un investimento green, può permettere di traguardare, anche in modo programmato, vi sono voci di spesa di natura necessaria a cui l’impresa o l’imprenditore non possono rinunciare.

Inclusa la dimensione del debito, che impedisce magari di farne altro per soluzioni virtuose che lo ridurrebbero, se non comprese dal creditore.

O magari la volontà di destinare comunque le proprie risorse e le proprie capacità di debito “organico” ad investimenti “core” per l’azienda.

Il risultato di questo approccio, sicuramente il più diffuso, è che o gli investimenti nel green non si fanno o si fanno a scapito di un impegno “autogestito”

dall’azienda, con tutte le difficoltà che comporta in bilancio.

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26 L’89% delle aziende investono con proprie risorse in soluzioni green, mentre solo l’11% riesce ad accedere a finanziamenti esterni.

Qualcosa deve quindi cambiare perché questi investimenti importanti rimangono non solo difficili da fare ma anche “non circolarizzati”, soprattutto per assenza di strumenti finanziari e di strumenti di conoscenza adeguati.

Costruire una finanza green a sostegno dello sviluppo di iniziative in ambito green economy è quindi di primaria importanza.

Per farlo abbiamo oggi nuove tecnologie e metodologie di raccolta che ci permettono di superare i vecchi schemi e mentalità.

Il crowdfunding è una di queste.

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27 Sicuramente avrete sentito parlare del crowdfunding.

E’ più difficile da saper pronunciare che da capire: il meccanismo è molto semplice e prevede che attraverso alcuni strumenti informatici (le piattaforme), singoli privati partecipino alla raccolta di una determinata quantità di risorse economiche per raggiungere un obiettivo dichiarato.

Una specie di colletta, ma trasparente, senza che vi sia il rischio che qualcuno

“faccia lo scalpo” a discapito degli altri.

Quindi, attraverso questo sistema, piuttosto che seguire lunghe trafile tra banche, prestiti, finanziatori privati e ricerche di sponsor, oggi chi vuole avviare un progetto può rivolgersi in pochissimo tempo a una platea illimitata di potenziali investitori grazie proprio a Internet.

Si tratta di un nuovo processo di globalizzazione, una globalizzazione digitale che parte dal basso, recupera risorse dai più, per metterle nelle mani di chi, con consapevolezza, responsabilità, capacità e scienza, sappia tramutarle in un maggiore valore.

Ne esistono di diversi tipi e coinvolgono una quantità incredibile di capitali a livello globale, in Europa ed in Italia.

Esploriamole dunque una ad una.

Donation Crowdfunding

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Donation Crowdfunding

Una delle forme più diffuse di raccolta fondi, il crowdfunding basato sulle donazioni consiste semplicemente nel chiedere una piccola donazione a fondo perduto a un gran numero di persone per raccogliere fondi per un progetto.

Reward Crowdfunding

Il crowdfunding basato sui premi è un altro tipo comune di crowdfunding, in genere utilizzato per raccogliere fondi per una nuova startup o organizzazione che offre un prodotto o un servizio.

Equity Crowdfunding

Conosciuto anche come crowd-investing, il crowdfunding azionario è usato dalle piccole e medie imprese e startup che cercano una grande quantità di capitale per avviare o far crescere la propria attività, attraverso la cessione di proprie quote di partecipazione.

Lending Crowdfunding

Conosciuto anche come prestito peer-to-peer e crowdlending, il lending crowdfunding è un modo semplice e veloce per gli individui e le imprese di raccogliere i soldi di cui hanno bisogno, quando ne hanno bisogno, contraendo un debito diffuso.

È anche uno dei modelli preferiti dagli investitori (il crowd) che cercano canali di rendita per far fruttare, a basso rischio, i propri capitali e risparmi.

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LENDING

CROWDFUNDING

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COME FUNZIONA IL LENDING CROWDFUNDING?

Il lending crowdfunding permette di raccogliere capitali con la promessa di rimborsarli in un secondo momento. Viene solitamente utilizzato dalle imprese che necessitano di capitale e che preferiscono rimborsare i fondi piuttosto che cedere partecipazioni al capitale sociale.

Gli individui, le persone, fanno ricorso al crowdfunding del debito anche quando hanno bisogno di soldi per pagare un prestito o altri obblighi finanziari. Ma non solo: il lending crowdfunding è anche uno degli strumenti preferiti degli investitori fintech, come vedremo a breve.

La formula più diffusa per motivi di flessibilità e opportunità, sia per il contraente del debito, sia per il debitore è dunque l’ultima dell’elenco il lending crowdfunding.

In Europa, così come in Italia, il lending crowdfunding sta accentrando la maggior parte dei capitali che i privati decidono di investire con gli strumenti della “finanza alternativa”.

Business, consumer e real-estate lending rappresentano oggi assieme circa 9,35mld€ di investimento all’anno, su un totale di 10,8mld€ di investimenti del mondo “crowdfunding”.

A crescere di più, in Europa, è il consumer, ovvero i prestiti tra privati, ma questi comportano anche un rischio molto elevato che sta emergendo in periodi di instabilità come quello attuale, in cui le aziende a la loro solidità possono certamente rappresentare un valore da tenere in considerazione quando si parla di investimenti.

A livello mondiale i numeri sono invece “stratosferici”: nel 2013 gli investimento totali erano pari a 11mld$, ma nel 2017 il volume totale era arrivato all’incredibile cifra di 418mld$, con Cina e Stati Uniti a guidare la classifica, seguiti al terzo posto dal Regno Unito.

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Fonte: Report Crowdfunding 2020 – Polimi, Cambridge Center for Alternative Finance (CCAF) 2018

Fonte: Report Crowdfunding 2020 – Polimi, Cambridge Center for Alternative Finance (CCAF) 2018

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32 Se ne avrete sentito parlare, sicuramente avrete avuto modo di vederlo riferito al mondo del “real estate”, dell’immobiliare.

Quello a cui gli Italiani piace di più prendere parte, ma che sta mostrando oggi tutti i suoi limiti di essere correlato a dinamiche di mercato speculative e facilmente influenzabili da fattori esogeni o rischi “idiosincratici” non direttamente controllabili o prevedibili.

E qui entra in gioco una novità per le aziende che vogliono fare investimenti in ambito green.

Inizia l’era del GreenVesting.

Ener2Crowd, prima in Italia, ha creato una dimensione in cui i privati, investitori professionali, o addirittura family office o fondi, possano investire in progetti green presentati dalle aziende.

Ovviamente dopo un’attenta analisi delle caratteristiche tecnologiche e del business plan, così da rendere sostenibile in toto l’operazione. Sia per chi investe, in termini di redditività, sia per chi riceve il finanziamento, in termini di rapporto costi-benefici.

E’ stata quindi inaugurata l’era del crowdfunding energetico, anche se a noi piace di più chiamarlo GreenVesting. La sua principale caratteristica è produrre benefici economici ed ambientali allo stesso tempo, ovvero tutto ciò che quei milioni di persone che chiedono a gran voce la transizione energetica non potevano fino a ieri ottenere.

Quante volte avreste voluto fare un investimento green e lo avete rimandato per carenza di risorse?

Quante volte le persone avrebbero voluto scegliere il green e non lo hanno fatto per mancanza di convenienza a breve termine?

L’energy crowdfunding, il GreenVesting è la risposta a tutto questo.

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33 Una dimensione in cui le persone incontrano opportunità che rispondono non solo ad un beneficio economico, ma anche a dei valori condivisi e che puntano alla creazione di un futuro migliore.

Risposto dunque al quando – oggi -, ed al come - con il crowdfunding energetico -, vi domanderete sicuramente del quanto.

E qui si apre un altro capitolo estremamente interessante che andiamo subito ad affrontare.

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“Ener2Crowd ha creato una dimensione in cui i privati, investitori professionali, o

addirittura family office o fondi, possono investire in progetti

green presentati dalle aziende”.

Ener2Crowd Founders

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35 La finanza green rappresenterà il più grande bacino di investimenti che la storia abbia mai conosciuto.

Entro il 2050 in tutto il mondo si investiranno 50mila miliardi di dollari per garantire una piena transizione energetica, con un ritmo annuo superiore a quanto mai realizzato nel settore “Oil&Gas”.

In Italia oggi, a disposizione delle aziende, vi è un tesoro rappresentato dalla ricchezza privata pari a circa 1.600mld€ (4.400mld€ se si considera anche il capitale illiquido).

Nel solo periodo di marzo-aprile 2020 (per dinamiche di illusoria tesaurizzazione) gli Italiani hanno lasciato sui conti corrente altri 20mld€.

Ben presto tali capitali dovranno trovare uno sfogo, visto i rendimenti bassissimi dei conti corrente (tra poco a tassi negativi come già fatto in Germania), i rischi dei prodotti finanziari collegati ai mercati di borsa, e sempre poco convenienti “Titoli di Stato” o bond delle partecipate, anche per questioni di vincolo a medio-lungo termine del capitale.

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36 In questa situazione, parole d’ordine come “partecipazione” e “diversificazione”, se abbinate ai rendimenti che un progetto green è in grado di produrre internamente e per gli investitori, possono davvero creare una valanga di risorse a disposizione delle aziende.

Tenete presente che l’investimento diretto dei privati nelle aziende, per quanto già detto, non è una novità, ma il farlo nell’ambito della green economy può essere un incredibile moltiplicatore di valore.

Un perfetto allineamento degli obiettivi a breve, medio e lungo termine, dal punto di vista economico, sociale, ambientale ed etico.

Proviamo anche solo per un attimo tutto ciò ridistribuito su quell’elenco di fattori (prodotto, entrate economiche, filiera, brand..) di cui abbiamo parlato nel primo capitolo.

L’energy crowdfunding, attraverso uno schema di funzionamento efficace ed agile, permette alle aziende di raccogliere capitali per i propri progetti green in 45-60 giorni (anche se oramai si parla di centinaia di migliaia di euro al giorno, come ritmi di raccolte) e di poter avviare un ciclo virtuoso su un respiro di 12-48 mesi.

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37 Gli ambiti per cui avviare la raccolta possono essere i più disparati.

Ne riportiamo solo una parte per brevità.

EFFICIENZA ENERGETICA

• Lighting

• CHP

• Electric motors

• Heat pumps

ENERGIE RINNOVABILI

• Solar thermal and PV plants

• Wind plants

• Bioenergy

• Hydro plants

• Geothermal plants

RESIDENZIALE

• Buildings Energy Efficiency

• Systems Energy Efficiency

• Smart building

• Ecobonus

SOSTENIBILITÀ

• Electricity charging stations

• Projects with social impacts

• Environmental protection

• Innovative projects

Tutto il funzionamento, il meccanismo di raccolta, la stipula dei vari contratti, la redistribuzione delle rate del finanziamento, è automatizzato.

Il sistema, da un punto vista bancario, utilizza le infrastrutture ed i servizi di un Istituto di Pagamento Europeo, LemonWay, uno dei più grandi e conosciuti.

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38 L’attività è perfettamente normata a livello europeo e controllata dalla CONSOB ed è uscito di recente un regolamento della UE con novità che renderanno il settore ancora più liquido ma che soprattutto crea un mercato unico Europeo.

Questa è una grande opportunità per le aziende. Un’opportunità che capita in una contingenza particolare, in cui abbiamo imparato quanto sia importante accettare le proprie fragilità, la fragilità dell’esistenza di un business, come delle persone e del pianeta stesso. Perlomeno per come eravamo abituati a conoscerlo nella normalità del tempo quotidiano.

“Noi speriamo di recuperare quella normalità che ci sembra così preziosa, un dono assoluto del quale avevamo perso la percezione. Pensavamo che fosse tutto acquisito, ma non lo era. Proprio per questo dobbiamo sentirci più responsabili nei confronti degli altri e investire in tutto ciò che è sostenibile ambientalmente e socialmente”.

Ferruccio De Bortoli, giornalista e scrittore.

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CONCLUSIONI

Questa mia conclusione è apertamente ispirata alle parole che ho avuto modo di leggere in un’epistola digitale scritta da un imprenditore ed industriale dalla lunga esperienza personale, profonda capacità di riflessione e puntuale stile espressivo.

Ed è dunque a lui che va il merito di aver unito in un disegno organico così tanti elementi, in grado di prospettare assieme quale sia la giusta strategia per il futuro di un’impresa e di un intero tessuto industriale e sociale.

Studi scientifici oramai pienamente confermati e diffusi hanno persino ribadito il legame tra l’inquinamento atmosferico da particolato e la diffusione del virus responsabile della attuale pandemia.

Già alcuni studio del Maryland la avevano chiamata “Coronavirus Belt”: da Tokyo a Venezia si registrava una maggior diffusione lì dove le concentrazioni di PM-10 erano superiori, aree urbane ed extra-urbane come la Pianura Padana.

Dobbiamo ridurre il consumo di combustibili fossili, le emissioni climalteranti, ma soprattutto dobbiamo dotarci di soluzioni che invertano i preoccupanti segnali che l’economia lancia tutti i giorni minacciando le aziende, ed il tessuto imprenditoriale.

E’ arrivato il momento di abbracciare la causa comune di uno sviluppo sostenibile.

Lo stesso Pontefice, Papa Francesco, nell’enciclica “Laudato Sì”, apertamente ispirata a ciò che San Francesco scrisse nel suo “Cantico delle creature”, lancia un appello personale per la "ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale"

sottolineando che “abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti”.

E’ arrivato il momento di uno sforzo comune per avviare e coltivare il Green New Deal: potenziare quel movimento imprenditoriale, già parallelo all’economia ed alla finanza tradizionale, che arriverà a scuotere le basi dell’economia globale.

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“Settori chiave quali telecomunicazioni, energia, trasporti, logistica, edilizia, stanno rapidamente uscendo dai fossili a favore di energie rinnovabili sempre più economiche, pulite e ecologiche, e di processi di circolarità e resilienza, elementi fondamentali di una società ecologica. I costi degli impianti solari ed eolici sono in caduta libera e sono ormai inferiori ai costi di energia nucleare, petrolio, carbone e gas naturale, divenuti antieconomici.”

Dott. Stefano Meloni, imprenditore ed industriale.

La civiltà fossile e tutto ciò che ne è collegato è già uno “stranded asset”: è già qualcosa che non ha più valore, se non per chi ne ottiene particolari interessi.

Non ce lo aspettavamo magari, aiutati dalla nostra percezione che le comodità della “carbon society” fossero l’alternativa alle difficoltà della vita. Mentre Tommaso D’Acquino già ci ammoniva sul fatto che la saggezza, la phronesis di Ulisse, quella che guida l’imprenditore fino alle meta, fosse proprio nel navigare attraverso comodità e difficoltà, due facce della stessa medaglia.

“Una sfida che è anche un’opportunità unica per un balzo in avanti verso l'economia circolare a zero emissioni ecologicamente sostenibile.”

Dott. Stefano Meloni, imprenditore ed industriale.

Un’opportunità che oggi, grazie ad Ener2Crowd, è per le aziende a portata di click.

Buon futuro sostenibile a tutti quanti voi.

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“Pensavamo che fosse tutto acquisito, ma non lo era.

Proprio per questo dobbiamo sentirci più responsabili nei

confronti degli altri e investire in tutto ciò che è sostenibile

ambientalmente e socialmente”.

Ferruccio De Bortoli, Giornalista e Scrittore.

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Ener2crowd è la prima piattaforma italiana di crowdfunding dove aziende innovative che sviluppano interventi di sostenibilità ambientale, efficienza energetica ed energia rinnovabile, aprono le porte a investitori privati e istituzionali.

Il team di fondatori è composto da 4 persone: Niccolò Sovico, l’ideatore e primo promotore dell’iniziativa, Sergio Pedolazzi, esperto della crowd-economy, Paolo Baldinelli, professionista del corporate finance nel settore energy, e Giorgio Mottironi, professionista del marketing comportamentale e del settore energy.

Niccolò è un ingegnere energetico e nucleare che ha lasciato il proprio lavoro presso una E.S.Co. Italiana di primo livello per dedicarsi alla sua idea. E’ stato selezionato tra i 100 Under-30 più influenti del 2020 da Forbes.

Giorgio è uno studioso di sistemi sociali, delle loro relazioni e dinamiche interne ed esterne, nonché di filosofia, ed ha visto in Ener2Crowd uno strumento in grado di essere parte del motore della necessaria trasformazione che l’attuale sistema economico richiede.

Sergio è un ingegnere civile che è stato crowdfunder della “prima ora” e con la sua esperienza ha saputo subito indirizzare la startup verso un approccio solido ai processi di sviluppo operativo (tecnico e commerciale).

Paolo è la mente finanziaria della startup, ne cura tali aspetti, e grazie ad un’esperienza nel settore dell’energia lunga e di successo, è stato in grado di portare partner importanti, sia economici che ingegneristici, ponendo la startup al centro dell’attenzione del settore.

Sergio Pedolazzi COO & Co-Founder

di Ener2Crowd

Giorgio Mottironi CSO & Co-Founder

di Ener2Crowd

Niccolò Sovico CEO & Co-Founder

di Ener2Crowd

Paolo Baldinelli Managing Partner &

Co-Founder di Ener2Crowd

THE FOUNDERS

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