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CAMBIAMENTI CLIMATICI E CRISI IDRICA
Il punto di vista dei Gestori del S.I.I. dell’Emilia-Romagna
Luigi Castagna
13 Ottobre 2017
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PREMESSA
Il clima sta rapidamente cambiando e prenderne atto è la cosa più saggia che possiamo fare.
Si tratta perciò di analizzare le conseguenze di questo cambiamento ed individuare le azioni da mettere in campo per mitigarne gli impatti.
E’ necessario adottare un approccio resiliente al fenomeno dei cambiamenti meteoclimatici. Bisogna affrontare problemi con una visione strategica, e ciò richiede una analisi approfondita degli impatti, una ridefinizione delle priorità dell’intervento pubblico, risorse economiche adeguate come condizione per poter convivere con un clima diverso da quello che abbiamo conosciuto negli ultimi decenni.
La siccità e la conseguente crisi idrica da un lato, e l’alluvione di Livorno dall’altro, hanno evidenziato la necessità di un approccio strategico alla gestione della risorsa acqua.
L’acqua richiede una forte capacità di gestione sia quando ce n’è molta sia quando ce n’è poca.
Per questo è condivisa la proposta di Utilitalia di dotare il Paese di una strategia nazionale sull’acqua; perché è un bene essenziale da salvaguardare, usare con razionalità e rendere accessibile a tutti.
Si tratta di affrontare il problema della gestione delle risorse idriche alla luce dei cambiamenti climatici mettendo in campo una azione sistemica che integri l’attività dei molti soggetti che hanno competenza nel campo della tutela e dell’uso delle risorse idriche.
In questo quadro un ruolo attivo lo dovranno svolgere anche i cittadini e le imprese chiamati ad una maggiore responsabilità nell’adottare comportamenti tesi ad una maggiore “efficienza idrica” nelle attività quotidiane e nei processi produttivi.
La questione delle risorse idriche comporta infatti azioni che vanno pianificate nel medio e nel lungo periodo e che richiedono: una visione strategica, notevoli investimenti infrastrutturali, la collaborazione e il coordinamento di tutti i soggetti che hanno competenza in materia e il coinvolgimento dell’intera comunità nazionale.
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CRISI IDRICA: LE CAUSE
La prolungata assenza di precipitazioni nevose nei mesi invernali e piovose in quelli primaverili ed estivi, le ripetute ondate di calore, oltre ad essere una delle cause principali del numero di incendi che hanno devastato ingenti aree boschive soprattutto nel centro-sud del Paese, hanno determinato una crisi idrica che ha coinvolto una decina di Regioni, compresa l’Emilia-Romagna.
I settori maggiormente colpiti sono stati l'agricoltura, con stime di danni alle colture per oltre 2 miliardi a livello nazionale, ed i servizi idrici, che in molte parti del Paese hanno portato al razionamento dell'acqua ad uso civile.
La siccità ha acutizzato e reso evidente a tutti, il deficit strutturale del sistema nazionale di approvvigionamento e di distribuzione dell'acqua, caratterizzato da:
un basso livello di investimenti (36€/abitante/anno contro una media europea di circa 100€/abitante/anno);
un progressivo impoverimento delle fonti: basta pensare che a livello nazionale, a causa della mancanza di manutenzione, la capacità di stoccaggio degli invasi si è ridotta di oltre 1/3 A ciò si deve aggiungere che la scarsità delle precipitazioni degli ultimi anni, soprattutto al sud e nelle isole, non ha consentito il riempimento degli invasi;
una grande frammentazione gestionale (sono oltre 2000 i gestori del S.I.I.) che è alla base di una arretratezza tecnico/tecnologica e di una gestione economica che non è in grado di sostenere i necessari investimenti.
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LA CRISI IDRICA IN EMILIA-ROMAGNA
La Regione Emilia-Romagna, a cui il governo ha riconosciuto lo stato di emergenza nazionale, ha subito pesanti danni a causa della prolungata siccità.
Il settore più colpito è stato l’agricoltura, soprattutto nelle province occidentali, dove ha provocato una significativa perdita di prodotto culture ortofrutticole e alle foraggere.
Per quanto riguarda il S.I.I., nonostante quella del 2017 sia stata una delle estati più calde e secche degli ultimi trent'anni, va evidenziato che la distribuzione dell’acqua per usi domestici e produttivi è avvenuta regolarmente sull'intero territorio regionale.
Questo risultato è stato possibile anche per effetto di un incremento degli investimenti realizzato nel corso degli ultimi anni.
Problemi di disponibilità di acqua si sono verificati solo in alcune zone dell'Appennino a causa della riduzione di portata delle sorgenti e dei fiumi dovuta al basso innevamento invernale ed alla scarsità di piogge primaverili.
Anche in queste realtà (Piacenza, Parma, Modena e Bologna, si è comunque fatto fronte alla situazione con interventi specifici quali:
manutenzione straordinaria delle opere di captazione delle sorgenti;
movimentazione di materiali in alveo per migliorare la produttività dei pozzi di subalveo;
uso di potabilizzatori mobili;
interconnessione delle reti acquedottistiche esistenti.
Quando questi interventi non siano stati sufficienti si è intervenuto con autobotti per rifornire i serbatoi in deficit.
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LE PROPOSTE DEI GESTORI DEL S.I.I.
DELL’EMILIA ROMAGNA
Alla luce delle criticità emerse nel corso dell’ultimo decennio (2007, 2012, 2017) i gestori del SI.I. ritengono utile avanzare alcune proposte in grado di superare le criticità e fornire maggiore sicurezza nella fornitura del servizio idrico alla comunità regionale.
1. RENDERE DISPONIBILE UNA MAGGIORE QUANTITA’ DI ACQUA
Mantenere efficienti gli invasi esistenti preservando, anche attraverso interventi manutentivi straordinari, la loro capacità di stoccaggio.
Programmare la costruzione di nuovi invasi per usi agricoli e civili nelle aree in cui si sono manifestati i maggiori problemi di approvvigionamento idrico.
Privilegiare l'uso di acqua di superficie rispetto a quelle di falda da considerare risorsa integrativa e strategica.
Utilizzare l’acqua stoccata nelle casse di espansione per fini agricoli e per eventuali usi idropotabili.
Favorire la ricarica delle falde attraverso progetti di riqualificazione ambientale delle aree di ricarica, anche attraverso la costruzione di piccoli invasi spondali.
2. SVILUPPARE LA INTERCONNESSIONE DELLE RETI
I cambiamenti climatici stanno determinando situazioni di non omogenea distribuzione delle precipitazioni.
Ciò significa che anche in ambiti territoriali confinanti si possa verificare contemporaneamente, abbondanza e scarsità di acqua.
6 L’acqua è dunque una risorsa “locale” e ’la sua disponibilità varia da ambito ad ambito, in relazione alla disponibilità di invasi, fiumi, falde più o meno ricche.
L’interconnessione delle reti idriche infra-ambito ed extra-ambito, è una scelta strategica, per assicurare la disponibilità di acqua in modo omogeneo su tutto il territorio regionale.
3. RIDURRE I CONSUMI
In Italia il consumo medio giornaliero di acqua è di 241 litri. In Europa il consumo medio è di 180/190 litri.
Ciò significa che esiste uno spreco di acqua favorito anche da una tariffa che è la metà di quella media Europea.
Le azioni da sviluppare per ridurre i consumi sono:
Orientare l’agricoltura verso tecniche irrigue più efficienti e colture a minore esigenza idrica.
Educare al consumo responsabile.
Rivisitare i processi produttivi delle aziende più idro-esigenti.
Promuovere lo stoccaggio e l’uso di acqua piovana per l’irrigazione di giardini, orti e per usi non alimentari.
Utilizzare la leva tariffaria per limitare lo spreco di acqua e recuperare risorse da investire nel adeguare gli investimenti al miglioramento dell’efficienza delle reti.
4. FAVORIRE L’USO PLURIMO DELL’ACQUA (Blue Circular Economy)
L’acqua è una risorsa sempre più preziosa e non deve essere sprecata.
Un’acqua non ideona al consumo umano può essere invece utilizzata per usi agricoli e produttivi.
7 C’è bisogno di un approccio innovativo all’uso dell’acqua che deve partire dal fatto che la sua disponibilità è limitata a quella che c’è deve essere
utilizzata per usi diversi.
Bisogna prevedere che in situazioni di emergenza acque prioritariamente destinate ad uso agricolo o industriale devono poter essere disponibili
anche per uso civile o vice versa per le acque depurate.
Nella nostra regione ci sono positive esperienze di uso plurimo delle acque.
Basta pensare a C.E.R. le cui acque vengono utilizzate in situazioni
emergenziali anche per usi civili.